Quaderni
Cassa depositi e prestiti
Crescere per Competere Il caso del Fondo Strategico Italiano
Marzo 2015
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Crescere per Competere Il caso del Fondo Strategico Italiano
Marzo 2015
Quaderni | 01
Cassa depositi e prestiti
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Guido Rivolta | Responsabile Relazioni Istituzionali e Comunicazione Esterna Simona Camerano | Responsabile Ricerca e Studi
A cura di: Davide Ciferri | Coordinamento Gruppo di lavoro davide.ciferri@cdp.it
Federico Antellini Russo federico.antellinirusso@cdp.it
Annachiara Palazzo
annachiara.palazzo@cdp.it
Si ringraziano le societĂ Ansaldo Energia, Gruppo Trevi, Inalca, Kedrion, Metroweb, Rocco Forte Hotels, SIA e Valvitalia per la collaborazione e la condivisione dei dati e delle informazioni utilizzate nella presente analisi.
Indice Executive Summary
5
01 Il sistema produttivo italiano: le nuove sfide
6 6
01.1
Quadro di contesto
01.2
Debolezze della struttura produttiva italiana
11
01.3
Efficienza del sistema imprenditoriale
13
01.4
Struttura finanziaria e governance delle imprese italiane
15
02 L’operatività del Fondo Strategico Italiano 18 02.1 Introduzione
18
02.2
Perimetro di operatività
21
02.3
Obiettivi e modalità d’investimento
23
02.4 Portafoglio
26
03 I principali investimenti di FSI 32 03.1
Gli investimenti realizzati
32
03.2
Effetti aggregati degli investimenti: valore aggiunto ed export
33
03.3
Indotto occupazionale degli investimenti di FSI
39
03.4
Case study: Ansaldo Energia
43
03.5
Osservazioni conclusive
50
Appendice 1 – Le aziende oggetto d’investimento 52 A.1 Kedrion
52
A.2 Metroweb
55
A.3 Valvitalia
57
A.4
59
SIA
A.5 Trevi
62
A.6
64
Rocco Forte
A.7 Inalca
66
Appendice 2 – La metodologia di stima dell’indotto 68 Bibliografia 72
Executive Summary >
Con il ritorno alla crescita economica, lo scenario che sta emergendo è quello di un sistema produttivo caratterizzato da punti di forza, ma anche da elementi di persistente debolezza.
>
Se guardiamo alle performance sui mercati internazionali, alcuni segmenti del tessuto industriale si sono, infatti, dimostrati particolarmente dinamici anche nella fase più acuta della crisi. Dall’altro canto, alcune debolezze strutturali delle imprese - piccola dimensione, bassa capitalizzazione, scarsa apertura internazionale, ridotta propensione all’innovazione - continuano ad essere un limite allo sviluppo del nostro sistema produttivo.
> Il fabbisogno di equity si configura come una delle priorità del sistema produttivo italiano, che dovrebbe essere sostenuto in modo strutturale aldilà della fase congiunturale attuale.
>
Il rafforzamento patrimoniale permette alle imprese di intraprendere con maggiore solidità percorsi di sviluppo che riguardano le loro attività d’internazionalizzazione e di R&S favorendo un aumento dei livelli di competitività.
>
In tale contesto, la nascita del Fondo Strategico Italiano (FSI) ha l’obiettivo specifico di sostenere la crescita e l’evoluzione delle imprese nei settori considerati strategici per il nostro sistema economico, attraverso l’apporto di risorse finanziarie in forma di nuovo capitale di rischio.
>
FSI può essere considerato uno strumento moderno di politica industriale, che mette a disposizione “capitale paziente”, con un orizzonte d’investimento più lungo rispetto a quello di gestori di private equity tradizionali, attraendo risorse finanziarie private, anche estere, da investire per lo sviluppo del tessuto imprenditoriale.
>
Attualmente, a fronte di una dotazione di capitale di 5,1 miliardi di euro, FSI ha investimenti per 1,5 miliardi di euro in imprese italiane e ha favorito l’attrazione di capitale dall’estero per circa 3 miliardi di euro.
>
In questo Quaderno vengono analizzati i principali investimenti di FSI, e in particolare la loro ricaduta in termini di attività economica e di livelli occupazionali direttamente o indirettamente attivati.
>
L’investimento in Ansaldo Energia sintetizza tutte le direttrici in cui si articola la funzione obiettivo del Fondo e la sua connotazione strategica, con particolare riferimento al consolidamento patrimoniale, al supporto all’internazionalizzazione, alla ricerca di partner strategici e al rafforzamento di una filiera produttiva ritenuta fondamentale per il Paese, anche in virtù delle potenziali ricadute occupazionali.
>
Complessivamente, le imprese nel portafoglio di FSI operano in settori rilevanti. Tali settori rappresentano, infatti, circa il 20% del valore aggiunto e il 30% delle esportazioni realizzati a livello nazionale.
>
Le stime mostrano che l’occupazione complessiva riconducibile alle attività delle imprese oggetto di investimenti è pari a circa 36 mila occupati, dei quali circa 25 mila e 800 riferibili all’indotto (il 72% del totale dell’occupazione interessata).
>
Analizzando gli obiettivi e gli orizzonti temporali dei diversi piani industriali, si individua inoltre il contributo di FSI in termini prospettici. La stima della variazione complessiva degli occupati diretti e indiretti interessati dagli investimenti, a fine 2018, è compresa tra il 9% e il 15%.
>
Il consolidamento patrimoniale e dimensionale favorito dall’intervento di FSI può essere importante per creare le condizioni affinché le imprese italiane d’eccellenza, più che trovarsi nella condizione di subire passivamente operazioni di acquisizione da parte di società estere, possano avere le risorse e la solidità necessarie per essere protagoniste sul mercato delle fusioni e acquisizioni a livello internazionale.
produttivo italiano: 01 Illesistema nuove sfide
01.1 | Quadro di contesto Le imprese italiane attraversano un momento di importante trasformazione. Alla vigilia di una graduale ripresa, l’emergere di fattori più favorevoli ad una crescita (diminuzione del prezzo del petrolio, recupero del commercio mondiale, calo dei tassi di interesse e ulteriore svalutazione del cambio dell’euro) rappresenta un’opportunità e al tempo stesso una sfida per il sistema produttivo nazionale, che bisognerà saper cogliere superando le debolezze strutturali e valorizzando i punti di forza.
Grafico 1 – PIL e valore aggiunto industriale, 1995-2013 Valore aggiunto industriale
PIL
1.700
2
1.550
0
1.500 1.450
-2
1.350 1.300 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
6
1.400
PIL (asse sx)
€ mld
€ mld
1.600
5
420
4
1.650
10
440
6
400
0
380
-5
360
-10
340
-4
320
-6
300
-15 -20 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
1.750
var % YoY (asse dx)
VA (asse sx)
var % YoY (asse dx)
_____________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati ISTAT
La frenata del PIL ha avuto conseguenze significative sull’economia reale1 e in particolare sui livelli occupazionali. Gli occupati si sono ridotti di circa 1 milione, di cui quasi 500 mila nella sola industria. Al tempo stesso, il numero di disoccupati – sia per la riduzione degli occupati, sia per l’aumento significativo del numero di persone in cerca di occupazione che erano inattive nei periodi precedenti2 – è salito a fine 2013 a 3 milioni e 100 mila, con un aumento di circa 1 milione e 600 mila unità rispetto a fine 2007. Il tasso di disoccupazione è conseguentemente aumentato e, nei primi mesi del 2014, ha superato il 12% (un valore, in termini percentuali, quasi doppio rispetto a quello registrato prima della crisi).
______________________
(1) Dall’inizio della crisi il PIL si è ridotto dell’8,3% in termini reali, tornando sui livelli del 2000.
(2) Tipicamente in periodi di forte e duratura contrazione dell’attività economica, il numero di persone che si affacciano sul mercato del lavoro (attivi) aumenta perché si cerca di compensare la perdita del reddito disponibile con la cosiddetta attivazione dei second earner. Tale dinamica aumenta il numero di disoccupati (e il relativo tasso di disoccupazione) anche a parità di livelli occupazionali.
CDP Quaderno 01 - 2015
Grafico 2 – Andamento dell’occupazione e del tasso di disoccupazione, 2004–2013 3.500
25.000
Disoccupati e tasso di disoccupazione
14 12
3.000 ’000
20.000 15.000
10
2.500
8 6
2.000 1.500
0
1.000
1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
5.000
Totale economia
Industria
4 2 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
10.000
%
Occupati (’000)
disoccupati (asse sx)
0
tasso di disoccupazione (asse dx)
_____________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati ISTAT
La contrazione dell’attività economica ha chiaramente riguardato anche la dinamica del sistema produttivo: dal 2007 al 2013, lo stock delle imprese registrate si è ridotto di oltre 60 mila unità (passando dai 6,12 milioni del 2007 ai 6,06 milioni del 2013). La riduzione ha maggiormente riguardato le società di persone e le ditte individuali (nel 2013, ad esempio, a fronte di un saldo positivo tra iscrizioni e cessazioni di oltre 40 mila unità per le società di capitali, si è avuto un saldo negativo di oltre 33 mila unità per le ditte individuali)3. Inoltre, nel 2012, anche il tasso di sopravvivenza delle imprese è diminuito: circa il 20% delle nuove imprese non risultava più attivo a un anno dalla nascita. Appare comunque evidente come il grado di sopravvivenza delle imprese sia anche funzione della loro capacità di crescere dimensionalmente. Per le imprese nate nel 2010, infatti, si passa da un valore iniziale di 1,4 addetti a uno di 2,3 addetti nel 20124. Nonostante le criticità, particolarmente accentuate sul fronte domestico, il sistema economico italiano ha mostrato segnali di vitalità nell’export. Negli anni, infatti, il peso dell’export sul PIL nazionale è cresciuto dal 18% del 1992 al 30% del 2013 (con circa 6 p.p. “guadagnati” nel corso della crisi). Nello stesso periodo, tra i principali partner europei, solo la Germania ha fatto meglio dell’Italia (circa 27 p.p. in più di peso dell’export tra il 1992 e il 2013)5.
Tabella 1 – Peso dell’export sul PIL per alcuni Paesi europei, 1992-2013 (%) Paesi
Germania Francia Italia Regno Unito
1992
2009
2013
24 22 18 24
42 23 24 29
51 27 30 31
_____________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su dati Commissione Europea
______________________
(3) Centro Studi Unioncamere, (2014). (4) ISTAT, (2014).
(5) Il gap sconta, in realtà, anche la diversa performance in termini di crescita economica tra i due Paesi.
CDP Quaderno 01 - 2015
7
L’aumento del numero di attivi nel mercato del lavoro è la conseguenza di un peggioramento complessivo delle condizioni economico-finanziarie delle famiglie, che si sono ulteriormente aggravate a seguito dell’aumento della pressione fiscale: tra fine 2007 e fine 2013, il potere d’acquisto delle famiglie si è ridotto, infatti, di circa il 10% e la spesa per consumi di circa l’8%.
Dalla metà degli anni Novanta, quindi, si è delineato un processo di convergenza verso un modello di crescita maggiormente export-led. Dinamica che non è stata particolarmente condizionata dal ciclo economico negativo degli ultimi anni, ma che, proprio nel periodo 2009-2013, si è rafforzata, sia a seguito di una domanda interna particolarmente stagnante, sia in virtù della capacità di una parte del settore produttivo industriale di sfruttare le esternalità derivanti dalla crescita sostenuta del commercio internazionale guidata dalle economie emergenti.
10
8
8
6
6
4
4
2
2
0
0
-2
-2
-4
-4
-6
-6
-8
-8
1961 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
10
Tasso di crescita YoY
Grafico 3 – Crescita del PIL e contributo della domanda interna ed estera, 1960-2013 (%)
contributo alla crescita del PIL della domanda estera (asse sx) contributo alla crescita del PIL della domanda interna (asse sx)
8
tasso di crescita reale del PIL (asse dx)
_______________________________________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su dati Commissione Europea
Si consideri, infatti, che, nel lungo periodo compreso tra il 1960 e il 2013, il tasso reale di crescita medio annuo del PIL è stato pari al 2,6%, di cui il 2,4% attribuibile alla domanda interna e lo 0,2% alla domanda estera. Nel periodo 1993-2013, invece, la crescita media annua è stata particolarmente modesta (0,7%), ma il contributo della domanda estera è aumentato, fin quasi ad eguagliare quello della domanda interna (rispettivamente 0,3 e 0,4). Nel periodo più “caldo” della crisi, infine, il PIL si è ridotto in media dell’1,5% a fronte di un contributo negativo della domanda interna (-2,2%), compensato, anche se solo parzialmente, da quello positivo della domanda estera (0,7%). Il cambiamento strutturale verso un modello prevalentemente export-led può essere efficacemente sostenuto sopportando costi d’aggiustamento in termini di struttura produttiva6 e favorendo lo sviluppo dei livelli di competitività del sistema industriale, come in alcune importanti esperienze europee7. Questi ultimi potrebbero essere ulteriormente incrementati, in linea teorica, attraverso due processi:
>
una dinamica salariale “interna” sistematicamente inferiore rispetto a quella dei prezzi esteri;
______________________
(6) I costi d’aggiustamento possono riguardare tanto quelli necessari a un cambiamento di specializzazione produttiva quanto quelli richiesti da un riposizionamento rispetto alla catena internazionale del valore. A questi si potrebbero aggiungere anche costi connessi a dinamiche retributive strettamente coerenti con i livelli di competitività e produttività del sistema. (7) Il modello tedesco, così come si è sviluppato in particolare negli ultimi decenni, è di fatto un modello di export-led economy nel quale continui miglioramenti di produttività e competitività sono necessari per sostenere il sentiero di crescita del Paese. La competitività sistemica è favorita attraverso una costante ricerca di efficienza produttiva (a livello d’impresa) e da un continuo up-grading tecnologico all’interno delle catene globali del valore. I livelli di competitività sono anche garantiti da una dinamica salariale interna relativamente moderata e da una generale (e conseguente) compressione della domanda domestica.
CDP Quaderno 01 - 2015
>
una serie di azioni volte a stimolare la produttività sistemica attraverso un graduale processo di riduzione dei freni alla crescita delle imprese.
Con riferimento al primo punto, si può costatare come, nel corso della crisi, si sia già registrata una significativa contrazione salariale in termini reali: nel periodo 2009-2013, i costi unitari del lavoro in Italia si sono, infatti, ridotti in termini reali del 3,8% (contro il 2,5% in Germania e l’1,7% in Francia)8.
Grafico 4 – Dinamica reale dei costi unitari del lavoro, Q1 2000-Q3 2013 (media 2007=100) 120 115 110 105 100 95 90 85 2001
2002
2003
2004
2005
Germania
2006
Spagna
2007
2008
Francia
2009
2010
2011
2012
2013
9
2000
Italia
___________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati Eurostat
In relazione al secondo aspetto, si può evidenziare come l’Italia abbia sperimentato negli ultimi anni, nonostante le buone performance sui mercati internazionali, un lungo periodo di stagnazione della produttività, specialmente rispetto agli altri partner europei: dal 2000 al 2013, infatti, la produttività del lavoro è cresciuta in termini reali del 13,7% in Germania, del 12,3% in Francia, mentre è diminuita dell’1,1% in Italia9.
______________________
(8) Ulteriori riduzioni potrebbero minare la già fragile tenuta sociale del Paese, aggravando i deboli livelli occupazionali (nello stesso periodo in Spagna la riduzione dei costi unitari del lavoro è stata pari al 14,9%, ma la disoccupazione – al 26,4% – ha raggiunto livelli più che doppi rispetto a quella italiana pari al 12,6%).
(9) Teoricamente, a livello europeo il processo di convergenza verso modelli di export-led può configurarsi in due scenari possibili (pur non necessariamente in stretta concorrenza): 1) tutti i Paesi possono perseguire autonomamente un percorso di massimizzazione del proprio surplus commerciale ovvero 2) ogni Paese si colloca in una posizione subordinata all’interno della catena del valore rispetto all’economia leader. Nel primo caso, nell’ipotesi che la domanda estera (in particolare extra UE) fosse capace di assorbire interamente questo surplus, ci sarebbe un rilevante apprezzamento della moneta unica che parzialmente controbilancerebbe i benefici derivanti dalla maggiore internazionalizzazione. Il secondo scenario è, invece, realizzabile con significativi costi d’aggiustamento, anche in termini di mobilità dei fattori produttivi, in ogni singolo Paese e soprattutto con una maggiore sincronizzazione dei cicli economici.
CDP Quaderno 01 - 2015
Grafico 5 – Dinamica della produttività del lavoro, Q1 2000-Q3 2013 (media 2000=100) 125 120 115 110 105 100 95 90 2000
2001
2002
2003
2004
Germania
2005
2006
Spagna
2007
2008
Francia
2009
2010
2011
2012
2013
Italia
10
___________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati Eurostat
Si tratta di una dinamica particolarmente rilevante perché il grado d’internazionalizzazione delle imprese è strettamente legato alla produttività. I processi d’internazionalizzazione, infatti, sono caratterizzati da costi fissi non recuperabili che possono essere affrontati solo dalle imprese con un’elevata capacità produttiva10. In tale contesto, soltanto le imprese più produttive all’interno di ogni settore e filiera riescono ad affacciarsi sui mercati internazionali, mentre quelle meno produttive tendono a specializzarsi nei mercati domestici, dove il livello di competizione è inferiore e i costi fissi meno stringenti, ovvero a collocarsi lungo filiere produttive internazionalizzate, ricoprendo un ruolo di sub-fornitore. Le imprese internazionalizzate beneficiano maggiormente delle esternalità che derivano dal commercio e dalla competizione internazionale, divenendo via via sempre più produttive. Esiste, quindi, un meccanismo endogeno per cui le imprese più produttive attraverso strategie rivolte all’internazionalizzazione acquisiscono maggiore produttività, rafforzando la loro posizione sui mercati internazionali. Per le imprese internazionalizzate, la distribuzione del valore aggiunto per addetto (proxy della produttività del lavoro) presenta, infatti, livelli superiori rispetto a quelli delle imprese non esportatrici per tutte le classi di addetti. I maggiori scostamenti si verificano sia nel caso delle micro-imprese – in considerazione dell’elevato numero di queste ultime all’interno del sistema produttivo nazionale e della prevalente concentrazione del segmento sul mercato interno – sia nel caso delle grandi imprese – tipicamente impegnate in settori caratterizzati da maggiori economie di scala. La dimensione media di un’impresa rivolta al mercato estero, inoltre, è superiore di oltre 8 volte rispetto a un’impresa rivolta principalmente al mercato nazionale11.
______________________
(10) I processi d’internazionalizzazione possono spaziare dalla penetrazione dei mercati, agli accordi produttivi e di ricerca, fino alla delocalizzazione dell’attività produttiva o all’acquisto diretto d’imprese all’estero. Tutte queste attività determinano dei costi fissi che le imprese più produttive hanno una maggiore capacità di sostenere. (11) ICE (2014).
CDP Quaderno 01 - 2015
Grafico 6 – Confronto tra imprese esportatrici e non esportatrici per classe di addetto, 2011 (rapporti %) Valore aggiunto per addetto
Dimensione media delle imprese
90
80
80
70
70
60
60
50
50
40
40
30
30
20
20
10
10 0
da 1 a 9
da 10 a 19
da 20 a 49
da 50 a 249
oltre 250
0
da 1 a 9
da 10 a 19
da 20 a 49
da 50 a 249
oltre 250
_________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati ICE (2014)
La capacità delle imprese di competere sui mercati internazionali potrebbe essere sostenuta creando condizioni in grado di favorire una progressiva crescita dimensionale e un consolidamento della patrimonializzazione, prerequisiti fondamentali per l’incremento della produttività12. Secondo una recente analisi13, prevalentemente concentrata sulla dinamica delle esportazioni dei Paesi dell’Unione Europea, infatti, l’Italia continua ad essere caratterizzata da produzioni di alta qualità e l’adattabilità delle imprese rappresenta un cruciale punto di forza. La produttività e la competitività del sistema Paese, tuttavia, risentono negativamente di impedimenti di natura strutturale e istituzionale, dell’incerto quadro macroeconomico e, soprattutto, della difficoltà a favorire le imprese produttive a innovare e a espandersi.
01.2 | Debolezze della struttura produttiva italiana A limitare la competitività delle imprese nazionali concorrono alcune caratteristiche “intrinseche” del nostro tessuto produttivo, a cominciare dalla dimensione medio-piccola e dalla limitata propensione all’internazionalizzazione. L’ISTAT14 evidenzia una persistente eterogeneità del sistema produttivo nazionale:
>
il 90,3% dei circa 4,4 milioni di imprese registrate impiega non più di 5 addetti e le microimprese15 occupano il 46,9% dei circa 16,4 milioni di addetti;
>
le grandi imprese, con un numero di addetti superiore ai 250, rappresentano soltanto lo 0,08% del tessuto produttivo, pur garantendo un’occupazione complessiva del 20,6%;
>
nell’ambito del solo settore manifatturiero, il peso relativo in termini di valore aggiunto delle grandi imprese sul totale è pari al 34,8% (20,2 p.p. in meno rispetto alla media UE).
______________________
(12) Esistono numerose evidenze che dimostrano la stretta correlazione tra dimensione di impresa e produttività e patrimonializzazione e produttività. Le imprese più grandi e meglio patrimonializzate sono anche le imprese che esprimono maggiori guadagni in termini di produttività. (13) Tiffin (2014).
(14) ISTAT (2014b).
(15) Secondo la Raccomandazione 2003/361/CE, una microimpresa è caratterizzata tanto da una dimensione inferiore ai 10 addetti, quanto da un fatturato o un totale di bilancio annuale non superiore ai 2 milioni di euro.
CDP Quaderno 01 - 2015
11
Nota: con riferimento alle due variabili considerate (VA per addetto e dimensione media), nei grafici sono riportati gli incrementi percentuali delle imprese esportatrici rispetto ai corrispondenti valori per classe delle imprese non esportatrici.
La dimensione media dell’impresa, quindi, è estremamente contenuta (circa 4 addetti, 2 in meno rispetto alla media UE) e la quota di lavoratori indipendenti (31,6%) è pari a circa il triplo della media europea.
Grafico 7 – Caratteristiche dimensionali delle imprese italiane, 2012 (%)
40
10
Classe di addetti
6
2
9,39
5,68 5,08
4,18 1,50
3,01
0,00
3,56
50-99
100-199
20-49
16-19
6-9
10-15
2
3-5
1
0 0
≥1.000
500-999
250-499
200-249
50-99
10-15
6-9
3-5
2
0,65 1,18 0,31 0,14 0,03 0,05 0,02 0,01 100-199
2,39
0 1
8,40
4
20-49
4,88
4,64
8
≥1.000
15,58 14,15
9,50 7,74
250-499
30
0
12,87
200-249
addetti
12
10
14,01
14
50
20
15,08
16
55,98
16-19
imprese
60
Distribuzione degli addetti per imprese per classe di addetti
500-999
Distribuzione delle imprese per classe di addetti
Classe di addetti
12
_____________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati ISTAT
La ridotta dimensione aziendale frena la capacità delle imprese di espandersi sui mercati internazionali, soprattutto i più dinamici. Non a caso, infatti, solo il 4% delle piccole imprese esporta all’estero, a fronte del 49% delle medie imprese e del 54% delle grandi16. La qualità dei prodotti e dei servizi offerti costituisce il principale fattore di successo delle imprese italiane, ma, a fronte della preferenza generalizzata per strategie difensive nel 2011-2012, soltanto le imprese con almeno 10 addetti hanno iniziato ad adottare «profili strategici più articolati che puntano all’ampliamento della gamma di prodotti e servizi offerti, all’accesso ai nuovi mercati e all’intensificazione dei rapporti di collaborazione con altre imprese»17. Gli ultimi dati Eurostat disponibili mostrano come la Germania, leader europeo delle esportazioni, possa contare su un numero complessivo d’imprese manifatturiere del 49% inferiore rispetto a quello dell’Italia (207,8 mila contro 425,5 mila), ma con densità più elevata nel segmento delle medie e delle grandi (quasi il doppio nel primo caso e quasi il triplo nel secondo) e con un valore aggiunto correlato positivamente all’aumento della classe dimensionale (a differenza dell’Italia).
