CALCIo2000 L’enciclopedia del calcio diretto da Fabrizio Ponciroli
n.189 Speciali Bomber settembre 2013 Da Piola a Milla
Esclusiva Sannino
Pronti per il Derby
Le verità di Vicini
Oggi manca la qualità
pag.14
pag.18
pag.52
Esclusiva DI NATALE
“200 gol e il Brasile” pag.8
Coppa Libertadores
Il ritorno di Dinho pag.28
Calendari 2013/14 Italia ed Europa
pag.24
Serie A speciale nuove maglie
pag.30
Serie B
pag.34
pag.76
Il ritorno di Mister Di Michele Lega Pro 2013/14 Tutte le novità!!!
di Fabrizio Ponciroli
editoriale
LE FAVOLE
PIACCIONO SEMPRE... CALCIo2000 L’enciclopedia del calcio diretto da Fabrizio Ponciroli
n.189 settembre 2013
Esclusiva DI NATALE
“200 gol e il Brasile” pag.8
M
i è capitato spesso, negli ultimi anni, di intervistare Di Natale. Ogni volta, per un attimo, penso che possa essere l’ultima ma, per fortuna, mi sbaglio sempre… Totò fa parte di quella ristretta e prestigiosa categoria di giocatori a cui l’età non può togliere nulla. Le stagioni passano, noi invecchiamo ma Totò no. Lui non ci riesce, complice un’innata capacità di vivere il calcio. Quando indossa i suoi scarpini da calcio sPEcIALI bOmbEr Di Natale si trasforma in un supereroe dai poteri magici. Gol, gol e ancopag.14 DA PIOLA A mILLA ra gol, fregandosene dell’età e di chi gli vuole male… Beh, ci è sembrato opportuno regalare, ancora una volta, al mitico ed immarcescibile Totò la cover di Calcio2000, la seconda dal nostro ritorno in edicola… “Voglio 200 gol in Serie A e giocare in Brasile”, ci ha confidato. Conoscendolo, EscLusIvA sANNINO siamo sicuri che possa realizzare anche questi due nuovi sogni… Amici pag.18 PrONTI PEr IL DErby miei, questo è un numero particolare, sapete? Abbiamo disturbato un leggendario allenatore come Vicini, per capire come è cambiato il calcio, e abbiamo pensato di celebrare degnamente il ritorno in paradiso di un certo Ronaldinho, un altro che, come Totò, ha quel pizzico di magia che lo rende LE vErITà DI vIcINI pag.52 OggI mANcA LA quALITà eterno. A proposito di giocatori senza età, non perdetevi anche l’altro “vecchietto” che risponde al nome di Di Michele, uno che potrebbe far decollare la Reggina… Per gli amanti delle statistiche, tanta ma tanta Lega Pro, così per ricordare a tutti che, per noi (così come per voi), il calcio non lo fanno le categorie. Non potevano certo mancare tutti i calendari della nuova cOPPA LIbErTADOrEs pag.76 IL rITOrNO DI DINhO stagione agonistica e qualche racconto che vi terrà compagnia per qualche ITALIA ED EurOPA minuto, come la prima puntata della storia della Champions League o, come sPEcIALE NuOvE mAgLIE IL rITOrNO DI mIsTEr DI mIchELE si diceva ai miei tempi, Coppa del Campioni. Infine, vi rubo un attimo per TuTTE LE NOvITà!!! un pensiero sul nostro calcio. Nel grande ritorno dei super campioni (Gomez, Tevez, Higuain…) mi sono dovuto sorbire, ancora una volta, i soliti insulti razzisti ai danni di Constant… Il giorno che riusciremo ad isolare i deficienti che, da tempo immemore, inquinano gli stadi, allora sì che il calcio italiano svolterà. Non sono i campioni a fare grande il calcio di casa propria ma l’educazione e la cultura sportiva e di quelle, purtroppo, siamo carenti… Buona lettura, vi aspetto per la nuova stagione! pag.28
cALENDArI 2013/14
pag.24
sErIE A
pag.30
sErIE b
pag.34
LEgA PrO 2013/14
calcio2000 set 2013
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sommario189 serie A
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serie a
La bocca del leone di Fabrizio Ponciroli Intervista Esclusiva Di Natale di Fabrizio Ponciroli Bomber senza età di Pierfrancesco Trocchi Intervista Esclusiva Sannino di Stefano Benetazzo Professione Direttore Sportivo di Pierfrancesco Trocchi Le Nuove Maglie della Serie A di Tania Esposito
altri campionati italia 30 Serie B – Di Michele di Pasquale Romano 34 Rubrica LegaPro - Pro-Revolution di Nicolò Bonazzi 36 Rubrica Serie D – U.S.Inveruno di Tania Esposito
il calcio racconta 38 I miti del calcio - Dasaev di Luca Gandini 42 Accade a Settembre di Simone Quesiti 44 Speciale Champions League di Gabriele Porri 48 Dove sono finiti? Lulù Oliveira di Paolo Camedda 50 A un passo dalla gloria - Edmundo di Fabrizio Ponciroli 52 Ai miei tempi allenavo così - Azeglio Vicini di Gabriele Cantella 54 Top 11 - Croazia di Antonio Vespasiano
TOP CALCIO 60 Spagna - Los Mejores 64 Inghilterra - Nuovo Sir Cercasi 68 Germania - L’eterna sfida 72 Francia - Peter Pan Leo 76 Speciale Libertadores
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editore Action Group s.r.l. Via Londonio, 22 20154 Milano Tel: 02 345.38.338 Fax: 02 34.93.76.91
calcio2000
Registrazione del Tribunale di Milano n.362 del 21/06/97
Direttore Responsabile Alfonso Giambelli Direttore Editoriale Fabrizio Ponciroli redazione@calcio2000.it Responsabile Iniziative Speciali Riccardo Fiorina rfiorina@calcio2000.it Caporedattore Sergio Stanco redazione@calcio2000.it Redazione Tania Esposito redazione@calcio2000.it Giancarlo Boschi Hanno collaborato Daniele Chiti, Renato Maisani, Antonio Longo, Deborah Bassi, Luca Gandini, Alvise Cagnazzo, Gianpiero Versace, Luca Manes, Flavio Sirna, Paolo Mandarà, Stefano De Martino, Antonio Giusto, Nicola Pagano, Eleonora Ronchetti, Simone Grassi, Gianluigi Bagnulo, Antonio Vespasiano, Matteo Perri, Francesco Del Vecchio, Antonio Modaffari, Gabriele Porri, Paolo Camedda, Alessandro Basile, Francesco Schirru, Pasquale Romano, Elvio Gnecco, Dario Lisi, Francesco Ippolito, Roberto Zerbini, Andrea Rosati, Silvia Saccani, Lorenzo Stillitano, Riccardo Cavassi, Antonello Schiavello, Alfonso Scinti Roger, Elmar Bergonzini, Alessandro Casaglia, Simone Quesiti, Pierfrancesco Trocchi, Stefano Benetazzo, Nicolò Bonazzi, Gianni Bellini, Francesco Scabar, Daniele Berrone, Irene Calonaci, Simone Beltrambini, Gabriele Cantella Realizzazione Grafica Francesca Crespi Fotografie Agenzia fotografica Liverani Statistiche ACTION GROUP srl Champions league a cura di Soccerdata
Di Natale,
quando il gol non ha età
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Numero chiuso il 30 luglio 2013 Il prossimo numero sarà in edicola il
15 settembre 2013
calcio2000 5 ago 2013 calcio2000 5 set 2013
Per scriverci – redazione@calcio2000.it
BASTA CON IL RAZZISMO!!!
Gentile Direttore, ero alla tv a gustarmi il mio Milan e, ancora una volta, ho perso il gusto per il calcio. Non bastavano gli idioti della Pro Patria, anche quelli del Sassuolo ora, non ho parole. Constant ha fatto bene ad andarsene, non si può giocare in campi così idioti. Io farei fermare la partita al primo buu, non vedo altra soluzione. Mi piacerebbe un suo pensiero in merito. Complimenti per essere tornati in edicola, mi mancavate… Leonardo, mail firmata Caro Leonardo, hai toccato un argomento molto delicato. Da giorni mi faccio questa domanda: “Perchè un “buu” fa indignare più di un “figlio di put...a?”. Negli stadi si sente ogni genere di insulto (Ibra e Materazzi ne hanno sentiti di ogni tipologia e forma), eppure ciò che salta all’occhio sono gli insulti a livello razziale? Constant è l’ultimo esempio di un mal costume in cui alcuni tifosi italiani sono maestri... Non voglio giustificare nessuno o minimizzare l’ultimo caso Constant ma qualcuno può spiegarmi perchè si lasciano passare pesantissimi insulti alla persona e si grida allo scandalo se qualcuno attacca un giocatore di colore? Io non ho risposta, so solo che il calcio è malato da tempo, non solo da quando si sentono sgradevoli cori a sfondo razziale. Fermare le partite non avrebbe senso, darebbe ancor più potere a queste sudici individui che riversano in insulti gratuiti le loro frustrazioni quotidiane. Non si insegna la cultura sportiva, purtroppo…
IL MIGLIOR ACQUISTO È…
Cara redazione, sono un titolare di un blog di calcio e vorrei sapere chi, secondo voi, è il miglior acquisto di questo calciomercato? Citerò la fonte. Grazie per l’eventuale risposta Luca, mail firmata Ciao Luca, ti rispondo io e ti dico Giuseppe Rossi. Si, lo so, non è arrivato quest’estate ma rivederlo in campo è una gioia immensa e sono sicuro che farà fare il salto di qualità finale alla Fiorentina. Tra i nuovi arrivati “veri” dico Tevez. Ha una voglia di vincere e spaccare il mondo che fa paura…
BELLO RIAVERE CALCIO2000…
Che piacevole sorpresa Direttore, non me l’aspettavo di avere nuovamente per le mani Calcio2000!!! Complimenti, di questi tempi non deve essere stato semplice. Sono contento, anche se pesa il fatto di non avere tutti i numeri, comunque meglio che niente. Uscirà anche la Guida alla Serie A, vero? Colan67, mail firmata Caro amico (prossima volta metti il tuo nome), sono contento anche io… Indubbiamente è stata una faticaccia ma ne è valsa la pena. Speriamo vada tutto per il verso giusto, così che si possa continuare a lungo. Per la Guida, certo, sul numero di settembre ci saranno tutte le rose aggiornate di tutte le 20 squadre di Serie A e qualche chicca… Mi raccomando, spargi la voce!!!
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di Fabrizio Ponciroli
NAPOLI DA SCUDETTO?
Egregio Direttore, mi chiamo Fedele, ho 16 anni e sono un grande tifoso del mio Napoli. Sono rimasto deluso dall’addio di Cavani, non me l’aspettavo ma sono contento dei nuovi arrivati. Secondo me possiamo vincere lo scudetto, anche se la Juventus è davvero forte e ha una grande squadra. Le voglio fare una domanda: pensa che questo Napoli vincerà lo scudetto? Fedele, mail firmata Sapessi, caro Fedele, chi si aggiudicherà il prossimo campionato, investirei tutti i miei esigui risparmi nel betting… A parte le battute, il nuovo Napoli è altrettanto competitivo rispetto a quello dell’era Mazzarri. Non sono stupito dell’addio di Cavani, era inevitabile. Un affare per tutti, in primis per De Laurentiis. Il Pipita (Higuain) mi è sempre piaciuto e Benitez sa il fatto suo. Personalmente vedo la Juventus un passo avanti a tutte ma gli impegni di Champions potrebbero distrarla, soprattutto dovesse far bene nella fase a gironi. Dico Napoli secondo al traguardo ma non ci azzecco mai nei pronostici…
TONI DOVE PUO’ ARRIVARE?
Buongiorno Ponciroli, ci siamo conosciuti a Novegro, ricorda? Sono il tifoso del Verona. Ha visto, abbiamo preso Toni. Che ne pensa, possiamo salvarci? Io sono convinto che uno come Toni ci possa dare una grossa mano. Abbiamo bisogno di giocatori di esperienza e Toni ne ha da vendere. Poi a Verona si troverà benissimo, è la città ideale per giocare a calcio senza pressioni. Mi aspetto presto una super intervista a Toni sul giornale, non mi deluda. Francesco, mail
MAGLIA AUTOGRAFATA
Gentile Redazione, avrei una domanda per chi mi può aiutare. Ho una maglietta del Brasile, anno 1982, firmata dal grande Zico e una dell’Italia firmata da Fulvio Collovati. Vorrei venderle ma non so proprio quanto possano valere. Su internet non ho trovato nulla del genere, magari è un buon segno. Potete aiutarmi? Avrei proprio bisogno di venderle in tempi brevi ma non vorrei sbagliare il prezzo. Grazie in anticipo per quello che potrete fare. Adriano, Udine Caro Adriano, quello che posso fare è pubblicare la tua lettera. Se qualcuno fosse interessato, può scrivere a redazione@ calcio2000.it e noi gireremo il tutto ad Adriano…
Ciao Francesco, che piacere risentirti… Certo che mi ricordo ma ci davamo del tu… Allora, Toni è un grande, lo conosco da anni e so che farà benissimo. Ora che è diventato papà, è ancora più sereno e voglioso di far bene, farà una grande stagione, come il Verona del resto. Non vedo l’ora di godermi il derby, anzi penso proprio che verrò a vederlo. Toni su Calcio2000? Perché no? Tranquillo che ci sarà spazio per il tuo amato Verona…
RISPOSTE IN BREVE
Per motivi di spazio, rispondo velocemente ad alcune vostre mail/lettere qui di seguito: Caro Severino da Clusone, ritengo che Honda non sia un giocatore che possa spostare gli equilibri in casa Milan. È un buon giocatore, nulla di eccezionale. Preferisco Poli. Per Gianluca da Lecce: mai detto che Miccoli è finito, anzi… È un appassionato di wrestling, saprà rialzarsi. Per Federico: più forte attaccante che abbia mai visto nel gioco acrobatico dico Riedle. Per Luciano da Rimini: Il mio allenatore preferito resta Mourinho, tra i “nuovi” ho un debole per Maran. Per Carmela: se vuoi fare contento il tuo ragazzo, io ti consiglio una gara interna del Real Madrid. Il Bernabeu pieno fa impressione!!!
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intervista - antonio di natale
di Fabrizio Ponciroli
È SEMPRE (DI) NATALE Passano gli anni, ma il cecchino dell’Udinese continua a segnare con una regolarità da vero Top Player…
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apoli, 13 ottobre 1977. Nasce Antonio Di Natale, per tutti Totò. Un bambino destinato ad entrare nel gotha del calcio. Nel suo corpo scorre il sangue puro del goleador. La sua unica missione è semplice e chiara a tutti: mettere quella palla in fondo alla rete. Quasi 36 anni dopo, Totò è ancora sulla cresta dell’onda. Al momento, il suo score in Serie A parla di 176 gol all’attivo. Fatta eccezione per il “mostro Totti”, nessun giocatore in attività ha messo a segno tante reti nel massimo campionato italiano. Ma il navigato Totò non è affatto pago del 12esimo posto assoluto nella classifica dei marcatori di sempre, lui vuole arrivare a quota 200 gol, ed entrare in quella privilegiata schiera di immortali che, al momento, vede iscritti solo Piola, lo stesso Totti, Nordahl, Meazza, 8 calcio2000 set 2013
Altafini e Roby Baggio. Un record da centrare con la casacca della sua amata Udinese, il club di cui è il re incontrastato. Calcio2000 lo ha intervistato per saperne di più su questo terribile “ragazzino” che non smette mai di segnare… Buongiorno Totò, partiamo forte ma devi essere onesto: quale è il gol a cui sei più legato? Uno che ricordi con affetto… “È difficile scegliere, in questo momento mi viene in mente il gol messo a segno a Milano contro l’Inter lo scorso 19 maggio perché ci giocavamo la qualificazione in Europa nell’ultima giornata di campionato. Una rete a cui sono molto legato è quella realizzata alla Spagna nella partita d’esordio dell’Italia negli Europei del 2012”. Continui a segnare 20 gol a stagione, il prossimo anno sarà più difficile o or-
mai sei abituato e sai come si fa? “L’avanzare dell’età non mi ha fatto perdere l’istinto del gol. Il mio compito è finalizzare il lavoro di squadra e, se alle mie spalle non avessi avuto un team di massimo livello, non sarei mai riuscito a realizzare tanti gol”. Come vedi la Serie A? Ti sembra che, nel corso degli anni, sia peggiorata? “Più che un livellamento verso il basso della Serie A ho riscontrato maggior competitività negli altri campionati. Inghilterra, Germania e Spagna hanno aumentato il tasso tecnico e tattico colmando il gap che li separava dal campionato italiano”. Ennesimo miracolo Udinese, ma lo scorso anno sembra che si sia andati davvero oltre? Come ci siete riusciti, quale la svolta? “Probabilmente delle ultime tre qualifi-
Si ringrazia Panini per la gentile concessione delle immagini
cazioni in Europa questa l’ultima è stata la più insperata e la più bella perché meno attesa. Ci siamo riusciti non mollando mai, nemmeno quando l’obiettivo sembrava non essere più alla portata. Le otto vittorie finali ci hanno permesso di coronare la più incredibile delle rimonte. La svolta? Lo 0-3 al Tardini di Parma”. Hai anche avuto incomprensioni in passato con Guidolin, oggi siete le colonne dell’Udinese: che tipo di rapporto c’è tra voi? Ogni tanto ti chiede consigli? “Non ho avuto incomprensioni con il mister. Ci siamo confrontati come è normale che avvenga tra persone adulte e coscienziose. Il rapporto tra di noi è schietto e sincero, vogliamo entrambi il meglio per la nostra squadra del cuore. Consigli? Sono io che ne chiedo a lui (Ride ndr)”.
ANCHE UNA STATUA… Tra le tantissime soddisfazioni che si è tolto Di Natale in carriera c’è anche l’essere diventato una statua. Realizzata in resina colorata da Idea Prototipi, l’azienda di Basiliano di Agostini che aveva già “congelato” le due scarpette di Totò in occasione dei 100 gol del capitano, la statua raffigura il bomber mentre mette a segno, contro il Pescara, il 150esimo gol, in Serie A, con la casacca dell’Udinese. Di Natale è stato immortalato, mediante un’apposita tecnologia che permette la scannerizzazione tridimensionale, per dar vita ad una statua decisamente speciale… C’è ora da pensare a cosa fare per i 200 gol in Serie A…
tutti i gol in carriera
stagione squadra serie presenze gol 1995-96 Empoli C1 0 0 1996-97 Empoli B 1 0 1997-98 Iperzola * C2 33 6 1998-99 Varese C1 4 0 ott.-98 Viareggio C2 25 12 1999-00 Empoli B 25 6 2000-01 Empoli B 35 9 2001-02 Empoli B 38 16 2002-03 Empoli A 27 13 2003-04 Empoli A 33 5 2004-05 Udinese A 33 7 2005-06 Udinese A 35 8 2006-07 Udinese A 31 11 2007-08 Udinese A 36 17 2008-09 Udinese A 22 12 2009-10 Udinese A 35 29 2010-11 Udinese A 36 28 2011-12 Udinese A 36 23 2012-13 Udinese A 33 23 * Play-out 2 2
Come svolgi il ruolo di capitano? Dai consigli, spieghi l’Udinese ai nuovi, li rimproveri se si lasciano andare? “La fascia comporta onori e oneri, è inevitabile. Col passare degli anni mi sono calato nella parte e ora posso dire che mi fa piacere essere un punto di riferimento per tanti ragazzi nuovi che mettono piede per la prima volta nel nostro spogliatoio”. L’ultimo che hai ripreso? Perché? “Mi spiace ma credo sia giusto che questi argomenti rimangano all’interno dello spogliatoio…”. Muriel è il prossimo fuoriclasse del calcio italiano? Quanto è forte e che consigli gli dai? “È un fenomeno. È vero quello che dicono molti addetti ai lavori, che il colombiano ricorda Ronaldo sia fisicamente che tecnicamente. È una forza della natura, se saprà coltivare il suo talento
diventerà uno dei migliori attaccanti del mondo”. Tu sei una delle ultime bandiere, come Totti. Fossi in De Rossi, lasceresti Roma? “No, non lo farei, ma sono scelte personali. Ognuno deve essere libero di decidere cosa fare della propria vita. Daniele si è sempre comportato da grande professionista e, nel corso degli anni, ha dato tutto per la causa giallorossa”. È vero che a quelli come voi si chiede di più ed è veramente difficile accontentare i tifosi? “Spesso rappresentiamo il punto di riferimento di un’intera tifoseria ed è normale che la gente ci chieda il massimo perché indossiamo una maglia simbolo per tutte le persone e la città intera”. Quanto sei stato vicino all’addio al calcio a fine stagione? “Non l’ho mai preso in considerazione.
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Intervista - antonio di natale
tutti i gol in serie a GIORNATA PARTITA N.GOL SU RIGORE
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2 Empoli-Reggina 1 4 Empoli-Lazio 1 15 Bologna-Empoli 1 16 Empoli-Ancona 1 TOTALE GOL 5 UDINESE 2004-2005 2 Udinese-Parma 1 10 Lecce-Udinese 1 14 Udinese-Siena 1 18 Udinese-Cagliari 1 19 Milan-Udinese 1 26 Fiorentina-Udinese 1 30 Udinese-Roma 1 TOTALE GOL 7 UDINESE 2005-2006 6 Udinese-Lazio 1 15 Udinese-Lecce 1 19 Udinese-Treviso 1 1 21 Udinese-Roma 1 28 Udinese-Ascoli 1 32 Udinese-Parma 1 35 Udinese-Chievo 1 36 Sampdoria-Udinese 1 TOTALE GOL 8 1 UDINESE 2006-2007 2 Udinese-Torino 1 3 Sampdoria-Udinese 1 17 Atalanta-Udinese 1 25 Udinese-Parma 2 1 29 Udinese-Livorno 2 30 Udinese-Lazio 1 1 31 Siena-Udinese 1 32 Udinese-Chievo 1 37 Milan-Udinese 1 TOTALE GOL 11 2 UDINESE 2007-2008 3 Juventus-Udinese 1 4 Udinese-Reggina 2 12 Fiorentina-Udinese 1 13 Udinese-Siena 1 15 Udinese-Sampdoria 1 17 Udinese-Empoli 1 23 Reggina-Udinese 2 24 Udinese-Genoa 2 2 26 Udinese-Atalanta 1 28 Udinese-Lazio 1 30 Udinese-Livorno 1 31 Udinese-Fiorentina 1 33 Udinese-Roma 1 35 Udinese-Catania 1 TOTALE GOL 17 2 UDINESE 2008-2009 1 Udinese-Palermo 2 8 Udinese-Roma 2 1 13 Fiorentina-Udinese 1 1 16 Udinese-Lazio 2 17 Milan-Udinese 1 20 Palermo-Udinese 1 21 Udinese-Juventus 1 22 Napoli-Udinese 1 1 24 Siena-Udinese 1 TOTALE GOL 12 3 UDINESE 2009-2010 1 Udinese-Parma 2 1 2 Sampdoria-Udinese 1 3 Udinese-Catania 3 1 5 Udinese-Milan 1 6 Udinese-Genoa 1 7 Inter-Udinese 1 14 Udinese-Livorno 1 15 Bologna-Udinese 1 17 Udinese-Cagliari 1 19 Udinese-Lazio 1 21 Udinese-Sampdoria 1 1
23 Udinese-Napoli 3 24 Milan-Udinese 1 26 Udinese-Inter 1 1 29 Roma-Udinese 2 1 32 Udinese-Juventus 1 33 Livorno-Udinese 1 34 Udinese-Bologna 1 35 Udinese-Siena 1 1 36 Cagliari-Udinese 1 37 Udinese-Bari 2 38 Lazio-Udinese 1 TOTALE GOL 29 6 UDINESE 2010-2011 4 Bologna-Udinese 1 8 Udinese-Palermo 1 1 12 Udinese-Lecce 3 14 Udinese-Napoli 3 1 15 Parma-Udinese 1 16 Udinese-Fiorentina 1 18 Udinese-Chievo 1 19 Milan-Udinese 2 20 Genoa-Udinese 1 21 Udinese-Inter 1 24 Udinese-Sampdoria 1 25 Cesena-Udinese 2 27 Palermo-Udinese 3 1 28 Udinese-Bari 1 1 29 Cagliari-Udinese 2 30 Udinese-Catania 1 32 Udinese-Roma 1 36 Udinese-Lazio 2 TOTALE GOL 28 4 UDINESE 2011-2012 1 Udinese-Juventus 2 Lecce-Udinese 1 3 Udinese-Fiorentina 1 1 4 Milan-Udinese 1 6 Udinese-Bologna 1 1 8 Udinese-Novara 2 10 Udinese-Palermo 1 11 Udinese-Siena 1 13 Udinese-Roma 1 15 Udinese-Chievo 1 17 Udinese-Cesena 2 18 Genoa-Udinese 1 1 19 Udinese-Catania 1 21 Udinese-Lecce 1 22 Fiorentina-Udinese 1 23 Udinese-Milan 1 25 Bologna-Udinese 1 1 28 Udinese-Napoli 1 31 Udinese-Parma 1 35 Udinese-Lazio 1 37 Udinese-Genoa 1 38 Catania-Udinese 1 TOTALE GOL 23 4 UDINESE 2012-2013 3 Siena-Udinese 1 4 Udinese-Milan 1 1 9 Roma-Udinese 2 1 10 Udinese-Catania 2 1 11 Bologna-Udinese 1 13 Udinese-Parma 1 16 Sampdoria-Udinese 1 17 Udinese-Palermo 1 19 Udinese-Inter 2 20 Udinese-Fiorentina 2 1 27 Pescara-Udinese 1 31 Udinese-Chievo 2 33 Udinese-Lazio 1 35 Udinese-Sampdoria 2 37 Udinese-Atalanta 2 38 Inter-Udinese 1 TOTALE GOL 23 4
EMPOLI 2002-2003 1 Empoli-Inter 1 2 Como-Empoli 1 4 Perugia-Empoli 1 6 Empoli-Roma 1 9 Brescia-Empoli 1 10 Empoli-Reggina 3 23 Roma-Empoli 1 29 Milan-Empoli 1 30 Empoli-Udinese 1 31 Modena-Empoli 1 33 Torino-Empoli 1 TOTALE GOL 13 EMPOLI 2003-2004 1 Juventus-Empoli 1 2 Empoli-Reggina 1 4 Empoli-Lazio 1 15 Bologna-Empoli 1 16 Empoli-Ancona 1 TOTALE GOL 5 UDINESE 2004-2005 2 Udinese-Parma 1 10 Lecce-Udinese 1 14 Udinese-Siena 1 18 Udinese-Cagliari 1 19 Milan-Udinese 1 26 Fiorentina-Udinese 1 30 Udinese-Roma 1 TOTALE GOL 7 UDINESE 2005-2006 6 Udinese-Lazio 1 15 Udinese-Lecce 1 19 Udinese-Treviso 1 1 21 Udinese-Roma 1 28 Udinese-Ascoli 1 32 Udinese-Parma 1 35 Udinese-Chievo 1 36 Sampdoria-Udinese 1 TOTALE GOL 8 1 UDINESE 2006-2007 2 Udinese-Torino 1 3 Sampdoria-Udinese 1 17 Atalanta-Udinese 1 25 Udinese-Parma 2 1 29 Udinese-Livorno 2 30 Udinese-Lazio 1 1 31 Siena-Udinese 1 32 Udinese-Chievo 1 37 Milan-Udinese 1 TOTALE GOL 11 2 UDINESE 2007-2008 3 Juventus-Udinese 1 4 Udinese-Reggina 2 12 Fiorentina-Udinese 1 13 Udinese-Siena 1 15 Udinese-Sampdoria 1 17 Udinese-Empoli 1 23 Reggina-Udinese 2 24 Udinese-Genoa 2 2 TOTALE GOL 2 2 EMPOLI 2002-2003 1 Empoli-Inter 1 2 Como-Empoli 1 4 Perugia-Empoli 1 6 Empoli-Roma 1 9 Brescia-Empoli 1 10 Empoli-Reggina 3 23 Roma-Empoli 1 29 Milan-Empoli 1 30 Empoli-Udinese 1 31 Modena-Empoli 1 33 Torino-Empoli 1 TOTALE GOL 13 EMPOLI 2003-2004 1 Juventus-Empoli 1 -
è sempre (di) natale
Voglio continuare a giocare a calcio e divertirmi ancora un po’…”. Come ti immagini nell’istante in cui non giocherai più a calcio? Ciabatte e divano, scarpette e ragazzini o giacca cravatta e panchina? “Ancora non ho pensato a questo scenario, ma credo che quando arriverà il giorno mi dedicherò anima e corpo ad insegnare ai ragazzini a giocare a calcio”. È vero che Conte ti ha chiesto e ancora ti chiede di andare alla Juve? “Ho ricevuto molte offerte nel corso degli ultimi dieci anni, ma non le svelo…”. Mai avuto nessun rimpianto per le volte che hai detto no ai grandi club? “No, non ho mai avuto alcun rimpianto, nemmeno per un momento. L’Udinese è stata la scelta lavorativa più felice della mia vita”. Cosa rispondi a quelli che dicono che non sarai mai ricordato tra i più grandi solo perché non hai giocato con le più grandi? “Dico loro di guardarsi le classifiche marcatori degli ultimi anni”. Che effetto ti fa sentire di attaccanti come Falcao che arriveranno a prendere 14 milioni all’anno? Fossi nato una decina d’anni dopo… “Il mondo del calcio è anche questo: show-business. Per vincere ai massimi livelli servono i giocatori più forti del mondo e i prezzi si conoscono. Si può discutere se sia eticamente giusto o meno pagare cifre simili, ma se ciò avviene non è certo colpa di Falcao o di altri colleghi…”. Parliamo di Mondiale, se segni altri 20 gol Prandelli mi sa che ti chiamerà a dare una mano? Ci andresti? “Già giocare una Coppa del Mondo (e segnare un gol) è stato fantastico, figuriamoci un’altra! Andrei in Brasile a nuoto!!!”. Un giovane in cui rivedi alcune delle caratteristiche del grande Di Natale? “Beh, dico Saponara dell’Empoli e Insigne del Napoli”. Il posto migliore dove mangiare a Udine? “Conosco tanti locali gestiti da amici napoletani dove si mangia veramente bene...”.
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Un film che ti è rimasto in mente? “Benvenuti al Sud, davvero fantastico…”. Hai mai chiesto un autografo? A chi? “Sì, mi è capitato, in particolare a due sportivi, ovvero a Maradona e a Federer…”. Con chi usciresti a cena? Uno sportivo che ti piacerebbe conoscere… “Beh, troppo facile, sicuramente Maradona”. Un giocatore che vorresti con te nella tua squadra ideale? “Vado sul sicuro e dico Pirlo…”.Il portiere che ti ha impedito di segnare più gol? “Non ho dubbi, Buffon”.
