Le Vie Nuove Notiziario del Camper Club Etruria Giugno 2019
Le Vie Nuove
Sommario
Notiziario del Camper Club Etruria Giugno 2019
Turisti, chissà cosa penseranno
pag 3
“Panem et circenses”
pag 4
Direttore Responsabile Giorgio Raviola
Viaggiare comodi e sicuri
pag 5
Direttore Editoriale Beppe Tassone
FigurateVi… di essere bambini
pag. 7
Evviva la E 45
pag 11
Speciale Todi
pag 13
Bobbio, il diavolo è passato qui
pag 18
Puglia e Salento
pag 21
Unione Club Amici
pag 22
Le ricette di Roberta e Fabrizio
pag 23
In copertina Opere d’arte a spasso per Mazara del Vallo
Redazione Roberta e Fabrizio Laser Editore Camper Club Etruria
Affiliato
Aderente
Camper Club Etruria Sede:
Via Prato Maremmano 24 00052 CERVETERI (RM)
Cell.: 331.7450232 Sito: www.camperclubetruria.it E mail: info@camperclubetruria.it Facebook: Camper Club Etruria
Notiziario distribuito ai Soci del Camper Club Etruria
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Qualche giorno fa percorrendo l’autostrada A12 Genova – Livorno e la successiva via Aurelia verso sud, ho incontrato automobili, camper, caravan per la maggior parte con targa svizzera, molti quella tedesca ed altri, meno, olandese, ma veramente tanti veicoli, sembrava un esodo, e tutti procedevano verso sud. Sicuramente viaggiavano per vacanza perché avevano quasi tutti al seguito biciclette ed attrezzi tipici del tempo libero e divertimento. E’ stato piacevole immaginare che tanti stranieri, fin da maggio, possano scegliere l’Italia per le vacanze. Idealmente ero in macchina con quei turisti, magari ansiosi di arrivare su una delle nostre belle spiagge per godersi un mare incantevole, mangiare e bere le prelibatezze che la nostra enogastronomia mette a disposizione. Così come ho immaginato quante ricchezze artistiche, storiche e culturali questi turisti potranno visitare, perché possiamo veramente far conto su tante di quelle opportunità che nessun’altra nazione può vantare, basta infatti pensare che l’Italia è in assoluto il paese che ha il maggior numero di siti considerati ed inseriti tra quelli del mondo da salvaguardare, ben cinquantaquattro e quaranta sono candidati a buon titolo ad entrare a farne parte. Per non parlare poi del paesaggio, tra i più variegati, perché si passa dalle montagne con le cime più alte ai mari più belli e caldi d’Europa, dai laghi abitati e mondani a quelli selvaggi ed incontaminati, si attraversano pianure sapientemente coltivate e territori integri, fino a lasciarsi piacevolmente dondolare su e giù per le colline vitivinicole di cui è ricco il nostro paese. Mentre la mia mente era inebriata da queste sensazioni i sobbalzi patiti dal mio camper per il manto stradale dissestato dell’Aurelia mi riportavano bruscamente alla cruda realtà. Già, pensavo, chissà cosa diranno questi turisti che magari ricordavano un’Italia più accogliente, più simile ai loro paesi in quanto a cura dell’ambiente. Chissà cosa diranno quando vedranno la vegetazione incolta divorare parte dell’asfalto e rami mai più potati invadere la corsia di marcia andando persino a colpire gli specchietti dei loro veicoli. Chissà cosa penseranno quando, a fine maggio, immagineranno di trovare tutte le strutture ricettive a pieno regime ed invece dovranno fare i conti con la precarietà. Chissà cosa penseranno… Il giorno in questione era il sabato della vigilia per le elezioni, europee per tutti ed anche amministrative per molti. Inevitabile dunque che il pensiero andasse ai politici che nelle interminabili ed ininterrotte campagne elettorali promettono persino il paradiso, per dimenticarsene già dall’indomani. Il turismo, per un paese come il nostro, dovrebbe rappresentare la prima e più importante risorsa economica, un’industria redditizia che non potrebbe mai delocalizzare, ma puntualmente dimenticata e lasciata troppo spesso alla lodevole iniziativa individuale, senza quindi il dovuto coordinamento e la tanto auspicata sinergia. Prova ne è che l’ultimo intervento effettuato in materia è addirittura peggiorativo e deleterio, è quello attuato dalla Regione Piemonte, ne abbiamo parlato nel numero precedente del giornale. Giorgio Raviola Le Vie Nuove