______________________
(16) Fonte: Elaborazioni CDP su dati Istat (2013). (17) ISTAT (2013).
CDP Quaderno 01 - 2015
Grafico 8 – Numero e consistenza percentuale delle imprese manifatturiere medie e grandi, 2011 Imprese medie (da 50 a 249 addetti)
Imprese grandi (oltre i 250 addetti)
18.000
9%
16.000
8%
14.000
7%
12.000
6%
10.000
5%
8.000
4%
6.000
3%
4.000
2%
2.000
1%
0
Germania numero (asse sx)
Spagna
Francia
Italia
4.500
2,5%
4.000
2,0%
3.500 3.000
1,5%
2.500 2.000
1,0%
1.500 1.000
0,5%
500
0%
% sul totale delle imprese (asse dx)
0
Germania
Spagna
numero (asse sx)
Francia
Italia
0%
% sul totale delle imprese (asse dx)
La dimensione aziendale influenza anche la possibilità d’investimento in attività innovative e/o di ricerca. Nel 2011, la spesa complessiva in R&S in Italia si è attestata all’1,3% del PIL (0,6 p.p. in meno rispetto alla media UE), mentre in Francia e Germania ha raggiunto rispettivamente il 2,3% e 2,8% del PIL. Il ritardo delle imprese in termini d’innovazione trova un parallelo nell’adozione e nell’utilizzo delle ICT. In Italia, il 94% delle imprese è dotato di una connessione a internet, ma solo l’89% ha accesso alla banda larga, con una forte differenziazione a seconda del tipo di connessione: da rete fissa 84%, da rete mobile 47%18. I dati italiani, pur essendo prossimi a quelli medi della UE, si discostano significativamente da quelli dei Paesi europei più avanzati, mostrando un “gap tecnologico” e ampi margini di miglioramento. La scarsa diffusione della banda larga tra le imprese italiane ha origine dal lato dell’offerta più che da quello della domanda: non si tratta di mancanza di consapevolezza da parte delle imprese circa l’importanza delle infrastrutture e dei servizi tecnologici, quanto piuttosto della necessità di superare il digital divide infrastrutturale esistente.
01.3 | Efficienza del sistema imprenditoriale Il contesto nel quale viene esercitata l’attività d’impresa influisce significativamente sulla competitività. Quest’ultima, tuttavia, si deve in massima parte alla capacità, di ciascuna azienda di generare un livello adeguato di valore aggiunto attraverso la migliore allocazione possibile dei fattori produttivi. In questo senso, le imprese che hanno dimostrato una maggiore dinamicità, ottenendo nel periodo 2011-2013 anche i migliori risultati occupazionali, si distinguono per:
>
alta efficienza operativa e gestionale;
>
strategie espansive e d’innovazione (come l’ampliamento della gamma di prodotti e/o l’accesso a nuovi mercati);
>
penetrazione dei mercati internazionali e operatività non isolata, ma all’interno di reti o filiere;
>
attuazione di miglioramenti nei processi e nei meccanismi gestionali;
>
investimenti in capitale umano.
______________________ (18) Eurostat (2012).
CDP Quaderno 01 - 2015
13
___________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati Eurostat
Grafico 09 – Incidenza delle strategie adottate dalle imprese sulla probabilità di rientrare Grafico – Incidenza(2011–2013, delle strategie adottate dalle imprese sulla probabilità di rientrare nei top nei top 9performers %) performer, 2011-2013 (%) Alta efficienza Ingresso nuovi mercati Connettività Innovazione di processo Ampliamento gamma Formazione Innovazione organizzativa Export Delocalizzazione Difesa quote di mercato Ridimensionamento attività -15
-10
-5
0
5
10
15
14
______________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati ISTAT (2014b)
L’efficienza, naturalmente, non implica sempre maggiore occupazione nel breve periodo – nella classe dimensionale delle grandi imprese dell’industria, ad esempio, non è raro che possa avvenire il contrario – ma genera esternalità positive tali da favorire prospettive di espansione per l’impresa in sé e per l’intero sistema economico nel medio periodo. D’altra parte, un maggiore orientamento all’efficienza consente di soddisfare le esigenze della domanda a costi più contenuti e, quindi, offre le migliori condizioni per adottare strategie organizzative e gestionali in grado di incrementare “le possibilità” competitive sui mercati. In una recente analisi dell’ISTAT19, si evidenzia come l’efficienza del sistema produttivo italiano vari qualora si consideri:
>
l’efficienza produttiva assoluta: misura l’eventuale scostamento dell’output effettivo di un’impresa da quello potenziale rispetto all’intero campione di riferimento20;
>
l’efficienza produttiva relativa: esamina la performance dell’impresa all’interno del proprio ambito di attività prevalente ed è in grado di catturare la specificità dei processi produttivi impiegati nelle diverse realtà settoriali.
In entrambi i casi, il segmento delle microimprese (meno di 10 addetti) presenta un livello di efficienza inferiore rispetto sia al livello medio complessivo, sia al livello medio del settore di appartenenza. Pur esistendo casi di eccellenza, in sintesi si può constatare come una dimensione troppo ridotta rappresenti, in assenza di organizzazioni aggregate a rete, un fattore fortemente limitativo della competitività dell’impresa. La proporzionalità diretta tra dimensione aziendale ed efficienza, tuttavia, non è sempre verificata.
______________________ (19) ISTAT (2014b).
(20) Nell’analisi dell’ISTAT, all’interno di una popolazione costituita da 4,4 milioni d’imprese con meno di 100 addetti e da circa 11 mila imprese con almeno 100 addetti, sono state considerate le oltre 2 milioni di imprese di dimensione economica superiore alla soglia minima di almeno 30 mila euro di fatturato e 1 addetto con valore aggiunto positivo. Sono stati esclusi i settori dei tabacchi, delle attività finanziarie e assicurative e delle attività immobiliari. Il campione rappresenta, comunque, imprese che occupano, nel complesso, il 74,2% degli addetti.
CDP Quaderno 01 - 2015
Grafico 10 – Indici di efficienza delle imprese per classe dimensionale Efficienza produttiva assoluta 15
Efficienza produttiva relativa 15
10
10
5
5
0
0
-5
-5
-10
-10
1-9 Media
10-49 3° quartile
50-249 1° quartile
≥250 MMediana
10
10
8
8
6
6
4
4
2
2
0
0
-2
-2
-4
-4
-6
1-9 Media
10-49 3° quartile
50-249
≥250
1° quartile
-6
MMediana
______________________________________________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su dati ISTAT (2014b))
Dal punto di vista generale (efficienza produttiva assoluta), i valori quanto Fonte: tanto elaborazioni su datimedi ISTAT (2014) quelli mediani aumentano progressivamente man mano che ci si sposta verso classi dimensionali maggiori. D’altra parte, più grandi sono le imprese maggiore è l’eterogeneità della loro performance. Un’analisi a livello di sistema suggerisce di ricercare i casi di maggiore efficienza tra le grandi unità (250 addetti e oltre), prevalentemente localizzate al Nord, possibilmente operanti nei settori energetici, di produzione di beni intermedi e di produzione di servizi alle imprese. Considerando, invece, la performance di ogni impresa all’interno del proprio macrosettore economico di riferimento (efficienza produttiva relativa), la maggiore dimensione aziendale costituisce un fattore tanto di riduzione dell’efficienza media e mediana, quanto d’incremento dell’eterogeneità. Le migliori performance sono raggiunte da imprese:
> > > >
in grado di adattarsi meglio alla tecnologia e alla domanda; caratterizzate da maggiore specializzazione e dinamicità; tipicamente di piccole (10-49 addetti) e medie dimensioni (50-249 addetti); attive nei macro-settori di: commercio, trasporti, alimentare, beni di consumo e beni d’investimento.
Un livello di efficienza elevato è, inoltre, generalmente associato a una gestione manageriale capace di orientare l’attività imprenditoriale verso strategie più complesse rispetto alla mera difesa delle quote di mercato e l’intensificazione della collaborazione tra aziende in un quadro di incremento della gamma dei prodotti e dei servizi offerti, soprattutto in nuovi mercati.
01.4 | Struttura finanziaria e governance delle imprese italiane Il sistema produttivo italiano è caraterizzato da una struttura finanziaria fortemente bank oriented. A fine 2012, la capitalizzazione di mercato delle imprese non finanziarie quotate ha raggiunto il 18% del PIL, a fronte del 52% in Francia e del 35% in Germania. Le imprese italiane faticano a raccogliere risorse finanziarie direttamente sul mercato. Al contrario, il ricorso al canale bancario è stato, e resta, molto elevato: i debiti bancari delle imprese italiane rappresentano circa il 70% dei debiti finanziari, a fronte del 38% in Francia e del 49% in Germania21. ______________________
(21) Banca d‘italia (2013).
CDP Quaderno 01 - 2015
15
mania
Grafico 10 – Indici di efficienza dalle imprese per classe dimensionale (n. addetti)
L’Italia presenta, inoltre, un numero estremamente limitato di imprese nazionali quotate sul totale delle imprese esistenti. Un dato che spicca anche in relazione ai principali partner europei: nel 2012, 279 società nazionali erano presenti sul mercato azionario contro le 665 della Germania e le 862 della Francia. A fine 2014, le società quotate in Italia erano 326.
Grafico 11 – Numero di imprese nazionali e numero di imprese nazionali quotate
Grafico 11 – Numero di imprese nazionali e numero di imprese nazionali quotate Numero di imprese (2012)
Variazione del numero di imprese nazionali quotate, 2004-2012 (var. % YoY)
4.500
3.500
40
4.000
3.000
30
migliaia
3.500
2.500
20
2.500
2.000
10
2.000
1.500
0
1.000
-10
500
-20
0
-30
3.000
1.500 1.000 500 0
Germania
Spagna
Francia
Imprese totali (sx)
Italia
Imprese quotate (dx)
2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 Germania
Spagna
Francia
Italia
16
_______________________________________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su dati Eurostat e World Bank
Considerando il rapporto tra capitale di debito e mezzi propri del sistema imprenditoriale, inoltre, si può notare, in Francia e in Germania, una stretta relazione con l’andamento del ciclo economico: i due picchi nell’indicatore si sono registrati nel 2008 e nel 2011 per quanto il secondo sia stato inferiore rispetto al primo di quasi 10 p.p. nel caso della Germania e di circa 6 p.p. nel caso della Francia. Le imprese italiane, al contrario, mostrano un rapporto sostanzialmente crescente dal 65% del 2006 al 95% del 2011, con una lieve diminuzione di 2 p.p. nel 2012 che, comunque, le porta ad essere mediamente più indebitate rispetto a quelle spagnole il cui rapporto debito e mezzi propri è passato dal circa 102% del 2010 al circa 89% del 2012. Secondo le stime della Banca d’Italia22, una leva finanziaria in linea con la media europea richiederebbe un aumento del patrimonio di circa 200 miliardi di euro e una pari riduzione dei debiti.
Grafico 12 – Rapporto debito / mezzi propri delle imprese (2004–2012) Grafico 12 – Rapporto debito/mezzi propri delle imprese, 2004-2012 (%) 110 100 90 80 70 60 50 40 30 2004
2005
Germania
2006
2007
Spagna
2008
2009
Francia
2010
2011
2012
Italia
___________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDPsusudati datiEurostat Eurostat Fonte: elaborazioni
______________________
(22) Banca d’Italia (2014).
CDP Quaderno 01 - 2015
Il deterioramento della patrimonializzazione delle imprese italiane rappresenta un fattore di rischio particolarmente elevato. A maggior ragione qualora si consideri che l’aumento del flusso di capitale di rischio verso le imprese, successivo ai picchi negativi del ciclo economico, è tendenzialmente associato all’avvio di una fase di ripresa23. L’equity, tuttavia, risente, soprattutto in Italia, di un problema dal lato della domanda, legato alla dimensione e alla governance delle imprese, e dal lato dell’offerta, dovuto alla difficoltà di reperire capitali privati.
>
le fonti di finanziamento privilegiate sono il credito bancario (cui fa ricorso il 62,5% delle imprese, con una maggiore incidenza tra le medie) e l’autofinanziamento (utilizzato dal 60% delle imprese, con una maggiore diffusione tra le microimprese), mentre il ricorso a forme più articolate, a partire dall’accesso ai mercati finanziari, risulta circoscritto alle imprese di maggiori dimensioni (a eccezione di imprese di minore dimensione internazionalizzate);
>
i modelli di governance risultano piuttosto semplificati, con una significativa tendenza all’accentramento. Nell’81,4% dei casi si ha una gestione diretta da parte di membri della famiglia proprietaria e/o controllante e la scelta di affidare a manager la conduzione dell’impresa, strettamente legata alla dimensione aziendale e all’appartenenza a gruppi, inizia a essere rilevante solo a partire da imprese con almeno 250 addetti (40% dei casi).
Il limitato ricorso al capitale proprio rispetto al debito finanziario da parte delle imprese rappresenta sia un fattore di debolezza, rendendo l’attività ordinaria e gli investimenti fortemente dipendenti dalle condizioni del mercato del credito, sia una perdita di flessibilità finanziaria, riducendo i margini per intraprendere iniziative in grado di catturare le variazioni che si presentano su un mercato della domanda sempre più dinamico. Un rafforzamento in termini di equity, quindi, non rappresenta soltanto la principale linea di difesa anticiclica delle imprese, ma anche il necessario prerequisito per il finanziamento di strategie di crescita a lungo termine. La dinamica del ciclo economico è caratterizzata storicamente da fasi in cui il ricorso al capitale di debito risulta più conveniente e agevole rispetto a fasi in cui, a causa di fenomeni di razionamento che si generano sul mercato dei capitali, la necessità di capitale di rischio diventa pressante per creare le condizioni necessarie allo sviluppo dell’attività economica. Il fabbisogno di equity, alla luce delle debolezze delineate, si configura dunque come una delle priorità del sistema produttivo italiano, che dovrebbe essere sostenuta in modo strutturale aldilà della fase congiunturale attuale.
______________________ (23) CDP (2013).
(24) ISTAT (2013b).
CDP Quaderno 01 - 2015
17
Dai primi risultati del 9° Censimento generale dell’industria e dei servizi 201124 è, infatti, evidente che l’articolazione delle fonti di finanziamento e la governance siano profondamente influenzate dalla struttura imprenditoriale:
02 L’operatività del Fondo Strategico Italiano 02.1 | Introduzione In linea con un’evoluzione del contesto sempre più rapida e in risposta a un fabbisogno diversificato da parte del sistema produttivo, in termini di risorse e servizi, la Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha, negli ultimi anni, progressivamente ampliato il suo ruolo a sostegno dell’economia italiana. Oltre alla sua tradizionale funzione di finanziatore degli Enti Locali, CDP ha infatti introdotto nuovi strumenti d’intervento nel settore privato, sia in debito sia in equity, per far fronte alla generale scarsità di risorse finanziarie pubbliche e private.
18
L’obiettivo di questa nuova operatività è quello di mitigare alcune debolezze del tessuto produttivo italiano che è caratterizzato da imprese mediamente poco capitalizzate con difficoltà di accesso al credito, prevalentemente di piccola dimensione, con scarsa propensione all’innovazione. Sul fronte degli strumenti di debito, CDP sostiene l’investimento in opere infrastrutturali o reti di interesse economico generale attraverso il finanziamento diretto anche nella forma di finanza di progetto. Nel 2014 sono state mobilitate risorse per 2,3 miliardi di euro. A partire dal 2009, inoltre, CDP ha avviato una specifica provvista di finanziamento rivolta alle PMI (Plafond PMI) attraverso il canale bancario con una dotazione di 16 miliardi di euro, quasi totalmente impiegati, e circa 100 mila aziende finanziate. Recentemente, con l’avvio della “Piattaforma Imprese”, che ha una dotazione di 5 miliardi di euro, CDP ha ampliato la gamma di strumenti per le imprese con quattro nuovi fondi: due plafond per il finanziamento, sempre attraverso il canale bancario, degli investimenti delle PMI e delle MID-Cap, un fondo per il potenziamento dei progetti di rete d’impresa (Plafond Reti PMI) e il Plafond Esportazione (fondo per copertura di operazioni di post-financing legate all’export). CDP gestisce, inoltre, il fondo per il finanziamento d’investimenti in beni strumentali delle imprese, con una dotazione di 5 miliardi di euro, e il fondo rotativo per il cofinanziamento d’investimenti in innovazione e ricerca (FRI), con una dotazione di 6 miliardi di euro. Sul fronte del sostegno all’internazionalizzazione, CDP ha rafforzato il sistema di Export banca per il finanziamento delle operazioni destinate all’export e all’internazionalizzazione delle imprese. Export banca ha una dotazione attuale di 6 miliardi che dovrebbe essere ulteriormente aumentata per raggiungere il target di 15 miliardi nei prossimi anni attraverso il potenziamento di tutti gli strumenti di supporto all’export25. Complessivamente nel periodo 2009-2014, CDP ha mobiliato risorse rivolte alle imprese per circa 58 miliardi di euro in strumenti di debito26. Sul fronte dell’equity, CDP ha, inoltre, avviato nel corso degli ultimi anni due fondi, il Fondo Italiano d’Investimento (FII) e il Fondo Strategico Italiano (FSI), con l’obiettivo di intervenire direttamente nel capitale sociale delle imprese rafforzando la loro posizione anche nella prospettiva di aumentare o far nascere una specifica vocazione internazionale.
______________________
(25) In tale prospettiva, con l’acquisizione di Sace e Simest da parte di CDP si è voluto creare un polo strategico per l’internazionalizzazione, seguendo l’esempio e l’esperienza di altri Paesi europei, concentrando in un unico Gruppo tutti i principali strumenti di sostegno: finanziamento, garanzie ed equity. (26) Si considerano in questa operatività anche le risorse del Plafond Casa.
CDP Quaderno 01 - 2015
Il Fondo Italiano d’Investimento (FII), lanciato a ottobre 2010, insieme ad alcune delle principali banche private italiane, è un fondo equity rivolto alle PMI, che ha l’obiettivo di rafforzare la capitalizzazione delle imprese ad alto potenziale, favorendo al tempo stesso la loro crescita dimensionale, al fine di creare nel medio termine un nucleo consistente di “medi campioni nazionali” che sia sufficientemente patrimonializzato e in grado di affrontare le sfide della competitività internazionale. Il Fondo effettua investimenti sia diretti, per sostenerne i programmi di sviluppo di imprese con fatturato indicativamente compreso tra i 10 e i 250 milioni di euro, sia indiretti, attraverso fondi o società di investimento. FII (FII UNO) è dotato di un capitale di 1,2 miliardi di euro (di cui 250 milioni da CDP). Complessivamente, la somma degli impegni investiti e deliberati è di circa 785 milioni di euro (pari a circa il 75% della somma disponibile per investimenti). Le imprese coinvolte, direttamente e indirettamente, nell’attività del Fondo sono oltre 100, per un fatturato aggregato di circa 4,3 miliardi di euro e oltre 26 mila e 500 dipendenti. Recentemente, all’interno dell’operatività del FII, sono stati lanciati altri due fondi: il Fondo Venture Capital e il Fondo Minibond. Il primo, con una dimensione target di 100 milioni di euro (di cui 50 sottoscritti da CDP), ha l’obiettivo di contribuire attivamente alla nascita e allo sviluppo delle startup innovative. Lo strumento interverrà in fondi di fondi di venture capital dedicati a investimenti in trasferimento di tecnologia, seed capital, early and late stage e di expansion/growth capital. Il secondo è finalizzato a favorire l’avvio, attraverso un processo selettivo, dei cosiddetti fondi minibond e perseguire l’effetto leva di moltiplicazione delle risorse impiegate a supporto delle piccole e medie imprese italiane. Il Fondo avrà un commitment complessivo di 600 milioni di euro (di cui 250 sottoscritti da CDP). Il mercato di riferimento dell’operazione, inteso come il bacino di piccole e medie imprese con dimensioni e caratteristiche economico – finanziarie compatibili con l’emissione di minibond, può essere stimato in circa 33 mila PMI, con ricavi compresi fra 5 e i 250 milioni di euro.
FSI, lanciato nel 2011 con un capitale di 4,4 miliardi di euro, è invece rivolto alle imprese di grandi dimensioni nei settori strategici con l’obiettivo di favorire la crescita dimensionale, l’aggregazione e il rafforzamento della posizione competitiva sui mercati nazionali e internazionali. Negli ultimi anni inoltre FSI è stato promotore di accordi e joint venture con importanti operatori stranieri27 al fine di convogliare investimenti diretti esteri nei settori ritenuti strategici per il sistema produttivo italiano e favorire una maggiore apertura delle imprese italiane ai mercati internazionali. Attualmente FSI ha una dotazione di capitale disponibile per investimenti pari a 5,1 miliardi di euro. FSI mette a disposizione del sistema produttivo capitale di rischio per far crescere dimensionalmente, migliorare l’efficienza operativa, contribuire all’aggregazione e rafforzare la posizione competitiva sui mercati nazionali e internazionali delle aziende target. Il Fondo si delinea, quindi, al pari del suo principale azionista (CDP), come un investitore di lungo periodo, in grado di fornire “capitale paziente” per sostenere il percorso di sviluppo delle aziende ritenute strategiche per il sistema produttivo italiano.
______________________
(27) In particolare, Quatar Holding, Russian Direct Investment Fund, Kuwait Investment Authority e Korea Investment Corporation.
CDP Quaderno 01 - 2015
19
Fondo Italiano d’Investimento (FII)
Focus
Nato in relazione al lancio delle offerte pubbliche di acquisto da parte dei gruppi francesi EDF e Lactalis per l’acquisizione rispettivamente di Edison e Parmalat, FSI è stato inizialmente accolto con una certa diffidenza da parte di chi temeva che potesse divenire uno strumento governativo per contrastare eventuali tentativi di scalata a imprese italiane, senza alcun interesse alla creazione di valore. In realtà, la logica con cui è stato concepito l’intervento di FSI e che ha guidato l’attività d’investimento in questi anni non prevede la protezione a priori delle aziende italiane dal rischio di acquisizioni da parte di aziende straniere. Al contrario, FSI intende investire in quelle imprese che, secondo criteri ben definiti, siano ritenute strategiche per il sistema produttivo del Paese e per la sua economia. Favorendo l’afflusso di nuove risorse finanziarie verso le aziende più promettenti, il Fondo consente a queste ultime di acquisire maggiore competitività sui mercati e di sfruttare appieno le possibilità derivanti dall’ingresso di nuovi soci, anche stranieri.
