6 minute read

Così nemmeno i pupi siciliani Fabio Tracuzzi

Così nemmeno i pupi siciliani

Fabio Tracuzzi

Advertisement

L’arroganza e la spocchia politica di Miccichè alla fine lo hanno messo quasi del tutto fuori gioco. Voleva essere ancora presidente dell’ARS, no; avrebbe voluto almeno l’assessorato alla salute, nemmeno; si sarebbe accontentato dell’assessorato alla cultura, neppure. E che tipo di leader è? Forse non si è ancora accorto che nessuno più lo segue e che sono rimasti quattro gatti? È finito il tempo delle vacche grasse, cioè di tutti i privilegi. E così il coordinatore di Forza Italia in Sicilia dentro l’assemblea regionale si stacca dalla stessa Forza Italia e fonda (assieme ad altri tre, perché gli altri sono saliti sul carro del vincitore) Forza Italia 2. Fuori dall’assemblea resta a coordinare Forza Italia in tutta l’isola. Boh?

Gianfranco Miccichè evidentemente non conosce bene i proverbi siciliani. Uno dei più saggi recita così:“Cu lassa a vecchia pa’ nova sapi chiddu ca lassa, ma non sapi chiddu ca trova”. Non credo ci sia bisogna di tradurre ma comunque ecco: “chi lascia il vecchio per il nuovo sa cosa lascia ma non sa cosa trova”. Ed in effetti è proprio quello che è successo all’ex presidente dell’Ars. Lui stesso, dopo l’elezione di Galvagno a presidente dell’Assemblea, aveva avuto modo di dire che “tanto mi ero speso per non far ricandidare Musumeci e adesso con Schifani la situazione è anche peggiorata”. Un’elezione alla quale Miccichè e i suoi fedelissimi (davvero pochi ormai si contano sulle dita di una mano e sto esagerando) non hanno partecipato, sperando che la maggioranza andasse sotto. Cosa che non è successa grazie ad aiutini di altre forze politiche. Tutti negano ovviamente, ma i numeri sono numeri. Galvagno avrebbe avuto bisogno di 40 voti per essere eletto. I fedeli di Miccichè non lo hanno votato, ma Galvagno ha avuto 43 voti. Non occorre un pallottoliere. Miccichè, in pratica, ha tentato la stessa sortita di Forza Italianell’elezione del Presidente del Senato Ignazio La Russa. Volevano dare un segnale forte al governo Meloni ed hanno fatto una figura barbina. Evidentemente la lezione a Miccichè non è bastata. Ci ha riprovato e ancora una volta ha fatto una figura ridicola, comunque non degna di un leader quale si crede ancora di essere. E quindi Miccichè che voleva essere rieletto presidente dell’Ars e gestire tutti i suoi privilegi ha dovuto rinunciare. Voleva anche gestire, lui o un suo uomo (o donna) l’assessorato alla Salute (il più ricco) e invece niente. Avrebbe voluto fare l’assessore alla Cultura e continuare a gestire in assoluto monopolio palermitano, campo riservato ai suoi fedelissimi, tutti gli eventi culturali dell’isola e anche in questo caso non è stato accontentato. Ed ecco spiegata la sua rabbia. Voleva

tutto, così era abituato, non ha avuto niente. Non fatevi ingannare, non ci sono divergenze sul programma di governo. Niente di tutto questo, che sarebbe anche nobile, sarebbe politico. Deve solo rinunciare a tutti i suoi privilegi goduti negli ultimi cinque anni. Musumeci glielo aveva predetto quando era presidente: basta privilegi. E da lì la guerra che il leader (ex) di Forza Italia, aveva fatto all’ex presidente obbligando la coalizione a trovare una soluzione alternativa: Schifani, che proprio amico di Miccichè non lo è mai stato.

Le prossime mosse? Come prima cosa ci ha fatto sapere che ha rinunciato al ruolo di senatore per restare deputato regionale. “Non abbandonerò mai la Sicilia”, aveva detto, ma solo dopo che Giorgia Meloni aveva ufficializzato che: “Questo signore nel governo non lo voglio”. Un altro brutto colpo per chi sperava in un posto, almeno da sottosegretario. Il suo nemico Musumeci è stato nominato ministro, sia pur con portafoglio più che vuoto, e lui niente.