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Gli antichi romani avevano un’espressione che è bellissima e chiara: “Panem et circenses”: diamo alla gente da mangiare e da divertirsi e… continuiamo a fare quello che vogliamo! Un consiglio ed una massima che, passati i secoli, resta di assoluta attualità, salvo poi scontrarsi con la realtà, con la drammaticità dei tempi, con l’incapacità a trovare soluzioni credibili e a rispondere alle esigenze reali. Fin che funziona, però, “Panem et circenses” è un’ottima strategia per “non avere grane”. Lo scrivo perché continuo a non spiegarmi, se non proprio facendo ricorso all’antico detto latino, dell’assenza di reazioni da parte del “nostro mondo” di fronte a fatti ed atti che meriterebbero una grande ed approfondita attenzione, proprio per gli effetti negativi che possono ricadere sulla nostra categoria. Divieti di campeggio libero, problematiche sulla sicurezza delle persone, assenza di strategie nella politica turistica del Paese, mancata destagionalizzazione, assenza nel rinnovamento complessivo delle strutture e mancato rinnovamento nelle gestioni costituiscono, nella loro globalità, ragioni che fanno temere per il futuro, anche prossimo, del plein air. Un turismo che vive sulle persone che lo praticano, che sono attori, ma anche protagonisti, soggetti attivi oltre che oggetto di un sistema per vivere il tempo libero: se è così non coinvolgere gli utenti, un tempo si sarebbe detta “la base” in un momento difficile e di assenza di trasformazione, mentre in altre nazioni “todo cambia”, è alquanto preoccupante. Certo, la filosofia del “non disturbare il conduttore” in Italia impera sempre e se poi il conduttore è in grado di assicurare un po’ di “Panem et circenses” il gioco è fatto. A farne le spese, però, è chi pratica il plein air, chi avrebbe la possibilità, forse anche il piacere, di trasformarsi in protagonista del proprio futuro, in grado di dare una mano al più importante settore economico ed occupazionale italiano in un frangente alquanto difficile. Invece “tutto tace”, nessuno reagisce, nemmeno di fronte alla provocazione più esplicita, come quella di vietare, con una legge regionale, il “campeggio libero”. Sembra una strategia improntata al “tirare avanti” che però porta dritto dritto a “tirare le cuoia”: non mi dispiace per chi la attua, ne soffro per chi, incolpevolmente la subisce e magari paga anche una quota associativa per non vedere i propri diritti e il futuro del proprio hobby tutelati a dovere. Però, se a tutti va bene così, accontentiamoci del “Panem et circenses”, sperando di non scoprire che la dieta è sempre più ristretta e che i divertimenti non sono così coinvolgenti e che intanto, passo dopo passo, il modo più bello e naturale per fare turismo e vivere il proprio tempo libero viene colpito a morte con la complicità di chi preferisce guardare da un’altra parte, facendo buon viso a cattivo gioco. Beppe Tassone Le Vie Nuove
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Degli pneumatici ne abbiamo parlato recentemente, ma oltre a questi, per farci viaggiare con un buon confort, soprattutto in sicurezza, contribuiscono e non poco le sospensioni. I mezzi meccanici sui quali vengono assemblati i veicoli sono progettati secondo una ripartizione dei pesi sulle ruote,
abbiamo modificato sensibilmente la ripartizione dei pesi, quindi modificato l’assetto del nostro camper, determinando il fatto che il mezzo si siede di più posteriormente determinando un pericoloso alleggerimento dell’attrito esercitato dalle ruote anteriori a scapito di aderenza e stabilità. Fortunatamente per ovviare a
prendendo a riferimento il baricentro del mezzo stesso. Ma non ci interessa entrare troppo nei dettagli tecnici, ho fatto questa semplice e sintetica premessa per dare l’idea degli equilibri che andremmo a determinare caricando i nostri camper in maniera troppo disinvolta. Tutti quelli tra di noi che hanno un camper con il garage sono consapevoli di come la guida diventi più impegnativa quando abbiamo caricato lo scooter o qualcosa di abbastanza pesante. E ciò avviene proprio perché così facendo
inconvenienti del genere c’è la tecnologia a venirci in soccorso che, nella fattispecie, consiste nell’installazione sull’asse posteriore del camper di sospensioni pneumatiche aggiuntive regolabili. Per il gonfiaggio di queste sospensioni ci sono tre modi: manualmente con un piccolo compressore a 12 volt che si può portare al seguito, non ingombra ed è pratico; dal distributore di benzina con la pistola che utilizziamo per gli pneumatici; comodamente seduti al posto di guida azionando i comandi del compressore direttamente installato insieme al sistema. La pressione d’esercizio standard è indicata dai costruttori degli ammortizzatori ad aria, comunque sarà poi l’utente a regolarla in relazione al carico ed all’utilizzo. Qualora la condizione di carico non subisse cambiamenti importanti la situazione di carico non cambierebbe e la pressione d’esercizio rimarrebbe invariata per
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lungo tempo, quindi il gonfiaggio potrebbe essere necessario al massimo una volta l’anno.