20
L’idea del Fondo si ispira all’esperienza dei fondi strategici già avviati in altri Paesi, in particolare al Fonds Stratégique d’Investissement francese che nel 2013 è stato rinominato Bpifrance Partecipations a seguito di un processo di riorganizzazione degli strumenti pubblici a sostegno delle imprese confluiti nel Gruppo BPI28. Oltre a quest’ultimo, a oggi, si contano diversi investitori istituzionali simili a FSI, tra cui, per citare un altro esempio europeo, il fondo belga Federal Holding and Investment Company (SFPI-FPIM) che investe larga parte delle proprie risorse finanziarie nel capitale di aziende ritenute strategiche per l’economia nazionale29. L’emergere dei veicoli d’investimento sovrani (Fondi Sovrani, Fondi Strategici e Banche pubbliche d’investimento) ha contribuito a ridefinire il ruolo degli Stati nell’economia, con particolare riferimento agli investimenti diretti in capitale delle imprese. Soprattutto nel contesto europeo, il dualismo tra la concezione di Stato Imprenditore e quella di Stato Regolatore è stata risolta in favore di una nuova prospettiva: quella dello Stato Investitore. Attualmente gli investitori istituzionali e sovrani svolgono un ruolo importante nel finanziamento della crescita socio-economica globale e, grazie all’ampia disponibilità di risorse finanziarie, hanno trasformato il settore pubblico in un primario investitore a livello internazionale. Questi veicoli possono essere suddivisi in fondi sovrani e altri veicoli d’investimento sovrani; si tratta in ogni caso di organismi di proprietà pubblica, anche se le modalità di finanziamento, il funzionamento e gli obiettivi possono differire in misura sostanziale. Secondo l’International Working Group (IWG) sui Fondi Sovrani d’Investimento, i Fondi Sovrani sono fondi o altri veicoli d’investimento creati con uno specifico scopo e di proprietà dei Governi nazionali. Alla fine del 2013 i principali Fondi Sovrani, intesi nell’accezione più ampia, detenevano attivi per oltre 4.100 miliardi di dollari (Sovereign Investment Lab 2014). Tipicamente, i fondi strategici si differenziano da altri investitori istituzionali quali i Sovereign Wealth Funds (SWF) in quanto la principale fonte della ricchezza disponibile viene, nel primo caso, da risorse finanziarie pubbliche o private, generalmente garantite dallo Stato, mentre, nel secondo, deriva principalmente da surplus della bilancia commerciale. Un altro elemento di distinzione è rappresentato dall’obiettivo dell’investimento che, nel caso dei fondi strategici, è di promuovere lo sviluppo del Paese attraverso la partecipazione al capitale di rischio delle imprese di rilevante interesse nazionale e, nel caso dei SWF, date le ingenti disponibilità di risorse finanziarie, è quello di effettuare un’adeguata diversificazione del portafoglio investimenti.
______________________
(28) Banque Publique d’Investissement.
(29) Per una rassegna completa degli strumenti di equity rivolti alle imprese presenti a livello internazionale si veda CDP (2013).
CDP Quaderno 01 - 2015
Pur non essendo un fondo sovrano in senso stretto, FSI, al pari di altre realtà analoghe, è entrato a far parte del club mondiale dei SWF. Ciò in vista del fatto che nella categoria dei SWF sono ricompresi soggetti molto diversi tra loro, per forma giuridica e controllo pubblico, obiettivi perseguiti, fonte della raccolta e dimensione del portafoglio. Nonostante queste divergenze, ciò che li accomuna è che il loro operato è sempre espressione di un mandato pubblico, che nel caso dei fondi strategici è, come detto, quello di promuovere lo sviluppo e l’economia nazionale, investendo in imprese strategiche per la struttura industriale del Paese. Alla stessa stregua degli altri SWF, inoltre, i fondi strategici investono a condizioni di mercato e con un orizzonte temporale medio-lungo in aziende sane e che hanno sicure prospettive di crescita, operando in modo del tutto analogo ad altri operatori di mercato. Sotto il profilo giuridico, FSI è una holding di partecipazioni, disciplinata dal Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 3 maggio 2011, sostituito dal Decreto Ministeriale del 2 luglio 2014. Il capitale sociale sottoscritto, detenuto per l’80% dal Gruppo CDP e per il 20% da Banca d’Italia, attualmente ammonta a 4,4 miliardi di euro e potrà essere aumentato fino a 7 miliardi di euro con l’ingresso di altri investitori istituzionali italiani o esteri. Gli obiettivi statutari vengono perseguiti sia investendo direttamente nelle imprese target, sia incentivando l’ingresso di investitori nel capitale del Fondo e/o delle società partecipate.
21
Alla luce delle recenti evoluzioni, FSI è sempre più lontano dall’idea di strumento difensivo rispetto alle potenziali attenzioni degli investitori esteri nei confronti di aziende nazionali. Al contrario, rappresenta oggi il principale veicolo di attrazione di capitali esteri da investire nel tessuto imprenditoriale italiano. FSI si pone, infatti, come catalizzatore di risorse finanziarie destinate alle imprese strategiche e in questo senso può essere considerato strumento di una nuova politica economica del Paese.
02.2 | Perimetro di operatività Il perimetro all’interno del quale FSI opera è delimitato dal Decreto Ministeriale sopra citato e dallo Statuto societario, che stabiliscono i criteri sulla base dei quali le imprese possono essere oggetto di valutazione e successivo investimento da parte di FSI. Dal punto di vista normativo, sussistono tre criteri30, almeno uno dei quali deve essere soddisfatto:
>
settoriale: attività imprenditoriale esercitata in settori di “rilevante interesse nazionale” (difesa, sicurezza, infrastrutture, trasporti, comunicazioni, energia, assicurazioni, intermediazione finanziaria, ricerca e innovazione ad alto contenuto tecnologico, pubblici servizi, turistico-alberghiero, agroalimentare e della distribuzione, gestione dei beni culturali e artistici);
>
dimensionale: fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e numero medio di dipendenti non inferiore a 250 unità;
>
di sistema: nel caso di società caratterizzate da un indotto rilevante e da esternalità positive per il sistema economico-nazionale, il vincolo dimensionale scende a 240 milioni di euro di fatturato annuo netto e numero medio di dipendenti non inferiore a 200 unità.
Ulteriori requisiti statutari sono stati inoltre introdotti al fine di evitare il coinvolgimento di FSI in operazioni che riguardassero aziende non solide o in crisi, prevedendo espressamente la possibilità di investimento solo in imprese in equilibrio economico-finanziario e con potenzialità di crescita.
______________________
(30) Sono incluse le società che, seppur non costituite in Italia, operano nei settori sopra citati e hanno società controllate o stabili organizzazioni nel territorio nazionale che cumulativamente presentano un fatturato annuo netto non inferiore a 50 milioni di euro e un numero medio di dipendenti non inferiore a 250 unità.
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Attraverso una ricognizione effettuata sulle oltre 954 mila società attive nel 2013 in Italia “censite” dalla banca dati AIDA di Bureau van Djik è possibile quantificare l’insieme delle imprese potenzialmente destinatarie dell’investimento da parte del Fondo secondo la suddivisione per criterio:
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settoriale: la classificazione ATECO 2007 consente di individuare circa 158 mila imprese afferenti ai settori definiti normativamente come di “rilevante interesse nazionale”31, il 31,7% delle quali in equilibrio economico-finanziario (con un utile netto non negativo negli ultimi tre anni). Se focalizziamo l’analisi sulle imprese di media dimensione (media di dipendenti non inferiore a 50 e con un fatturato medio non inferiore a 10 milioni di euro nei tre anni precedenti), che più facilmente potrebbero essere oggetto d’investimento, il perimetro si restringerebbe a 1.990 aziende;
>
dimensionale: le imprese con caratteristiche dimensionali idonee a soddisfare il criterio in termini di dipendenti e di fatturato (considerando un orizzonte temporale di tre anni) sono 588, di cui il 56,8% in equilibrio economico-finanziario. Volendo evitare sovrapposizioni, si può restringere il campo alle aziende operanti nei settori non compresi tra quelli di “rilevante interesse nazionale”: si hanno, così, 189 imprese, oltre il 53% delle quali attive nel comparto dell’industria;
>
di sistema: la riduzione del 20% dei requisiti concernenti il fatturato e il numero dei dipendenti rispetto a quelli richiesti dal criterio dimensionale, consente di ampliare il numero delle imprese potenzialmente oggetto di interesse di 27 unità. Di queste ultime, tuttavia, soltanto 14 risultano in equilibrio economico-finanziario e, tra queste, solo 7 non sono ricomprese nel criterio settoriale.
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Tabella 2 – Il perimetro di riferimento di FSI – Criterio settoriale
Settori di “rilevante interesse nazionale” difesa e sicurezza infrastrutture trasporti comunicazioni energia assicurazioni e intermediazione finanziaria ricerca e innovazione ad alto contenuto tecnologico pubblici servizi turistico-alberghiero agroalimentare e della distribuzione gestione dei beni culturali e artistici
Imprese attive afferenti al criterio
di cui in equilibrio economicofinanziario
di cui almeno di media dimensione
157.896 15.779 35.402 17.331 2.531 13.133 3.202 2.560 8.544 17.858 37.831 3.725
50.049 6.281 13.461 5.117 870 2.759 952 674 2.978 3.919 12.156 882
1.990 93 306 218 75 314 7 25 226 57 662 7
_________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni su dati Bureau van Djik
Complessivamente, quindi, è possibile quantificare il target potenziale di FSI, ovvero il perimetro che consideri esclusivamente i requisiti esplicitamente indicati nella normativa e nello Statuto, in 2.186 imprese (0,23% delle imprese attive nel 2013 in Italia).
______________________
(31) Relativamente ai settori difesa e sicurezza, ad esempio, sono state considerate le imprese contraddistinte dai seguenti codici: 205102 - Fabbricazione di articoli esplosivi, 205940 - Fabbricazione di prodotti chimici vari per uso industriale (inclusi i preparati antidetonanti e antigelo), 265121 - Fabbricazione di rilevatori di fiamma e combustione, di mine, di movimento, generatori d’impulso e metal detector, 289991 - Fabbricazione di apparecchiature per il lancio di aeromobili, catapulte per portaerei e apparecchiature simili, 301101 - Fabbricazione di sedili per navi, 301102 - Cantieri navali per costruzioni metalliche e non metalliche (esclusi i sedili per navi), 3030 - Fabbricazione di aeromobili, di veicoli spaziali e dei relativi dispositivi, 331103 - Riparazione e manutenzione di armi, sistemi d’arma e munizioni, 33150 - Riparazione e manutenzione di navi commerciali e imbarcazioni da diporto (esclusi i loro motori), 3316 - Riparazione e manutenzione di aeromobili e di veicoli spaziali, 613 - Telecomunicazioni satellitari, 631 Elaborazione dei dati, hosting e attività connesse; portali web.
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02.3 | Obiettivi e modalità d’investimento Una volta delineato, dal punto di vista normativo e statutario, il perimetro delle imprese potenzialmente suscettibili di interesse, l’individuazione delle realtà aziendali che possono effettivamente essere oggetto di investimento da parte di FSI, in considerazione delle risorse disponibili, richiede necessariamente la definizione degli obiettivi che si intendono conseguire.
>
rafforzamento del sistema industriale;
>
consolidamento del settore dei servizi pubblici locali;
>
sostegno all’infrastrutturazione.
Nel primo caso, l’obiettivo è evitare che imprese caratterizzate da elevate potenzialità non riescano a realizzare un accrescimento della propria competitività a causa della scarsità di risorse. Di conseguenza, FSI è disposto ad investire capitale di rischio, con un orizzonte temporale almeno di medio-periodo, in imprese dimensionalmente rilevanti, leader nel proprio settore o che siano potenzialmente driver di aggregazione nei confronti di aziende appartenenti alla filiera produttiva. Un’ulteriore attenzione è rivolta a quelle aziende che, sulla base di piani industriali, mostrano potenzialità di crescita sui mercati internazionali. Le imprese così sostenute potranno, una volta avviato il proprio percorso di sviluppo, diventare attrattive per ulteriori investimenti privati e potrebbero essere in grado di agire attivamente sul mercato internazionale. Nel secondo caso, FSI intende farsi promotore di un processo di aggregazione in un mercato che, pur caratterizzandosi per elevata frammentarietà, ha ampie prospettive di sviluppo e di recupero di efficienza, soprattutto in alcuni comparti. Un consolidamento nel settore delle utility potrebbe portare, infatti, alla creazione d’imprese di dimensioni tali da disporre di una capacità organizzativa e innovativa che, unitamente alla solidità finanziaria, può consentire di sfruttare appieno le economie di scala anche in funzione di potenziali sinergie industriali. Come nel caso precedente, la creazione d’imprese organizzativamente e dimensionalmente adeguate, in grado di porsi come campioni nazionali, apre alle utility la prospettiva di espansione anche verso i mercati esteri. Nel terzo caso, FSI si propone di far conseguire a imprese operanti nella gestione e nella realizzazione di infrastrutture proprietarie, sia fisiche sia immateriali, le risorse necessarie per realizzare investimenti essenziali per il potenziamento della propria rete. Il processo di consolidamento delle utility e quello di potenziamento delle reti infrastrutturali presentano, inoltre, significative esternalità positive per l’intero sistema produttivo: un investimento in questi ambiti, infatti, non offre benefìci soltanto per i soggetti parte dell’operazione, ma anche per le aziende che operano in ambiti territoriali o industriali contigui, innescando un virtuoso meccanismo di competizione che può ulteriormente aumentare l’efficienza complessiva del sistema. Lo sviluppo di queste imprese, sia nel mercato interno sia in quello estero, può, inoltre, favorire l’indotto impiantistico e tecnologico. Nel caso delle imprese che operano nel settore delle infrastrutture strategiche, infine, è evidente come le esternalità associate a nuovi investimenti possono avere ricadute positive per l’intero sistema economico nazionale.
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Pur non essendo esplicitamente individuabile una funzione obiettivo – anche in ragione della natura eterogenea degli interventi ammessi – è possibile tracciare almeno tre declinazioni principali in cui articolare la finalità strategica del Fondo nel favorire la competitività del tessuto produttivo creando contestualmente valore per gli investitori:
Accanto e in maniera complementare ai suddetti obiettivi, vi è quello di creare le condizioni affinché imprese italiane d’eccellenza con buone prospettive di crescita, più che trovarsi nella condizione di subire passivamente operazioni di acquisizione da parte di società estere, possano avere le risorse e la solidità necessarie per essere protagoniste sul mercato delle fusioni e acquisizioni a livello internazionale. La previsione statutaria secondo la quale le imprese oggetto d’investimento devono trovarsi in una situazione di equilibrio economico-finanziario e avere prospettive di crescita, risulta fondamentale per generare un’adeguata remunerazione per gli azionisti di FSI (obiettivo coerente con la sua natura di “operatore di mercato”).
Figura 1 – Principali tipologie d’investimento Consolidamento di settore Creazione di aziende dimensionalmente importanti, maggiormente competitive, anche tramite la costituzione di poli aggreganti che traggano beneficio da sinergie significative, utilizzabili come volano per investimenti in ricerca e sviluppo. La crescita dimensionale può essere perseguita tramite l’aggregazione di aziende operanti in un unico settore.
Crescita aziende leader
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Crescita dimensionale dei primari operatori di un singolo settore merceologico, attraverso processi di integrazione focalizzati e sistematici. Favorire metodi di accesso diretto ai clienti e ai mercati (domestico ed estero), come mezzo di affermazione e valorizzazione a lungo termine del marchio, per realizzare vantaggi competitivi sostenibili, che si riflettono a loro volta in un circolo virtuoso di maggiore redditività e crescita.
Internazionalizzazione Sviluppare strutture produttive capaci di competere attivamente sul mercati internazionali, in virtù della specificità dei prodotti e della maggiore produttività.
Rafforzamento aziende capo filiera Consolidare aziende operati in settori dove la capacità di competere dell’azienda di riferimento determina le sorti di un intero comparto, con una significativa ricaduta sull’indotto.
Consolidamento nel settore dei pubblici servizi locali Operare in settori frammentati che presentano opportunità di gestione virtuosa, aggregazione e miglioramenti degli standard qualitativi e operativi.
Crescita delle infrastrutture delle telecomunicazioni e dei trasporti Favorire la disponibilità di capitale in aziende proprietarie di infrastrutture esistenti, che permettano la crescita e il potenziamento di nuove infrastrutture sia fisiche che immateriali.
Riorganizzazione della struttura azionaria Favorire la gestione delle complesse tematiche di successione o di riorganizzazione della compagine azionaria, per poter meglio perseguire progetti di sviluppo ed evitare situazioni di stallo che possano minare la competitività nel lungo termine, attraverso la garanzia di un partner stabile per imprenditori che siano votati a continuare a investire nella crescita della propria azienda. _____________________________________________________________________________________________________________________________________ Fonte: FSI
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La componente di operatività “a mercato” di FSI risulta particolarmente evidente se si analizzano i singoli investimenti effettuati. Dati i criteri vigenti, infatti, si può notare come tutte le aziende target soddisfino quei requisiti di solidità, equilibrio finanziario e prospettiva di crescita che sarebbero necessari per rendere possibile l’intervento, non solo per FSI, ma anche per un qualsiasi altro operatore di private equity. Se, tuttavia, si considerano le operazioni in un’ottica di portafoglio, investimenti più “a mercato” possono coesistere con altri a maggiore valenza sistemica, nella misura in cui tutti gli investimenti concorrono a sostenere un equilibrio complessivo anche in termini di remunerazione del capitale. Complessivamente, inoltre, la strategicità dei singoli interventi è sempre garantita dal rispetto dei vincoli normativi e statutari, che delineano il perimetro di attività di FSI, coerentemente con l’indirizzo definito dal policy maker. Il sostegno di progetti industriali di lungo periodo si concretizza non solo sopperendo alla carenza di mezzi di finanziamento, ma anche facendo in modo che la provvista sia stabile, strutturale e in grado di rafforzare i bilanci aziendali. Adeguando il proprio orizzonte d’investimento ai piani industriali e ai cicli economici delle imprese partecipate, FSI diviene un azionista di medio-lungo periodo e si qualifica come un partner stabile in grado di affiancare l’impresa target per il tempo necessario affinché quest’ultima possa raggiungere gli obiettivi di crescita prefissati e, possibilmente, sia pronta ad una quotazione in Borsa o all’ingresso di nuovi partner di adeguato standing (eventualmente subentranti nel capitale al posto del Fondo).
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l’investimento avviene preferibilmente in capitale primario. Tuttavia, FSI può investire anche acquisendo quote di azioni già esistenti, nel caso in cui l’investimento non sia perseguibile attraverso un aumento di capitale e la società presenti prospettive di sviluppo che verrebbero valorizzate a seguito della stabilizzazione dell’azionariato;
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vengono di norma acquisite quote di minoranza. Si tratta di una previsione coerente con la natura di FSI e dettata dalla volontà di non alterare le dinamiche del mercato. FSI può derogare a questo principio generale in due casi: (i) nell’ottica di una maggiore apertura del mercato stesso (ad esempio, nel caso di imprese operanti in regime di monopolio naturale, è possibile acquisire il pacchetto maggioritario o integrale per assicurare l’accesso su un piano di parità e senza discriminazioni di tutti gli operatori del mercato); ovvero (ii) nella prospettiva di correggere temporanei squilibri (ad esempio, nel caso di squilibri finanziari che potrebbero portare a una cessione di un’impresa non in linea con l’effettivo valore di mercato);
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l’importo del singolo investimento è generalmente non inferiore a 50 milioni di euro. Accompagnato dalla determinazione di limiti massimi di concentrazione per singolo settore in relazione al capitale disponibile, salvo eventuali eccezioni e previa approvazione da parte degli organi deliberanti, il principio concorre a coniugare la provvista di una quota adeguata di capitale con una corretta gestione del rischio e un monitoraggio delle partecipate.
La tutela degli interessi e delle imprese nazionali è garantita attraverso il mantenimento di un controllo attivo sulla governance delle società. Il Consiglio di Amministrazione, composto da Presidente, Amministratore Delegato e tre consiglieri, è responsabile dell’individuazione della strategia e dell’approvazione degli investimenti. Il Fondo è inoltre sottoposto al controllo di un Collegio Sindacale. Accanto ai suddetti organi, lo Statuto prevede la presenza di un Comitato Investimenti, composto da sei membri, di cui due esterni, che valuta i possibili investimenti, esprimendo pareri motivati, obbligatori ma non vincolanti, da sottoporre al Consiglio di Amministrazione. È inoltre prevista la presenza di un Comitato
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Le modalità di investimento seguono sostanzialmente tre criteri:
Strategico, composto da sette esperti, che anch’esso esprime pareri motivati, obbligatori ma non vincolanti, da sottoporre al Consiglio di Amministrazione, con riguardo ai settori di intervento e alle politiche generali di investimento. Gli obiettivi e le modalità d’investimento consentono di delineare il ruolo di FSI come strumento di politica industriale del tutto unico. Un ruolo che si esplica nella coesistenza di un perimetro d’intervento stabilito dal Legislatore (che esprime, quindi, le priorità del decisore politico) con un’operatività di natura privatistica. A differenza di quello che succedeva con altri strumenti di politica industriale, nei quali queste due componenti non erano distinte, e in particolare l’indirizzo di policy aveva un peso determinante nelle scelte d’investimento, in questo caso i criteri sulla base dei quali vengono selezionati ed effettuati gli investimenti sono coerenti con le regole del mercato e, in particolare, con i principi di valutazione e di corporate governace aziendale. Con riferimento ai primi, si tengono in considerazione, ad esempio, i bilanci storici, la gestione operativa nonché il piano industriale e finanziario prospettico. Sul fronte della governance, viene garantito un controllo attivo sulle società target attraverso la partecipazione nel CdA, il flusso informativo continuo con il management, l’esercizio del diritto di veto su specifici temi operativi e il supporto per le scelte strategiche che riguardano l’evoluzio ne dell’azienda.
02.4 | Portafoglio
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In questo quadro, dall’inizio dell’attività FSI ha effettuato investimenti in capitale di rischio per circa 2,7 miliardi di euro. In ambito strettamente industriale32, inoltre, ha destinato circa 1,5 miliardi di euro a significative realtà, prevalentemente selezionate sulla base del criterio settoriale33.
Tabella 3 – Operazioni finalizzate dal Fondo Strategico Italiano, 2011-2014 Target
Data
Kedrion Metroweb Ansaldo Energia Valvitalia SIA
Luglio 2012 Dicembre 2012 Dicembre 2013 Gennaio 2014 Maggio 2014/ Gennaio 2015 Novembre 2014 Marzo 2015 Dicembre 2014
Gruppo Trevi Rocco Forte Inalca
Nuovo equity (€ mln)
Quota detenuta (%)
100 200 348 151* 242
25,1 46,2 44,8 49,5** 49,9
101 ~80 83***
16,9 23,0 28,4
Criterio di investimento
Settoriale Settoriale Settoriale e dimensionale Dimensionale Settoriale Dimensionale Settoriale Settoriale
* Investimento avvenuto in Equity per 1 milione di euro e Prestito Obbligazionario Convertibile per 150 milioni di euro. ** Pro-forma post conversione. *** Investimento effettuato attraverso IQ MIIC, la JV 50-50% costituita con Qatar Holding, per un valore complessivo pari a 165 milioni di euro. __________________________________________________________________________________________________ Fonte: FSI ______________________
(32) Non si considerano, quindi, le partecipazioni in IQ e in Generali in quanto la prima fa riferimento a una joint-venture finanziaria, mentre la seconda deriva dal conferimento da parte di Banca d’Italia ed è già stata in parte ceduta. (33) Per un’analisi più dettagliata delle singole imprese oggetto di investimento si rimanda all’Appendice 2.
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Da maggio 2012 a inizio 2015, non considerando Hera (la cui partecipazione è stata dismessa nel maggio 2014) e Assicurazioni Generali (conferita da Banca d’Italia), FSI ha effettuato investimenti per 1,3 miliardi di euro, acquisendo le seguenti quote partecipative: 25% di Kedrion (100 milioni di euro), 46,2% di Metroweb (200 milioni di euro), 49,9% di SIA (242 milioni di euro), 49,5%* di Valvitalia (151 milioni di euro), 44,8% di Ansaldo Energia (348 milioni di euro, al netto del 40% ceduto a Shanghai Electric Corporation nel dicembre 2014), 16,9% di Trevifin (101 milioni di euro), 28,4 % di Inalca (165 milioni di euro investiti da IQ MIIC, JV detenuta per il 50% da FSI Investimenti e per il 50% da Qatar Holding) e 23% di Rocco Forte Hotels (ca. 80 milioni di euro). A tali investimenti occorre aggiungere circa 200 milioni di euro di capitale impegnato per ulteriori investimenti in Kedrion (50 milioni di euro) e Ansaldo Energia (147 milioni di euro). Nel luglio 2014, le partecipazioni in portafoglio, per un valore complessivo di 1,2 miliardi di euro, sono confluite nella neocostituita FSI Investimenti, società partecipata al 77,1% da FSI e al 22,9% da Kuwait Investment Authority (KIA), con risorse complessive pari a 2,2 miliardi di euro. Dal conferimento delle partecipazioni di FSI a FSI Investimenti è stata esclusa la partecipazione in Assicurazioni Generali, di cui, in data 8 luglio 2014, è stata ceduta una quota pari all’1,9% a investitori istituzionali italiani ed esteri. La vendita della restante quota di Assicurazioni Generali, pari al 2,6%, è prevista contrattualmente entro il 31 dicembre 2015.
Figura 2 – Investimenti in portafoglio di FSI
Fondo Strategico Italiano 22,9%
77,1%
FSI
Investimenti
€100 mln 25,1%
€200 mln 46,2%
€150 mln 50%
IQ Made in Italy Investment Company JV 50/50 con Quatar Holding per investimenti nei settori del Made in Italy. Risorse disponibili: € 300 mln
€165 mln 28,4%
€242 mln 49,9%
€507 mln 2,6%
€151 mln 49,5%
€346 mln
€2 mln
€50,5 mln
€50,5 mln
44,6% 8,4%
GBP 30 mln 11,5%
0,3% 8,4%
GBP 30 mln 11,5%
_____________________________________________________________________________________________________________________________________ Fonte: FSI
La presenza di KIA in FSI Investimenti risponde sia all’obiettivo di incrementare le disponibilità finanziarie del Fondo, sia a quello di agevolare l’ingresso nel capitale delle imprese italiane da parte di investitori istituzionali e privati nazionali ed esteri. Il ruolo di catalizzatore
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Della quota inizialmente detenuta da FSI in Ansaldo Energia (84,6%), il 44,5% è confluito in FSI investimenti, una quota del 40% è stata ceduta, a dicembre 2014, a Shanghai Electric Corporation. Ad oggi FSI detiene direttamente una quota dello 0,3% di Ansaldo Energia derivante dall’acquisto di azioni possedute dai dipendenti.
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degli investimenti diretti in Italia ha portato alla chiusura non soltanto dell’operazione con KIA, ma anche di altri accordi siglati con primari investitori istituzionali esteri che hanno permesso di attrarre complessivamente quasi 3 miliardi di euro:
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Qatar Holding LLC (QH) – si tratta del primo accordo internazionale, sottoscritto nel novembre 2012. Ha portato alla costituzione della joint venture “IQ Made in Italy Company” con un capitale totale di 2 miliardi di euro, versato in quattro anni in parti uguali da FSI e QH e con 300 milioni di euro di dotazione iniziale. La joint venture investirà in società italiane che operano in alcuni settori del “Made in Italy”: produzione e distribuzione alimentare, moda, arredamento e design, turismo, lifestyle e tempo libero. Questi ultimi sono settori strategici per l’economia italiana, contribuiscono in misura fondamentale all’export e contano numerose aziende di alta qualità con un significativo potenziale di crescita e di espansione all’estero;
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Russian Direct Investment Fund (RDIF) – il memorandum d’intesa è finalizzato alla costituzione di una piattaforma di investimento congiunto fino a 1 miliardo di euro, con un impegno di 500 milioni di euro, da investire in Italia e in Russia. L’obiettivo è di individuare gli investimenti d’interesse strategico che, garantendo un buon livello di redditività, contribuiscano in modo significativo alla cooperazione, alla crescita e allo sviluppo economico di Italia e Russia. Tra i settori di particolare interesse figurano quello alimentare, ingegneristico, meccanico e, in generale, industriale a rilevante componente tecnologica;
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China Investment Corporation (CIC) – il memorandum d’intesa con il Fondo sovrano cinese prevede la possibilità di effettuare operazioni d’investimento comuni del valore massimo di 500 milioni di euro per ciascuno dei due soggetti. Gli investimenti, che riguarderanno quote di minoranza con diritti di governance in imprese in equilibrio economico-finanziario, perseguiranno ritorni economici di mercato;
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Korea Investment Corporation (KIC) – il memorandum d’intesa prevede operazioni di co-investimento fino a 500 milioni di euro. L’accordo si propone di promuovere la cooperazione economica e lo scambio di know-how tra Italia e la Repubblica di Corea.
Quanto agli investimenti effettuati, è opportuno distinguere tra quelli precedenti all’ampliamento del perimetro di attività sancito dal Decreto Ministeriale del 2 luglio 2014 e quelli successivi. Quanto ai primi, ormai consolidati, figurano:
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Kedrion – impresa leader in Italia (e quinta nel mondo) nel mercato dei plasmaderivati. La società mostra prospettive di crescita interessanti, soprattutto sui mercati esteri. Kedrion, inoltre, fornisce servizi volti a garantire l’approvvigionamento di plasmaderivati al Sistema Sanitario Nazionale, ricoprendo così un ruolo strategico nel settore. Al tempo stesso è un’azienda ad alto contributo tecnologico e di ricerca anche in settori di nicchia quali ad esempio quello della cura di malattie rare (“farmaci orfani”), che è un tipico esempio di fallimento di mercato dovuto ad assenza di domanda e relativa produzione. Grazie all’investimento di FSI, l’azienda mira a incrementare i siti produttivi e i centri di raccolta del plasma e a continuare con l’attività di ricerca per esplorare nuovi possibili impieghi dei plasmaderivati. Complessivamente, si attende una penetrazione dei mercati esteri attraverso ulteriori processi di internazionalizzazione. Tra gli obiettivi di FSI c’è anche quello della quotazione in Borsa nel medio termine;
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Metroweb – società proprietaria di un’estesa rete di fibra ottica in Italia, principalmente a Milano, con l’obiettivo di replicare il modello in altre province italiane al fine di sostenere l’infrastrutturazione digitale del nostro Paese e contribuire alla realizzazione dell’Agenda Digitale. La componente strategica dell’investimento può essere sintetizzata dai risultati che emergono da diversi studi34 che dimostrano come la penetrazione della banda larga possa contribuire alla crescita economica. In un recente studio, AGCOM35 indica come un aumento di 10 punti percentuali della penetrazione della banda larga possa avere un impatto sulla crescita del PIL tra lo 0,9% e l’1,5%.
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Ansaldo Energia – è un’azienda leader a livello internazionale nell’impiantistica relativa alla filiera della generazione di energia. In particolare nel settore delle turbine a gas, la società sviluppa e produce manufatti basati su una tecnologia estremamente avanzata. Nonostante la forte propensione all’export, la maggior parte dell’attività produttiva e della catena di subfornitura è localizzata in Italia. La società, infatti, rappresenta la capo-filiera della meccanica a valore aggiunto per l’energia, settore in cui l’Italia vanta notevoli eccellenze di nicchia. Il Fondo ha stabilizzato l’azionariato della società e ne ha temporaneamente acquisito il controllo, impegnandosi prioritariamente a ricercare partner industriali che possano accelerare il piano di crescita ed espansione internazionale nonché l’innovazione tecnologica della società, con l’ingresso della società cinese Shanghai Electric (SEC) e la realizzazione di due joint-venture produttive in Cina oltre che con gli accordi con la società koreana Doosan per lo sviluppo di una turbina per il mercato asiatico. controllo di flussi è la capo-filiera del distretto italiano delle valvole nell’area della Pianura Padana. Gli obiettivi principali dell’investimento sono quelli del rafforzamento del posizionamento dell’impresa sui mercati esteri e, sul fronte domestico, il contestuale consolidamento del comparto di riferimento. Ciò anche attraverso l’acquisizione di produttori di nicchia. Anche per Valvitalia si prevede nel medio periodo il raggiungimento di un livello di solidità tale da consentire la quotazione in Borsa.
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SIA – tra i leader Europei nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici, dedicati alle Istituzioni Finanziarie e Centrali, alle Imprese e alle Pubbliche Amministrazioni, nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei mercati dei capitali. SIA svolge un ruolo strategico per il sistema finanziario italiano ed europeo, essendo, tra l’altro, operatore della Rete Nazionale Interbancaria, gestore del sistema di compensazione della Banca d’Italia e gestore esclusivo di EBA-Step 2 (piattaforma di clearing interbancario internazionale) per conto di EBA. Oltre che nel presidio e nello sviluppo di servizi chiave per le banche centrali e gli intermediari finanziari, le infrastrutture e i servizi offerti dalla società possono contribuire a velocizzare il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, in particolare nel campo dei pagamenti, della fatturazione elettronica e del rapporto del cittadino con la Pubblica Amministrazione. Nei prossimi anni, SIA mira a sviluppare e ampliare la gamma dei servizi messi a disposizione della clientela e a divenire catalizzatore di un processo di aggregazione nel settore della monetica e dei pagamenti, ad oggi ancora piuttosto frammentato in ambito nazionale ed europeo.
______________________
(34) ITU (2012)
(35) Lo studio “Broadband infrastructure and economic growth – Czernicj, Falck, Kretschemer, Woessman” è citato nell’Indagine conoscitiva sulla concorrenza statica e dinamica del mercato dei servizi di accesso e sulle prospettive di investimento nelle reti di telecomunicazioni a banda larga e ultra larga.
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> Valvitalia – tra i primi cinque produttori a livello mondiale di componenti per il
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Trevi - leader a livello mondiale nell’ingegneria del sottosuolo e attiva nel settore delle perforazioni oil & gas, Trevi conta più di 45 sedi e una presenza in oltre 80 Paesi. L’attività del Gruppo ha ricadute importanti a livello di indotto nazionale, sia in termini di creazione di valore aggiunto sia di impatto occupazionale. L’investimento di FSI ha reso possibile l’avvio di una fase di nuovi investimenti finalizzati al consolidamento del posizionamento internazionale del Gruppo.
A seguito dell’estensione del perimetro di operatività, FSI ha inoltre investito nel Gruppo alberghiero Rocco Forte Hotels e, attraverso IQ Made in Italy, ha siglato un accordo d’investimento nella società Inalca, nel settore dell’agroalimentare.
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Rocco Forte - In data 4 novembre 2014, FSI ha sottoscritto un accordo d’investimento per l’ingresso nel capitale del Gruppo alberghiero inglese Rocco Forte, che si propone un piano di sviluppo incentrato sull’Italia. L’accordo, che rappresenta la prima iniziativa di FSI nel settore turistico e in un’azienda non residente, ma con una larga presenza sul territorio italiano, prevede l’acquisizione del 23% della società alberghiera da parte di FSI e FSI Investimenti, per un importo di 60 milioni di sterline, pari a circa 80 milioni di euro. L’operazione è stata interamente effettuata in aumento di capitale.
Il Gruppo Rocco Forte Hotels è uno dei principali operatori europei nella gestione di alberghi a cinque stelle. L’Italia, in cui Rocco Forte Hotels è presente a Roma, Firenze e in Sicilia, è il primo Paese per fatturato, rappresentando oltre il 30% dei ricavi complessivi del Gruppo.
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Il settore turistico-alberghiero è in forte espansione a livello globale e beneficia dell’aumentata propensione a viaggiare. Nel nostro Paese, inoltre, il settore ha un vantaggio competitivo non indifferente, grazie all’attrattività del patrimonio artistico-culturale, della ricchezza ambientale, dell’enogastronomia e lifestyle. Tali fattori sono riconosciuti a livello mondiale e fanno sì che il comparto del turismo abbia un significativo impatto diretto sull’economia nazionale e produca esternalità positive sul territorio. Secondo le stime del World Travel and Tourism Council (2014), il contributo diretto al PIL italiano, stimato attraverso il giro di affari di hotel, agenzie di viaggio, compagnie aeree e ristoranti per turisti, ammonta a 65 miliardi di euro (4,2% del totale), che salgono a 160 miliardi di euro (10,3% del totale) contando l’indotto, rispetto a una media europea dell’8,7%. Il settore del turismo, peraltro, è sinergico per altri comparti, principalmente quello alimentare, moda e del commercio. Soprattutto i turisti stranieri, sembrano avere una maggiore propensione agli acquisti: basti pensare che la spesa complessiva annua di turisti internazionali in Italia è superiore ai 33 miliardi di euro. Nel settore alberghiero l’Italia risulta penalizzata dalle ridotte dimensioni delle strutture e da una certa frammentazione, con una ricettività facente capo, spesso a società differenti. Queste ultime, inoltre, rientrano prevalentemente nella categoria tre stelle, mentre più contenuta è la presenza di alberghi appartenenti alle categorie superiori. Il progetto di FSI e di CDP è la realizzazione di un “polo italiano del turismo”, fondato sulla separazione tra proprietà immobiliare e gestione nel settore dell’offerta alberghiera a tre, quattro e cinque stelle. Esperienze internazionali di altri Paesi, simili al nostro per potenziale di attrazione dei flussi turistici, hanno dimostrato che la distinzione tra l’attività di gestione immobiliare da quella di gestione del core business alberghiero può infatti favorire l’attrazione di maggiori capitali al settore, differenziati in ragione del rischio. Anche in questo comparto, dunque, FSI si pone come strumento di aggregazione favorendo l’attrazione di capitali stranieri da parte di soggetti potenzialmente interessati ad investire nel comparto e a promuovere processi di internazionalizzazione.
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Inalca - gruppo leader nella produzione di carne bovina in Europa e nella distribuzione alimentare all’estero, in particolare in Russia e in numerosi Paesi africani. La distribuzione alimentare riguarda un’ampia gamma di prodotti (oltre 2.000), che includono articoli alimentari della tradizione locale, tipici del Made in Italy. L’investimento di IQ Made in Italy, pari complessivamente a 165 milioni di euro (115 milioni di euro per aumento di capitale di Inalca e 50 milioni di euro per l’acquisto di azioni della società possedute da Cremonini S.p.A.), verranno utilizzati principalmente per la crescita organica e per acquisizioni. Secondo il piano industriale, infatti, Inalca potrà divenire un importante polo della distribuzione di prodotti agroalimentari italiani all’estero, con l’obiettivo di promuovere in modo significativo il Made in Italy alimentare.
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In futuro, oltre a Cremonini (azionista di maggioranza), FSI, Qatar Investment Authority e Kuwait Investment Authority (tramite FSI Investimenti), l’azionariato di Inalca potrebbe essere allargato ad altri investitori internazionali in posizione di minoranza, al fine di rafforzare l’espansione della società all’estero.
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03 I principali investimenti di FSI 03.1 | Gli investimenti realizzati In questo paragrafo si analizzano in maniera aggregata gli investimenti in portafoglio rispetto alle direttrici strategiche di operatività di FSI descritte nel capitolo precedente.
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Con riferimento ai suddetti obiettivi, gli investimenti realizzati mostrano un certo grado di eterogeneità. Per alcuni di essi, l’investimento di FSI ha avuto lo scopo di dotare il Paese d’infrastrutture tecnologiche (materiali e immateriali) che possano creare le migliori condizioni per la crescita dell’attività economica e finanziaria. E’ questo il caso dell’investimento in Metroweb e SIA. Com’è noto, lo sviluppo di nuove applicazioni informatiche richiede crescente capacità e velocità di trasmissione dati e dunque sempre maggiore disponibilità di banda larga. L’intervento di FSI in Metroweb mira a sostenere il piano di sviluppo di una rete in fibra ottica per l’accesso a internet a banda larga nelle principali città italiane, replicando il modello già adottato dalla società nell’area di Milano. Analogamente, l’ingresso di FSI nella compagine societaria di SIA è volto al sostegno delle infrastrutture e dei servizi tecnologici per le istituzioni finanziarie e centrali, le imprese e le Pubbliche Amministrazioni. In altri casi, l’intervento di FSI ha natura prevalentemente industriale ed è focalizzato su obiettivi di potenziamento della filiera produttiva, con ricadute importanti in termini di fatturato e occupazione indotta. E’ questo il caso dell’investimento in Ansaldo Energia, Valvitalia e Rocco Forte. Ansaldo Energia è l’azienda di riferimento in Italia nella produzione di impianti e macchinari per la generazione di energia, essendo all’apice di una filiera molto estesa dalla quale acquista beni intermedi per un valore di circa 500 milioni di euro. Analogamente, Valvitalia è l’azienda leader di un distretto industriale, dove si concentrano oltre 200 grandi e medie imprese del settore che generano un volume di affari complessivo di 16 miliardi di euro. Inalca è un’azienda leader nel settore agroalimentare che ha un peso specifico rilevante per l’economia italiana: l’8,3% del valore aggiunto generato sul totale nazionale e circa 3 milioni e 300 mila lavoratori occupati36. Con riferimento a Rocco Forte, l’investimento di FSI permetterà al Gruppo di realizzare un piano d’investimento nel nostro Paese, dove il settore turistico ha un potenziale d’impatto molto rilevante in termini di PIL e di occupazione, anche a livello di filiera. In modo più trasversale, l’investimento di FSI è stato guidato da altri obiettivi principali quali ad esempio l’espansione delle attività sui mercati internazionali sia attraverso l’aumento dei prodotti e servizi esportati, che ha riguardato quasi tutte le società oggetto d’investimento (Kedrion, Ansaldo Energia, Valvitalia, SIA, Trevi e Inalca), sia tramite la creazione di nuovi stabilimenti o l’acquisizione di società all’estero, come nel caso di Kedrion, Ansaldo Energia, Valvitalia e Inalca.
______________________ (36) Nomisma (2014).
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Tabella 4 – Obiettivi e prospettive degli investimenti di FSI Kedrion
Dotazione infrastrutturale strategica
Metroweb
Ansaldo Energia
Valvitalia
√
Potenziamento filiera
√
√
√
√
√
Innovazione
√
√
Quotazione
√
√
Crescita dimensionale (*)
√
Rocco Forte
√ √
Inalca
√
√ √
√ √
√
√ √
Trevi
√
Internazionalizzazione
Esternalità sistemiche
SIA
√
√
√
√
________________________________________________________________________________________________________________________ Fonte: Elaborazione CDP (*) In termini di occupati in Italia
Altro primario obiettivo che ha guidato le scelte d’investimento di FSI finora realizzate è stato quello di favorire l’innovazione, investendo in imprese che destinano proprie risorse alla ricerca e allo sviluppo, come nel caso di Kedrion e Ansaldo Energia, o che sviluppano soluzioni tecnologiche innovative, come per SIA.
03.2 | Effetti aggregati degli investimenti: valore aggiunto ed export In un contesto fortemente competitivo come quello attuale, le economie sviluppate tendono a specializzarsi nei settori e nelle realtà imprenditoriali in grado di generare un consistente valore aggiunto. Nel 2013, il valore aggiunto complessivo del sistema produttivo italiano è stato pari a 34 miliardi di euro nel settore primario (agricoltura, silvicoltura e pesca), 339 miliardi nel settore della produzione industriale e delle costruzioni, 1.084 miliardi nel settore terziario. Attualmente le imprese nel portafoglio di FSI operano in 7 settori: industrie alimentari (Inalca), prodotti farmaceutici (Kedrion), macchinari e apparecchi (Ansaldo Energia e Valvitalia), costruzioni (Trevi), informazione e comunicazione (SIA), telecomunicazioni (Metroweb), turistico alberghiero (Rocco Forte). Complessivamente questi settori pesano per circa il 20% del valore aggiunto italiano.
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Per tutti gli investimenti, FSI mira inoltre, nel medio-lungo periodo e ove sussistano le condizioni, a condurre le aziende verso la quotazione in Borsa. Attualmente, le società che più velocemente potranno essere quotate sembrano risultare Kedrion, Valvitalia, Ansaldo Energia e SIA. Queste ultime sono state già ammesse a far parte del progetto Elite di Borsa Italiana.
Grafico 13 – Distribuzione settoriale del valore aggiunto Grafico 13 – Distribuzione settoriale del valore aggiunto italiano e peso dei settori in cui FSI ha investito, 2013 (%)
Industrie alimentari, 1,8 Prodotti farmaceutici, 0,6 Macchine e apparecchi, 2,1 Costruzioni, 5,2 Altri settori, 81,4 Informazione e comunicazione, 3,8 Telecomunicazioni, 1,4 Alloggio e ristorazione, 3,7
_____________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati ISTAT
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Per stimare l’impatto delle attività delle imprese nel portafoglio di FSI sul valore aggiunto di ogni settore si sono aggregati verticalmente i singoli valori generati dalle imprese con quelli prodotti a monte della filiera produttiva (prendendo in considerazione solamente il primo e il secondo livello di subfornitura per restringere l’analisi agli impatti più direttamente attribuibili alle attività delle imprese)37. La tabella seguente sintetizza i principali risultati. Gli impatti più significativi si registrano nei settori della farmaceutica e in quelli della fabbricazione di macchinari e apparecchi (meccanica), con un peso dell’indotto in termini di valore aggiunto settoriale pari rispettivamente a 1,9% e 1,7%. Con riferimento al settore della farmaceutica tale risultato è principalmente dovuto al fatto che il finanziamento in Kedrion aveva l’obiettivo di entrare nel capitale di uno dei principali leader del comparto. Nel caso del settore delle macchine e apparecchi, l’impatto è dovuto alla presenza di imprese importanti (Ansaldo Energia e Valvitalia) e al tempo stesso alla lunghezza complessiva della filiera della meccanica che ha forti interconnessioni con la maggior parte dei settori produttivi del nostro sistema economico. Ulteriori effetti significativi si registrano nel settore dell’industria alimentare (1,0%). Risultati più contenuti si registrano negli altri 4 settori: costruzioni (0,5%), informazione e comunicazione (0,4%), telecomunicazioni (0,3%) e alloggio e ristorazione (1,0%), soprattutto in relazione alla dimensione media relativamente più grande di questi comparti. Complessivamente l’indotto di primo e secondo livello favorito dalle attività delle imprese nel portafoglio di FSI contribuisce allo 0,2% del valore aggiunto nazionale.
______________________
(37) Per approfondimenti sulla metodologia di stima si rimanda all’Appendice 2.
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Tabella 5 – Il peso dell’indotto delle imprese nel portafoglio di FSI sul valore aggiunto italiano Settore
Industrie alimentari Farmaceutica Macchine ed apparecchi Costruzioni Informazione e comunicazione Telecomunicazioni Alloggio e ristorazione Tot. settori portafoglio FSI Agricoltura, silvicoltura e pesca Industria estrattiva Altri settori – industria Altri settori – servizi Totale
Valore Aggiunto (€ mln)
VA dell’indotto (I e II livello di subfornitura) – peso % sul totale VA settoriale
25.735 9.355 30.216 76.390 55.192 20.463 53.244 270.595 33.699 5.145 192.168 955.196 1.456.803
1,0 1,9 1,7 0,5 0,4 0,3 0,1 0,6 0,8 0,0 0,1 0,1 0,2
_____________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati ISTAT
Tabella 6 – Il peso delle attività delle imprese nel portafoglio di FSI sull’export italiano
Industrie alimentari Farmaceutica Macchine e apparecchi Tot. settori portafoglio FSI Totale Italia
Valore export (€ mln)
Quote % sul totale export
Quota % riferibile alle imprese nel portafoglio FSI su totale export settoriale
27.512 19.635 71.607 118.754 390.233
7,1% 5,0% 18,3% 30,4% 100,0%
2,8% 1,4% 2,1% 2,1% -
_____________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati ISTAT
Quasi tutte le aziende italiane nelle quali FSI ha investito presentano, nella filiera di produzione e distribuzione, una significativa vocazione internazionale:
>
Ansaldo Energia – la capo-filiera italiana della meccanica a valore aggiunto per l’energia rappresenta una delle migliori espressioni della tecnologia e capacità innovativa nel settore energetico, tanto che, nel mercato delle turbine a gas, sviluppa e produce macchinari basati su una tecnologia avanzata che solo altre quattro imprese al mondo detengono. La visione globale di Ansaldo Energia, con circa il 90% del fatturato complessivo realizzato all’estero, si è rafforzata, a seguito dell’ingresso nel capitale di FSI, attraverso gli accordi nell’ambito della produzione con la società cinese Shanghai Electric – che prevede anche la costituzione di due joint venture in Cina, delle quali una dedicata alla ricerca e allo sviluppo di una nuova tecnologia di turbina a gas – nell’ambito della collaborazione tecnologica con la società coreana Doosan Heavy Industries – destinata ai Paesi con rete elettrica a frequenza 60Hz. Non può essere trascurata, inoltre, l’acquisizione, perfezionata attraverso Ansaldo Nucleare, di Nuclear Engineering Services, società inglese impegnata nel più grande programma di smantellamento nucleare nel Regno Unito;
______________________ (38) ISTAT (2014c).
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Le dinamiche della domanda, che dal 2010 hanno portato ad una crescente divaricazione tra domanda interna ed estera a favore di quest’ultima, hanno concorso a determinare un legame più stretto tra valore aggiunto ed export: all’interno del settore manifatturiero, ad esempio, le imprese esportatrici realizzano oltre 80% del valore aggiunto, tanto in ragione delle maggiori dimensioni medie, quanto per la natura fortemente competitiva dei prodotti38. I settori industriali nei quali ha investito FSI, in particolare, garantiscono un export pari a 118,7 miliardi di euro (il 30,4% del totale).
36
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Valvitalia – con quasi l’85% del fatturato totale generato all’estero Valvitalia, è ormai molto vicina a realizzare il proprio obiettivo di divenire il punto di riferimento italiano nel mondo nella produzione di valvole, componenti e sistemi per la trasmissione, misurazione, filtrazione e regolazione di fluidi e gas. Nonostante la presenza di 3 stabilimenti all’estero (Cina, Canada e Regno Unito) sugli 8 complessivi e di uffici commerciali o di rappresentanza in 104 Paesi, Valvitalia, grazie al sostegno di FSI, conta di rafforzare ulteriormente la propria posizione internazionale e di collocarsi stabilmente al culmine della catena del valore nel proprio mercato di riferimento;
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Kedrion – il quinto operatore mondiale nel mercato dei plasmaderivati vanta 16 centri di raccolta di plasma in Germania, Ungheria e Stati Uniti, conta su 2 impianti produttivi in Ungheria e negli Stati Uniti (che si aggiungono ai 3 italiani) ed è presente sui mercati di oltre 90 Paesi. Oltre a essere leader in Italia, l’azienda, attraverso un graduale processo di espansione favorito da FSI (specialmente nella fase dell’acquisizione della Società statunitense Rho Gram del Gruppo Johnson & Johnoson), presenta un fatturato generato all’estero ormai pari al 66,1% del totale;
>
Trevi – l’azienda può contare su ramificazioni in oltre 80 Paesi e in un fatturato estero superiore al 90% del totale. A Trevi si devono progetti di grande impatto globale, tra i quali la realizzazione della Diga di Ertan in Cina, la costruzione della nuova Biblioteca di Alessandria in Egitto, le fondazioni del Ponte Vasco da Gama sul fiume Tago in Portogallo, le opere di fondazione del nuovo World Trade Center di New York e il consolidamento delle nicchie dei Budda di Bamiyan in Afganistan. Nonostante gli imponenti risultati raggiunti, l’azienda conta, con il supporto di FSI, di consolidare ulteriormente il posizionamento competitivo sul mercato internazionale.
Le specifiche realtà industriali alle quali FSI partecipa, oltre a essere particolarmente attive nell’export, sono tra le più dinamiche dei rispettivi settori, tanto in termini di operatività, quanto considerando i principali indicatori economici. Un esercizio di particolare interesse a questo proposito consiste nella valutazione delle performance, relativamente ai ricavi e all’Ebidta, delle aziende oggetto di investimento da parte di FSI, rispetto alle aziende operanti nei rispettivi settori. Per depurare il confronto da possibili effetti di natura congiunturale, inoltre, possono essere considerate, invece dei dati puntuali degli ultimi anni disponibili (2011-2013), le tendenze medie. Il Grafico 14 presenta le seguenti caratteristiche:
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origine: rappresenta la mediana dei tassi di crescita medi annui nel triennio 20112013 dei ricavi e dell’Ebitda per ogni singolo settore;
>
asse delle ascisse: indica lo scostamento (in punti percentuali) di ogni azienda rispetto alla dinamica settoriale, in termini di crescita media dei ricavi. Sulla sinistra rispetto all’origine sono collocate le aziende che hanno evidenziato una crescita media dei ricavi inferiore rispetto al settore di appartenenza, mentre sulla destra rispetto all’origine si trovano le aziende che hanno avuto una crescita superiore;
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>
asse delle ordinate: indica lo scostamento (in punti percentuali) di ogni azienda rispetto alla dinamica settoriale, in termini di crescita media dell’Ebitda. Sopra rispetto all’origine sono collocate le aziende che hanno evidenziato una crescita media dell’Ebitda superiore rispetto al settore di appartenenza, sotto rispetto all’origine si trovano le aziende che hanno avuto una crescita inferiore.
IV
Rocco Forte
I
Valvitalia Sia Metroweb Ansaldo Energia
III
Inalca
Trevi
Kedrion
II
37
Mediana settoriale della crescita dell’Ebitda 2011 - 2013
delle imprese nel portafoglio FSI rispetto Grafico 14 – Il posizionamento Grafico 14 – Il posizionamento delle imprese nel portafoglio FSI rispetto alle dinamiche settoriali di alle dinamiche di crescita dei ricavi e dell’EBITDA crescita dei ricavi e settoriali dell’Ebitda
Mediana settoriale dalla crescita dei ricavi 2011-2013 _____________________________________________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su dati Bureau van Dijk
Si avranno, così, quattro quadranti, funzionali a un’analisi di natura statica, all’interno dei quali sono collocate le aziende in considerazione del livello di crescita media dei ricavi e di crescita media dell’Ebitda nel triennio considerato (2011-2013), secondo la seguente disposizione:
>
I quadrante: imprese con tassi di crescita medi sia dei ricavi che dell’Ebitda superiori rispetto a settore di appartenenza;
>
II quadrante: imprese con una crescita media dei ricavi superiore alla media di settore, ma una crescita media dell’Ebitda inferiore;
>
III quadrante: imprese con tassi di crescita medi dei ricavi e dell’Ebitda inferiori a quelli di settore;
>
IV quadrante: imprese che presentano una crescita media dell’Ebitda superiore rispetto al settore di appartenenza, ma una crescita media dei ricavi inferiore.
Confrontando i dati delle aziende partecipate da FSI con quelli del settore di riferimento, relativamente a crescita media dei ricavi dell’Ebitda tra il 2011 e il 2013 emerge che in tutti i casi, tranne che per Ansaldo Energia, le aziende presentano valori al di sopra delle medie settoriali.
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Sono presenti, tuttavia, alcune differenze:
>
Rocco Forte, Valvitalia e, in misura ridotta, SIA e Metroweb presentano livelli più marcati di crescita dell’Ebitda che non dei ricavi rispetto alle medie di settore;
>
Trevi, e soprattutto Kedrion, mostrano tassi di crescita dei ricavi superiori rispetto al mercato di riferimento e una crescita dell’Ebitda più contenuta, ancorché sempre positiva.
>
Ansaldo Energia presenta una crescita media dei ricavi inferiore a quella del settore, in parte attribuibile a particolari contingenze, registrate nel corso degli esercizi 2012-2013, legate al completamento di importanti commesse non compensate da nuovi ordini di pari livello.
38
La precedente analisi può assumere anche un profilo dinamico, qualora si consideri che:
>
una crescita dell’Ebitda in linea con la media del comparto è indice di un margine di miglioramento sotto il profilo della redditività aziendale;
>
una crescita dei ricavi nella media indica che esistono ancora spazi per una espansione sul mercato di riferimento.
Dal punto di vista grafico, è possibile tracciare una bisettrice che attraversi il quadrante III e il quadrante I, coincidente con un sentiero di crescita equilibrata di ricavi ed Ebitda. Nella fattispecie, per le aziende del quadrante I, il posizionamento sulla bisettrice indicherebbe, oltre a una performance al di sopra della media del settore di riferimento, anche la possibilità di generare ricchezza attraverso la gestione operativa – catturata dalla crescita dell’Ebitda – con l’acquisizione di significative quote di mercato in un contesto strutturalmente competitivo come quello globale catturata dalla crescita dei ricavi. Ciò in virtù del maggiore valore aggiunto della produzione rispetto a quello dei concorrenti, della capacità di conquistare nicchie di mercato e/o della sintonia con la domanda effettiva e prospettica dei mercati nazionali ed esteri. Da questo punto di vista, l’intervento di FSI nel capitale delle società partecipate potrebbe condurre a uno spostamento lungo l’asse delle ascisse. Si tratterebbe, infatti, di un aumento dello scarto tra crescita dei ricavi dell’azienda e del settore di riferimento tale da comportare, pur preservando un Ebitda superiore alle medie dei rispettivi settori, un maggiore successo nei processi di internazionalizzazione e, presumibilmente, un incremento dei livelli occupazionali. In sintesi, ciò che emerge da tale confronto è che le imprese oggetto d’investimento mostrano sia un adeguato livello di redditività rispetto ai competitor del loro settore, sia una crescita del volume di affari superiore a quella media settoriale e pertanto rispondono ai criteri d’investimento di FSI con riferimento alla solidità economicofinanziaria e alle prospettive di sviluppo.
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03.3 | Indotto occupazionale degli investimenti di FSI Alla luce delle evoluzioni statutarie e d’indirizzo, il tema dell’indotto occupazionale è di fondamentale interesse per valutare le strategie d’investimento del Fondo e le possibili linee di sviluppo. L’obiettivo dell’analisi presentata in questa sezione è quello di declinare le caratteristiche di “strategicità” delle imprese oggetto di finanziamento attraverso una delle direttrici possibili, quella cioè dei livelli occupazionali attivati direttamente o lungo la filiera produttiva. In tale prospettiva, ci si è concentrati esclusivamente sull’occupazione interessata all’interno del territorio nazionale. L’obiettivo è di fornire una prima valutazione dell’impatto degli investimenti di FSI in termini occupazionali, cercando anche di simulare gli effetti aggiuntivi derivanti dall’evoluzione dei rispettivi piani industriali delle aziende. La stima dell’indotto occupazionale interessato dagli investimenti di FSI assume un’importanza fondamentale sia per identificare le scelte strategiche e operative del Fondo, sia per valutarne l’efficacia39. L’analisi proposta rappresenta un primo esercizio di quantificazione di tali effetti e offre una fotografia dell’occupazione diretta e indiretta “sostenuta” da FSI nel 2013.
Focus
Tipicamente le attività di un’azienda possono generare lavoro attraverso tre canali: l’occupazione diretta, quella indiretta e quella indotta. L’occupazione diretta è quella connessa direttamente all’impiego del fattore lavoro nei processi produttivi (interni) dell’impresa o del gruppo (se si considera una holding). Occupazione indiretta è quella che si genera lungo l’intera catena del valore (“supplier effect”) e dipende dalla lunghezza e dall’intensità della filiera produttiva e di sub-fornitura dell’impresa40. L’occupazione indotta è, infine, quella generata a livello aggregato dai consumi prodotti dai lavoratori (diretti e indiretti) impiegati a valle dall’azienda che, sostenendo la domanda aggregata, contribuiscono all’espansione dell’attività economica e dell’occupazione. Ulteriori effetti occupazionali indotti sono quelli generati in specifici settori. Nel settore turistico alberghiero, per esempio, l’occupazione indotta è favorita dall’attrazione di flussi turistici in una determinata area di localizzazione. Attraverso la spesa per consumi, i turisti favoriscono l’occupazione in attività indotte quali ad esempio ristorazione, attività d’intrattenimento e divertimento. Nel settore della comunicazione digitale, lo sviluppo delle infrastrutture e dei servizi relativi alle connessioni a banda larga possono generare occupazione indotta per esempio connessa allo sviluppo dell’e-commerce. La metodologia di seguito utilizzata41 e i risultati prodotti fanno riferimento alla sola occupazione diretta e a quella indiretta. Nella stima di quella indiretta viene considerata l’occupazione attivata nei primi 2 livelli di subfornitura42. Tuttavia, coerentemente con la letteratura di settore, i termini di occupazione indiretta e indotta verranno utilizzati come sinonimi. ______________________
(39) È importante rilevare come l’esercizio proposto non è di natura controfattuale. Non si studia cioè cosa sarebbe successo in assenza di uno specifico intervento di policy. L’approccio seguito cerca, invece, di quantificare da un lato l’occupazione (diretta e indiretta) attualmente impiegata e generata nel panel di aziende del portafoglio FSI e dall’altro di valutare alla fine dei piani industriali delle singole aziende le variazioni dei livelli occupazionali rispetto alla fotografia che si è realizzata ex-ante. In tale prospettiva, il contributo “al margine” (c.d. effetto netto o fattore di aggiuntività) di FSI è associato al supporto (in termini finanziari e strategici) che il Fondo stesso garantisce nella realizzazione degli obiettivi (concertati) dei diversi piani industriali.
(40) Un esempio di occupazione indiretta è quella che si genera come conseguenza del fatto che le imprese hanno a loro volta dei fornitori che producono materie prime, beni, semilavorati, attrezzature ecc. e che a loro volta impiegano il fattore lavoro per soddisfare la domanda generata dalle imprese a monte della filiera. (41) Per una descrizione dettagliata della metodologia utilizzata si veda l’Appendice 2.
(42) Si è ritenuto opportuno limitare l’analisi ai primi due livelli della filiera al fine di produrre una stima conservativa dell’occupazione indiretta attivata dagli investimenti. Considerando l’obiettivo di quantificare l’impatto occupazionale più direttamente attribuibile all’operatività del Fondo, infatti, questa scelta sembra essere meno soggetta a distorsioni nella misura in cui nei livelli successivi della catena di sub-fornitura l’intensità di contendibilità del mercato e il grado di sostituzione potenziale risultano molto elevati e riducono la possibilità di identificare nessi di casualità stringenti tra l’attività della capo-filiera e quella che si genera nelle aziende a monte.
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39
Le ricadute occupazionali nella filiera produttiva
L’occupazione complessiva riferibile alle attività delle imprese oggetto d’investimento da parte di FSI è pari a circa 36 mila occupati, dei quali circa 25 mila e 800 riferibili all’indotto (il 72% del totale dell’occupazione interessata). L’occupazione indiretta attivata nel primo livello della filiera delle aziende analizzate è pari a circa 18 mila e 500 occupati, mentre i restanti 7 mila e 300 fanno riferimento al secondo livello della filiera. I risultati rispetto ai cinque investimenti analizzati presentano un certo grado di eterogeneità. In Metroweb, ad esempio, l’investimento ha un minor impatto occupazionale, ma al tempo stesso una maggiore incidenza percentuale dell’indotto sul totale dell’occupazione interessata (circa l’86%). Le imprese presenti su filiere tradizionalmente molto radicate nel tessuto produttivo italiano, come quelle della meccanica, attivano, invece, livelli occupazionali significativi: Ansaldo Energia e Valvitalia favoriscono un indotto pari a circa il 70% dell’occupazione complessiva. In entrambi i casi, le aziende operano in segmenti produttivamente interconnessi, dove il sostegno all’impresa capo-filiera garantisce esternalità positive, anche in termini occupazionali, per le altre imprese disposte a monte della catena generatrice di valore.
40
Un’altra filiera fortemente labour intensive è quella dell’agroalimentare. Le ricadute occupazionali delle attività di Inalca, che a questa filiera appartiene, sono tra le più significative rispetto alle altre imprese nel portafoglio di FSI. Il peso dell’occupazione indiretta è circa l’86% del totale dell’occupazione attivata e, anche in termini assoluti, l’indotto di Inalca rappresenta circa il 36% di quello complessivo di FSI (vedi grafico 15). L’occupazione indotta riconducibile all’investimento in SIA e in Kedrion rappresenta circa il 50% del corrispettivo totale di occupazione interessata, con un peso relativamente più contenuto rispetto ad altri investimenti. In questo caso, c’è da evidenziare che le due aziende operano in settori ad alto contributo tecnologico e le filiere attivate dalle loro attività sono anch’esse caratterizzate da industrie altamente produttive (soprattutto in termini di produttività del lavoro) in ragione dell’impiego di capitale umano fortemente specializzato. Gli effetti quantitativi aggregati risultano, quindi, inferiori, se confrontati con quelli relativi a filiere molto più labour intensive come quella della meccanica. Kedrion e SIA tendono ad attivare in Italia occupazione high skill, connessa alle loro attività di innovazione e ricerca negli specifici settori in cui operano. Nel caso di Kedrion si è inoltre in presenza anche di una filiera particolarmente internazionalizzata. La propensione internazionale di Kedrion, sia sul fronte dei mercati di sbocco, sia di quelli relativi ai settori di approvvigionamento e della produzione, tende ad “allungare” l’impatto occupazionale della società anche oltre i confini nazionali, rendendo l’indotto in Italia relativamente più contenuto.
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Tabella 7 – Sintesi dell’occupazione interessata in Italia da FSI Occupati in Italia
Ansaldo Energia SIA Valvitalia Kedrion Metroweb Trevi Inalca Rocco Forte Totale
Totale
Occupazione diretta
Occupazione indiretta
Di cui Occ. Indiretta 1 livello di sub-fornitura
Di cui Occ. Indiretta 2 livello di sub-fornitura
% indiretta sul totale
9.887 3.418 2.710 1.879 507 3.853 13.084 771 36.108
2.925 1.719 802 894 71 1.446 1.824 593 10.274
6.962 1.699 1.908 985 436 2.407 11.260 178 25.834
5.027 1.228 1.153 765 307 1.686 8.224 114 18.503
1.934 471 755 220 129 721 3.036 64 7.331
70% 50% 70% 52% 86% 62% 86% 23% 72%
Ansaldo SIA Valvitalia Kedrion Metroweb Trevi Inalca Rocco Forte Totale
Totale
Occupazione diretta
Occupazione indiretta
Di cui Occ. Indiretta 1 livello di sub-fornitura
Di cui Occ. Indiretta 2 livello di sub-fornitura
% indiretta sul totale
9.552 3.102 2.543 1.829 479 3.612 14.867 718 36.701
2.910 1.496 789 876 69 1.431 1.761 547 9.876
6.642 1.607 1.754 953 410 2.181 13.107 171 26.825
4.822 1.155 1.056 741 288 1.511 9.833 110 19.515
1.820 452 698 212 123 670 3.274 62 7.310
70% 52% 69% 52% 86% 60% 88% 24% 73%
_________________________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP Nota: Per occupato si intende il numero di persone che indipendentemente dalla forma contrattuale offrono il proprio lavoro per la realizzazione di un processo produttivo. Le ULA rappresentano il numero medio annuo di unità lavorative a tempo pieno e sono considerate una proxy dell’intensità di utilizzo del fattore lavoro.Un dipendente part-time, ad esempio, è da considerarsi una frazione di ULA, mentre un dipendente full-time equivale a una unità piena di ULA. Considerando che, in alcuni casi (in particolare nel settore primario), un lavoratore autonomo può corrispondere a più di 1 ULA, in quanto impegnato per un numero di ore superiore a quelle previste nei CCNL, è possibile che il numero di ULA superi gli occupati.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per il caso di Trevi, dove l’occupazione indiretta interessata in Italia è pari a circa il 62% del totale. Anche in questo caso le attività dell’azienda sono fortemente internazionalizzate, nella misura in cui grandi commesse vengono realizzate all’estero. L’occupazione indiretta attivata è quindi diffusa non solo sul territorio nazionale, ma anche in altri Paesi. L’ultimo caso analizzato è quello di Rocco Forte, per il quale il contributo in termini di occupazione indotta risulta relativamente modesto. C’è da notare, tuttavia, che il modello utilizzato per la stima dell’occupazione diretta risulta abbastanza efficace per realtà industriali dove la catena del valore è particolarmente estesa. Nel caso di Rocco Forte e del settore specifico in cui opera, la metodologia di stima adottata è meno efficace nel quantificare gli effetti occupazionali indotti dell’attività dell’impresa. Con riferimento alle attività degli alberghi, infatti, la fonte principale di esternalità e occupazione indotta è quella che deriva dalla capacità delle strutture di attrarre flussi di turismo crescenti. I turisti generano una domanda “aggiuntiva”, soprattutto in termini di “consumo”, che favorisce la crescita di attività economica. Tale tipologia di indotto, come descritto nell’Appendice metodologica, non è presa direttamente in considerazione nell’approccio adottato. Stime approssimative di questo effetto indicano un indotto occupazionale significativo, con un impatto moltiplicativo tra le 7 e le 10 volte superiore a quanto indicato nella tabella precedente.
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ULA in Italia
Grafico 15 – Peso delle singole imprese sull’indotto complessivo di FSI (%) Grafico 15 – Peso delle singole imprese sull’indotto complessivo di FSI (%) SIA, 9
Trevi, 11
Valvitalia, 8
Kedrion, 5 Rocco Forte, 2 Metroweb, 1
Ansaldo Energia, 27
Inalca, 36 _________________________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP
Grafico 16 – L’intensità di attivazione dell’indotto (occupati/€ mln) 25
20
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42
L’impatto relativo degli investimenti di FSI in termini di occupazione interessata mostra la ricaduta maggiore nel caso di Inalca e Ansaldo Energia. Valori relativamente elevati si registrano, anche, per Valvitalia e SIA, mentre relativamente inferiori per Kedrion, Rocco Forte e soprattutto Metroweb, quest’ultima considerando il perimetro attuale.
_________________________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP Nota: Rapporto tra occupazione interessata (diretta + indiretta) e investimento effettuato da FSI ponderato per la quota di capitale sociale acquisita.
Aggregando le simulazioni fatte per ciascuna impresa sui rispettivi piani industriali, si può ottenere anche una stima prospettica della variazione dell’occupazione complessivamente attivata da FSI come conseguenza del raggiungimento degli obiettivi condivisi con le imprese stesse.
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Considerando omogeneo l’orizzonte temporale43 e dato l’indotto FSI del 2013, si può stimare un aumento complessivo degli occupati diretti e indiretti interessati compreso tra il 9% e il 15%. Questo risultato è abbastanza significativo, considerando le prospettive non certo rosee di crescita dell’attività economica e dei livelli occupazionali previsti per l’Italia nei prossimi anni. In generale, sebbene il raggiungimento di specifici livelli occupazionali non sia sempre espressamente indicato tra i razionali d’investimento di FSI, questo risultato sembrerebbe mostrare, almeno a livello aggregato, un contributo rilevante delle attività del Fondo per la promozione e la valorizzazione di alcune filiere produttive considerate strategiche e dei rispettivi livelli occupazionali.
Figura 3 – Occupazione complessivamente interessata da FSI a fine piani industriali Scenario Alto
Occupazione
41.500
attuale
36.108 Scenario Basso
_________________________________________________________________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP Fonte: elaborazioni CDP
03.4 | Case study: Ansaldo Energia In questo paragrafo è analizzato l’investimento effettuato in Ansaldo Energia (AEN) che rappresenta il caso più significativo sia in termini d’impegno finanziario sia in termini d’impatto sul sistema produttivo nazionale. L’investimento in Ansaldo Energia, infatti, sintetizza al meglio tutte le direttrici in cui si articola la politica di investimento del Fondo e la sua connotazione strategica, con particolare riferimento al consolidamento patrimoniale, al supporto all’internazionalizzazione, alla ricerca di partner strategici e al rafforzamento di una filiera produttiva ritenuta fondamentale per il Paese, anche in virtù delle potenziali ricadute occupazionali. Ansaldo Energia è la più grande azienda in Italia e una tra le principali nel mondo per la produzione, l’istallazione e la fornitura di servizi relativi a impianti e componenti per la generazione di energia. FSI è entrato nel capitale di AEN a dicembre 2013, acquisendo l’intera partecipazione del fondo First Reserve, pari al 45%, e il 39,55% da Finmeccanica, per una quota complessiva dell’84,55%. FSI si è impegnato ad acquistare entro il 2017 il rimanente 15% di Ansaldo Energia in portafoglio a Finmeccanica, attraverso una struttura di put-call. Con l’operazione su Ansaldo Energia, FSI sostiene la crescita e l’innovazione tecnologica di un’azienda strategica per l’economia italiana, coerentemente alle disposizioni dello Statuto che in “situazioni di natura tendenzialmente transitoria” prevedono l’assunzione di partecipazioni societarie anche di maggioranza. Nel caso di Ansaldo Energia, all’atto dell’acquisizione FSI si è infatti impegnato a ricercare partner ______________________
(43) In realtà, i piani industriali considerano orizzonti temporali diversi.
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39.300
industriali che potessero entrare nel capitale sociale e consentissero di accelerare la crescita sui mercati internazionali mantenendo una partecipazione stabile, ancorché non maggioritaria, e tale da conservare il controllo sulle scelte strategiche dell’azienda.
03.4.1 | Evoluzione e attività dell’azienda Costituita nel 1867 con il nome di Gruppo Industrie Elettro Meccaniche per Impianti all’Estero, la società era parte del Gruppo Ansaldo, fondato nel 1853 e divenuto il primo gruppo industriale italiano specializzato nella meccanica, inizialmente per il settore ferroviario e navale. Dall’inizio del ventesimo secolo, le attività del Gruppo si sono anche rivolte alla produzione di energia, con la creazione di uno stabilimento a Cornigliano (Genova) per la realizzazione di apparecchiature elettriche, dinamo e prodotti annessi.
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Da allora quello dell’energia è divenuto un settore chiave per Ansaldo, grazie al raggiungimento di importanti traguardi quali la produzione di impianti elettrici a vapore (1912), di turbine a gas (1992) e il raggiungimento della completa indipendenza tecnologica da terze parti (2005). Nell’ultimo decennio, Ansaldo Energia ha ulteriormente esteso la propria operatività attraverso l’acquisizione di società specializzate nell’attività di assistenza e manutenzione di impianti e componenti per la generazione elettrica, nonché nello sviluppo e nella ricerca sul fronte delle nuove fonti di energia. In particolare, oggi, la società è specializzata nella realizzazione di centrali complete chiavi in mano, a partire dalla scelta del sito fino alla consegna dell’impianto, nella produzione di generatori e turbine a vapore e a gas, nella fornitura di parti di ricambio e di interventi di assistenza, fino alla manutenzione sui componenti di tecnologia propria e indipendente. Attraverso la controllata Ansaldo Nucleare, la società si occupa anche dell’esecuzione e della fornitura di progetti e relativi servizi per l’industria connessa alla produzione di energia elettronucleare. L’attività di Ansaldo Energia trova, infine, applicazione anche nel campo della generazione distribuita e del waste to energy. Nel 2013, la società ha fatturato 1,2 miliardi di euro, il 6,2% in meno rispetto al 2012, quando il grande volume di ricavi era stato garantito dalla chiusura della commessa per la realizzazione di un impianto eolico a Bisaccia (Avellino) non compensata da nuovi ordini di importo comparabile nell’anno seguente. L’Ebitda si è attestato a 152 milioni di euro, mentre l’utile netto ha raggiunto i 24,3 milioni di euro, con un ROE pari al 4,6%. Il rapporto tra Posizione Finanziaria Netta (PNF) e Patrimonio Netto si è attestato intorno allo 0,6, mentre il rapporto tra PNF e Ebitda è pari a 2,1. Alla chiusura del bilancio 2013 la società aveva 3.267 dipendenti, in riduzione dell’1,8% rispetto all’anno precedente, principalmente dovuta a una diminuzione del personale estero.
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Tabella 8 – Principali indicatori economici, 2011-2013 (€ mln, se non diversamente specificato) € mln
Totale Ricavi Crescita dei ricavi (%) Ebitda Utile ROE (%) Posizione Finanziaria Netta/ Patrimonio Netto Posizione Finanziaria Netta/Ebitda Dipendenti (n.) Crescita numero dei dipendenti (%)
2011 (*)
2012
2013
1.327 151 36,6 6,1 0,5 1,5 3.403 -
1.299 -2,1 140 16,6 3,4 0,5
1.219 -6,2 152 24,3 4,6 0,6 2,1 3.267 -1,8
1,9 3.328 -2,2
_____________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su bilanci consolidati (*) In data 13 giugno 2011 la società Ansaldo Energia Holding ha acquisito il Gruppo Ansaldo Energia. I valori del conto economico relativi al 2011 sono pertanto valori proforma e sono stati predisposti utilizzando i dati del bilancio consolidato di Ansaldo Energia Holding per l’anno 2011 (che includono i risultati del Gruppo Ansaldo Energia dal secondo semestre 2011) e i dati del bilancio consolidato del Gruppo Ansaldo Energia del primo semestre 2011. Successivamente, in data 20 giugno 2012 e con effetto retroattivo al 1 gennaio 2012, Ansaldo Energia Holding è stata oggetto di fusione per incorporazione in Ansaldo Energia S.p.A.
03.4.2 | Il razionale dell’investimento e le strategie aziendali future
Il principale mercato di riferimento per Ansaldo Energia è rappresentato dai Paesi che hanno una frequenza della rete elettrica di 50Hz. Quest’ultimo rappresenterà, nei prossimi anni, circa il 70% del mercato globale (di cui oltre il 50% in Asia). Esistono, dunque, ampi margini di crescita per l’attività della società che nel settore delle turbine a gas ha raccolto nel 2013 il 9% degli ordini globali, al terzo posto dopo General Electric (56%, grazie anche a una commessa di grandi dimensioni in Algeria) e Siemens (25%). Pur essendo un’azienda dalla forte propensione all’export, Ansaldo Energia rappresenta una realtà italiana con una forte presenza sul territorio nazionale. Dei 3.293 occupati a livello mondiale a fine 2013, 2.925 (pari all’89%) sono stati infatti impiegati nel nostro Paese. Analogamente, quasi il 70% del valore delle materie prime e dei beni utilizzati nella produzione è stato realizzato da fornitori italiani, con una forte ricaduta a livello locale. La società rappresenta la capo-filiera della meccanica a valore aggiunto per l’energia, settore in cui l’Italia presenta notevoli eccellenze di nicchia. La società, inoltre, operando anche come fornitore chiavi in mano di centrali elettriche, si pone come capocommessa a traino di importanti aziende fornitrici di sottosistemi della centrale (caldaie a recupero, sistemi di raffreddamento, pompe, trasformatori di centrale e quadri elettrici). L’ingresso di FSI nel capitale di Ansaldo Energia è avvenuto in un momento decisivo per la storia dell’azienda. A seguito del processo di riorganizzazione che ha portato Finmeccanica, un tempo azionista di controllo, a cedere gli asset non core e a concentrarsi nel settore aviazione e difesa, era necessario reperire un partner strategico che da un lato garantisse la continuità aziendale e il controllo di una delle più importanti realtà industriali del Paese e dall’altro consentisse l’espansione sui mercati internazionali, anche attraverso l’ingresso di soci esteri.
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Ansaldo Energia rappresenta una delle migliori espressioni della tecnologia e capacità innovativa nel settore energetico nel mondo. In particolare, nel mercato delle turbine a gas, la società sviluppa e produce macchinari basati su una tecnologia avanzata che è impiegata da sole altre quattro imprese al mondo: Siemens (Germania), General Electric (Stati Uniti), Alstom (Francia) e Mitsubishi (Giappone).
Il Fondo ha stabilizzato l’azionariato della società e ne ha temporaneamente acquisito il controllo, impegnandosi prioritariamente a ricercare partner industriali che potessero accelerare il piano di crescita ed espansione internazionale nonché l’innovazione tecnologica della società. L’obiettivo nel medio termine è la quotazione in Borsa e la riduzione della quota di FSI a una minoranza con governance attiva. Il partner con cui è stato sottoscritto un accordo a maggio 2014, è la società cinese Shanghai Electric (SEC), gruppo manifatturiero leader nella produzione di attrezzature meccaniche, che ha acquisito a fine 2014 il 40% della società per un controvalore di 400 milioni di euro. L’accordo con SEC prevede anche la costituzione di due joint venture in Cina: una per la produzione di turbine a gas destinate ai mercati asiatici, l’altra per la realizzazione di un centro R&S a Shanghai. Entrambe le partnership sono sinergiche con lo stabilimento e con il centro R&S di Genova, che collaborerà con quello di Shanghai per lo sviluppo di una nuova tecnologia di turbina a gas.
46
Ansaldo Energia ha inoltre acquisito, attraverso Ansaldo Nucleare, il 100% di Nuclear Engineering Services (NES), società inglese impegnata nel più grande programma di smantellamento nucleare nel Regno Unito. Il valore dell’acquisizione è di circa 36 milioni di euro. L’accordo permetterà ad Ansaldo Nucleare – grazie a competenze più vaste nei settori del decommissioning e degli impianti nucleari – di offrire una più ampia gamma di servizi e di espandersi sui mercati internazionali, a partire da quello inglese caratterizzato da prospettive molto promettenti. L’ingresso di SEC, quale primo azionista estero di minoranza, risulta strategico per portare avanti i piani di sviluppo della società, in termini di tecnologia e mercati, con particolare riferimento all’Asia. L’accordo FSI-SEC è una delle più importanti operazioni realizzate tra Italia e Cina e rappresenta un riferimento per le relazioni industriali tra i due Paesi. L’operazione consentirà ad Ansaldo Energia, anche per il tramite delle due joint venture, di ottenere nuovi ordini con impatti significativi sul fatturato e sull’occupazione. La società stima, infatti, di incrementare il fatturato del 20% nel medio-lungo periodo, producendo a Genova 3-4 unità all’anno di nuove turbine. Le nuove attività di R&S consentiranno ad Ansaldo Energia di assumere 35 nuovi ingegneri in Italia.
03.4.3 | L’indotto di Ansaldo Energia Gli occupati44 del Gruppo Ansaldo Energia al 31 dicembre 2013 sono 3.293 di cui 2.925 in Italia (circa l’89% del totale) corrispondenti a circa 2.910 ULA in Italia. I lavoratori in Italia con una laurea sono circa il 34%, mentre i giovani under 29 circa il 7%.
______________________
(44) Per occupati si intende lavoratori dipendenti e indipendenti inclusi esterni (collaboratori co.co.co e co.co.pro, contratti di somministrazione, associati in partecipazione, collaboratori occasionali).
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Tabella 9 – Alcuni indicatori Indice di integrazione verticale - VA/Fatturato Produttività del Lavoro* – VA/Occupato (VA/ULA)
Ansaldo Energia
Media Settore
Totale Economia
24,5% 80,1 (80,6)
27,3% 64,9 (74.6)
46,9% 56,8 (60,9)
__________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati socetarie e Istat (*) La produttività del lavoro è espressa in € migliaia per occupato (ULA).
Ansaldo Energia mostra un livello d’integrazione verticale45 inferiore sia rispetto a quello medio del macro settore di appartenenza, sia rispetto a quello dell’economia italiana, ciò a dimostrazione che la filiera produttiva interessata è particolarmente lunga e ad alto contributo in termini di valore aggiunto. Tipicamente, la filiera della meccanica relativa agli impianti e macchinari per la produzione d’energia è caratterizzata da forti interconnessioni tra imprese e un’alta intensità di utilizzo del fattore lavoro e della tecnologia. La filiera a valle, quella relativa alla produzione e alla distribuzione di energia (in particolare elettrica), è invece caratterizzata da un maggior grado di integrazione verticale favorito dalla presenza di economie di scala.
Categoria di spesa
Materie prime Servizi Godimento beni di terzi
Costi della produzione (%)
VA/Fatturato medio nei settori di approvvigionamento (%)
VA/Occupato (ULA) medio nei settori di approvvigionamento*
45,3 31,2 0,7
34,1 51,9 58,8
54,3 (56,3) 63,3 (62,9) 559,5 (505,7)
47
Tabella 10 – Caratteristiche dei principali canali di approvvigionamento relativi alla prima catena di sub-fornitura
__________________________________________________________________ Fonte: elaborazioni CDP su dati socetarie e Istat (*) La produttività del lavoro è espressa in € migliaia per occupato (ULA):
La tabella precedente sintetizza le principali caratteristiche dei costi esterni (aggregati in costo per le materie prime, per servizi e per godimento di beni di terzi) di Ansaldo Energia e dei settori attivati nella prima catena di sub-fornitura. Nel 2013:
>
la spesa per materie prime – rappresenta il 45,3% dei costi totali di produzione. I settori di approvvigionamento di materie prime sono mediamente labour intensive e caratterizzati da un rapporto tra valore aggiunto e fatturato pari al 34,1%. Complessivamente, questo canale genera un’occupazione indiretta pari a 1.629 occupati (1.453 ULA);
>
la spesa per servizi – rappresenta il 31,2% dei costi di produzione. Il rapporto medio tra valore aggiunto e fatturato nei settori di approvvigionamento di servizi è pari al 51,9%. Anche per questo canale si riscontra l’attivazione di segmenti produttivi labour intensive con una produttività del lavoro nella media dei valori registrati a livello nazionale. Questo canale genera a monte 3.382 occupati (3.353 ULA). Nonostante le spese per servizi sul totale dei costi pesino di meno (in termini percentuali) rispetto a quelle per materie prime, in questo secondo canale la percentuale di spesa direttamente effettuata in Italia è maggiore e pari a circa l’83% (rispetto al 66% della spesa per materie prime). Inoltre, il margine di valore aggiunto che si crea a monte della filiera è anch’esso superiore (51% vs 34%, rispettivamente). Ciò tende a favorire una maggiore intensità di attivazione di occupazione indiretta;
______________________
(45) Come indicatore di integrazione verticale dell’impresa viene utilizzato il rapporto tra valore aggiunto e fatturato. Idealmente, quante più lavorazioni vengono effettuate all’interno dell’impresa meno passaggi di beni intermedi verranno realizzati. In tale circostanza il peso del valore aggiunto dell’impresa aumenterà e il rapporto tenderà all’unità (completa internalizzazione del processo produttivo). Nella situazione opposta, quando cioè l’impresa fa parte di una filiera produttiva molto lunga, il rapporto tenderà a zero. Questo indicatore, spesso utilizzato nelle analisi di organizzazione industriale, può essere considerato una versione semplificata dell’indice di integrazione verticale di Adelman (1955). Nella sua versione originaria l’indice è funzione non solo del rapporto tra valore aggiunto e fatturato, ma anche del numero di imprese presenti nella filiera e della variazione delle scorte di magazzino.
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>
la spesa per godimento dei beni di terzi – pesa per circa lo 0,7% sui costi di produzione ed è rappresentata per la maggior parte da spese per locazione d’immobili. I settori attivati sono quindi a bassa intensità di utilizzo del fattore lavoro e l’occupazione indiretta generata è relativamente modesta (16 occupati).
Tabella 11 – Sintesi dell’occupazione interessata in Italia da Ansaldo Energia Occupati
ULA
2.925 6.962 5.027 1.934 9.887
2.910 6.642 4.882 1.820 9.552
Occupazione diretta Occupazione indiretta Di cui attribuibile al primo livello della filiera Di cui attribuibile al secondo livello della filiera Totale
_______________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su dati societari e dati Istat
L’occupazione indiretta attribuibile al primo livello della filiera è pari a circa 5.000 occupati. Nel secondo livello della filiera, l’occupazione attivata – pari a circa 2.000 occupati – è ancora molto concentrata nei settori industriali e in particolare quelli relativi alle attività metallurgiche e di produzione di apparecchiature (la cui occupazione indotta pesa per circa il 20% del totale). Complessivamente l’occupazione indiretta attivata (primo e secondo livello di sub-fornitura) dalle attività di Ansaldo Energia è pari a circa 7.000 occupati.
48
Il totale dell’occupazione interessata (diretta e indiretta) è infine pari a circa 9.900 occupati. L’indotto generato da Ansaldo Energia pesa per circa il 60% del totale dell’occupazione attivata. L’occupazione indiretta sembra essere molto diffusa all’interno del territorio nazionale, soprattutto con riferimento ai fornitori di materie prime, di semilavorati e beni strumentali . Grafico 17
– Concentrazione della filiera di Ansaldo Energia
Grafico 17 – Concentrazione della filiera di Ansaldo Energia Fornitori di materie prime
Altri servizi
5 4 3 2 1 0
Servizi alla produzione
Fornitori di semilavorati
Fornitori di beni intermedi e strumentali
Subfornitori ______________________________________________________________________________________________________________________Fonte: CDP su dati societari Nota: 0 = indotto occupazionale molto concentrato geograficamente; 5 = molto diffuso nel territorio nazionale
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03.5 | Osservazioni conclusive Il Fondo Strategico Italiano nasce con l’obiettivo di sostenere il sistema produttivo nei settori considerati strategici per lo sviluppo della nostra economia, intervenendo per colmare alcune delle debolezze del tessuto imprenditoriale attraverso un contributo in termini di nuovo capitale di rischio nelle imprese target. FSI può essere considerato un tipico esempio di strumento attivo di politica industriale: uno strumento attraverso il quale, cioè, il policy maker realizza alcuni dei suoi obiettivi strategici per favorire la crescita del sistema economico e industriale. FSI, tuttavia, è qualcosa di diverso rispetto ai tradizionali strumenti d’intervento pubblico nell’economia. Infatti, nonostante il suo chiaro mandato pubblico, il Fondo agisce con una prospettiva e un’operatività tipica dei soggetti di mercato. Sul fronte delle risorse disponibili, il Fondo deve tenere conto dei propri azionisti, in particolare la Cassa depositi e prestiti che impiega principalmente risorse finanziarie raccolte sul mercato retail (Risparmio Postale). La responsabilità che ne deriva, quindi, impone a FSI di operare con una prospettiva di mercato, ricercando un’adeguata remunerazione per il capitale privato che gli è stato affidato. Al tempo stesso anche la governance e il modus operandi sono assimilabili a quelli dei soggetti totalmente privati.
Il mandato pubblico delinea il ruolo del Fondo come quello di un investitore istituzionale di lungo periodo. Un soggetto che, pur attento alle dinamiche di remunerazione del proprio capitale, non persegue in maniera prioritaria il raggiungimento della massimizzazione dei profitti (soprattutto nel breve termine), ma che ha, nella sua strategia, una prospettiva legata allo sviluppo e al sostegno di alcune imprese e segmenti produttivi. Coerentemente con il suo mandato pubblico, FSI opera offrendo al sistema produttivo capitale paziente, gestendo un orizzonte operativo mediamente più lungo rispetto a quello degli operatori di private equity tradizionali. Con riferimento a questa sua connotazione strategica di strumento moderno di politica industriale, l’operatività del Fondo dovrebbe allora essere valutata adottando un approccio “di portafoglio”, piuttosto che analizzando i singoli investimenti realizzati. Coerentemente con questa linea di ragionamento, è possibile che alcune operazioni abbiano un minore grado d’impatto sistemico rispetto ad altre (si veda Ansaldo Energia), ma al tempo stesso concorrano, a livello aggregato, a garantire le condizioni necessarie per permettere al Fondo stesso di effettuare investimenti più policy oriented. È lecito attendersi, quindi, che alcune delle operazioni effettuate possano essere considerate debolmente “aggiuntive” in termini di obiettivi di policy, anche se coerenti con il perimetro di operatività di FSI. Queste stesse operazioni possono coesistere con interventi “più sistemici” che, in assenza dell’investimento del Fondo, sarebbero stati probabilmente realizzati dal mercato con obiettivi e tempi diversi da quelli richiesti da FSI. Questa coesistenza di tipologie d’intervento permette al Fondo di perseguire con efficacia le sue strategie, rimanendo al tempo stesso un soggetto che opera non in concorrenza, ma in maniera complementare al mercato. In tale prospettiva, l’analisi degli interventi di FSI in termini d’indotto occupazionale interessato è fondamentale per valutare uno degli aspetti che caratterizzano il suo ruolo e mandato pubblico.
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Cosa differenzia, allora, FSI da un altro qualsiasi operatore di private equity?
Attualmente FSI ha portato a termine 8 investimenti (escluso Hera) in settori che pesano per circa il 20% del valore aggiunto aggregato e il 30% dell’export italiano. A livello sistemico, FSI ha contribuito in maniera rilevante ad accrescere l’attrattività della nostra industria, diventando nel giro di pochi anni il principale veicolo attraverso cui convogliare investimenti esteri in Italia. Grazie agli accordi internazionali siglati, infatti, sono stati attratti circa 3 miliardi di euro di investimenti esteri. Al tempo stesso, FSI sta favorendo il rafforzamento dello sviluppo internazionale di alcune tra le imprese nel portafoglio sia con il finanziamento dei piani di espansione all’estero (si pensi, ad esempio, al caso di Kedrion), sia ricercando i migliori partner strategici internazionali senza indebolire la filiera produttiva domestica e i livelli occupazionali interessati (si guardi per esempio al caso di Ansaldo Energia e all’accordo siglato con Shanghai Electric). Dall’analisi effettuata risulta che non solo FSI ha investito in settori rilevanti in termini di valore aggiunto ed export, ma anche che le imprese oggetto d’investimento mostrano, all’interno di questi settori, performance particolarmente positive, sia per redditività media che per crescita dei ricavi. In una prospettiva dinamica, il contributo aggiuntivo dell’investimento di FSI si realizzerà in particolare sotto l’aspetto della crescita del volume d’affari, alla luce degli obiettivi di consolidamento dimensionale e di maggiore apertura internazionale delle imprese stesse.