Parlaci di Asics, un altro matrimonio che dura da tantissimo tempo… “Come spero che la maglia dell’Udinese sia l’ultima, così mi auguro che queste scarpe mi accompagnino sino all’ultimo giorno della mia carriera. Non serve aggiungere altro…”. Ultima domanda: se non fossi stato un campione di calcio, cosa credi che avresti fatto nella vita? “Chi lo sa! Era nel mio destino fare il calciatore”… Vero, verissimo, uno come Di Natale non poteva fare altro che giocare a calcio e segnare una montagna di gol… Ora c’è da pensare ai 200 gol in Serie A, il nuovo sogno del terribile “ragazzino”… calcio2000 set 2013
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speciale - i bomber più longevi
di Pierfrancesco Trocchi
NON HO L’ETÀ Panoramica sui “fratellini” di Di Natale, i bomber più longevi.
c’
è chi, dopo 15, massimo 18 anni passati a calcare il rettangolo verde, decide che è venuto il momento di appendere gli scarpini al chiodo, ritenendo ormai compiuta la propria parabola di calciatore. C’è, però, anche chi, con l’entusiasmo di un ragazzino, non riesce ad abituarsi all’idea di dover rinunciare alle palpitazioni del pre-partita, alla sensazione ineffabile che l’odore dell’erba stimola, alla gioia di vedere i propri tifosi correre giù per gli scaloni della curva, impazziti per un goal, magari all’ultimo secondo. Se le cadenze compassate del calcio di qualche decennio fa permettevano una carriera più lunga e diluita, i ritmi odierni impongono maggiori difficoltà agli aspiranti highlanders. Esistono, però, alcune splendide eccezioni, come con14 calcio2000 set 2013
tinua a dimostrare lo stesso Di Natale. Non è l’unico, perché l’Italia, come da tradizione, si conferma latrice di longevità, anche nel mondo del pallone, in particolare per quanto concerne i bomber infiniti, che continuano, a dispetto dell’anagrafe, a segnare e a far sognare. Delizia per noi, che li vorremmo vedere giocare per sempre. Allora sogniamo, ripercorrendo le storie di attaccanti la cui dirompente fame di goal continua ad emozionare. NON MI AVRETE MAI Il capostipite dei goleador senza età, giocatore di classe più che cristallina ed efficacia micidiale, che ogni anno continua idealmente a fuggire, imprendibile per chiunque. Stiamo parlando di Silvio Piola, sul trono dei migliori marcatori di Serie A con 274 reti distri-
buite in 24 campionati, con esordio a soli 16 anni datato 16 aprile 1930 con la Pro Vercelli. Da lì fu una continua apoteosi, disegnata con le maglie della “Pro”, appunto, della Lazio, del Torino, della Juventus e del Novara. Furono quelli di Roma i momenti migliori, quando in nove anni mise a referto 159 segnature (traguardo tuttora insuperato) che gli valsero memoria imperitura nel cuore dei tifosi biancocelesti, impressionati dalla sua grinta inesauribile. Un episodio valga per tutti: è il 16 marzo 1941, il giorno del derby di Roma. Silvio, in campo da pochi minuti, si procurò un brutto taglio alla testa, che avrebbe compromesso la partita di chiunque, ma non la sua. Breve ricognizione a bordocampo, ferita suturata alla bell’e meglio con quattro grappette e di nuovo in campo. Con la testa fa-
sciata segnò il primo goal della Lazio, addirittura di testa, e pure il secondo, portando la propria squadra al successo e rafforzando la sua vocazione di leader assoluto. Dopo la parentesi torinese, Piola venne ceduto al Novara con la convinzione che fosse oramai “finito”. Nulla di più sbagliato, perché in Piemonte “Silvio gol” prima ottenne la promozione in A, poi trovò il tempo di “buttarla dentro” ancora 70 volte, l’ultima delle quali a 40 anni suonati. Incredibilmente, non riuscì mai a vincere uno Scudetto, mentre in Nazionale (30 goal in 34 presenze) visse la soddisfazione di vincere il Mondiale del 1938 e di siglare una doppietta nella finale contro l’Ungheria. Di lui restano le proverbiali “rovesciate alla Piola” e l’alloro come uno dei più grandi calciatori che il Bel Paese abbia mai potuto ammirare. Il GOLDEN SIR Ci spostiamo in terra d’Albione per ricordare un altro totem senza età, questa volta con meno spiccate attitudini realizzative. Nato centravanti, Stanley Matthews decise autonomamente di arretrare il suo campo d’azione dopo che i difensori avevano incominciato a marcarlo in maniera più stretta. Si trasformò così in un’ala destra dal dribbling spiazzante, generosissima e dal cross fatato. Una carriera, quella di Stanley, lunga una vita, divisa tra Stoke City e Blackpool, con cui vinse il suo unico titolo, la F.A. Cup del 1953 in virtù di una finale (contro il Bolton)
Il Leone del Camerun è l’icona dei bomber più longevi, l’ultimo segnato alla veneranda età di 42 anni!
entrata nella leggenda come The Mattew’s final. Il mito parla di un Sir in preda ad una ferocia agonistica senza pari, indiavolato per il risultato parziale di 3 a 2 in favore degli avversari; aggiustata la fascia di capitano, guidò la squadra verso un 4 a 3 assolutamente insperato davanti ai 100.000 di Wembley. Primo Pallone d’Oro nella storia (nell’anno di grazia 1956), disputò la sua ultima partita nella massima divisione inglese all’età di 50 anni, mentre con la maglia dell’Inghilterra segnò il suo ultimo goal a 41 anni e 248 giorni, record che nessuno è ancora riuscito a battere. Viene da ridere pensando alla frase rivolta a Stanley nel 1947
dall’allora allenatore del Blackpool Joe Smith: “Hai 32 anni, pensi di riuscire a giocare un altro paio di stagioni?”. Provate ad inventare voi la risposta. MILLA E UNA NOTTE Probabilmente servirebbe un libro per raccontare in modo esauriente la storia di Roger Milla. Il leone del Camerun è forse una delle icone più amate dagli aficionados del calcio vintage, dove tutto era possibile e splendidamente paradossale. Proviamo riannodare i fili dei ricordi. Milla firmò, nel 1965, il suo primo contratto da professionista a soli 13 anni per un club camerunense, l’Eclair de Douala, e subito stupì tut-
MIURA, ELISIR DI LUNGA VITA Era il 1994 quando a Genova sbarcò, tra gli sguardi attenti e sorpresi degli astanti, una seconda punta dagli occhi stretti come fessure come mai se n’erano visti in Italia. Quel giocatore, acquistato dall’allora presidente del Genoa Spinelli, era Kazuyoshi Miura, un nome dietro a cui si celava un’astuta operazione di marketing e che i tifosi rossoblù vedevano come possibile craque. Si sbagliavano. Bastarono 24 partite per portare l’indimenticato Scoglio a dire che “Kazu” era “soltanto un bravo ragazzo”, oltretutto con un bilancio imbarazzante: un solo goal segnato nel derby della Lanterna e tanti saluti. Tornato in patria, Miura riprese a segnare tanto, tantissimo e tuttora non smette. È recente, infatti, la notizia del suo record come marcatore più longevo della storia del calcio nipponico. Nel match di J-League 2 (l’equivalente della nostra Serie B) tra il suo Yokohama FC e il Tochigi FC ha infilato il goal che ha aperto le marcature alla veneranda età di 46 anni e 4 mesi, superando anche Zico, che segnò a 41 anni e 3 mesi. Meteora in Italia, leggenda in Giappone: semplicemente, imprevedibile Kazuyoshi.
calcio2000 15 set 2013
non ho l’età
speciale - i bomber più longevi
ti, con 45 goal in 52 partite. A 18 anni i primi successi con l’altra squadra di Douala, il Léopard, quando mise in bacheca due campionati e assaggiò il calcio internazionale attraverso la partecipazione alla Coppa dei Campioni d’Africa. Pallone d’Oro africano nel 1976, militò ancora nel suo paese natale fino all’anno successivo, quando si accasò al Valenciennes, la prima, in 12 anni francesi, di tante squadre, tra cui Monaco e Saint-Etienne. Anno domini 1990: Roger aveva lasciato da poco la sua Nazionale per sopraggiunti limiti anagrafici, ma Paul Biya, presidente del governo camerunense, lo chiamò e lo convinse a tornare per prendere parte ai Mondiali italiani di quell’anno. Milla, a 38 anni, diventò la stella di quella manifestazione con 4 reti (tutte da subentrato), accompagnando il suo Camerun fino agli incredibili ottavi di finale contro l’Inghilterra. Ormai eroe nazionale, il campione africano venne invitato a rientrare per i Mondiali USA del 1994 addirittura tramite una petizione popolare. Fu in questo caso che la sua vita raggiunse il sigillo del mito, perché Roger, con la squadra sotto 6 a 0 nel match contro la Russia, segnò la rete della bandiera a 42 anni. Sì, 42, per un record irripetibile nelle modalità e nelle emozioni. L’epilogo? Esatto, continuò a gonfiare la rete per un paio di annate. Elementare, Watson. TOTTI IN PIEDI Arriviamo ai giorni nostri tornando in Italia. Se prima abbiamo concentrato le nostre attenzioni su Silvio Piola, ora scendiamo di una sola riga nella classifica dei marcatori di Serie A per incontrare, sul secondo gradino del podio, Francesco Totti. 227 goal, tutti per due soli colori, il giallo e il rosso, la sua Roma, che l’ha sempre amato e che ha sempre amato. È un idillio amoroso che incominciò 20 anni fa, quando subentrò a 16 anni durante Brescia-Roma, invitato a scaldarsi dal sibillino Boskov. Francesco racconta che, inizialmente, pensava che il coach ce l’avesse con Muzzi, seduto di fianco a lui: troppo 16 calcio2000 set 2013
110 E LODE Fino ad ora abbiamo parlato di attaccanti, ma c’è chi ha deciso di crearsi una singolarissima veste di bomber trasversale. Se sei portiere, brasiliano e amante del futebol bailado è naturale, non puoi rimanere lì a guardare, devi inventarti qualcosa, come diventare uno specialista dei calci piazzati. È il caso di Rogério Ceni, quarantenne portiere del São Paulo, capace di segnare 110 goal (!) in gare ufficiali, tutti con la mitica maglia bianco-rossonera dei paulisti. Spiega così la sua evoluzione in portiere goleador: “Nel 1996, quando Telê Santana (c.t. del Brasile ai Mondiali 1982 e 1986, ndr) era allenatore della mia squadra, non c’era nessuno che tirasse i calci da fermo. Arrivavo mezz’ora prima dell’allenamento e ci provavo. Riempivo un sacco con una ventina di palloni e cercavo di colpire il palo. Mi dicevo: ’Se riesco a colpirlo, posso centrare facilmente pure la rete’”. Obiettivo assolutamente raggiunto, provato da cifre impressionanti per un estremo difensore che raccontano di più di 40 reti su punizione e di un numero di rigori realizzati intorno a 60, con addirittura una marcatura su azione. Ceni, che stacca nettamente altri portieri-cannonieri come Chilavert (62 goal) e l’immenso Higuita (41), ha l’unico rimpianto di non avere mai segnato con la camiseta verde-oro nonostante 17 partite disputate. Un vero peccato, ma, sicuramente, Rogério ha voglia di sorprenderci ancora.
Ceni, il “secolare” portiere brasiliano ha segnato la bellezza di 110 goal!
umile per entrare come sostituto, figuratevi per immaginarsi capitano della Maggica, ma così è stato ed è ancora. Basti una frase, ai tempi profetica, del Barone Liedholm per spiegare chi sia e cosa rappresenti quell’eterno ragazzo di 36 anni con la numero 10 sulle
spalle: “La gente pagherà il biglietto per vedere giocare Totti”. Riteniamoci fortunati: potremo di nuovo ammirarlo mentre aggiorna i suoi record nella partita infinita del calcio, quella che i bomber qui sopra hanno già, meravigliosamente, giocato.
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calcio2000 17 set 2013
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intervista - giuseppe sannino
di Stefano Benetazzo
Sannino 2, la rivincita A tu per tu con Giuseppe Sannino che, dopo Palermo, ricomincia dal Chievo per ritornare in alto.
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na bellissima domenica pomeriggio, tifosi a caccia di foto ricordo, giocatori e allenatore che giungono a piedi al campo di San Zeno di Montagna per l’amichevole contro la Virtus Vecomp e una tribuna gremita: lo sfondo ideale per una chiacchierata con Giuseppe Sannino, tecnico del Chievo Verona, intervistato in esclusiva per Calcio2000. Mister, è pronto per questa nuova avventura? “Intanto è importante aver trovato ancora la possibilità di allenare in Serie A. Si tratta di una nuova avventura e di una squadra che ha l’obiettivo di salvarsi, sono ben felice di poter ripartire con i 18 calcio2000 set 2013
soliti stimoli, con nuovi volti e una nuova società. Vogliamo costruire qualcosa: ogni anno è stato sempre così e mi auguro che attraverso i ragazzi si possa costruire una squadra con un’identità e con il carattere di Sannino”. Quali sono gli obiettivi? “Più che personali credo che gli obiettivi debbano essere di squadra. Il mio lavoro è dar loro tutte le conoscenze e, con il sacrificio e l’intelligenza dei ragazzi, arrivare alla salvezza”. In carriera ha allenato molte squadre, affacciandosi però alla Serie A soltanto da poco. Perché? “Perché si vede che doveva andare così. Ci sono percorsi che sono più rapidi e altri che sono più lunghi ma credo che
alla fine ognuno di noi debba essere contento di quello che ha fatto e che farà. Si vede che il mio percorso è stato un po’ più lungo, forse ho qualcosa in più da raccontare, qualche aneddoto in più rispetto ad altri”. Ovunque ha ottenuto importanti traguardi, come a Varese, che hanno aperto le porte al Siena. Cosa ricorda di quegli anni? “Non bisogna mai demordere e mai demoralizzarsi. Le stagioni di Varese si sono succedute dopo un momento di delusione perché ero rimasto a casa dopo aver vinto due campionati consecutivi ma, essendo fatalista, per me è già tutto scritto. Quando ho ripreso il Varese nessuno si aspettava di ottenere due promo-
zioni arrivando a sfiorare la Serie A. Il ricordo più bello è proprio l’ultima partita in casa contro il Padova, terminata 3-3, anche se è stata una delusione per i tifosi. Varese mi è rimasta nel cuore, una città dove è possibile tornare sempre e in cui si ricordano di te”. Dai biancorossi ai bianconeri: c’era più emozione o timore? “Mi accompagnano sempre dubbi e paure ma credo sia la base di una persona intelligente; quando sono andato a Siena ho preso un’eredità pesante ma ho trovato un gruppo straordinario con una grande cultura del lavoro, che mi ha dato la possibilità di lavorare ed esprimermi per quello che ero capace di fare”. Annata strepitosa a Siena: ha svezzato giocatori importanti, ottenuto la salvezza in anticipo e battuto grandi squadre… “È stata un’annata splendida dove ci sono stati anche momenti non facili ma grazie ai ragazzi e alla dirigenza che mi è stata vicino li abbiamo superati. Credo che Siena si ricorda di Sannino ma Sannino si ricorda molto molto bene di Siena”. Dopo il Siena è arrivato il Palermo… “Palermo è stata un’annata straordinaria sotto l’aspetto professionale. Ho iniziato senza sentirmi allenatore di quella squadra, sono stato a casa sei mesi, sono ritornato e ne sono stato orgoglioso. I due mesi finali credo che abbiano fatto parlare molto del Palermo in Italia, eravamo quasi riusciti in un’impresa straordinaria”. Avventura rosanero iniziata e finita, ma non costruita: come mai? “Non c’era stato un gran feeling tra tutte le componenti, è stata dura, ma mi preme dire che quando cambi cinque volte la giuda tecnica, la squadra una domanda se la deve porre, ossia se è solo colpa dell’allenatore. Ed è quello che ho detto al mio ritorno. È stata comunque una stagione molto positiva perché se sono qui al Chievo devo dire grazie anche al Palermo”. Ce la può fare quindi Gattuso a far bene a Palermo? “Gli auguro di poter far bene intanto per
il Presidente che ci mette molto del suo, per la città e poi perché ho tanti ragazzi che ho allenato e mi auguro che, anche grazie al Direttore Perinetti, ce la possa fare a tornare subito in Serie A”. Ora il Chievo del Presidente Campedelli: come mai ha scelto la formazione clivense? “Perché mi hanno voluto fortemente. Mi hanno attratto la serietà ma anche la storia; sarà un’annata importante per la città, avere due squadre in Serie A è molto bello e dovremo farci trovare pronti per regalare la salvezza ai tifosi”. Dai tempi di Varese sembra abbia perso un po’ di spensieratezza: il Chievo è la squadra giusta per tornare a lavorare col sorriso? “Ho sempre lavorato con il sorriso, credo che non si perda mai la spensieratezza, solamente si diventa più esigenti; c’è la coscienza che la Serie A è difficile e la cura del particolare è troppo importante, per me il campo e gli allenamenti sono determinanti”. Lei è stato un fautore del 4-4-2 ma, soprattutto da Siena in avanti, più volte ha cambiato modulo… “Ci deve essere l’umiltà di sapere che il calcio non si fa solamente come uno pensa, ci sono tanti modi di fare calcio; ho capito che bisogna togliere qualcosa del proprio io per non prendere grandi legnate e così facendo abbiamo ottenu-
to molti risultati, grazie a ragazzi duttili che hanno saputo trasformare le loro capacità in tanti modi di stare in campo e questo mi ha aiutato anche nell’aspetto professionale”. Cosa apprezza dei suoi giocatori? “Apprezzo la capacità di autocritica e di sapere che fanno un lavoro straordinario, devono ritenersi fortunati; il calciatore deve essere bravo a capire che per continuare servono sacrifici, bisogna mettersi in discussione gestendo anche momenti negativi. Vorrei tanto che i calciatori capiscano che il calcio si gioca in undici ed essere partecipi di un’annata in Serie A è già di per sè importante”. Lei ha fatto lavori molto “normali”: cosa Le hanno dato? “Un’esperienza di una persona normale che deve arrivare alla fine del mese e prendere lo stipendio come la maggioranza delle persone; mi ritengo fortunato e vorrei dare la possibilità a tante altre persone di poter vivere un sogno come quello che sto vivendo io”. Un suo augurio? “Vorrei fare un saluto a tutte le persone, che trovino la serenità per venire allo stadio perché intanto nel quotidiano stanno bene, cosa difficile in questo momento, e poi perché riempire gli stadi è sempre uno spettacolo. Portare tanti bambini allo stadio, questa è la cosa più bella”.
A Varese Sannino ha vissuto emozioni indelebili, due promozioni incredibili e tanto affetto
calcio2000 19 set 2013
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speciale - direttore sportivo
di Pierfrancesco Trocchi
amore infinito Intervista a Carlo Regalia, decano dei direttori sportivi italiani e Presidente dell’A.DI.SE da 23 anni.
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ordialità, estrema cura dei particolari e una passione viva e costante, nel lavoro come in questa intervista. Carlo Regalia è quello che, con un termine di recente successo, potremmo definire un top-player del calcio nostrano, protagonista di un singolare triathlon che dal campo lo ha portato a sedersi in panchina e, infine, dietro alle scrivanie delle società di mezza Italia. Chi meglio di lui avrebbe potuto parlarci della figura del Direttore Sportivo, di cui tanto si discute? Abbiamo fatto due chiacchiere col direttore, il cui risultato è un interessante spaccato del pallone nostrano. 20 calcio2000 set 2013
Come definirebbe il ruolo di Direttore Sportivo nel calcio moderno? “Penso di essere stato uno dei primi a fare il direttore sportivo, tanto che sono presidente della A.DI.SE da 23 anni. Non credo sia cambiato molto. Diciamo che prima c’era il presidente, il segretario e l’allenatore; in seguito, si sono create nuove figure societarie come il team manager, il direttore del marketing e tante altre. Il DS non svolge le stesse mansioni in tutte le società: c’è chi deve curare con maggiore attenzione il calciomercato, chi si pone come aiuto importante in particolare all’allenatore, chi fa entrambe le cose e così via”.
Il ruolo di DS è passato in secondo piano con la ribalta dei procuratori? “No, al contrario ha maturato ancor maggiore importanza. Ad esempio, fino a 3 anni fa tra A e B erano ben 90. Inoltre, qualche mese fa ho scoperto che alla Juventus lavorano 9 DS. Tutto questo per dire che il DS ha molte più possibilità di lavorare ora, dopo l’avvento dei procuratori, che prima”. Dopo la sentenza Bosman i calciatori hanno ottenuto molta più voce in capitolo. Secondo lei, il ruolo di DS si è complicato? “Certamente sì, in particolare all’inizio. Il procuratore ha un ruolo determinante quando vengono stipulati contratti o in
sede di discussione del contratto. Come nella vita, ci sono procuratori con cui si lavora meglio e altri con cui si dialoga in modo meno semplice, con cui si è amici o no. Come mi è capitato più di una volta, i problemi sorgono quando un procuratore decide di avere come unico interlocutore il presidente di una società, mettendo in secondo piano il DS. Il procuratore non è un nemico, è una controparte e il DS, che è uomo del presidente, deve farsi rispettare”. Lei dice, quindi, che i procuratori hanno il vizio di sentirsi troppo importanti? “La colpa non è loro, ma dei presidenti. Il DS, dal canto suo, ha il dovere di non farsi prevaricare, naturalmente in modo corretto”. Tra i DS in carica, chi lavora meglio secondo lei? “Sono convinto che, più si scende di categoria, più bisogna essere preparati, perché aumentano le problematiche. In Serie A, ad esempio, i compiti vengono divisi tra più persone, mentre nei campionati inferiori il DS deve battere il calcio d’angolo e andare subito a colpire di testa. Il bravo Direttore Sportivo è quello che riesce a portare un giocatore semisconosciuto a valere tanti milioni, come all’Udinese, dove a questo fine esiste un curatissimo lavoro di organizzazione. Chi ha un budget elevato a disposizione è facilitato nella scelta dei calciatori”. Se lei potesse offrire a un aspirante DS i comandamenti del mestiere, cosa direbbe? “Il DS ha l’obbligo di capire che i suoi programmi debbono essere quelli della società, ognuna di esse ha le sue dinamiche e le sue esigenze. È fondamentale che ci sia fiducia reciproca tra allenatore, DS e presidente, alimentata da un continuo confronto. Il Direttore Sportivo deve fare conoscere le proprie idee con onestà, senza temere di prendere decisioni che non piacciono nell’immediato, perché nel tempo verranno apprezzate”. Spesso la stampa non lesina commenti negativi sul vostro operato. “A me è successo diverse volte di subi-
Tra i colpi di Regalia anche un certo Zambrotta
re critiche, specie ai tempi del Bari. In particolare, nell’estate del 1997 i giornali scrissero che sarebbe servito uno psicologo a chi aveva ideato la squadra per la stagione successiva. Poi, nel mercato di gennaio, scoppiò un putiferio perché non avevamo l’intenzione di comprare un attaccante. Io, d’accordo con Fascetti, fui chiaro: i titolari erano Ventola, Di Vaio e Flachi, ai tempi nemmeno 60 anni in tre, ma ne cono-
scevamo il valore. C’era chi diceva che non capivamo nulla di calcio. Un conto è giudicare uno spettacolo, un altro è crearlo. In particolare, mi infastidiva e mi infastidisce tuttora notare malafede negli articoli”. Si parlava di Bari, la città che più è legata al suo nome. “Quando ero a Bari ho rinunciato a diverse proposte importanti pur di rimanere. Ho avuto la possibilità di lavorare serenamente, con la soddisfazione di vedere i nostri calciatori giocare ad alti livelli”. A tal proposito, quali sono stati i colpi più importanti in uscita? “Nel 2002, quando retrocedemmo, incassammo qualcosa come 86-87 miliardi dalla vendita di alcuni nostri giocatori. Per giustificare la cifra, basti ricordare che, agli Europei di Portogallo, la Nazionale contava 6 elementi passati da Bari. Per esempio, dalla cessione di Ventola all’Inter ottenemmo 26 miliardi più il cartellino di Spinesi, ma penso anche ad Amoruso, acquistato dalla Fiorentina, a Perrotta, Marcolin, De Ascentis. Poi, naturalmente, c’è Cassano, che la Roma pagò 55 miliardi più D’Agostino, e Zambrotta. Un aneddoto proprio su Zambrotta: quando ancora giocava nel Como, il padre ci disse che Gianluca avrebbe dovuto assolutamente finire l’ultimo anno di un
praola di talent scout Classe ‘34 (ma l’età biologica è di molto inferiore), Carlo Regalia è finissimo conoscitore del mondo calcistico, che ha attraversato in tutte le sue forme. Centrocampista con buon senso del goal, ha vestito le casacche, tra le altre, di Cagliari e Pro Patria. Proprio con i varesini comincerà la sua decennale carriera di allenatore, che lo vedrà anche alla guida di Reggina, Salernitana e Bari. Nella città pugliese si affermerà come Direttore Sportivo a più riprese tra il 1982 e il 2003, con le parentesi di Alessandria e Lazio (ben 5 gli anni a Roma), scoprendo e consacrando talenti come Caricola, Zambrotta, Perrotta e Cassano. Le ultime sue esperienze da dirigente sportivo sono quelle di Lecce, Pro Patria e Piacenza, dopo le quali decide di dedicarsi esclusivamente ai compiti di presidente dell’A. DI. SE, l’associazione dei Direttori Sportivi Italiani, di cui fu co-fondatore nel 1976. Sono proverbiali l’attenzione e l’acume con cui curava i suoi personalissimi archivi, dove erano annotati i nomi e le caratteristiche di ogni singolo giocatore visionato.
calcio2000 21 set 2013
amore infinito
speciale - direttore sportivo
istituto di perito tessile prima di prendere una decisione. Lì si pose il problema, perché avevamo già l’accordo con la società. Dissi al presidente: “O lo prendiamo ora o non lo prendiamo più, perché tutti si accorgeranno di quanto è forte”. Lo comprammo, lasciandolo un anno al Como, e 2 anni dopo lo cedemmo alla Juventus per 27 miliardi e mezzo”. Altri tempi per il Bel Paese. Lei crede che il mercato italiano possa competere con quello europeo? “È un momento di difficoltà della nazione e delle società, ma dobbiamo rimetterci in gioco, come abbiamo fatto sempre, con i nostri giocatori, facendo crescere i nostri vivai. È inutile parlare di giovani se poi non si concede loro lo spazio di cui hanno bisogno o se, addirittura, li si vende all’estero”. A proposito di mercato: l’Inter ha venduto Cassano, che lei ha lanciato nel grande calcio. Un ambiente come quello di Parma è quello di cui ha bisogno Antonio? “Credo che un attaccante dovrebbe sempre augurarsi di avere di fianco uno come Cassano. Antonio è addirittura esagerato, pensa di più a procurare assist che a fare goal, anche se ne avrebbe le qualità visti il suo tiro e la sua tecnica. Quando riceve palla, sa già dove la deve giocare. Io credo che Amauri
farà più goal di quanti ne abbia fatti a 20 anni. Cassano è stato alla Roma, al Real Madrid, all’Inter e al Milan: non ci è capitato per caso, anche se ha usato soltanto, come dice lui stesso, una parte del suo talento. I rapporti con le società sono sempre finiti non a causa di un cattivo rendimento, ma per i motivi che tutti conosciamo. Sono convinto che possa fare veramente bene a Parma”. Un’altra sua esperienza famosa fu quella della Lazio. Sembra specializzato in recuperi. “Dico spesso che ho avuto fortuna, perché sono sempre capitato in società con difficoltà finanziarie, non ho potuto fare cavolate, sennò mi avrebbero licenziato (ride, ndr). A Roma ho dovuto lavorare con l’ingegno più che con il portafogli, fu un’esperienza particolare. La Lazio era appena finita in B, con 9 punti di penalizzazione e i libri contabili in tribunale; insomma, si era ad un passo dal fallimento. La stagione partì male, poi abbiamo fatto un campionato discreto che ci ha costretto allo spareggio per salvarci. Mano a mano, il nostro percorso è migliorato e sono riuscito a portare in biancoceleste giocatori del calibro di Rubén Sosa, Riedle e Doll. Siamo riusciti ad acquistare anche Gascoigne, che però è rimasto fermo un anno per un brutto infortunio patito in Inghilterra. A mio parere, era
Di Cassano Regalia pensa tutto il bene di questo mondo, ovunque è andato ha lasciato il segno!
22 calcio2000 set 2013
Riedle fu uno dei tanti colpi riusciti in casa Lazio
il miglior giocatore del mondo, perché aveva la forza fisica di un tedesco e la classe di un brasiliano; quel lungo stop, però, lo danneggiò, perché gli ha offerto la possibilità di assecondare il vizio dell’alcool”. Domanda a risposta secca. Il Bari le chiede di tornare: sì o no? “Direi di no, lo sanno, non credo che ora abbiano problemi legati al Direttore Sportivo. Sono molto affezionato alla città, ho vissuto a Bari 21 anni eccezionali dal punto di vista professionale. Ho potuto lavorare insieme ad allenatori bravi come Fascetti (2 anni alla Lazio e 5 e mezzo ai Galletti, ndr), con cui ho sempre avuto confronti leali. Fascetti è un soggetto difficile, ma se si rende conto di avere a che fare con persone serie, si mette contro tutto e tutti pur di difenderle. Anche dei Matarrese ho un ottimo ricordo, mi dispiace che siano inciampati in diverse difficoltà finanziarie. Volevano, per amore, dare al Bari più di quanto disponessero”. Qualcosa che vorrebbe fare e che non ha mai messo in pratica? “A 79 anni ho ancora uno spirito vivace e parlo di calcio con tanto entusiasmo, ma ormai quel che ho fatto, ho fatto”. Giù il cappello, passa Carlo Regalia.
di Fabrizio Gerolla
JUVENTUS PADRONA IN SERIE A,
MILAN E NAPOLI LE POSSIBILI SORPRESE Lotta aperta per un posto in Champions League tra partenopei, Inter, Fiorentina e Roma. Incubo serie B per Livorno, Sassuolo e Verona ma rischiano anche Chievo e Bologna Un altro campionato dominato dalla Juve. Se si è attesa la fine luglio per conoscere il prossimo calendario della Serie A, il pronostico dei bookie è pronto da un bel po’. La Juventus resta la squadra favorita per il titolo a 1,75, mentre il Milan si piazza al secondo posto a 5,50 ed il Napoli, nonostante Higuain, viene bancato a 8,00. Più distanti in lavagna Inter (11,00) e Fiorentina a 15,00 e la Roma (23,00). Impossibile però il Triplete (campionato-champions-coppa italia) per la formazione di Conte bancato a 101,00 e difficile l’accoppiata campionato-coppa italia a 5,.55. Per quanto riguarda la zona Champions, sembra scontata la qualificazione per gli uomini di Antonio Conte (quota 1,07), così come è bassa la proposta per il Milan, in lavagna a 1,75 . Più aperta la lotta per almeno uno dei primi tre posti tra Napoli, Inter, Roma e Fiorentina: le quote sono rispettivamente di 1,55 per gli azzurri, di 3,33 per l’Inter di Mazzarri, di 3,50 per i giallorossi e di 2,50 per i viola. Il sogno Champions per la Lazio vale invece ben 7 volte la posta. Capitolo retrocessione: il Livorno viene considerato la squadra più a rischio (in B a quota 1,60), poi la lavagna prosegue con le altre neopromosse Sassuolo (2,00) e Verona (2,50). Partenza in salita anche per Chievo (2,75), Bologna (3,00), Cagliari (3,75) e Atalanta a 3,50. Le novelty bets arriveranno in Italia a fine estate E’ alla firma di Luigi Magistro, vicedirettore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, il decreto che autorizzerà anche in Italia le novelty bets, le scommesse su avvenimenti di cronaca e costume. Il testo – che ha passato a luglio 2012 lo stand still presso la Commissione Europea – potrebbe subire alcune modifiche, in particolare potrebbe essere depennata la tassa aggiuntiva dello 0,5% della raccolta che i concessionari avrebbero dovuto pagare (oltre al prelievo ordinario, che in media si aggira poco al di sopra del 4%) come “indennizzo” per i maggiori oneri derivanti dall’ampliamento del palinsesto. La tassa aggiuntiva infatti potrebbe limitare la diffusione di questo prodotto. Una volta firmato dal vicedirettore dell’ADM, il decreto verrà trasmesso alla Corte dei Conti per la registrazione, e quindi pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Con il lancio del palinsesto liberalizzato, gli operatori potranno offrire scommesse su qualunque evento (ma non si potrà giocare sulle elezioni politiche italiane, o commercializzare scommesse che possano risultare discriminatorie o lesive della privacy), dovranno però ottenere un’autorizzazione da parte dei Monopoli, che avranno un termine di 30 giorni per approvare la scommessa.