Ci sono anche altre situazioni nelle quali quest’accessorio diventa prezioso: ad esempio per salire sui traghetti, dove lo scalino creato dalle pedane di carico potrebbe farci raschiare la coda, basta gonfiare un po’ di più le sospensioni ed ecco che la coda del nostro mezzo si solleva sensibilmente. Può anche capitare che si debba bilanciare il camper quando si potrebbe determinare il caso di un carico non ripartito uniformemente. Possono anche essere regolati per adattare l’assetto in base al tipo di strada che si sta percorrendo: in autostrada si gonfiano di più per irrigidire il camper, in modo da assorbire
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meglio il classico schiaffo patito nel sorpasso di mezzi grandi, o le oscillazioni in caso di vento in uscita dalle gallerie. I costi variano ovviamente dal tipo di sospensioni e dal tipo di gonfiaggio, ovvero manuale o con il compressore incluso. Per i mezzi con ruote gemellate vi sono impianti che si gonfiano quando si mette in moto il motore e si sgonfiano al suo spegnimento, mentre alcuni telai, ad esempio l’Alko, necessitano di sospensioni dedicate. Data l’importanza che questo accessorio riveste per sicurezza e consigli è sempre meglio rivolgersi ad officine specializzate. Laser
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Il Festival "Figuratevi... di essere bambini", giunto alla sua 32° edizione, quest’anno presenta importanti novità, inizia con una edizione speciale a Norcia e in altri comuni della Valnerina, dal 18 al 25 agosto 2019 e continua a Perugia dal 29 agosto al 1 settembre 2019. Il Festival è una delle più importante manifestazioni per bambini, ragazzi e famiglie che si svolge in Italia e in Europa; è una grande festa di attività creative e di spettacoli, dove tutti partecipano gioiosamente, una proposta unica nel suo genere per i suoi contenuti sociali e culturali: diritti, solidarietà, ambiente, natura e salute. Quest’anno è anche un occasione rivolta a tutti per esprimere vicinanza con le popolazioni della Valnerina, colpite dagli eventi sismici del 2016. La bella e accogliente Umbria è pronta ed attrezzata per ospitare bambini e famiglie nel suo cuore verde. www.figuratevi.net - per contatti: info@figuratevi.net organizzazione TIEFFEU tel.0755725845 info@tieffeu.com
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L’appassimento
Visita alle Cantine
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Sentendo nominare la Route 66 il pensiero di molti di noi vola nella lontana America e gli occhi si riempiono di panorami immensi, cow boy, vecchie stazioni di servizio nel deserto, cadillac con i sedili foderati di pelliccia di animali e sul cofano le corna di toro, insomma immediatamente veniamo calati in un immaginario avventuroso e fantastico. Sentendo nominare la E45 il pensiero di molti di noi corre alla superstrada con il fondo piuttosto sconnesso che da Orte, passando per Perugia, arriva a Cesena. E’ esatto questo, ma non racconta tutta la storia, perchÊ la E45 è una
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strada europea classificata asse viario misto di classe A. La Route 66 in origine era una strada a carattere nazionale, abbandonata poi perché sostituita con l’autostrada ed ora alcuni tratti sono diventati storici e di grande interesse turistico. E’ lunga 3.755 km. ed attraversa gli Stati di Illinois, Missouri, Kansas, Oklaoma, Texas, Nuovo Messico, Arizona e California. La E45 attraversa la dorsale europea dal nord al sud, è formata da tratti di strada ordinaria ed altri che si sovrappongono alle diverse autostrade e superstrade nazionali. Parte da Alta, in Norvegia, per
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arrivare fino a Gela, in Sicilia, è lunga ben 5.190 km. e dal glaciale mare di Barents porta al caldo Mediterraneo. Attraversa sette nazioni: Norvegia, Finlandia, Svezia, Danimarca, Germania, Austria, Italia ed interseca in più punti strade importanti d’Europa. Il tratto italiano è ritenuto un asse strategico ed è l’unica direttrice nord/sud italiana senza il pagamento di pedaggio. La E45 fino al 1975 era identificata con E7 e le sue origini sono storiche, già Mussolini ed Hitler sul suo tracciato volevano dar vita alla Strada dell’Asse, ed oggi, proprio grazie ai paesi attraversati viene anche chiamata la strada dei turisti. E già, perché non sfruttare meglio la storia di questa strada e perché non fare sinergia tra le variegate bellezze naturalistiche attraversate, con le diverse peculiarità offerte, a partire dalle tradizioni vichinghe per scendere fino al caldo folklore mediterraneo. Ogni camperista immagina e sogna da sempre di poggiare le ruote del proprio mezzo sulla terrazza di Capo Nord, esattamente a 70 km. da dove prende l’avvio questa mitica strada. Ed immaginate i camperisti scandinavi raggiungere i luoghi dello straordinario barocco siciliano, poter godere di un clima fino a qui solo immaginato. Per raggiungere questi estremi ci sono da attraversare luoghi altrettanto
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affascinanti ed unici, ricchi anche loro di storia e tradizioni quali le lande desolate di Finlandia e Svezia, le distensive e rilassanti immagini della fiorita campagna danese, le moderne ed ordinate città industriose della Germania, alternate a piccoli centri accovacciati nella campagna. Dopo tanta campagna la E45 s’inerpica lungo i pendii unici delle Alpi per infilarsi in Italia e buttarsi giù fino alle calde ed accoglienti rive della Sicilia affacciate sul Mediterraneo. Viviamo un momento storico in cui le strade a tema nascono e crescono come i funghi all’umido, ma generalmente sono limitate nel chilometraggio, mentre una E45 valorizzata turisticamente potrebbe rientrare nei grandi itinerari, una moderna via Francigena o un Cammino di Santiago. Pensate a quante opportunità potrebbero essere veicolate da un percorso che attraversa l’Europa dall’estremo nord al profondo sud. W la E45.
