Teatro Romano 7 episodio

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La storia (semi) seria del Teatro Romano di Mediolanum

Dietro le quinte - Settimo episodio Imprenditori "partiti da zero": i Turati | Francesco Turati, la "Nobiltà di denaro" | Ercole Turati, la riscoperta del Teatro di Mediolanum | "Il gigante ha sparso i suoi ruderi dovunque all'ingiro" | Un Teatro. Un Teatro romano. Il Teatro romano di Mediolanum | Ernesto Turati | Emilio Turati | Vittorio Turati | Alda Levi, pioniera dell'Archeologia italiana


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum

Milano, via Meravigli: la torre medioevale della famiglia dei Meraviglia (fonte: https://blog.urbanfile.org/2015/01/20/zona-cordusio-il-velo-su-via-meravigli/)

Imprenditori “partiti da zero”: i Turati Vi succede di passeggiare per le vie del centro di Milano e chiedervi l’origine dei loro nomi? Perché si chiamano proprio così? O di immaginare come, quelle stesse vie, dovevano presentarsi, uno o due secoli fa? Le strade milanesi talvolta hanno nomi strani, che derivano da antichi mestieri (come le vie Orefici, Mercanti, Cappellari, Molino delle Armi, Armorari), da nobili casate (ad esempio, le vie Arcimboldi, Meravigli, Mapelli) e da importanti avvenimenti (piazze Cinque Giornate, della Repubblica, o anche via della Liberazione). In questo articolo parleremo, tra l’altro, della contrada de’ Meravigli, come ad inizio Ottocento era chiamata l’area che da via Santa Maria Segreta giunge al corso di Porta Vercellina e a via San Giovanni sul Muro. Essa prese il nome da una nobile famiglia milanese del Medioevo: i Meraviglia, che vi abitarono in un sontuoso palazzo all’altezza dei civici 2 e 4 dell’attuale via Meravigli. Di quell’edificio oggi rimane solo la torre medioevale (accanto alla cd. “Casa Broggi”, all’incrocio tra le vie Dante e Meravigli), che nel Rinascimento fu convertita in campanile della chiesa di San Nazaro in Pietrasanta, demolita nel 1888, nel corso della sistemazione dell’area tra Castello Sforzesco e piazza Duomo, con la creazione di piazza Cairoli e via Dante. 1


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum La famiglia Meraviglia, da sempre ghibellina, fu elevata a nobiltà nel XIII secolo da Ottone Visconti, Arcivescovo e Signore di Milano. Nel 1533, la famiglia cadde in disgrazia, quando Alberto Meraviglia, rappresentante del Re di Francia alla corte ducale milanese, uccise un rivale politico e fu decapitato in piazza Mercanti1.

Milano, particolare di planimetria del 1832 (fonte: http://www.stagniweb.it/foto6.asp?File=mappe883&Inizio=1&Righe=15&InizioI=1&RigheI=50&Col=4)

Nella prima metà dell’Ottocento, la contrada de’ Meravigli era contigua o assai prossima a quelle de’ Fustagnari e delle Galline, all’omonima piazza, alle contrade de’ Armorari e de’ Orefici e ad altre minori (ma densamente abitate) il cui toponimo era, se vogliamo, meno “ruspante”: le contrade di Santa Maria Segreta, delle Orsole o di San Vittore al Teatro, … al Teatro, appunto. In una Milano che nel 1835 contava circa 135.000 abitanti, tredicesima città più popolosa d’Europa, pochi meno di Venezia (138.000), Palermo (140.000) e Roma (153.000)2, nel 1839 arrivò, dal Varesotto, un quasi quarantenne commerciante in cotoni. Corporatura robusta, bruno, barba e baffi, a Milano Francesco Antonio Turati desiderava aprire

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Chi fosse interessato alla vicenda o alla storia del casato, veda il sito della Società Storica Lombarda dedicato all’Enciclopedia delle Famiglie Lombarde, voce “Meraviglia”, con un contributo di V. Spreti pubblicato in Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Milano, 1935, Appendice, parte II, pp. 319-322 e disponibile all’indirizzo https://servizi.ct2.it/ssl/wiki/index.php?title=Meraviglia; o, in alternativa, https://blog.urbanfile.org/2015/01/20/zona-cordusio-il-velo-su-via-meravigli/ 2 Dati desunti dal sito https://www.milanocittastato.it/evergreen/evoluzione-popolazione-milanese-nel-tempo/

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum

Regno Lombardo-Veneto, ripartizione delle province (1815-1859)

una propria ditta che, dalla capitale del Regno Lombardo-Veneto, regno satellite dell’Impero d’Austria3, gli consentisse di dirigere l’importazione diretta di materia prima (il cotone) dall’America. Francesco Turati arrivava da Busto Arsizio, dov’era nato. Città di circa diecimila abitanti, dal XVI secolo Busto Arsizio era nota per la produzione di fustagno, tessuto molto resistente e morbido (in passato, apprezzato anche dai nobili), che da quasi un ventennio, grazie alla diffusione del cotone a costi ridotti, era utilizzato per realizzare indumenti invernali o da lavoro4. Fustagno, ma non solo: fin dalla metà del Settecento, lo sviluppo dell’agricoltura era stato accompagnato da quello delle industrie tessili: manifatture di seta, lino, lana e delle fibre, alcune delle quali prodotte in loco. Una città in cui si concentrava quasi la metà della produzione tessile lombarda5), pur disponendo di meno di un terzo dei telai della regione: il che significava una “resa” produttiva notevole dei telai bustocchi, come ancor oggi sono chiamati gli abitanti di quella città. 3

Formalmente, il Regno era retto dal Viceré Ranieri (Arciduca d’Austria e fratello minore dell’Imperatore Ferdinando I d’AsburgoLorena, che deteneva pure la corona del regno), che aveva funzioni di rappresentanza. Tra il 1830 e il 1840 il Regno ebbe quale Governatore Franz de Paula von Hartig, politico e giornalista austriaco, molto popolare soprattutto a Milano. Nell’immagine successiva, la suddivisione delle province del Regno Lombardo-Veneto: gran parte del Varesotto e del Lecchese erano inglobate nella provincia di Milano. In particolare, la città natale di Francesco Turati era il capoluogo del XV distretto (distretto di Busto Arsizio, appunto). Fonte immagine: https://it.wikipedia.org/wiki/Regno_Lombardo-Veneto. 4 Fondamentale la ricerca di S. A. Conca Messina, in Dizionario Biografico degli Italiani, volume 97, 2020, https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-antonio-turati_Dizionario-Biografico/, così come anche https://servizi.ct2.it/ssl/wiki/index.php?title=Turati 5 V. al riguardo https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Busto_Arsizio. Nel 1854 a Busto Arsizio furono prodotte 150 000 pezze sulle 338 000 dell’intera Lombardia, con 5.000 telai sul totale di 16.900 lombardi (Origini e sviluppi dell'industria cotoniera bustese, di Riccardo Riccardi, Busto Arsizio, Unione degli Industriali, 1953).

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Dati, questi, che devono essere però inquadrati nel contesto nazionale, di una “Italia” territorialmente frammentata e in cui “le filande lavoravano a periodi intermittenti e reclutavano il grosso della manodopera fra giornalieri e braccianti, cui non bastava il magro reddito dei campi. In Piemonte e Lombardia il commercio serico rappresentava una delle principali voci della bilancia commerciale, ma ciò confermava la debolezza congenita dell’industria locale, non ancora attrezzata per svolgere un ciclo di lavorazione integrale dalla materia prima al prodotto finito.”6

6

Così V. Castronovo in L’Industria italiana dall’Ottocento a oggi, Mondadori, Milano, 1980, pp. 8-15.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Francesco Turati, la “Nobiltà di denaro” Nato a Busto Arsizio nel 1802, da Antonio Ilario Turati (1770-1828) e da Anna Maria Crespi (17761855), la famiglia d’origine di Francesco era di modesti “mercanti-manifattori” di cotone. Dodicenne, Francesco era entrato nella ditta del padre, accompagnandolo assiduamente ai mercati di Magenta e Saronno per lo smercio dei propri manufatti. Aveva così affinato e dimostrato precocemente la sua straordinaria inclinazione per gli affari, ottenendo presto risultati rilevanti. Nel 1827, cedendogli l’attività, nell’atto notarile il padre aveva riconosciuto che il notevole aumento del patrimonio era dovuto alla «sollecita industria e grande attività» di Francesco, all’epoca venticinquenne, fresco sposo e da poco padre. Sposato con Angela Pigna (1801-1859, figlia di industriali della carta), Francesco Turati ebbe quattro figli: 

Giuseppina (1826-1899), che a 19 anni sposerà l’ing. Giuseppe Gnecchi Ruscone, cui donerà dieci figli, sei dei quali raggiunsero l’età adulta

Ercole (Busto Arsizio, 1829-Milano, 1881): ornitologo, sposerà Luigia Ponti (morta nel marzo 1902) dalla quale avrà 2 figli: i Conti Emilio (nato a Orsenigo il 27.10.1858, entomologo, nel febb. 1895 Presidente della Banca Popolare di Milano, morto a Gardone Riviera il 23.09.1938); e Vittorio, nato nel 1860, cultore di geologia e inventore della tecnica di stampa simultanea dei colori detta sincromia

Erminia (1832-1909), che nel 1852 sposò in prime nozze Antonio Ponti, concorrente del padre nel commercio di filati; il figlio Andrea, gerente della Ditta Antonio e Andrea Ponti di Milano, sposerà Virginia Pigna, nipote della madre Angela; in seconde nozze, nel feb. 1869, Erminia sposò il veronese Conte Leopoldo Pullé, dal 1905 Senatore del Regno

ed Ernesto (1834-1918): patriota, volontario nei Cavalieri del Monferrato durante la II Guerra d’Indipendenza (1859); entomologo e malacologo (studioso di molluschi); sposò Giuliana Manassian, di Costantinopoli (1825-1917, il cui cognome fu italianizzato in Manasse), di nove anni maggiore di lui, da cui ebbe tre figlie.

Acquisita l’attività paterna, fin dagli anni Trenta dell’Ottocento Turati aveva perseguito un chiaro coordinamento “verticale” dell’impresa. Aveva compreso che l’espansione dell’industria cotoniera era solo agli inizi e cercò d’indirizzare lo sviluppo industriale alle esigenze della regione. Liquidata abilmente la ditta dello zio Pietro (trovandosi, a procedura conclusa, con un “negozio” valutato 431.000 lire milanesi), Turati acquistava la materia prima da intermediari e riforniva gli stabilimenti industriali che, in una prima fase, furono costruiti (o acquistati e poi ristrutturati) grazie alla collaborazione di membri della famiglia Krumm, abili dirigenti di impianti tessili.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Tra gli anni Trenta e Quaranta dell’Ottocento, fu favorito dal dimezzamento del dazio sui cotoni greggi d’importazione e dalla caduta dei prezzi della materia prima sui mercati esteri e fondò o modernizzò diverse filature meccanizzate, ricorrendo al credito commerciale o a capitali propri. Nel 1839 spostò la famiglia a Milano, capitale di una regione di ca. due milioni e mezzo di abitanti e di un Regno (il Lombardo-Veneto) che presto avrebbe superato i cinque milioni (tutti da vestire, rimuginava il Turati). Qui il commercio era particolarmente attivo, grazie alle industrie manifatturiere e produttive. La maggiore piazza commerciale del Lombardo-Veneto era la Borsa di Milano, i cui vertici erano nominati dalla Camera di Commercio. Già dal 1809, l’antica Camera dei Mercanti aveva acquistato, nel Palazzo dei Giureconsulti7, la sala situata a ovest, allestendovi fino al 1901 gli spazi dedicati alla Borsa di Milano.

Palazzo ai Giureconsulti, per circa un secolo sede della Borsa di Milano (fonte: https://www.flickr.com/photos/milan_lera_insc/21800570300/in/photostream/)

L'attività borsistica si era consolidata

dal

quando

commercio

il

1830,

serico aveva avuto una grande crescita. Le merci nazionali

maggiormente

trattate erano le sete e i filati (cotone e lana, in primis), prodotti caseari, grano, metalli. Milano: la città ideale per affari

far

crescere di

gli

Francesco

Turati, per arricchire lui e la sua famiglia. Mano a mano, Turati ideò una struttura articolata, che nel 1842 giunse a far lavorare quasi un terzo dell’industria regionale di filatura, vale a dire circa trentamila fusi. Appartenevano alla sua rete gli opifici (stabilimenti industriali) di Keller, Borroni e Crespi, Giovanni Galli, Giovanni Schoch, Eraldo ed Andrea Krumm, Carlo Martin, Costanzo Cantoni. 7

Camera dei Mercanti di Milano, fondata nel 1786, l’antenata dell’attuale Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, che nel 1911 acquistò l’intero Palazzo. Edificato dal XVI secolo, inaugurato nel 1654, l’edificio ospitò fino all’epoca napoleonica il Collegio dei Nobili Dottori e le figure amministrative dello stato: Senatori, Giudici e Capitani di giustizia. Il palazzo fu anche sede del Tribunale dei Giudici di Provvisione e del Collegio dei Giureconsulti, da cui prende il nome. Dal 1985, la Camera di Commercio milanese ha reso il Palazzo una struttura elegante, attrezzata ad accogliere convegni, mostre e conferenze. Le stratificazioni storiche hanno apportato un sensibile valore aggiunto agli spazi: i resti di una strada e di cisterne romane sono visibili nelle sale sotterranee, le volte a botte, la Torre dell’orologio, la scala monumentale, gli stucchi e le decorazioni fanno del Palazzo una delle sedi preferite per l’organizzazione di congressi, sfilate, incontri istituzionali.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Entro pochi anni, acquistò altre filature a Castellanza e Carate Brianza, che rifornivano in parte i propri telai (che lavoravano il filato con il sistema del lavoro a domicilio) e in parte altre ditte di tessitura. Mentre consolidava la tessitura, cresceva l’investimento e il rischio speculativo nell’acquisto di cotoni grezzi e apriva magazzini e filiali in varie città del Lombardo-Veneto. Fu questo il periodo pionieristico della prima rivoluzione industriale italiana, che nacque e si sviluppò nel distretto

cotoniero

Olona,

della

caratterizzato

Valle dallo

straordinario sviluppo innescato dalla nascita

delle

prime

fabbriche

meccanizzate di filati dei mercantiAngelo Inganni, Veduta di Milano con piazza Duomo e il "Coperto" dei Figini (1838), per circa quattro secoli sede di locali e bar storici (f.te: https://blog.urbanfile.org/2017/12/28/xxxmilano-storia-la-citta-ottocentesca-diangelo-inganni/)

imprenditori

di

Busto

Arsizio

e

Gallarate. Ancora Castronovo (1980) rileva che “Agli imprenditori più attivi [e

Turati era senza dubbio tra questi] non era estranea la pratica finanziaria, l’abitudine a trattare di persona le complesse operazioni riguardanti l’importazione di materie prime dal mercato londinese e da altre piazze lontane. (…) S’era fatta così strada l’esigenza di un più ampio ricorso al capitale finanziario e a qualche forma di partecipazione azionaria.” Superati senza eccessivi traumi le Cinque Giornate di Milano e il 1848-1849, nel corso dei quali nel Lombardo-Veneto, tra Regno di Sardegna e Impero d’Austria, si combatté la Prima Guerra d’Indipendenza, già nel 1852 almeno un quarto del cotone grezzo lavorato nelle filature meccanizzate in Lombardia era importato dalla Francesco Turati. L’altro grande importatore era la famiglia Ponti, che per diversi anni inviò in America Antonio Ponti, l’erede designato, che nel 1852 sposò una figlia di Turati, la terzogenita Erminia. Negli affari, Turati seguiva una precisa strategia: acquistava grosse quantità di cotone, le forniva in lavorazione alle fabbriche di cui era proprietario, socio o creditore e ad altre imprese 7


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum dotate di un proprio circuito di vendita; con tutte, stipulava accordi

commerciali

di

fornitura esclusiva per un certo

periodo.