Vincente Serie A
Qualificazione Champions League
Juventus Milan Napoli Inter Fiorentina Roma Lazio Altro:
Juventus Milan Napoli Inter Fiorentina Roma Lazio
1,75 5,50 8,00 11,00 15,00 23,00 25,00 125,00
1,07 1,75 1,55 3,33 2,50 3,50 7,00
Juve vincente
Juve vincente
Si: No:
Si: No:
Campionato-Champions-Coppa Italia 101,00 1,01
Campionato- Coppa Italia 5,55 1,15
Retrocessione in serie B Livorno Sassuolo Verona Chievo Bologna Cagliari Atalanta
1,60 2,00 2,50 2,75 3,00 3,75 3,50
(Le quote sono soggette a variazione)
calcio2000 23 set 2013
S
speciale - le nuove maglie
di Tania Esposito
QUANDO L’ABITO FA IL MONACO! Carrellata delle principali nuove maglie che i nostri beniamini indosseranno durante la stagione 2O13/2O14
A
righe larghe, strette, aderenti, larghe, full colored, in materiale performante... Come ogni anno le squadre di calcio presentano a tifosi e addetti ai lavori le nuove maglie che verranno indossate durante la stagione. L’argomento sembra leggero in realtà dietro la scelta dell’outfit di una squadra ci sono stylist di prim’ordine, basti pensare al giro di soldi che gravita intorno alla vendita delle divise ufficiali e ai ricavi degli sponsor, per capire la portata del topic! Vediamo ora le principali casacche della prossima stagione
Juventus
La nostra carrellata parte ovviamente dai Campioni d’Italia che, in linea con le tendenze di moda della stagione, strizzano l’occhio ai mitici anni ’80 con la scelta di strisce verticali ovviamente bianche e nere leggermente più strette, scollatura a V profonda con al centro il logo Jeep. Stesso gusto retrò anche per la seconda maglia ispirata alla mitica divisa con la quale la Juve vinse la Coppa delle Coppe nella stagione 1983/84; interamente gialla con il colletto macchiato da due strisce bianconere; sponsor in nero e pantaloncini blu a riprendere i colori della città di Torino. Scompaiono invece le stelle così come la scritta sul colletto “30 sul campo”, archiviando, se dio vuole, la sterile polemica con la Lega Calcio e i processi di Calciopoli.
Milan
I rossoneri spiazzano tutti presentando prima sul web la nuova maglia adidas 20132014 al grido di “We are Ac Milan”. Scompare il collettone bianco, sostituito da un più ricercato scollo a V, righe più strette che presentano sottili linee nere, bande rosse e sfarzosi inserti dorati; dorata è anche la terza maglia, con buona pace di Adriano Galliani che non ha mai approvato il look total black della scorsa stagione, a sua detta iellato! La seconda maglia è invece tradizionalmente bianca con dettagli rossoneri. Le tre strisce adidas sono in oro, colore dominante su tutto l’abbigliamento tecnico della prossima stagione. Il colletto è a girocollo con il bordo inferiore rosso e quello superiore nero. Tra i dettagli destinati ad alimentare le polemiche il tricolore posto sul collo della maglia, il regolamento non lo vieta e la versione ufficiale è che sia stato aggiunto per sottolineare l’orgoglio italiano. A nessuno però è sfuggito che il tricolore è tradizionalmente riservato ai campioni in carica... 24 calcio2000 set 2013
* Al momento di andare in stampa non erano ancora state presentate ufficialmente le nuove maglie di Cagliari, Livorno e Sassuolo.
Inter
Le sirene d’Oriente si fanno sentire anche nella scelta della maglia dei nerazzurri che per la stagione 2013-2014 indosseranno casacche con colletto alla “coreana” aperto e dotato di bottoni! Chissà che non ci sia lo zampino del magnate indonesiano Thohir in questa originale scelta stilistica... Sulla prima maglia spiccano ovviamente le strisce verticali nerazzurre leggermente più strette rispetto al solito mentre la seconda divisa è tradizionalmente bianca e ha lo stesso design della prima, con la differenza dei bordi delle maniche, che richiamano i colori nerazzurri.
Roma
Unica la scelta stilistica dei capitolini che quest’anno scenderanno in campo “unbrended” ovvero senza uno sponsor tecnico ufficiale. I giallorossi, infatti, dopo aver chiuso il rapporto con la Kappa che li ha vestiti nella stagione dello scudetto e nelle ultime cinque stagioni, ha firmato un contratto per 10 anni con la Nike che partirà però solo dalla stagione 2014-2015. Pertanto la prossima stagione la maglia di Capitan Totti, l’ultima che indosserà il numero 10 come confermato al momento della presentazione ufficiale, sarà senza loghi e in perfetto old style (classica la scelta sia delle maniche che del colletto con la scritta sul retro dell’anno di fondazione in numeri romani). Una maglia unica come ha sottolineato il club, destinata ad entrare nella storia!
Lazio
Decisamente più “allineata” la scelta della Lazio che alla presenza anche di Pino Insegno, noto sostenitore biancoceleste, ha svelato il nuovo look per la stagione: classico colore celeste con colletto e stemma finemente ricamato a sinistra, opposto al lettering Macron spicca invece la coccarda della Coppa Italia. Il bianco torna sul bordo delle maniche e sui fianchi in micromesh, sui quali è stata disegnata l’aquila stilizzata. La seconda maglia colpisce per il suo giallo acceso rigato tono su tono, una scelta stilistica che richiama la divisa indossata nell’ultima edizione della Coppa delle Coppe del 1998-1999 dove la S.S. Lazio s’impose per 2-1 nella finale contro il Maiorca. Infine la Macron ha voluto realizzare una terza maglia in colore navy, con righe orizzontali celesti, un tocco di classe in più!
Fiorentina
Stemma societario sul cuore per la nuova casacca viola caratterizzata da un colletto a polo chiuso da un tassello nero con tre impunture discrete che formano il tricolore italiano, davvero un dettaglio di classe quello scelto dalla Joma. In centro al petto campeggia ben in evidenza il logo della Mazda. Scompare invece il richiamo a “Save The Children” anche se la società gigliata ha fatto sapere che il sostegno all’associazione benefica continuerà. Stesso outfit scelto per la seconda maglia con base bianca e finiture viola. La terza è invece in un bellissimo color antracite che sostituisce il biancorosso della passata stagione. Il colletto è viola a polo, da cui partono due bande poste sulle spalle con dettagli viola e oro. Una scelta très chic per la famiglia Della Valle.
Napoli
Classico azzurro per la prima maglia che non si discosta molto dalla tradizione partenopea. Grande lavoro di fantasia invece per la versione away che quest’anno vedrà l’armata napoletana in assetto mimetico! Pare ci sia anche lo zampino di De Laurentiis nella scelta del tema mimetico, definito camouflage, per la seconda maglia. Un vero azzardo, forse la scelta più rivoluzionaria fin qui effettuata dai club di Serie A. L’azzurro è presente sia sulle maniche che nel colletto, identico alla prima versione. Non c’è che dire quest’anno sarà davvero uno sballo vedere i “guerrieri” napoletani scendere in campo nei campi avversari!della Coppa delle Coppe del 1998/1999 dove la S.S. Lazio s’impose per 2-1 nella finale contro il Maiorca. Infine la Macron ha voluto realizzare una terza maglia in colore navy, con righe orizzontali celesti, un tocco di classe in più! calcio2000 25 set 2013
speciale - le nuove maglie
Catania
Nulla di trascendentale nelle scelte stilistiche dei rossoazzurri che “rischiano” qualcosa solo con la seconda casacca: bianca, presenta una trama rossazzurra nella parte alta, una soluzione per altro già sperimentata negli anni ‘80; completamente rossa infine la terza maglia.
Chievo
Se la prima maglia non desta tanti clamori, con il classico giallo, la seconda divisa è per lo meno ardita nella scelta del colore, un grigio argento con inserti piombo e banda verticale blu e gialla in cui, all’altezza del petto, campeggia lo stemma scaligero. La linea cromatica è ispirata all’uniforme dei San Francisco Giants, una delle più celebri e vincenti franchigie della Major League Baseball. Originale anche la terza scelta a quarti nero verdi che richiama atmosfere ‘Old England’ e in effetti il color verde s’ispira al colore ufficiale delle automobili da gara utilizzate dal British Racing Motors, istituzione negli sport motoristici nonché team degli anni ruggenti della Formula Uno.
Parma
Il logo del centenario campeggia sul petto dei crociati di Parma che quest’anno avranno una prima maglia bianca con girocollo nero con spacco sul davanti. Il logo Erreà è color oro sia sulle maniche che al centro della croce che, novità della stagione, continua anche nel retro della casacca. wLa seconda divisa s’ispira alla maglia a quarter della Verdi Football Club con un profondo scollo a V come prevede la tradizione. Infine la terza di colore nero con 2 righe diagonali gialla e blu.
Hellas Verona
I derby veneti quest’anno saranno stimolanti anche dal punti di vista cromatico, l’Hellas Verona infatti punta su un fondo blu notte e banda gialla verticale per la prima maglia, mentre la divisa away quest’anno sarà di un inedito color giallo! Il blu notte per la maglia casalinga è atipico ma non inedito, venne infatti già utilizzato nel 1995-1996 quando a disegnare la casacca fu il Presidente Mazzi. Inedito invece il nuovo sponsor degli scaligeri che da quest’anno e per i prossimi quattro saranno griffati Nike!
Genoa
Tocco fashion per i liguri che scelgono un taglio slim fit per la prima maglia, quindi super aderente! Tanti i richiami alla tradizione e alla storia del club: sul colletto campeggia il numero 1893 e al suo interno, sono riportati gli anni dei nove campionati nazionali vinti. Lo scudetto ufficiale con l’emblema del Grifone è posizionato sul petto, sopra la scritta celebrativa ‘il Club più antico d’Italia’. La maglia Away è un tributo alle origini: total white, con i bordi blu, elegante e vintage!
26 calcio2000 set 2013
quando l’abito fa il monaco!
Udinese
Maglia a km 0 per l’Udinese che affida alla friulana HS Football, il cui presidente è nello staff bianconero, la realizzazione delle tre maglie dallo styling decisamente classiche. Le tradizionali tre righe verticali vengono richiamate in tutte e tre le maglie. La prima divisa è sicuramente classica, a righe verticali di cui tre nere e quattro bianche, il colletto a listino. Interessante la striscia nera con profilo giallo che congiunge le due maniche e scorre lungo la schiena; al suo interno le “frecce” di HS Football che somigliano alle celebri chevron di Hummel.
Bologna
Curiosa la scelta degli emiliani che affidano l’outfit della terza maglia a Caterina, studentessa della Scuola Galilei di Sasso Marconi e Maria Luisa e Rebecca, entrambe studentesse della Scuola Cerreta di Bologna, loro sono le vincitrici del concorso indetto tra tutti i tifosi rossoblu, invitati a disegnare una maglia che richiamasse lo storico scudetto della stagione 1963-64, conquistato nell’indimenticabile spareggio contro l’Inter di Herrera. Le tre ragazze si sono aggiudicate la sfida ideano una maglia verde dove saranno i nomi dei giocatori di quel grande Bologna. Meno rivoluzionaria la scelta della maglia home che mantiene i colori sociali alternati in bande verticali e la divisa away bianca con bande diagonali rosse e blu.
Sampdoria
Rivoluzione in casa doriana, per la prima volta in 10 anni di sponsorizzazione la Kappa opta per un colletto a polo. Sul petto il logo Baciccia mentre la fascia simbolo blucerchiata si sposta più in basso per lasciare ampio spazio al main sponsor Gamenet. Sia la seconda che la terza divisa, rispettivamente bianca e nera, hanno un colletto a girocollo e la fascia applicata alla stessa altezza di quella casalinga. Tra le curiosità da segnalare la scelta di un materiale tecnico che perfeziona il principio dello “stop stopping”, ovvero la trattenuta degli avversari risulta più evidente. evidente. A buon intenditor poche parole!
Torino
Scelta vintage per il Toro che torna ad un girocollo bianco su cui svetta un classicissimo colletto a polo. Il bianco borda anche le maniche della prima divisa ovviamente color amaranto sul cui petto è ricamato, sempre in bianco, uno scudo e il classico toro rampante. Le altre due maglie hanno un normale colletto a girocollo, la versione away total white con collo e maniche amaranto e la terza divisa invece torna un azzurro più chiaro rispetto all’anno precedente su cui campeggia il solo toro rampante senza scudo. Il colore celeste è un omaggio al Manchester City.
Atalanta
Grande restyling per la divisa away dell’Atalanta che quest’anno sarà di un inedito color giallo su cui campeggiano tre vistose righe nere e numeri sul retro con effetto 3D, una scelta che ha fatto storcere il naso ai puristi e che richiama quella utilizzata dal Borussia Dortmund in Champions League... che sia di buon auspicio! Più in linea con la tradizione la prima casacca che avrà righe più strette, sul petto il logo societario ai lati gli sponsor Erreà e il tanto criticato Konica Minolta con lo sfondo bianco...
calcio2000 27 set 2013
A 25-ago
serie a - calendario 2O13/2O14
1a giornata
And.
22-set
01-set
Rit.
And.
2a giornata
26-gen
15-set
Rit.
And.
3a giornata
Atalanta - Torino
Fiorentina - Cagliari
Fiorentina - Catania
Bologna - Sampdoria
H. Verona - Sassuolo
H. Verona - Milan
Catania - Inter
Inter - Juventus
Inter - Genoa
Chievo - Napoli
Lazio - Chievo
Lazio - Udinese
Genoa - Fiorentina
Livorno - Catania
Livorno - Roma
Juventus - Lazio
Napoli - Atalanta
Napoli - Bologna
Milan - Cagliari
Parma - Roma
Parma - Chievo
Roma - H. Verona
Sampdoria - Genoa
Sampdoria - Juventus
Sassuolo - Livorno
Torino - Milan
Torino - Sassuolo
Udinese - Parma
Udinese - Bologna
4a giornata
09-feb
25-set
Rit.
And.
5a giornata
16-feb
29-set
Rit.
And.
6a giornata
Bologna - Milan
Atalanta - Udinese
Bologna - Torino
Chievo - Juventus
Cagliari - Inter
Cagliari - Sampdoria
Inter - Fiorentina
Catania - Chievo
Catania - Parma
Lazio - Catania
Fiorentina - Parma
Chievo - Udinese
Livorno - Cagliari
Genoa - Napoli
Genoa - Livorno
Napoli - Sassuolo
H. Verona - Livorno
Juventus - H. Verona
Parma - Atalanta
Milan - Sampdoria
Milan - Napoli
Sampdoria - Roma
Roma - Bologna
Roma - Lazio
Torino - H. Verona
Sassuolo - Lazio
Sassuolo - Inter
Udinese - Genoa
Torino - Juventus
And.
02-mar
20-ott
Rit.
And.
8a giornata
09-mar
27-ott
Rit.
And.
9a giornata
16-mar Rit.
Bologna - H. Verona
Atalanta - Lazio
Bologna - Livorno
Catania - Genoa
Cagliari - Catania
Catania - Sassuolo
Chievo - Atalanta
Fiorentina - Juventus
Chievo - Fiorentina
Inter - Roma
Genoa - Chievo
Inter - H. Verona
Juventus - Milan
H. Verona - Parma
Juventus - Genoa
Lazio - Fiorentina
Livorno - Sampdoria
Lazio - Cagliari
Napoli - Livorno
Milan - Udinese
Napoli - Torino
Parma - Sassuolo
Roma - Napoli
Parma - Milan
Sampdoria - Torino
Sassuolo - Bologna
Sampdoria - Atalanta
Udinese - Cagliari
Torino - Inter
Udinese - Roma
28 calcio2000 set 2013
23-feb Rit.
Atalanta - Fiorentina
7a giornata
02-feb Rit.
Cagliari - Atalanta
And.
06-ott
19-gen
Tutte le giornate della stagione a portata di mano!
30-ott
10a giornata
And.
24-nov
03-nov
Rit.
And.
11a giornata
26-mar
10-nov
Rit.
And.
12a giornata
Bologna - Chievo
Atalanta - Bologna
Cagliari - Bologna
H. Verona - Cagliari
Cagliari - Torino
Fiorentina - Napoli
Lazio - Genoa
Catania - Udinese
Genoa - Parma
Livorno - Atalanta
Chievo - Milan
H. Verona - Sampdoria
Milan - Fiorentina
Fiorentina - Sampdoria
Juventus - Catania
Napoli - Catania
Genoa - H. Verona
Livorno - Torino
Parma - Juventus
Inter - Livorno
Milan - Lazio
Sampdoria - Sassuolo
Juventus - Napoli
Roma - Chievo
Torino - Roma
Parma - Lazio
Sassuolo - Udinese
Udinese - Inter
Roma - Sassuolo
13a giornata
06-apr
01-dic
Rit.
And.
14a giornata
13-apr
08-dic
Rit.
And.
15a giornata
Atalanta - Roma
Bologna - Juventus
H. Verona - Chievo
Cagliari - Sassuolo
Cagliari - Genoa
Livorno - Juventus
Catania - Milan
H. Verona - Atalanta
Milan - Genoa
Chievo - Livorno
Inter - Parma
Napoli - Parma
Fiorentina - H. Verona
Livorno - Milan
Roma - Cagliari
Genoa - Torino
Napoli - Udinese
Sampdoria - Lazio
Inter - Sampdoria
Roma - Fiorentina
Sassuolo - Atalanta
Juventus - Udinese
Sampdoria - Catania
Torino - Catania
Lazio - Napoli
Sassuolo - Chievo
Udinese - Fiorentina
Parma - Bologna
Torino - Lazio
And.
27-apr
22-dic
Rit.
And.
17a giornata
04-mag
06-gen
Rit.
And.
18a giornata
19-apr Rit.
Bologna - Inter
16a giornata
30-mar Rit.
Atalanta - Inter
And.
15-dic
23-mar
11-mag
12-gen
Rit.
And.
19a giornata
18-mag Rit.
Catania - H. Verona
Atalanta - Juventus
Catania - Bologna
Atalanta - Catania
Chievo - Sampdoria
Bologna - Genoa
Chievo - Cagliari
Bologna - Lazio
Fiorentina - Bologna
Cagliari - Napoli
Fiorentina - Livorno
Cagliari - Juventus
Genoa - Atalanta
H. Verona - Lazio
Genoa - Sassuolo
H. Verona - Napoli
Juventus - Sassuolo
Inter - Milan
Juventus - Roma
Inter - Chievo
Lazio - Livorno
Livorno - Udinese
Lazio - Inter
Livorno - Parma
Milan - Roma
Roma - Catania
Milan - Atalanta
Roma - Genoa
Napoli - Inter
Sampdoria - Parma
Napoli - Sampdoria
Sampdoria - Udinese
Parma - Cagliari
Sassuolo - Fiorentina
Parma - Torino
Sassuolo - Milan
Udinese - Torino
Torino - Chievo
Udinese - H. Verona
Torino - Fiorentina
calcio2000 29 set 2013
B
serie B - david di michele
di Pasquale Romano
Il ritorno di Re David Intervista a Di Michele, pronto a trascinare una Reggina che si propone come mina vagante della Serie bwin.
U
ltima tappa di un lungo girovagare. David Di Michele, attaccante classe 76’, è uno dei pochi ‘Highlander’ rimasti nel calcio italiano. Tornato alla Reggina lo scorso gennaio, si è rivelato decisivo per la salvezza degli amaranto, confermando di avere ancora i guizzi e l’imprevedibilità degli anni migliori. L’obiettivo, adesso, è quello di festeggiare in modo degno i cento anni della società calabrese. A trentasette anni compiuti, l’attaccante nato a Guidonia non vuole saperne di appendere le scarpette al chiodo. Obiettivi, stimoli e passione rinviano il sipario a data da destinarsi… Tante maglie indossate, dalla Lodigiani alla Reggina. L’Italia girata da Nord a Sud, l’esperienza in Inghil30 calcio2000 set 2013
terra. Un modo per assecondare l’istinto funambolico o cos’altro? “Dietro ogni trasferimento c’è stata una ragione precisa. Talvolta non ho avvertito la fiducia della società, o mancava il giusto feeling con l’allenatore. In alcuni casi mi sarei fermato più a lungo, ma non è stato possibile”. Di una lunga carriera, quali le emozioni più forti e le esperienze maggiormente significative? “La Champions League con l’Udinese, la maglia azzurra della Nazionale, gli anni vissuti a Reggio Calabria e Lecce, sono questi i ricordi più emozionanti”. Con Totti sei il portabandiera del calcio anni 90’, oramai in via di estinzione. Cosa ha lasciato la vostra generazione a quella attuale e, se si può fare un raffronto, quali sono le differenze maggiori?
”Spero che la nostra generazione abbia lasciato una traccia positiva, dalla quale i più giovani possano trarre insegnamento. Allenarsi a 37 anni con l’entusiasmo di un ragazzino della Primavera, è questo l’augurio che faccio ai giovani calciatori d’oggi, in un’epoca che rischia di perdere certi valori”. Sei dietro solo a Del Piero tra i giocatori in attività della classifica marcatori della Coppa Italia, venticinque reti a ventiquattro. Il sorpasso è tra i tuoi obiettivi stagionali? “Spero possa succedere, ho a disposizione questa stagione per provare a superarlo. È comunque una gratificazione enorme per la mia carriera, tra le soddisfazioni maggiori”. Sarai ricordato anche per il rigore parato a Vucinic in Lecce-Udinese, evento più unico che raro. Possibile
Per David sei presenze con la maglia azzurra
grazie alla fortuna o all’istinto? “Siamo in pochi effettivamente a essere nel ‘club dei pararigori’, è un qualcosa da raccontare un giorno ai nipoti. C’è stato un mix delle due cose, quando ho visto Vucinic sul dischetto ho sperato mi calciasse addosso (ride, ndr). Fortunatamente è andata bene, ricordo quell’episodio con affetto anche perché ci ha permesso, al ritorno, di superare il turno”. Da attaccante di razza, qual è stato il più forte collega ammirato sul rettangolo verde? “Ne ho incontrati tanti, ma dico Francesco Totti. È un esempio dentro e fuori dal campo, sono orgoglioso di averlo conosciuto. È un ragazzo d’oro, un giocatore eccezionale, da tifoso della Roma lo ringrazio per tutto quello che ha fatto con la maglia giallorossa”. La parentesi di Udine rappresenta quel trampolino mancato verso il gotha del calcio italiano? “Dopo la stagione 2004-2005 (15 reti in campionato e 6 in Coppa Italia, ndr) mi sentivo al top, pronto per una grande occasione. Purtroppo non è arrivata, credo anche per colpe non mie. Quando vedi alcune promesse non mantenute, perdi stimoli fondamentali”. L’esperienza in Inghilterra con il West Ham cosa ti ha lasciato e come
ti ha arricchito? “Il calcio inglese regala sensazioni indescrivibili, credo sia il più emozionante in Europa. Vivono questo sport in modo unico: poco stress, nessuna polemica, stadi pieni di famiglie e bambini. Quando scendevo in campo avevo una carica speciale, mai provata prima”. Il calcio italiano, negli ultimi anni, ha perso posizioni in quanto ad appeal e a forza economica. Solo con sceicchi e americani si potranno colmare le distanze da Inghilterra e Germania? “Purtroppo non esiste una cura certamente efficace. I soldi portati da investitori stranieri danno una forza economica importante nell’immediato, bisogna capire però cosa succederà quando decideranno di chiudere questo tipo di esperienza. Chi potrebbe accollarsi simili spese? Puntare sui giovani italiani è una scelta più sensata, anche se la strada verso i top club stranieri si allunga”. Prandelli prova a contrastare il dominio spagnolo puntando sui giovani, scelta obbligata? “Credo di sì. Serviva un ricambio generazionale, il commissario tecnico ha
avuto coraggio a lanciare diversi giovani ed esordienti. L’Europeo e la recente Confederations Cup hanno dimostrato che siamo sulla buona strada, bisogna continuare a puntare sui migliori talenti italiani”. Di Michele e la Reggina, una storia d’amore risbocciata all’improvviso. Sei tornato in Calabria spinto principalmente da cosa? “Il feeling con la piazza e il presidente Foti è sempre rimasto forte. Ogni volta che ero sul mercato ricevevo la chiamata del presidente amaranto, in precedenti occasioni avevo già preso accordi con altre società. Stavolta invece il ritorno alla Reggina è stato possibile, ho accettato subito e con entusiasmo la sua proposta”. Senza i tuoi gol, difficilmente la Reggina si sarebbe salvata, difficoltà non previste a inizio anno. Dovute a quali fattori? “Credo abbia influito la poca esperienza del gruppo, non a caso la società è intervenuta nel mercato invernale ingaggiando me e Colucci. I giovani sono importanti ma credo debbano essere sostenuti da 4-5 giocatori più esperti,
Anche un’esperienza in Premier per Di Michele
calcio2000 31 set 2013
serie B - david di michele
Il ritorno di Re David
Bomber senza età anche in B Il comune denominatore è la voglia di andare in gol, nonostante la carta d’identità. Non c’è solo David Di Michele tra i bomber senza età del campionato cadetto: a Empoli la scorsa stagione si è sognato grazie a Tavano e Maccarone. Entrambi classe 79’, hanno trascinato la squadra toscana sino a un passo dalla promozione. Quaranta i gol segnati dalla coppia evergreen: 23 (compresi i play-off) per Tavano, 17 per ‘Big Mac’, il difficile adesso sarà confermarsi, anche perché il suggeritore Saponara è passato al Milan. Sansovini vola anche senza Zeman. In molti avevano dato gran parte dei meriti al tecnico boemo, per l’ottima stagione disputata dall’attaccante classe 80’ con la maglia del Pescara. Passato allo Spezia, la musica invece non è cambiata. Venti le reti siglate, nonostante la difficile stagione vissuta dai liguri e le molte panchine con Cagni, il quale nell’ultima parte di stagione gli ha spesso preferito Okaka. L’Airone è tornato a volare. Reduce da qualche stagione non esaltante, Caracciolo ha ritrovato la vena realizzativa degli anni migliori. I diciassette i gol realizzati nello scorso campionato dal centravanti classe 81’ hanno permesso alle Rondinelle di centrare i play-off, il Livorno però si è dimostrato un ostacolo insormontabile. Succi, ritorna la gioia. Dopo un campionato passato quasi interamente in infermeria, l’attaccante classe 81’ è rinato in quel di Cesena. Quindici i centri stagionali, la formazione romagnola difficilmente avrebbe centrato la salvezza senza il suo fondamentale apporto, attaccante che (salvo guai fisici) in serie B è una garanzia. Di Nardo e Bruno, i gol della Campania. Entrambi classe 79’ e nati a Napoli e dintorni, Di Nardo e Bruno hanno contribuito alle salvezze di Cittadella e Juve Stabia. Sette centri a testa, per Bruno un bottino esiguo se confrontato con i 38 gol realizzati in due stagioni con la maglia del Modena. Foscarini ha colto l’attimo con Di Nardo: per lunghi tratti della stagione in panchina, l’ex attaccante del Padova è sbocciato in primavera, contribuendo sensibilmente alla salvezza ottenuta all’ultimo respiro dalla formazione veneta.
che possano aiutarli e consigliarli” Il ritorno di Atzori dopo le negative esperienze con Sampdoria e Spezia, la voglia di Foti di allestire una squadra competitiva per il centenario. Avverti la voglia di riscatto che vi accomuna? “La comunione d’intenti non potrà che farci bene, tutte le componenti tecniche e societarie sono animate dalla voglia di riscatto. Dovremo creare un gruppo compatto, credo sia quella la chiave di volta per disputare una stagione importante”. La tua stagione però non è iniziata nel migliore dei modi… “Vero, mi sono dovuto fermare per un’ernia. L’intervento di routine è perfettamente riuscito, mi dispiace soltanto di non poter effettuare la preparazione con i compagni. Punto a rientrare il prima possibile, spero di farcela per l’inizio del campionato”. Lasciare una traccia visibile nel centesimo anno della Reggina sarebbe il perfetto atto conclusivo di una lunga carriera… “Non capita tutti i giorni di poter festeggiare i cento anni della società. Assieme ai miei compagni vogliamo 32 calcio2000 set 2013
Di Michele con la maglia dell’Udinese contro il Barcellona in Champions
dare un segnale forte alla città e ai tifosi, grazie al loro sostegno potremo disputare un campionato all’altezza della storia di questo club”. Il sipario si avvicina, con quale veste ti piacerebbe rimanere nel mondo del calcio? “Sino a quando mi diverto e non sfigu-
ro, voglio continuare a giocare. In futuro mi vedo ancora alla Reggina, ad allenare i ragazzi mettendo al loro servizio la mia lunga esperienza nel mondo del calcio. Spero che il presidente Foti mi conceda questa opportunità, poi saranno le ambizioni e le mie capacità a decidere il percorso”.
calcio2000 33 set 2013
LP
lega pro
di Nicolò Bonazzi
Pro-Revolution Dal prossimo anno cambieranno parecchie cose in Lega Pro. Vediamo come…
N
essuna retrocessione in Prima Divisione, playoff a nove squadre e un numero elevatissimo di compagini che scenderanno in Serie D al termine del prossimo campionato di Seconda Divisione. La Serie C a girone unico fortemente voluta dalla Lega Pro nascerà con la stagione 2014/2015 e nel prossimo campionato tutta la terza serie attraverserà un inusuale periodo di transizione condito da nuove regole sui giovani che stanno facendo molto discutere, soprattutto i vertici dell’associazione italiana calciatori. 34 calcio2000 set 2013
POCHI MA BUONI I campionati di Lega Pro per la stagione che inizierà il prossimo settembre saranno composti da 33 squadre complessive in Prima Divisione e 36 squadre in Seconda Divisione. La crisi ha avuto un effetto tangibile anche nel mondo del calcio, se si considera che fino a qualche anno fa le squadre nella ex C2 erano 44. L’obiettivo della Lega è quello di formare una Lega Pro a girone unico a 60 squadre con tre gironi da 20 ciascuno. Per fare ciò dovranno essere tagliate nove squadre in più di quelle che normalmente retrocedono dalla B alla Prima e dalla Prima alla Seconda.