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SPECIALE TODI
La città ideale è stata delineata varie volte nella storia dell’architettura e dell’urbanistica, ma nel mondo moderno si tende a far riferimento anche alla sociologia, sicché una città per essere definita ideale non deve soltanto essere un armonico e scenografico complesso di costruzioni, ma deve consentire alla qualità della vita dei suoi abitanti il raggiungimento dei livelli più elevati. Pertanto, i parametri e gli indici
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di vivibilità si riferiscono ad un insieme molto articolato di fattori: dimensioni, servizi, pulizia, bellezza, ambiente, carattere e comportamento degli abitanti, sistema amministrativo e molti altri aspetti. In una gara internazionale ha vinto Todi, non solo come la migliore città d’Italia e d’Europa, ma a livello intercontinentale. Chi già la conosceva non si è stupito, chi non l’ha mai visitata è spinto dalla curiosità a recarvisi per una constatazione diretta. Già da lontano Todi appare come una visione onirica. Per la verità bisogna arrivarci in un’alba autunnale, quando la città, cinta da intatte mura, emerge dalla nebbiolina che avvolge i colli umbri dopo le prime notti fredde che indorano le chiome degli alberi e fanno fiorire rosei ciclamini selvatici fra le foglie secche del sottobosco. 13
Mentre ci s’avvicina a Todi sulla strada curvilinea che la raggiunge, dai finestrini entra un sano odore di campagna che penetra nei vicoli e ristagna sulle piazze stupende della città. Todi, lungi dall’aspirare al poco ambito titolo di metropoli, è rimasta paese nel senso migliore della parola. Rappresenta il “Bel Paese”, culla dell’arte e del bel vivere. Todi ha la forma di un grande cappello a tre punte adagiato sulle colline, ma appare anche come un’aquila con le ali spiegate che plana sulle campagne. Infatti, il nobile rapace è il simbolo della città e compare sull’arme sorreggendo un drappo che, secondo la leggenda, l’uccello sacro avrebbe deposto sul rozzo desco dei Vetii Umbri, fondatori della città. Un’altra leggenda parla d’Ercole come fondatore, dopo avere ucciso Caco proprio in tale sito. Ai vertici della triangolare planimetria si collocano le medioevali porte Romana e Perugina e la Rocca con i suoi ruderi, il bel parco e il piazzale dal quale si gode di un magnifico panorama.
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L’antichissimo nome attribuito al primo insediamento umano dei Vetii Umbri sui colli di Todi era “Tular”, con il significato di “confine” nella lingua del tempo. Per i Romani, Todi fu Tutere o Colonia Julia Fida Tuder, già limite fra le terre latine e quelle della conquistata Etruria. La città fu poi definita “marzia”, per il valore dimostrato dai suoi abitanti nelle guerre contro Annibale. Al tempo delle invasioni barbariche, Todi si dimostrò un baluardo inattaccabile. Città guelfa, resistette a Federico II, per passare poi da una signoria all’altra fino ad entrare a far parte dei domini papali. Oggi, l’antica Todi continua ad essere un presidio di confine, in perfetto equilibrio fra il mondo arcaico e quello postmoderno, con l’intelligenza di saper cogliere i pregi d’entrambi i sistemi di vita. I tuderti hanno impedito alle brutture di un modernismo scadente di deturpare con costruzioni e rifacimenti insensati il tessuto perfetto della loro città storica. Tuttavia qui non si pecca di conservatorismo ottuso o cieco campanilismo. I tuderti navigano in internet
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meglio che altrove nel chiuso delle loro splendide dimore sapientemente restaurate. Dietro le antiche insegne s’aprono negozi con arredi firmati da architetti d’avanguardia. Nelle vie di Todi e nelle piazze dove il cittadino può passeggiare e socializzare, come nelle antiche polis, ma soprattutto nei vicoli dove vive l’autentico popolo tuderte, l’aria fredda di tramontana disperde gli odori degli arrosti girati, la primavera profuma di primule, l’estate di frutta fresca e l’autunno di mosto, funghi e tartufi. Questa zona ha la fortuna di un clima ideale: un inverno breve, rigido e secco, un’estate lunga, calda e ventilata e due deliziose mezze stagioni. L’ambiente è adatto per le colture dei cereali, della vite e dell’ulivo. La tipica agricoltura dell’Italia centrale e l’allevamento del bestiame contribuiscono alla varietà e al pregio dei prodotti. Todi, in questo senso, è un ricco mercato che favorisce la varietà e l’eccellenza della cucina locale. L’automobile che anche qui tutti possiedono va ad ammorbare l’aria sulle strade esterne al centro storico. Gli eventi più significativi dell’anno, che in troppe città si presentano come schizofrenie da stadio o da concerto rock, a Todi hanno una compostezza antica. In settimana santa si ripete il “Pianto della Madonna”, simile ad una manifestazione sivigliana, in aprilemaggio la Mostra Nazionale dell’Antiquariato attira visitatori da tutto il mondo, il Settembre Todino offre spettacoli folcloristici e culturali
