Minute dalla dura madre

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paola lovisolo

MINUTE DALLA DURA MADRE raccolta di sillogi pubblicate su Bollettino '900 - Electronic Journal of '900 Italian Literature -


I RACCOLTA Anno 2003 Sistema del diavolo

sistema del diavolo


e va bene. cominciamo dal villo intestinale più sottile e poi mangiamoci attorno. ognuno così affamato e disgustato dalla propria fame che faticherà inghiottire il primo boccone. cominciamo dal villo intestinale più sottile e buttiamo l'accappatoio sul temporale, gli zoccoli antiscivolo sulla scia del funerale, le tracolle di vario materiale, gli ornamenti, le spille, le ville prenotate, i cartoni bagnati, i pettini di cedro che accomodano sulla testa la vecchiaia, i dizionari dei falsari, le stanghette dei funzionari, la riunione al vertice, la cervice delusa cervice e gli uteri retroversi, la verità sui gregari e i pastori, gli apparati respiratori, le lotterie benefiche, lotta continua, la bigiotteria comunale, il coito interrotto, De Sade e Justine, l'eiaculazione precoce, il tempo reale, gli affari personali, i numeri ordinali, la colf interinale, i galbanini alla griglia, i savoiardi in quadriglia, gli orecchini tra i cuscini, la frittata rognosa, gli sposi inevasi, le colazioni escluse, gli scontrini alla rinfusa, le nostre torri di Holderlin. buttiamo gli assi, i tris di sonno, le Irma, le Alice lise come risvolti di cotone su catrame, l'oratorio sacro cuore, i galli combattenti, i galup replicanti, le mantovane abbassate sui nostri culi, la pietà rinforzata, la vita scalognata tirata come muli, il vasigil a mezzogiorno, il bonsai, l'hantai, la liquirizia haribò. buttiamo la convalescenza sul come quando fuori piove e piove sulla pasta di cui siamo fatti. buttiamo i cascami di cioccolata, le cover su annabella, le cervella, i matrimoni, la sacra rota, le riflessioni, le ragioni... crac crac... crolla il tetto e il reggipetto, mangiati da piccoli piccoli ratti intatti riprodotti perché sanno nuotare siamo patatai, giostrai, ahinoi, ahimai. che fine infelice da remigino senza patentino. buttiamo l'artrite e le radiografie, i turpi bramosi d'oro e di odori, il vento sulle eliche di insetti monatti; buttiamo l'etica sbarbata, la mimica ingrippata, l'intonazione, la funzione, la finzione, il cardias, il vino veritas. buttiamo l'africa, la metrica, la sciatica, il companatico, i campanelli, il cordoglio dei desideri, il freno inibitore, le mulattiere del nostro paese, i cognomi. buttiamo le viti gelate, il dna più propizio, i disturbi della psiche, le amiche, i blues jeans che fino a ieri sapevo suonare così bene... aspro aspro, piove e io recito pioggia, sono calendario binario e scacco d'inutile diario: mi butto anch'io per la gola di dio, imbarazzata per non averti baciato piede e mano quando pregavi. cominciamo dal villo intestinale più sottile: buttiamo i giudizi sulle madri in odore d'eresia, begli occhi fantocci, sbarcate con tutta l'acqua. qui a piovarolo si cena alle nove, ossa e sargassi, anarcopoli di mediocritel pastello sotto caduta massi.


si cena forse anche con cose buone: sottofondo alla rino gaetano, passi di crema alla mano, polvere e montagne forzate in uno sguardo nano e il gattopardo sfoggiato in macule verde prato. fammi finire sorellina. buttiamo le reni dell'isola dei formosi dove mamma piove su cipolle ardenti, mia medium sfrigolapillole del diavolo che dimentico d'avervi mangiato e non ho questa paura di


delirando nel disordine tagliarsi le unghie. grattarsi i calli. così ti viene da pensare che la morte è l'oggetto. la cena cinese alle nove il glutammato cinese: peggio che svenarsi nella vasca. mi cade sale la morte è l'oggetto. la puttana si fa pagare venti volte su venti la peonia. la peonia disidratata in eterno. mio padre sperimentò nuovi sonniferi. la radio non funziona. la morte è l'oggetto. il telefono suona alle cinque di mattina. i merletti hanno sempre aloni gialli e odore di lavanda (?) mio padre si sfila la cinghia, ma forse era metafora la morte è l'oggetto e le superstizioni, civette che fanno il nido nelle scarpe. fumo dall'età di vent'anni ho una gemella condottiera di creditori in mezzo ai lupi. sono di sinistra e tormento i nani con la gobba. ho i denti bianchi e una certa età. sono ambidestra, ma più mancina. la morte è nell'unto di un alto colletto alla moda la morte è l'oggetto cercando la mia culla succhio tuorli dalle ovaie di mia madre il porco si rivela ai tuberi ho scommesso su chi non sa da dove viene. ho stupore di come la mia età può essere ancora quella della tenerezza. la morte è l'oggetto anche per gli amici artisti: farabutti,


i vedovi, troie di scena. non condividono le ossa, hanno sacrari nominali. porto sempre viole sulla spalla del cuore ed entro in teatro, io e la mia sciagura. la morte è l'oggetto. una cosa. una cosa rivoluzionaria. un pendente penduto . un sandalo che chiude la tua bocca finalmente. la morte è l'oggetto dei santi cani e dei marrani. il talismano degli incoscienti il muscolo degli scribi lo zoccolo dei sapienti la morte è l'oggetto come la tiara e la toga e il fumo uccide, ma non sempre.