Per questo motivo il prossimo campionato sarà differente rispetto al passato. In Prima Divisione non ci sarà alcuna retrocessione mentre ai playoff andranno otto squadre invece che quattro. Il fatto di non vedere squadre scendere in Seconda comporta due conseguenze immediate: meno pressioni sul campo e motivazioni che potrebbero venir meno nonostante gli incitamenti degli allenatori. I playoff, invece, saranno una lotteria ben più lunga che accenderà sicuramente un mini-campionato a parte. Sostanzialmente la lunghezza degli spareggi è raddoppiata e per questo potrebbe succedere di tutto. La for-
mula degli spareggi è sempre la stessa e una sola squadra verrà promossa in Serie B, oltre la prima classificata. In Seconda, invece, non essendoci promozioni, tutte le squadre che non retrocederanno faranno parte della nuova Lega Pro a girone unico. 18 ALL’INFERNO Retrocederanno in D complessivamente diciotto squadre: le ultime sei di ogni girone e altre due società per girone al termine di playout che verranno disputati fra quelle squadre che si piazzeranno fra il nono e il dodicesimo posto compresi. Il quadro è diverso rispetto all’anno scorso e questa situazione ha creato qualche perplessità, soprattutto in Seconda Divisione. Questi criteri di retrocessione stanno spaventando molte società che sono ora attente ad ogni minimo dettaglio per far parte a tutti i costi della futura Serie C a girone unico. A settembre 2014, quindi, la nuova Serie C che si presenterà ai nastri di partenza sarà una categoria più omogenea ed equilibrata. Si potranno quindi costituire gironi con squadre più vicine tra loro facendo risparmiare alle società denaro in vista delle trasferte e si potranno stilare calendari senza scomode giornate di riposo e senza paura di fusioni e fallimenti, presto coperti da una delle tante squadre che verranno retrocesse in una Serie D più ampia e più florida. SPAZIO AI GIOVANI Al di là di questo, però, un fattore che potrà sconvolgere i vari campionati è quello legato alle regole degli under. Da quest’anno la Lega Pro ha introdotto due assiomi fondamentali: il primo è che le squadre di terza serie, per ricevere i contributi federali, dovranno avere una rosa con età media pari a 24 anni per la seconda e 25 per la prima divisione. Il secondo, invece, riguarda i giovani da schierare. I contributi verranno assegnati anche in base al minutaggio maturato dai giovani che dovrà essere ripartito nel seguente modo: se il minutaggio dei giocatori nati nel 1991 dovesse essere preponderante allora la
Tra le tante novità di questa Lega Pro anche le prime due giornate in notturna
società riceverà il 60% dei contributi federali, mentre se i giocatori più utilizzati sono quelli del 1992 allora i contributi saranno nella misura dell’80%. Il ragionamento prosegue in questo modo: 1993 (100%), 1994 (120%) e 1995 (140%). Il metodo di calcolo, però, è complesso, visto che verranno valutate anche le situazioni miste. In ogni caso i centomila euro di contributi federali erogati dalla Lega Pro fanno comodo a molte squadre che, pertanto, stanno già agendo per cercare di assicurarseli. Il problema principale di questa regola, contestato dal presidente dell’A.I.C. Umberto Calcagno, è che questi vincoli tagliano fuori moltissimi giocatori che a 27-28 anni sono costretti a trovarsi una squadra in D oppure a smettere di giocare perché nessuna società offre loro un contratto. PRIMAVERA ADDIO Con queste regole (e questa crisi) le squadre attingono a piene mani dai vivai dei grandi club. Società come Roma, Juventus e Milan possono far maturare i propri giovani in un campionato difficile come quello di Lega Pro che potrebbe ergerli a nuovi protagonisti. Sono poche le squadre che si possono permettere certi ingaggi e certi giocatori che non rientrano nei
parametri anagrafici e sono molti i giocatori che, appena possono, fuggono in Serie B, all’estero, o smettono di giocare (è il caso di Luca Franchini, difensore del Monza che a 29 anni decide di proseguire gli studi con un Master in lingua inglese). Un’altra faccia della medaglia, evidenziata da molti addetti ai lavori, è che la meritocrazia sarebbe vicina alla scomparsa. Con le regole ferree sui giovani i ragazzi sono “obbligati” a giocare, a discapito di giocatori più esperti che servirebbero per fare amalgama con il gruppo dei ragazzini e che servirebbero per dare quel tocco di esperienza che inevitabilmente manca a giocatori di età compresa fra i 18 e i 20 anni. Molti dirigenti e calciatori hanno lamentato un livello che potrebbe drasticamente (e inevitabilmente) diminuire e il calo sarebbe, manco a dirlo, collegato con le volontà della Lega Pro. In una recente intervista Mario Macalli, presidente di Lega Pro, ha dichiarato che almeno 40 società di terza serie sono virtuose e, quindi, probabilmente non faranno ricorso alle regole per ottenere i contributi federali. In ogni caso queste regole non sembrano aver soddisfatto gli addetti ai lavori e quindi, molto probabilmente, continueranno a far discutere. calcio2000 35 set 2013
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SERIE D - inveruno
di Tania Esposito
CHI LA DURA LA VINCE
Dopo 5O anni di astinenza e attesa l’U.S. Inveruno torna in Serie D coronando il sogno di migliaia di tifosi
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uccessi e insuccessi, gioie, vittorie…ma anche sconfitte. Questo è il gioco del calcio, questa è la nostra
passione. Recita così il racconto della storia dell’U.S. Inveruno una società storica nata nel primissimo dopoguerra e che ancora oggi battaglia sul campo con la stessa caparbietà e la medesima passione. Quest’anno però qualcosa nell’aria è cambiato. Dopo tre anni di faticosi tentativi alla fine la soddisfazione è arrivata e sarà Serie D! Dopo 50 anni i gialloblù sono riusciti nell’impresa e si 36 calcio2000 set 2013
preparano a vivere un anno incredibile, carico di responsabilità ma anche di emozioni. “Il paese è in fermento, con ansia si attende il 1° Settembre 2013”, ci racconta il Mister, Roberto Gatti, alla guida di un gruppo che sta giorno dopo giorno prendendo forma, grazie al grande lavoro svolto dalla società e dal ds Davide Raineri. “La società sta lavorando molto bene per allestire una squadra competitiva – spiega Gatti – anche se voglio subito dire che il nostro obiettivo è la salvezza”. Stessa prudenza da parte del neo ds gialloblù, giunto a Inveruno dopo le esperienze a
Lecco, Verbano e Solbiatese, il quale non nasconde qualche preoccupazione per il passaggio di categoria: “Un po’ di preoccupazione è normale che ci sia, il palcoscenico è importante ma i giocatori che abbiamo in rosa sono tutti abituati a questo tipo di categoria. I giovani sicuramente subiranno qualche pressione in più o meglio avranno molta più curiosità rispetto agli altri, ad ogni modo sarà sicuramente un anno ricco di emozioni. È normale alla vigilia di un debutto così importante parlare di salvezza ma non precludiamoci altri orizzonti, vedremo passo dopo
Credit Photo: U.S. Inveruno
passo fino dove potremo arrivare”. Piedi piantati ben per terra, del resto non potrebbe essere altrimenti, anche se l’arrivo di Fabio Demasi, centrocampista classe 1989, già protagonista in Serie D con Solbiatese e Seregno, ha già esaltato la piazza. “È un giocatore importante, che potrà darci una bella mano anche nella gestione dello spogliatoio”, commenta il Mister. Tra le novità della prossima stagione di Serie D ci sarà l’istituzione della cosìdetta “panchina lunga”. Si tratta di una novità che consentirà di portare nove calciatori in panchina il quali potranno essere indicati nella distinta di gara. Un’occasione in più per buttare nella mischia i tanti giovani in attesa di una chance e a Inveruno, per tradizione, abbondano sia giovani che giovanissimi; il vivaio dell’U.S. Inveruno è infatti cresciuto in maniera esponenziale nel corso dell’ultimo decennio, ottenendo anche molte soddisfazioni (basti contare la recente vittoria degli Juniores per il secondo anno consecutivo del Torneo Intercil Memorial Bettinelli che ha regalato tante soddisfazioni a staff e tifosi). “I giovani da sempre sono il sale di questa società, ci danno il giusto entusiasmo e sono fondamentali anche a superare i momenti di crisi”, sottolinea Gatti. Il mercato comunque non è
Broggini è il bomber di casa, l’asso nella manica di coach Gatti
Tra le soddisfazioni più grandi la Coppa Italia di categoria vinta nel 2011
ancora concluso assicura il ds Raineri: “Servono ancora un paio di innesti: un difensore centrale o forse due, va rinforzato anche l’attacco con una punta. Tra i papabili in difesa stiamo valutando Giacomoni del Bra e in attacco mi sarebbe piaciuto Chiurato ma è fuori budget per noi. Ad ogni modo prima che inizi la preparazione il mister avrà a disposizione la rosa completa”. Tra le riconferme invece spicca quella di Jonathan Broggini, dopo essere stato acclamato a furor di popolo “giocatore dell’anno”, il bomber ripagherà la fiducia a suon di moneta pesante (in tre stagioni ha segnato la bellezza di 97 reti), ne è sicuro coach Gatti: “Tra tutti chi sicuramente non sfigurerà in Serie D sarà proprio lui, è un giocatore di grandissima qualità e sono sicuro che continuerà a fare gol come ha sempre fatto in queste stagioni”. Musica per i tanti tifosi gialloblù chiamati quest’anno a sostenere più che mai la loro squadra: “Inveruno vanta una tifoseria numerosa (quasi 600 i followers sulla pagina di Facebook) e soprattutto calda che non mancherà di farci sentire la propria vicinanza”, rassicura Gatti. Ne è convinto anche Raineri: “La tifoseria è sicuramente adatta ad un palcoscenico come la Serie D, in paese c’è un’aria di attesa trepidante, mi fermano in continuazione, vogliono sapere degli acqui-
sti, è gente curiosa e per certi versi anche passionale”. Il viaggio sarà dunque entusiasmante ma anche ricco di insidie tra queste Raineri ne individua due: “Secondo il mio modestissimo parere, nel girone B, ha fatto un ottimo lavoro il Seriate, non doveva iscriversi e invece è molto attiva e ha messo a segno colpi importanti, anche la Pro Sesto sta facendo innesti giusti per il resto chi vivrà vedrà!”. I primi impegni ufficiali per la Prima Squadra inizieranno il 18 agosto con il 1° turno di Coppa Italia Serie D, poi dal 1° settembre spazio alle emozioni, quelle vere, quelle attese da lunghi anni di sudata gavetta! I numeri della stagione Con 81 punti e il secondo posto in classifica l’U.S. Inveruno ha staccato un biglietto per la Serie D dopo 3 anni di tentativi dove però non sono mancate le soddisfazioni come la vittoria della Coppa Italia regionale vinta sul neutro di Lecco contro il Ciserano. Il sigillo di una stagione chiusa con il miglior attacco 95 gol fatti (34 portano la firma del bombe Broggini, 22 di Sarr, 11 di Cò) e 16 vittorie consecutive, un filotto che ha sbaragliato la concorrenza. Inoltre delle 26 vittorie su 34 partite, 10 sono terminate con almeno 3 gol fatti e 10 con 4 o più gol... segno di una squadra decisamente votata all’attacco! calcio2000 37 set 2013
miti del calcio - Rinat Dasaev
di Luca Gandini
Quando falce e martello sventolavano sulla Piazza Rossa, la sicurezza del Cremlino era in buone mani: quelle di Rinat Dasaev, emblema di un’epoca e di un mondo che oggi non esiste più.
L’INVALICABILE CORTINA DI FERRO
C
hi di noi non ricorda Ivan Drago, il celebre pugile sovietico che con sguardo minaccioso e pugni d’acciaio spaventò e non poco Sylvester Stallone e tutto l’Occidente in uno dei più fortunati episodi della saga di Rocky? Proprio in quegli stessi anni di guerra fredda e di un mondo diviso in blocchi contrapposti, l’eco delle imprese di un altro campione made in CCCP travalicava la Cortina di Ferro e giungeva fino a noi. Non era biondo e muscoloso come Ivan Drago. Era moro, magro e slanciato, ma il sangue freddo e il tono
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cupo della voce erano gli stessi del pugile. E anziché parare i micidiali montanti di Rocky, l’altro eroe volava da un palo all’altro per respingere gli attacchi, non meno devastanti, di Marco van Basten, Zico e Michel Platini. Direttamente dalla foce del Volga, ecco Rinat Dasaev, portiere simbolo degli anni ‘80 e di una Nazionale che, pur senza vincere nulla, seppe comunque riscuotere il rispetto e l’ammirazione di tutti gli appassionati. L’UOMO DI ASTRAKHAN Astrakhan, città della Russia meridio-
nale sul delta del Volga, a due passi dal confine con il Kazakistan. È qui che, il 13 giugno 1957, nacque Rinat Fajzrachmanovič Dasaev. Figlio di una famiglia operaia di etnia tartara, iniziò a coltivare l’amore per lo sport sin dall’infanzia. Sarebbe forse diventato un campione di nuoto, se un infortunio alla mano non lo avesse convinto a dedicarsi al calcio. Tutto iniziò un po’ per caso: le prime partitelle con gli amici e le prime parate nei giardinetti sotto casa, lui che, essendo il più giovane di tutti, veniva sempre messo in porta, quasi un pegno da pagare per entrare
a far parte della compagnia. E invece si capì che Rinat ci sapeva fare davvero. Il padre, uno che ci vedeva lungo, lo iscrisse alla scuola calcio dell’FC Volgar, la compagine più famosa della città, e così, a 18 anni, ecco l’esordio in prima squadra. Non il massimo della vita, d’accordo, visto che il Volgar era un club dalle modeste tradizioni che viveva ai margini dei grandi palcoscenici, ma senz’altro una buona vetrina in cui Rinat poté esibire tutto il suo formidabile talento. E infatti non impiegò molto ad attirare l’attenzione su di sé. Lo notò lo Spartak Mosca, la “squadra del popolo”, una grande del calcio sovietico caduta un po’ in disgrazia dopo la clamorosa retrocessione del 1976. Il suo nuovo allenatore, Konstantin Beskov, era stato a lungo compagno di Lev Yashin, il portierone capace di vincere il Pallone d’Oro nel 1963, e sapeva riconoscere subito i grandi numeri 1. Dasaev poteva essere l’uomo giusto per la rinascita. Il 23 maggio 1978, l’asso di Astrakhan debuttava ufficialmente in campionato con la nuova, prestigiosa casacca. Fu una stagione positiva, chiusa con un quinto posto che non solo metteva fine a un periodo di delusioni, ma che candidava anche lo Spartak al ruolo di protagonista in vista dell’anno successivo. SOVIET SUPREMO Il 1979 segnò infatti la definitiva esplosione di Rinat Dasaev. Grazie alle sue parate, lo Spartak si laureò campione dell’Unione Sovietica dopo un memorabile testa a testa con la Dinamo Kiev, mentre a settembre arrivò la prima presenza in Nazionale in un’amichevole con la Germania Est. Il grande appuntamento a cui lui e tutto il popolo sovietico tenevano maggiormente era però l’Olimpiade di Mosca ‘80, l’edizione del boicottaggio americano. C.t. dei padroni di casa era proprio Konstantin Beskov, l’uomo che aveva portato Dasaev allo Spartak e che aveva fatto di lui un pilastro della Nazionale. Fu, in verità, un’avventura piuttosto deludente. I sovietici, grandi favoriti
della vigilia, dopo una partenza a razzo si erano arenati in semifinale contro la Germania Est e avevano dovuto accontentarsi della medaglia di bronzo. Era un periodo controverso, quello. L’isolamento internazionale in cui viveva il Cremlino non permetteva ad appassionati ed addetti ai lavori di conoscere fino in fondo le reali potenzialità del calcio giocato a Mosca e dintorni. Fu dunque una sorpresa un po’ per tutti osservare l’alto livello tecnico mostrato dalla Nazionale ai Mondiali di Spagna ‘82. Trascinata dalla classe di Oleg Blokhin, un attaccante elegante e rapidissimo, e, soprattutto, da un Dasaev in vena di miracoli, l’Unione Sovietica superò il primo turno e approdò nel successivo gironcino dei quarti di finale con Polonia e Belgio, dove solo una differenza reti sfavorevole le impedì di affrontare l’Italia in semifinale. Dasaev divenne “La Cortina di Ferro” e fu unanimemente riconosciuto come il miglior portiere del Mundial, insieme al nostro Zoff. Proprio in virtù di questi successi internazionali, a lui toccò anche il premio di calciatore sovietico dell’anno. A UN PASSO DALLA GLORIA Dotato di riflessi formidabili e di un’a-
gilità felina, era però nelle uscite che il campione di Astrakhan dava il meglio, grazie a quella freddezza che gli permetteva di scegliere sempre il tempo giusto per l’intervento. E poi, altro dettaglio non da poco, era il primo attaccante della squadra. Con la sua straordinaria forza nelle braccia, riusciva infatti a scagliare rilanci potenti e precisi in direzione delle punte, trasformando così ogni palla innocua in possibile contropiede. Il mondo lo ammirò di nuovo a Messico ‘86. L’URSS, allenata stavolta dal colonnello Valery Lobanovsky, giocava il “calcio del 2000”: quel sofisticato sistema che, per automatismi, organizzazione, preparazione fisica e velocità, ricordava un po’ il “calcio totale” dell’Olanda di qualche anno prima. Avrebbero potuto fare grandi cose, gli Zar, ma, negli ottavi di finale contro il Belgio, il caldo asfissiante di León e alcuni sciagurati errori arbitrali rovinarono tutto, costringendo Dasaev e soci a riporre nel cassetto ogni ambizione. Ci riprovarono, più forti e convinti che mai, all’Europeo del 1988. Il genio di Sasha Zavarov, l’agilità e il senso del gol di Igor Belanov, le sgroppate sulla fascia di Anatoli Demjanenko, le geometrie di Sergej Alejnikov e la potenza di Oleg
Pilastro della nazionale Dasaev esplose definitivamente con la maglia dello Spartak
calcio2000 39 set 2013
Miti del calcio - Rinat Dasaev
l’invalicabile cortina di ferro
Fu solo per un infortunio alla mano che Dasaev abbandonò il nuoto per abbracciare il pallone tra i pali
Protasov: ecco gli ingredienti che fecero di quella Unione Sovietica una tra le Nazionali più temute. Superarono l’Olanda 1-0, con Dasaev imperforabile muraglia, si accontentarono del pari con l’Irlanda e poi strapazzarono l’Inghilterra con un 3-1 che aprì loro le porte della semifinale contro l’Italia. E anche qui, altra lezione di calcio: un 2-0 che forse non espresse del tutto la reale potenza dell’Armata Rossa. In finale, di nuovo di fronte all’Olanda, qualcosa non funzionò. Partita brutta, squadra poco ispirata, energie al lumicino. Prima Ruud Gullit di testa, poi Marco van Basten con quella famosa fucilata al volo di destro da posizione defilata, infine il rigore
40 calcio2000 set 2013
fallito da Igor Belanov. Evidentemente era destino che quella squadra restasse un’eterna incompiuta. IL PORTIERE DI SIVIGLIA Parziale consolazione, per il nostro Dasaev, il premio quale miglior portiere dell’anno assegnatogli dall’Istituto Internazionale di Storia e Statistica del Calcio. Arrivato ormai a 31 anni, decise di lanciarsi nell’ennesima sfida: la Liga spagnola. Lo acquistò infatti il Siviglia, un’ambiziosa compagine costretta a vivere all’ombra di Real Madrid e Barcellona, ma non per questo rassegnata a recitare la parte della comprimaria. Lo dimostrò il delirio con cui oltre 2000 tifosi scatenati accolsero il campione al
momento del suo sbarco all’aeroporto di San Pablo. Dal freddo di Mosca al sole dell’Andalusia: tutto stava cambiando, nella vita di Dasaev. La prima stagione furono più ombre che luci; meglio andarono le cose nella seconda, quando aiutò la squadra a raggiungere un buon piazzamento UEFA. Ma solo raramente si rivelò decisivo come quando indossava la casacca dell’Unione Sovietica. Già, l’URSS. Anche lì, nulla era più come prima. Il Muro di Berlino era stato abbattuto, i regimi comunisti stavano crollando, mentre la Perestrojka di Gorbaciov non riuscì a ridare vita a un modello economico e politico ormai agonizzante. Ai Mondiali di Italia ‘90, l’Unione Sovietica si presentò per la prima volta senza il marchio CCCP disegnato sul petto, segnale che ormai, per il gigante dai piedi d’argilla, si era alla fine di un’epoca. Anche sul campo. Rinat Dasaev giocò la sua 91ª e ultima partita in Nazionale in un malinconico sabato pomeriggio, al San Nicola di Bari. La Romania vinse 2-0, lui subì un gol parabilissimo sul primo palo e un altro su un rigore clamorosamente inventato dall’arbitro. Dopodiché fu relegato in panchina. Tornato a Siviglia, le cose precipitarono. Perse il posto in squadra, affogando le sue malinconie nell’alcool e in compagnie sbagliate. Si separò dalla moglie e, nell’estate del 1991, rimase seriamente ferito in un incidente stradale causato proprio dal brutto vizio che lo stava divorando. Chiuse quindi la carriera e, per alcuni anni, fece perdere le proprie tracce, rapito da un periodo difficile. Ora il peggio sembra passato. È tornato in Russia, ha messo su famiglia con la seconda moglie sivigliana e collabora attivamente nello staff tecnico dello Spartak Mosca. In quanti lo hanno ammirato, resta comunque l’immagine di lui in completo giallo, mentre, sull’attenti, ascolta le note dello splendido inno sovietico. Con lo sguardo impenetrabile e sicuro rivolto verso i compagni, come a dire: “Tranquilli, tanto c’è il vecchio Rinat che veglia sempre su di voi”.
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accadde a... - SETTEMBRE 2OO1
di Simone Quesiti
Ci sono sfide epiche, quella tra Inghilterra e Germania, rientra a pieno titolo nel novero delle grandi imprese...
GOD SAVE THE... GOLDEN BOY
C
i sono sfide che definire classiche è riduttivo. Germania-Inghilterra rientra infatti tra le superclassiche del calcio, è una delle partite più sentite di sempre per storia, blasone e spettacolo. E’ uno scontro da libri del Novecento. Le guerre, Londra e Berlino distrutte dalle bombe. Poi pace o qualcosa di simile. La Germania sconfitta è più lesta dei vincitori a rilanciare la propria economia. Gli inglesi scoprono l’incomunicabilità tra i ceti sociali, nel cinema e nel teatro gli angry young men descrivono un mondo paralizzato interiormente. Il primo segnale di un’Europa più paese, dove viaggiare e sentirsi a casa lontano da casa non sono più delle chimere, lo lanciano i Beatles che si fanno le ossa ad Amburgo. Germania-Inghilterra è come ItaliaBrasile. E’ una partita di cui il mondo del calcio sente il bisogno. CORSI E RICORSI STORICI Una rivalità che in realtà esplose, sportivamente, nella finale di Londra del mondiale del 1966, il primo ad avere una mascotte (il leone Willie) e l’ultimo ad essere trasmesso in bianco e nero. La partita degli uomini del West Ham (Moore, Peters, Hurst), ma anche del gol fantasma più chiacchierato della storia, che aprì la strada del successo inglese per 4-2 nei supplementari. Un consiglio? Evitate di parlare di Inghilterra-Germania con Southgate: sbagliò il rigore che tolse all’Inghilterra la finale degli Europei ’96. I Tre Leoni l’avrebbero giocata in casa contro 42 calcio2000 set 2013
la Repubblica Ceca di Nedved e forse l’avrebbero vinta come la vinsero i tedeschi. Una delle tante sfide andate di traverso a una delle parti. E’ storica la foto del suo viso attonito, con gli occhi che guardano fisso un punto che non esiste, sospeso fra la gente di Wembley e il fallimento, between nowhere and the goodbye. Fra il nulla e l’addio. NEW WATERLOO Ma la rivalità non finisce qui. Agli albori delle qualificazioni per i Mondiali del 2002 in Giappone e Sud Corea, le due nazionali sono reduci da un fallimentare Europeo, quello del 2000 ospitato in Belgio e Paesi Bassi. Iniziate le gare di qualificazione per la Coppa del Mondo 2002, la sera del primo settembre 2001, Germania e Inghilterra arrivano in situazioni molto diverse. I padroni di casa tedeschi, guidati da Rudi Voeller, hanno collezionato ben 16 punti in 6 partite, avendo perso per strada solo due punti nel pareggio a Helsinki contro la Finlandia. Fra questi sedici, proprio tre erano stati conquistati a Wembley contro l’Inghilterra il 7 ottobre 2000 grazie a un gol di Hamann. L’Inghilterra, che aveva esordito con Kevin Keegan e poi con Howard Wilkinson come CT, ha racimolato 10 punti in 5 gare. Ma con Sven Goran Eriksson, arrivato sulla panchina dei Tre Leoni solo dalla terza giornata , sono arrivate tre vittorie in altrettante partite. Insomma, gli inglesi sono tornati a ruggire. Nella notte perfetta dell’Inghilterra, il prologo non poteva che essere di stampo tedesco. Il solo e unico momento di luce, in una notte grigia e amara. Al termine di una splendida azione manovrata, è Jancker a portare in vantaggio la Germania, anticipando Seaman con la suola destra. 1-0 al 6’ e gara apparentemente in mano ai tedeschi. La reazione inglese non si fa però attendere e al 12’ è già 1-1. Sugli sviluppi di una punizione dal fondo calciata da Beckham, Gary Neville mette il pallone nel cuore dell’area tedesca dove la linea difensiva tedesca, salita male nell’occasione, lascia Kahn a tu per tu con tre inglesi. Il più lesto è Barmby, che passa la
Eriksson fu il primo straniero a sedere sulla panchina dei maestri del calcio
palla a Owen, libero di appoggiare in rete a porta sguarnita. Da un avvio così scoppiettante si passa a una fase di gara piuttosto convulsa, con molto possesso palla (quasi solo tedesco) e poche occasioni. Minuto dopo minuto, l’Inghilterra però vince la titubanza e nei minuti di recupero della prima frazione costruisce il sorpasso grazie a Steven Gerrard che spara una sassata di collo destro che non lascia scampo a Kahn. E’ il gol che spezza gli equilibri, che cambia il destino della partita. Nella ripresa sono ancora gli inglesi a colpire. L’ispiratore è Beckham, che scodella dalla destra una palla centrale dove Heskey si avventa e libera al tiro il solito Owen, completamente smarcato e perfettamente in grado di spedire in gol. La Germania è in ginocchio, mentre l’Inghilterra annusa ancora gol nell’aria e lascia sfogare la bestia ferita. Accade così che al 66’ Gerrard strappa la sfera a Ballack e lancia in profondità Owen che avanza velocemente e gonfia, per la quarta volta, la rete difesa da Oliver Kahn. La chiusura più bella arriva otto minuti dopo, quando un Beckham in serata di grazia vede Heskey lanciato fra due difensori tedeschi e lo serve. Tap-in vincente dinanzi a Kahn e rete dell’1-5, la rete del trionfo. Il resto è solo un’umiliante tortura finale per i te-
deschi, che nell’ultimo quarto d’ora incrementano uno sterile possesso palla. CELEBRAZIONI «Arise, Sir Sven-Goran of Munich». Alzatevi, Sir Sven-Goran di Monaco. «Arise, Sir Michael of Germany». Alzatevi, Sir Michael di Germania. E’ mancata solo l’investitura ufficiale, con la regina Elisabetta in ermellino a segnare con lo spadone le spalle e il capo degli eroi dell’ Inghilterra nell’ inattesa epopea della conquista dell’ Olympiastadion. Cinque gol del Liverpool anche se, tra le cinque gemme, i tre diamanti più luminosi portano la firma di un indiscutibile, autentico fuoriclasse mondiale, Michael Owen, il golden boy, premiato con il Pallone d’Oro nel 2001. L’ abbandono in massa dei tifosi tedeschi al quinto gol inglese rievoca ritirate ben più tristi, di un passato che riaffiora nei cori bellici degli inglesi che sugli spalti si scatenano nelle celebrazioni. Ma la vittoria è anche di Eriksson, primo straniero sulla panchina dei maestri del calcio, chiamato con rivoluzionaria intuizione dal direttore generale della federazione inglese, lo scozzese Crozier, a far rinascere l’ Inghilterra dalle ceneri dello 0-1 con la Germania, nel funebre sipario finale della storia di Wembley. calcio2000 43 set 2013
SPECIALE COPPA CAMPIONI
di Gabriele Porri
1956: debutta la competizione europea più seguita nel mondo...