Turati

consegnava alle fabbriche la materia prima e ritirava il filato, in parte destinato al proprio circuito produttivo (le tessiture a domicilio), il resto venduto a tessitori del Regno. Così,

coordinava

controllava materia

i

prima

e

flussi e

di

della

produzione di filati, esercitando - con il sistema del lavoro su commessa e con contratti di fornitura

Giovanni Migliara, 1828 - La filanda Mylius (Boffalora sopra Ticino, Pinacoteca Civica di Alessandria)

esclusiva -, un indubbio condizionamento sulle scelte di molte imprese cotoniere. Ormai Turati era senz’altro un “mercante-manifattore”: sceglieva validi collaboratori (tra questi Giovanni Pigna, Giuseppe Lualdi, Antonio Radice, Benedetto Milani, Giovanni Tirinnanzi, il nipote Luigi Turati), inducendoli, in cambio di una precisa compartecipazione agli utili (un profit sharing ante litteram) a lasciare a disposizione della ditta, a fronte di un interesse del 5%, le somme guadagnate. A loro si aggiunsero il nipote Ercole Lualdi, Cristoforo Benigno Crespi, Pietro Forni e altri. L’impresa di Turati, insomma, fu anche “incubatrice”, contribuendo alla prima formazione di personalità della classe imprenditoriale postunitaria del settore tessile, legando tra loro - con funzioni diverse - molteplici imprese, fino ad allora unite più da rapporti “matrimoniali” che da effettivi, reciproci e vantaggiosi scambi professionali. Dopo il 1848, in un quadro politico ed economico di rapidi mutamenti, Turati avviò una ristrutturazione della ditta, creandone una nuova a Busto Arsizio: di quest’ultima, possedeva la metà delle quote, mentre l’altra metà fu divisa tra i principali collaboratori. Turati poté così dedicarsi anche ad ampliare i propri rapporti commerciali e finanziari, sia in direzione del Verbano, sia verso est, con una partecipazione al capitale di una filatura del veronese. 8


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Nel 1849 acquistò ad Orsenigo (prov. di Como) Villa del Soldo, una

villa

settecentesca

dove

sarebbe nato il nipote Emilio. Una

residenza

di

campagna,

composta da due ali con porticati ed una terrazza panoramica, inserita in un parco di oltre 100.000 mq e dotata di scuderia, limonaia (oggi utilizzata come sala da concerti e per convegni), un piccolo edificio sacro, un castelletto e una piccola darsena. La villa sarebbe rimasta proprietà della famiglia fino al 1900. Come

altri

imprenditori

dell’epoca8, Turati fu tra i fautori di attività sociali a beneficio degli operai delle fabbriche e del territorio: i Turati costruirono case operaie accanto ai cotonifici e asili per i figli di operaie, ragazze madri ed operai; Francesco istituì società di mutuo soccorso e garantì assistenza sanitaria ai dipendenti e alle loro famiglie, con un atteggiamento che, oggi, definiremmo paternalistico, ma che, di fatto, giovò alle aziende. Si allentava, infatti, il latente conflitto sindacale e si creava nei lavoratori un certo spirito di appartenenza; che contribuiva a fare, degli operai, dei “privilegiati” che, senza quella fornita dal proprietario dell’azienda, non avrebbero avuto alcuna tutela. Contestualmente, Turati assicurò alle filature meccaniche i mezzi finanziari necessari alle innovazioni tecniche, a patto che acquistassero, da lui, la materia prima fino all’estinzione del debito. Poco prima dell’Unità d’Italia, l’attività economica della Valle Olona si delineava così nei suoi tratti peculiari: a) il progressivo accentramento della lavorazione-produzione di tessuti, a cui seguì l’incremento del numero di lavoratori per opificio, b) la graduale sostituzione dei telai a mano con macchinari più all’avanguardia, c) e)

e la diffusione, su tutto il territorio della valle, di stabilimenti cotonieri9.

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Tra i quali Cristoforo Benigno Crespi a Canonica d’Adda nella bergamasca; Isaac e Napoleone Leumann a Torino; Alessandro Rossi a Schio, in prov. di Vicenza; più tardi la famiglia De Angeli-Frua a Legnano (prov. di Milano) e Saronno (prov. di Varese). 9 Nell’immagine alla pagina seguente, opificio della Valle Olona, 1876 (fonte: https://www.varesenews.it/2015/02/n-a/351111/ .

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum

Opificio della Valle Olona, 1876 (fonte: https://www.varesenews.it/2015/02/n-a/351111/ )

Nell’ultimo decennio preunitario, l’apporto di Francesco Turati ai capitali di diverse società divenne man mano più rilevante, superando i 4 milioni di lire. Ormai figura di primo piano tra gli imprenditori milanesi, partecipò con investimenti cospicui a varie imprese della business society milanese del tempo: 

il progetto di ferrovia tra Milano e Gallarate, promosso nel 1855 con Costanzo Cantoni;

l’avvio, nel 1857, della Società Sessa per l’attivazione di un sistema di strade ferrate a cavalli da Miano a Tornavento (località nelle vicinanze di Busto Arsizio);

fu in prima fila nella cordata di imprenditori che ottenne una quota della nuova società concessionaria delle ferrovie del Lombardo-Veneto.

L’iniziativa più interessante - che coinvolse i grandi capitalisti lombardi, ma che rimase incompiuta per ostilità austriaca - fu quella della Banca di sconto e di emissione, in cui Turati ebbe un ruolo guida. Nel 1861, conclusa la Seconda guerra d’Indipendenza e proclamato il Regno d’Italia, il centro di Milano si presentava con un fitto e disordinato tessuto edilizio, irregolare nelle sezioni stradali, con slarghi, strozzature, curve, non adatte al traffico veicolare che stava per investire la città. L’ex piazza Campo santo, ora Piazza Duomo, era irregolare, con un porticato (sede di locali

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum e

bar

storici

Camparino

di

quali

il

Giacomo

Campari10) detto “il Coperto del Figini” a tagliarne il tratto verso

l’attuale

Cordusio;

piazza Mercanti era un’area centrale, in parte porticata, raccolta attorno al Broletto11; il Cordusio era poco più di uno “slargo” e nella zona della futura via Dante, si trovava la contrada di San Nazaro in Pietrasanta (dal nome dell’omonima chiesa il

cui

campanile,

Demolizioni preliminari al Palazzo della Posta Centrale di p.zza Cordusio (Milano, Civico Archivio Fotografico - A20781, http://www.lombardiabeniculturali.it/blog/percorsi/nel-cuore-di-milano-viadante-e-piazza-cordusio/dal-novecento-ad-oggi/)

come

abbiamo visto, era stato torre del palazzo del casato dei Meraviglia), area densamente edificata e abitata da affittuari d’ogni genere. Abitando al 2384 di Contrada de’ Meravigli, Turati conosceva bene questi quartieri, i cui terreni erano destinati ad aumentare di valore, con l’avvio di lavori di sventramento di vecchi quartieri popolari e la monumentalizzazione dell’area tra il Castello Sforzesco e piazza Duomo e la costruzione di eleganti immobili (lungo la futura via Dante), vincitori di un concorso per la realizzazione delle sedi di banche e società commerciali nella futura piazza Cordusio. Francesco Turati fu inoltre socio e Consigliere della Società d’Incoraggiamento d’arti e mestieri (Siam) dal 1841 al 1854, Consigliere comunale e della Camera di commercio di Milano, nel 1862 presieduta da Luigi Sessa (industriale, tra i fondatori di Siam e primo Presidente, dopo l’Unità d’Italia, della Camera di Commercio) e poi da Giulio Bellinzaghi, banchiere e politico. Appassionato melomane, nel 1856 acquistò al Teatro alla Scala, da due nobildonne, il palco n. 7 del secondo ordine del settore sinistro (cd. Palco del Sovrintendente), che resterà di proprietà della famiglia Turati fino al 189812 e nel 1858 il palco n. 813, che la famiglia venderà nel 1920. 10

Botteghe storiche di Milano, vol. 2, Comune di Milano-Camera di Commercio di Milano, 2007, p.37. Per una interessante ricostruzione della storia della piazza, vedasi Il perché di un nome, https://www.milomb.camcom.it/documents/10157/361381/il-perche-di-di-un-nome-premio-piazza-mercanti.pdf/db220f9e-ead34dc5-ae7d-fed390082e41 12 Vedasi, al riguardo, http://www.urfm.braidense.it/palchi/cronstoria_query.php?Settore=sinistro&Ordine=2&Palcord=&Palco=7; http://www.urfm.braidense.it/palchi/cronstoria_query.php?Settore=sinistro&Ordine=2&Palco=8&Palcord=8&Rigapalc=8; al Catasto di Milano ogni palco scaligero era registrato come un qualsiasi immobile, intestato e i passaggi di proprietà rogati da Notai. Erano 11

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Il 14 dic. 1862, Turati fu insignito del titolo di Conte, trasmissibile alla progenie maschile: con apposito decreto, il nuovo Re d’Italia (Vittorio Emanuele II) ne riconosceva le notevoli capacità imprenditoriali, le numerose opere di beneficenza svolte a favore delle corporazioni morali di Milano, le novità introdotte nel mondo manifatturiero e la costituzione di una pregevole collezione di opere d’arte.14 Con l’attribuzione di quarti di nobiltà ai ricchi borghesi dell’ex Regno Lombardo-Veneto, i Savoia avviavano la costituzione emblema dei Conti Turati

della nuova classe dirigente locale.

Nel fascicolo predisposto in Prefettura, Turati dichiarava di essere socio principale e direttore di circa venti società commerciali, che impiegavano oltre cinquemila persone; e non mancava di evidenziare il notevole impegno finanziario in opere filantropiche. Da ragazzo di bottega a Conte: un esempio di quel che i milanesi definirono la nobiltà di denaro, ovvero il riconoscimento del prestigio tra gli imprenditori della città, la possibilità di acquisire titoli nobiliari in virtù del censo e il coinvolgimento attivo in iniziative benefiche, filantropiche, culturali. Sessantottenne, all’inizio del 1870 Francesco Turati poteva tracciare un bilancio della propria esistenza, iniziata frequentando i mercati di Magenta e Saronno; proseguita con il matrimonio, poco più che ventiquattrenne, con Angela, la nascita di quattro figli e la successiva perdita della moglie, da ormai oltre quindici anni; con i sempre più pressanti (e proficui) impegni di lavoro. “Il Turati” aveva però un altro progetto da realizzare. Un Conte del Regno d’Italia poteva permettersi un proprio Palazzo in centro, simbolo della propria posizione, che potesse essere residenza familiare e utile agli affari, applicazione

riportati numero, ordine e settore ed era precisato che l’immobile era costituito da due vani (il palco aveva il proprio camerino, oggi definito retropalco). La descrizione dei decori, nella dettagliata oggettività dei documenti del tempo (contratti di affitto, di vendita, stime indette dagli enti per i lasciti testamentari) fotografa come si presentavano i palchi tra il 1778 e il 1920: essendo proprietà privata, infatti, ogni palco poteva essere personalizzato, purché non si toccasse la parete esterna del parapetto e gli arredi interni non turbassero l’affaccio sul palcoscenico e sulla platea. In sintesi, il soffitto dei palchi era intonacato, le pareti tappezzate di damasco bianco e giallo, i tendaggi che chiudevano il palco ed il panneggio erano color cedrone (giallo-verde), due specchi a muro, poltrone e seggiolini in tono con la tappezzeria, un candelabro a due braccia; l’antiporta era foderata all’interno in morbida lana inglese tutta intorno all’oblò. Il retropalco aveva due armadi a muro con serratura per proteggere i beni più preziosi, un portamantello, un candeliere in legno, uno sgabello. E due vasi da notte (v. http://www.urfm.braidense.it/palchi/crondecori.php). 13 http://www.urfm.braidense.it/palchi/cronstoria_query.php?Settore=sinistro&Ordine=2&Palcord=&Palco=8 14 L’emblema dei Conti Turati era così descritto: ARMA: Troncato: nel primo d’azzurro a sei stelle di 6 raggi d’oro, disposte 3, 2 e 1; nel secondo, d’oro a tre torri merlate, ciascuna di tre pezzi, unite da due cortine di muro, il tutto di rosso, aperto di cinque porte del campo. (dal Regio Decreto 21 marzo 1869, che concesse al Conte Francesco Antonio Turati e discendenti primogeniti maschi, lo stemma sopra descritto; fonte: V. Spreti pubblicato in Enciclopedia storico-nobiliare italiana, vol. VI, p. 739 Milano, 1935 e disponibile all’indirizzo https://servizi.ct2.it/ssl/wiki/index.php?title=Turati