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Con riferimento all’analisi sull’indotto occupazionale, quello che emerge è che gli investimenti effettuati, in particolare quelli in alcune filiere ad alta intensità di utilizzo del fattore lavoro, riescono a interessare (e in parte attivare) livelli occupazionali significativi. Al tempo stesso, gli obiettivi dei piani industriali delle singole aziende (il cui potenziale raggiungimento è favorito dal contributo finanziario e strategico apportato da FSI) sembrano indicare crescenti ricadute sui livelli occupazionali indotti. In conclusione, risulta evidente come FSI si stia ritagliando in breve tempo un ruolo importante nel panorama dei soggetti istituzionali che operano per favorire le migliori condizioni di crescita del nostro sistema produttivo. A completamento di questa sua operatività, ci si attende che FSI possa, nei prossimi anni, potenziare il suo ruolo di aggregatore di settore al fine di creare soggetti organizzativamente e dimensionalmente adeguati in grado di porsi come campioni nazionali e successivamente affrontare le sfide dei mercati internazionali.
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51 CDP Quaderno 01 - 2015
A1 Le aziende oggetto d’investimento A.1.1 | Kedrion 25,1%
FSI
Attività economica – Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati farmaceutici (codice ATECO: J21) Patrimonio netto (2013) – 293,1 milioni di euro Numero Dipendenti (2013) – 1.817
74,9%
Altri investitori
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Storia dell’azienda e descrizione dell’attività Kedrion è stata costituita nel 2001 sulla base di una lunga esperienza nella produzione di farmaci emoderivati e plasmaderivati maturata dalle società che componevano la struttura originaria. Oggi è un Gruppo internazionale specializzato nell’attività di raccolta e frazionamento del plasma umano, funzionale alla produzione e distribuzione di prodotti terapeutici plasmaderivati da utilizzare nel trattamento di pazienti affetti da emofilie (difetti della coagulazione del sangue), immunodeficienze, malattie infettive e altre tipologie di malattie gravi. In Italia, il plasma viene raccolto dal Sistema Sanitario Nazionale attraverso una rete di donatori volontari non remunerati. All’estero, invece, dove la donazione può anche essere remunerata, Kedrion possiede diversi centri per la raccolta. Il plasma così ottenuto viene prioritariamente impiegato per coprire le esigenze del segmento plasmaderivati, destinando l’eventuale surplus alla vendita a terzi. In Italia, Kedrion si occupa della trasformazione del plasma nazionale per conto delle Regioni, restituendolo sotto forma di prodotti finiti. Negli anni la società ha consolidato il proprio posizionamento nel mercato italiano e ha esteso in modo significativo l’attività internazionale, grazie anche all’acquisizione di 2 stabilimenti produttivi in Ungheria e negli Stati Uniti e di diversi centri di raccolta del plasma tra Germania, Ungheria e Stati Uniti. L’espansione all’estero del Gruppo è stata garantita anche da una rete di società controllate, joint venture e partnership strategiche con operatori locali. Nel luglio 2012 FSI ha acquisito il 18,63% del capitale sociale di Kedrion tramite la sottoscrizione di un aumento di capitale pari a 75 milioni di euro e si è impegnata a concedere, su richiesta della società, fino a ulteriori 75 milioni di euro tramite finanziamento soci fruttifero con diritto di conversione in capitale. Alla luce di tali accordi e a seguito dell’uscita dall’azionariato di Investitori Associati SGR (Fondo d’Investimento presente nel capitale dell’azienda dal 2006 e che ne deteneva il 32%), nell’agosto 2013 FSI ha investito ulteriori 25 milioni di euro in aumento di capitale, arrivando a detenere il 25,06% della società. La quota di maggioranza è detenuta da Sestant, holding della famiglia Marcucci.
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Tabella 12 – Principali indicatori € mln
Totale Ricavi Crescita dei ricavi (%) Ebitda rettificato Utile ROE (%) Posizione Finanziaria Netta/Patrimonio Netto Posizione Finanziaria Netta/Ebitda rettificato Dipendenti (n.) Crescita numero dei dipendenti (%)
2011
2012 (*)
2013
277 66,7 15,0 7,1 1,0 3,0 1.380 -
382 37,9 82,8 25,5 8,1 0,5 2,0 1.525 10,5
425 12,4 104,7 34,2 11,7 0,8 2,3 1.817 19,1
_____________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su bilanci consolidati (*) Dati proforma per l’acquisto di RhoGAM nell’agosto 2012. Da luglio 2012 Kedrion Group S.p.A. ha acquisito il controllo di Kedrion S.p.A. Il bilancio consolidato 2012 recepisce pertanto esclusivamente l’andamento economico del secondo semestre di Kedrion S.p.A. Ai fini di analisi comparativa per il 2012 sono riportati i valori di bilancio proforma che includono anche il primo semestre 2012. Si noti inoltre che i dati 2011 non comprendono le società del Gruppo Kedrion Melville, Somerset Labs e Kedplasma Member B.
Gli obiettivi dell’investimento e le strategie future
La società, attraverso le sue strutture produttive in Italia, assicura la disponibilità e la sicurezza di approvvigionamento dei farmaci plasmaderivati dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale, con l’obiettivo di arrivare all’autosufficienza della produzione domestica. Diversi fattori contribuiscono a stimare il mercato globale dei plasmaderivati in crescita nei prossimi anni. Tra questi, l’espansione demografica, lo sviluppo di ulteriori modalità di impiego e di nuovi prodotti, nonché il maggiore accesso alle terapie con plasmaderivati, soprattutto nei Paesi emergenti. Nel 2013 Kedrion ha proseguito la sua espansione internazionale, con un fatturato estero che ha raggiunto il 66,1% del totale. La società ha consolidato la sua presenza negli Stati Uniti, divenuti un mercato chiave del Gruppo, ha guadagnato quote importanti in Germania, Austria, Polonia, Portogallo, Turchia e Messico e gettato le basi per l’espansione in India, Brasile e Russia. L’investimento di FSI ha dotato Kedrion delle risorse finanziarie necessarie per acquistare RhoGAM dal Gruppo Johnson&Johnson. RhoGAM è una società leader nei prodotti plasmaderivati anti-D (impiegati nelle gravidanze di mamme con sangue RH- e padre RH+ per evitare danni al feto) che controlla una quota di mercato del 45% negli USA e del 22% nel mondo. L’acquisizione si inquadra nella più ampia strategia di crescita sia in mercati maturi ad alto rendimento come il Nord America, che in mercati emergenti ad elevato potenziale. L’azienda mira nei prossimi anni ad incrementare il numero degli stabilimenti produttivi e dei centri di raccolta e a continuare con l’attività di ricerca per esplorare nuovi possibili impieghi dei plasmaderivati. L’aumento della produzione e della gamma dei prodotti offerti che ne deriveranno permetterà alla società di consolidare la posizione di mercato nei Paesi in cui essa ha già una presenza stabile, nonché di estendere l’attività su nuovi mercati e attraverso nuovi prodotti.
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Kedrion è il maggiore operatore italiano nel mercato dei plasmaderivati e il quinto nel mondo. Ad oggi, ha 5 impianti produttivi di cui 3 in Italia, a Bolognana (Lucca), Sant’Antimo (Napoli) e Siena, dove è in fase di realizzazione un centro che sarà dedicato allo sviluppo dei farmaci cosiddetti “orfani”, per la cura di malattie rare. I 2 impianti all’estero si trovano a Gödöllő, in Ungheria, e a Melville negli Stati Uniti. L’azienda dispone inoltre di 15 centri di raccolta del plasma tra Germania, Ungheria e Stati Uniti ed è presente sui mercati di oltre 90 Paesi nel mondo.
Per l’Italia, dove rimane il quartier generale della società, il Piano Industriale prevede un investimento complessivo di circa 60 milioni di euro per la realizzazione di impianti innovativi nello stabilimento di Bolognana (Lucca).
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L’aumento di capitale e la conseguente crescita dimensionale rafforzano il profilo patrimoniale di Kedrion, limitando l’indebitamento dell’azienda e ponendo le basi per investire e crescere ulteriormente in Italia e all’estero, facendo di Kedrion un candidato ideale per una quotazione in Borsa nel medio termine.
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A.1.2 | Metroweb 53,8%
F2i SGR Spa
Attività economica – Telecomunicazioni (codice ATECO: J61) Patrimonio netto (2013) – 410,3 milioni di euro Numero Dipendenti (2013) – 61
46,2%
FSI Investimenti Spa
Metroweb Italia S.p.A. è la società capogruppo del gruppo Metroweb, attivo nella realizzazione e gestione di infrastrutture per telecomunicazioni in fibra ottica “spenta” a cui hanno accesso gli operatori di telecomunicazioni. Il gruppo Metroweb comprende, ad oggi, le seguenti società: (a) Metroweb S.p.A., società detenuta all’87,68% da Metroweb Italia S.p.A. Metroweb S.p.A. opera a Milano e in alcuni Comuni limitrofi ed è proprietaria della più estesa rete di fibre ottiche in Europa con circa 375.000 km di fibra installati; (b) F2i Metrobit S.r.l., società detenuta al 100% da Metroweb Italia S.p.A., che si occupa della realizzazione di collegamenti verticali in fibra all’interno degli edifici; (c) Metroweb Genova S.p.A., società detenuta all’85% Metroweb Italia S.p.A., e proprietaria di un’estesa rete in fibra ottica spenta nel Comune di Genova; (d) Metroweb Sviluppo S.r.l., società detenuta al 100% da Metroweb Italia S.p.A. che si prevede replicherà il modello di business di Milano, realizzando infrastrutture in fibra ottica in altre città d’Italia. La società ha iniziato a realizzare le infrastrutture a Bologna e Torino.
Tabella 13 – Principali indicatori € mln Totale Ricavi Crescita dei ricavi (%) Ebitda Utile ROE (%) Posizione Finanziaria Netta/Patrimonio Netto Posizione Finanziaria Netta/Ebitda Dipendenti (n.) Crescita numero dei dipendenti (%)
2011 (*) 2012 2013 56,0 60,2 63,5 7,4 5,4 45,0 48,6 47,6 2,2 6,6 10,2 1,3 1,8 2,7 1,4 NS (cassa positiva) NS (cassa positiva) 5,3 NS (cassa positiva) NS (cassa positiva) 34,0 44,0 64,0 10,0 20,0
_____________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su bilanci consolidati (*)
Il Gruppo si è formato nel giugno 2011 pertanto il bilancio consolidato recepisce solo 6 mesi di attività.
Nel dicembre 2012, FSI ha investito 200 milioni di euro, in aumento del capitale, per una partecipazione del 46,17% in Metroweb Italia S.p.A. La restante parte del capitale (53,83%) è detenuta da F2i SGR S.p.A.
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Storia dell’azienda e descrizione dell’attività
Gli obiettivi dell’investimento e le strategie future L’Italia mostra un ritardo significativo rispetto agli altri Paesi Europei nelle infrastrutture digitali con diffusione della banda larga ancora molto lontana dagli obiettivi dell’Agenda Digitale. Tali obiettivi prevedono che almeno il 50% della popolazione abbia accesso a infrastrutture digitali con velocità di almeno 100Mbps e il restante 50% di almeno 30 Mbps entro il 2020. La banda larga rappresenta un’opportunità di crescita economica (sia per gli investimenti necessari alla compiuta realizzazione della stessa, sia per la domanda di contenuti da quest’ultima generata una volta che sia divenuta pienamente operativa) che viene stimata, in media, tra lo 0,9% e l’1,5% del PIL per ogni10 p.p. di penetrazione incrementale. In quest’ottica, l’investimento di FSI è finalizzato alla realizzazione di un piano di sviluppo significativo mirante ad aumentare la penetrazione della banda larga a livello Nazionale e a contribuire al raggiungimento degli obiettivi della Agenda Digitale. Dall’ingresso di FSI nel capitale, Metroweb Italia ha assunto impegni di spesa per realizzare la rete di nuova generazione in 4 città: (i) il completamento di Milano; (ii) Bologna; (iii) Torino e (iv) Genova per complessivi 300 milioni di euro circa.
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L’analisi dei bilanci consolidati nel 2012, anno della delibera dell’investimento da parte di FSI, restituisce l’idea di un’azienda solida, caratterizzata da alti margini.
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A.1.3 | Valvitalia
49,5%
FSI
Attività economica – Fabbricazione di macchinari e apparecchiature (codice ATECO: J28) Patrimonio netto (2013) – 191,2 milioni di euro Numero Dipendenti (2013) – 1.070
50,5%
Finlav
Storia dell’azienda e descrizione dell’attività Valvitalia opera nel campo della progettazione, produzione e fornitura a livello globale di apparecchiature e componenti destinati all’industria petrolifera, del gas naturale, dell’acqua e del settore navale, nonché a quella petrolchimica e della produzione di energia elettrica. Il Gruppo è specializzato nella produzione di valvole, componenti e sistemi per la trasmissione, misurazione, filtrazione e regolazione di fluidi e gas.
Negli anni a seguire la società ha effettuato importanti acquisizioni in Italia e all’estero. Attraverso queste operazioni, Valvitalia ha potuto beneficiare di sinergie commerciali ed economie di scala che hanno permesso di ampliare la gamma di prodotti offerti e il loro contenuto tecnologico, riuscendo così ad accedere a nuovi mercati di sbocco e a consolidare la presenza a livello domestico e internazionale, anche attraverso la costituzione di stabilimenti produttivi e uffici commerciali all’estero. L’espansione della società è stata accompagnata dall’evoluzione della compagine societaria che inizialmente ha visto tra i soci finanziatori, a fianco della famiglia fondatrice, azionista industriale di riferimento, anche Interbanca e Intesa Sanpaolo, a cui sono subentrati, nel 2007, tre fondi di private equity e, a gennaio 2014, FSI. Il Fondo ha indirettamente acquisito il 49,5% (pro forma post coversione) di Valvitalia, attraverso la sottoscrizione nella neocostituita Valvitalia Finanziaria di un aumento di capitale di 1 milione di euro e di un prestito obbligazionario convertibile di 150,2 milioni di euro. La famiglia Ruggeri, tramite la finanziaria di famiglia Finlav, detiene la quota di controllo del 50,5%. Valvitalia Finanziaria, attraverso la società Valvitalia Partecipazioni e, a sua volta, attraverso Valvitalia Holding, detiene il 100% del capitale di Valvitalia.
Tabella 14 – Principali indicatori economici, 2011-2013 € mln
Totale Ricavi Crescita dei ricavi (%) Ebitda Utile ROE (%) Posizione Finanziaria Netta/Patrimonio Netto Posizione Finanziaria Netta/Ebitda Dipendenti (n.) Crescita numero dei dipendenti (%)
2011
2012
2013
312,7 6,6 29 -2,4 -1,4 0,9 5,3 1.033 -
360,8 15,4 51 7,5 4,2 0,7 2,6 1.074 4,0
415,7 15,2 73 19,2 9,8 0,3 0,8 1.070 -0,4
_____________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su bilanci consolidati
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La società è stata fondata dalla famiglia Ruggeri nel 2002, a seguito della fusione di 6 aziende altamente specializzate nella produzione di valvole e altri prodotti complementari, con l’obiettivo di creare un gruppo industriale italiano in grado di competere con le grandi multinazionali americane leader mondiali del settore.
Gli obiettivi dell’investimento e le strategie future Valvitalia è tra i primi cinque produttori a livello mondiale di componenti per il controllo di flussi ed è la capo filiera del Distretto Italiano delle Valvole nell’area della pianura padana, dove si concentrano oltre 200 grandi e medie imprese del settore che generano un volume di affari complessivo di 16 miliardi di euro. La società ha oltre 1000 dipendenti e 8 stabilimenti produttivi, 5 in Italia tra le province di Pavia, Vicenza, Padova e Piacenza e uno in Cina, Canada e Regno Unito. Oltre che da questi ultimi, la presenza dell’azienda su tutti i principali mercati internazionali è assicurata da una rete di agenti, uffici commerciali e di rappresentanza in 104 Paesi del mondo. Circa l’80% della produzione viene realizzata negli stabilimenti in Italia, che ogni anno acquistano beni intermedi per un valore complessivo di oltre 200 milioni di euro da imprese dell’indotto specializzate in settori di eccellenza del “Made in Italy”, quali la forgiatura, le lavorazioni meccaniche, i rivestimenti superficiali dei metalli, la produzione di acciai e tubi speciali. Pur essendo pertanto una realtà aziendale radicata sul territorio nazionale, Valvitalia è anche un’azienda dalla forte propensione all’export come dimostra il fatto che l’85% del fatturato della società viene oggi generato all’estero.
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La società inoltre porta avanti un’intensa attività volta alla formazione di ingegneri e ricercatori, nonché allo sviluppo di nuovi materiali e prodotti, collaborando anche con il Politecnico di Milano e con l’Università di Pavia. La stabilizzazione dell’azionariato a seguito dell’ingresso di FSI nel capitale permetterà alla società di attuare il piano di sviluppo aziendale che prevede, nei prossimi anni, il rafforzamento della posizione nei Paesi in cui il Gruppo è già presente, la penetrazione in nuovi mercati e l’ampliamento della gamma di prodotti offerti e di settori serviti. Tale obiettivo verrà perseguito attraverso l’attività di sviluppo interno e tramite l’acquisizione di produttori di nicchia e l’aggregazione di aziende del comparto di riferimento. L’acquisizione di società operanti nel settore o in rami di attività collegati, inoltre, risulta in linea con il piano dell’azienda di divenire un punto di riferimento per le industrie del settore petrolifero, idrico e del gas, presso il quale le aziende clienti possano far confluire le varie tipologie di ordini del comparto. In ultima analisi, l’investimento di FSI mira ad accompagnare l’azienda lungo un percorso di sviluppo che permetterà di espandere l’attività sul mercato domestico e all’estero e di raggiungere un livello di solidità patrimoniale tale da permetterle di essere quotata in Borsa.
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A.1.4 | SIA 49,9%
FSI
22%
Attività economica – Attività dei servizi d’informazione e altri servizi informatici (codice ATECO: J63) Patrimonio netto (2013) – 216,3 milioni di euro Numero Dipendenti (2013) – 1.494
Azionisti di minoranza Gruppo Intesa 4,0% Gruppo Unicredit 4,0%
12,1% 8%
F2i
Orizzonte Sgr
Storia dell’azienda e descrizione dell’attività
Nel 2014, FSI, F2i e Orizzonte SGR S.p.A. hanno rilevato il 59,26% del capitale sociale di SIA dai gruppi Unicredit, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena e Banca Nazionale del Lavoro. La quota acquisita da FSI, tramite il veicolo FSIA Investimenti controllato al 100%, è del 42,26%. Inoltre, in seguito a un processo di razionalizzazione dell’azionariato, FSIA Investimenti ha incrementato la propria quota al 49,9%. Ad oggi, SIA è incaricata da Banca d’Italia della gestione della Rete Nazionale Interbancaria, l’infrastruttura di trasporto telematico che permette di connettere la Banca d’Italia con gli istituti bancari, le Poste e le SIM ed è co-gestore, congiuntamente all’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane (ICBPI), di BI-COMP, il sistema di compensazione dei saldi interbancari della Banca d’Italia. La società, inoltre, gestisce le piattaforme tecnologiche: (i) del Mercato telematico dei Titoli di Stato (MTS) di Borsa Italiana per la negoziazione di titoli obbligazionari europei, in particolare di Titoli di Stato e di emittenti sovranazionali; (ii) di Monte Titoli, società del gruppo London Stock Exchange, che fornisce servizi di post-trading ed è tra i principali sistemi europei di regolamento titoli, nonché depositario centrale nazionale per tutti gli strumenti finanziari di diritto italiano, oggi accentrati presso la società in forma quasi esclusivamente dematerializzata; (iii) della piattaforma Step-2 di EBA Clearing per la compensazione interbancaria dei pagamenti SEPA, sistema che connette otre 140 banche europee direttamente e oltre 4.700 istituti complessivamente. SIA, infine, fornisce piattaforme di regolamento pagamenti in tempo reale di 15 banche centrali in Europa, Medio Oriente e Africa.
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La Società Interbancaria per l’Automazione (SIA) è stata costituita nel 1977 dai principali istituti bancari italiani allo scopo di realizzare e gestire la rete telematica per le transazioni interbancarie e i relativi servizi annessi. Negli anni SIA ha contribuito al raggiungimento di traguardi storici nel settore dei pagamenti, quali ad esempio il lancio del Bancomat, per i prelievi di contanti dagli ATM, nel 1983 e i pagamenti tramite POS nel 1986. Il ramo di attività relativo alla gestione dei servizi è stato scorporato da SIA nel 1992, con la creazione della Società per i Servizi Bancari S.p.A. (SSB) e riunificato all’attività di gestione della rete telematica nel 2007, a seguito della fusione delle due società in SIA-SSB. Dal 2011 la società ha riacquistato il nome di SIA S.p.A.
Tabella 15 – Principali indicatori € mln
Totale Ricavi Crescita dei ricavi (%) Ebitda Utile ROE (%) Posizione Finanziaria Netta/Patrimonio Netto Posizione Finanziaria Netta/Ebitda Dipendenti (n.) Crescita numero dei dipendenti
2011
2012
2013
333,3 69,3 22,9 15,5 NS (Cassa positiva) NS (Cassa positiva) 1.495 -
348,3 4,5 89,7 41,3 22,4 NS (Cassa positiva) NS (Cassa positiva) 1.494 0,0
380,3 9,2 100,8 48,5 22,4 NS (Cassa positiva) NS (Cassa positiva) 1.494 0,0
____________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su bilanci consolidati
Gli obiettivi dell’investimento e le strategie future
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La società è leader europeo nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici, dedicati alle istituzioni finanziarie e centrali, alle imprese e alle Pubbliche Amministrazioni, nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei mercati dei capitali. La copertura geografica dei servizi erogati si estende attualmente a circa 40 Paesi in Europa, Medio Oriente, Africa e Sudamerica. Nel 2013, SIA ha conquistato un ruolo di primo piano nell’Area Unica dei Pagamenti in Euro in occasione del processo di migrazione agli standard SEPA (Single Euro Payment Area). Sul fronte dell’innovazione, la società ha progettato e realizzato per prima in Europa un hub interoperabile per i pagamenti con cellulari dotati di tecnologia NFC (Near Field Communication) e ha condotto diversi progetti pilota di mobile payment con banche e operatori telefonici italiani. Ad esempio SIA ha recentemente lanciato Jiffy, un nuovo sistema di pagamenti peer to peer bancario, unico caso in Europa. L’attività di SIA può essere considerata strategica sotto diversi aspetti. Oltre che nel presidio e nello sviluppo di servizi chiave per le banche centrali e gli intermediari finanziari, le infrastrutture e i servizi offerti dalla società possono contribuire a velocizzare il processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, in particolare nel campo dei pagamenti, della fatturazione elettronica e dei rapporti con i cittadini. Come sottolineato anche dalle Nazioni Unite infatti, incidendo sulla qualità della vita dei cittadini e sostenendo la domanda di infrastrutture e di applicazioni ICT, l’e-government è un elemento strategico per lo sviluppo sostenibile di un Paese. L’applicazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a supporto dell’interazione tra Pubbliche Amministrazioni e cittadini, innescando un processo di contenimento dei costi e dei tempi, contribuisce in modo determinante ad aumentare l’efficacia, l’efficienza e la qualità dei processi interni, dando un impulso straordinario al miglioramento dei servizi offerti. In aggiunta, l’attività di SIA può favorire l’utilizzo della moneta elettronica, con la possibilità di contribuire a fare emergere l’economia sommersa. In Italia, infatti, il settore dei pagamenti elettronici presenta tuttora una scarsa penetrazione rispetto ad altri Paesi europei, con circa 60 pagamenti elettronici per cittadino all’anno rispetto ai circa 180 della media dell’Unione Europea e gli oltre 300 dell’Olanda e dei Paesi nordici. Il settore offre quindi ampi margini di crescita e d’innovazione tecnologica.
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Tramite l’investimento, FSI mira a sostenere la strategia di sviluppo di SIA in Italia e all’estero, per rafforzarne ulteriormente il posizionamento competitivo e favorirne la crescita sia organica sia per aggregazioni, consentendo così alla società di rivestire un ruolo sempre più rilevante nel settore di riferimento e accelerare lo sviluppo tecnologico nelle varie aree di attività.
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Nei prossimi anni, SIA mira a sviluppare e ampliare la gamma dei servizi messi a disposizione della clientela e a divenire catalizzatore di un processo di aggregazione nel settore della monetica e dei pagamenti, ad oggi ancora piuttosto frammentato in ambito nazionale ed europeo. La società intende inoltre rafforzare la partnership strategica con Borsa Italiana e London Stock Exchange per le piattaforme MTS e Monte Titoli.
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A.1.5 | Trevi Davide Trevisani 1,3% FSI 8,4% Investimenti
Attività economica – Lavori di costruzione specializzati (codice ATECO: J49) Patrimonio netto (2013) – 430,9 milioni di euro Numero Dipendenti (2013) – 7.379
26,7%
Flottante
Fondato da Davide Trevisani nel 1957 a Cesena, il Gruppo Trevi opera nel settore dell’ingegneria e della meccanica per le costruzioni e l’energia. Negli anni, il Gruppo è cresciuto fino a divenire leader a livello mondiale nei settori di riferimento. Dal luglio 1999, la capogruppo – Trevi Finanziaria Industriale S.p.A. (Trevifin) – è quotata sul MTA di Borsa Italiana e ha, oggi, una capitalizzazione di mercato di circa 521 milioni di euro.
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Negli anni, il Gruppo Trevi ha partecipato ad operazioni di primaria importanza in tutto il mondo, tra le quali la realizzazione della Diga di Ertan in Cina, il consolidamento della Torre di Pisa, la costruzione della nuova Biblioteca di Alessandria in Egitto, le fondazioni del Ponte Vasco da Gama sul fiume Tago in Portogallo, le opere di fondazione del nuovo World Trade Center di New York, il consolidamento delle nicchie dei Budda di Bamiyan in Afganistan, la partecipazione al progetto di recupero della Costa Concordia. A novembre 2014, FSI e FSI Investimenti hanno investito 101 milioni di euro in Trevifin, partecipando a un’operazione di aumento di capitale da 200 milioni di euro che ha portato a detenere complessivamente una quota pari al 16,9% della società. Con l’investimento è stato inoltre sottoscritto un patto parasociale contenente disposizioni relative alla governance aziendale, nonché alcune limitazioni all’acquisto e alla cessione delle azioni Trevifin oggetto del patto stesso. L’operazione ha reso possibile l’avvio di una fase di nuovi investimenti finalizzati al consolidamento del posizionamento internazionale del Gruppo.
Tabella 16 – Principali indicatori Totale Ricavi Crescita dei ricavi (%) Ebitda Utile ROE (%) Posizione Finanziaria Netta/Patrimonio Netto Posizione Finanziaria Netta/Ebitda Dipendenti (n.) Crescita numero dei dipendenti (%)
2011
2012 (*)
2013
1.061 119,0 27,1 6,2 0,9 3,4 6.114 -
1.155 8,9 132,2 26,0 5,8 0,9 3,0 6.689 9,4
1.276 10,4 143,8 28,9 6,7 1,0 3,1 7.379 10,3
____________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su bilanci consolidati (*) Bilancio 2012 riesposto alla luce dell’applicazione dei nuovi principi contabili IAS/IFRS.
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Holding
FSI 8,4%
Storia dell’azienda e descrizione dell’attività
€ mln
32,7% Trevi
Principali
22,4% investitori
istituzionali
Razionale dell’investimento e strategie aziendali future Il Gruppo Trevi è leader a livello mondiale nell’ingegneria del sottosuolo (fondazioni speciali, scavo di gallerie, consolidamento di terreni, recupero di siti inquinati, progettazione e commercializzazione di macchinari e attrezzature specialistiche del settore). È inoltre attivo nel settore delle perforazioni (petrolio, gas, acqua), sia a livello di produzione di impianti sia di prestazione di servizi, e nella realizzazione di parcheggi sotterranei automatizzati. Dal 2000 al 2013, il fatturato consolidato del Gruppo Trevi è passato da 304 milioni di euro a 1.276 milioni di euro, registrando un CAGR dell’11,7%. A tale crescita ha contribuito l’integrazione verticale tra le principali società del Gruppo: Trevi S.p.A., che opera nei servizi specializzati dell’ingegneria del sottosuolo, Petreven S.p.A., attiva nei servizi di perforazione petrolifera, Soilmec S.p.A. che produce e sviluppa i macchinari e gli impianti per l’ingegneria del sottosuolo e Drillmec che produce e sviluppa impianti per la perforazione di pozzi per l’estrazione di idrocarburi e per ricerche idriche. Trevi conta, oggi, più di 45 sedi e una presenza in oltre 80 Paesi. Nonostante il presidio di tutti i principali mercati mondiali, l’attività del Gruppo ha ricadute importanti a livello di indotto nazionale, sia in termini di creazione di valore aggiunto che di impatto occupazionale. La produzione di macchinari, infatti, avviene prevalentemente in Italia, mentre i ricavi sono realizzati per oltre il 90% all’estero. L’azienda acquista prodotti e servizi da fornitori italiani per un importo di circa 320 milioni di euro. Complessivamente Trevi ha quasi 7.400 dipendenti nel mondo.
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L’investimento ha l’obiettivo di avviare una nuova fase di crescita e sviluppo del Gruppo Trevi, consolidandone il posizionamento competitivo internazionale.
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A.1.6 | Rocco Forte 11,5% FSI
11,5%
FSI Investimenti
Attività economica – Servizi di alloggio (Codice ATECO: I55) Patrimonio netto (2013) – 81,9 milioni di sterline inglesi Numero Dipendenti (2013) – 2.285
Famiglia 77% Forte
Storia dell’azienda e descrizione dell’attività
64
Il Gruppo Rocco Forte Hotels è stato fondato da Rocco Forte nel 1996 e trae le sue origini da una lunga tradizione della famiglia Forte nel settore alberghiero e dell’ospitalità. Rocco Forte, Presidente e Amministratore Delegato del Gruppo, ha realizzato una catena di hotel di alta gamma con 11 strutture e un fatturato di quasi 200 mln di sterline. L’Italia dove è presente con 3 hotel a Roma, Firenze e Sciacca in Sicilia rappresenta il primo mercato per il Gruppo in termini di ricavi con il 32% del totale. Il Gruppo impiega in Italia circa 600 dipendenti diretti su un totale di circa 2.300. Gli altri hotel del Gruppo sono in Germania, Regno Unito, Belgio e Russia. A novembre 2014, FSI ha sottoscritto un accordo d’investimento per l’ingresso nell’azionariato del Gruppo alberghiero, che si propone un piano di sviluppo incentrato sull’Italia. L’investimento completato nel mese di marzo 2015 rappresenta sia la prima iniziativa di FSI nel settore turistico, sia il primo impegno in un’azienda estera, ma con una larga presenza sul territorio italiano. L’investimento, interamente in aumento di capitale comporta l’acquisizione del 23% di Rocco Forte Hotels da parte di FSI e FSI Investimenti, per un importo di 60 milioni di sterline, pari a circa 80 milioni di Euro.
Tabella 17 – Principali indicatori economici £ mln
2011*
2012**
2013***
Totale Ricavi Crescita dei ricavi (%) Ebitda Utile (pre minorities) ROE (%) Posizione Finanziaria Netta/Patrimonio Netto Posizione Finanziaria Netta/Ebitda Dipendenti (n.) Crescita numero dei dipendenti (%)
181,9 25,2 -10,5 ns 3,9 12,0 2.255 -
185,4 1,9 34,0 1,6 2,0 3,9 9,1 2.280 1,1
193,0 4,1 34,4 8,8 11 3,5 8,3 2.285 0,2
____________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su bilanci consolidati (*) chiuso al 30/04/2012; (**) chiuso al 30/04/2013; (***) chiuso al 30/04/2014.
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Razionale dell’investimento e strategie aziendali future Nonostante l’Italia sia risultato essere il primo Paese per fatturato e uno dei primi per numero di dipendenti, il Gruppo prevede che vi sia spazio per ulteriore crescita sfruttando la naturale vocazione del nostro Paese nel settore turistico. Il piano di crescita futuro della società è incentrato sull’Italia e la sua realizzazione permetterà di attrarre ulteriori turisti di fascia alta nel nostro Paese. Il settore turistico-alberghiero è in forte espansione a livello globale e beneficia dell’aumentata propensione a viaggiare, soprattutto dei cittadini dei Paesi emergenti. Nel nostro Paese, inoltre, presenta un vantaggio competitivo molto importante grazie all’attrattività del patrimonio artistico-culturale, della ricchezza ambientale, dell’enogastronomia e del lifestyle (nonostante questi vantaggi, negli ultimi anni l’Italia ha perso quote di mercato importanti).
Nel settore alberghiero l’Italia risulta penalizzata da una ricettività di ridotte dimensioni e da una certa frammentazione, con una larga presenza di strutture, facenti capo, a società differenti. Queste ultime, inoltre, rientrano prevalentemente nella categoria tre stelle, mentre più contenuta è la presenza di alberghi appartenenti alle categorie dei quattro e, soprattutto, cinque stelle. Il progetto di FSI e di CDP è di stimolo per la realizzazione di un “polo italiano del turismo”, fondato sulla separazione tra proprietà immobiliare e gestione nel settore dell’offerta alberghiera a tre, quattro e cinque stelle. Esperienze internazionali di altri Paesi, simili al nostro per potenziale di attrazione dei flussi turistici, hanno dimostrato che la distinzione tra l’attività di gestione immobiliare e quella di gestione del core business alberghiero può infatti favorire l’attrazione di maggiori capitali al settore, differenziati in ragione della diversificazione del rischio. Anche in questo comparto, dunque, FSI si pone come strumento di aggregazione e sviluppo per il sistema alberghiero italiano, in grado di rendere più agevole l’attrazione di capitali stranieri da parte di soggetti potenzialmente interessati ad investire nel comparto e a promuovere processi di internazionalizzazione.
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L’investimento costituisce una decisione strategica perché rivolta a un comparto con un significativo impatto diretto sull’economia nazionale ed esternalità positive sul territorio. Secondo le stime del World Travel and Tourism Council (2014), infatti, il contributo diretto al PIL italiano, stimato attraverso il giro di affari di hotel, agenzie di viaggio, compagnie aeree e ristoranti per turisti, ammonta a 65 miliardi di euro (4,2% del totale), che salgono a 160 miliardi di euro (10,3% del totale) contando l’indotto, rispetto a una media europea dell’8,7%. Il settore del turismo, inoltre, è sinergico per altri comparti, principalmente quello alimentare, moda e del commercio. Soprattutto i turisti stranieri, che costituiscono i principali clienti delle strutture del Gruppo Rocco Forte Hotels, sembrano avere una maggiore propensione agli acquisti: la spesa complessiva annua di turisti internazionali in Italia è superiore ai 33 miliardi di euro.
A.1.7 | Inalca
28,4%
IQ Made in Italy
Attività economica – Lavorazione e conservazione di carni e produzione di prodotti a base di carne (Codice ATECO: C101). Patrimonio netto (2013) – 283,2 milioni di euro Numero Dipendenti (2013) – 2.791
71,6%
Cremonini spa
Storia dell’azienda e descrizione dell’attività A Dicembre 2014 IQ Made in Italy Investment Company S.p.A. (IQ Made in Italy) la joint venture tra il FSI e Qatar Investment Authority e Cremonini S.p.A. hanno effettuato un investimento in Inalca S.p.A..
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Si tratta del primo accordo che vede coinvolta IQ Made in Italy e si rivolge al settore agroalimentare. Fondata nel 1966 da Luigi Cremonini, Inalca è oggi un’impresa leader nella produzione di carne bovina in Europa e nella distribuzione alimentare all’estero, in particolare in Russia e in numerosi Paesi africani. Fin dalla sua nascita, il percorso di consolidamento di Inalca è stato caratterizzato da una rapida espansione delle proprie attività industriali, tramite l’apertura di diversi impianti produttivi in Italia e l’acquisizione di operatori, che le hanno permesso di entrare anche nel business dei salumi e della lavorazione della carne. Attualmente, Inalca distribuisce un’ampia gamma di prodotti (oltre 2.000), che includono articoli alimentari della tradizione locale, tipici del “Made in Italy”. La società, oltre a una significativa rilevanza strategica e una riconosciuta penetrazione nei mercati internazionali, presenta una solida condizione finanziaria – con un Ebitda pari a circa 125 milioni di euro nel 2013 – e un numero di dipendenti che la rende un importante centro occupazionale – dei 2.700 dipendenti complessivi della società, circa il 63% lavora in Italia. A dicembre 2014 FSI, attraverso la Joint Venture IQ Made in Italy è entrata nel capitale di Inalca S.p.A., società che era prima detenuta al 100% da Cremonini. L’investimento di IQ Made in Italy, pari complessivamente a 165 milioni di euro (115 milioni di euro per aumento di capitale di Inalca e 50 milioni di euro per l’acquisto di azioni della società possedute da Cremonini S.p.A.). Ad esito dell’operazione, Cremonini detiene il 71,6% di Inalca e IQ Made in Italy il restante 28,4%.
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Tabella 18 – Principali indicatori economici € mln
Totale Ricavi Crescita dei ricavi (%) Ebitda Utile ROE (%) Posizione Finanziaria Netta/Patrimonio Netto Posizione Finanziaria Netta/Ebitda Dipendenti (n.) Crescita numero dei dipendenti (%)
2011
2012
2013
1.400 107 37 13,8 1,5 3,8 2.548 -
1.529 9,2 116 26 9,2 1,5 3,7 2.695 5,8
1.543 0,9 125 21 7,3 1,4 3,1 2.791 3,6
_____________________________________________________________________Fonte: elaborazioni CDP su bilanci consolidati
Il razionale e gli obiettivi dell’investimento L’Italia è il primo Paese nel mondo come “marchio alimentare” secondo il Country Brand Index score di Future brands. Il settore agro-alimentare fornisce un contributo al PIL italiano pari all’8,7% (che sale al 13,9% considerando l’indotto), occupa 3,3 milioni di addetti (pari al 13,2% dell’occupazione del Paese) e genera un export di € 27 miliardi.
In futuro, oltre alla famiglia Cremonini (azionista di maggioranza), FSI, Qatar Investment Authority e Kuwait Investment Authority (tramite FSI Investimenti), l’azionariato di Inalca potrebbe essere allargato ad altri investitori internazionali in posizione di minoranza, al fine di rafforzare l’espansione della società all’estero.
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L’aumento di capitale permetterà ad Inalca di di accelerare i piani di investimento e le potenziali acquisizioni in Italia e all’estero. Secondo il piano industriale, infatti, Inalca potrà divenire un importante polo della distribuzione di prodotti agroalimentari italiani all’estero, con l’obiettivo di promuovere in modo significativo il “Made in Italy” alimentare.
A2 La metodologia di stima dell’indotto L’analisi effettuata si fonda su sei fasi.
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Nella prima fase vengono quantificati gli occupati e le unità di lavoro a tempo pieno (ULA)46 direttamente impiegate dall’impresa (o dal Gruppo) nel territorio nazionale. Nel corso dell’analisi è stato predisposto un questionario ad hoc somministrato alle imprese, con specifiche domande sulle caratteristiche del lavoro impiegato e della filiera produttiva interessata. Incrociando le informazioni provenienti dal bilancio con quelle del questionario si sono ricostruiti il numero di occupati e il livello di ULA in Italia47.
Figura 4 – La stima degli occupati e delle ULA impiegate direttamente dalle imprese in Italia
FASE 1: QUANTIFICAZIONE Numero di occupati totali
Fonte: Dati di Bilancio, indagine ad hoc
DEGLI OCCUPATI E DELLE % occupati in Italia
(ripartizione tra full-time e part-time)
ULA IMPIEGATE IN ITALIA Occupati e ULA in Italia
Fonte: Indagine ad hoc
Nella seconda fase dell’analisi (cfr. Figura 5) si è proceduto alla stima del valore aggiunto creato dall’impresa nel primo livello a monte della filiera, attraverso diversi canali di attivazione: (1) spesa per materie prime, beni e semilavorati; (2) spesa per servizi; (3) spesa per godimento di beni di terzi; (4) spesa per investimenti. Per ognuno di questi canali è stato chiesto alle aziende target quale fosse la percentuale di spesa in Italia al fine di ricostruire il fatturato delle imprese fornitrici a monte dell’attività dell’azienda stessa. Attraverso il rapporto tra VA e fatturato a livello settoriale, desumibile dai dati Istat di contabilità nazionale, si è infine determinato il VA per ogni filiera di approvvigionamento48.
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Nella terza fase, utilizzando i dati sulla produttività di lavoro settoriale49, si sono calcolati i livelli occupazionali “necessari” per garantire la formazione del valore aggiunto generato a monte dalle spese che l’impresa effettua per acquistare i fattori produttivi necessari alla propria attività50.
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>
______________________
(46) Per occupato si intende il numero di persone che indipendentemente dalla forma contrattuale offrono il proprio lavoro per la realizzazione di un processo produttivo. Le ULA rappresentano il numero medio annuo di unità lavorative a tempo pieno e sono considerate una proxy dell’intensità di utilizzo del fattore lavoro. Un dipendente part-time, ad esempio, è da considerarsi una frazione di ULA, mentre un dipendete full-time equivale a una unità piena di ULA.
(47) In particolare, nel questionario si è chiesto specificatamente quale fosse la percentuale di occupati in Italia rispetto al totale, e quale fosse la distribuzione relativa in termini di utilizzo del fattore lavoro (full-time vs part-time).
(48) In particolare per ogni specifica categoria di spesa si è identificato un codice settoriale di appartenenza e si è calcolato il rispettivo rapporto tra VA e fatturato al fine di permettere un’analisi più puntuale ed eterogenea della filiera. (49) Calcolata sia in termini di occupati e sia in termini di ULA.
(50) La metodologia adottata si fonda sull’assunzione che il valore aggiunto che si crea a monte dell’impresa è realizzato attraverso una funzione di produzione standard definita in base all’utilizzo e all’organizzazione dei fattori di produzione e della produttività che questi fattori esprimono lungo la filiera stessa. In particolare, si assume che la produttività del lavoro sia costante al livello settoriale.
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Figura 5 – La stima degli occupati e delle ULA indirette “a monte” della filiera dell’impresa FASE 2: FILIERA A MONTE (PRIMO LIVELLO) IN TERMINI DI FATTURATO E VALORE AGGIUNTO GENERATO Spesa sostenuta a monte della filiera
% della spesa in Italia
% Valore Aggiunto su fatturato a livello settoriale
Fonte: Dati di Bilancio
Fonte: Documenti societari, indagine ad hoc
Fonte: ISTAT
FASE 3: STIMA
DELL’OCCUPAZIONE
Valore Aggiunto generato a monte della filiera
“INTERESSATA” NEL PRIMO LIVELLO DELLA FILIERA Produttività del Lavoro a livello settoriale
Occupati (o ULA) generati a monte della filiera
>
Nella quarta fase si è quantificato il valore aggiunto e il numero di occupati nel secondo livello della filiera attraverso le tavole settoriali simmetriche dei consumi intermedi dell’Istat. In particolare, per ogni canale di spesa si è quantificato il contributo proveniente da ogni singola branca economica e attraverso un processo di riaggregazione, si è quantificato l’impatto in termini di occupazione utilizzando come riferimento i diversi valori di produttività del lavoro settoriali.
>
Successivamente (cfr. Figura 6), si sono aggregati i valori dell’occupazione diretta con quelli dell’occupazione indiretta (primo e secondo livello) al fine di quantificare il totale degli occupati (e delle ULA) interessati dall’attività dell’azienda.
>
Infine, nell’ultima fase dell’analisi sono stati simulati gli effetti degli obiettivi di crescita indicati nei diversi piani industriali delle aziende sui livelli di occupazione diretta e indiretta stimati. Data l’eterogeneità nella definizione dei rispettivi piani industriali (in termini di durata e d’indicatori considerati), sono state necessarie delle assunzioni ad hoc con riferimento alla specificità di ogni singola azienda. In generale le assunzioni più “forti” hanno riguardato l’invarianza: (i) nei rapporti tra spese effettuate in Italia e all’estero, e (ii) nel peso relativo di ogni singola categoria di spesa sul totale dei costi dell’azienda.
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Fonte: ISTAT
Figura 6 – La stima degli occupati e delle ULA indirette a monte della filiera dell’impresa FASE 4: OCCUPATI
E
ULA TOTALI
Filiera generata da SPESA per: MATERIE PRIME e SEMILAVORATI
Filiera generata da SPESA per: SERVIZI alla PRODUZIONE
Occupati e ULA diretti Filiera generata da SPESA per: GODIMENTO BENI DI TERZI
OCCUPATI NEL SECONDO LIVELLO DELLA FILIERA
{
Filiera generata da SPESA per: INVESTIMENTI
OCCUPATI NEL PRIMO LIVELLO DELLA FILIERA
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Le stime sono state inoltre sottoposte a un’analisi di sensitività ipotizzando differenti dinamiche della produttività del lavoro, sia a livello aziendale sia a monte della filiera, e dell’aggiustamento dei costi di remunerazione del fattore lavoro a tale dinamica51. Ciò ha permesso di definire scenari alternativi in termini di occupazione interessata a fine del piano industriale. Come accennato in precedenza, in questo modo è possibile di valutare il contributo marginale di FSI assumendo che l’investimento abbia consentito (o favorito) il pieno raggiungimento degli obiettivi espressi (e concordati) nei rispettivi piani industriali.
______________________
(51) La crescita del volume di affari e del valore aggiunto dipende, a parità di altre condizioni, dall’andamento della produttività dei singoli fattori e dal processo di efficentamento dell’attività produttiva. In particolare, con riferimento all’occupazione, nel caso “limite” in cui l’aumento del valore aggiunto sia generato completamente da un aumento della produttività del lavoro, l’effetto in termini di aumenti occupazionali sarebbe nullo. In casi intermedi, si potrebbe registrare un effetto positivo di aumento dell’occupazione, ma tale effetto è funzione anche del totale o parziale aggiustamento della remunerazione del fattore lavoro rispetto agli aumenti di produttività. Nell’analisi di sensitività, diverse assunzioni su tali variabili (produttività del lavoro e aggiustamento del costo del lavoro alla produttività) sono state fatte per delineare scenari alternativi.
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OCCUPATI E ULA TOTALI
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Bibliografia
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