GLI ALBORI DELLA CHAMPIONS
L
a Coppa Campioni è nata anche grazie a una polemica giornalistica. Nei primi anni ‘50 le competizioni internazionali per club sono per lo più a carattere regionale, come la Coppa Latina, che mette di fronte i campioni di Francia, Spagna, Italia e Portogallo. La creazione di un europeo per club ossessiona da anni il francese Gabriel Hanot, giornalista, ex calciatore e CT dei Bleus. Poi ci si mettono anche gli inglesi. Nel 1954 il Wolverhampton disputa una serie di prestigiose amichevoli, vincendo tutti gli incontri e facendo dire alla tronfia stampa inglese che i Wolves sono “campioni del mondo”. Alla provocazione risponde Hanot, asserendo che Real Madrid, Milan e Honved sono più forti. Sostenuto dal giornale di Hanot, L’Equipe, il progetto di Coppa Europa incassa, dopo lunghe discussioni, il benestare di FIFA e UEFA, purché tale competizione venga organizzata dalla neonata Confederazione Europea. Decisivo l’esecutivo UEFA del 21 giugno 1955: torneo a eliminazione diretta con partite di andata e ritorno e il punteggio totale dei due incontri determinerà la vincente; in caso di parità, partita di spareggio in campo neutro. Poche regole, ma “chiare e distinte”: questo il segreto di tanto successo. Nella prima edizione della “Coppa dei Campioni”, di campioni non ce ne sono molti: ben 9 squadre su 16 non hanno vinto il titolo nazionale, addirittura troviamo una quinta (Partizan Belgrado) e sesta classificata (Servette), riducendo questa prima edizione, più a un torneo ad inviti che “meritocratico”. Risaltano le assenze, tra le altre, di sovietici e inglesi, ma i
“big” latini si presentano al via con tutti i campioni nazionali, fatto positivo per il prosieguo e la sopravvivenza stessa della competizione. Tra i fondatori anche Saarland, protettorato francese strappato ai tedeschi dopo la guerra, che merita un discorso a parte. Il club più rappresentativo è il Saarbrücken, che nel 1949 partecipa alla Division 2 francese, come ospite, figurando molto bene. Al termine della stagione chiede affiliazione alla locale Federazione, che non viene accolta. Quando, nel 1951, le squadre del protettorato tornano al campionato tedesco, il Saarbrücken raggiunge la finalissima. Nel 1955 è terzo nell’Oberliga Sud-West e come migliore squadra del Saarland viene invitato alla prima Coppa Campioni.È il 4 settembre 1955, allo stadio Nacional di Lisbona, Sporting e
Tutte le statistiche della Champions 44 calcio2000 su www.soccerdataweb.it set 2013
Partizan si affrontano per l’andata del primo turno. Dopo solo 14’ il portoghese João Baptista Martins diventa il primo marcatore in assoluto del torneo, ma il match inaugurale, nonostante un rotondo 3-3, passa alla storia più per il gioco duro che per lo spettacolo. Oltre alla prima espulsione, dunque, da segnalare anche la prime 2 doppiette, realizzate dallo slavo Milos Milutinovic e dallo stesso Martins. Altri quattro giorni - senza date fisse, si gioca in base agli impegni dei club – ed entra in scena il “gioiello” di Santiago Bernabeu. Il presidente del Real ha costruito uno squadrone a trazione anteriore con Di Stefano, Rial e Gento, a colmare le carenze di una difesa non al top. Allo Charmilles di Ginevra la ”Linea Maginot” del Servette resiste fino al
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Semifinali STADE REIMS-HIBERNIAN EDIMBURGO 2-0 (0-0)
HIBERNIAN EDIMBURGO-STADE REIMS 0-1 (0-0)
STADE REIMS René Jacquet Simon Zimny Robert Jonquet (Cap.) Raoul Giraudo Robert Siatka Raymond Cicci Michel Hidalgo Léon Glovacki Raymond Kopa Michel Leblond René Bliard Ct: Albert Batteux
HIBERNIAN EDIMBURGO Thomas Younger William Mc Farlane John Paterson John Buchanan John Grant, James Thomson Gordon Smith (Cap.) Robert Combe Lawrence Reilly Edward Turnbull William Ormond Ct: Hugh Shaw
Hibernian Edimburgo Thomas Younger William Mc Farlane John Paterson John Buchanan John Grant James Thomson Gordon Smith (Cap.) Robert Combe Lawrence Reilly Edward Turnbull William Ormond Ct: Hugh Shaw
Stade Reims René Jacquet Simon Zimny Robert Jonquet (Cap.) Raoul Giraudo Michel Leblond Robert Siatka Michel Hidalgo Léon Glovacki Raymond Kopa René Bliard Jean Templin Ct: Albert Batteux
Mercoledì 4 aprile 1956 - REIMS (Stadio “Auguste Delaune”) Arbitro: Manuel Martin ASENSI (ESP) - Spettatori: 35.486 Reti: 67’ Michel Leblond, 89’ René Bliard
Mercoledì 18 aprile 1956 - EDIMBURGO (Stadio “Easter Road Park”) Arbitro: Arthur ELLIS (ENG) - Spettatori: 44.941 Reti: 57’ Léon Glovacki
REAL MADRID-MILAN 4-2 (3-2)
MILAN-REAL MADRID 2-1 (0-0)
Real Madrid Juan Alonso Joaquin Navarro Marquitos Rafael Lesmes Miguel Muñoz (Cap.) José Maria Zarraga Joseito Roque Olsen Alfredo Di Stefano José Hector Rial Francisco Gento CT: José Villalonga
Milan Lorenzo Buffon Cesare Maldini Francesco Zagatti Nils Liedholm (Cap.) Franco Pedroni Gianfranco Ganzer Eros Beraldo Eduardo Ricagni Gunnar Nordahl Juan Alberto Schiaffino Giorgio Dal Monte CT: Ettore Puricelli
Giovedì 19 aprile 1956, ore 16:30 - MADRID (Stadio “Santiago Bernabeu”) Arbitro: Eduard HARZIC (FRA) - Spettatori: 129.690 Reti: 6’ José Hector Rial, 9’ Gunnar Nordahl, 25’ Joseito, 30’ Juan Alberto
Schiaffino, 40’ Roque Olsen, 62’ Alfredo Di Stefano
tiro potente di Miguel Muñoz, col raddoppio nel finale di Rial. Al ritorno, il Real vince 5-0 senza problemi. Per l’Italia c’è il Milan di Hector Puricelli, che a inizio decennio aveva interrotto un digiuno di vittorie lungo 44 anni e ora vuole vincere anche in Europa. Comincia però sorprendentemente male, sconfitto in casa dal Saarbrücken. Oggi si anticipa in campionato al venerdì, prima della Champions, invece nel 1955 il Milan gioca due soli giorni dopo avere affrontato la SPAL. Il calo del secondo tempo, quando i rossoneri passano dal 3-1 al 3-4, ne appare diretta conseguenza. Il Milan si dimostra superiore al ritorno, anche se la qualificazione si concretizza solo nel finale, con tre reti negli ultimi 20’ che danno il 4-1 decisivo. Passano il turno anche Rapid Vienna, Hibernian, Djurgarden, Partizan, Stade Reims e Voros Lobogo (oggi MTK Budapst). I quarti di finale si disputano nell’arco di tre mesi. Il Real rischia un’incredibile rimonta: dopo il 4-0 natalizio al Partizan, al ritorno sotto 3-0 si salva al 90’ grazie a una pozzanghera che ferma il pallone prima che entri in porta. Brilla invece la stella dello Stade Reims. Con il futuro Pallone d’oro Raymond Kopa,
Milan Lorenzo Buffon Cesare Maldini Francesco Zagatti Nils Liedholm (Cap.) Franco Pedroni Luigi Radice Amos Mariani Eduardo Ricagni Gunnar Nordahl Juan Alberto Schiaffino Giorgio Dal Monte CT: Ettore Puricelli
Real Madrid Juan Alonso Angel Atienza Marquitos Rafael Lesmes Miguel Muñoz (Cap.) José Maria Zarraga Joseito Roque Olsen Alfredo Di Stefano José Hector Rial Francisco Gento CT: José Villalonga
Martedì 1 maggio 1956, ore 15 - MILANO (Stadio “San Siro”) Arbitro: Carl Erich STEINER (AUT) - Spettatori: 30.000 circa Reti: 65’ Joseito, 69’ rig. - 86’ rig. Giorgio Dal Monte
finale REAL MADRID-STADE REIMS 4-3 (2-2) Real Madrid Juan Alonso Angel Atienza Marquitos Rafael Lesmes Miguel Muñoz (Cap.) José Maria Zarraga Joseito Ramon Marsal Alfredo Di Stefano José Hector Rial Francisco Gento CT: José Villalonga
Stade Reims René Jacquet Simon Zimny Robert Jonquet (Cap.) Raoul Giraudo Michel Leblond Robert Siatka Michel Hidalgo Léon Glovacki Raymond Kopa René Bliard Jean Templin CT: Albert Batteux
Mercoledì 13 giugno 1956, ore 20:30 - PARIGI (Stadio “Parco dei Principi”) Arbitro: Arthur ELLIS (ENG) - Spettatori: 38.239 Reti: 6’ Michel Leblond, 10’ Jean Templin, 14’ Alfredo Di Stefano, 30’-79’ José Hector Rial, 62’ Michel Hidalgo, 67’ Marquitos
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calcio2000 45 set 2013
speciale coppa campioni
COPPA CAMPIONI 1955/56
REAL MADRID
coppa campioni 1956/57 - real madrid Giocatore
Data Nascita
Naz
Ruolo
Presenze
Reti
Juan ALONSO
13.12.1927
ESP
Portiere
7
-10
José Maria ZARRAGA
15.08.1930
ESP
Difensore
7
0
Rafael LESMES
09.11.1926
ESP
Difensore
6
0
MARQUITOS (Marcos Alonso Imaz)
16.04.1933
ESP
Difensore
6
1
Angel ATIENZA
16.03.1931
ESP
Difensore
3
0
Joaquin NAVARRO
02.08.1921
ESP
Difensore
3
0
José BECERRIL
21.08.1926
ESP
Difensore
2
0
Heliodoro CASTAÑO
05.04.1933
ESP
Difensore
2
2
Joaquin OLIVA
11.11.1926
ESP
Difensore
1
0
Miguel MUÑOZ
19.01.1922
ESP
Centrocampista
7
1
José Hector RIAL
14.10.1928
ESP
Centrocampista
7
5
JOSEITO (José Iglesias Fernandes)
23.12.1926
ESP
Centrocampista
4
3
Roque OLSEN
09.09.1925
ARG
Centrocampista
4
1
Luis MOLOWNY
12.05.1925
ESP
Centrocampista
2
1
Ramon MARSAL
12.12.1934
ESP
Centrocampista
1
0
José Luis PEREZ PAYA
02.03.1928
ESP
Centrocampista
1
0
Alfredo DI STEFANO
04.07.1926
ESP
Attaccante
7
5
Francisco GENTO
21.10.1933
ESP
Attaccante
7
1
José VILLALONGA
04.12.1919
ESP
Allenatore
7
classifica cannonieri CLASSIFICA MARCATORI Giocatore
N°
Reti Ogni
Rig.
Rig. Falliti N° %
Max Reti
Partite Giocate N° Minuti Titol.
Milos MILUTINOVIC (Partizan Belgrado)
8
45'
0
0
0,0
4
4
360
4
Léon GLOVACKI (Stade Reims)
6
105'
0
0
0,0
2
7
630
7
Peter PALOTAS (MTK Hungaria)
6
60'
0
0
0,0
3
4
360
4
René BLIARD (Stade Reims)
5
126'
0
0
0,0
2
7
630
7
Alfredo DI STEFANO (Real Madrid)
5
126'
0
0
0,0
2
7
630
7
José Hector RIAL (Real Madrid)
5
126'
0
0
0,0
2
7
630
7
KÖRNER II (RapidsiVienna) i Alfred campioni di Francia sbarazzano di Mihaly LANTOS (MTK Hungaria) Aarhus e Voros Lobogo e trovano in semifinale gli scozzesi dell’Hibs. Michel LEBLOND (Stade Reims) L’ultima semifinalista è il Milan che dopo l’1-1 di Gunnar NORDAHL (Milan) Vienna travolge il Rapid al ritorno, 7-2 a San Siro. Sgombrato il campo dalla neve nel pre-partita, sgombrati i dubbi di qualificazione già all’intervallo, coi rossoneri avanti 4-0. In semifinale c’è però il favoritissimo Real. Davanti al pubblico record di Chamartin, il Milan gioca bene i primi 30’ ma va sotto prima dell’intervallo e si schianta nella ripresa, perdendo 4-2. Al ritorno bisogna segnare subito, ma Nordahl e Schiaffino sono in giornata no. Segna
4 68'da Joseito, poi i due rigori trasformati 4 90' Dal Monte fanno solo illudere i milanisti. Il Real raggiunge in finale 4 il Reims, 135' che nel frattempo ha eliminato agevol4 113' mente gli scozzesi. Al Parco dei Principi si respira aria di sorpresa, al 6’ Leblanc segna di testa trasformando una punizione di Kopa e Templin raddoppia al 10’. Kopa si vede respingere un gol quasi fatto e dal possibile 3-0 si passa al 2-2 (Di Stefano e Rial). Quando il futuro CT francese Michel Hidalgo trasforma un’altra punizione di Kopa, il Real sembra capitolare, ma ha fortuna quando il tiro del difensore centrale Marquitos trova una deviazione decisiva. Sul 3-3
1
0 0,0 3 3 ci pensa ancora Rial a 3siglare 270 il gol-vit0 0,0 2 4 360 4 toria, ma gli spagnoli tremano nel finatraversa2 di Templin. Il Real6 è 0 le per 0 la 0,0 6 540 d’Europa 0 campione 0 0,0 2 ed 5è destinato 450 a non 5 lasciare lo scettro per molto tempo. La prima stagione di Coppa Campioni ha un buon successo: sfiorato il milione di spettatori (33.500 circa a partita con una punta di 129.690 per Real-Milan), si sono verificate 12 vittorie interne, 6 pareggi e 10 successi esterni. Non c’è stato bisogno di spareggi. I gol segnati sono 127, con una media gol/partita di 4.38. Una sola gara si è conclusa senza reti, quella di Stoccolma tra Djurgarden e Gwardia Varsavia nel primo turno.
3
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gli albori della champions
i portieri Giocatore
I PORTIERI N°
Partite Minuti Titol.
V
N
P
Tot
Reti Subite Aut. Rig. Ogni
Rigori Parati N° %
Rete Inviolata Partite %
Minuti Imbatt.
Prima Partita
Ultima Partita
Henry FROM (AGF Aarhus)
2
180
2
0
1
1
4
45'
0
0
0
0,0
0
0,0
65
21.09.1955
26.10.1955
Felix WEEK (Anderlecht)
2
180
2
0
0
2
10
18'
0
0
0
0,0
0
0,0
53
07.09.1955
19.10.1955
Arne ARVIDSSON (Djurgardens)
4
360
4
1
1
2
5
72'
0
1
0
0,0
1
25,0
104
20.09.1955
28.11.1955
Tomasz STEFANISZYN (Gwardia Varsavia)
2
180
2
0
1
1
4
45'
0
0
0
0,0
1
50,0
95
20.09.1955
12.10.1955
Thomas YOUNGER (Hibernian Edimburgo)
5
450
5
3
0
2
4
113'
0
0
0
0,0
2
40,0
246
14.09.1955
18.04.1956
William ADAMS (Hibernian Edimburgo)
1
90
1
0
1
0
1
90'
0
0
0
0,0
0
0,0
47
12.10.1955
12.10.1955
Arpad FAZEKAS (MTK Hungaria)
2
180
2
2
0
0
4
45'
0
0
0
0,0
0
0,0
52
07.09.1955
19.10.1955
Istvan FECSKE (MTK Hungaria)
1
90
1
0
0
1
4
23'
0
0
0
0,0
0
0,0
33
14.12.1955
14.12.1955
Janos VERES (MTK Hungaria)
1
90
1
0
1
0
4
23'
0
0
0
0,0
0
0,0
38
28.12.1955
28.12.1955
Lorenzo BUFFON (Milan)
5
450
5
2
1
2
12
38'
0
1
0
0,0
0
0,0
99
01.11.1955
01.05.1956
Santino CICERI (Milan)
1
90
1
1
0
0
1
90'
0
0
0
0,0
0
0,0
58
23.11.1955
23.11.1955
Lieuwe STEIGER (PSV Eindhoven)
2
180
2
1
0
1
6
30'
0
0
0
0,0
1
50,0
98
21.09.1955
01.11.1955
Slavko STOJANOVIC (Partizan Belgrado)
3
270
3
1
1
1
9
30'
0
0
0
0,0
0
0,0
61
04.09.1955
25.12.1955
Milutin SOSKIC (Partizan Belgrado)
1
90
1
1
0
0
0
-
0
0
0
0,0
1
100,0
90
29.01.1956
29.01.1956
Herbert GARTNER (Rapid Vienna)
3
270
3
1
1
1
9
30'
0
0
0
0,0
0
0,0
92
21.09.1955
12.02.1956
Walter ZEMAN (Rapid Vienna)
1
90
1
0
0
1
1
90'
0
0
0
0,0
0
0,0
81
01.11.1955
01.11.1955
Juan ALONSO (Real Madrid)
7
630
7
5
0
2
10
63'
0
3
0
0,0
3
42,9
294
08.09.1955
13.06.1956
Fritz HERKENRATH (Rot Weiss Essen)
2
180
2
0
1
1
5
36'
0
0
0
0,0
0
0,0
85
14.09.1955
12.10.1955
Camillo FISCHBACH (Saarbrucken)
2
180
2
1
0
1
7
26'
0
0
0
0,0
0
0,0
67
01.11.1955
23.11.1955
Anton RÜESCH (Servette)
2
180
2
0
0
2
7
26'
0
0
0
0,0
0
0,0
74
08.09.1955
12.10.1955
CARLOS GOMES (Sporting Lisbona)
2
180
2
0
1
1
8
23'
0
0
0
0,0
0
0,0
45
04.09.1955
12.10.1955
René JACQUET (Stade Reims)
4
360
4
2
1
1
6
60'
0
0
0
0,0
2
50,0
201
26.10.1955
13.06.1956
Paul SINIBALDI (Stade Reims)
2
180
2
1
1
0
6
30'
0
3
0
0,0
0
0,0
43
14.12.1955
28.12.1955
Marcel DANTHENY (Stade Reims)
1
90
1
1
0
0
0
-
0
0
0
0,0
1
100,0
90
21.09.1955
21.09.1955
dove sono finiti? - Luis oliveira
di Paolo Camedda
Intervista a Lulù Oliveira, indimenticato bomber, tra le altre, di Cagliari e Fiorentina.
Il ‘Falco’ vuol tornare a volare
D
a spina nel fianco per le difese avversarie quando ‘sfrecciava’ sul campo di gioco, a promessa della panchina. Luis Airton Barroso Oliveira, per tutti ‘Lulù’, nato in Brasile, a São Luis, il 24 marzo 1969, ha dedicato gran parte della sua vita al gioco del calcio, ereditando l’amore per il pallone dalla sua famiglia. “La passione me l’ha trasmessa mio padre – racconta – lui era un calciatore, come mio fratello e mia sorella. Quando ero piccolo, in Brasile non esistevano le scuole calcio, il mio campo era la strada, l’unica a decidere chi sarebbe andato avanti e avrebbe fatto carriera e chi invece no. Un giorno un procuratore argentino venne a vedere una partita della mia squadra perché voleva portare in Europa un ragazzo, un mio compagno di squadra. Io giocai molto bene e lui alla fine decise di portare me, che ero più veloce”. Luis Oliveira approda così nell’autunno 1985 in Belgio, all’Anderlecht, società che decide di investire su di lui inserendolo inizialmente nel proprio settore giovanile, dopo averlo visto all’opera in alcuni tornei in Spagna, Francia e Germania. “Arrivai in Belgio nel novembre 1985 e il ricordo che ho ancora oggi molto nitido è quello del gran freddo che sentivo per la prima volta. In Brasile, infatti, dalle mie parti, ci sono sempre 30 gradi…”. Nonostante il freddo, Oliveira riesce a farsi strada e nel 1987 viene promosso in Prima squadra. In biancoviola gioca 95 gare e segna 36 gol, mettendosi in mostra anche nelle coppe europee. Vince un campionato nel 1990-91, due coppe del Belgio e una Supercoppa. Nel 48 calcio2000 set 2013
1992, dopo aver ottenuto il passaporto belga, arriva il gran ‘balzo’ nel calcio italiano. “Ricordo che mi voleva la Samp, poi non se ne fece nulla”. A quel punto si inserisce il Cagliari, che riesce a
sbaragliare la concorrenza. “Con il mio procuratore vidi Cellino a Bruxelles e in breve tempo fu definito il mio passaggio in rossoblù. Quando mi dissero che avrei giocato con il Cagliari non sapevo
neanche dove fosse la città. I primi mesi sono stati duri, perché mentre in Belgio giocavo in un grande club che puntava sempre a lottare per lo Scudetto, in Italia arrivavo in una squadra che lottava per la salvezza. Poi con l’aiuto dei compagni e dei tifosi sono riuscito a inserirmi bene e a dare una svolta alla mia carriera da calciatore”. Per tutti a fine stagione la soddisfazione di un 6° posto finale che vale la qualificazione alla Coppa Uefa. “Fu bellissimo, per noi è stato come vincere il campionato. Mazzone aveva la mania di urlare e mi diceva sempre di tagliarmi i capelli e togliermi l’orecchino. Ricordo che una volta decisi di accontentarlo, ma giocai malissimo e da allora l’ho sempre tenuto… L’anno seguente arrivò Bruno Giorni, un bravo allenatore che purtroppo oggi non c’è più, e in Coppa facemmo una splendida cavalcata fino alle semifinali”. Diventato un beniamino dei tifosi sardi, Oliveira resta in rossoblù fino al 1996, quando l’ambiziosa Fiorentina di Ranieri decide di puntare su di lui e lo acquista per 9 miliardi più il cartellino di Banchelli. “Quella Fiorentina era una grande squadra che voleva vincere qualcosa, visto che andavo a comporre un grande trio con Rui Costa e Batistuta. I primi mesi ebbi un po’ di alti e bassi, ma era normale, perché a Cagliari tutti i palloni arrivavano a me, a Firenze invece non poteva essere così. Poi però mi sono sbloccato ed è stato tutto in discesa”. Anche in viola Oliveira segna e fa segnare, diventando ‘Il Falco’ per tutti i tifosi fiorentini. “Mio padre aveva in casa dei falchi e dei galli da combattimento e un giorno il mio compagno di squadra, Sandro Cois, mi disse perché non mi inventavo un’esultanza particolare dopo aver segnato. Io ci pensai e dopo aver fatto gol al Milan, esultai imitandone il volo”. Nel 1998 a Firenze arriva però in panchina Giovanni Trapattoni, con cui ‘Lulù’ aveva già avuto dei problemi a Cagliari. “Con Trapattoni ho avuto delle difficoltà, perché mi faceva giocare da esterno a centrocampo, schierando in attacco Edmundo con Batistuta. Dopo aver chiuso in testa il girone di andata, Edmundo andò al Carnevale in Brasile, mentre Batistuta s’infortunò… Allora il mister
Oliveira vestì anche la maglia della Fiorentina diventando “Il Falco” per tutti i tifosi viola
per necessità mi ripropose in attacco, ma ormai, dopo esser stato utilizzato a lungo in un altro ruolo, avevo perso i movimenti…”. L’anno dopo il ritorno in Sardegna. “Arrivai a Cagliari non al meglio, perché sapendo di non essere una prima scelta di Trapattoni, a Firenze mi ero un po’ lasciato andare. Dovevo ritrovare la forma, ma il debutto fu comunque incredibile. Entrai nel secondo tempo della gara contro la Juventus. Perdavamo 1-0, e dopo pochi minuti segnai un gol bellissimo quasi da metà campo… Purtroppo l’arbitro me lo annullò per un fuorigioco inesistente… Alla fine quella stagione si chiuse in maniera sfortunata per il Cagliari con la retrocessione in Serie B…”. Per l’attaccante inizia un lungo girovagare per i campi di mezza Italia, fino ad arrivare nel campionato di Eccellenza, con i sardi del Muravera. Nella squadra del paese sardo che gli ha dato la cittadinanza onoraria, Oliveira chiude la sua esperienza da calciatore dopo aver vestito molte maglie e segnato tanti gol. “I più belli sono la mezza rovesciata contro la Fiorentina nel dicembre del 1992, e
quello in Coppa Uefa alla Juventus a Torino, che resterà per sempre nella storia del Cagliari”. Tanti anche i difensori duri con cui ha dovuto misurarsi: “Il più cattivo di tutti era Pasquale Bruno, uno che non si faceva problemi a metterti le dita negli occhi…”. Sul compagno più forte, invece, Lulù non ha dubbi: “Matteoli, perché quando mi diceva di partire mi metteva sempre la palla sui piedi. Da lui ho imparato tanto”. Appesi gli scarpini al chiodo, Oliveira ha iniziato la carriera da allenatore, con risultati particolarmente brillanti: “Nel mio primo anno in panchina con il Muravera abbiamo vinto subito la Coppa Italia di categoria e la Supercoppa, mentre in campionato siamo arrivati terzi. Di meglio non potevo sperare, ora farò in autunno il corso Uefa Pro a Coverciano”. Ora ‘Il Falco’ è pronto di nuovo a spiccare il volo. “L’ambizione c’è sempre, spero di avere il patentino e di allenare ad alti livelli, ma partendo dal basso: ad esempio, facendo qualcosa di importante con un settore giovanile, magari fuori dalla Sardegna. Qui, infatti, con la crisi, è tutto più difficile”. calcio2000 49 set 2013
ad un passo dalla gloria - Edmundo
di Fabrizio Ponciroli
Pochi hanno avuto il talento che ha contraddistinto Edmundo, peccato mancasse la testa…
O ANIMAL INGABBIATO
E
dmundo Alves de Souza Neto, meglio noto come Edmundo, anzi, ancor più celebre per il soprannome piuttosto colorito, ovvero O Animal. La storia, calcistica e non, di O Animal è degna di una soap opera americana in stile Dallas. Edmundo è stato tutto e il contrario di tutto. Dotato di un talento con pochi eguali al mondo, Già attaccante da gol pesanti ai tempi 50 calcio2000 set 2013
in cui, poco più che maggiorenne, faceva magie con le casacche del Vasco prima e del Palmeiras dopo, O Animal ha subito mostrato un certo feeling con i guai. Nel 1995, a Rio de Janeiro, è protagonista di un incidente d’auto in cui perdono la vita tre persone. A 24 anni, la sua vita è già segnata ma il calcio continua a regalargli momenti di autentica gloria. Nel 1997 vince il campionato brasiliano (con l’amato
Vasco) e la Coppa America. È la svolta. La Fiorentina se lo porta in casa per la cifra, tutt’altro che modica, di quasi 13 miliardi di lire (dopo innumerevoli problemi burocratici, pagando anche una tassa al Vasco). Dopo una stagione in sordina, con diversi problemi con la dirigenza gigliata (viene multato, litiga con Malesani, allora allenatore viola, reo di averlo parcheggiato in panchina), nella sta-
gione 1998/99, il brasiliano fa volare la Viola che, a fine del girone d’andata, comanda il campionato. Il navigato Trap, tecnico di quella splendida Fiorentina, sa che bisogna restare concentrati e determinati sull’obiettivo finale. Edmundo non la pensa così e scappa a gustarsi l’amato Carnevale mandando su tutte le furie l’intero ambiente toscano (in realtà il contratto gli garantiva questa “scappatella” brasiliana). La sfortuna si accanisce sulla Fiorentina che, orfana di Edmundo, perde, per infortunio, anche Batistuta, dicendo addio alla possibilità di vincere il tricolore. Nonostante buone cifre (12 gol in 37 gare), uno così non viene ritenuto in grado di giocare in Serie A e, allora, ecco il ritorno al Vasco. Tutto finito? No, O Animal stupisce ancora, segnando gol a grappoli. Intanto viene condannato a quattro anni a mezzo per il già citato incidente del 1995. Prigione? Non se ne parla, grazie al buon lavoro dei suoi avvocati, il suo talento resta libero. Gli amici fidati (se mai ne ha avuti) li consigliano di mettere la testa a posto. Classe 1971, ha, a 30 anni, una nuova chance. Il Napoli lo richiama in Italia. Corbelli lo porta al San Paolo, davanti a circa 20.000 tifosi urlanti. Purtroppo, anche a causa di diversi infortuni, gioca poco e male (quattro gol in tutta la stagione), bruciandosi la riconferma. Ci prova il Cruzeiro ma Edmundo ha altre mire, in particolare la progressiva e divertente J-League. In Giappone viene accolto come fosse un messia. Gioca nei Tokyo Verdy (in teoria, dopo una sola stagione, firma anche per gli Urawa Reds ma non vede mai il campo). La nostalgia del Brasile e dell’amato Carnevale lo riporta in patria. Ancora Vasco, poi Fluminense e Figueirense. A 36 anni sembra arrivato il momento di dire basta ma O Animal strappa ancora un contratto con il Palmeiras e, incredibile ma vero, nel 2008, a quasi 38 anni, con l’immarcescibile Vasco. Poi il sipario cala, O Animal dice basta
Croce e delizia della Fiorentina, Edmundo ha fatto imbestialire il Trap...
con il calcio (opinionista, showman, si cimenta in tutto nel post calcio). Di lui restano tanti problemi caratteriali ma anche l’impressione che, se avesse voluto, uno così avrebbe potuto entrare nel gotha del calcio. Chi ha avuto la fortuna di assistere, il 12 settembre 1997, alla sfida tra Vasco e San Joao, ancora si ricorda di Edmundo. In quella magnifica gara, O Animal segnò tutti i sei gol realizzati dal Vasco. Un record degno di un fuoriclasse, la conferma che, uno come lui, avrebbe davvero potuto diventare una leggenda del calcio. Ma O Animal era ed è anche tutt’altro. Spavaldo come pochi altri (quando venne acquistato dal-
la Fiorentina, arrivò a dire: “In Italia segnerò più di Ronaldo”), ha sempre voluto fare quello che più gli aggradava, a prescindere dalle conseguenze delle proprie azioni. Come quella volta che fece imbestialire gli animalisti per aver fatto ubriacare (di birra) una scimmia alla festa di compleanno del figlio… Da uno come O Animal ci si deve aspettare di tutto… Se a qualcuno dovesse interessare, ora Edmundo è un apprezzato opinionista televisivo. Recentemente è tornato anche a parlare del suo periodo gigliato, dichiarandosi pentito per aver lasciato la squadra per il Carnevale di Rio. Difficile credergli… calcio2000 51 set 2013
ai miei tempi allenavo così - azeglio vicini
di Gabriele Cantella
Intervista ad Azeglio Vicini, indimenticato tecnico della nostra Nazionale.
L’Azeglio Nazionale
H
a guidato la nazionale nelle notti magiche di Italia ‘90, dandole un gioco divertente e spettacolare, conducendola a un passo dalla vittoria. Ha plasmato generazioni di giovani campioni durante la sua esperienza come CT dell’Under 21 e, una volta pronti, li ha portati con sé nella nazionale maggiore, lanciandoli nel firmamento del calcio mondiale. Da Vialli a Mancini, da Zenga a Maldini, da Giannini a Donadoni, tutti approdati in maglia azzurra grazie a mister Azeglio Vicini, un’istituzione del nostro calcio. A lui, abbiamo chiesto come si sia evoluta e quanto sia cambiata negli anni la figura dell’allenatore, quanto sia diverso il modo attuale di allenare e gestire un gruppo dal modo in cui lui allenava e gestiva il suo. Non potevamo non chiedergli, infine, a ventitré anni di distanza dalla sfortunata semifinale persa ai rigori contro l’Argentina di Maradona, cosa gli rimanga ancor oggi dentro di quelle notti magiche, sotto il cielo di quell’estate italiana. Mister, da qualche anno ormai, lei si è allontanato dal mondo del calcio, un mondo che ha vissuto a fondo, giorno per giorno, da giocatore prima e allenatore poi... Oggi, cosa le manca di più di quel mondo? “Indubbiamente mi manca. Dopo aver smesso i panni di allenatore sono comunque rimasto nel calcio, infatti, ho rivestito per un decennio la carica di presidente dell’Associazione Allenatori e per un quinquennio quella di presidente del Settore Tecnico di Coverciano. Da due anni sono ormai fuori dal calcio, ma seguo sempre le partite in tv”. 52 calcio2000 set 2013
Quanto è stata importante la sua esperienza da calciatore per la sua successiva carriera da allenatore? “Credo che l’esperienza da calciatore sia molto importante per diventare poi un allenatore e più ad alto livello la si fa, meglio è. Allenatori però si diventa anche con l’applicazione, la passione, la personalità, la cultura e tutta una serie di altre attitudini”. Quanto e come è cambiata la figura dell’allenatore dai suoi tempi ad oggi? E come sono cambiati i metodi di allenamento? “Credo che i metodi di allenamento siano cambiati, ma non così tanto, perché se andiamo a vedere come si allenano le squadre di calcio oggi, gran parte delle
attività si svolgono allo stesso modo di venti o trent’anni fa. La figura dell’allenatore è cambiata, ma non tantissimo rispetto ai miei tempi”. In che percentuale, secondo lei, incide, nel calcio di oggi, un allenatore sui risultati di una squadra e in che percentuale incideva invece nel suo calcio? “Un allenatore incide sempre in modo determinante. Una squadra guidata da un allenatore non all’altezza della situazione è destinata a fallire in partenza. L’allenatore dev’essere un leader, deve avere grande personalità”. Come è cambiato, se è cambiato, il rapporto tra l’allenatore e i propri calciatori? “Se ci riferiamo a quarant’anni fa, cer-
to, il rapporto tra allenatore e calciatori è notevolmente cambiato. La gestione di venticinque/trenta giocatori quasi di pari livello rende più difficile per l’allenatore instaurare un rapporto con ognuno, ma allo stesso tempo costituisce un grande vantaggio, perché si hanno a disposizione giocatori che entrando dalla panchina possono cambiare il volto di una partita”. Come si approccerebbe ai giovani d’oggi, lei, che plasmò tanti giovani calciatori ai tempi dell’Under 21? “Penso che alla mia età sarebbe difficile, quindi è meglio che stia fuori. Ottant’anni mi sembrano un’età giusta per star fuori (ride ndr.)”. Chi degli allenatori italiani di oggi le somiglia di più e chi invece vede più distante da lei per carattere e idea di gioco? Chi di loro incarna il prototipo dell’allenatore moderno e quale allenatore del suo periodo si è rivelato un precursore in questo senso? “È difficile dire quale degli allenatori di oggi mi somigli più o meno, perché il calcio è cambiato e non è semplice mettere a confronto due epoche diverse. Tra gli allenatori italiani in attività, ce ne sono diversi che incarnano il prototipo dell’allenatore moderno, su tutti Capello, Lippi, Ancelotti e il mio amico Zaccheroni, ma pure Conte, Mazzarri e Allegri, che mi sembra incarnino bene la modernità, anche per via della loro ancor giovane età. Quando allenavo io, non c’era qualcuno che fosse più moderno
Il segreto di Vicini per gestire uno spogliatoio di campioni è di far sentire tutti indispensabili
degli altri, ci si adattava ai tempi”. Lei è stato il CT della nazionale italiana ai mondiali del ‘90, che si giocarono, tra l’altro, proprio nel nostro Paese... La sua nazionale era una squadra di campioni: da Vialli a Baggio, da Baresi a Maldini, da Giannini a Schillaci... Come si gestisce uno spogliatoio all’interno del quale convivono personalità così forti? “Ci vuole indubbiamente una grande personalità. Devo dire che io fui fortunato, perché molti di quei ragazzi li conoscevo da tempo, avendoli già allenati nell’Under 21. Per gestire uno spogliatoio di campioni, bisogna saper comunicare con loro, fargli capire che c’è
Vicini con altre due icone del nostro calcio: Riva e Bearzot
bisogno di tutti, che si dev’essere sempre disponibili. Soprattutto non bisogna mostrare incertezze e si deve sempre parlare chiaro con tutti”. Cosa ricorda della semifinale tristemente persa ai rigori contro l’Argentina? Non crede che la lotteria dei rigori sia uno strumento profondamente iniquo e inadeguato a decretare la sorte di partite così importanti? “È vero, la lotteria dei rigori è spesso ingiusta, ma rimane l’unico modo per decretare un vincitore, purtroppo non vedo alternative. Comunque l’Italia ha anche vinto ai calci di rigore. Di quella semifinale è rimasta in me e nei miei calciatori una profonda amarezza, perché credo che la squadra meritasse di più. E non perché giocavamo in casa, avremmo fatto ugualmente un bel mondiale anche fuori dall’Italia”. Un’ultima domanda, mister... Il suo calcio e quello di oggi sono molto diversi... C’è qualcosa di quel calcio che non ritrova in quello attuale? E cosa invece di questo calcio le sarebbe piaciuto ci fosse nel suo? “Io trovo che nel calcio di oggi manchi forse un po’ di qualità, mentre la distribuzione della fatica è l’aspetto del calcio attuale che avrei voluto ci fosse nel mio, anche se Bearzot ed io provammo a precorrere i tempi da questo punto di vista”. calcio2000 53 set 2013
top 11 - croazia
di Antonio Vespasiano
La storia racconta che i croati, a calcio, sono dotati di quel talento che pochi altri hanno…
I BRASILIANI DEI BALCANI
Q
uando l’utopia di un’unione tra popoli slavi era ancora in piedi la Jugoslavia era una delle potenze calcistiche europee, certamente tra le migliori nazionali dell’area orientale. Li chiamavano i “brasiliani d’Europa” visto il notevole tasso tecnico che da sempre veniva espresso dai “Plavi”. Simbolo quanto mai riuscito di quell’orgoglio slavo che avrebbe dovuto essere il collante per tenere unite le diverse etnie strette nel calderone dei Balcani, la nazionale jugoslava era uno dei fiori all’occhiello dell’integrazione slava; mix ben riuscito dei migliori talenti dei quattro angoli della Repubblica federalista. Serbi (Mihajlović, Stojković, Džajić), Montenegrini (Savićević), Macedoni (Šekularac, Pančev), Sloveni (Katanec), tutti insieme appassionatamente. E seppur l’asse portante era rappresentato per una buona parte da giocatori serbi (tant’è che la FIFA riconosce la Serbia come erede sportiva della Jugoslavia), un’indiscutibile e corposo apporto alla causa è stato sempre dato dalla scuola croata. In ogni successo della Jugoslavia, infatti, c’è sempre stato il contributo della Croazia. Senza scomodare i talenti croati che hanno fatto le fortune del calcio jugoslavo (i vari: Beara, Vukas, Zebec, Bobek e tantissimi altri), basterebbe citare i giocatori croati che fecero parte della rappresentativa jugoslava che nel 1987 vinse i Campionati del Mondo under 20, lasciando presagire un futuro ricco di successi. Di quella squadra
54 calcio2000 set 2013
facevano parte: Jarni, Štimac, Boban, Prosinečki, Šuker, preziosi tasselli di un mosaico che andò in frantumi col calcione che Boban rifilò ad un poliziotto negli scontri allo stadio Maksimir di Zagabria il 6 maggio del 1990, preludio all’inizio dello sfaldamento della federazione jugoslava. Se gli jugoslavi erano conosciuti come i “brasiliani d’Europa” i croati sono senza dubbi i “brasiliani dei Balcani”. La scuola croata infatti ha sempre sfornato giocatori dalle grandissime capacità tecniche, e negli anni ’90 la “Generazione d’Oro” del calcio croa-
to, giovane e orgoglioso, ha mietuto i suoi successi più grandi, raggiungendo addirittura il terzo posto del ranking FIFA. Già all’Europeo del 1996, competizione internazionale che ha tenuto a battesimo la neonata nazionale (scesa in campo ufficialmente per la prima volta solo nel 1992), i croati seppero farsi valere fino ai quarti di finale (eliminati dai tedeschi futuri campioni). L’exploit però avvenne due anni dopo, al Mondiale francese del 1998 quando i ragazzi di Miroslav “Ćiro” Blažević sorpresero tutti centrando un clamoroso e inaspettato terzo posto. Fatale fu la
doppietta di Thuram (!) nella semifinale con la Francia. Messa da parte una svogliatezza tipica dei primi della classe i croati seppero lottare col coltello tra i denti e grazie ad una tasso tecnico davvero eccelso stupirono addetti ai lavori e tifosi piazzando anche Šuker sul trono dei cannonieri della manifestazione. Spentasi la “Generazione d’Oro” la Croazia ha comunque saputo mantenersi ad ottimi livelli, sfornando continuamente mirabili talenti (dal merengue Modrić, a Kranjčar, fino al diciannovenne interista Kovačić). Salvo qualche scivolone (come la mancata qualificazione ai Campionati del Mondo sudafricani), i croati sono sempre un osso terribilmente duro da affrontare in ogni incontro, forti di esperienza internazionale, tecnica e fisicità. LA FORMAZIONE DI SEMPRE UNA DIFESA DI DURI Quando giovanissimo convinse tutti guadagnandosi il posto da titolare nell’Hajduk Spalato per STIPE PLETIKOSA già si intravvedeva un futuro ad alti livelli. Sicurezza nei propri mezzi, agilità felina e ottimo istinto sono la qualità alla base del suo soprannome, la Piovra. Calciatore croato dell’anno nel 2002. Ha giocato due Mondiali e due Europei racimolando oltre cento presenze in Nazionale. Ottimo rigorista (ne ha segnati diversi), ha il suo punto debole nelle uscite alte ma resta comunque un portiere esperto e affidabile, capace anche di interventi spettacolari. Come secondo DRAŽEN LADIĆ, primissimo portiere della Croazia indipendente. Difese i pali della porta croata agli Europei del 1996 e ai Mondiali del 1998 dove i suoi guantoni risultarono fondamentali. Efficace, mai plateale, ottimo senso della posizione. Forte tra i pali, meno nelle uscite. Carattere d’acciaio grazie al quale era capace di comandare e dare sicurezza all’intero reparto. Colonna della Dinamo Zagabria, fece in tempo a vestire anche la maglia della Jugoslavia. Terzino destro DARIJO SRNA, capitano della Croazia con le sue 104 presenze
Il portiere Pletikosa è stato tra gli uomini di punta della nazionale croata
Jarni Modrić
Bilić
Šuker Pletikosa
Štimac
boban Bokšić
Šimić Prosinečki Srna
calcio2000 55 set 2013
top 11 - croazia
(recordman assoluto) e 20 reti, numeri da big assoluto. Terzino ma anche centrocampista di fascia e alle volte addirittura laterale offensivo vista la sua spiccata propensione ad attaccare. Bravissimo nel calciare il pallone, il suo stile ricorda quello di Beckham, è uno specialista dei calci da fermo, che siano punizioni, rigori o calcio d’angoli. Pedina insostituibile nello scacchiere dello Shakhtar Donetsk di Lucescu dove ha vinto sette Campionati, quattro Coppe Nazionali e la storica Coppa Uefa del 2009. A sinistra invece la corsa e l’agonismo di ROBERT JARNI laterale mancino velocissimo, sempre pericoloso nelle sortite offensive che chiudeva con un cross oppure calciando pericolosamente a rete. Lanciato in velocità era inarrestabile grazie ad una buona tecnica individuale sorretta da ottime capacità fisiche. Campione del Mondo under 20 nel 1987 con la Jugoslavia, nazionale con la quale prese parte anche ai Mondiali del 1990. Con la Croazia invece giocò due Mondiali e un Europeo, divenendo un perno fondamentale. Suo il primo dei tre gol con i quali i croati fecero fuori la Germania nei quarti di finale di France ’98, vendicando così l’eliminazione all’Europeo di due anni prima. Giocò diversi anni in Italia, vincendo uno Scudetto e una Coppa Italia con la Juve. Col Real Madrid, invece, vinse la Coppa Intercontinentale del 1998. Al centro tre coriacei baluardi. SLAVEN BILIĆ, stopper ruvido e deciso, faceva della potenza fisica la sua arma in più. Bravo nel gioco aereo e nella marcatura sull’uomo anche se aveva una troppo sfavorevole propensione al cartellino. Con la ma-
In difesa uno come Simic ha fatto sempre comodo alle squadre in cui ha militato
glia a scacchi della Croazia è stato tra i protagonisti del fantastico Mondiale del 1998 (fu lui a causare l’espulsione di Blanc in semifinale). Ha giocato in Premier League e in Germania ma il suo vero amore è stato l’Hajduk Spalato, club della sua città, con il quale ha vinto lo storico primo titolo della Croazia indipendente. Secondo marcatore DARIO ŠIMIĆ, soldatino sempre attento e affidabile, capace di giocare anche come laterale destro. Ottima velocità di base, buona tecnica, bravo anche in proiezione offensiva. Nonostante la frequente propensione all’infortunio in Nazionale ha collezionato ben 100 presenze, giocando tre Europei e tre Mondiali (ottime le sue prestazioni in quello del ’96). In Italia, con le maglie di Inter e Milan, ha sempre vissuto all’ombra
Le stelle della Croazia in figurina
56 calcio2000 set 2013
di altri campioni, ma quand’era chiamato in causa si faceva trovare sempre pronto. Tra i tanti trofei conquistati la Supercoppa Uefa del 2003 lo ha visto protagonista in campo. Chiude il trio IGOR ŠTIMAC, ennesimo prodotto del vivaio dell’Hajduk Spalato. Un vero e proprio duro, marcatore spietato, forte fisicamente ruvido sull’uomo. Intelligente, non un fulmine di guerra ma bravissimo nel comandare la linea difensiva e attento nel posizionarsi nella zona. Protagonista del Mondiale under 20 vinto nel 1987 con la maglia della Jugoslavia è stato poi un pilastro della rappresentativa croata prima agli Europei del ’96 e poi ai Mondiali del ’98. In riserva ROBERT KOVAČ centrale difensivo forte fisicamente. Fa del
i brasiliani dei balcani
temperamento gagliardo e combattivo la sua arma in più. Ha speso gli anni migliori della sua carriera in Germania vestendo col fratello Nico la maglia del Bayern Monaco dove ha vinto due Campionati e la Coppa Intercontinentale del 2001. Con la Nazionale ha giocato due Mondiali e due Europei racimolando 84 presenze. Altro difensore meritevole di una citazione è il lungagnone IGOR TUDOR centrale con velleità da centrocampista interdittivo. Imbattibile di testa per nove anni ha calcato i campi di calcio della serie A. Con la Juve è stato protagonista nei due Scudetti del 2002 e del 2003 segnando reti decisive. Stilisticamente non certo il massimo ma dall’alto del suo metro e novanta ha fatto paura a diversi avversari. Infine JOSIP ŠIMUNIĆ, difensore dall’imponente stazza fisica. Si è imposto in Germania acquisendo anno dopo anno completezza tecnica e cattiveria agonistica. Colonna, per nove stagio-
ni, dell’Herta Berlino dove ha collezionato tra Coppa e Campionato ben 230 presenze venendo eletto miglior difensore della Bundesliga nel 2009. In Nazionale ha giocato tre Europei e due Mondiali. NEL SEGNO DI ZORRO Il centrocampo croato è un concentrato di deliziosa tecnica. Mezzo destro ROBERT PROSINEČKI l’ultima grande speranza del calcio jugoslavo prima che la storia lo travolgesse. Centrocampista tecnicamente indiscutibile, delizioso nelle giocate, si mise in mostra al Mondiale under 20 del 1987 segnando all’89° il gol decisivo contro il Brasile ai quarti di finale. A 21 anni era già al Mondiale italiano realizzando pure un gol (due invece quelli segnati nel ’98). L’anno dopo vinse da protagonista la storica Coppa dei Campioni con la Stella Rossa nel 1991. Talento da vendere non poteva non accasarsi al Real Ma-
drid dove però iniziò ad avere una serie infinita di guai fisici. Ha vestito anche la maglia del Barça. Il dinamismo non è mai stato il suo forte ma la tecnica era davvero di un’altra categoria. In cabina di regia ZVONIMIR BOBAN, leader e simbolo del calcio croato post indipendenza. Giocatore di una eleganza straordinaria, tecnica preziosa, visione di gioco incantevole, un vero e proprio fuoriclasse. Troppo spesso tormentato dal mal di schiena e da una svogliatezza che ne ha condizionato la carriera, la quale, per quanto brillantissima, sembra essere incompiuta per una buona parte. Giocatore “intellettuale”, eroe popolare da quando difese l’onore dei croati nel derby tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa. Leader della Croazia ai Mondiali del 1998 trascinata allo storico terzo posto. Capace di giocare da registra, mezzala, trequartista, seconda punta. Legatissimo al Milan dove ha giocato per nove stagioni vincendo
In pochi hanno espresso sul campo tutto il talento che ha offerto Boban
calcio2000 57 set 2013
top 11 - croazia
quattro Campionati (decisivo in quello del ’99) e la Champions League del ’94. Mezzo sinistro LUKA MODRIĆ l’ultimo grande talento del calcio croato dopo la “Generazione d’Oro” degli anni ’90. Centrocampista brevilineo, dal piede raffinato sempre pronto allo giocata geniale e risolutiva. Mezzala col pallino della costruzione del gioco, ha l’assist sempre in canna senza precludersi però la possibilità di concludere egli stesso l’azione di gioco. In Croazia ha vinto tutto quello che c’era da vincere, passando poi al Tottenham e successivamente al Real Madrid sempre per cifre astronomiche. Ha fatto tutta la trafila delle rappresentative giovanili croate e oggi è il leader indiscusso della nuova Croazia. Ha giocato due Europei (nel 2008 fu incluso nella formazione ideale della manifestazione) e un Mondiale, è stato votato tre volte calciatore croato dell’anno. Tra le riserve MARIO STANIĆ, altro eroe del Mondiale francese del ’96 giocato nell’inedito ruolo di laterale destro, e dire che in Belgio con il Club Brugge giocando da centravanti aveva vinto la classifica cannonieri. Centrocampista che sapeva unire forza fisica e tecnica. Difficile da fermare se lanciato in velocità. Devastanti le sue incursioni sulla fascia e i suoi tagli in area di rigore. Dopo le buone stagioni al Parma ha chiuso la sua carriera nel Chelsea. In mezzo la solidità di NIKO KOVAČ, fratello maggiore di Robert con il quale ha condiviso le stagioni e i trionfi col Bayern Monaco. Mediano di ottime doti fisiche e naturale capacità d’inserimento. Riusciva a coniugare quantità e qualità giostrando in mediana con insospettabile efficacia e piglio da leader. Ha vestito la casacca croata in due Mondiali e due Europei. Centrocampista difensivo ZVONIMIR SOLDO è il classico e imprescindibile lavoratore oscuro, giocatore tutta sostanza senza alcuna velleità di forma. Prestante fisicamente, forte sui palloni alti, sicuro e deciso nell’anticipo. Grazie alle sue qualità ha vestito la maglia dello Stoccarda per dieci stagioni, diventando un
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vero e proprio esempio di professionalità. Tra le icone del calcio croato c’è pure ALJOŠA ASANOVIĆ centrocampista giramondo che nonostante un passo cadenzato ebbe il suo momento di massima forma proprio durante i Mondiali del ’98. Fisico prestante, tecnicamente indiscutibile, mancino di piede, bravo nel saper leggere il gioco, fu l’autore del primissimo gol della neonata rappresentativa croata, nell’amichevole non ufficiale con gli Stati Uniti nel 1990. In Italia transitò nella disgra-
ziata stagione del Napoli nel 1997-98 culminata con la retrocessione. ATTACCO ALIENO La migliore coppia d’attaccanti che la Croazia può schierare è un duo di tutto rispetto. Innanzitutto ALEN BOKŠIĆ, centravanti dalle qualità tecniche di prim’ordine. Non un cannoniere ma senza dubbio un attaccante prezioso per la sua intelligenza tattica. Amava partire da lontano in devastanti accelerazioni nel cuore delle difese avver-
Suker si è distinto soprattutto a Francia 1998 dove ha segnato ben sei gol
i brasiliani dei balcani
MultiCroati
di Antonio Vespasiano
Partiamo da quella che era una volta la Jugoslavia. Ebbene, diversi sono stati i calciatori croati che hanno giocato tra le fila della rappresentativa jugoslava prima che la Croazia proclamasse l’indipendenza e si costituisse come autonoma federazione calcistica, giocando così di fatto per due nazionali (su tutti Prosinečki, nato per giunta in Germania da padre croato e mamma serba, che ha giocato 15 incontri con la Jugoslavia prima di giocarne 49 con la Croazia). Detto questo numerosa è la colonia di calciatori provenienti dalla folta comunità croata in Australia. Nati e cresciuti nella terra dei canguri, alcuni hanno optato per la nazionale australiana. Tra quelli che, invece, si sono resi disponibili a vestire la maglia della Croazia ci sono Anthony Šerić, laterale sinistro dal passato italiano incluso nella rosa dei Mondiali del ’98, il portiere Joey Didulica, che ha giocato nelle giovanili australiane salvo poi vestire quattro volte la maglia croata. Il più “famoso” di tutti, però, è il centrale difensivo Josip Šimunić, protagonista suo malgrado di un curioso siparietto al Mondiale del 2006 quando nella sfida con la “sua” Australia fu ammonito tre volte prima di essere espulso. L’arbitro Graham Poll riconobbe successivamente l’errore, chiarendo che era stato tratto in inganno dal suo accento australiano! I fratelli Robert e Niko Kovač sono nati in Germania, così come Ivan Klasnić. Il talentuoso Ivan Rakitić è nato e cresciuto in Svizzera. L’interista Kovačić è nato a Linz in Austria. Gordon Schildenfeld ha origini sloveno-austriache, mentre Djovani o Giovanni Rosso è di chiare origini italiane. Impossibile poi provare a far luce sull’intricato puzzle delle origini di molti dei giocatori che hanno vestito la maglia della Croazia. Diverse etnie infatti si sono mescolate nel corso degli anni, del resto era quello uno degli obiettivi del maresciallo Tito (tanti, ad esempio, i croati di Bosnia). I due croati naturalizzati veri e propri sono i brasiliani Eduardo da Silva, attaccante dello Shakhtar Donetsk, il quale però è letteralmente cresciuto calcisticamente in Croazia, giocando anche per l’Under 21 e, ultimo in ordine di tempo il centrocampista della Dinamo Zagabria Sammir.
sarie. Quando in giornata non c’era marcatore che poteva contenerlo visto che alla tecnica univa un notevole stazza fisica. Carattere difficile a volte svogliato ma stoffa da vero campione. Esplode nell’Olympique Marsiglia segnando 23 gol in 37 partite, laureandosi capocannoniere del Campionato e campione di Francia (titolo poi revocato) nonché Campione d’Europa ai danni del Milan. In Italia “Alien” diventa un fuoriclasse assoluto con la maglia della Lazio e nella stagione ’96’97 con quella bianconera. Vince due Campionati, due Coppe Italia, due Supercoppe italiane, una Coppa Intercontinentale, due Supercoppe Uefa, una Coppa delle Coppe. Unica nota dolente, oltre ai troppi infortuni, è il non aver mai saputo concretizzare tutte o quanto meno buona parte delle occasioni che riusciva a crearsi. Con la maglia della Croazia ha giocato gli Europei del ’96 e i Mondiali del 2002 saltando però per infortunio la kermesse francese del 1998 dove avrebbe potuto fare la differenza. Braccio armato della formazione croata è DAVOR ŠUKER autentica macchina da gol, centravanti mortifero in aria di rigore, bravo palla al piede
è stato l’uomo in più della Croazia al Mondiale francese del ’98 dove ha vinto la classifica marcatori con sei gol. Del resto non poteva essere altrimenti, in Spagna ha dimostrato di essere un bomber implacabile con le maglie del Siviglia e del Real Madrid, club con il quale vinse un Campionato, una Champions League e una Coppa Intercontinentale. Miglior marcatore nella storia della Croazia con 45 gol, sei volte calciatore croato dell’anno (un record), secondo nella graduatoria del Pallone d’Oro del 1998. Un autentico campione. Tre le riserve in attacco: GORAN VLAOVIĆ contropiedista rapidissimo dal notevole bagaglio tecnico. Lesto nel puntare e saltare l’avversario così come nel tirare in porta da ogni posizione. Compagno d’attacco di Šuker ai mondiali francesi del ’98. Merita una menzione anche IVICA OLIĆ, centravanti dall’instancabile dinamicità. Giustiziere, insieme a Rapaić, dell’Italia ai Mondiali del 2002. Ha vinto la Coppa Uefa col CSKA Mosca salvo poi trasferirsi al Bayern Monaco dove ha continuato a mietere successi. Con la Croazia ha messo a segno 16 gol in 85 presenze. Chiude il reparto il brasiliano
I brasiliani dei Balcani, questo il soprannome della nazionale croata che negli anni ‘90 incantò l’Europa
naturalizzato EDUARDO DA SILVA talentuosissimo attaccante dal dribbling mortifero, capace con le sue giocate e la sua tecnica di dare imprevedibilità al reparto. 27 gol in 55 presenza con la maglia della Croazia. A causa di un terribile scontro con Martin Taylor si fratturò tibia e perone, le immagini fecero il giro del mondo.
calcio2000 59 set 2013
liga spagna
Los Mejores Dopo la conquista dell’Europeo U21, facciamo una panoramica sul meglio che ha da offrire il movimento spagnolo a livello giovanile.
60 calcio2000 set 2013
I
n attesa che inizi la decisiva stagione che precede i mondiali in Brasile abbiamo deciso di concederci un excursus tra i migliori calciatori della Liga spagnola, analizzando il panorama dei talenti ruolo per ruolo. Lo “Zamora” inatteso Conviene iniziare celebrando il portiere meno battuto della Liga, un titolo prestigioso che deriva da Ricardo Zamora Martínez, leggendario portiere degli anni ’20 e ’30. Il 21enne belga Thibaut Courtois, “zamora” dal rendimento a tratti strepitoso, è un gigante di 199 cm che ha stregato i tifosi “colchoneros” con due stagioni sensazionali, meritando il rinnovo del prestito all’Atlético da parte
del Chelsea. Con l’arrivo di Mourinho, che ha subito chiesto il ritorno alla casa madre di Courtois, anche un fenomeno come Cech rischia il posto da titolare, anche se il “guardameta” belga ha fatto capire che ormai a Madrid è di casa. D’altronde proprio con la complicità dello “Special One” l’affidabile Diego López aveva soffiato il posto al “Santo”, Iker Casillas, con l’inaspettato e imbarazzante dualismo tra un buon portiere e un’istituzione; ci ha pensato Vicente Del Bosque a ristabilire le gerarchie, convocando Casillas e schierandolo subito titolare in Confederations Cup. Victor Valdés, un altro mostro sacro, non ha rinnovato il contratto in scadenza nel 2014, e l’attenzione di un vecchio cam-
di Daniele Chiti
pione come il ds Andoni Zubizarreta si è concentrato subito sulle possibili alternative, in particolare su Marc-André ter Stegen: ventunenne portiere del Borussia Mönchengladbach, è diventato celebre nottetempo per una topica colossale in un’amichevole contro gli Stati Uniti. Merita molta attenzione per la reattività e le poche reti incassate il portiere dell’Osasuna, Andrés Fernández, protagonista di una stagione decisamente sopra la media. Valutazione importante anche per Diego Alves, il giovane estremo carioca del Valencia, messo in competizione con il promettente “guardameta” argentino Vicente Guaita in modo non troppo proficuo dal tecnico Valverde, subentrato in corso d’opera e subito scalzato dal giovane Djukic. Poco amato dai tifosi “donostiarra” il cileno Claudio Bravo della Real Sociedad, relativamente poco battuto, mentre
a Siviglia c’è stato l’ennesimo acuto della carriera di Andrés Palop, splendido portiere che a ottobre compirà 40 anni e che andrà a chiudere la carriera nel Bayer Leverkusen. Al Celta Vigo uno come Javi Varas, giovane di talento invecchiato all’ombra di Palop, ha avuto modo di dimostrare di essere ancora un buon portiere, determinante per la conquista di una storica salvezza. Apprezzato in Italia anche Roberto Jiménez, un portiere reattivo messosi in luce suo malgrado per le tante parate nell’“annus horribilis” del Saragozza. Tra le squadre interessate la Fiorentina, che ha già preso dal Levante lo svincolato Gustavo Munua, esperto estremo difensore uruguagio rinomato per l’abilità con i piedi. Se la prima regola è non prenderne La Spagna non è certo la patria dei gran-
di difensori, e tralasciando i soliti noti a mettersi in mostra nelle patrie difese sono stati in pochi. Un pugno di giovani virgulti, tra cui spetta un posto di diritto per i campioncini della “cantera balugrana”: su tutti l’esterno basso Montoya (a segno con un tiro formidabile nell’ultima gara di campionato) e il centrale Bartra, che costituiscono il ricambio naturale di Dani Alves e Puyol e hanno impressionato anche nell’under-21. Rude e roccioso ma dal buon rendimento il centrale dell’Osasuna, Alejandro Arribas Garrido, che ha destato interesse anche presso i grandi club. Tra gli esterni di sinistra ha completato la sua definitiva maturazione il brasiliano Guilherme Siqueira, leader indiscusso del Granada, mentre l’esterno basso Nyom è un altro difensore dal fisico possente che costituisce un fiore all’occhiello della scuderia della famiglia Pozzo. Ma è il sorprencalcio2000 61 set 2013
liga spagna dente quarto posto della Real Sociedad (il tecnico Philippe Montanier ha chiuso in bellezza la sua avventura spagnola e si è trasferito al Rennes, sostituito sulla panchina dei biancazzurri dal suo vice Arrasate), che ha portato alla ribalta le prestazioni di alcuni dei più talentuosi difensori della Liga: la coppia centrale formata da Iñigo Martínez e Mikel González ha fatto la differenza, con un rendimento costante a protezione del portiere Claudio Bravo. Il ventitreenne Iñigo Martínez ha convinto tutti con una stagione da leader, facendosi apprezzare non solo per la maturità tattica e il gioco aereo, ma anche per l’impostazione del gioco e la vena realizzativa. Sulla fascia destra Carlos Martínez Díez si è confermato uno stantuffo inesauribile: con la migliore stagione della carriera si è imposto all’attenzione degli addetti ai lavori, conquistando addirittura un posto nell’undici ideale della Liga spagnola secondo il giudizio della UEFA. Sulla fascia sinistra Alberto De la Bella si è affermato come uno dei migliori esterni del campionato per continuità di rendimento, costituendo con Gonzalo
Castro una catena efficace e tutta mancina. Con la consacrazione di Raphaël Varane, Pepe ha trovato meno spazio; sulla corsia di sinistra Marcelo è rientrato dopo alcuni mesi di stop, ritrovandosi chiuso da Fabio Coentrão. Ottima stagione anche per i due brasiliani pi-
De la Bella ha stupito tutti per qualità e continuità di rendimento con la casacca della Real Sociedad
Barça in barca Lionel Messi non è stato altrettanto bravo a dribblare il fisco spagnolo: la notizia della cifra evasa tramite ingenti trasferimenti di denaro in paradisi fiscali dal 2007 al 2009 lo porterà a doversi difendere in tribunale assieme al padre Jorge Horacio, considerato dagli inquirenti la mente dietro la maxi evasione sui diritti di immagine e le sponsorizzazioni del figlio denunciata dall’agenzia delle entrate spagnola. L’imputazione è grave, come denotano le pene previste (fino a 5 anni di reclusione, massima sanzione amministrativa di 24 milioni), ma è ancor più grave il fatto di avere rovinato l’immagine positiva formata agli occhi dell’opinione pubblica con le sue memorabili imprese sportive. Per evitare ulteriori indagini della Finanza dagli esiti potenzialmente molto compromettenti ha spontaneamente ritoccato la dichiarazione dei redditi del 2010 e del 2011 di una decina di milioni, con un tardivo ma provvidenziale ravvedimento che dovrebbe ammorbidire la posizione del fisco nei suoi confronti. Come se non bastassero i problemi fiscali di Messi, al Barça si è respirata aria pesante tra l’ex Guardiola e il presidente Rosell: il tecnico lo ha accusato di aver usato la malattia di Vilanova per screditarlo. A rispondergli, proprio Vilanova: “Pep non mi è stato vicino quando avevo bisogno di lui”. Infine, il colpo di scena: Vilanova costretto a lasciare per i suoi problemi di salute (tumore alla ghiandola parotide). Diciamo che la nuova stagione per il Barcellona non è proprio nata sotto i migliori auspici. Alla fine toccherà a Tata Martino, vincitore del Final del 2013 in Argentina coi Newell’s Old Boys, sistemare le cose e restituire al calcio il Barcellona dei Miracoli. Garantisce Messi, dicono…
62 calcio2000 set 2013
lastri della difesa dell’Atlético Madrid: Filipe Luís, esterno sinistro, e l’esperto centrale João Miranda, il match-winner della finale di Coppa col Real Madrid. Spetta agli uomini del “Cholo” Simeone fregiarsi di avere la miglior difesa della Liga spagnola. Ricambio generazionale L’Under-21 di Julen Lopetegui ha vinto a mani basse l’europeo di categoria disputatosi in Israele, abusando di un conclamato strapotere sul piano dell’esperienza, della tecnica individuale e dell’affiatamento per bissare il successo del 2011 in Danimarca. Allora la vittima sacrificale in finale fu la Svizzera; stavolta è toccato agli Azzurrini di Devis Mangia, protagonisti di un grande europeo e determinati a dare battaglia fino alla fine. Troppo forte l’organico della “Rojita”, con Thiago Alcántara, il talentuoso figlio di Mazinho, che ha ripetuto e migliorato l’exploit dell’ultima finale, in cui aveva segnato un gol, mettendo a segno una tripletta da campione consumato. Il tocco di palla del brasiliano naturalizzato spagnolo è uno spettacolo a vedersi: detta i tempi della manovra con straordinaria sapienza tattica, confermandosi un regista già maturo, come sa benissimo Guardiola che l’ha fortissimamente voluto al Bayern. Tra i giovani di grande prospettiva abbiamo potuto ammirare il dinamismo e l’estro di Jorge Resurreción Merodio, in arte “Koke”, che in questa stagione si è confermato elemento cardine della mediana dell’Atlético Madrid del presente e del futuro. È esploso quest’anno anche Asier Illarramendi, mediano di spinta tutto mancino, rivelatosi tra i punti di forza della Real Sociedad e finito al Real, che ha pagato l’intera clausola di rescissione di 33milioni pur di accaparrarselo. Guardando la formazione non si trovano punti deboli: David De Gea è l’erede predestinato per il dopo Casillas; Joel Robles Vázquez, portiere dell’Atletico Madrid in prestito al Wigan, ha giocato da titolare, temperando la delusione della retrocessione con l’euforia per la conquista dell’FA Cup contro il Manchester City; potremo apprezzare anche le parate di Diego Mariño nel neopro-
Aggiungi un posto a tavola: è tornato l’Almería L’Andalusia acquista un’altra squadra in Primera División: alla fine ce l’ha fatta anche l’Almería, ritornato nella massima serie dopo due anni di purgatorio. Alla poca ombra dell’Alcazaba, nella cittadina andalusa famosa per il mare e il deserto dove un tempo venivano ambientati gli spaghetti western, il 22 giugno si è festeggiato fino a tarda notte una promozione sofferta perché arrivata solo dopo lo snervante e pleonastico epilogo dei playoff. Il terzo posto guadagnato sul campo non era bugiardo: la squadra di Javi Gracia ha dimostrato di essere di tutt’altro spessore rispetto a Las Palmas e Girona, letteralmente spazzate via grazie alle reti del grande eroe della stagione dell’“Unión”: il 29enne centravanti brasiliano Charles Dias. Con un nome importante, che rievoca quello del compare gallese del minuto Sivori, protagonista con la maglia della Vecchia Signora più di cinquant’anni fa, il generoso Charles ha trascinato i biancorossi a suon di gol, serviti ad espugnare Girona nella finale di andata e a colorare la festa per la promozione allo Stadio dei Giochi Mediterranei nel rotondo 3-0 della gara di ritorno. L’Almería fa ritorno in Primera assieme ad Elche e Villarreal. Gli elementi di esperienza della rosa hanno contribuito moltissimo alla promozione, dal portiere Esteban Suárez, al veterano della difesa, l’ex merengue Álvaro Mejía, ai decani del centrocampo, Rubén Suárez (reduce da un’esperienza in Cina), Fernando Soriano e Miguel Ángel Corona. Tra i giovani si sono messi in mostra anche i centrocampisti Aleix Vidal, Iago Falqué e Carlos Calvo (di proprietà dell’Udinese). Marcelo Silva e Pellerano hanno contribuito alla solidità del pacchetto difensivo e il calore e l’entusiasmo di tutto l’ambiente hanno fatto il resto. È una nuova occasione anche per l’ambizioso imprenditore Alfonso García Gabarrón, padre padrone del club dal 2003, implicato in un’inchiesta per abusi edilizi e pronto a rituffarsi nella mischia del calcio che conta.
mosso Villarreal. Di Montoya, Bartra e Iñigo Martínez si è già detto ma dietro di loro spingono talenti puri come il centrale 23enne della cantera merengue, José Ignacio Fernández Iglesias, in arte “Nacho”, uno dei pupilli di Mourinho, che assieme a Varane, Dani Carvajal e al mediano Carlos Henrique “Casemiro” (questi ultimi riscattati rispettivamente per 6.5 e 6 milioni di euro da Bayer Leverkusen e San Paolo) andrà a costituire nel Real uno dei reparti difensivi più forti e completi del panorama internazionale. Tra i difensori dell’under-21 figurano anche Marc Muniesa del Barcellona, il centrale del Saragozza Álvaro González Soberón, il laterale sinistro Alberto Moreno Pérez, cresciuto nelle giovanili del Siviglia e già protagonista di qualche apparizione nella Liga. Una squadra che può concedersi il lusso di tenere in panchina Ignacio “Nacho” Camacho, mediano tuttofare del Málaga, Sergio Canales, il fantasista “enfant prodige” di proprietà del Valencia e Pablo Sarabia García, vivace esterno sinistro del Getafe, ha un potenziale mostruoso anche a metà campo. Giovani punte crescono Restando nel novero degli attaccanti dell’under-21 di Lopetegui hanno cre-
ato sconquassi le scorribande del velocissimo Cristian Tello, consacratosi nella scorsa stagione con 8 reti in maglia blaugrana; Álvaro Morata si è confermato un centravanti moderno e implacabile, oltre che un vero uomo squadra già pronto per il calcio di vertice; Álvaro Vázquez García e Iker Muniain sono esplosi giovanissimi, e continuano la loro evoluzione stagione dopo stagione confermandosi ottimi attaccanti di movimento, in forze a Getafe e Athletic di Bilbao rispettivamente. Infine una menzione per il bomber Rodrigo Moreno Machado, cugino di Thiago Alcántara, anch’egli brasiliano naturalizzato spagnolo, che sembra già maturo per raccogliere l’eredità di Óscar Cardozo al centro dell’attacco del Benfica. Un capitolo a parte lo meriterebbe Francisco Román Alarcón Suárez di Benalmádena, in arte Isco, che dopo due stagioni di evoluzione vertiginosa al Málaga, ha raggiunto l’accordo economico per il trasferimento al Real Madrid alla cifra record di 30 milioni di euro: tra i centrocampisti solo Xabi Alonso era costato tanto nel recente passato. Il piccoletto col numero dieci che aveva tanto impressionato per rapidità di esecuzione e caparbietà nel dribbling è diventato un giovane leader e un trequartista completo, ostentando
una crescita impressionante in tutti gli aspetti del gioco. Protagonista delle due migliori stagioni della storia del Málaga, l’andaluso è entusiasta di approdare al Real Madrid con un contratto quinquennale. Assomiglia molto per il modo di giocare e la personalità a Cesc Fábregas e promette di diventare un elemento inamovibile della nuova squadra di Carlo Ancelotti. Acquisto fortemente caldeggiato da Zidane e finalmente concluso dopo l’accordo raggiunto tra il dg del Málaga Vicente Casado e il direttore del Real Madrid José Ángel Sánchez.
Tito Vilanova rinuncia alla panchina del Barça, quest’anno un’altra sfida ben più importante lo attende
calcio2000 63 set 2013
premier league inghilterra
nuovo sir
cercasi Una nuova Premier sta per partire, con tanti volti più o meno nuovi…
64 calcio2000 set 2013
è
la stagione del post-Ferguson, nonché quella del ritorno di Josè Mourinho. Della prima volta di due squadre gallesi, ma anche dell’auspicato pronto riscatto in Champions League. La Premier 2013-14 parte all’insegna di un po’ di novità, sebbene il prossimo maggio sarà improbabile non ritrovare i soliti noti in vetta alla classifica. Il copione della lotta per il titolo appare infatti pressoché immutato. Manchester City
e Chelsea braccheranno i campioni del Manchester United, con l’Arsenal e il Tottenham che più che puntare al primo posto si giocheranno l’ultimo utile per la qualificazione in Champions League. Nuove panchine Le prime classificate del campionato 2012-13 hanno tutte cambiato allenatore, ma tra i tre tecnici quello più sotto pressione sarà senza dubbio David Moyes, vista la pesantissima eredità lascia-
di Luca Manes
tagli da Alex Ferguson. L’ex manager dell’Everton potrà contare sui servizi del giovane più promettente dell’intero panorama calcistico inglese, quel Winfrid Zaha strappato già a gennaio al Crystal Palace e che non sarà dato in prestito come si era ipotizzato in un primo momento. Ma il mercato dello United ruota soprattutto sull’acquisto del playmaker a centrocampo – sfumato Thiago Alcantara, l’oggetto del desiderio è Cesc Fabregas – e sulla conferma o meno di Wayne Rooney. Salvo clamorose sorprese sul fronte Gareth Bale. Non è detto che prima di fine agosto il Tottenham ci ripensi e accetti la favolosa offerta dei Red Devils (70 milioni di euro) per il gallese, a cui però ha proposto un contratto di circa nove milioni l’anno. Ad oggi non c’è ancora nulla di definito, ma l’impressione è che soprattutto per lo scontentissimo
Rooney – che Moyes non ritiene più un giocatore fondamentale – la “saga” possa andare avanti a lungo, sulla falsariga di quanto accaduto l’anno scorso per il trasferimento proprio in maglia United di Robin Van Persie. Wazza, non è un segreto, è concupito dal Chelsea. Mourinho lo considera l’attaccante che può regalare il salto di qualità al team dello Stamford Bridge e, dopo le schermaglie iniziali, non è da escludere che possa essere accontentato. La pratica attaccanti è stata invece subito evasa dal Manchester City, che a Edin Dzeko e Sergio Aguero ha aggiunto per una sessantina di milioni di euro Alvaro Negredo e Stevan Jovetic. Ora rimane da vedere quanto Manuel Pellegrini saprà plasmare una rosa – ulteriormente rinforzata dagli arrivi di Jesus Navas e Fernandinho – a sua immagine e somiglianza, mostrando sia
in Premier che in Champions League il bel gioco che era la cifra distintiva del Malaga. Nuovi squadroni Con l’incognita Bale a turbare i sogni di André Villas Boas, gli Spurs hanno più che puntellato il centrocampo con l’acquisto del nazionale brasiliano Paulinho, mentre scandagliano il mercato nella speranza di portare al White Hart Lane un attaccante di qualità. Stesso obiettivo di Arsene Wenger, sulle tracce di Gonzalo Higuain e Luis Suarez. Uno dei due si materializzerà – e forse l’avrà già fatto quando leggerete questo articolo – ma non è detto che possa bastare per catapultare i Gunners al vertice della Premier. Il Liverpool si è ormai rassegnato a perdere il turbolento uruguayano, che non vuole assolutamente rinunciare alla calcio2000 65 set 2013
premier lEAgue inghilterra
vecchie under In attesa che la nazionale maggiore stacchi il pass per il mondiale brasiliano – al momento la qualificazione non è per niente scontata – quest’estate le selezioni giovanili inglesi hanno rimediato schiaffi a destra e a manca. Agli europei under 21 in Israele sono arrivate tre sconfitte in altrettante partite, ai mondiali under 20 il team inglese non è riuscito nemmeno a raggiungere gli ottavi di finale. Un chiaro segnale di difficoltà di un movimento “condizionato” dallo strapotere della Premier League, con tante squadre che puntano pochissimo sui vivai e preferiscono invece fare incetta di giocatori stranieri. Da più parti si alzano accorate grida di allarme e il primo a essere chiamato a invertire questa tendenza negativa è il nuovo presidente della Football Association, Greg Dyke. L’ex grande capo della BBC, entrato ufficialmente in carica a metà luglio, ha già fatto sapere che proverà a innovare in maniera profonda il sistema. Oltre ad aver bisogno di intese proficue con la Premier League, la FA sotto la guida di Dyke dovrà investire un bel gruzzolo di quattrini nei settori giovanili, per cui il nuovo contratto dal valore di circa 250 milioni di euro siglato con la BBC e la British Telecom per la cessione dei diritti della Coppa d’Inghilterra dal 2014-15 al 2017-18 potrà tornare molto utile. Per il momento però i tradizionalisti si dovranno mettere l’animo in pace, il fischio d’inizio della finalissima di Wembley sarà ancora alle 17.15 e non più alle 15, com’era stato per decenni.
vetrina europea e non ha nascosto le sue intenzioni di abbandonare l’Anfield Road. I Reds, che nel 2013-14 vedranno in televisione non solo la Champions League, ma anche l’Europa League, puntano a guadagnare quanti più quattrini possibili dalla sua cessione. Poi per risalire la china si affideranno ai giovani quali Sturridge, Borini, Coutinho e Sterling e all’esperienza di Steven Gerrard (cui è stato rinnovato il contratto per due anni), nonché ai nuovi Iago Aspas e Luis Alberto, entrambi provenienti dalla Liga. Di certo non basterà per competere per un posto nelle prime quattro, forse servirà almeno per sopravanzare in classifica i cugini dell’Everton, nella stagione passata aggiudicatosi la supremazia cittadina. Al Goodison Park si attende con curiosità di vedere come si comporterà Roberto Martinez. Al Wigan ha fatto miracoli, vincendo la FA Cup – sebbene poi non sia riuscito a evitare la retrocessione in Championship dei Latics. I tifosi dei Toofeemen, però, di recente si sono preoccupati più di contestare il nuovo stemma, ritenuto non consono alla storia e alla tradizione del club. A differenza dei supporter romanisti – le cui rimostranze contro il crest made in Usa non hanno per il momento sortito alcun effetto – quelli dell’Everton hanno portato a casa un risultato di rilievo. Fra un anno si torna all’antico, ha promesso la dirigenza. Il ventilato boicottaggio dei 66 calcio2000 set 2013
Fabregas è l’oggetto del desiderio del Manchester United che punta a dare sostanza al centrocampo
prodotti con la nuova effigie ha contato molto, specialmente per una società che non naviga nell’oro e che non è detto riuscirà a conservare i suoi gioielli – Marouane Fellaini e Leighton Baines in primis. Non ci meraviglieremmo se almeno uno dei due (il centrocampista belga?) continuerà a essere allenato da David Moyes... Nuovi club Novità ancora più sostanziose nel West End londinese, dove a cambiare non è lo stemma ma la proprietà. Il Fulham dell’ex romanista Marten Stekelenburg
è diventato la sesta squadra di Premier (le altre sono Manchester United, Arsenal, Aston Villa, Liverpool e Sunderland) ad avere un azionista di maggioranza statunitense. Dopo 16 anni, in cui ha portato i Cottagers dai bassifondi delle serie minori alla finale di Europa League, Mohamed Al Fayed ha passato la mano al milionario a stelle e strisce di origini pakistane Shahid Khan, già proprietario della franchigia di football americano dei Jacksonville Jaguars. Khan si è definito “custode del club”, un po’ come erano i directors all’epoca in cui televisioni e merchandising non
Giaccherini ha risposto presente alla chiamata di Di Canio al Sunderland
la facevano da padroni. Staremo a vedere se, oltre a mantenere in buona salute finanziaria il Fulham, saprà anche avvicinarlo ai vertici del calcio inglese. All’Aston Villa l’altro americano Randy Lerner per la verità non ha sortito gli effetti sperati. Anzi, i Villans nelle ultime stagioni hanno flirtato pericolosamente con la zona retrocessione. Ora si sono sbarazzati degli stagionati Shay Given e Darren Bent, riuscendo dopo un lungo tira e molla a prolungare il contratto a Christian Benteke (ben 19 goal nel 2012-13) fino al 2017. Basterà per evitare brutte sorprese? Nuovi “mostri” Continuando a parlare delle “altre” ormai perennemente alle spalle delle big, si attendono conferme dal Sunderland targato Paolo Di Canio. Di buon profilo il mercato dei Black Cats: gli italiani Vito Mannone ed Emanuele Giaccherini, il bomber Usa Jozy Altidore e il difensore ex Lazio Mobido Diakitè sono addizioni di qualità. Allo Stadium of Light auspicano un campionato meno travagliato del precedente. Medesimo desiderio serbano i rivali del Newcastle, che però continuano a essere maestri nel crearsi problemi. C’era proprio bisogno
di mettere sotto contratto con la qualifica di director of football Joe Kinnear, che nell’anno della retrocessione (200809) al St James’ Park trascorse alcuni mesi come manager prima di essere costretto a lasciare per problemi di salute, ma fu ricordato solo per le gaffe clamorose e gli sprezzanti attacchi ai calciatori? Questa volta, appena tornato a Newcastle, ha pensato bene di prendersela con i fan. Chissà che penserà di questa mossa così poco ispirata il tecnico Alan Pardew, già scottato da un 2012-13 da incubo. Visto il clima non proprio idilliaco, non è da escludere che prima della fine del mercato qualche pezzo pregiato – da Yohan Cabaye a Hatem Ben Arfa, passando per Demba Cisse, apertamente in rotta con la società – possa migrare altrove. Nuovi derby Tutto da gustare sarà il derby gallese tra Swansea e Cardiff, il primo della storia nella massima divisione del calcio inglese. Per gli Swans sarà durissima ripetere le imprese dell’anno passato, ma almeno dovrebbero poter contare su Michael Laudrup in panchina e Michu sul fronte offensivo. I Bluebirds sono neo-promossi e il pro-
prietario malese Vincent Tan ha passato l’estate più a negoziare la ristrutturazione dei debiti pregressi che a rinforzare la squadra, che però era già abbastanza competitiva. Il Cardiff sembra più attrezzato per sopravvivere alle asperità della Premier rispetto alle altre matricole Hull City (che però in attacco ha messo a segno un buon colpo con il prestito annuale di Danny Graham dal Sunderland) e Crystal Palace. Nella parte bassa della classifica rischiano di ritrovarsi anche Southampton, Norwich e Stoke con le ultime due che, a nostro modesto parere, sono insieme alle Eagles londinesi le indiziate per il capitombolo in Championship. Non prevediamo particolari patemi invece per West Ham United e West Bromwich Albion. I primi sono riusciti a trattenere al Boleyn Ground (al terzultimo anno di servizio prima del trasferimento degli Irons allo Stadio Olimpico) Andy Carroll, i secondi hanno dovuto lasciar partire a malincuore Romelu Lukaku, ora alla corte di Mourinho. Per sostituirlo hanno puntato sull’usato (anche troppo) sicuro: Nicolas Anelka, liberato dalla Juventus, dove non ha lasciato tracce. Dubitiamo molto che il francese possa imprimere un segnale indelebile alla Premier 2013-14.
vecchie trasferte In tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo, la mossa della dirigenza dello Stoke City non può certo passare inosservata. I vertici del club, infatti, hanno deciso di offrire un posto gratuito su pullman pagati dalla società a tutti i tifosi che si recheranno in trasferta. Un bel regalo, che il presidente Peter Coates ha motivato anche con il considerevole aumento di introiti derivanti dal nuovo contratto per la cessione dei diritti tv della Premier (oltre tre miliardi di euro per i prossimi tre anni, +71 per cento rispetto al recente passato). Lo Stoke non è nuovo a iniziative di tutela nei confronti dei suoi calorosissimi supporter. Da quando è salito in Premier, nel 2008, ha congelato il costo dei biglietti per i match casalinghi. Insomma, una realtà in controtendenza rispetto a tante altre più attente ad accumulare profitti che ad ascoltare le istanze dei tifosi. Non è un caso se nelle ultime stagioni le away end degli stadi Premier si sono riempite di meno rispetto alle annate precedenti – clamoroso il caso del boicottaggio dei tifosi del Manchester City all’Emirates, dove erano stati obbligati a pagare circa 70 euro per un tagliando. Le proteste dei tifosi, culminate in una manifestazione davanti alla sede londinese della Premier, sembrano dare qualche frutto, specialmente se l’esempio virtuoso dello Stoke sarà seguito da altre società.
calcio2000 67 set 2013
bundesliga germania
L’eterna sfida Anche l’anno prossimo sarà Borussia Dortmund contro Bayern o, forse, Bayern contro se stesso… 68 calcio2000 set 2013
N
on cambia la musica in Bundesliga. Anche nella stagione 2013-2014, a meno di clamorosi exploit, la lotta per il titolo sarà tra il Bayern Monaco di Pep Guardiola ed il Borussia Dortmund di Jurgen Klopp (primo sorriso giallonero in Supercoppa tedesca). Una sfida infinita con bavaresi e gialloneri protagonisti assoluti del marcato teutonico.
Bayern famelico Partiamo dal Bayern Monaco: dopo aver vinto tutto, Rummenigge ha deciso di regalare all’ex-Barcellona il talentuoso Mario Gotze per la considerevole cifra di 37 milioni di euro e l’altrettanto promettente centrocampista della Spagna Under 21, nonchè pupillo di Pep, Thiago Alcantara, letteralmente scippato al Manchester United per la cifra di 20 milioni di
di Flavio Sirna
euro. Anche con la perdita di Mario Gomez, con destinazione Fiorentina, Guardiola si troverà a disposizione una squadra super con due giovani in più, che non potranno che dare respiro ogni tanto ai vari Schweinsteiger, Robben, Ribery, Muller, che stanno oramai portando avanti la squadra da qualche anno col loro sudore. Di minore cassa di risonanza l’acquisto del promettente difensore classe 1990, proveniente dal Mainz, Jan Kirchoff. Il Borussia insegue Capitolo Dortmund: sarà pure vero che ci sarà un Gotze in meno, sarà pure vero che Lewandowski, al quale è stato letteralmente impedito di andare al Bayern Monaco, non renderà forse come fatto nella scorsa annata,
ma i due acquisti messi a segno dalla dirigenza sono di valore molto superiore rispetto a quello che dice il loro nome e potranno sicuramente aiutare la squadra a contendere il Maisterchale ai campioni del Triplete: Pierre Emerick Aubameyang, colui che presumibilmente dovrà prendere il posto del gigante polacco, è un giocatore in crescita esponenziale che in Ligue 1 con la maglia del Saint-Etienne ha mostrato di avere tutte le carte in regolare per diventare un bomber di fama europea. Per non parlare dell’ex-Shakthar Donetsk Henrikh Mkhitaryan: l’armeno, costato 27 milioni di euro, è il prototipo del giocatore moderno. Per la sua duttilità tattica potrà sicuramente giocare sia come tre quartista che come esterno. Ed ha anche una gran-
de confidenza con il goal. Discutibile invece, soprattutto valutando il suo rendimento con le maglie di Genoa e Milan, l’acquisto in difesa, dal Werder Brema, del difensore greco Sokratis Papastathopoulos; l’ellenico prenderà il posto di Felipe Santana, passato allo Schalke 04. Dietro si affilano gli artigli A proposito di Schalke 04, come si è mossa la squadra arrivata quarta in classifica? Sicuramente ci si sarebbe aspettato di più: oltre al brasiliano in difesa sono arrivati alla corte di Jens Keller, confermato come tecnico, l’attaccante ungherese Adam Szalai (8 milioni di euro il costo dell’operazione), che col Mainz ha dimostrato di poter calcio2000 69 set 2013
bundesliga germania essere un’ottima punta centrale di livello internazionale, e il centrocampista tedesco ex-Colonia, classe 1991, Christian Clemens, capace di poter giocare sia al centro del campo che come esterno (3,5 milioni di euro il costo dell’operazione). In uscita c’è da segnalare l’addio di Jurado, passato allo Spartak Mosca per circa 3 milioni di euro. A meno di altri arrivi prima del gong (c’è da segnalare come operazione minore in prospettiva l’acquisto per quasi 4 milioni di euro dal Bochum del centrocampista classe 1995 Leon Goretzka), con questa rosa non si potrà che sperare in un’ulteriore qualificazione alla prossima Champions League, sempre passando per i preliminari. Un po’ più dispendioso, anche per i maggiori introiti, il calciomercato delle Aspirine del Bayer Leverkusen: perso il gioiello Schurrle, passato alla corte di Josè Mourinho al Chelsea, è stato acquistato per 10 milioni di euro dall’Amburgo l’attaccante sudcoreano Heung-Min Son. Si tratta di un giocatore ricercato da importanti club che permetterà alla società rossonera sia di poterlo trattenere e farne l’erede del non sempre eterno Kiessling. O potrà eventualmente, in caso di necessità, fungere da gioiello da mettere sul mercato per il quale ricavare una considerevole somma. Come suo eventuale sostituto è arrivato dal Fortuna Dusseldorf l’ala destra australiana Robbie Kruse (1,5 milioni di euro il costo dell’operazione). In difesa, dove sono arrivati il maggior numero di giocatori, il primo rinforzo ha parlato italiano: per circa 4 milioni di euro è arrivato dall’Inter Giulio Donati, che ha stregato la dirigenza tedesca durante l’ultima edizione dell’Europeo Under 21 giocato con la maglia della nazionale azzurra guidata da Devis Mangia. Sempre dietro, per dare un tocco di esperienza in più, sono arrivati dal Siviglia il centrale 1980 Emir Spahic ed il terzino ex-Besiktas Roberto Hilbert. Tutto da scoprire il classe 1995 ex-Paok Salonicco Konstantinos Stafylidis. In porta, al posto di Adler, passato a parametro zero all’Amburgo, è arrivato lo stagionato ma ancora affidabile Andres Palop dal Siviglia. 70 calcio2000 set 2013
Konstantin Rausch andrà a rinforzare la difeda dello Stoccarda
Ex big alla riscossa Hanno cercato invece di muoversi in maniera più oculata ed intelligente, per cercare di migliorare la scorsa deludente stagione finita al di sotto delle aspettative, lo Stoccarda, il Wolfsburg ed il Werder Brema. I biancorossi di Labbadia hanno deciso di cambiare volto al loro reparto d’attacco cedendo il giapponese Okazaki al Mainz e acquistando dall’Hannover il marocchino naturalizzato norvegese Abdellaoue, che andrà a formare un terzetto di tutto rispetto con Ibisevic e Harnik. Rinforzata anche la difesa con l’arrivo, a parametro zero dall’Hannover, dello stantuffo di sinistra (classe 1990) Konstantin Rausch. Ed il reparto di mezzo, dove suscita molta curiosità cosa riuscirà a fare Marco Rojas, centrocampista di destra dalla doppia nazionalità (neozelandese e cilena), che ha lasciato il Melbourne per provare un’esperienza in Europa. Come sempre consistente numericamente il calciomercato del Wolfsburg,
riuscito nell’intento di trattenere il brasiliano Diego, che avrebbe voluto tornare in Spagna con la maglia dell’Atletico Madrid. Ceduti il ceco Pilar al Friburgo ed il giovane Sebastian Polter al Mainz (entrambi attaccanti), sono arrivati in tanti, soprattutto a centrocampo: l’acquisto di maggior grido è sicuramente stato l’ex-Friburgo Daniel Caligiuri, per il quale è stata sborsata la cifra di 3 milioni di euro. Dello stesso reparto farà parte l’ala della Costa d’Avorio, classe 1991, Ibrahim Sissoko. Capitolo difesa ed attacco: volti nuovi sono il centrale Marco Russ (che potrà fare da chioccia al classe 1992 Bjarne Thoelke, promosso in prima squadra), il terzino destro Patrick Ochs e il portiere classe 1987 Max Grun. Si spera potranno diventare nuovi Mandzukic o nuovi Dzeko l’ex-Francoforte Rasmus Jonsson, svedese, e Stefan Kutschke, arrivato dal Lipsia a parametro zero. I tifosi dei ‘Verdi’ sperano non tanto di ripetere i fasti dell’era Magath, quando arrivò quello scudetto ina-
spettato, ma perlomeno che il nuovo allenatore Dieter Hecking possa fare bene così come ha fatto in precedenza sulle panchine di Norimberga ed Hannover, che è riuscito a far stabilizzare nella parte medio-alta della classifica di Bundesliga. Nuovo allenatore per cercare di dimenticare un comunque glorioso, anche se a tratti, passato, al Werder Brema. Dopo 15 anni di scettro Thomas Schaaf ha detto addio alla squadra anseatica per lasciare il posto a Robin Dutt. Che di sicuro, sino a questo momento, non potrà dirsi certo soddisfatto del calciomercato posto in essere dal direttore sportivo Klaus Allofs. L’unico acquisto di un certo spessore è stato, per la cifra di 3 milioni di euro, quello del centrocampista classe 1984 ex-Friburgo Cedric Makiadi; in difesa è arrivato l’italiano ex-Inter Luca Caldirola, in avanti è tornato dallo Zwolle Denni Avdic ed è stato riscattato dal Bayern Monaco il tedesco Nils Petersen. Si tratta di elementi che sicuramente non potranno consentire di lottare per le zone che contano della classifica, nemmeno per l’Europa League. Le nuove leve A proposito di Europa League c’è da parlare del Friburgo, la squadra di Streich piazzatasi al quinto posto in classifica nella scorsa stagione. Ci sono state alcune importanti cessioni (Makiadi, Caligiuri, Rosenthal all’Eintracht Francoforte, il bomber Mike Hanke al Borussia Monchengladbach), che sicuramente influiranno sul rendimento della squadra, sia interno che europeo. I nuovi arrivi sono il centrocampista svizzero Gelson Fernandes dallo Sporting Lisbona (che in campo prenderà il posto di Makiadi), l’altro mediano classe 1992 Felix Klaus, il ceco Pilar dal Wolfsburg e l’attaccante macedone (classe 1991) Admir Mehmedi. In cerca di riscatto anche l’Amburgo: sino a questo momento però non c’è stato un mercato all’altezza della situazione: è anzi arriva la cessione del
promettente Heung-Min Son. È tornato il centrocampista Robert Tesche, si spera molto nel trequartista turco di 19 anni Hakan Calhanoglu ed è arrivato a parametro zero dal Bayer Leverkusen il portiere Renè Adler. In prestito dall’Arsenal è stato preso il difensore svizzero Johan Djorou. Concludono la carrellata Eintracht Francoforte e Borussia Monchengladbach: la squadra di Veh ha preso il 23enne attaccante spagnolo Joselu, il possente difensore centrale norvegese Vadim Demidov, l’ala sinistra tedesca Stephan Schrock. Due invece gli arrivi per l’ex-squadra di Marco Reus: il bomber Mike Hanke, l’esperta punta brasiliana exDynamo Kiev ed Hertha Berlino Raffael (costato cinque milioni di euro). Avanti tutta Si sono attivate sul mercato anche le altre squadre che prenderanno parte all’edizione 2013-2014 della Bundesliga. Molto attivo l’Hannover, che vuole riscattare l’ultima stagione nella quale
Rivoluzione in casa Werder Brema, Schaaf cede lo scettro dopo 15 anni di sodalizio
non è riuscito a riqualificarsi per una competizione europea. In panchina è rimasto Mirko Slomka, che potrà contare sull’ala destra classe 1993 Leonardo Bittencourt, sull’altrettanto giovane difensore tedesco Florian Ballas e sul portiere ex-Stoccarda Konstantin Fuhry (classe 1994, arrivato nell’ambito dell’operazione che ha visto la cessione di Rausch ai biancorossi di Labbadia). In avanti si punta sul classe 1990 Artur Sobiech, promosso dalla prima squadra: sarà però difficile per lui far dimenticare il marocchino Abdellaoue, passato allo Stoccarda. Più corposo il mercato del Mainz di Tuchel, compagine anch’essa alla ricerca di posizioni meno ‘pericolose’: è stato ceduto uno dei pezzi pregiati della squadra, e cioè l’austriaco Andreas Ivanschitz, passato al Levante (si spera che possa ripercorrere le sue orme il giovane Julian Koch, arrivato dal Dortmund). Dal Fortuna Dusseldorf è però arrivato il bomber Dani Schahin, che verrà affiancato all’interno del reparto dal nigeriano Anthony Ujah. In difesa invece ci sarà il classe 1983 ex-Monaco 1860 Malik Fathi. Speso anche 1 milione di euro per prelevare dal Greuther Furth il 23enne mediano Johannes Geis (c’è anche il centrocampista Christoph Moritz, precedentemente svincolato). Esigui invece gli arrivi in casa Hoffenheim, dove si vuole evitare di essere nuovamente invischiati nella lotta per la salvezza: dal Twente è tornato in prestito il terzino olandese Edson Braafheid; stesso discorso per il centrocampista dello Zimbawe Knowledge Musona. Il colpo ad effetto arriva dalla Ligue 1: dal Bordeaux Anthony Modeste avrà il compito di non far rimpiangere i 3 milioni di euro che sono stati spesi. Tre invece gli arrivi per il Norimberga di Wiesinger: l’esperto difensore Pogatetz, l’attaccante svizzero-croato Josip Drmic (21 anni, costato 3 milioni di euro), il portiere 20enne Johannes Brinkies. calcio2000 71 set 2013
ligue 1 francia
Peter Pan
Altro giro, altra corsa: Leonardo lascia il Paris Saint Germain e si prepara per un’altra avventura
72 calcio2000 set 2013
Leo è
durata due anni la seconda vita parigina di Leonardo che, tornato all’ombra della Tour 14 anni dopo la conclusione della sua stagione da calciatore, ha deciso di lasciare nuovamente le sponde della Senna per lanciarsi nella sua ennesima nuova avventura, ancora ignota persino a se stesso. I motivi dell’addio, però, non sono da ricercare nella ricerca di nuo-
vi stimoli o, ancor meno, nell’insoddisfazione dovuta ai risultati ottenuti. Sarebbe ancora più assurdo collegarli ad una scarsa fiducia nel progetto PSG, sempre più in espansione. Ma come accade ogni qualvolta una decisione coglie di sorpresa l’uditorio, la versione ‘ufficiale’ trova chi non è pronto a reputarla vera fino in fondo. Un gesto di protesta nei confronti della Federazione francese, rea di avergli
di Renato Maisani
inflitto una maxi-squalifica... Un po’ pochino, forse, per mandare all’aria un progetto a lungo termine. Strano, sicuramente. Ma non per questo necessariamente falso. Ciascuno, ovviamente, andrà avanti con la propria idea. Ma analizzare l’intera situazione potrebbe essere utile per fare un po’ di chiarezza sui motivi della separazione e per tirare le somme dei due anni del Leonardo-bis a Parigi. LO SPINTONE GALEOTTO Riavvolgiamo il nastro della nostra storia fino al 5 maggio quando, al ‘Parco dei Principi’, il PSG ospita il Valenciennes. La squadra di Ancelotti si presenta all’incontro con 6 punti di vantaggio sul Marsiglia ed una partita in più da disputare. Le giornate che mancano alla fine del campionato sono 3 e la differenza reti, nettamen-
te migliore rispetto a quella dell’OM, garantirebbe ai parigini il titolo in caso di vittoria. Il pubblico è quello delle grandi occasioni ed il ‘Parco dei Principi’ fa registrare 45.000 spettatori: il finale appare già scritto. Un Valenciennes, già sufficientemente lontano dalla zona retrocessione, non giocherà certo con il sangue agli occhi e per il PSG ottenere il trionfo finale appare soltanto una formalità. E, probabilmente, è proprio questa eccessiva sicurezza a costare cara in termini di nervosismo ai parigini: il Valenciennes trova il vantaggio al 17’ con Danic e i padroni di casa faticano a rimettere in sesto la gara. Un presunto fallo su Javier Pastore, non ravvisato dal direttore di gara, scatena le proteste di Thiago Silva che, inavvertitamente, viene a contatto con l’arbitro: nessun dubbio, rosso diretto per il difensore!