d’ottimo livello. I notevolissimi gioielli monumentali della marzia Todi sono esaltati sui testi appositi ed enfatizzati nelle descrizioni delle guide locali, ma, stranamente, pensando a Todi o lasciandola dopo attenta visita non si ha memoria di un monumento simbolo e ciò in definitiva non è negativo. Grandi centri come Milano, Torino, Pisa o Napoli determinano immediate associazioni d’idee con un Duomo, la Mole, la Torre pendente, il Maschio Angioino. Persino città minori ma fantastiche, della stessa Umbria non sfuggono alla regola. Ecco il Duomo d’Orvieto, il Ponte delle Torri spoletino, la Basilica del Santo d’Assisi. Todi è un insieme museale all’aperto talmente armonioso che non è facile graduare fra la bellezza del duecentesco Duomo, la severità gotica di San Fortunato, nella cui cripta riposa Jacopone, e l’eleganza rinascimentale di Santa Maria della Consolazione. Difficile dare priorità ai palazzi del Popolo, del Capitano e dei Priori che s’affiancano e si fronteggiano nello stupendo salotto della piazza centrale della città, sul sito del Foro romano. A Todi hanno identica nobiltà e funzione decorativa, in un tessuto urbano ottimamente preservato, il portale scenografico di un palazzo nobiliare e il balcone fiorito di un vicolo. Ciò indica altresì che il popolo tuderte nei secoli ed ancora oggi non conosce attriti fra le classi sociali, quando si tratta di edificare, ornare e conservare i manufatti, perché qui è prevalsa la volontà di integrare e fondere tutto in un insieme urbano d’estrema armonia. Questo scrigno di tesori è stato sempre protetto da poderose cinte murarie nelle quali s’aprono poche storiche porte per impedire intrusioni e forse anche contrastare le fughe. La primitiva cintura etrusca è ancora presente sotto forma di sparsi ruderi e dell’intatta Porta Marzia, ma la cintura etrusco-romana e quella medioevale abbracciano ancora
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saldamente l’abitato tuderte. Gli scavi hanno arricchito i musei etruschi in Vaticano, dove si ammira la statua di “Marte della città marzia”, in Villa Giulia a Roma, nell’Archeologico di Firenze e nell’Etrusco-romano della stessa Todi. Le mura romane cinsero l’importante città dotata di teatro, anfiteatro, templi e terme. In esse s’aprono le belle porte Libera, Aurea, delle Catene e delle Milizie. Nella prima metà del 1200 si costruì il terzo cerchio di mura per la difesa di Todi medievale, giunta intatta fino a noi, nonostante i lunghi periodi di decadenza. In alcuni tratti i muri hanno funzioni di contenimento, poiché, come Orvieto, Todi è minacciata dalle frane, ma già dai tempi di Vitruvio si citavano le opere tuderti dell’area dei Pontigli come modelli dell’incomparabile architettura romana. La pianta triangolare di Todi si suddivide in tre borghi medioevali, Urbano, Porta Fratta e Nuovo, dai vicoli stretti in ripida discesa, con scorci magnifici su tratti di cielo azzurro e verde campagna. Dal Campidoglio di Todi, che occupava l’area della Rocca attuale a quota 411 s.l.m., si potevano controllare le difese di tutto il territorio tuderte rappresentate dai suoi 365 castelli, oggi ridotti a ruderi sparsi nella macchia umbra. A Todi si parla un ottimo italiano. L’accento umbro, che non può essere nascosto nella parlata delle masse cittadine, si stempera molto, Le Vie Nuove
espressioni romanesche. Non a caso Todi, sebbene pochi lo riconoscano, è stata una delle culle della nostra bella lingua neolatina. Nel 1200, quando gli intellettuali incominciarono ad allontanarsi dal latino simpatizzando per il volgare, Todi ebbe una funzione di bozzolo. Accolse il germe della poetica siciliana di Federico II e lo elaborò come una crisalide destinata a sfarfallare splendidamente nella luce dei versi di Dante. La fatica e le doglie del parto della nostra lingua si notano affrontando la lettura delle Laudi di Jacopone da Todi. Era costui un laico, colto, forse un uomo di legge, nato intorno agli anni quaranta del Duecento. Dopo la morte tragica della moglie nel 1268, Jacopone, imitando San Francesco d’Assisi, sceglie una vita di penitenza, povertà e umiliazione, ma a differenza del Serafico che considerava tutte le cose create come sorelle alle quali sorridere, perché espressioni del Creatore, Jacopone vede il mondo come una continua fonte di tentazione e di peccato. La poetica di Jacopone, difficilissima da leggere ed interpretare, contiene perennemente un invito a tenersi alla larga dal male. Egli giunge a maledire i nostri cinque sensi che sono occasione di piacere e perciò di peccato, dimenticando che sono un dono che c’è stato elargito per avere la percezione del creato e, pertanto, fonte di riconoscenza verso il Creatore. La “follia” di Jacopone si scatenò soprattutto contro le frange francescane che, dopo la morte di San Francesco, tentavano di ammorbidirne la regola, con il beneplacito del Papato. Incappando nell’ostilità di Papa Bonifacio VIII, 16
Jacopone patì la scomunica e il carcere. Ne uscì durante il Papato di Benedetto XI, si chiuse nel convento di San Lorenzo di Collazzone dove morì il giorno di Natale del 1306. La lingua di Jacopone è un complicato miscuglio di termini aulici latini, espressioni dialettali evidentemente dell’Umbria medioevale e neologismi di sua invenzione, utilizzati dal poeta per dare vitalità alla sua opera. Con Jacopone la città di Todi fu nel Duecento il vero laboratorio, il pensatoio e la forgia della lingua italiana, oscurati poi dalla grandezza del Sommo Poeta toscano. Anche per quest’aspetto Todi è una città interessante e misteriosa. Di Todi “città ideale” si parla di più nei continenti lontani che in Europa, in Italia e nella stessa Umbria. La città si colloca con aristocratica riservatezza e composto silenzio in una posizione quasi defilata. Sarebbe ora che i quotidiani nazionali, i periodici e le riviste, ammorbati da una politica squallida, da cronaca nera orripilante, da gossip insipido e da sport sguaiato, ci offrissero uno “speciale” per una città speciale. Umberto Mantaut
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Bobbio, il diavolo è passato qui
Nell’alto medio evo questa località è stata il centro più importante d’Italia per la cultura religiosa e quale polo internazionale di cultura, arte e scienza. Grazie al suo caratteristico borgo di case in pietra, strette vie e palazzetti edificati tutt’attorno al mona‐ stero ed alla posizione geografica, che pone Bobbio in un ambiente caratterizzato dai paesaggi naturali della valle del Trebbia in cui è collocato, ne fanno un importante centro di villeggiatura del piacentino. Pro‐ va ne è il riconoscimento attribuitogli con l’assegna‐ zione della Bandiera Arancione del Touring Club, con la motivazione: La località si distingue per l'armonia e la buona conservazione del centro storico e offre al visitatore una grande varietà di ele‐ menti rilevanti dal punto di vista storico-cultu‐ rale, molto ben segnalati. Siamo in provincia di Piacenza, nell’Emilia Romagna ai confini con la Liguria, nella valle del Trebbia, fiume sul quale Bobbio si disten‐ de. La presenza dell’uomo qui risale all’età della pietra, a seguire ci sono stati gli insediamenti delle popolazioni liguri prima e dei Galli dopo, fino alla definitiva conquista da parte dei Romani. Nel 614 il re longobardo Agilulfo dona il terri‐ torio di Bobbio a Colombano, monaco irlan‐ dese, che insieme ai suoi monaci ristruttura la chiesa semidiroccata di San Pietro. La po‐ Le Vie Nuove
sizione è strategica in quanto situata sulla via del sale, una carovaniera che unisce Piacenza a Geno‐ va. La presenza dei monaci nel luogo aumenta note‐ volmente ed oltre al convento sorgono le prime abi‐ tazioni civili, scuole, una Biblioteca e prende forma un’organizzazione che assume l’autorità di potenza politica. Nel 774 Carlo, re dei Franchi, pone fine al Regno Longobardo ed il Monastero di Bobbio, pur perdendo parte della sua autonomia, accresce la sua autorità ed estende la proprietà dei suoi beni, fino nell’alta Italia.
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Prende vita anche una scrittura originale con codici che si rifanno alla cultura irlandese., di cui sono tut‐ t’ora visibili testimonianze. Bobbio nel 1014 ottiene il riconoscimento di diocesi a sé stante e diventa città episcopale, con un Abate ed un Vescovo, rappresentate inizialmente da un'u‐ nica persona, poi le due cariche vengono separate con conseguente divisione di beni e poteri, evento che determinerà lotte di potere che causeranno la decadenza della città. In epoca feudale Bobbio diventa feudo dei Dal Ver‐ me per passare poi sotto il dominio dei Savoia, quin‐ di Regno d’Italia, periodo in cui la città diventa pro‐ vincia di Pavia e vi rimane fino al 1923 quando ottie‐ ne l’appartenenza a Piacenza. La prima cosa che attira l’attenzione arrivando a Bobbio è il maestoso Ponte Gobbo, chiamato così per la forma irregolare che lo rende unico nel suo genere. Lungo ben 280 metri è costituito da 11 archi tutti diversi tra loro, fatto che gli conferisce un aspet‐ to singolare e per certi versi quasi inquietante. E’ detto anche Ponte Vecchio o Ponte del Diavolo, quest’ultimo appellativo dovuto alla leggenda riguar‐ dante la sua costruzione: San Colombano, arrivato a Bobbio, sembrava piuttosto disturbato dal fatto che non potesse raggiungere l’altra sponda del fiume per continuare nella sua opera di evangelizzazione. Allo‐ ra il diavolo gli propose un patto, avrebbe costruito lui in una notte il ponte però sarebbe stata sua la pri‐ ma anima che lo avesse attraversato. Così fu, il pon‐ te venne edificato in una notte e leggenda vuole che la diversità degli archi sia dovuta alla differenza di al‐ tezza dei demoni che li sostenevano. San Colomba‐ no mantenne la promessa, però fece in modo che la prima anima a transitare sul ponte del diavolo fosse un animale. Iniziamo la visita proprio dal complesso abbaziale del monastero che è composto di più edifici: la Basi‐ lica di San Colombano, la piazza, il chiostro interno, il Museo della città con i giardini, il Museo dell’Abba‐ Le Vie Nuove