buona azione t'insegnerò a spruzzare il muro con materna apprensione, bambina, se sei già nuda. togliti anche le belle calze che l'estate fila gettandotele dal suo atrio affollato... come mangiatrice di foglie secche valgo cento. imprecandomi via il cuore, torna l'antica nausea per le carezze tra i capelli. - l'ultima buona azione sara bruciare la mia stola di sarcomi e i tuoi bei colletti -. comprami sei bicchieri senza filo dorato, se esci: da oggi non ho piÚ pretese.


fin ci siamo perduti, respinti ai bordi di un beckgammon strausato, in qualche lettera, in calligrafie inclinate e gonne troppo corte. ci siamo perduti nei dintorni delle ginocchia, scarabocchiando infermi cerchi nel caffè, prostituiti alla tolleranza e senza finire il liceo.


[...] mi hai chiusa dentro, stupido, a bere vino muschiato e restaurare anatomie che nessuno ha voglia di locare, a cucinare belle ribollite di reati e patatine, a pomiciare coi portabottiglie tanto per spaesare il tempo. mi hai chiusa dentro finchÊ hai appeso tu le chiavi e intanto che ti passava l'estate tra i coglioni, sentivo il clin clan dei ferri che trasportavi, attraversando, come solvente la ferita, il mio onomastico. vedrai come sono chiusa dentro, pena nata, pena morta e come riuscirò a farti fesso, mantecando vino muschiato al trito polvere-allergie per fare il sugo quando vengo su.


Omne male percusiccio omne malestravalcaticcio Omne male percusiccio omne malestravalcaticcio omne male fantasmaticcio d'eco el toglia et la terra l'arecoglia et non noccia ad cristiano. ecco una delle formule magiche per sanare i mali, imparando straniera in terra tonda, immigrata nella mania di mostrare il culo e l'anima, di dire sempre che senza zucchero, inzaccherato zucchero mancina, offesa nella forgia spenta della tua tristezza. una cosa necessaria, una pentola acqua e bicarbonato per alleviare le tinte dal tuo letto a mezzadria incolta, senza pretese nemmeno di disfarsi. una formula magica trasforma in papera l'imparagonabile che sta nella cronologia di crudele a sfondo nero. omne male girati al sale, appendi le spalle e fatti cadere: sei morta? scanna calami aromatici nel porcile rumoroso di tutte le ore che passate: io sono cosa(?), non c'è paragone con la linea retta ma non posso ancora aspirarmi i noduli beffardi che corrugano le tue nevrosi metriche. et la terra l'arecoglia (omè) et non noccia ad cristiano fino a dopo le ore canoniche, cristiano fachiro ungulato, di sbieco, in un affacciarsi lontano dai luoghi comuni, comune. voglio un'urna che resti tra le fauci del tuo duello sorridere, voglio restare una mano magra fotografata sulla tua guancia, voglio un porco che mi indichi i tartufi da mandarti e voglio un'impalatore che sappia attraversare i muri. voglio te mi espianti l'eco dalla trachea e che nel tuo pitale rimangano i miei denti, l'orecchino e qualche soffio e che al pene tu racconti tra un giorno, quanti ferri siano arruginiti negli incontri opposti et la terra e il fumo mi attraverseranno come frange e le tue braccia solenni fino ai miei piedi strapperanno le caviglie che cucirai ai polsini di camicie da battesimo... e pura devastata, piegato il bavaglio sul omero del sentiero, et la terra l'arecoglia queste alabarde rosa e questo buco ombrofobo teneramente millenario che canta picche sul campo dell'obbedienza.


la partenza qualora aprissi il ventre integralmente potrebbe darsi che ognissanti verrebbero in fila a gettarmi una moneta: ispido e invertebrato l'orizzonte a cuspide intriga qualche ramo di ginepro. io lascerò i figli a marcire tra le upupe rosse e i granchi giapponesi a bollire sui rostri: la mia vita è un salario abbondante per chi la ricetta dopo di me. e poi ci sarebbe altro ancora da dire, stanotte.


900 sono nata nel novecento, fresca di parole angolo-spigolo, straccia d'immagini confuse, incognite XX femmina, con grandi assenze sul guestbook della mia casa cattoprivata, leggermente spinta in vetta, poi miope, poi senza piÚ quaderni. una gulliver di pianti in riserva contro muri intonati ai muri di prima, guerre a malincorpo nel cortile e remissione elevata per le cose. le dico pure le cose, cosÏ come stanno, narcotiche in vena: nÊ dio può fare altro schierato morticino dentro. sono nata anch'io nel novecento incestando mancanza nella notte, almeno per te, senza cedere ai poli l'illusione tempo-spazio.


polpa dalla prostituta raffiora ai capelli una mannaia sul ghiotto invaso e spira, invisibile al gancio inchiodato tra le mie mani: riparati le ciglia e tra pochi sorrisi si fermerĂ l'aria sul meccano delle ossa e guarda che bel film mia cannibale! i tuoi seni infagottati da toglierne il latte, tu la mia giocattola trainata a forca cui bevo da costole e polmoni. muori all'interno bianco soia dei miei filamenti tratti in-vano vani istrici, molli ad attaccarsi in strada, tua madre anche - che anche dolci!- figlia di e io invaghisco per le donne aperte, sfatte illividite, dai piedi enormi, dalle caviglie venose e rigide. solo ai tuoi seni rimpiango l'aura del medesimo amore perchĂŠ non di rado sono stato padre e sono scappato.


in sartoria la sarta cannibale sfiora i denti alla cerniera lampo della sera. ha fuselli e gessetti, calchi di tiepide stagioni in ricamo. io le somiglio tra poco, appena l'ansia di disfare sarĂ acuta e stupefacenti inutili insetti mi avranno ricoperta.


un quid

potessi sciogliere la ringhiera del balcone e fonderla in strada ferrata, dove passino treni adesso così lontani per i tuoi stanchi attriti, staresti più buona e le tasche non rivelerebbero affilature pericolose: ucciderai qualcuno per sfogarti, tuo figlio o forse il tuo compagno, ma diranno che non eri in cura, che compravi l'insalata riccia col sorriso, che eri modello di madre per le amiche, che curavi le roselline con amore. sarà un raptus di follia, un'assatanata nocciolina americana caduta nel giardino sbagliato. (superpippo, insegnami i pericoli dall'iperspazio!) ma che ne sa il medico di famiglia chi vorresti essere, che vorresti fare? una dimostratrice di collant che aspetta l'esequie dei suoi sogni? o vorresti setacciare quell'odore d'anice dopo la doccia, per non dimenticare che quando fumerai tavor, s'addormenterà l'ingombro della gelosia? non sa che potresti, come l'intrepido Norton, trascinare sull'everest una spedizione di sospetti e poi uscire a cena stasera e ordinare insalata per il tavolo di fronte, dove lui si consegna s.p.m. a un'altra sottoveste ma tutto funzionerà solo se resti tra la forbice dei sondaggi senza fare icone biologiche del personale, sellando la mula nelle piazze, costruendo con i fiammiferi il grande duomo, rimanendo l'allieva prediletta della barbie, spogliando un ken dalle erezioni assenti

....................................................................... ore 20.00 appeso alla griglia del termosifone il triplo della tua età si scalda gli ossi.


II RACCOLTA - Anno 2007 Martello a calare


pre-messo confessional su cosa sia per me la poesia al mio Maestro oggi per domani sia di fango immischiato a neve cane dal granaio che sente la paura, paura che si fa cilindro d'organetto macchia pigra dell'est mattina d'inverno non un dono non una regola ma un organo materico più dei miei stessi organi e nomade brucatore tra di loro come un erbivoro e più predatore di un carnivoro è il prolungamento della mia sessualità sconnessa anticipata, storta ed è anche la cavità altra del mio utero, la più profonda che tocca fino le costole e le interroga; è l'utero di mia madre e quello di mio padre fusi nella parete dove traspaio e scomparirò; è il piano inclinato pieno d'aria e d'acqua dove la bambina tenta di fare castelli con le carte è un'infiammazione all'osso sacro è la deiezione insoddisfacente e inarrestabile di un intestino di nebbia che mi attraversa da quando mio padre ha smesso di darmi la buonanotte e mia madre ha cominciato a ripetere sempre la stessa frase; è la domanda che mi fa domanda di stanza in stanza martello che pesta negli occhi non è mai gioia ma è anche quella che mi ha ridato il nome quando lo perdetti è illusione d'aquila che insegue un'ombra camuffata da preda e fatta prigioniera rifiuta l'acqua gelata in gola per lasciarsi la libertà di soffocare. paola lovisolo


mein vater (mio padre) … mi hai fatta straniera in qualunque terra ho sfumato i corridoi dai tappeti con i concetti mi sono indaffarata nella tua vita ma è come avessi scopato un soldato morto. ho messo il cappello molle, le scarpe basse mentre il maiale gonfiava il cuore. la testa è inesatta - la sua oltranza fu da te ridotta a cerino lo dicono, lo ridicono lo disse mamma dal cortile lo tubarono i colombi dalla casetta azzurra. avevo un posto tra le cadreghe tra manoscritti di cene raffreddate sul tardi sofferente le cene taciturne seduta come una fascina di gesso il chiodo nell'utero, le sigarette[...] fu ancora uno zero a portarti il mio bacio sulla safena rattoppata a san maurizio ti ho aspettato una volta caro padre. caro assassino. sei nato il giorno in cui non ho più pianto e solo dopo gli asini furono più dolci.


[d'arcata dentale inferiore che veglia la serra dal tinello] reparto S "... c'è tanto vuoto che, concedimi, cedevolezza." scotte emorroidi di riso nel piatto. molluschi freddi nascosti nello stinco del tovagliolo ben piegato. la paziente di zucchero afferra con le cosce la sedia, inchioda a terra il diritto di volare. combinata così, nel pigiama mandarino, è il riccio senza culla di un'inutile, complessa, attività mentale. la scrittura--->(?) è il/al-->()religioso rullare di perfette domeniche ma mancano baby-sitters al coraggio di bucare la zuppiera endometrica sopra l'acuto del cancello. dio, nel suo essere bello, abortisce pelle e morti e pappagalli. la nausea dilata fino alle bocche degli aghi. tra pochissimo la linea passerà al postino delle spine. lui aveva l'odore del capobranco che marca la grande terra. poi le foglie furono tirate giù e l'estate non seppe più dove mettere le mani e lasciò il petto e ficcò del purè di coriandoli nelle cortecce.


[‌] - opportuni farmaci di potenza analgesica adeguate all'intensità del dolore riferito. - fare tesoro della diffidenza corporea. - baci lunghi come guinea - bere vino buono per sognare placcato oro - dare la parte piÚ corroborante. - paura? che le possa piacere stare sdraiata


maestro di tela lui era tessuto dappertutto, in tutte le direzioni ipocondriache di lei. nude monte su. di lei, di lui. inseguimenti su. di ore, del re. nudi (in)seminamenti di guardare cucire castagne. giorni dopo coralli. in altri posti bianchi. in nessuna posizione un capotreno nascosto per ogni grosso grammo di tempo e c'è qualcosa che non sa fare.


[...] l'elleboro nel ghiaccio schermava i visi con sputi di marmellata e il peccato era meno tetro se avvitato all'abat-jour. (mordi e fuggi, teresa. mordi e fuggi.)


[…] diamo il sottovoce ai falchi, le polluzioni rituali all'erba. apriamo le sedie su umidi dischi di mirto schiacciati dalla pioggia. qui non ci sono psicanalisti che tratteggiano a carbonciano i vari stadi ma luna - una luna piena di talento nel petto e ciuffi di stelle ingorde che si prendono tanto spazio e nessuna di loro è vittima dei poeti per stanotte lei è silente perchè in ritiro. le menzioni di voi la sfondano, la perseguitano, la allibiscono. rimane e va come una fata allinguata all'osservatorio, come una rosa intraudita che conserva amore d'amore; è la silente addentata dalle metafore, dai bagliori dei praticanti, dalle testuggini di preghiere mentre sta a pasturare l'altra metamorfosi; è la silente ancora alla neve. silente perchè in ritiro. le crome si squagliano, signori. si squagliano e passano avanti. in maggior parte, tutto ciò che la tiene presente è solo il silenzio quando ha il vento a favore


Francia sfondamenti distinti di caldo nel cuore. roba di sere sgraziate che si fanno quattro passi a digiuno. il caldo nel cuore esce. da dove? i lampioni scandagliano come domande in successione lineare impiccati allo shockwave d'un tramonto tenuto per gli alluci sopra la terra. la terra spigola i dispiaceri ma non li dimentica. mi rendo conto solo ora, dei rulli sull'erba, dei grandi volti ubriachi: nostri famigliarmente finenti... guardami, che se tutto va bene, scompare Angoumois.


[della vergine] [and may not appear immediately, please be patient] per cercarlo si è aperta una via con un tutore d'acciaio affilato. le fate spariscono dalle carte del cielo di settembre nell'apparente spostarsi delle ore. pesci di cenere riempiono porzioni di via lattea e guidano un mezzo moto poetico assecondando la costellazione che le riporta la spiga tra le mani fra centosessantanove anni


[corpo medium in conversatorio ad libitum (dipendente dalla morte) o femmina] narciso nero >< narciso mio sospesa all'ingresso dell'altra vita in religioso rigore i giorni e le notti solo in mero senso figurato dalle mie narrazioni il peso sepolto nel corpo luteo di antidepressivi non basta si onori la multa per averti stuprata improvvisi lampioni s'accendono si fa sera a sconosciuti passi a buii gargarismi di sottovaso a scrivere insonnia vs insonnia morte per schiacciamento ---> exe-cution morte elettrica ---> exe-cution cution.exe c(a)ution.exe ogni cosa che ti scrivo è suicidio mancato? - muffa vertebrale paradiso mancato? - schiva vertebrata spengo la bocca d'acqua narciso nero >< narciso mio voglia l'inferno e l'occhio a qualcosa che adesso hai capito lo strazio delle fate trascinate tra le foglie i giochi gialli del ciclone anche in alto, in rovescio senso gli addomi vuoti delle parole hai capito che nulla è mai stato compresso come il tuo cuore folto e vecchio e stretto tutte bende schizofreniche a sorreggerlo appoggiata al muro verde ti guardo le gambe distese le unghie spesse e gialle fetore di candela odore di bambina snervata cosina di borotalco cattivi presagi ma l'epiglottide della flebo si apre e si chiude con diligenza arriva natale il prete comunica con ostia di lenci ricevi vino che sa di sughero pane che sa di segatura sul seno un lenzuolo di lino nelle orecchie cotone emostatico nella gola un sacchetto che dicono sia il pitale di scolo del cervello - forse non capisco a volte mi guardi che navighi al posto degli dei mi chiami con il nome di un'altra ti sorrido come fosse l'altra a sorridere


e se dio imparasse a cadere non sarebbe furioso nĂŠ il suo un rumore di stuzzicadenti nel polistirolo nĂŠ l'embrione uno stauros di buchi no --- nessuna scaramanzia nessuna dignitas per sedurre meno vera la morte ho potuto la fucilata di preghiere ha potuto nessuno il dolore tocca terra anfore bocca nessuna scaramanzia piĂš nessuna ciarlatana certezza cadenze cadenze cadenze e non


[fenomenologia di Husserl] non resterĂ anonima l'etĂ dell'acido sapore d'erba riprovando la parola al ciglio del respiro posa entremets la sera messicana nell'afa dei polmoni e le tortillas e le nuvole che per il loro gergo discreto mi sono care. dopo esserci lasciati trovai la strada per discoprirti carezza tra percorsi a ritroso in piccole quote di noi e lo feci ubbidiente, camminando tra i fiori e sottili rocchette di luce da mille profumate fratture


[lo Shu] ' tavole sacre dei pianeti e dotate di grandi virtÚ, poichÊ rappresentano la ragione divina, o forma dei numeri celesti ' (cornelio agrippa) dimostri che l'implosione nel cavo di una spina non fa il chiasso di un intero palazzo demolito e che puro è sempre esperienza escatologica del male antico e che delle teorie di Reich restano sesso e stelle e uomo e donna e mani e legno... nel plug vaginale acceso, verranno ritrovate le mie braccia, la tua giacca di cuoio lucido, la tua placca dentale e il glutammato dell'ultimo brodo aromatico del nostro idem sentire e dire il grantutto di ciucci, pane, mele d'ossidiana ---> da dove dio allega i nostri viaggi inelasticati soporifero bug of dance lama's day (made in cina)? <---porta di senape dissipata con la pioggia per divenire persona l'uomo ascolta la paura.


[la cucitrice] so la meraviglia che metti in ogni bottone a filo disteso componendo danzante tra finestra e tenda alla luce rivolta. ti lascio il giorno e ti ritrovo affondata nell'ombra delle pi첫 fredde ore, il cucito risolto come rebus a me indecifrabile.


[...] gli dei ci fermano a caso [...] piccoli ibridi le rosicate perversioni. i solletichi degustano, lasciandoci imbrogliati. tele chiuse le oscuritĂ che in qualche altra idea di lusso - altri suicidi, cercano dio-cristo rinsavito in qualche altro modo contano di tornarci qui deposte in tranquille curve


[...] non c'è niente perchÊ tutto va in là ; la croce scivola come fanciullo nella piena.


[...]

electronic or nuclear magnetic resonance arrangements---> poeti: feti uteromani ancora confusi dal DNA


[‌.] lo scandalo di un piacere ha la stessa velocità di editing di un dolore


[...] mode d'ascolto dice che porterĂ il rumore bianco all'anello, che lo preserverĂ tra le falangi fino a sposarlo; che lo farĂ d'un leggero di acquerello dove immaginare prende tutto l'angolo


[…] con piede di porco alzarmi l'anima conservando indizi. e come dovessi assentarmi, riempire la fretta della culla che m'attende


martello a calare (fine) di mio padre (le loup-garou). i passi butterati su rombi di maiolica dentro l'artificiato misurino del mio cuore. l'eroe è un taglio messo in altra necrosi a bordo delle corde vocali. dodici sono i venti legati alle clavicole dei pioppi in corso duca degli abruzzi. dodici triti sillabici che scottano ogni foglia cliccandone il logo arancione.


III RACCOLTA - Anno 2007 Minute dalla dura madre


[…] se c'è un mattino da carne, è questo. la mia regia feroce da un luogo fasciato lo sperma della rosa asfissiata d'essere la mia camicia. se c'è un mattino da carne, è questo. spalla alle nostre culle, corvi illesi - a matita suggeriti [...]


[...] padre? (etimo cilecca) ombra che si fa crusca sul fuoco esasperato messa finita per timidezza con la pioggia mani piene di bottiglie sporche fino al tappo lui cieco grande come un uovo dio mi parla del sasso nero e del nilo d'ossa che lo lega alla finestra e a me


eidofor davanti la camera cinque, in collegio, nell'ultimo giorno, mio padre - sforzo che mi riguarda con lo spurgo dalla safena, sembrava gentile. lo passava negli occhi il sole roco a gocce non potevo stargli davanti - nemmeno a quarti - invece [...] scusaci! e mi spingevano dentro la stanza chiudendo il baule delicatamente come cosa provveduta per il mio bene. mia madre morta da giorni, tranne quello il viso sfarinato da baci che non capivo lacrime che non capivo [...] non filtrati pioveva a sinistra ma troppo e affollato pioveva a sinistra dall'altra, stellato vomitava il cielo e c'era quasi la notte in qualche ora a me sfuggita non filtrata saluta il morto! mi spingevano dentro la stanza come per vedermi meglio in piedi, alta e pallida raccolta paola in irma anna albertina, ventenne senza una lacrima senza un gran senso della tragedia secondo lui non gli prudono più le mani [continua] lo saluto, bevo l'acqua dal suo bicchiere [continua] m'abbasso prima sul ventre e poi sul viso bave belle di città bagnata e vuota il sole - alto? no. piove la luce? - sì - quella dell'altra poesia del mattino che fa carne una corsia e la luce sulla carne dei corvi e delle culle piove il colore che mi piace se solo non insistessero col transfert saluta il morto! ancora una, due volte. sutura il morto! nel dettaglio! [forme che toccano più tardi] una. due volte. [sveltine di meraviglia che toccano sul tardi] niente spiagge libere niente battelli ubriachi non è stata nemmeno più sutura, santoddio! il corpo cerato per iscritto con le ore contate ad altitudini fottute mi cadrà in molte aiuole dalla bocca da sotto la gonna a riccio ad asciugarsi inutilmente nella nebbia ora! e presto! cerchiata a ferro al melograno che mi tocca sull'incudine del mio sapermi altrove - suturazione appena saputa appena riuscita sott'acqua ho saturato il cranio matandolo nel vuoto


sono stata brava e ho spolmonato finta finestra in blu spinta d'annegato applaudita e coccolata con la kappa [...] dinamo esaurita nella testa di una fata [continua]


[...] satellite/aerial imagery fusione variata e variabile o della bancarella il piĂš lontano possibile da casa dove tra carta moschicida e libri ritrovo un abito mai messo

e che metterò stropicciato ma pulito sulle rotaie.


[‌] la mia notte può davvero finire adesso tra le miniature geologiche del viso allo specchio cui tengo a dare un disordine acquoso come di sasso che scombini il cerchio e lo sorpassi


[‌] facevamo i gatti sugli scambi abbandonati, ragnatele bagnate esitavano tra noi piÚ dei fantasmi. in casa orsetti seduti, slavati e senza ciglia rovistavano il mondo di anubi fatto a stanzette di piccole righe sguarnite nella somiglianza a rampicanti secchi che in separate capedini da noi smisuravano i giorni che ci venivano addosso fino a spegnersi nell'idea di una eco amarena


[…] il tuo corpo nodissimo ancora fertile mi rimonta del merletto il fermaporta con piccolo pudore di vestiti senza cerimonie cerco la parete cerco nelle rose dove le rose ancheggiano cortei e minori calligrafie a me così care e perse tutto è tolto come succede nei riformatori tutto è impedito come dopo la confessione esco dal bagno asciugo il divano asciugo l'apertura delle braccia la risposta d'etuve sulle piastrelle quelle più sollevate e tiro via i volti dalle mie tele vuoti - i migliori da tornarci a parte


[...] non c'è dubbio mi posso fare le rose mi posso fare le pietre colpirmi fritta alle interiora perdermi il sangue coagulato calmarmi a morsi e a tagli ma sempre spiando la pietanza sul tavolo bianco bianchissimo a quadri bianchi bianchissimi con il burro sciolto sulle dita - salvo sciolti noi due e un desiderio di lebbra secca di potermi conservare a briciole il tuo grembo finito di mangiare dal mio - e mio due volte - specchio


[‌] il gomito sulla fronte del vetro consumata s o r v e g l i a n z a che ti sponda il sesso era i seni viola come prugne contro il viso inconsuetudini per me disabituata e girata fino alla lingua nei miei favolosi nervi filastrocca di ferite adesso amici immobili


IV RACCOLTA - Anno

poesie

2010


[‌ ] tutto finito. i margini a perdita di occhio per nulla di umano ci arriva. piĂš di cosĂŹ la mia vita girò nella fessura caddero fantasmi di parole allora cadono fantasmi di parole ora seriali segreti di plastica difformi dal segreto sferico conforme saluti distribuiti come sigarette in manicomio/per non restare soli


nell'intervallo posticcio della mia scomparsa nell'intervallo tassello scorrevole posticcio della mia scomparsa una crociera alla volta di radiazioni niente fiori recisi niente cugini vegetali dei fiori o nĂŠ corone smodate di pane per la scarpetta da intercalare ai resti niente niente presse di zucchero con alucce al cielo e occhietti neri cuciti sul posto senza cubiti di palpebre senza saette oblique per contenere preghiere termosigillanti niente di niente per amore il cui punteggio neutro siede tranquillo ad ascoltare gli uccelli cantare con te


