ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL PROCESSO DI REVISIONE DELLA COSTITUZIONE Recentemente sono state apportate alcune rilevanti modifiche alla Costituzione, una delle quali già vigente, il cosiddetto pareggio di bilancio, di cui abbiamo parlato diffusamente in altro articolo, e che in pratica, riscrivendo l’art. 81, istituisce l’equilibrio di bilancio, ma comunque tenendo conto delle fasi avverse del ciclo economico, è ancora possibile l’incremento del debito pubblico, anche se non si prevede nulla circa la possibilità di indebitamento per le spese per investimento. Altre modifiche, come quella dell’art. 57 sono passate in prima lettura al Senato. In pratica viene istituito un Senato pseudofederale, con una complicazione delle sue modalità di funzionamento, dato che vengono inclusi, nei casi in cui si vota per le materie di legislazione concorrente oppure riguardanti gli Enti locali, cioè quasi tutte, ulteriori rappresentanti delle Regioni. Per quanto riguarda l’art. 72 appare incongruo il modo in cui viene parzialmente superato il bicameralismo, che si concreta, tra l’altro, con la previsione che i disegni di legge riguardanti materie di cui al 3° comma dell’art. 117 siano assegnati al Senato, nella composizione di cui all’art. 57 e con la complicazione del passaggio in commissione paritaria. Ma soprattutto appare lesivo della centralità del Parlamento, già di fatto svuotata in queste ultime legislature, il forte ridimensionamento del bicameralismo, previsto in limitati casi di cui ai commi 7 e 8, vanificando l’intento dei padri Costituenti che avevano inteso affidare alla seconda lettura la funzione di un secondo esame, data l’importanza e la centralità del documento legislativo nella vita dei cittadini. Anche il comma 10 comprime la capacità decisionale del Parlamento, quasi facendolo scadere al rango di un ufficio, la previsione del silenzio assenso nei (moltissimi) casi in cui la funzione legislativa non sia paritaria fra i due rami del parlamento, dopo appena 15 gg. dalla trasmissione, ravvisabile più per un mero ufficio che per un ramo del Parlamento. Il comma 9 dispone poi un vero diktat da parte del Governo, che può imporre al Parlamento un disegno di legge ritenuto urgente, e che deve essere votato, senza modifiche, entro un certo termine. Lo svuotamento della funzione legislativa appare, qui, netto e grave, e oltretutto costituzionalizzato, un altro passo e si potrebbe arrivare alla previsione di disegni di legge governativi approvati dallo stesso Governo, senza il fastidio del passaggio parlamentare. Altra compressione delle funzioni del Parlamento è quella prevista dall’art. 94, se la mozione di sfiducia deve essere approvata con la maggioranza assoluta dei componenti delle Camere, l’innalzamento del numero minimo di parlamentari per la presentazione da un decimo a un terzo rappresenta una irragionevole limitazione di questo diritto a garanzia delle minoranze, aggravata dal fatto che deve essere presentata da entrambe le Camere. Non solo, non appare nemmeno giustificata la necessità che sia votata da entrambe le Camere, dato che la fiducia deve essere votata da tutte e due le Camere, dovrebbe bastare che venga meno in una Camera per avere le dimissioni del Governo. Parimenti non appare giustificata la necessità che venga indicato il nuovo Presidente del Consiglio nella presentazione della mozione di sfiducia, essendo tale indicazione rimessa ai successivi passi da compiere, che comportano, in caso di proseguimento della legislatura, consultazioni da parte del
Presidente della Repubblica, e nel caso in cui la crisi sfoci nello scioglimento delle Camere, accordi fra le varie forze politiche. Riguardo alle modifiche della nostra Costituzione in senso semipresidenzialista, a parte la strumentalità delle stesse, approvate in prima lettura al Senato più per ragioni di visibilità politica e che difficilmente vedranno la luce, per quanto riguarda l’art. 82 si osserva che l’elezione diretta del Capo dello Stato non si concilia con il carattere parlamentare della nostra Repubblica, già gravemente leso da una prassi che vede il Parlamento solo come organo di ratifica delle decisioni del Governo, e le cui funzioni sono ulteriormente svuotate dalle modifiche agli artt. 72 e 94 sopra viste. Con l’art. 84 viene lasciata alla previsione di legge ordinaria la regolamentazione della presentazione delle candidature, unicamente prevedendo alcuni principi, ciò appare incongruo se si pensa all’importanza e alla centralità di questa figura, che avrebbe comportato una regolazione di questo aspetto per via pressochè interamente costituzionale. La previsione della presidenza del Consiglio dei Ministri, nell’art. 92, tra le competenze del Presidente della Repubblica, crea incongruenze e sovrapposizioni con il Presidente del Consiglio dei Ministri, pure presente, e tale funzione inerente il Governo, e quindi la maggioranza, difficilmente si concilia con la sua funzione di garanzia, che pure continua ad essere prevista nell’art. 83. Insomma, forse alcune modifiche dovevano essere maggiormente meditate, anche se le pressioni internazionali, in particolare dell’Unione Europea si sono fatte sempre più forti, non è comunque possibile che l’assillo dello spread e dei mercati arrivi addirittura a condizionare la Carta fondamentale dell’organizzazione dello Stato e della vita dei cittadini. Alessandro Ranieri – a.ranieri@neapolisroma.it