zia e lo Scriptorium, il porticato di Piazza Fara, l’ex chiesa delle Grazie ed altri edifici tra i quali le ex carceri. L’Abbazia di San Colombano, costruita nel 614, per lungo periodo fu tra i centri monastici più im‐ portanti d’Europa, anche grazie allo Scriptorium nel cui catalogo erano compresi oltre 700 codici e conservò 25 dei 150 manoscritti più antichi nel mondo per la letteratura latina. L’edificio come lo vediamo oggi è stato costruito dal 1456 al 1522 sui resti della chiesa anteceden‐ te, in stile rinascimentale con abside quadrata. L’interno è affrescato con motivi che si riferiscono a citazioni delle sacre Scritture, l’abside è di for‐ ma rettangolare, mentre la cripta contiene la cap‐ pella maggiore con il mosaico pavimentario di S.‐ Colombano, del XI secolo, e la cripta vera e propria, con il sarcofago di S.Colombano al centro, mentre ai lati sono i sarcofagi di S.Attala e S,Bertulfo. Molto bello il mosaico, scoperto casualmente nel 1910 mentre si eseguivano dei lavori ordinari. Lo Scriptorium ospita il Museo della Basilica, che cu‐ stodisce reperti che vanno dall’era cristiana fino a metà del XVI secolo ed il Museo della città con un percorso didattico introduttivo alle altre istituzioni museali ed alla città. Prima di lasciare l’abbazia non può mancare l’attra‐ versamento del corridoio cavedio con l’abitazione dell’abate ed il chiostro, mentre il suggestivo colon‐ nato dell’abbazia si affaccia sulla piazza giardino di Santa Fara, Percorrendo le strette stradine del borgo, sulle quali si affacciano case in pietra, adiamo al vicino Palazzo Malaspina, costruito nel XII e tuttora proprietà dei Marchesi Malaspina, ubicato nelle vicinanze della seconda porta d’accesso alla città vecchia. L’esterno, piuttosto semplice, tradisce la complessità interna dell’edificio, con un portico ad archi ed i salo‐ ni interni arricchiti di decorazioni a parete ed un son‐ tuoso mobilio. Per gli interessati è possibile visitare le cantine, dove possono anche soddisfare la curio‐ sità enologi ed appassionati. Con una breve quanto piacevole passeggiata arrivia‐ mo alla parte alta del borgo di Bobbio sulla cui som‐ mità si trova il possente castello Malaspina - Dal Ver‐ me, edificato nel 1304. Costruito completamente in pietra è costituito da un mastio con base rettangola‐ re con annesse una torretta rotonda ed una quadra‐ ta ed una costruzione più piccola adibita ad alloggio per le guardie. Sono ancora visibili i resti di due ponti levatoi che ne proteggevano l’accesso. E’ di proprietà dello Stato e fa parte dei castelli del gruppo dell’Associazione “Castelli del Ducato di Par‐ ma e Piacenza.” Ci incamminiamo dirigendo verso il Ponte dl Diavolo per visitare la concattedrale di Santa Maria Assunta, 19
il Duomo, siamo ancora all’interno del borgo medie‐ vale, chiamato centro intrinseco. La costruzione della chiesa è iniziata nel 1070 e fini‐ ta cinque anni dopo, lo stile è romanico ed è rimasta immutata fino al XIII secolo, per subire poi diversi adeguamenti e ristrutturazioni. Attualmente presenta una facciata del 1463, con un grande portale ed altre due porte d’ingresso con in alto un grande rosone, delimitata ai lati da due torri campanarie di diversa altezza. L’interno è con pianta a croce latina con tre navate e cappelle ai lati con volta a crociera e sono conservati molti affreschi del quattrocento. Anche il Duomo è inserito in un insieme di edifici: il Palazzo vescovile, il Museo Diocesiano, il seminario, l’oratorio ed i giardini. Nel Museo diocesiano, ospitato in dieci sale nel pia‐ no nobile del Palazzo vescovile, è raccontata la sto‐ ria della diocesi di Bobbio, del palazzo stesso e della cattedrale. Un’occhiata allo spettrale ponte e ci apprestiamo a
visitare il Santuario della Madonna dell’Aiuto, appar‐ tenente alla concattedrale risale al seicento, an‐ ch’essa inserita nel borgo medievale. La sua costru‐ zione avvenne a seguito di un miracolo avvenuto in una piccola cappella votiva, dove il volto della Ma‐ donna di colpo mutò i lineamenti e guarì i malati re‐ catisi in preghiera. La sua costruzione durò ben 300 anni La facciata della seicentesca chiesa è in stile roma‐ nico, l'interno è ad una sola navata con cappelle la‐ terali sui due fianchi dell'edificio. Al fondo due scalet‐ te conducono alla chiesa dell’Annunciazione di Ma‐ ria dove è conservato l’affresco della Madonna del‐ l’Aiuto. La cucina tipica del piacentino è influenzata da piatti tipici basati su antiche ricette che si tramandano nel tempo. Tra queste i “Maccheroni alla Bobbiese”, fatti con l’ago della calza, vale a dire lo strumento chia‐ mato uncinetto. Sempre tra i primi, oltre al riso che qui viene servito condito in tanti modi: con codini di maiale, cotenne, funghi, zucca, costine di maiale e verza, persino riso al latte, vi sono i malfatti, una sorta di gnochetti cotti al forno con ripieno di ricotta e bietole. Tra i secondi spicca l’agnello alla bob‐ biese, costituito da costine cotte nel brodo con contorno di cavoli o zucchi‐ ne ripiene. Diversi sono i dolci ma quelli vera‐ mente tipici spiccano i canestrelli, bi‐ scotti di farina bianca. Per avere un quadro completo di que‐ ste tipicità è consigliabile annaffiare il tutto con il buon vino dei colli piacenti‐ ni, in particolare il Gutturnio, ottenuto da vitigni Barbera e Croatina.