[...] tra le sbarre in nuclei di piccole lampadine le tue mani umane scartano telescopi circadiali in me appoggiate come tigri bianche dalle mille propaggini promiscue affondate in me pasionaria dalle maniche larghe e tu insanguinato che mi stai lĂŹ come fungo sotto le foglie e supponi interdetto - ancora una volta - che non abbia mai portato gonne, mai seno alla luce, mai goduto di un gemito incauto - sai bene benissimo come mi piacciano i ricami che chiedi tra le sbarre su te impiegata solerte a dirigere - capo fantomatico di un fantomatico dettato, le bande del sottosuolo e mai femminile e cosĂŹ tanto quando al posto del fucile vomito le spille del tuo combattere e sibilo illimito redigo sfilze di accusatio al tuo imminente processo. mi annunciano le compagne: pasionaria dalle maniche larghe


[...] scrivere. scrivere. scrivere. fiori bagnati che ridestano bambini* che li mangiano subito dove la notte è la stanza migliore. scrivere. scrivere. scrivere. la sensazione di correre al guinzaglio di sentirselo gelare al collo e con una cinghia in bocca che sbarra la fibbia che preme la nuca e salta di buco in buco per serrare. scrivere. scrivere. scrivere. vai a parlare come si deve di stelle coi poeti e vedrai i loro mascheroni cambiare la composizione chimica in quella di un bambino** *polverosi/**polveroso (per scena)


[...] il tuo corpo. il tuo viso... la luce, come la trasformi in una bellezza che sta scrivendo per rendersi con i tuoi segni...


[...] scrivere è essere detti dilatazione bianca da un numero considerevole di autoclavi impazzite/rientranti compluvi (che si ingrazieranno i fiumi) su cui poggiano staffe di orizzonte/sforzo rigido di saliente bitume tostato


[...] il tempo che le parole---> parole] --->-ci metto più tempo a tirarmi su i capelli e a lasciar fare alla pioggia. e mentre lui nel suo concetto di grande mago rifa e rifà - gli succhierei il cazzo con carta moschicida sentire la sua grazia stanca ormai tra le ali il tempo che le parole---> parole--->bachi sadomaso che mi fanno l'ombrellino ci metto più tempo a far saltare il sangue da che un polso è l'altro riscuotendo i battiti svitati dalla gola il tempo che le parole---> parole] ---->avrò saltuariamente più po[s]teri. o farse. nulla più


[...] cosÏ il foglio bianco: modellaci tu un dio se sei capace la pietra la cavi va via dalla statua la pietra in di piÚ ma sul foglio le parole che vanno cavate vanno scritte vanno o mettermi lÏ in amore a scrivere le lettere che vanno cavate per dirti l'amore come ho fatto o non ho fatto finora è come se il foglio alla fine avesse due bambini che si respirano in bocca ombra di destrudo


carburare II stai nel bianco si dice la pagina rifiuta grandi sforzi di percezione stai nel bianco si dice la pagina il bianco per il nero è un buco nero la parola è soltanto il biglietto da visita di piccole resistenze umane che demoni imprestati a effetti speciali si divertono a portarsi a letto


[...] prendimi in casa corpo ancora per oggi non porto borse borsette o bracciali che richiamino i fantasmi da guardia se ho paura non porto risvegli bruschi incubi non porto odio non porto amore non porto padre madre fratelli sorelle figli se mi prendi ancora per oggi non porterò che stregoneria del mio desiderio bullo sulla linea di partenza


[‌] come si scioglie l'anima? scolando la chioma dal pettine? mescolando la chioma col pettine? io vedo i denti dell'inguine sulla testa dell'anima la mia bocca sulla testa dell'anima per succhiarla in su che si attacchi al seno anatomizzami. era la tua preghiera d'amore senza parole. allora i raggi della mia bocca rompevano glicini su tutta la malattia: di morirmi tra le braccia nemmeno a parlarne. vai via! anatomizzami! vai via e mai una volta sola: salvami! che la salvezza era stare dietro al mondo tornando a galla come anguille elettriche nidificare gli alberi infilare gli occhi delle immagini nell'acqua cosĂŹ rimango io e tu muori e non c'è niente da salvare dalla morte la morte non ha i denti aguzzi la morte non è il dolore la morte immerge nel fuoco le vie sfocate


[...] nel mio avanzato stato di terra posso mai scrivere qualcosa che devo considerare o debba considerarsi compiuta? lascio sempre un buco inenarrabile al centro delle parole che mi stupisca con piccoli moniti che mi mettano in riga


[...] rivoltate le conquiste tolte le dita perchĂŠ i fiori nascano il mio corpo ha da fare a dire che se ne va


[...] non sono piÚ quel foglio per scrivere piatto come una foresta dall'alto] la geometria devastata della gelatina balistica espulsa dai miei desideri è sventola di attributi tanto imperituri tanto vaghi - mi esplodono dentro collegamenti di labirinti intestinatissimi dove il cibo nÊ la mano gaudente arrivano come prima. le catene che erano cessioni di cavità temporanee per riposare proseguono per nuca e vertebre nucheiche: vizi profumati messi in melassa mi sussurrano inanellate forzature esemplari d'isteriche intercorrezioni alla Correzione per esercitamentosi