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum concreta del concetto milanese di casa e bottega … un luogo dove esporre, in un contesto che ricordasse il Rinascimento, quanto acquistato in decenni di aste e frequentazioni d’alto livello. Non era simile, il progetto di cui discutevano nei Club milanesi i fratelli Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi15, avvocati per mestiere e architetti per passione, che intendevano ristrutturare e arredare la sontuosa dimora familiare di via Gesù con oggetti del Cinquecento lombardo? E Gian Giacomo Poldi Pezzoli16, anch’egli Conte e nobile da generazioni, non aveva da vent’anni riunito nel palazzo di famiglia le proprie collezioni di opere d’arte antica, di armi medievali, di arazzi, quadri e arredi? E poi, …i figli di Filippo, Ercole ed Ernesto, avevano trasmesso al padre la passione per la Storia naturale; occorreva un luogo adatto ad ospitare, anche, le collezioni dei ragazzi: ornitologiche, entomologiche, malacologiche. Tornando alla Contrada de’ Meravigli di cui all’inizio di questo articolo, essa da tempo aveva catturato l’attenzione di Francesco Turati, che vi risiedeva: densamente abitata, molte erano le modeste abitazioni, piccole attività commerciali, sartorie e falegnamerie. L’idea si concretizzò rapidamente: Francesco Turati acquistò una vasta area compresa tra gli attuali numeri civici 7, 9 e 11 di via Meravigli, verso l’attuale via Gaetano Negri (che in epoca fascista sarebbe stata occupata dalla Borsa, con Palazzo Mezzanotte17) e dall’attuale piazza Affari fino al limite della chiesetta di San Vittore al Teatro, cui erano intitolate una piazzetta e l’omonima via. Contattò l’ingegnere e architetto Enrico Combi18 e gli commissionò un palazzo a proprio nome, da edificare nel nuovo stile Neorinascimentale al numero 7 di via Meravigli, con una facciata esterna lineare e maestosa, interamente rivestita con un bugnato19 in pietra sul modello del rinascimentale

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Fausto (1843-1914) e Giuseppe (1845-1934) Bagatti Valsecchi, di Varedo, progettarono una dimora in cui abitare ispirata ai palazzi signorili del Quattro e Cinquecento lombardo e di arredarla con oggetti d'arte rinascimentale. A tal fine, a fine Ottocento ampliarono il palazzo milanese di famiglia (attuale sede del Museo). Indirizzarono le loro preferenze ad oggetti del Rinascimento e al Neorinascimento, in linea con il programma culturale varato dalla giovane monarchia sabauda all'indomani dell'Unità d'Italia. L’attuale Museo Bagatti Valsecchi, aperto al pubblico dal 1994, è casa-museo fra le più importanti e meglio conservate in Europa. Vedasi, al riguardo, https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_Bagatti_Valsecchi e https://museobagattivalsecchi.org/. 16 Figlio del Conte Giuseppe Poldi Pezzoli e di Rosa Trivulzio (figlia del Principe Gian Giacomo Trivulzio), Gian Giacomo Poldi Pezzoli (1822-1879), ereditati palazzo e patrimonio alla maggiore età, ampliò ulteriormente la collezione di famiglia acquistando armi e armature, in quel periodo molto richieste come oggetti da collezione, ma anche dipinti, tessuti e arazzi, vetri e ceramiche, opere di oreficeria e dell’arte applicata. L’attuale museo Poldi Pezzoli è una delle case museo più visitate e apprezzate d’Europa. Vedasi, al riguardo, https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_Poldi_Pezzoli e https://museopoldipezzoli.it/. 17 Pal. Mezzanotte ospita la Borsa Valori di Milano in piazza Affari. La prima Borsa del commercio di Milano era stata istituita nel 1808 da Napoleone, nei locali del Monte di Pietà. Nel 1809 le contrattazioni erano state trasferite a Pal. Giureconsulti in piazza dei Mercanti, in un salone presto insufficiente alle crescenti attività finanziarie, che avevano, in breve, reso la Borsa di Milano la più importante d'Italia. La Camera di Commercio pianificò la costruzione di una nuova Borsa che ne ospitasse le attività: l'area individuata fu la nuova piazza Cordusio e la nuova Borsa fu inaugurata nel 1901. Dopo vent'anni, però, anche la sede del Cordusio divenne insufficiente. Al fine di riunire tutte le attività di Borsa, nel dic. 1925 il Commissario governativo della Camera di Commercio Sen. Angelo Salmoiraghi dispose l'acquisto del Palazzo Ercole Turati in via Meravigli 9, allora sede dell’Unione Cooperativa di Milano. L’arch. Paolo Mezzanotte, incaricato di predisporre il progetto di trasformazione del palazzo, arrivò alla conclusione che l'adattamento sarebbe stato talmente vasto da snaturarlo. Fu disposta, quindi, la costruzione di un nuovo palazzo per la Borsa Valori di Milano e il progetto e la realizzazione affidati al Mezzanotte. Il Palazzo sede dell’attuale Borsa porta il nome dell’architetto. 18 Enrico Combi (Milano, 1832 - Milano, 1906). V. https://it.wikipedia.org/wiki/Enrico_Combi.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Palazzo dei Diamanti di Ferrara. Nel frattempo, dal 1870 il figlio Ercole avviò primi lavori di demolizione di fabbricati fatiscenti nell’area compresa tra le odierne vie Meravigli, delle Orsole, San Vittore al Teatro e piazza Affari. Costruito tra il 1873 e il 1876, a pochi passi dal Cordusio, dalla Borsa e dal Duomo, Palazzo Francesco Turati era composto dal piano terra (cortile interno e porticato con colonne in granito rosa di Baveno e capitelli in marmo rosso di Verona e volte a crociera: come i chiostri del Rinascimento lombardo), da un

ammezzato,

da

uno

scalone

monumentale di accesso al primo piano nobile (600 mq arricchiti da affreschi, boiserie,

Palazzo Francesco Turati, facciata esterna e particolari degli ambienti del cd. Piano nobile (foto Camera di Commercio)

soffitti decorati e preziosi dipinti, da un secondo piano e da un sottotetto20. La famiglia Turati chiamò a lavorarvi artisti di fama quali i pittori Mosè Bianchi, Giuseppe Bertini e lo scultore e pittore Lodovico Pogliaghi (autore, tra l’altro, del portale centrale del Duomo). Francesco Turati morì però all’età di 71 anni il 17 agosto 1873 ai bagni termali di Bad Schinznach (Svizzera), senza vedere il Palazzo che porta il suo nome, che fu completato nel 1876 dai figli Ercole ed Ernesto. La tomba di famiglia (“edicola” realizzata su progetto di Carlo Maciachini, progettista del Monumentale) è al Cimitero Monumentale di Milano21.

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Il cd. bugnato è costituito da blocchi di pietra sovrapposti a file sfalsate, preventivamente lavorate in modo che i giunti orizzontali e verticali risultino scanalati ed arretrati rispetto al piano di facciata della muratura. 20

Negli Anni Venti del XX secolo l’edificio fu sopraelevato di due piani, portandoli a sei. Oggi Palazzo F. Turati si sviluppa su 10.360 mq. Acquisito dalla Camera di Commercio nel 2015 e sottoposto ad importanti lavori di ristrutturazione, costituisce uno dei pochi edifici del centro a offrire ampi spazi utilizzati per gli uffici della Camera di Commercio e di società partecipate, mentre il grande cortile centrale è un luogo ideale per sfilate, installazioni e, più in generale, per gli eventi delle Week milanesi; al primo piano, il cd. piano nobile, le tre Sale nobili (Sala di Flora, Sala di Prometeo e Sala della Musica) ospitano incontro istituzionali, meeting, eventi PR, showcase di prodotti, conferenze stampa. Per info, https://www.palazzogiureconsulti.it/it/palazzo-francescoturati/il-palazzo. 21 Edicola n. 4 del settore denominato Necropoli del Monumentale; poggiata su un basamento-cripta di granito, la parte superiore in marmo è accessibile da due rampe di scale che si elevano in senso contrario. La tomba di famiglia si caratterizza per forme lombarde e decorazioni finemente lavorate. V. Monumenta MilanoArchitettura Edicole, pubblicazione della Scuola di Architettura e Società Laboratorio di Rappresentazione Esercizi di rilievo | Monumentale, a c. di L. Krasovec Lucas, scheda di F. Varè, D.M. Zubani, Il Papiro, Novate Milanese, 2012, pp. 60-61.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum

Palazzo Francesco Turati, Sala della Musica, decorazione ispirata alla Nona Sinfonia di L. Van Beethoven, affreschi di G. Bertini, boiseries e porte in bronzo di L. Pogliaghi (foto Camera di Commercio)

La famiglia ereditò un cospicuo patrimonio, che nel ventennio postunitario figurava tra i primi, per entità, tra le denunce milanesi di successione. Ma ai fini del nostro racconto, è ora utile conoscere la discendenza di Francesco Turati: 

il figlio Conte Ercole Turati, che avviò la costruzione del proprio Palazzo al civico 9 di via Meravigli, pochi anni dopo la costruzione del palazzo paterno al civico 7 di via Meravigli;

il fratello minore di Ercole, Ernesto Turati;

il nipote Conte Emilio Turati, figlio di Ercole, che portò a termine la costruzione del palazzo del padre Ercole in Meravigli 9, facendone la propria residenza.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Ercole Turati, la riscoperta del Teatro Romano di Mediolanum Come il padre, Ercole Turati era nato a Busto Arsizio, il 10 luglio 1829. Secondo di quattro figli e primo maschio22, Conte per discendenza paterna, si laureò in Legge a Pavia nel 1853. Tre anni più tardi, nel 1856, sposò Luigia (detta Luisa) Ponti Gavazzi23 figlia di Marco, da cui ebbe Emilio, nato nel 1858 ad Orsenigo a Villa del Soldo, che diventò un entomologo (studioso degli insetti) e Vittorio (1860-1938), cultore di geologia e inventore della tecnica di stampa simultanea dei colori detta sincromia. Facoltoso erede, fin da giovane Ercole Turati sviluppò, col fratello minore Ernesto, una grande passione per l’ornitologia. Ercole Turati (1829-1881), S. De Albertis (foto di G. Chiozzi)

A quindici anni, Ercole aveva iniziato ad allestire

trofei di caccia e di volatili lombardi naturalizzati24. Mancato il padre nel 1873, Ercole e il fratello Ernesto ne completarono la costruzione del Palazzo. In quegli anni, il centro cittadino mutò radicalmente a causa dei cambiamenti in piazza del Duomo, con le demolizioni del portico del Figini (1864) e dell’isolato del Rebecchino (1875), la realizzazione dei palazzi dei portici settentrionali (1870-1874) e meridionali (1875) della piazza, la costruzione della Galleria Vittorio Emanuele(1867)25 e del grandioso arco trionfale che si affaccia su piazza Duomo (1878). Rilevanti cambiamenti avevano già investito il Cordusio, la nuova via Mercanti, via delle Galline e via Broletto. Nel 1870, dopo l’allargamento dell’attuale via Meravigli, Ercole Turati aveva avviato a demolizione l’area compresa tra le odierne vie Meravigli, delle Orsole, San Vittore al Teatro e piazza Affari.

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La primogenita era Giuseppina (1826-1899); dopo Ercole, nacquero Erminia (1832-1909) e l’ultimogenito Ernesto (1834-1918). Turati, Ponti, Gavazzi … tutte famiglie di importanti industriali tessili, con interessi anche nel mondo bancario. 24 Naturalizzazione: tecnica di conservazione delle specie animali che prevede che l’animale sia privato della pelle; essa è montata su un manichino di resina che riproduce la forma dell’esemplare, in modo da ricostruire l’aspetto dell’animale in condizioni naturali. L’esemplare così naturalizzato è completato applicando occhi di vetro e riproduzioni in resina di altri organi molli, ad es. la lingua. 25 Gaspare Campari vi acquistò una delle prime botteghe, traferendovi il proprio locale precedentemente sito al Coperto del Figini; altro locale ben noto ai milanesi che s’installò nel 1867 in Galleria fu il Ristorante Savini, la cui cucina raffinata e la ricchezza di marmi rosei, colonne ed archi neoclassici, divani in velluto rosso, impressionarono non poco la ricca borghesia ambrosiana. V. Botteghe storiche di Milano, vol. 2, Comune di Milano-Camera di Commercio di Milano, 2007, p. 31 e vol. 4, 2009, p. 118. 23

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Accanto al palazzo del padre, sfrattati gli abitanti (semplici affittuari, cui la legislazione dell’epoca non riconosceva particolari diritti) e le piccole attività artigiane e di falegnameria ivi attive, nel 1880, in corrispondenza degli attuali numeri civici 9 e 11 di via Meravigli, Ercole Turati avviò il cantiere per la costruzione del proprio Palazzo, affidando la realizzazione agli ingegneri Ponti e Bordoli, che si ispirarono al Palazzo della Cancelleria Apostolica di Roma e all’architettura rinascimentale toscana.

Piazza Duomo e l'isolato del Rebecchino (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Rebecchino)

“Il gigante ha sparso i suoi ruderi dovunque all’ingiro” Aperto il cantiere, lo scavo delle fondamenta sorprese però ingegneri, manovalanza e proprietà: l’intenzione era edificare un edificio su sei piani, che necessitava

di

fondazioni

molto

profonde; ma a circa tre metri dalla superficie, lo scavo portò alla luce porzioni di capitelli, frammenti di antiche mura, di colonne e statue, monete antiche. La famiglia Turati interruppe i lavori.

Per

contattato Castelfranco,

esaminare d’urgenza noto

i

resti,

fu

Pompeo paletnologo

lombardo. Vale la pena ricordare quest’uomo. Pompeo Castelfranco (Parigi, 1843 Pompeo Castelfranco (fonte: Il Teatro Romano di Milano, di G. Facchinetti, R. Viccei, Milano, 2011)

Milano, 1921), tra il 1875 e il primo conflitto mondiale fu il maggiore studioso lombardo di archeologia preistorica e

protostorica. Gli si deve un’intensa attività di scavo, studio, pubblicazione, riordinamento di 17


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum collezioni archeologiche private e pubbliche. Membro di Società storiche e Accademie scientifiche (tra cui l’Accademia dei Lincei e la Reale Accademia Svedese di Antichità) e della Commissione Conservatrice per la provincia di Milano, Castelfranco aveva effettuato (o avrebbe compiuto) importanti scavi archeologici nel Varesotto e in Brianza a Golasecca, Castelletto Ticino, Sesto Calende, Vergiate, Montorfano, Introbbio, ai laghi di Monate, Varano e Pusiano (aree coincidenti con i principali antichi insediamenti Insubri26). Castelfranco era dunque, all’epoca, lo studioso lombardo più qualificato per valutare i resti antichi che emergevano dallo scavo delle fondazioni del palazzo. Giunto nell’area del grande cantiere, Castelfranco rimase impressionato dall’abbondanza dei resti che emergevano dagli scavi, da tratti di massicce murature in ciottoli, da una superficie con rivestimento di laterizi in cotto e un frammento di arco superiore. Segnalò la dislocazione di alcuni pilastri superstiti e del portico esterno della cavea di un possibile teatro (il porticus post scaenam del teatro) “[…] in ceppo di grana mezzana rivenutosi ovunque durante gli scavi”. Così Castelfranco relazionò: “A circa tre metri sotto il piano stradale, un esteso pavimento di cotto e tracce di antiche robustissime mura.

Museo Sensibile del Teatro romano, elemento architettonico decorativo (foto: A. Preti)

Recatomi sopraluogo, m’avvidi trattarsi di costruzione romana; ed espressi tosto il parere che potesse avere relazione con l’antico teatro dei tempi imperiali.”27

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Docente di lingua e letteratura francese a Milano presso il Regio Collegio delle Fanciulle, il Conservatorio e l’Università Luigi Bocconi, Regio Ispettore agli Scavi e ai Monumenti di Antichità della provincia di Milano. Nel 1910, Castelfranco donò al Comune di Milano la sua raccolta preistorica, ricca di quasi 5.000 oggetti, la sua biblioteca e l’archivio privato, contenente tutta la sua documentazione di studio. Negli anni successivi, le carte di Castelfranco - cedute unitariamente - furono smembrate tra Istituti culturali civici diversi, secondo il criterio della tipologia di materiale: gli opuscoli (manoscritti e a stampa) furono presi in carico dalla Biblioteca d’Arte, le fotografie dall’Archivio Fotografico, mentre i restanti documenti furono suddivisi in due gruppi, di “prima” e “seconda” scelta: i primi confluirono nell’archivio storico delle Raccolte Archeologiche e Numismatiche, i secondi furono dispersi nei magazzini del Castello Sforzesco. 27 Pompeo Castelfranco, Il teatro romano di via Meravigli, Milano, 1884, in “L’Italia. Giornale del popolo” II,461 (28-29 marzo 1884).

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum

Aggiunse, inoltre, che questa pietra era impiegata anche nelle “basi della chiesuola di S. Vittore al Teatro”, con una diffusione tale da fargli esclamare: “Il gigante ha sparso i suoi ruderi dovunque all’ingiro”.28 Come ricordato da F. Sacchi in Mediolanum e i suoi monumenti dalla fine del II secolo a.C. all’età Severiana (pp. 61-82), i lavori di sterro durarono alcuni anni, ma di tutti questi interventi rimase poco di documentato nella breve pubblicazione del 1884 a firma del Castelfranco, il cui testo fu poi ripresentato in un articolo pubblicato dal giornale L’Italia. Di tali “ruderi” nel 1884, a fine lavori, restava ben poco: le mura furono demolite o asportate, i frammenti della decorazione della scena dispersi. Cosa era successo? Chiariti i dubbi sulla struttura romana rinvenuta (un tempio? un edificio pubblico? resti di una domus privata? il Teatro di Mediolanum?), gran parte dei resti emersi furono donati in momenti successivi al Comune di Milano, che dal 1862, a seguito di un Regio Decreto, aveva istituito un Museo patrio d’archeologia con sede provvisoria a Brera. Comportamento meritevole, visto che solo alcuni privati cittadini e altre Istituzioni parteciparono all’incremento delle Civiche Raccolte, donando pezzi venuti alla luce in occasione di scavi per la realizzazione di

La principale unità di misura di lunghezza nel mondo romano era il piede, la cui lunghezza è pressoché comunemente accettata in 29,6 cm (cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Piede_romano). Queste le misure (accertate o tramandateci) del diametro della cavea di alcuni importanti teatri romani in Italia secondo la formula “piedi x 29,6 fratto 100”: Milano, diametro cavea 321 piedi, ergo 95 metri; Brescia, diametro cavea 270 piedi, ergo 79 metri; Torino, diametro cavea 255 piedi, ergo 78 metri; Verona, diametro cavea 365 piedi, ergo 108 metri; Roma, Teatro di Pompeo Magno, diametro cavea 508 piedi, ergo 150 metri; Roma, Teatro Marcello, diametro cavea 440 piedi, ergo 130 metri. 28 R. Viccei, L’area archeologica del teatro romano di Milano. Monumento e valorizzazione, in Stratagemmi 10-Prospettive teatrali, Pontremoli editore, Milano, 2009.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum edifici, nel vero e proprio “fervore costruttivo” che investì (in quegli anni e poi in epoca fascista, quando il 40% ca. del centro cittadino fu sventrato e riedificato) il centro urbano milanese.29 Altri reperti mobili furono depositati al Museo di Storia Naturale e alla Soprintendenza; di molti altri si persero le tracce subito dopo la scoperta, tra i quali i numerosi frammenti di decorazione architettonica (marmi, pietre colorate) citati dal Castelfranco e rinvenuti nell’area dell’orchestra e della scena teatrale (marmi di Verona, crustae marmoreae, ovvero lastre marmoree), forse applicati al rivestimento delle pareti del muro di fondo della scena (scaenae frons). Altra parte dei resti, forse interessanti dal punto di vista artistico e venale (capitelli, porzioni di colonne, frammenti di statue, monete …), fu invece utilizzata dalla famiglia Turati ad ornamento delle proprie residenze o per agevolare le relazioni con le più note famiglie milanesi del tempo. La cosa non deve stupire: le prime leggi italiane a protezione dei beni di interesse storico, archeologico o artistico furono approvate nel 1909 o durante il Ventennio fascista30; o, addirittura, nei mesi appena precedenti il secondo conflitto mondiale. Norme, comunque, successive di almeno un trentennio al periodo di cui stiamo scrivendo. Oggi, tutti sappiamo che la proprietà del bene di interesse storico/archeologico/artistico rinvenuto dal privato è dello Stato - cioè di tutti - e non esclusiva del singolo cittadino: al quale lo Stato può, se ritiene, attribuire un premio, una citazione o un riconoscimento. Ciò detto, non è possibile rientrare, oggi, in possesso dei beni alienati a fine Ottocento. E comunque, i Turati il palazzo lo volevano: pertanto, i resti emersi durante i lavori del cantiere non ritenuti di particolare interesse furono abbattuti, distrutti, rimossi. Ma un’area significativa si è salvata ed è stata preservata, conservata e valorizzata: talché oggi possiamo agevolmente - e gratuitamente - visitare 450 mq di vestigia del Teatro, area sotterranea alla sede legale della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Vestigia musealizzate e aperte al pubblico dal 2008, introdotte da una Galleria con pannelli esplicativi, foto, grafici ed elementi stratigrafici: presentate, in quattro lingue, da funzionari e stagiaire della Camera di Commercio appositamente formati, preparati e appassionati. Senza contare gli ulteriori resti (anche se molto inferiori per estensione, e di difficile accesso) sottostanti la Borsa. Ma come è stato possibile riportare alla luce questi resti? E soprattutto, grazie a chi? 29

Così F. Sacchi, in Mediolanum e i suoi monumenti dalla fine del II secolo a.C. all’età severiana, in Contributi di Archeologia, Vita e Pensiero, Milano, 2012, p. 6 30 Tra le più rilevanti, la legge 20 giugno 1909, n. 364 (legge Rosadi-Rava, dal nome, rispettivamente, del parlamentare relatore e del Ministro) e suo Regolamento applicativo 30.01.1913, n. 363 (tuttora in vigore), che stabilì il principio dell'inalienabilità del patrimonio culturale dello Stato e degli enti pubblici e privati (beni di “interesse storico, archeologico o artistico”), affermò la possibilità per lo Stato di sottoporre a vincoli e tutela opere di proprietà privata considerate di “importante interesse”, istituendo la vigilanza su esportazione e circolazione dei beni privati e delineando l’embrione dell’organizzazione e amministrazione deputate alla conservazione e tutela dei beni culturali (Sovrintendenze ai monumenti e archeologiche). E la legge n. 1089 del 1° giugno 1939 (cd. legge Bottai, dal nome del Ministro fascista all’Educazione nazionale), “per la tutela delle cose di interesse artistico e storico”, prima legge organica volta a disciplinare la tutela dei beni culturali.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Un teatro. Un Teatro romano. Il Teatro romano di Mediolanum. Prima dell’effettiva scoperta, l’ubicazione del Teatro era presumibile dall’andamento stranamente curvilineo di via delle Orsole, dalla presenza di una piccola chiesa intitolata a San Vittore al Teatro31, edificata tra piazza Affari e via Gaetano Negri (e demolita nel 1911) e dall’omonima via.

Come ancora ben documentato da F. Sacchi in Mediolanum … (pp. 61-90), “(…) la persistenza di toponimi così significativi è dovuta al fatto che il teatro rimase in uso sino a epoca bassomedievale …”, non più per spettacoli o per teatrali rappresentazioni, ma in quanto “adibito a luogo per pubbliche assemblee”. La chiesa di San Vittore al teatro era anche detta “dei legnamai”, in quanto nella zona erano stati numerosi, sino alla fine del XIX secolo, gli artigiani dediti alla lavorazione del legno. Le immagini di questa pagina mostrano la chiesa di San Vittore al teatro appena prima della sua demolizione e una planimetria seicentesca (1605) della chiesa. R. Viccei32 ci è d’aiuto per ricostruire le vicende dei ritrovamenti nei decenni successivi relativi al

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Tradizione vuole che la chiesa fosse stata fondata dall’Arcivescovo S. Galdino, che la dedicò al martire S. Vittore aggiungendo l'appellativo "al teatro", dal vicino Teatro dove il Santo avrebbe trovato rifugio durante le persecuzioni: benché ancor oggi esista via San Vittore al Teatro (luogo di ritrovo dei visitatori al Museo Sensibile del Teatro Romano, sottostante Palazzo Turati, sede della Camera di Commercio), la chiesa si trovava su una sua prosecuzione, non più esistente, situata sull'area dell'attuale piazza Affari. L'edificio fu demolito nel 1911. Fonti immagini: Milano ne' suoi monumenti, vol. II, di Carlo Romussi, 1912, su https://archive.org/stream/milanonesuoimonu02romu_0#page/n5) e https://www.chiesadimilano.it/archiviostoricodiocesano/news/san-vittore-al-teatro-1045.html). 32 Laureata in Lettere Classiche presso l’Università Cattolica di Milano con tesi in Etruscologia, R. Viccei ha conseguito il diploma di Specializzazione in Archeologia Classica, presso lo stesso Ateneo e il Dottorato di Ricerca in Archeologia. Svolge esercitazioni e seminari di Archeologia teatrale in Università Cattolica e presso l’Università IULM di Milano. Ha curato mostre e ideato eventi culturali in aree e musei archeologici. Autrice, tra l’altro, di molteplici testi e contributi sui teatri romani in Lombardia e sulle tecniche di loro valorizzazione. Il passaggio riportato, relativo alle vicende dei ritrovamenti successivi, è tratto da L’area archeologica del

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Teatro romano di Mediolanum: “(…) Sempre in occasione di lavori edili vennero scoperti, nel 1921, altre due basi di pilastri del fronte esterno della cavea, ugualmente demoliti e noti solo da documentazione fotografica. Nuovi sterri furono effettuati nel 1929-30, in concomitanza con le attività di cantiere per la costruzione del palazzo della Borsa. Essi restituirono parti consistenti delle fondazioni della cavea e della scena, e piccole porzioni dell’alzato dei muri radiali su cui si impostavano le volte che sostenevano le gradinate del teatro. Responsabile di queste indagini archeologiche fu Alda Levi, funzionario della Soprintendenza alle antichità e belle arti, incaricata alla tutela dei

beni

archeologici

della

Lombardia. Fu merito suo se parti delle fondazioni del teatro vennero conservate negli scantinati dei palazzi della Camera di commercio e della Borsa.33 Altri resti dell’edificio da spettacolo furono messi in luce tra il 1948-49 (…): quattro basi di pilastro del fronte esterno della cavea, conservati negli scantinati di via San Vittore al Teatro numeri 1-3 e 5 (…) e alcune porzioni dell’alzato del medesimo prospetto curvilineo e la base di un pilastro dell’anello interno. La Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia, nel 1978 e nel 1988, ha condotto delle indagini all’angolo tra piazza degli Affari e via Gaetano Negri, dove fino al 1911 era la chiesa di San Vittore al Teatro, e al di sotto del palazzo della Borsa. Qui sono state rimesse in luce parti teatro romano di Milano. Monumento e valorizzazione, di R. Viccei, in Stratagemmi 10-Prospettive teatrali, Pontremoli editore, Milano, 2009, pp. 13-15. 33 Nelle due immagini in pagina (fonte: Camera di Commercio), i sotterranei del palazzo della Camera come si presentavano negli anni Novanta del XX secolo, precedenti le più recenti indagini effettuate (su richiesta della Camera di Commercio) dall’Istituto di Archeologia dell’Università Cattolica di Milano.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum delle fondazioni della scena, già emerse negli Anni Venti ma, a causa degli sterri di quegli anni, il deposito archeologico è risultato molto

compromesso

e

poco

foriero di nuovi dati. Infine va segnalato che nel 1910, durante la

demolizione

della

chiesa

appena menzionata, e poi nel 1939 e nel 1949, nell’area tra piazza degli Affari e l’inizio di via Gaetano Negri, furono rinvenuti anche resti della porticus post scaenam e materiali architettonici

lapide murata a Palazzo Mezzanotte il 28 ott. 1934 con indicazione dei resti del Teatro romano (foto: A. Preti)

della decorazione del teatro, molti dei quali andarono tuttavia dispersi. (…)”. Il 28 ottobre del 1934 (anno XII e.f.34), il Consiglio provinciale dell’Economia Corporativa di Milano, antenato dell’attuale Camera di Commercio fece murare, sulla parete del nuovo Palazzo della Borsa prospiciente via delle Orsole, una lapide in marmo bianco ancor oggi affissa in loco con incisa la riproduzione topografica dei resti del Teatro rinvenuti durante gli scavi per la costruzione dell’edificio. Ma torniamo brevemente ad Ercole Turati, i cui lavori per la costruzione del suo palazzo in via Meravigli 9, avviati nel 1880, erano stati il punto di partenza per la riscoperta del Teatro romano. Va detto che non era la Storia antica ad appassionare Ercole Turati: fin da ragazzo era, invece, un appassionato di Ornitologia (branca della zoologia che si dedica allo studio degli uccelli). Ancor prima del 1880, insignito del titolo (onorifico) di Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia, Turati fu tra i primi soci della Società italiana di scienze naturali e fece parte del Collegio dei conservatori del Museo di Milano dal 1858 al 1877. Negli anni, la passione giovanile si era evoluta in attività scientifica, inducendo il nobile milanese a formare una delle più rilevanti collezioni ornitologiche dell’epoca, presto trasferita in via Meravigli. Nel 1881, all’apice del suo splendore,