Il PSG, con l’uomo in meno, riuscirà soltanto nel finale a rimettere in piedi la gara, pareggiando ma non ottenendo i 3 punti necessari ai fini del trionfo finale. Leonardo va su tutte le furie e nel dopogara inveisce contro l’arbitro Castro e, nel sottopassaggio, lo colpisce con una spallata sbarrandogli la strada. Il gesto, unito alle dure dichiarazioni rilasciate dal dirigente brasiliano nel dopogara, non lascia indifferente la federazione transalpina che, dopo un lungo conciliabolo, decide di fermare Leonardo per addirittura 9 mesi. Uno sproposito, senza ombra di dubbio. Il PSG ricorre, ma la beffa è dietro l’angolo: la pena, infatti, piuttosto che essere ridotta, viene prolungata di ulteriori 5 mesi ed estesa fino al 30 giugno del 2014, vale a dire fino al termine della stagione successiva. calcio2000 73 set 2013
ligue 1 francia
E L’ITALIA RINGRAZIA Più volte si è detto che Leonardo, innegabilmente rimasto legato al nostro Paese, abbia ‘saccheggiato’ la Serie A. Mai termine, però, fu più inappropriato. Il sinonimo più adatto per il termine ‘saccheggiare’, infatti è ‘depredare’, vale a dire portar via qualcosa senza pagare un (giusto) corrispettivo. Nel caso di Leonardo, però, il corrispettivo è stato pagato, eccome! Se è vero che il PSG nell’era Leo ci ha portato via alcuni dei calciatori più forti, è altrettanto vero che, di contro, ha immesso ricchezza in un calcio, quello italiano, che definire in profonda crisi sarebbe eufemistico. Sono 273 i milioni che Leonardo ha consegnato al nostro calcio. Estate 2011, pronti-via ed ecco arrivare a Parigi Sissoko, Menez, Pastore e Sirigu. Il primo, reduce da una buona stagione alla Juventus, viene pagato 7 milioni di euro per finir presto nel dimenticatoio. Menez, invece, dopo un’altra stagione dal rendimento altalenante a Roma, viene riportato in Francia dietro il pagamento di 8 milioni di euro. Il vero affare si chiama Sirigu, pagato meno di 4 milioni di euro al Palermo e prossimo a diventare uno dei migliori portieri d’Europa. A fronte del buon affare concluso, però, Leonardo – forse spinto dai sensi di colpa (siamo ironici, ovviamente) –
LA RABBIA DI LEO Leonardo non ci sta e quasi istantaneamente annuncia le proprie dimissioni, che il PSG non può non accettare. È il 10 luglio quando l’ex allenatore di Milan e Inter dice addio ad una società che, dichiaratamente dispiaciuta, non può opporsi. Una reazione esagerata quella di Leo, secondo alcuni. Una ‘scusa’ per abbandonare la barca, secondo altri. Una giusta punizione nei confronti di una Federazione che ha sbagliato una sanzione, secondo un’ulteriore chiave di lettura. Difficilmente sapremo la verità. Chi ama fare dietrologia, ha evidenziato come Leonardo abbia sempre investito molto nel progetto a lungo termine del PSG e che fosse dunque per lo meno curioso vederlo tirarsi fuori di fronte al primo ostacolo. Secondo molti, piuttosto, al dirigente brasiliano non sarebbe andata giù la scelta societaria di affidare a Laurent Blanc la guida tecnica del club. Teoria sicuramente discutibile ed azzardata, soprattutto tenuto conto del fatto che – a quanto pare – fu proprio la presenza di Leonardo nei quadri societari del PSG ad indurre Mourinho a virare verso Londra, destinazione Chelsea. Insomma, Leonardo sa imporre il proprio ‘veto’ allo Special One e non a Blanc? Curioso, quanto meno. Ma non impossibile, per carità. E il mistero Leonardo, ne siamo certi, continuerà a far discutere ancora a lungo… 74 calcio2000 set 2013
CHIUSURA COL BOTTO Nonostante il mandato ‘a termine’, però, Leonardo è rimasto in carica fino al termine del calciomercato e non si è risparmiato dal voler chiudere col botto. Pur non presenziando alle cerimonie di annuncio dei nuovi acquisti e mettendoci poco – televisivamente parlando – la faccia, il direttore sportivo del PSG ha continuato a lavorare nell’ombra, portando a termine importanti operazioni di mercato. Su tutte, la ‘bomba’ dell’estate. Dietro il pagamento della
Cavani, l’utimo grande colpo di Monsieur Leo
clausola rescissoria imposta dal presidente del Napoli De Laurentiis, infatti, il PSG è riuscito a portarsi a casa Edinson Cavani, fresco capocannoniere del campionato italiano e tra i più forti attaccanti in circolazione. Un colpo ‘col botto’, senza ombra di dubbio. Una volta archiviato il trasferimento dell’estate, poi, Leonardo non si è fatto mancare il bis, strappando alla concorrenza di mezza Europa un altro talento ‘nostrano’, vale a dire il difensore della Roma Marquinhos, per il quale il PSG
‘regala’ 43 milioni di euro a Zamparini per Javier Pastore. Un ottimo calciatore, sia chiaro, reduce da una stagione a tratti magnifica ma che, siamo certi, sarebbe stato possibile acquistare anche spendendo 10-15 milioni in meno. A gennaio, poi, non pago, Leonardo torna nella sua Milano – sponda nerazzurra – per strappare all’Inter un Thiago Motta in scadenza di contratto, portandolo però immediatamente a Parigi dietro il pagamento di 11 milioni di euro. L’estate del 2012 è invece quella del doppio affare col Milan: Leonardo vuole a tutti i costi Thiago Silva e cede alla controfferta dei rossoneri. Insieme a Thiago, infatti, il PSG ‘deve’ portarsi a casa anche Zlatan Ibrahimovic, il cui ingaggio pesa parecchio sulle casse del Diavolo. 63 milioni il costo complessivo dell’operazione. Brilla il talento di Verratti? Ecco l’assegno da 12 milioni per il Pescara. Piace Lavezzi? Senza indugi, il PSG paga i 31 milioni di euro previsti dalla clausola rescissoria e se lo porta a casa. Il resto è storia recente: altri 63 milioni ai partenopei per Cavani e 31 alla Roma per Marquinhos. Totale? 273 milioni di euro. Milione in più, milione meno. Chiamatelo saccheggio…
Marquinhos è costato alle casse Psg 31,4 milioni di euro
ha sborsato complessivamente 31.4 milioni, 2.6 dei quali finiti nelle casse del Corinthians e gli altri – la maggior parte - a Trigoria. I due acquisti (uniti a quello del laterale Digne) non fanno altro che proiettare ulteriormente il PSG nel gotha del calcio europeo, facendo riaffiorare però il solito interrogativo: dove termina la bravura di Leonardo ed iniziano i meriti di chi – nello specifico Al-Khelaifi – permette al dirigente di sbaragliare la concorrenza offrendo cifre fuori mercato? TI PIACE VINCERE FACILE? Ed è appunto partendo da questo interrogativo che è facile comprendere la posizione di chi non perde occasio-
ne per sottolineare come sia piuttosto semplice dominare il mercato se a disposizione si hanno mezzi praticamente illimitati. Senza considerare ulteriori acquisti, alla voce ‘uscite’ nel calciomercato del PSG troviamo già un esborso di 107 milioni di euro, risultante degli acquisti di Cavani, Marquinhos e Digne. T re ‘colpacci’, senza ombra di dubbio, ma tre giocatori sicuramente pagati più del loro reale valore di mercato. Con meno di 80 milioni, infatti, sarebbe stato possibile portare a casa i tre talentuosi atleti. Ma non è certo la prima volta che Leonardo chiude con i conti in rosso il mercato del suo PSG. Il saldo acquisti/cessioni fatto registrare
nel corso della stagione 2012-2013 ha infatti dell’incredibile: 147 i milioni sborsati al fronte di appena 2.7 incassati. E ‘minus-valenze’ a gogò. Se è vero che il PSG si è portato a casa – appunto con quei 147 milioni – giocatori del calibro di Lucas, Ibrahimovic, Thiago Silva, Verratti, Lavezzi e Van der Wiel, è altrettanto vero che, anche in questo caso, il tutto sarebbe stato possibile a cifre decisamente inferiori. Insomma, se Napoli e Juventus si contendono Verratti offrendo circa 6 milioni di euro al neopromosso Pescara e Leonardo si presenta con in mano un assegno da 12, è facile che a spuntarla sia proprio il club rappresentato dal brasiliano… Ma sin dal primo anno Leonardo era partito col botto, investendo ben 106 milioni di euro sul mercato senza tuttavia riuscire a portare a casa il titolo nazionale. I 42 milioni di euro sborsati per Pastore sono l’esempio più lampante di come, con un fondo praticamente illimitato, sia facile dominare la scena. Ma anche gli 11 milioni versati nelle casse dell’Inter per Thiago Motta lasciarono di stucco tanti addetti ai lavori. Il PSG, però, aveva bisogno di rilanciarsi in fretta e non poteva permettersi di vedersi sfuggire calciatori individuati come obiettivi per trattare sul prezzo. Ma presentarsi in un negozio e comprare ogni oggetto offrendo la cifra richiesta – leggi clausola di rescissione per Lavezzi e Cavani – non fa di un ricco mercante un grande negoziatore… calcio2000 75 set 2013
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speciale - copa libertadores
di Carlo Tagliagambe
IL ‘GALO’ DALLE UOVA D’ORO
L’Atletico Minero sbaraglia la concorrenza e riporta alla ribalta Ronaldinho, protagonista assoluto!
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on avrà le grandi orecchie che caratterizzano il profilo argenteo della nostra Champions League, eppure la Copa Libertadores esercita un fascino quasi magnetico, capace di smuovere i sentimenti degli oltre trecento milioni di sudamericani. Il trofeo, dedicato ai ‘Liberatori’, ossia gli eroi che hanno guidato le guerre d’indipendenza delle nazioni latino-americane, è finito quest’anno nelle mani dell’Atletico Mineiro, uscito vincitore dal doppio confronto contro i paraguaiani dell’Olimpia Asunción. La dura legge dello 76 calcio2000 set 2013
stadio Mineirão, che vede i bianconeri di Belo Horizonte imbattuti in casa da due anni (53 partite fa l’ultima sconfitta), colpisce ancora, mietendo una vittima illustre come il Decano, che rivive l’incubo del 1989, quando, dopo aver vinto 2-0 la finale di andata, perse quella di ritorno ai rigori contro i colombiani dell’Atlético Nacional. La storia si ripete, questa volta in Brasile, dove gli uomini di Cuca hanno confermato i favori del pronostico, che li vedeva nettamente favoriti sugli avversari, riuscendo a ribaltare il 2-0 incassato ad Asunción nella gara d’andata, firmato
dalle reti di Alejandro Silva e Pittoni, che aveva seriamente indirizzato il trofeo verso la strada per il Paraguay. E invece, ecco l’ennesima rimonta degli Alvinegro che, sospinti dal tifo delle mura amiche e da un Ronaldinho particolarmente ispirato, sono riusciti nell’impresa di recuperare lo svantaggio grazie a due reti nella seconda frazione di gara: prima Jô, con una bella girata, trova il gol della speranza e poi Leo Silva, a una manciata di minuti dalla fine, insacca di testa, approfittando di un errore di valutazione del portiere avversario. La rete del 2-0, e la contestuale espulsione
di Manzur dell’Olimpia, danno la carica al Galo, che, spinto dai 58.000 tifosi che infiammano il Mineirão, prova a chiudere la gara nei supplementari; l’Olimpia vende però cara la pelle, salvandosi un paio di volte per il rotto della cuffia e procrastinando il verdetto fino ai calci di rigore. Che ancora una volta sorridono ai brasiliani, già vittoriosi dal dischetto in semifinale contro i Newell’s Old Boys. Eroi di giornata sono il portiere Victor e Leonardo Silva, la cui trasformazione spedisce la Copa in Brasile come da pronostico, nonostante la brutta gara d’andata per gli uomini di Belo Horizonte. Eppure, la storia era dalla parte dell’Olimpia, capace di vincere per ben tre volte l’ambito trofeo: in bacheca, il Decano vanta i titoli del 1979, del 1990 e del 2002, che sono valsi al club il prestigioso soprannome di Rey de Copas. Ancora fermi a zero, fino ad oggi, i successi dei brasiliani, che conquistano il trofeo nella prima finale della loro storia, fregiandosi dell’onore di avere sconfitto una ‘nobile decaduta’ del calcio sudamericano, riscopertasi grande proprio nel momento più importante, ma non ancora pronta per il definitivo salto di qualità. Il primo successo del Galo, a ben guardare i numeri, è il classico trionfo di Golia contro Davide: basti pensare che la
LE STELLE DEL TORNEO Parata di stelle anche nella Copa Libertadores; tanti quest’anno i campioni che hanno calcato i campi della manifestazione, tra i quali spicca il nome di Ronaldinho, stella brasiliana degli Alvinegro, che entra nella storia come uno degli otto giocatori capaci di vincere sia la Champions League (Barcellona 2006) che la Libertadores (Atletico Mineiro 2013). Altro protagonista è senz’altro Jô, capocannoniere del torneo con 7 reti, stella del Mineiro assieme ai colleghi d’attacco Diego Tardelli e al giovane Bernard, già trionfatore in Confederations Cup. Per quanto riguarda i vice-campioni dell’Olimpia, da segnalare i bomber Fredy Bareiro e Juan Manuel Salgueiro, autori rispettivamente di cinque e quattro reti. L’argentino Ignacio Scocco ha trascinato i Newell’s Old Boys fino alle semifinali, grazie anche alle sue sei marcature, che gli hanno valso l’interesse dell’International di Porto Alegre, che lo ha acquistato per la prossima stagione. Un altro che saluterà i propri tifosi sarà Ruben Botta, stella del Tigre che ha già firmato un contratto con l’Inter, nonostante il brutto infortunio che lo ha colpito lo scorso aprile. Per il San Paolo sono scesi in campo anche le bandiere Rogerio Ceni (quarant’anni e ventitre stagioni nei Tricolores) e Luis Fabiano, bomber paulista autore di cinque reti nel torneo.
somma di tutti gli ingaggi dei giocatori dell’Olimpia è di poco superiore allo stipendio del solo Ronaldinho (circa 4 milioni all’anno) e che il club paraguaiano si trova in serie difficoltà economiche, legate al mancato pagamento di alcune mensilità a giocatori e membri dello staff tecnico. L’Atletico, al contrario, è una squadra che scoppia di salute, sia dal punto di vista calcistico che
Ronaldhino trova una seconda primavera vincendo la Coppa Libertadores
economico, avendo cavalcato l’onda ascendente dell’economia brasiliana di questi ultimi anni: il presidente Kalil, imprenditore di fama internazionale, non ha badato a spese per allestire uno squadrone, guidato dall’attacco delle meraviglie composto da Dinho, Diego Tardelli e Jo, laureatosi capocannoniere del torneo con sette reti. La nota finale è tutta per Ronaldinho: il Gaucho, dopo anni in chiaroscuro tra i campi europei e sudamericani, si prende una bella rivincita sui detrattori, diventando il settimo giocatore della storia ad aver vinto sia la Champions League sia la Copa Libertadores, e lanciando un chiaro messaggio al c.t. brasiliano Felipe Scolari in vista dei mondiali del 2014; queste le parole del giocatore a fine gara: “Sono tornato in Brasile per conquistare ciò che non avevo vinto. Nel momento più difficile della mia vita, questa tifoseria mi ha abbracciato. Ora cerco nuovi obiettivi. La Libertadores ancora non basta per ripagare l’affetto dei tifosi”. Le due squadre sono arrivate all’appuntamento della finale dopo un lungo percorso, durato circa sei mesi (da gennaio a luglio) durante il quale si sono affrontate 38 pretendenti, di ben undici nazionalità diverse, che si sono calcio2000 77 set 2013
speciale - copa libertadores
date battaglia in stadi caldissimi, spesso contrassegnati da temperature bollenti o altitudini ai limiti della vertigine. La rincorsa dell’Olimpia al trofeo è partita addirittura dal primo turno, dove i paraguaiani hanno eliminato gli uruguagi del Defensor Sporting, grazie ad un 2-0 tra le mura amiche che ha garantito l’accesso alla fase ai gironi, dove ha poi sconfitto compagini del calibro di Newell’s Old Boys, Universidad de Chile e Deportivo Lara, qualificandosi come prima classificata agli ottavi di finale. Qui i Franjeado hanno domato la formazione argentina del Tigre, battuta 2-0 al Manuel Ferreira dopo la sconfitta subita in trasferta. Ai quarti, è stata la Fluminense l’avversaria dei paraguaiani, che hanno vinto 2-1 il confronto con la Tricolor Carioca, accedendosi in semifinale contro i colombiani del Santa Fe, sconfitti sul filo di lana grazie al 2-0 dell’andata, che ha garantito l’accesso
alla finale nonostante la sconfitta per 1-0 subita a Bogotà. Poi, tra l’Olimpia e il trionfo, c’erano solo i brasiliani dell’Atletico Mineiro, arrivati puntuali all’appuntamento con la storia che li vedeva per la prima volta protagonisti in una finale di Copa Libertadores. Finale che è arrivata dopo un grande girone iniziale, che ha visto la squadra di Belo Horizonte mettere in fila avversari quali San Paolo, Arsenal e i boliviani dello Strongest, grazie a cinque vittorie in sei partite, condite da ben sedici reti, il miglior bottino della prima fase del torneo al pari dell’Olimpia. Poi, ancora il San Paolo agli ottavi di finale, battuto con un risultato complessivo di 6-2 tra andata e ritorno; ai quarti il Galo ha avuto la meglio dei messicani del Club Tijuana solo grazie alle reti in trasferta, che hanno premiato i bianconeri in un doppio confronto ricco di pathos. Poi, in semifinale, ecco il capolavoro di Dinho
Ignacio Scocco ha trascinato i suoi Newell’s Old Boys in semifinale!
78 calcio2000 set 2013
e compagni: sconfitti per 2-0 fuori casa dal Newell’s Old Boys, i brasiliani hanno compiuto una grande rimonta tra le mura amiche, pareggiando i conti agli sgoccioli dei 90’ minuti regolamentari e trovando poi la vittoria ai calci di rigore, guadagnandosi così l’accesso all’atto conclusivo della manifestazione. Un percorso lungo e tortuoso, insidiato e conteso da squadre blasonate di varie nazioni, capitanate dalle sei brasiliane (tutte qualificate agli ottavi) e dalle quattro argentine (solo l’Arsenal non è riuscita a qualificarsi alla fase ad eliminazione diretta, essendo arrivata terza nel gruppo 3). La rivalità tra verdeoro e albiceleste ha animato, come spesso accaduto in passato, la Copa Libertadores, dando vita a incroci calienti come quello tra Corinthians e Boca Juniors, curioso revival della finale 2012 che, questa volta, ha visto gli xeneises trionfare nel doppio confronto eliminando così i
IL ‘GALO’ DALLE UOVA D’ORO
campioni in carica, puniti dal gollonzo di Riquelme, dall’errore da due passi di Pato e da parecchie decisioni discutibili della terna arbitrale, che condannano il Timão a guardare i quarti di finale da spettatore. Il Boca, dopo aver vendicato la sconfitta dell’anno precedente, ha però dovuto cedere il passo ai quarti ai connazionali del Newell’s Old Boys in un doppio confronto che rimarrà nella storia: dopo che, sia andata che ritorno si sono concluse a reti inviolate, sono serviti i calci di rigore per decretare il semifinalista uscente dal derby argentino. Ma non una normale lotteria da 5 tiri dal dischetto, bensì 26 calci piazzati, che hanno visto i rosarini del Tata Martino trionfare per ‘logoramento’ dell’avversario, sconfitto più dalla sfortuna che da demeriti propri. Eroe per la Lepra è Maxi Rodriguez, che segna il 26esimo rigore approfittando dell’errore del collega boquense Martinez, regalando ai suoi un inatteso passaggio del turno. Altra sfida degna di nota quella dei quarti tra Santa Fe e Real Garcilaso, che ha visto i colombiani prevalere sui peruviani in maniera netta, con un risultato totale di 5-1, frutto del 3-1 di Bogotà e del 2-0 di Cusco, impreziosito dal grande gol di Jefferson Cuero, padrone di un sinistro terrificante che, anche in questo caso, ha fulminato il portiere av-
Grandi emozioni anche nei quarti con Boca Juniors e Newell’s Old Boy
versario, sbloccando il match per i suoi. Il Santa Fe si è reso protagonista di un grande torneo, dove ha espresso un bel calcio grazie alle indicazioni tattiche di mister Wilson Gutiérrez, impavido condottiero di un gruppo basato su un giusto mix tra gioventù ed esperienza, che ha sconfitto una squadra del calibro del Grêmio agli ottavi, arrendendosi solo in
semifinale dall’Olimpia vicecampione, in una partita molto combattuta e incerta fino alla fine, come spesso capita in questa competizione definita Loca dagli stessi sudamericani, dove anche quest’anno le grandi favorite hanno lasciato la scena ad una ‘Cenerentola’ alla prima consacrazione nel trofeo continentale.
LA STORIA DELLA COMPETIZIONE La Copa Libertadores è la massima competizione sudamericana di calcio per club organizzata dalla CONMEBOL e corrisponde alla Champions League europea: il vincitore si fregia del titolo di campione del Sudamerica e participa, come rappresentante del continente, alla Coppa del Mondo per Club. Istituita nel 1960 con il nome di Copa Campeones de América, la manifestazione ha modificato più volte la formula di partecipazione, giungendo all’attuale denominazione nel 1965, quando furono invitate anche le seconde classificate dei campionati di tutti i paesi sudamericani. L’attuale sistema, riveduto l’ultima volta nel 2005, prevede la partecipazione di 38 squadre, tre per ogni nazione eccezion fatta per Argentina (con cinque squadre ammesse alla fase a gironi) e Brasile (quest’anno con sei squadre ammesse, le cinque canoniche più i campioni uscenti del Corinthians). L’albo d’oro della manifestazione vede in testa gli argentini dell’Indipendiente, con 7 successi (su 7 finali disputate), seguiti dal Boca Juniors (6 trionfi) e dal Peñarol (5). Complessivamente, l’Argentina è il paese che vanta il maggior numero di vittorie (22 totali: si contano, oltre alle già citate, anche le 4 dell’Estudiantes, le 2 del River Plate e una a testa per Racing Club, Vélez e Argentinos Juniors) seguita dal Brasile con 17 (3 per San Paolo e Santos, 2 per Cruzeiro, Grêmio e Internacional, 1 per Flamengo, Palmeiras, Vasco da Gama e Atlético Mineiro), dall’Uruguay con 8, dal Paraguay con 3, dalla Colombia con 2 e da Cile ed Ecuador con un’affermazione a testa. La recente vittoria dell’Atlético Mineiro conferma il dominio del calcio brasiliano sul Continente: negli ultimi tre anni sono state infatti tre squadre verdeoro ad aggiudicarsi il titolo, rispettivamente l’Internacional di Porto Alegre nel 2010, il Santos nel 2011 e il Corinthians nel 2012.
calcio2000 79 set 2013
di Elisa Palmieri
I sogni di Ravanelli
panchina. Oggi come oggi non ci penso”.
“Non mentirò, il mio sogno è di allenare il Marsiglia: ho un rapporto speciale con quella città, mi è rimasta nel cuore”
Rino Gattuso, neo allenatore del Palermo – La Repubblica
Fabrizio Ravanelli, neo allenatore dell’Ajaccio – France Football
Kobe rossonero
Questione di numeri...
“Porto il Milan sempre nel cuore. Nel mio spogliatoio a Los Angeles ho la maglia e la sciarpa del Milan, le ho messe nello spogliatoio e le vedo ogni giorno”
“Ho scelto il 78 perché rappresenta il luogo da cui vengo e dove avevo tanta pace”
Kobe Bryant – Milan Channel
M’Baye Niang , sulla decisione di passare dal 19 al 78, codice INSEE del suo comune di nascita, il pesino francese di Meulan-en-Yvelines – Twitter
Questione di numeri 2... “Mi hanno sorpreso le notizie uscite sui media riguardanti la mia età, sono totalmente ridicole. Desidero smentirle fermamente e terminare questo argomento una volta per tutte”. Radamel Falcao, “accusato” di avere 29 anni anziché 27... – Twitter
Amori estivi “Mazzarri mi ha fatto un’ottima impressione: vive di calcio ed è un grandissimo lavoratore. L’entusiasmo dei tifosi è anche il mio e credo che sia dovuto alla voglia che sa trasmettere questa squadra, che poi è la voglia che deriva dall’allenatore, che mi ha fatto un’ottima impressione”. Massimo Moratti – Sky Sport
Zampa vs Ibra “Cedere Ibra sarebbe stata la soluzione migliore per il Psg, altrimenti lo svedese rovinerà Cavani come è avvenuto finora con Javier Pastore e gli impedirebbe di avere lo stesso rendimento di Napoli”. Maurizio Zamparini – France Football
Il Diavolo non si dimentica! “Sarei ipocrita se non dicessi che un giorno vorrei allenare il Milan, al momento però ho tanto lavoro da fare per arrivare a quella 80 calcio2000 ago 2013 80 calcio2000 set 2013
“Grazie Barça, grazie a tutti, Dopo cinque anni meravigliosi un una squadra nella quale ho realizzato tutti i miei sogni da allenatore, è giunto il momento di affrontare un cambiamento nella mia vita professionale e di dedicare le mie forze per curarmi da quella malattia che mi è stata diagnosticata un anno e mezzo fa (...) Non è facile lasciare questo gruppo di giocatori così speciali, i compagni dello staff e gli amici con cui ho condiviso molte esperienze memorabili. Sarò eternamente grato per tutto quello mi hanno dato. La qualità umana e di questa squadra può superare qualsiasi ostacolo e sono convinto che con la sua forza, sarà in grado di affrontare le sfide di una stagione sportiva che dovrebbe essere emozionante per tutti.(...) A tutti voi, soci e tifosi del club, voglio ringraziarvi per il sostegno e l’affetto che mi avete regalato, non solo ora, ma nel corso degli ultimi mesi. Io sono tranquillo, forte e dovrò affrontare questa nuova tappa nel processo della mia malattia con piena fiducia che tutto sta andando verso il meglio.Grazie a tutti gli appassionati di calcio, i colleghi, i club, atleti, conoscenti e non per i vostri messaggi di incoraggiamento, stanno aiutando me e la mia famiglia. Questi sono momenti difficili per noi e così ho chiesto il rispetto dei media e la comprensione. Una volta che lasciato il Barcellona spero di avere la tranquillità e la privacy di cui io e la mia famiglia abbiamo bisogno adesso. Non posso concludere questa lettera senza augurare ogni fortuna ed ogni successo a quello che sarà il nuovo allenatore della migliore squadra del mondo. Grazie a tutti. Tito Vilanova”.
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