[...] tra una delle cose che sono---> mezze rose preparate colla mia carne: fonte di apparizione che dovrebbe esaltare l'odore] tra una delle cose che sono---> volevi divertire il pasto volevi un po' della intimità del mio corpo e qualcuno oltre a te mi usasse come un fiore tra i brividi tra una delle cose che sono---> mi chiedevi hai freddo? ho freddo. tremo. e tu vieni a soffiarmi le evoluzioni nitide delle tue fibre che io ripeto con gli occhi e torno alla ventura con la tua bocca tra le natiche prima di ogni altra cosa e il cielo scuro da colarne infimità che curassero infermità senza capriccio] sai che restituisco tutto. restituisco tutto un tuffo al cuore sodo che non si addice che al colmo della mia meraviglia meticolosa immagine evadi con costanza irricucibile al suono da ore da orologi prima di ogni vigilia e vigilia di eva vai via tra una delle cose che sono

I a presto, addio. amo i tuoi numeri che educatamente si offuscano senza chiedere e qui c'è il vecchio sacchetto della tombola] rendere netta la vita è la noia mortale] mi smarrisco così posseduta nella nebbia si trasformano i luoghi di destinazione a/in stretto battibecco di polvere II a presto, addio. questa poesia gettata su ghiacciai di pipistrelli neri è una ragazza che fugge in cerchio è una deriva di esarazioni mortali tutte in fiocchi tutte siesta di sangue tutte come mi infilassero a batuffoli dal cuore testate matte di arsenico [II] a presto, addio. passa ancora di qua quando saprai riconoscere i luoghi dove le stelle preferiscono diradare. io certo starò leggendo le tue mani da prima ancora che partissi e con il viso sazio alle mie labbra ripetevi quello che dicevo di te o di cosa mai intrecciasse di nero ai tuoi capelli bianchi e forse eri tu stesso a suggerirmi la lettura tu a chiudere quel libro ospite di sottili e confini tu a stringere i miei polsi per darmi ore di amore di sonno per l'esattezza


il disegnatore il fatto di passare per una selvaggia a restare in piedi per ore battuta dal vento e il mistero di riconoscersi il volto passando le dita sul primo albero del bosco sulla collina il fatto di masturbarsi sulla tomba del padre per dare via al primo discorso serio con quell'uomo sottoterra: lei viveva come l'estremità di cose attratte senza sosta dal centro di qualcosa di altro [II] non le dice stai ferma. comincia a disegnarla e basta. non importa se si muove. non importa se parlando si muove: la disegna e basta e senza dirle mai di stare ferma la disegna e non le dice niente ma non è vero che non le dice niente è un modo di dirle altre cose un modo di vederla in certi stadi di conversazione][in certa luce di conversazione dice lui


[...] ovunque piovesse questa primavera crudo il pathos del lucido germoglio (a sole saetta) il colore crudo delle ali del corvo rimemora buio a sole alto (fa primavera) splendide navi fantasma dove sparÏ il tempo a mare a contare i pesci morti e straripò in tempesta] e centrica scrittura stava tutta nel suo viso umano levato dai contorni come il suo seno levato dal torace come il suo sesso levato dall'inguine come i suoi fianchi levati dalle anche come le sue natiche levate dai lati dell'osso sacro e centrica scrittura stava la stessa cosa solo un po' diversa ovunque piovesse questa primavera le mano che gira il coltello lo allinea al fiume è tutto vero dalle occhiaie di legno dell' acqua strariperanno sfumature sopite e sospinte e un po' di stupore tornando al particolare incorrotto dove l'aria si difende dall'uomo ovunque piovesse questa primavera


[…] spogliami come l'isola degli uccelli che volano via col mio occhio nel becco - necessariamente - va via da questo ora che non servo di abbellire sgolandolo


[…] io sono l'incontro / la vera sorpresa che ti precorre / il cielo spostato l'ora avanti / la conchiglia di mare grosso che tieni al collo / la pietra che prendi al volo dal cervello del vulcano/ e capace - senza sgomento - la sola di attraversarti il cranio con una rosa


pass 1 ha smesso di amarlo. Il digiuno le infiamma lo stomaco. il peso del cielo dondola verso oriente e torna indietro. il fiume rallenta per porgerle ostie di limo dolce e bisbigli frantumati sui guizzi del controluce. il giorno sfoca fra vaporose ipnosi lentamente mette via cose]


[...] consenti la non data acquisizione umanitĂ accapponata continuamente accapponata sulla pelle di Dio intatta era l'origine senza testamento


[...] l'imenità intatta di mio padre mi si sgretola tra le dita come un ponte circolare di biscotto messo alla pioggia (l'ho difesa da migliaia di colazioni) davanti al mare oggi è diventata polvere trappola entomologica per verità non scritte ma che non costano in stelle


[...] scomparendo conteremo le stelle dimenticandoci di avere fatto presenza di avere voluto vedere come (si) fotte un manichino calcolando per decenni l'area dei nostri specchi


‌ nata per posteri abortiti non ho mai smesso di scrivere lettere agli oggetti ...


‌ il romanzo continua a causa dei nostri corpi: aree espositive intrufolate nella faticosa e facoltosa caparbietà della mente ‌


‌ il tempo non esiste e i miei capelli hanno tutto il diritto di diventare bianchi...



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