34

E.f., era fascista. L'era fascista fu creata, appunto, dal fascismo, adottando come data di inizio il giorno successivo alla marcia su Roma (28 ott. 1922). Il primo anno di quella che fu denominata “l'era fascista” iniziava dunque il 29 ott. 1922 e terminava il 28 ott. 1923; il 29 ottobre 1923 iniziava il secondo anno, e così via. L'obbligo di aggiungere, in numero romano, l'anno dell'era fascista accanto a quello dell'era cristiana entrò in vigore dal 29 ott. 1927, in seguito a una circolare del 25 dicembre 1926. La data della sua cessazione può essere considerata il 25 luglio 1943, quando cessò il regime fascista.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum essa era composta da 20.661 esemplari di uccelli appartenenti a 7.200 specie e 2.291 generi, per un valore di circa un milione di lire del tempo. Seguace della teoria dell’evoluzione, Turati intendeva dimostrarne la validità attraverso la sua raccolta, dando conto della variabilità in natura: di una stessa specie, cercava di procurarsi intere serie, dai pulcini al maschio e alla femmina adulti, fino a esemplari con anomalie nella colorazione. Oltre agli animali “naturalizzati”, la collezione comprendeva numerosi scheletri, uova, pelli, nidi e una ricca biblioteca. In contatto con i maggiori ornitologi ed esploratori della seconda metà dell’Ottocento, Turati finanziò viaggi di naturalisti, garantendosi nuovi materiali provenienti da ogni angolo del globo. Ma come il padre, Ercole Turati non riuscì a vedere completato il palazzo di cui aveva avviato e finanziato la costruzione. Morì infatti a Milano, il 30 luglio 1881 a cinquantadue anni, quasi otto dopo il padre. I figli Emilio e Vittorio offrirono al Comune la parte più ingente della collezione paterna. Nel 1884, il Sindaco G. Bellinzaghi accettò la donazione, garantendone adeguata sistemazione negli spazi del Museo. Grazie a quest’acquisizione, il Comune avviò la costruzione di un nuovo, più ampio edificio museale, inaugurato nel 1892. Già nel 1879, Ercole Turati aveva donato al Museo una ricca collezione di uova di uccelli nidificanti in Lombardia, che fu ulteriormente incrementata nel 1903, in seguito all’arrivo delle collezioni del fratello Ernesto. Durante la Seconda Guerra mondiale, nell’incendio che seguì i bombardamenti alleati dell’agosto 1943, gran parte della raccolta ornitologica Turati andò distrutta. Oggi, il Museo conserva 1.700 esemplari naturalizzati e in pelle sopravvissuti agli eventi bellici. La tomba di famiglia (“edicola” realizzata da Carlo Maciachini, progettista del Monumentale) è al Cimitero Monumentale di Milano.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Ernesto Turati Di Ernesto Turati, secondo figlio maschio di Francesco, abbiamo notizie meno precise. Sappiamo che nacque a Busto Arsizio nel 1834; fu fervente patriota, tanto che durante la II Guerra d’Indipendenza del 1859, 25enne, raggiunse e combatté come volontario, nei Cavalieri del Monferrato35. Con il fratello maggiore Ercole, Ernesto aveva coinvolto il padre Francesco nella passione per la Storia naturale e indirizzò i propri interessi allo studio dell’Entomologia (ramo della zoologia dedicato allo studio degli insetti) e della Malacologia (studio dei molluschi). Avvocato, alla morte del padre affiancò il fratello maggiore nel completamento artistico delle sale nobili di Palazzo Francesco Turati al civico 7 di via Meravigli, che successivamente elesse a propria dimora. Mecenate artistico come il padre, Ernesto Turati mostrò uno spiccato gusto per la pittura cd. “di genere36 in costume” ed acquistò opere di Gerolamo Induno, Francesco Valaperta ed Eleuterio Pagliano oggi conservate, tra l’altro, alle Gallerie d’Italia a Milano. Il Conte (nonché Cavaliere) Ernesto sposò Giuliana Manassian, di nove anni maggiore di lui, di famiglia armena e proveniente da Costantinopoli (1825-1917, il cui cognome fu italianizzato in Manasse). Ebbero tre figlie: Angelica (1863-1932, la madre all’epoca 38enne), Erminia (18641890) e Ida (1871-1915, la madre, all’epoca, 46enne). Nel 1876, Ernesto Turati ereditò il palco n. 8 del secondo ordine del settore sinistro al Teatro alla Scala. Nel 1881, aderì all’Esposizione Nazionale di Milano, evento che molto avrebbe contribuito a creare l’idea di Milano quale “capitale morale” (l’espressione nacque in quegli anni), sollecitando politiche adeguate alla competizione esistente tra i sistemi industriali europei più evoluti. L’idea della nuova esposizione nacque nell’ambito della Camera di Commercio, principale struttura del mondo economico milanese, mobilitando ambienti tecnici e imprenditoriali dei settori

35

Nell’immagine a lato (fonte: https://storiadeipalchi.teatroallascala.org-persona-turati-ernesto) E. Turati è raffigurato in costume storico rinascimentale, in occasione di rievocazione in costume organizzata durante il viaggio di nozze dei Principi Umberto e Margherita di Savoia. 36 La pittura di genere, rappresentando aspetti della vita di tutti i giorni, fu a lungo considerata un genere “minore”, decisamente inferiore per valore alla pittura storico-religiosa, ma nemmeno al pari della ritrattistica. I grandi committenti non erano interessati a questo tipo di opere, solitamente di piccolo formato, che ebbero, invece, una notevole fortuna e diffusione tra la borghesia e i mercanti.

25


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum tessili (seta e cotone, da cui la partecipazione di Ernesto Turati, specialista dei cotoni “rasati”; fustagni e velluti, tweeds, lino e lana, bottoni e stampa di tessuti), metallurgico, chimico

e

farmaceutico, di

produzione

e

lavorazione della carta. L'Esposizione, la prima vera grande esposizione industriale italiana dopo quella di Firenze del 1861, si estendeva su un'area complessiva di 200 000 metri quadrati, ovvero 20 ettari, di cui 60 000 coperti, ospitati all'interno di

quattro

grandi

corpi

o

padiglioni separati. Nel 1904 Ernesto Turati aderì al progetto del manager Vittorio Olcese37 (figura all’epoca poco diffusa nel panorama industriale italiano) per la costituzione del Cotonificio Francesco Turati a Cogno (Val Camonica, prov. di Brescia), Manifesto Esposizione Nazionale di Milano 1881 (fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Esposizione_nazionale_italiana_del_1881)

contribuendo

con

capitali propri (cui si aggiunsero altri dei

nipoti Emilio e Vittorio) alla nuova società. Già quattro anni dopo, nel 1908 Cogno era la più grande filatura d’Italia. Ernesto Turati morì a Busto Arsizio nel 1918, all’età di 84 anni.

37

V. https://www.treccani.it/enciclopedia/vittorio-olcese_(Dizionario-Biografico)/

26


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Emilio Turati Primogenito di Ercole Turati (1829-1881) e di Luigia (detta Luisa) Ponti Gavazzi (mancata nel 1902), Emilio Turati, nato a Villa del Soldo Turati ad Orsenigo (prov. di Como), costituisce il paradigma del nobile per censo del Regno d’Italia: disponibilità economiche importanti, derivanti dall’impegno imprenditoriale di più generazioni; loro uso per il finanziamento di progetti immobiliari di rilievo; banchiere, appassionato d’arte e storia naturale; parte di un importante sistema di relazioni sociali di alto livello con personalità del mondo politico, economico e culturale. Nel 1880, un anno prima della morte del nonno paterno Francesco, il padre di Emilio, Ercole, aveva avviato la costruzione del proprio palazzo in via Meravigli, adiacente a quello voluto dal padre Francesco all’attuale civico 7. Alla morte del padre Ercole, 23enne, Emilio Turati divenne il riferimento della famiglia. Come abbiamo visto, nel corso dei lavori per la costruzione del nuovo palazzo erano stati rinvenuti Emilio Turati (fonte: https://www.zobodat.at/personen.php?id=10229)

resti di un antico Teatro romano, che per qualche mese avevano rallentato l’attività del cantiere: compiuti rapidi rilievi delle strutture rivenute, gli ingegneri Ponti e Bordoli ripresero i lavori ed Emilio Turati coprì le spese per la realizzazione dell’intero edificio. In quegli anni, Milano stava per assumere il ruolo di guida morale ed economica del Regno: nel 1880 era nato Alfredo

Ludovico

Luigi

Schuster,

che

sarà

grande

Arcivescovo di Milano con il nome religioso di Ildefonso. In Galleria Vittorio Emanuele II, il 21 agosto 1880 si era accesa al Caffè Gnocchi la prima luce elettrica. Poche settimane dopo, a Milano, da una famiglia di industriali produttori di filati di canapa e lino, era nato Senatore Borletti, nome storico dell’imprenditoria italiana, che sarà Presidente e fondatore de La Rinascente, Presidente di Upim, di SniaViscosa e della A. Mondadori. L'idea di Ercole ed Emilio Turati e il modello seguito per la progettazione e realizzazione del Palazzo di via Meravigli 9-11 fu il Palazzo della Cancelleria di Roma, sede storica della Cancelleria Apostolica, che ospita i tribunali della Santa Sede. L'aspetto esterno del secondo, nuovo palazzo della famiglia Turati (per il Ministero dei Beni e delle Attività culturali, attento al dato storico di avvio della costruzione 27


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum dell’edificio, esso è intitolato al Conte Ercole; per la Camera di Commercio - che dal 1954 vi ha la propria sede legale - al figlio Emilio, ovvero a colui che finanziò l’intera costruzione e portò a termine i lavori) è lineare, con decorazioni che riecheggiano modelli fiorentini e romani.

Palazzo della Cancelleria Apostolica in Roma, oggi (fonte: https://mapio.net/pic/p-17068568/)

Palazzo Emilio Turati oggi, dal 1954 sede della Camera di Commercio (fonte: Camera di Commercio)

La parte interna dell’edificio era dotata di un cortile colonnato tipico della tradizione milanese, ove le carrozze degli ospiti e dei clienti della famiglia potevano trovare riparo dal traffico di via 28


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Meravigli. Come il nonno paterno, il padre e lo zio, anche Emilio Turati fu, dal 1882 al 1901, palchettista del Teatro alla Scala (aveva ereditato il palco n. 7 del secondo ordine del settore sinistro, cd. Palco del Sovrintendente, precedentemente appartenuto al nonno paterno); e come già il padre e lo zio - ornitologo il primo, entomologo e malacologo il secondo -, fin dall’adolescenza Emilio Turati si appassionò alla Storia naturale, in particolare all’Entomologia. Riunì, infatti, una pregevole collezione di farfalle e falene e fu studioso di fama continentale, autore di

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articoli

scientifici,

principalmente

sui

lepidotteri italiani e dell'area mediterranea. Membro della Società Entomologica italiana (SEI), la sua collezione è oggi condivisa tra il Museo di Storia Naturale di Torino, il Museo di Stato Tirolese e il Museo di Storia Naturale di Londra. Amante di ippica e scherma, nel 1886 Turati fondò la Rivista delle Corse (per corse e scherma) Notizie Ippiche e Varietà di Sport38, che avrebbe diretto - pseudonimo: Carlandrea - da via Meravigli 11 fino al 1902, anno della fusione con il settimanale La Stampa Sportiva, supplemento sportivo illustrato (dal 1902 al 1926) del quotidiano torinese La Stampa. Nell’agosto del 1890, Emilio Turati fu anche eletto nel Collegio dei Probiviri della neonata Associazione Lombarda dei Giornalisti (seconda in Italia), ovviamente per il settore “Corse-Scherma”39. Nel febbraio del 1895, a 36 anni, assunse la Presidenza della BPM, Banca Popolare di Milano (la banca dei milanesi). Nata nel 1865, la Società Anonima a Responsabilità Limitata denominata Banca Popolare di Milano era volta ad assicurare ai soci sostenibilità e competitività nella rapida crescita industriale che a fine Ottocento caratterizzava il capoluogo lombardo. 38

Nell’immagine, la copertina del periodico Rivista delle Corse del 15 apr. 1893, n. 241, anno VII di pubblicazione. Il 23 mar. 1902, il n. 10, anno I del periodico La Stampa Sportiva di Torino, a pag. 13, nella sezione Notiziario Sportivo, la prima colonna pubblicava un articolo intitolato La Stampa Sportiva e la Rivista delle Corse, dando notizia della fusione, indicando il Conte Emilio Turati quale “Direttore e proprietario dell’ottima Rivista delle Corse di Milano”; l’articolo riporta, tra l’altro “(…) Il Conte Emilio Turati, ben noto e apprezzato nel mondo ippico sotto lo pseudonimo di Carlandrea, una delle più spiccate personalità del mondo sportivo italiano (…) Lieti di questa combinazione, che ci consente di poter sempre più allargare la diffusione della nostra "Stampa Sportiva” e accrescerne il valore, assicurandoci la collaborazione di una delle più spiccate personalità del mondo sportivo italiano, ne diamo l'annuncio ai vecchi e nuovi nostri lettori, orgogliosi di essere chiamati a continuare un giornale come l'ottima " Rivista delle Corse”„ che tanta autorità aveva saputo acquistarsi nel giornalismo ippico. E nel dare al conte Emilio Turati il rispettoso benvenuto nella famiglia dei nostri collaboratori, presentiamo a nome dei suoi antichi e nuovi lettori l'espressione del più vivo cordoglio, per la recente sventura che lo ha colpito colla perdita della madre, contessa Turati-Ponti.” 39 V. https://www.giornalistitalia.it/lassociazione-lombarda-giornalisti-ha-125-anni/.

29


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum

1905, Palazzo Emilio Turati, all'epoca sede dell'Unione Cooperativa di Milano, ai civici 9 e 11 di via Meravigli (fonte https://www.milanoattraverso.it/ma-persona/16/luigi-buffoli/)

Turati ne mantenne la presidenza fino al 1900, ampliando la rete di relazioni in una delle città europee più effervescenti, motore economico del giovane Regno d’Italia. Una città in cui la sperimentazione (fatta di compagnie elettriche e delle prime società per azioni telefoniche) si univa alla tumultuosa industrializzazione e alla ricerca, talora, di soluzioni per migliorare la qualità della vita degli abitanti (538.478 nel 1901, in crescita del 52,1% rispetto a vent’anni prima!40) e della nuova classe operaia41. Nel 1901, vendette Villa del Soldo Turati ad Orsenigo, dov’era nato. In quegli anni di inizio Novecento Ercole Turati conobbe Luigi Buffoli, antesignano del welfare ambrosiano, fondatore a Milano nel 1876 dell’Unione Cooperativa, la più importante cooperativa di consumo in Italia. A Luigi Buffoli, Emilio Turati vendette nel 1905 il Palazzo di via Meravigli 9-11, spostando la residenza in piazza Sant’Alessandro, a due passi dal Duomo. Palazzo Emilio Turati fu dunque ristrutturato dall’arch. U. Stacchini, adattandolo a sede dei grandi magazzini di vendita dell’Unione Cooperativa.42 40

Popolazione di Milano dal 1861 al 2016, v. http://www.comuni-italiani.it/015/146/statistiche/popolazione.html. Solo due anni prima si erano avuti, in città, i cd. moti di Milano, rivolta popolare contro il Governo tra il 6 e il 9 maggio del 1898. Gli scontri seguirono manifestazioni da parte di lavoratori delle fabbriche, che scesero in strada contro la polizia e i militari per protestare contro le condizioni di lavoro e l'aumento del prezzo del pane, come avvenne in altre città italiane nello stesso periodo. Le notizie da Milano convinsero il Governo a dichiarare lo stato d'assedio, con passaggio di poteri al generale F. Bava Beccaris. Egli agì duramente per soffocare ogni forma di protesta; l'utilizzo indiscriminato delle armi da fuoco e di cannoni in città, portarono il risultato desiderato, ma anche numerose vittime (tra le 80 e le 300, a seconda delle fonti), spesso semplici astanti. I «cannoni di Bava Beccaris» passarono alla storia come simbolo di un'insensata e sanguinosa repressione. 42 “(…) Fu durante il primo ventennio del secolo che, in particolar modo a Milano, fecondo laboratorio del socialriformismo di governo, il movimento cooperativo di consumo ascese alla solidità e maturità imprenditoriale dando vita, anche, a iniziative innovative come il primo Consorzio lombardo di acquisti per il rifornimento delle cooperative di consumo, promosso dalla Società Umanitaria nel 1904, o i pressoché contemporanei tentativi di concentrazione delle cooperative (…)”. Così M. Granata e F. Lavista 41

30


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Nel 1906, in occasione della storica

Esposizione

Internazionale di Milano, detta anche

Esposizione

Internazionale del Sempione, Turati

fu

membro

Commissione (presieduta

della Agraria

dal

Sen.

Giulio

Vigoni) del Comitato Esecutivo dell’Esposizione Internazionale; Unione Cooperativa, copertine cataloghi 1915 e 1919 (f.te: https://www.milanoattraverso.it/ma-persona/16/luigi-buffoli/)

l’edizione speciale di quell’anno della Guida Commerciale ed Industriale della Lombardia,

edita dall’editore Emilio Ravagnati di Milano, lo indica, tra l’altro, quale Direttore della Biblioteca della Società dell’Unione (esclusivo circolo per gentiluomini avente sede in via Manzoni). Ma Emilio Turati fu anche Presidente effettivo della Società Lombarda per le Corse di Cavalli di Brera, che nel 1888 aveva costruito il primo Ippodromo di Milano in zona San Siro43 e che nel 1909 costruirà la pista del galoppo sui terreni del Comune di Trenno (adiacente a Milano) e un trottatoio coperto di 500 metri per gli allenamenti invernali; per poi ricostruire (in stile Liberty e Neoclassico), le strutture dell’Ippodromo, i cui lavori inizieranno nel 1914, saranno interrotti durante la Grande Guerra e conclusi nel 192544. All’inizio del Novecento, l’ippica era tra gli sport che, con ginnastica e canottaggio, raccoglieva il maggior numero di appassionati. Una grande passione per Emilio Turati e in generale per l’alta borghesia e nobiltà italiana: che avvertiva, così, forse più vicina la monarchia sabauda, talora percepita come distante, poco propensa alle public relation. Ciò non valeva per Emilio Turati,

in “Continuità culturale e responsabilità identitaria”, in Coop Lombardia, L’impresa e la responsabilità ereditaria - Coop Lombardia, Milano, Centro per la cultura d’impresa, Milano, 2004, p. 11. 43 Ippodromo progettato da Giulio Valerio nell'area di via De Vincenti. L'iniziativa fu promossa principalmente da Emilio Turati (v. http://www.storiadimilano.it/cron/dal1881al1890.htm, voce 10 maggio 1888). 44 La Commissione Esecutiva incaricata della ricostruzione dell’Ippodromo fu composta dai Conti E. Turati, Negroni Prati Morosini, G. Durini e dal Senatore Bocconi. Cognomi, che abbiamo tuttora ben presenti, a Milano. Un articolo di A. Cagnato pubblicato da ilGiornale.it del 26.04.07, fornisce un quadro della giornata inaugurale: “(…) L’impianto fu inaugurato il 25 aprile e richiamò sulle avveniristiche tribune oltre trentamila spettatori: mai più l’ippodromo riuscì a superare questo record. I milanesi si trovarono di fronte un capolavoro che li sbalordì: basti pensare che i dirigenti dell’ippodromo avevano voluto curare i particolari in modo maniacale, affidando il disegno del maestoso parco a Nicola Benois, affermato scenografo del Teatro alla Scala. E i tigli che abbellivano il viale che portava al ristorante erano stati voluti dal conte Emilio Turati, primo presidente della Sire [Società per l’Incoraggiamento delle Razze Equine], che se li fece cedere per l’ippodromo da un suo grande amico, il Sindaco Amerigo Ponti. Quei tigli, infatti, circondavano il monumento di Leonardo da Vinci in piazza della Scala, ma il Comune aveva deciso di reciderli (…) perché ostacolavano la visione della statua dell’autore della Gioconda. Questo aneddoto ci sembra spieghi in modo esauriente con quale slancio e competenza i dirigenti dell’ippodromo erano soliti impegnarsi per dare ai milanesi qualcosa di veramente degno della «capitale morale». (…)” (v. https://www.ilgiornale.it/news/galoppo-san-siro-parco-pi-sicuro-milano.html). L’ippodromo di San Siro è l’unico al mondo dichiarato monumento d’interesse nazionale.

31


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum amico privato di Re Umberto I, che con la famiglia soggiornava alla Villa Reale di Monza nelle stagioni estiva ed autunnale, raggiungendo a cavallo o in carrozza, appena possibile, il borgo di Erba Incino (nel 1890 così era denominato il comune

brianzolo

di

Erba),

dotato

di

un

ippodromo - detto “dell'Eupilì” -, costruito e gestito dall’amico Conte Emilio45. Il

quadro

che

abbiamo

descritto

ci

fa

comprendere l’evoluzione delle attività della famiglia

Turati:

già

dal

primo

decennio del Novecento, i Turati cessarono di occuparsi direttamente delle loro aziende, chiudendo la parabola

della

imprenditori

famiglia

fattisi

“da

di

sé”

per

avviarne una meno “produttiva”. Emilio

Turati

sarà

anche

Vice

Presidente della Società del Lario per le Corse di Cavalli e Direttore della Società Varesina per le Corse di Corse di Cavalli. Dagli Anni Trenta del secolo scorso al 2007, l’ippodromo di San Siro ha

ospitato

un

prestigioso

evento

ippico annuale: il Premio Emilio Turati. Negli Anni Venti del Novecento, a Gardone Riviera, Villa Ruhland, Torre San Marco

Gardone Riviera, sul lago di Garda (prov. di Brescia),

Turati acquistò la settecentesca Villa Ruhland46, residenza immersa in un giardino e parco secolare posta tra la strada Gardesana e il lago, dotata di darsena, a pochi metri dalla

45

Un divertente articolo di G. Casnati pubblicato da laprovinciadicomo.it racconta di un incidente accaduto a fine estate del 1890 alla Regina d’Italia Margherita di Savoia, moglie di Re Umberto I e madre del futuro Re Vittorio Emanuele III, recandosi, appunto, a questo ippodromo costruito da Emilio Turati: https://www.laprovinciadicomo.it/stories/cultura-espettacoli/59104_e_a_erbala_regina_arriv_alle_corse._a_piedi/ . 46 Villa Ruhland significa “terra di pace”, dal tedesco Ruhe e Land.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum novecentesca torre San Marco47. Su tre livelli, estesa su un’area di 3.000 mq, dagli ambienti assai ricercati con soffitti a volta, affrescati con decorazioni e colori del Seicento48. Nel frattempo in via Meravigli 9 a Milano, il “nostro” Palazzo, passava nuovamente di mano. Nel 1914, la Camera di Commercio (all’epoca denominata Consiglio provinciale dell’Economia) si era trasferita dalle Scuole Palatine in piazza Mercanti, al Palazzo ai Giureconsulti. Dal 1922, cercava però spazi per una sede unica della Borsa di Milano, ove trattare merci e valori: titoli azionari, debito pubblico e obbligazioni.

Nel

1925

l’Unione

Cooperativa,

proprietaria del palazzo di via Meravigli 9-11, in difficili condizioni finanziarie, decise di alienare l’edificio. Le esigenze dei due soggetti si incontrarono e nel dicembre 1925 fu definito l’acquisto di Palazzo Emilio

La Borsa di Milano, copertina di G. Tabet per il volume pubblicato nel 1932 in occasione del trasferimento della Borsa (fonte: La Borsa di Milano. Dalle origini a Palazzo Mezzanotte - Camera di Commercio Milano, 1993)

Turati da parte della Camera di Commercio. Incaricato l’arch. P. Mezzanotte di uno studio per adeguare l’edificio di via Meravigli 9-11 alle esigenze di Borsa del tempo (e prossime), questi si convinse - e con lui, i vertici camerali dell’epoca - che i lavori sarebbero stati di tale rilievo da snaturare l’edificio: e che era, piuttosto, opportuno procedere alla costruzione di un nuovo immobile, specializzato e pensato in funzione delle attività che vi si sarebbero svolte. Dove costruirlo? Alle spalle di Palazzo Francesco Turati e contiguo a Palazzo Emilio Turati, con la facciata che avrebbe dovuto aprirsi su una nuova piazza (l’attuale piazza Affari). Superate le immancabili lentezze, gli scogli amministrativi, i ricorsi e le tensioni della committenza, i lavori della nuova Borsa iniziarono nell’agosto del 1929 e si conclusero a fine 1931. È in questa occasione che furono rinvenute ulteriori vestigia del Teatro romano di Mediolanum e che nel nostro racconto s’inserisce una donna di grande importanza: Alda Levi. 47

La torre fu denominata San Marco da Gabriele D’Annunzio, che la restaurò in stile medievale e la dotò di darsena per ospitarvi uno dei tre Mas (motoscafo anti sommergibile) con i quali, durante la Prima Guerra Mondiale, aveva effettuato l’incursione denominata Beffa di Buccari. 48 Nel secondo conflitto mondiale, ai tempi della Repubblica Sociale Italiana (set. 1943-apr. 1945) o Repubblica di Salò, la villa fu requisita ed utilizzata dal Giappone come Ambasciata; al termine della guerra, tornò in possesso dei Turati. Per una storia della villa, dei personaggi che la frequentarono e dei suoi passaggi di proprietà, v. http://www.gardanotizie.it/in-vendita-lex-ambasciata/ e https://www.giornaledibrescia.it/garda/all-asta-la-storica-villa-ruhland-prezzo-base-2-7-milioni-1.3072818

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Prima di riferire del contributo che ella apportò alla conoscenza di Mediolanum, qualche parola per concludere quello sulla famiglia Turati. Avevamo lasciato Emilio Turati acquirente, negli Anni Venti del secolo scorso, di una settecentesca villa sul lago di Garda. Non sappiamo quando, ma ormai libero da impegni imprenditoriali, immobiliari o finanziari, Turati vi si trasferì definitivamente, rientrando solo saltuariamente a Milano. Grande Ufficiale del Regno d’Italia, insignito della benemerenza civica milanese (la Medaglia d’oro, detta Ambrogino d’oro) nel 193749, Emilio Turati morì a Villa Ruhland a Gardone Riviera (prov. di Brescia) nel 1938, all’età di 79 anni.

49

Fonte: Le Civiche Benemerenze nella storia - Comune di Milano. V. www.comune.milano.it/documents/20126/60406048/Civiche+Benemerenze+Elenco+Aggiornato+2019.pdf/326e59bc-3529b204-894d-7dbf8adb543c?t=1578407087240; l’Ambrogino d’Oro fu istituito nel 1925, quando era Podestà di Milano Ernesto Belloni.

34


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Vittorio Turati, l’incisore Figlio di Ercole Turati (1829-1881) e di Luigia (detta Luisa) Ponti Gavazzi (morta nel 1902), fratello minore di Emilio, Vittorio Turati, nato il 18 febb. 1860, rotariano, fu cultore di Geologia e inventore della tecnica di stampa simultanea dei colori detta sincromia. Appassionato editore, incisore di fama, fu titolare degli Stabilimenti Riuniti V. Turati & M. Bassani. Suo un brevetto per la riproduzione foto-elettrica dal vero atto a stampare le immagini tipografiche. Ercole e Vittorio Turati furono gli ultimi proprietari della famiglia del palco n. 7 del secondo ordine del settore sinistro al Teatro alla Scala (cd. Palco del Sovrintendente), che nel 1902 venderanno alla Vittorio Turati, ritratto nel 1930 da E. Sommariva (fonte: http://www.lombardiabeniculturali.it/fotografie/schede/IMM2y010-0007364/)

famiglia Del Maino. Come il fratello Ercole, Vittorio Turati morì nel

1938, ma all’età di 78 anni. ……………………………………………………… In questi articoli abbiamo incidentalmente più volte citato il nome di una donna, Alda Levi. Una persona profondamente legata alla storia del Teatro Romano di Mediolanum e della Milano del Novecento. Accademica e Archeologa della cui vita e vicissitudini, personali e professionali, possiamo ora occuparci.

35


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Alda Levi, pioniera dell’Archeologia italiana50 Alda Levi (Bologna, 16 giu. 1890 - Roma, 23 giu. 1950)

è

stata

un’archeologa

italiana,

Ispettore

Archeologo presso varie Soprintendenze e presso la sezione numismatica del Museo Nazionale Romano. Nata in una famiglia medio-borghese51, la Levi frequentò il Liceo Classico “Tito Livio” di Padova. Conseguita nel 1913 la laurea in Filologia classica e il diploma in Magistero presso l’Università degli Studi di Padova, Alda Levi iniziò la carriera di Ispettrice nel 1915 presso la Soprintendenza Archeologica di Napoli (diretta da Vittorio Spinazzola52) e ai Musei delle province di Napoli, Caserta, Avellino, Salerno, Benevento e di Campobasso. Si occupò di rinvenimenti nei Campi Flegrei e a Sorrento (1920). Fu tra le pochissime donne attive nell’amministrazione delle Antichità e Belle Arti dell’epoca.

Alda Levi ritratta a Milano il 13 dic. 1930 dal fotografo Emilio Sommariva (f.te: Biblioteca Naz.le Braidense, fondo Sommariva)

50

Riprendiamo con piacere il titolo del fondamentale contributo pubblicato da A. Ceresa Mori, già funzionario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia da cu abbiamo tratto buone parte delle informazioni su A. Levi Spinazzola: Alda Levi: una pioniera dell’archeologia italiana, in Archeologia classica e post-classica tra Italia e Mediterraneo, Scritti in ricordo di Maria Pia Rossignani, Contributi di Archeologia, Vita e Pensiero, Milano, 2016. 51 Il padre Lamberto era ingegnere, la madre, Beatrice (Bice) Cattelan. Alda Levi fu la primogenita. Il fratello Giorgio Renato (Ferrara 1895-Pavia 1965) si laureò con il massimo dei voti in Chimica a Padova nel 1916. Ricercatore di livello internazionale, nel 1920 fu assistente alla cattedra di Chimica generale e analitica presso l’Istituto Tecnico Superiore (Politecnico) di Milano e nel 1921 ottenne la libera docenza in Chimica generale. Dal 1927 presso l’Università degli Studi di Milano, coprì la cattedra di Chimica fisica nella nuova facoltà di Scienze matematiche fisiche e naturali. Trasferitosi all’Università di Pavia nel 1936, vi insegnò Chimica generale. Da poco vedovo con due figli, nel 1938 fu raggiunto dalle leggi razziali (L. 6 ott. 1938) e “dimesso dal servizio”. Espatriato in Olanda e in Svizzera, si risposò e nel 1940 raggiunse il Brasile, dove a San Paolo fondò un importante laboratorio di ricerche ed analisi per conto della Industrie Riunite Matarazzo. Nel 1942, l’Università di San Paolo gli affidò la cattedra di Chimica fisica. Rientrato in Italia nel 1949, fu più volte docente universitario a Pavia e, ancora, in Brasile. Morì a Pavia nell’aprile 1965. 52 Vittorio Emanuele Spinazzola (Matera, 2 apr. 1863 - Roma, 13 apr. 1943), laureatosi a Napoli, ne frequentò il mondo culturale di fine Ottocento, coltivando amicizie come Francesco Saverio Nitti, Benedetto Croce e Gabriele D'Annunzio e componendo, con i primi due, parte del gruppo goliardico di studiosi detto dei “Nove Musi”. Nel 1889 vinse il concorso per entrare alla Reale Scuola Italiana di Archeologia. Nel 1903 ottenne la libera docenza in Archeologia all'Università di Napoli. Archeologo, politico e letterato, il geniale contributo della sua attività è l'introduzione di nuovi metodi di scavo (“per strade”), la conservazione dei piani superiori delle abitazioni di Pompei (studiando l’architettura delle insulae, i “condomini” di Roma antica), lo scavo stratigrafico conservativo, metodi poi seguiti dai successori. Tra il 1910 ed il 1923 realizzò gli scavi di Via dell'Abbondanza, restituendoci le vivaci testimonianze della vita pubblica e privata della città vesuviana pubblicate postume. Importanti furono anche i suoi contributi dell’esplorazione archeologica, a Cuma, dell'Antro della Sibilla e del Tempio di Apollo. La carriera lo vide dal 1893 Ispettore nell’Amministrazione provinciale per l’Arte Antica, mentre tra 1895 e 1896 ebbe incarichi al Museo Archeologico di Bologna e al Museo Nazionale di Taranto. Segretario e Capo di Gabinetto del Ministro della Pubblica Istruzione E. Gianturco nel 1897 (Presidente del Consiglio era A. Starabba di Rudinì), dal 1898 al 1910 fu Direttore del Museo di S. Martino di Napoli, periodo in cui condusse i primi scavi scientifici a Paestum, durante i quali scoprì i rivestimenti della Basilica e i principali monumenti del Foro. Dal 1910 fu Direttore del Museo Nazionale di Napoli, dall'anno successivo fu Soprintendente agli Scavi e ai Musei delle province di Napoli, Caserta, Avellino, Salerno, Benevento, Campobasso. Tra i vari uffici, dal 1919 fu Soprintendente ai Monumenti e alle Gallerie delle province che dirigeva. Massone, a causa del suo atteggiamento critico nei confronti di B. Mussolini, nel 1923 dovette lasciare la direzione degli scavi di Pompei e, dal giugno 1924, l’incarico di Soprintendente.

36


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Legata ad un ambiente culturale antifascista di stampo liberale, che aveva come punto di riferimento Benedetto Croce, la Levi conobbe Vittorio Emanuele Spinazzola a Napoli nel 1915, all’età di venticinque anni. Suo Dirigente, Spinazzola era una mente brillante, fine intenditore d'arte, ben introdotto a Roma presso i Ministeri. Un’amicizia lo legava al Ministro del Tesoro e Vice Presidente della Camera dei Deputati G. De Nava (membro del secondo Governo Nitti), da cui nel 1920 ottenne un cospicuo finanziamento (mezzo milione di lire) per il suo programma di scavi e restauri a Pompei. Nella località vesuviana, gli scavi erano stati avviati sin dal 1748 durante il regno di Carlo di Borbone. Ma erano scavi discontinui, senza piani sistematici. A Spinazzola, l’Archeologia deve una profonda svolta nei metodi di lavoro: egli abbandonò le ricerche nell'area settentrionale di Pompei per concentrarsi nei

Vittorio E. Spinazzola, ritratto negli Anni Venti del XX sec. (f.te: https://www.sassilive.it/cultura-espettacoli/terza-pagina/la-storia-siamo-noi-ninovinciguerra-racconta-la-storia-di-vittorio-spinazzola )

quartieri meridionali, sino ad allora poco esplorati, procedendo con scavi secondo le direttrici stradali dell'impianto urbano. Era convinto che inadeguati sistemi di scavo avevano causato la distruzione dei piani superiori degli edifici, la cui presenza era ampiamente attestata dagli affreschi sino ad allora rinvenuti a Pompei. Le ipotesi di Spinazzola si rivelarono corrette: lo scavo di via dell'Abbondanza, principale arteria della città, condotto secondo rivoluzionarie tecniche stratigrafiche, mise in luce i prospetti degli edifici a più piani, rivelando l'aspetto produttivo e commerciale della città romana. Spinazzola procedette dunque in modo sistematico, tenne resoconti di scavo più dettagliati, lasciò sul posto affreschi e dipinti (che precedentemente venivano staccati e portati al museo di Napoli). Introdusse anche il metodo dei calchi in gesso, che recupera l'immagine delle vittime dell'eruzione. Ma la carriera di Spinazzola si arrestò nel 1922, quando il regime fascista de facto esautorò il Governo presieduto da Francesco Saverio Nitti (amico di Spinazzola): evento che contribuì a rendere Spinazzola un convinto (e noto) oppositore del Fascismo. A quel punto Alda Levi, coinvolta nella caduta in disgrazia di Spinazzola, con il quale negli anni il rapporto professionale era evoluto in profondo legame affettivo, fu costretta a trasferirsi. 37


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Nel 1923 ottenne la libera docenza in Archeologia presso l’Università di Bologna e vi si trasferì per un breve periodo, poi dal dicembre 1924 fu trasferita a Milano. Qui, l’Ispettore Levi divenne responsabile del locale Ufficio distaccato della Soprintendenza alle antichità di Torino e successivamente della Soprintendenza ai Musei e Scavi di Lombardia, Piemonte e Liguria, con Ufficio distaccato per la Lombardia, avviando il coordinamento

regionale

della

tutela

territoriale dei beni archeologici. Fine studiosa di antichità greco-romane, si interessò delle arti plastiche, in particolare della grande statuaria: un vero e proprio “caposaldo”, in merito, sono i suoi studi (1925) sulle sculture greche e romane del Palazzo Alda Levi, biglietto autografo

Ducale di Mantova, pubblicati nel 1931. A 35 anni, per la Levi si apriva un periodo intenso: in quanto donna le era precluso aspirare

alla carica di Soprintendente (il regime era discriminatorio nei confronti dell’occupazione femminile), ma le si devono, tra gli altri, il ritrovamento di una necropoli romana ad Angera (prov. di Varese), la creazione del nucleo del Museo Archeologico di Bergamo, la valorizzazione di un imponente complesso di mosaici romani rinvenuti a Desenzano (prov. di Brescia) e risalenti alla seconda metà del II sec. d.C. (età degli Antonini). Ma a Milano soprattutto, Alda Levi sviluppò un’intensa attività pionieristica con importanti risultati sulla topografia della città: 

il riconoscimento del più antico circuito delle mura repubblicane (1925);

il rinvenimento di resti del Teatro (dopo quelli emersi tra il 1880 e il 1884 nel corso della costruzione di Palazzo E. Turati, riconosciuti da P. Castelfranco53: in particolare, della scena e del porticus post scaenam sottostanti il cantiere di costruzione del Palazzo della Borsa, di cui la Levi scrisse per la Reale Accademia dei Lincei nel 1930);

53

Castelfranco fu autore, tra l’altro, fra il 1904 e il 1912, del riordino di tutti i materiali preistorici e protostorici del Museo Patrio di Archeologia - nucleo dell’attuale esposizione paletnologica al Castello Sforzesco -, dopo il loro trasferimento da Brera al Castello.

38


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum 

e, nel 1936, dell’Anfiteatro.

Tra il 1925 e il 1939, Alda Levi fu l’unico

funzionario

responsabile

della tutela archeologica nel territorio lombardo, in anni di grande sviluppo edilizio, particolarmente a Milano. A Milano abitò in viale Romagna 37, in un edificio ancora esistente, ora in zona Città

Studi.

minuta,

con

Possiamo pochi

immaginarla, collaboratori,

ispezionare i cantieri e gli sterri degli edifici che furono edificati in quegli anni nel centro cittadino (e non solo): tra il 1928 e il 1934, il volume del costruito aumenterà in poco tempo del 40%.

Ott. 1929, vestigia romane portate alla luce durante i lavori di costruzione di Palazzo Mezzanotte (fonte: Archivio Camera di Commercio)

In centro, basta ricordare i cantieri delle le sedi della Banca d’Italia, del Banco di Roma, della nuova Borsa e le discussioni con ingegneri e architetti, operai, per lo più infastiditi dalle sue visite. Ah già ecco: il Palazzo della nuova Borsa. Scavi 1929-1930, Alda Levi a destra del gruppo (f.te: https://www.milanoattraverso.it/alda-levi-e-lantiquarium-dimilano/)

Contattata nell’autunno del 1929 dall’arch. P. Mezzanotte,

cui

il

Consiglio

Provinciale

dell’Economia aveva affidato l’incarico per la costruzione del nuovo palazzo della Borsa, Alda Levi riuscì a preservare resti del Teatro nel sotterraneo

dell’edificio

ed

ebbe

accesso,

ovviamente, a quelli sottostanti Palazzo Emilio Turati, ottenendo, tra l’altro, la conservazione delle

palificazioni lignee

in

quercia delle

fondazioni dell’edificio teatrale. Ragionando sulle strutture rinvenute del Teatro Romano, ne ipotizzò

la

successiva

musealizzazione

e

apertura al pubblico. Nel 1931, infatti, nell’intento di restituire alla città la sua dimensione storica, Alda Levi, in un articolo dedicato al Teatro, 39


La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum scriveva: “(…) Ai visitatori e ai frequentatori degli

affollati

ambienti

dei

piani

superiori (della Camera di Commercio e

della

Borsa),

sarà

possibile

scendere nei silenziosi scantinati, dove quiete lampade illumineranno le venerande

vestigia

del

Teatro

romano. E ancora una volta, la febbrile attività di Milano creerà uno dei più singolari contrasti tra il vecchio e

il

nuovo,

tra

l’antica

e

la

modernissima vita.” (Alda Levi, Il teatro romano di Milano, in Historia Studi Storici per l’Antichità classica, V,1 Milano-Roma 1931, p. 42.). Chi dal 2008 ad oggi ha visitato il Museo Sensibile del Teatro Romano sottostante Palazzo Emilio Turati, può confermare che tale desiderio è stato rispettato nell’allestimento voluto dalla Camera di Commercio. Libero docente in Archeologia all'Università di Bologna dal 1931, nel 1932 Alda Levi sposò Vittorio Emanuele Spinazzola, all’epoca lei quarantaduenne e il marito sessantanovenne. L’immagine sopra mostra una lettera del set. 1932 inviata dalla Levi al Consiglio Provinciale dell’Economia Corporativa di Milano, con la quale la Levi chiedeva la conservazione delle palificazioni lignee delle fondazioni del Teatro. Di origine ebrea e moglie di un noto antifascista, come ricorda A. Ceresa Mori, “(…) la Levi nel corso degli anni ’30 doveva essere venuta a trovarsi in una situazione di progressivo isolamento (…) anche se già nel 1936 erano iniziate le prime avvisaglie delle leggi razziali, con una campagna di stampa antiebraica. Essa sfocerà nel “Manifesto del Razzismo Italiano” e nella legislazione razziale del 1938, con norme in alcuni casi anche più persecutorie di quelle vigenti in Germania nello stesso periodo. (…)”.54 Eppure, gli inediti “Giornali di scavo” autografi, conservati nell’archivio della Soprintendenza di Milano, testimoniano un’instancabile attività, svolta con professionalità e dedizione per la tutela dei 54

Un interessante documentario, dal titolo Le leggi razziali, è disponibile su RaiPlay per la serie televisiva La Grande Storia (2018) all’indirizzo internet https://www.raiplay.it/video/2017/12/La-Grande-Storia-1938-Le-leggi-razziali-e35bd4b1-105f-45ab-893ae3f960ee09b3.html

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum materiali archeologici e per la sistematica pubblicazione dei rinvenimenti fortuiti. Tra questi, di particolare rilievo fu quello della cosidetta Patera di Parabiago (piatto rituale d'argento, della seconda metà del IV sec., immagine a lato), rinvenuta nel 1907 a Parabiago (prov. di Milano) e ora conservata al Civico Museo Archeologico di Milano. Il piatto, di pregevole fattura, ha un diametro di circa 40 cm e pesa circa 3,5 kg. Decorato a sbalzo con tracce di doratura, raffigura soggetti mitologici su un carro trainato da leoni. Ma dall’inizio del 1939 il nome di Alda

Patera di Parabiago, Museo Civico Archeologico di Milano (fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Patera_di_Parabiago_-_MI__Museo_archeologico_-_Cibele_e_Adone__Foto_Giovanni_Dall%27Orto_2_-_25-7-2003.jpg

Levi scompare dall'archivio della Soprintendenza. Il 2 giugno 1939, anno accademico 1938-39, essendo ebrea, la Levi fu costretta a lasciare l'insegnamento a seguito dell'entrata in vigore della legislazione antisemita per «la difesa della razza».

(fonte: https://www.ilpost.it/2018/09/05/leggi-razziali-fasciste/)

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum La

sospensione

Soprintendenza

dal

servizio

dalla

deve

esser

stata

improvvisa, visto che suoi libri e documenti, chiusi a chiave in ufficio, furono recuperati e inviati a Roma, nel 1947, da un fedele custode55. Alda Levi e il marito continuarono a vivere in viale Romagna (lo conferma il censimento del 1942 degli ebrei residenti in Milano, redatto dal Comune per la Prefettura56), ma in condizioni di semi clandestinità e continuo pericolo. Fino all’inizio del 1943, la Levi aiutò il marito a lavorare all’edizione di un’opera sugli scavi condotti

da

Spinazzola

in

via

dell’Abbondanza a Pompei. Nei primi mesi dell’anno si trasferirono a Roma

clandestinamente:

Spinazzola, 2 giugno 1939, il Ministero dell'Educazione Nazionale dichiara decaduta Alda Levi dalla libera docenza in quanto “di razza ebraica” (f.te: Archivio Storico Università di Bologna)

ormai

ma

qui

ottantenne,

morì

nell’aprile del 1943. Nell’agosto del 1943, gli Alleati scatenarono

su Milano un violento bombardamento aereo durato tre giorni, che - tra l’altro - ridusse in macerie il Teatro alla Scala, Palazzo Marino (sede del Municipio) e la Galleria Vittorio Emanuele. A Milano, aveva sede la casa editrice Hoepli, dove erano custodite le bozze degli scritti di Spinazzola su Pompei. La sede della Hoepli fu colpita e gran parte dei macchinari, e dei materiali in corso di stampa, andò distrutto. Fortunatamente, una copia degli studi di Spinazzola si salvò. Durante la permanenza a Roma, Alda Levi fu aiutata dalla famiglia di Salvatore Aurigemma (genero di Spinazzola, ne aveva sposata Maria Giulia, figlia del primo matrimonio): dirigente di Soprintendenza romana, egli la nascose nel Museo (allora chiuso) delle Terme di Roma e poi, sino alla fine del secondo conflitto mondiale, in un istituto religioso. Le leggi razziali furono abrogate solo dopo l’annuncio dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati (8 set. 1943). Il Governo italiano 55

Il fedele collaboratore fu Antonio Silvani, nel cui appartamento di famiglia Alda Levi fu ospitata quando, malata di cancro, dovette farsi operare e nascondersi. I suoi mobili furono presi in consegna da Silvani, che accompagnò a Roma la Levi e lo Spinazzola, sotto falsa identità, in un avventuroso viaggio. 56 Rubrica degli ebrei residenti in Milano, 13 mag. 1942, custodita presso la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum

(fonte: https://www.arsvalue.com/it/aste/406/asta-n-106arte-moderna-e-contemporanea-arredi-e-dipinti-argenti-egioielli/inline?page=22&PageSize=12

Vittorio Emanuele Spinazzola (fonte: https://www.sassilive.it/cultura-e-spettacoli/terzapagina/vittorio-emanuele-spinazzola-il-genio-dellacitta-trogloditica/)

procedette però con una certa lentezza: la cancellazione delle norme razziste antisemite avvenne tra il 1944 e il 194757. Conclusa la guerra, Alda Levi fu reintegrata presso la Soprintendenza di Roma e, il 7 giu. 1945, riammessa all'insegnamento. Convertitasi alla religione cattolica, la Levi non riprese ad insegnare: malata, dedicò gli ultimi anni, con S. Aurigemma, al completamento del riordino degli appunti di scavo del marito, che furono pubblicati dalla Libreria di Stato nel 1953 (a dieci anni dalla scomparsa del marito) con il titolo Pompei alla luce degli scavi nuovi di Via dell’Abbondanza (anni 1910-1923). La nostra archeologa non riuscì a vedere il frutto di tale impegno: all’età di sessant’anni morì di cancro, a Roma, il 23 giugno 1950. Milano ha intitolato ad Alda Levi il Parco Archeologico dell’Anfiteatro romano-Antiquarium cittadino. Sito in via E. De Amicis 17 e ospitato nell’antico monastero di Santa Maria della Vittoria, esso costituisce un complesso articolato in museo ed area archeologica dell’Anfiteatro romano di 57

Il provvedimento fu adottato dal Governo Badoglio il 20 gen. 1944 e s’intitolava “Disposizioni per la reintegrazione nei diritti civili e politici dei cittadini italiani e stranieri già dichiarati di razza ebraica o considerati di razza ebraica”.

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Milano. Milano e la Lombardia sono in debito verso questa studiosa, la cui attività è stata per lungo tempo ignorata, quasi cancellata. Come ricordato in precedente articolo (cui volentieri si rinvia), l’area dell’Anfiteatro di Milano è in questi mesi interessata da un innovativo progetto di valorizzazione green elaborato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Milano. La stessa Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi non manca di ricordare ai visitatori del Museo Sensibile del Teatro Romano, il contributo di Alda Levi alla conoscenza di Mediolanum e tramite i propri funzionari e stagiaire, la sua sensibilità e attenzione sono trasmesse alle migliaia di visitatori delle vestigia del Teatro sottostanti Palazzo Emilio Turati, sede legale dell’Istituzione camerale. Il silenzio che ha circondato per lungo tempo l’opera di Alda Levi è spiegabile se si tiene conto degli eventi che incisero sulla sua vita personale e professionale: il Fascismo, la Seconda Guerra Mondiale, il dopoguerra. Abbiamo ora forse riparato a questa omissione, facendo riemergere la tensione morale, la passione e l’opera di una donna straordinaria della prima metà del Novecento. Donna alla cui opera, di studio e tutela, spetta il giusto riconoscimento.

Museo Sensibile del Teatro Romano di Milano https://www.milomb.camcom.it/teatro-romano Accesso visitatori da Via San Vittore al Teatro, 14 20123 Milano Visite sempre guidate e gratuite, per le quali è obbligatoria la prenotazione. Superata la fase pandemica, i resti del Teatro Romano torneranno ad essere visitabili da parte di Scuole, privati o gruppi, di norma il martedì e il giovedì dalle 9:30 alle 12:30. Prenotazioni e informazioni via mail (teatroromano@mi.camcom.it) o telefonicamente: 02 8515 4378-4593 (orari d’ufficio). Le visite guidate sono possibili in quattro lingue: italiano, inglese, francese, spagnolo. Il Museo Sensibile del Teatro Romano è accessibile anche a persone con disabilità motoria. Nel 2019, ha ottenuto il Certificato di eccellenza TripAdvisor. Nel 2020, ha ottenuto il TripAdvisor Traveller’s Choice. (https://www.tripadvisor.it/Attraction_Review-g187849-d12190803-Reviews-Teatro_RomanoMilan_Lombardy.html

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum

a cura di Andrea Preti | UO Immagine, comunicazione integrata ed engagement Fonti: Origini e sviluppi dell'industria cotoniera bustese, di R. Riccardi, Busto Arsizio, Unione degli Industriali, 1953 Turati Francesco Antonio, di S.A. Conca Messina, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 97, 2020 L’Industria italiana dall’Ottocento a oggi, di V. Castronovo, Mondadori, Milano, 1980, pp. 8-15 L’Intelligenza produttiva. Imprenditori tecnici e operai nella Società d'incoraggiamento d'arti e mestieri di Milano (1838-1988), di C. G. Lacaita, Electa, Milano, 1990, pp. 135-145, 317, 358 Botteghe storiche di Milano, vol. 2, Comune di Milano-Camera di Commercio di Milano, 2007, p. 31, 37 Botteghe storiche di Milano, vol. 4, Comune di Milano-Camera di Commercio di Milano, 2009, p. 118 Monumenta MilanoArchitettura Edicole, Scuola di Architettura e Società Laboratorio di Rappresentazione Esercizi di rilievo | Monumentale, a c. di L. Krasovec Lucas, scheda di F. Varè, D.M. Zubani, Il Papiro, Novate Milanese, 2012, pp. 60-61 Fondo Pompeo Castelfranco (1870-1913), Civica Biblioteca Archeologica e Numismatica di Milano Il teatro romano di via Meravigli, di P. Castelfranco, Milano, 1884, in “L’Italia. Giornale del popolo” II,461 (28-29 marzo 1884) L’area archeologica del teatro romano di Milano. Monumento e valorizzazione, di R. Viccei, in Stratagemmi 10-Prospettive teatrali, Pontremoli editore, Milano, 2009, pp. 12-17 Il Teatro Romano di Milano, di G. Facchinetti, R. Viccei, Milano, 2011, brochure istituzionale della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi destinata ai visitatori del Museo Sensibile del Teatro Romano Mediolanum e i suoi monumenti dalla fine del II secolo a.C. all’età Severiana, di F. Sacchi, in Contributi di Archeologia, Vita e Pensiero, Milano, 2012, pp. 61-90

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La storia (semi)seria del Teatro Romano di Mediolanum Ricostruzioni digitali per la conoscenza e la valorizzazione dei teatri antichi: usi, significati, questioni aperte, di R. Viccei, in Indagini archeologiche e ricostruzioni digitali per lo studio degli spazi teatrali greci e romani, a c. di M. Limoncelli, EDUCatt, Milano, 2019, pp. 83-148 Evoluzione storica e giuridica della tutela dei beni culturali dall’Unità d’Italia al Codice Urbani. Cenni sulla tutela paesistica, di F. Gargallo di Castel Lentini, in Diritto all’ambiente - testata giornalistica on line, 2006, pp. 1-6 La Stampa Sportiva, Torino, 23 mar. 1902, n. 10, anno I, sezione Notiziario Sportivo, p. 13 Continuità culturale e responsabilità identitaria, in COOP LOMBARDIA, L’impresa e la responsabilità ereditaria, di M. Granata e F. Lavista, Coop Lombardia, Milano e Centro per la cultura d’impresa, Milano, 2004, p. 11 Cenni storici della Borsa Valori di Milano, LSEG-London Stock Exchange, Album Storia Guida Commerciale ed Industriale della Lombardia, Emilio Ravagnati editore, Milano, feb. 1906 La Borsa di Milano. Dalle origini a Palazzo Mezzanotte, AA.VV., Camera di Commercio di Milano, Federico Motta, Milano 1993, pp. 13-67 Alda Levi: una pioniera dell’archeologia italiana, di A. Ceresa Mori, in Archeologia classica e post-classica tra Italia e Mediterraneo, Scritti in ricordo di Maria Pia Rossignani, Contributi di Archeologia, Vita e Pensiero, Milano, 2016, pp. 125-134. Il teatro romano di Milano, di A. Levi, in Historia, Studi Storici per l’Antichità classica, V,1 Milano-Roma 1931, p. 42 Pompei 1913. Omaggio a Vittorio Spinazzola. Intervista immaginaria a Vittorio Spinazzola, Direttore degli scavi di Pompei – 12 giugno 1913, di A. Langella, Vesuvioweb 2015 Pompei 1913. Le grandi imprese archeologiche d’Italia. Gli ultimi scavi di Pompei, omaggio a Vittorio Spinazzola, a c. di A. Langella, Vesuvioweb 2016 https://servizi.ct2.it/ssl/wiki/index.php?title=Meraviglia https://blog.urbanfile.org/2015/01/20/zona-cordusio-il-velo-su-via-meravigli/ https://www.milanocittastato.it/evergreen/evoluzione-popolazione-milanese-nel-tempo/ https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Busto_Arsizio https://it.wikipedia.org/wiki/Regno_Lombardo-Veneto https://it.wikipedia.org/wiki/Franz_Hartig http://civita.lombardiastorica.it https://it.wikipedia.org/wiki/Industria_preunitaria_lombarda https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-antonio-turati_Dizionario-Biografico/ https://servizi.ct2.it/ssl/wiki/index.php?title=Turati https://www.treccani.it/enciclopedia/ercole-turati_Dizionario-Biografico/ https://www.milomb.camcom.it/documents/10157/361381/il-perche-di-di-un-nome-premio-piazza-mercanti.pdf/db220f9e-ead34dc5-ae7d-fed390082e41 https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_Bagatti_Valsecchi https://it.wikipedia.org/wiki/Museo_Poldi_Pezzoli https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Mezzanotte https://www.palazzogiureconsulti.it/it/palazzo-francesco-turati/il-palazzo http://www.treccani.it/enciclopedia/pompeo-castelfranco_Dizionario-Biografico/ http://www.urfm.braidense.it/palchi/cronstoria_query.php?Settore=sinistro&Ordine=2&Palcord=&Palco=7 http://www.urfm.braidense.it/palchi/cronstoria_query.php?Settore=sinistro&Ordine=2&Palco=8&Palcord=8&Rigapalc=8 http://www.urfm.braidense.it/palchi/crondecori.php http://www.urfm.braidense.it/palchi/cronstoria_query.php?Settore=sinistro&Ordine=2&Palcord=&Palco=8 https://it.wikipedia.org/wiki/Esposizione_nazionale_italiana_del_1881 https://www.treccani.it/enciclopedia/vittorio-olcese_(Dizionario-Biografico)/ https://it.wikipedia.org/wiki/La_Stampa_Sportiva https://www.giornalistitalia.it/lassociazione-lombarda-giornalisti-ha-125-anni/ http://www.comuni-italiani.it/015/146/statistiche/popolazione.html http://www.comune.milano.it/documents/20126/60406048/Civiche+Benemerenze+Elenco+Aggiornato+2019.pdf/326e59bc-3529b204-894d-7dbf8adb543c?t=1578407087240 https://www.treccani.it/enciclopedia/giorgio-renato-levi_(Dizionario-Biografico)/ http://www.fondazionemicheletti.it/altronovecento/articolo.aspx?id_articolo=3&tipo_articolo=d_persone&id=68 https://www.ilpost.it/2018/09/05/leggi-razziali-fasciste/ https://www.raiplay.it/video/2017/12/La-Grande-Storia-1938-Le-leggi-razziali-e35bd4b1-105f-45ab-893a-e3f960ee09b3.html https://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_razziali_fasciste https://www.storiaememoriadibologna.it/levi-alda-516975-persona https://asisp.intesasanpaolo.com/egeli/detail/IT-ISP-AS00003-0011015/levi-alda-fu-lamberto-vedova-spinazzola https://web.archive.org/web/20160908232621/http://archeoroma.beniculturali.it/ada/storia/archeologi/levi.html https://www.sassilive.it/cultura-e-spettacoli/terza-pagina/la-storia-siamo-noi-nino-vinciguerra-racconta-la-storia-di-vittoriospinazzola-un-geniale-archeologo-materano/ http://www.vesuvioweb.com/it/2017/10/pompei-1913-ricordo-vittorio-spinazzola-archeologo-pompei/ https://www.raiplay.it/video/2017/12/La-Grande-Storia-1938-Le-leggi-razziali-e35bd4b1-105f-45ab-893a-e3f960ee09b3.html

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