3 minute read
LeSiciliane n 66
Salvatore Resca (parroco)
Questo strano 2020 (speriamo che passi presto) ci costringe a cambiare le nostre abitudini. Ci ha costretto a fare Pasqua “con i tuoi”. A Natale non sappiamo ancora come andrà a finire!
Advertisement
Siamo giustamente preoccupati per i guai economici che la pandemia ha prodotto e che continuerà a produrre nel nostro paese e nel mondo; se c’è gente che col COVID ci sta guadagnando, ci sono tanti, forse la maggior parte, che ci ta perdendo; siamo addolorati per la perdita di persone che la malattia ha portato via, abbiamo paura che tocchi anche a noi o ai nostri cari… Ma questa esperienza potrebbe diventare una straordinaria occasione di riflessione, di rientro in se stessi, di valutazione più matura e cosciente della realtà che ci circonda.
Abbiamo l’opportunità di vivere un Natale più sobrio, più essenziale, più cristiano, un Natale con la “N” maiuscola, un Natale che come diceva qualche giorno fa papa Francesco ci costringe a chiederci non: “Che cosa posso comprare? Dove posso andare? Cosa dobbiamo mangiare? Cosa posso avere di più? Ma: Che cosa posso dare agli altri, per essere come Gesù che ha dato se stesso, nato com’è in quel presepio”?
Attenzione! Non si vuole demonizzare gli aspetti belli, umani, folkloristici, gioiosi, tradizionali del Natale, ma per riempirli di significato, per riscoprirli quando sarà possibile più validi, più intensi, e, soprattutto, almeno per noi cristiani, maggiormente legati alla sostanza non all’apparenza delle cose. È questa la posizione equilibrata con cui il cristiano guarda la realtà.
Purtroppo ci sono anche degli atteggiamenti squilibrati.
Qualcuno ha detto che l’epidemia è un “castigo di Dio”.
Ma non scherziamo con le cose serie!
È circolata qualche giorno fa la notizia che un certo Irvin Baxter, settantacinquenne, pastore evangelico americano, dopo essere risultato positivo al COVID, è stato ricoverato in ospedale ed è morto nel giro di una settimana. Il suo caso ha scosso gli Stati Uniti soprattutto perché in precedenza il pastore aveva parlato del Coronavirus come “punizione divina” dei peccati sessuali.
Esistono ancora dei cristiani che credono in un Dio che si diverte a punire e a far morire la gente.
Ma in casa nostra c’è anche di peggio! C’è Radio Maria.
“La pandemia di coronavirus è effetto di un complotto mondiale delle elites per conquistare, sotto l'impulso di Satana, il mondo entro il 2021.[…] Questa epidemia è un progetto che io ho sempre attribuito al demonio che agisce attraverso menti criminali che l'hanno realizzato con uno scopo ben preciso: creare un passaggio repentino, dopo la preparazione ideologica, politica e mass mediatica, per un colpo di Stato sanitario”. Obiettivo: quello di "costruire un mondo nuovo senza Dio. Il mondo di Satana. Dove saremmo tutti degli zombie.È un progetto, non una cosa campata per aria. Vorrebbero realizzarlo entro il 2021, a mio parere".
Questo è ciò che sostiene, parlando dai microfoni della sua emittente, il direttore di Radio Maria, don Livio Fanzaga.
Cristo non nascerà nella notte del 25 dicembre. Ci sono polemiche sulla messa di Natale. A mezzanotte o alle nove? Qualche giornale ha addirittura parlato di “nascita prematura”. Stiamo diventando scemi! Cristo non nascerà la notte del 25 dicembre. Cristo è nato 2000 anni fa è morto ed è risorto. È poi partito. Noi celebreremo il Natale, non importa a che ora, perché siamo felici che la sua presenza è affidata al nostro essere svegli, Tutto il resto sarà anche bello, commovente, natalizio. Ma, nella migliore delle ipotesi è poesia, sentimento, folklore. Nella peggiore potrebbe diventare dissacrazione, consumismo, banalizzazione, addirittura, in qualche caso, negazione dello stesso Natale cristiano.
Ecco perché non dobbiamo lasciarci prendere dallo sconforto. Il COVID sta togliendo la vita a tante persone, sta cambiando le nostre abitudini, sta sconvolgendo la nostra vita. Questo certamente ci colpisce, ci dispiace, ci impaurisce. Ma uno dei danni più gravi potrebbe essere quello di intristirci, di scoraggiarci, di farci chiudere in noi stessi, di convincerci che se dobbiamo impegnarci per il Regno di Dio possiamo farlo solo nei momenti belli e facili della storia, mentre invece dobbiamo farlo con gioia anche nei momenti più difficili.