Dove sostare Area sosta camper Appena all’uscita del paese, in via Genova, si trova l’Area Camper GPS: N 44°45’48.44” E 9°23’05.21”
Camping Pontegobbo Via San Martino, 4 Bobbio Tel: 0523.936927 - 0523.936068 Fax: 0523.960610 Cel: 331-2014606 Servizio di segreteria attivo dalle ore 10:00 alle ore 19:00 E-mail: info@campingpontegobbo.‐ com
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PUGLIA E SALENTO 2019 SETTIMANA ITINERANTE IN PUGLIA Dal 22 giugno al 29 giugno 22/06 ritrovo camper x settimana itinerante all’area sosta di Trani 23/06 visita a Trani 24/06 Trani - Matera 25/06 visita Matera 26/06 Matera - Alberobello 27/06 Alberobello – Pomeriggio trasferimento a Polignano a Mare 28/06 Polignano a Mare 29/06 Polignano a Mare – Solara Conca Specchiulla
Costo €. 185,00 ad equipaggio (camper e 2 persone) La quota comprende: Aree di sosta - Guida turistica per 4 giorni - Navetta a Matera e Polignano a Mare La quota non comprende: Accessi a siti e musei e tutto quanto non indicato alla voce "La quota comprende" Luogo del ritrovo Camper Park Trani - Via Finanzieri 7 - TRANI - GPS N 41°16’55.87’’ E 16°24’37.08’’
SALENTO MARE Dal 29 giugno al 14 luglio 29/06 Solara – Arrivo e sistemazione equipaggi – Presentazione – Cena di Benvenuto 30/06 Relax 01/07 Lecce pomeriggio e pizzata 02/07 Relax 03/07 Giochi e Tornei - Relax 04/07 Relax 05/07 Pomeriggio - Visita in barca alla Zinzulusa – Cena alle Stanzie 06/07 Scorrano – Sera Luminarie con cena in un locale tipico 07/07 Visita a Uggiano - Visita a Otranto la sera e cena libera 08/07 Relax 09/07 Copertino pomeriggio e cena Torre in Serraglio (Ristorante Tins2.0) 10/07 Relax 11/07 Pomeriggio Galatina – Sera Degustazione Zacheo 12/07 Relax - Serata con spettacolo della Pizzica 13/07 Cena di arrivederci 14/07 Fine raduno
Costo € 735,00 ad equipaggio (Camper e 2 persone) La quota comprende: Area sosta - Tassa di soggiorno - Borsa di benvenuto - Cena di benvenuto - Pullman per l e escursioni - Guida qualificata per le escursioni - Gita in barca alle grotte (Zinzulusa) - Degustazione - Cena tipica in una Masseria Museo - Pizzata a Lecce - Cena a Torri in Serraglio - Cena di arrivederci - Spettacolo di Pizzica - Premiazione giochi e tornei - Mance La quota non comprende: Accessi a siti e musei e tutto quanto non indicato alla voce "La quota comprende" Prenotazione previa telefonata di conferma della disponibilità di posti in quanto il raduno è a numero chiuso. Telefonare a n. 331.7450232 - mail: info@camperclubetrutria.it Coordinate bancarie: Camper Club Etruria - Unicredit Ag. di Cerveteri IBAN IT 06 B 02008 39030 000103569891 Luogo del ritrovo Hotel Solara - Conca Specchiulla (LE) GPS N 40°14’43.51’’ E 18°26’31.49’’ Il programma potrebbe subire piccole variazioni non dipendenti dalla volontà del Camper Club Etruria Le Vie Nuove
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Unione Club Amici E’ stata sottoscritta la convenzione fra la “UNIPOL SAI” e l’Unione Club Amici. Clicca sul link sottostante per i dettagli della convenzione http://www.unioneclubamici.com/files/UNIPOLSai_Accordo-Completo-Firma.pdf
"La Sicurezza Viaggia in Camper" Continuano gli appuntamenti per dare le giuste informazioni agli utenti sul tema che è stato presentato anche a Regalbuto (EN), dopo essere stato discusso a Padova e a Campi di Norcia (PG). Con noi, oltre ad Assofficina con la quale abbiamo programmato l'evento, ALKO, TRUMA, PILOTE e THETFORD.
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Le ricette di
Roberta e Fabrizio Mezze maniche con radicchio rosso e speck Ingredienti per 2 persone: 1 cespo di radicchio rosso 100 gr. di speck a stick (bastoncini) 50 gr. di pecorino grattugiato un quarto di bicchiere di vino bianco 200 gr. di mezze maniche olio evo qb sale qb pepe qb
Esecuzione: Tagliare il radicchio a striscioline. Mettere lo speck in una padella con un filo di olio e fatelo insaporire, aggiungere il radicchio, sfumate con il vino bianco, saltate il tutto a fuoco vivo e tenete in caldo. Nel frattempo avrete cotto al dente la pasta, scolatela e versatela nella padella del sugo. Saltate a fuoco vivo, aggiungete eventualmente un goccio di acqua di cottura e a fuoco spento mantecate con il pecorino mischiato al pepe (come fareste per il “cacio e pepe�). Vino consigliato sia per la cottura che per l’abbinamento: Soave del Veneto.
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