Corriere della sera 26 maggio 2017

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Il Merlot e la meraviglia, la storia del Castello di Ama 26/05/2017 | di L uciano Ferraro

“Siate, per sempre, meravigliati”. All’ultimo rigo del lascito di viventi, un non -testamento, Marco Pallanti, attraverso lo scrittore Marcello Fois, traccia la strada per i figli Arturo, Norma e Gemma. Ha vissuto gli ultimi 35 anni cercando e trasmettendo meraviglia e stupore nel borgo del Castello di Ama, luogo che racchiude un vino rivoluzionario e tesori di arte contemporanea con i quali Marco e la moglie Lorenza Sebasti hanno trasformato cantina e vigne. Di meraviglia in meraviglia, il vino è arrivato sulla tavola di Barack e Michell e Obama: tra le 9 bottiglie della degustazione alla scoperta dell’Italia, nell’ultimo viaggio in Toscana della coppia, c’era anche una Riserva Chianti Classico Castello di Ama.

Come si arriva da Gaiole in Chianti agli Obama? Racconta Marco: “Alla fine degli anni 70 insegnavo allo scuola degli enotecnici. Un giorno mi dissero che la Fattoria di Ama cercava un giovane laureato che conoscesse il francese: offrivano uno stage a Bordeaux, la casa e l’auto. Era il 1982, diventai l’enologo. C’erano 50 ettari di v igne (ora sono 80), fino a 500 metri, un Sangiovese d’altitudine su un terreno sassoso e calcareo. La cantina era a tecnologia avanzata: tra le quattro famiglie romane fondatrici c’erano soci di una azienda di ingegneria impiantistica. Avevano fatto arriva re serbatoi in acciaio inox accanto alle botti in rovere. Nei vigneti invece c’era confusione, uve di Trebbiano, Colorino e Canaiolo nello stesso filare, non si conoscevano i cloni, il vino veniva venduto per buona parte sfuso”.


Entra in scena un luminare dell’enologia, Patrick Léon, direttore di Chateau Mouton-Rothschild. “Cerco di apprendere il più possibile da lui e di declinare in Toscana l’attenzione bordolese per la qualità dei rossi. In quel momento ho meno di 30 anni, ma s ono sicuro: il mondo non sta aspettando l’ennesimo rosso toscano, o facciamo nascere qualcosa di eccezionale o niente”.

Inizia il lavoro nelle vigne: le piante vengono reinnestate, a cicli di 3 ettari l’anno, ordinate in un catasto. “Creiamo 5 etichette diverse, anche con vitigni internazionali. Decidiamo di piantare Merlot in una zona che si chiama L’Apparita, perché quando il cielo è terso appare Siena”.

La consacrazione arriva l’8 febbraio 1992, all’Académie du Vin a Zurigo: una giuria con l’enologo volante Michel Rolland, assaggia i più importanti Merlot del mondo, tra cui il Petrus, che può costare più di 3.000 euro a bottiglia. Le etichette sono coperte: a sorpresa vince L’Apparita 1987, il Merlot sconosciuto, arrivato ora alla trentesima annata. “Catturiamo l’attenzione – ricorda Pallanti – arrivano i super punteggi degli americani. Il nostro Merlot è potente ed elegante, fresco e fruttato. Ci dedichiamo ancora di più al Chianti Classico, per far dimenticare l’immagine del vino nel fiasco degli an ni 70. Nascono i vini da un unico vigneto, i primi: il Bellavista, poi il San Lorenzo, quindi La Casuccia e Bertinga. E poi fertilizziamo il territorio con l’arte facendo realizzare al Castello di Ama opere di grandi artisti come Michelangelo Pistoletto, D aniel Buren, Giulio Paolini, Chen Zhen, Hiroshi Sugimoto, Lee Ufan”.

Pascale Marthine Tayou dissemina un sentiero in pietra di macchie di colore, “l’infantile percorso di un Arlecchino distratto che ha abbandonato pezze colorate sui sassi”, secondo Fois. Colori e luci dai vigneti che sembrano esortare: “Siate, per sempre, meravigliati”.


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