O forse

Miccichè

pensava che il boicottaggio nei confronti di Musumeci fosse stato dimenticato e perdonato da parte della leader Giorgia. Ha anche fatto sapere che deciderà di volta in volta quali provvedimenti del governo siciliano votare. Ma davvero crede che ci sia qualcuno disposto a far cadere il governo e andare a casa? E sì, perché funziona così: se cade il Governo si vota di nuovo, non si cambia presidente. E così, in conclusione, torniamo a un nuovo proverbio, questa volta non siciliano: “chi tutto vuole alla fine nulla stringe”. O qualcosa del genere.

FORZA ITALIA 2: LAVENDETTA

Ma il vulcanico ex Presidente dell’Ars non ci sta. Non si arrende. E allora cosa pensa di fare? Gianfranco Miccichè, il politico Gianfranco Miccichè, non più “tirato” a lucido come nei tempi qualitativamente migliori, mostra una parte patetica della sua attività politica. Rompe, per il momento, con Schifani in maniera ufficiale e col suo esercito di quattro deputati, compreso lui che così almeno resta leader di qualcosa, lascia il gruppo di Forza Italia all’Ars per formarne un nuovo il cui nome e l’esaltazione della sua, in questo caso limitata, fantasia. Ed ecco Forza Italia 2. Se ci avesse aggiunto accanto anche la dicitura la vendetta il “sequel” sarebbe stato perfetto.

Come già detto, alla base di questa frattura non ci sono motivazioni politiche o dissenso sul

programma di governo. Sarebbe stata una motivazione nobile. Niente di tutto questo. Niente poltrone per Miccichè e per i suoi. E così come un bimbo viziato, e in questo caso anche vizioso (del resto chi non ha i suoi vizi?) sbatte i piedi e se ne va sperando nella comprensione di papà Silvio Berlusconi che continua a non intervenire sulla faida siciliana che sta lacerando il suo partito ultima roccaforte di voti. Miccichè, coordinatore di Forza Italia in Sicilia, si allontana da Forza Italia all’Assemblea regionale e fonda Forza Italia 2 restando al contempo coordinatore per tutta l’isola. Che pasticcio. Berlusconi interverrà? Oppure non vuole intervenire o ancora, come ormai pensano in molti, non può intervenire (troppi i segreti imbarazzanti nascosti nei cassetti di Miccichè), non vuole indispettire (o provocare) il suo pupillo in Sicilia al quale ha permesso tutto. Certo in cambio di risultati eccezionali, a partire dallo storico 61-0 alle prime votazioni in cui Forza Italia “scese in campo”. Ma gli anni passano e, come dice il più banale dei proverbi (ecco di nuovo i proverbi che evidentemente Miccichè non conosce), i tempi cambiano. Forza Italia non ha più la forza (e non è solo un gioco di parole) di una volta e soprattutto Gianfranco Miccichè non ha più la credibilità di una volta. Arroganza e spocchia politica lo hanno messo quasi del tutto fuori gioco. Il fatto stesso che il suo gruppo sia formato da quattro gatti (non in senso dispregiativo per i gatti), mentre la stragrande maggioranza si è allineata con Schifani, dovrebbe indurlo a ragionare, a riflettere. Alla vicepresidenza dell’Ars non è stato eletto il candidato del centrodestra, ma non per il non voto del gruppo “la vendetta”. Possibilmente si sono aggiunti anche i meloniani delusi, ma i bene informati dicono che era una sconfitta calcolata. La prima cambiale da pagare per l’elezione di Gaetano Galvagno alla carica di Presidente dell’Assemblea. La seconda bisognerà pagarla al gruppo De Luca al quale andrà la presidenza della commissione antimafia e così è stato) che per regolamento va a un partito dell’opposizione. Queste sconfitte della maggioranza non fanno male. Non ancora. Ci sarà modo e tempo di far male alla maggioranza quando con un voto contrario si rischierà di andare tutti a casa. E già ridiamo solo all’idea. Quel giorno, che verrà e presto anche, tutti i deputati avranno le tasche piene di piombo per restare molto più attaccati alle poltrone. Tutti nessuno escluso. Insomma il governo Schifani al quale facciamo sinceri auguri, Sicilia e siciliani ne hanno davvero bisogno, sembra partire, nei modi, con un nuovo motto: “bisogna che tutto cambi affinché tutto resti come è”. O forse lo ha già detto qualcuno prima?

This article is from: