Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo. Edizione 2017 Cella Vinaria Redatto, costruito e prodotto da Cella Vinaria ed i suoi Soci Piedmont ITALY 2017
Sito amatoriale di gusto e retrogusto Tutto ciò illustrato da questo sito e il sito stesso, sono prodotti esclusivamente dai soci senza fine alcuno di lucro, ma solo per passione.
Introduzione La baucara del XXI secolo di certo è una definizione curiosa. Cella Vinaria ha scritto un libro? Pare proprio di no. Semplicemente ha raccolto, come si fa con un rastrello per le foglie e messo tutto in un contenitore. Foglie di castagno, fico, caki, vite, rastrellate e posate in una cesta tutte insieme e poi riversate in un contenitore molto più grande, come il web. Il nostro gruppo ha ormai sette anni e inevitabilmente subirà un'evoluzione dovuta alle esperienze sorbite in questo tempo. I nostri siti illustrano fatti e articoli, cose costruite, situazioni vissute, vini provati e ricette cucinate, curiosità lette e rielaborate, collaborazioni e scambi di opinioni. Molte di esse pubblicate su riviste online come ENOPRESS, altre su riviste locali, altre ancora sui nostri siti o social e, alcune, tenute per noi. Inevitabile la crescita dovuta alle esperienze ed inevitabile la curiosità di mettere un po' di cose sulla “carta”. La particolarità di Cella Vinaria e dei suoi Soci è quella di produrre da se tutto, o quasi tutto ciò che viene da noi divulgato. La varietà di professioni, esperienze e passioni di chi in questi anni si è legato al Gruppo ha permesso di realizzare tante piccole cose dando grande impatto all'immagine pubblica del Gruppo stesso. Questo libro non ha alcuna pretesa se non quella di essere letto con simpatia. Non è un romanzo ne una raccolta, semmai una scatola colorata che nulla vuol insegnare ma, come ogni scatola, creare curiosità per ciò che può contenere. Si apre il coperchio rovistando all'interno cercando qua e la oggetti di interesse, alcuni più, altri meno, altri ancora per nulla...poi si richiude. Ognuno di noi attingerà a questa scatola e prenderà ciò che più lo attira. Il tutto è composto da piccole cose, ricette antiche, raccolte e messe da parte, storie curiose dimenticate da anni, leggende e misteri, fatti reali e Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
meno reali, esperienze e consigli per cene con amici, prodotti enogastronomici da noi testati, immagini e idee. Il tutto senza fare i “professori” ma, semplicemente, scambiando esperienze seduti attorno ad un tavolo. Il Simposio antico descritto da Platone riassume l'ideale di cena tra amici. Ogni cena organizzata dal grande maestro era improntata sul buon vino, il buon cibo, la buona compagnia ma, non era pensabile che durante la cena non vi fossero tre o quattro argomenti ben precisi di cui discutere e condire il banchetto. Cella Vinaria è nata proprio così, attorno ad un tavolo discutendo di argomenti più o meno di peso. Questo libro mette insieme tante situazioni e storie, magari non collegate tra loro, proprio come accade in un banchetto simposico. Sta a chi li legge svilupparli e costruirvi intorno una serata divertente.
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“Fondare e creare è un opera dell'ingegno umano. Tutto ciò che viene pensato e attuato richiede lavoro di mani e di ingegno. Nulla si crea dal nulla e spesso la forza di un'idea va oltre il materiale, e si insinua nelle menti di ognuno.”
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CELLA VINARIA sito amatoriale di gusto e retrogusto fondata nel 2010 d.C. Nell'inverno del 2008-2009 quattro di noi decisero di creare un gruppetto di otto persone legate alla tradizione e al gusto locale. La sede venne stabilita in un antico cortile medievale del centro paese. Un paese della provincia novarese, più vicino al Lago Maggiore che non al capoluogo ma, in ogni caso sul filo del territorio novarese, proprio dove l'impetuoso fiume Ticino divide il Piemonte dalla Lombardia. Un antico borgo franco fondato dal Comune di Novara nel 1190 per facilitare i commerci nella zona del lago. Una terra di confine ricca di legname, riso, grano, ma anche ricca di dolore e sofferenza; ricchezza e sofferenza alternati costruiscono le tradizioni. Terra di violente dispute tra Marchesi del Monferrato, Visconti e Gonzaga che, nei secoli crearono profonde cicatrici nel territorio e negli uomini. Cella Vinaria e i suoi Soci si sono occupati di numerose collaborazioni sempre basate sulla tradizione locale, la cultura e l’eno-gastronomia. Mostre, scritti, ricette, fotografie, realizzazioni artigianali con materiali di recupero, tante idee e curiosità, non solo sul web. La maggior parte di ciò che Cella Vinaria ha realizzato è proveniente dalle idee e dalle opere dei suoi soci senza scopo di lucro, ovviamente. Una descrizione delle principali nostre, magari piccole ma di sicuro effetto, idee raccolte per Enopress, quasi a “festeggiare” un anno di convivenza. Un grazie a questa grande rivista online che ci “sopporta” da un anno ormai e, un altro grazie a coloro che numerosi, consultano i nostri articoli nella speranza di continuare a creare interesse. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
CELLA VINARIA REFERENZE Aldo Luigi Guazzoni Maitre d’Hotel, Sommelier (Ordre des Coteaux de Champagne). Oltre 45 Anni di Servizio, di cui 27 al Palace Hotel di Gstaad, e nei Grandi Alberghi Internazionali, numerosi Personaggi del cinema, dello sport e della Politica Mondiale, Tre importanti riconoscimenti a livello Europeo e Grazie Anni di Insegnamento Presso la Scuola Alberghiera “E . Maggia “di Stresa (NO). Pubblicazione Romanzo “JO MARZAPICCHIO e IO” Il romanzo scritto da un nostro socio è un intreccio storico poliziesco ricco di ironia e azione. Pubblicato nel 2011 ha riscosso numerosi apprezzamenti da parte dei lettori e una più che positiva opinione da parte della critica letteraria. Il romanzo ha presenziato al “Salone del libro di Torino” nel 2011Fiera dell’editoria “Più libri, più liberi” ROMA nel 2012Intervista durante il programma di letteratura “La luna e i falò” di Elleradio Roma. CREAZIONE DEL SITO “cellavinaria.wordpress” Inizialmente il sito è nato con l’intento di informare i soci e i simpatizzanti divulgando le idee e le collaborazioni con altri siti regionali. Col passare del tempo il tutto si è trasformato divenendo un sito di informazione e divulgazione avvicinando la propria forma a quella di una vera e propria rivista online. Molte le pagine di storia e tradizione locale altre di gastronomia, ricette e curiosità raggiungendo numerosi Paesi d’Europa e del Mondo. I simpatizzanti del nostro sito wordpress Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
sono innumerevoli e molti di loro fidelizzati anche dai social. Creazione del Premio “QUALITA’ E TRADIZIONE” Il premio è legato alla nascita della Cella Vinaria e alla nostra esperienza nell’ambito eno-gastronomico. Alcuni di noi possiedono una notevole tradizione famigliare riguardo la ristorazione internazionale oltre, naturalmente, ad una grande passione comune a tutti i soci. Queste caratteristiche ci hanno spinti a creare un riconoscimento serio e forte basato esclusivamente sulla qualità generale del locale da noi saggiato. I punti di partenza sono la tradizione locale e la qualità del prodotto visto nel suo insieme: l’impatto visivo generale, la cordialità, il servizio, la lista vini e non da ultimo il piatto proposto. Le nostre scelte sono indirizzate da tanti fattori che vengono valutati attentamente, uno ad uno e, proprio per questo il tempo necessario alla consegna del riconoscimento spesso è molto lungo. RICERCA E RIELABORAZIONE DI RICETTE La gastronomia italiana è vasta e concede infiniti abbinamenti ma molte ricette che hanno fatto parte della nostra storia sono state messe da parte perchè considerate non più apprezzate dal palato moderno. Certamente vero, ma i gusti non sono tutti alla menta come recitava un vecchio sponsor di caramelle quindi noi ci siamo presi la briga di cercarle, valutarle e pubblicarne alcune e, via via ne pubblicheremo altre. Inoltre cerchiamo di invitare i nostri numerosi “fans” a prepararsi in casa i prodotti di base per le loro cene, proprio come facciamo noi. Il burro, il sale aromatico, il gelato anche senza gelatiera, il pane, i grissini, il brodo per il risotto, la pasta, i biscotti e i dolci, ogni cosa può essere preparata da noi in cucina lasciandoci meravigliati dall’esplosione di sapori creati da cose semplici e quotidiane. Grazie al nostro Socio Chef Marcello ci è stato possibili rielaborare idee gastronomiche curiose e accattivanti.
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ARTIGIANATO IN CELLA Realizzazione di una serie di Trofei donati a PRO LOCO al fine di premiare le manifestazioni del “Carnevale Locale”. I “TROFEI IN CELLA” hanno una particolarità tutt’altro che comune, ogni oggetto realizzato da “Cella Vinaria” è formato esclusivamente da materiali di recupero o riciclati, in prevalenza legno, ferro o pietra, alcuni molto antichi, il tutto rifinito con prodotti all’acqua. L’impiego di collanti e stucchi sintetici è ridotto al minimo essenziale. Nella particolare realizzazione dei trofei per il CARNEVALE e la PRO LOCO, l’attenzione prestata è nell’utilizzo di materiali legati in qualche modo al nostro paese o comunque al territorio. Mostra d’Arte “LE SCALE DEL SURREALISMO” La mostra è stata inserita nella tradizionale rappresentazione gastronomica locale della “FESTA DELLE REGIONI E NAZIONI” che da una ventina di anni prende forma nelle strade del centro storico e riunisce le molteplici regioni e nazioni raccolte nello stesso comune. In quel contesto Cella Vinaria ha inserito negli antichi locali della propria sede una elegante mostra surrealista basata su lavori a matita colorata dell’artista EDOARDO GIUBERCHIO, sulle sculture in rame dello scultore DEMO e di un pezzo unico realizzato in esclusiva del maestro ALFREDO CALDIRON. Il percorso della mostra è proseguito nel nostro cortile aperto a tutti i commensali della festa e concluso nell’antica cantina dove è stato offerto un assaggio di alcuni vini piemontesi e novaresi.
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PARTECIPAZIONE A GIORNATE ECOLOGICHE Una rappresentativa di nostri soci ha partecipato attivamente alla giornata ecologica ripulendo assieme a Pro Loco e AIB (ANTI INCENDIO BOSCHIVO) diversi ettari della “Riserva Naturale del Bosco Solivo” mettendo le basi per una collaborazione continua al mantenimento di una riserva nell’area del Lago Maggiore si sicuro prestigio. CONSIGLI ENOLOGICI Abbiamo ricercato e pubblicato consigli per la nostra cantina, l’imbottigliamento, la scelta di vini sfusi direttamente dalle cantine di zona, i periodi migliori per l’imbottigliamento al fine di incentivare l'amatore privato al ritorno del vino in damigiana, più sano e divertente. Imbottigliare in casa è di certo un motivo di riunione e condivisione di momenti con amici. Esposizione Artisti Accademia d’Arte Brera Milano La seconda esposizione organizzata da Cella Vinaria vede ospitare due artisti direttamente dall’Accademia d’Arte di Brera, GIULIANO CATALDO GIANCOTTI scultore ed artista internazionale, e ANDREA BERTOLETTI pittore anch’egli internazionale. SITO CellaVinariArt Realizzazione di un sito dedicato a diversi tipi di arte dove su tutte domina la fotografia in diverse forme ma, non da meno vengono evidenziate altre forme come La Natura, La Moneta, La Cucina ecc. Naturalmente, come ci impone la nostra “politica”, la maggior parte Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
di ciò che mostriamo è di nostra produzione a partire dalle fotografie al materiale immortalato ed esposto nei siti. LA FIRMA IN BRONZO DI CELLA VINARIA In occasione dei cinque anni dalla fondazione di Cella Vinaria abbiamo pensato di fissare nel bronzo la nostra storia. Partendo da una incisione realizzata a mano da Mario Mercuri, il nostro socio orafo Antonio Cerino ha realizzato un fregio in fusione di bronzo e argento. Ogni socio si è fornito di questa firma che rimarrà per sempre. COLLABORAZIONE al libro “ TRACCE DI MEMORIA” Siamo onorati di aver collaborato con le associazioni del nostro territorio e con gli autori del curioso e piacevole libro dedicato alle tradizioni e curiosità del nostro paese. Uno splendido insieme di filastrocche, aneddoti, ricette, poesie in dialetto, racconti e testimonianze abilmente legati tra loro. Cella Vinaria si è occupata della raccolta di vecchie foto gelosamente custodite da anziani borgoticinesi, molti di loro non sono più con noi, che generosamente ci hanno “prestato” le loro immagini del paese e dei loro cari per essere scansionate, adattate e messe a disposizione di tutti. Siamo felici di aver contribuito anche con un racconto sulla vita quotidiana negli anni venti con una testimonianza diretta di chi ha vissuto quell’epoca, da bambino.
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Il premio è legato alla nascita della Cella Vinaria e alla nostra esperienza nell’ambito eno-gastronomico. Alcuni di noi possiedono una notevole tradizione famigliare riguardo la ristorazione internazionale oltre, naturalmente, ad una grande passione comune a tutti i soci. Queste caratteristiche ci hanno spinti a creare un riconoscimento serio e forte basato esclusivamente sulla qualità generale del locale da noi saggiato. I punti di partenza sono la tradizione locale e la qualità del prodotto visto nel suo insieme: l’impatto visivo generale, la cordialità, il servizio, la lista vini e non da ultimo il piatto proposto.
“La tradizione non consiste nel mantenere le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma.”
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“Non dimentichiamo che far parte di un gruppo, qualunque esso sia, prevede l'accettazione delle regole del gruppo stesso, nel bene e nel male. Nessuno può, in seguito, ne negare ne soprassedere.” Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Il primo sommelier. La vera storia della nascita del Sommelier.
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l vino, come si è potuto notare, ha seguito la storia e il progresso delle molteplici culture mediterranee: primordiali tecniche enologiche delle civiltà greche e romane si sono via via evolute apportando sensibili miglioramenti tecnologici, frutto anche di felici intuizioni ed acute osservazioni. Fu però solo a partire dalla metà del XIX° sec. che la tecnica enologica subì una vera trasformazione. Con la scoperta degli agenti naturali della fermentazione, si sgombrò il campo da empirismi e superstizioni, gettando così le basi della moderna enologia che ai giorni nostri ha raggiunto elevati livelli di tecnica, igiene e raffinatezza sempre più difficili da superare, anche se la scienza e l’uomo non pongono mai limiti a nulla.
Se questa arte è svolta oggi in lussuosi ristoranti da eleganti signori e splendide signore, in completo scuro e con una grossa catena al collo che reca, per pendaglio, una tazza argentata, usata per saggiare i vini che verranno offerti successivamente ai clienti, in età classica erano i patrizi ad assumersi tale incarico, ma che ha assunto la sua “nobiltà” vera e Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
propria, è solo dopo la rivoluzione francese ed in particolare nella seconda metà dell’ottocento, con lo sviluppo della ristorazione così come la conosciamo oggi. Marin Sanùdo -1532- noto viaggiatore ed esploratore veneziano del medio oriente, nei suoi “Diarii” parla già di somoglier addetti al servizio del vino. Così pure Gaspare Contarini -1625- nelle “Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato” accenna al particolare personaggio di elevati natali che era detto somilier de corpo. Il termine è stato ‘francesizzato’ e definisce il cantiniere, il dispensiere e, oggigiorno, il cameriere addetto ai vini. Si hanno le prime tracce del termine nella lingua italiana, nel 1299, tradotta in sommeliere: pare certo che l’etimologia sia da cercarsi nel sommier che era il conduttore di bestie da soma (da somier). La qual cosa non deve sorprendere se si pensa all’organizzazione del lavoro e dei servizi alimentari nelle case nobiliari del medioevo e dell’ancient regime, in quanto si sommavano a carico della servitù diversi compiti, particolarmente la cura dei servizi stagionali e saltuari. Nobili, controllati direttamente dal symposiarca che era il re e filosofo del banchetto, curavano la mescita del vino nella Grecia classica, il quale a causa della sua densità, non si beveva mai puro: era sempre mescolato ad acqua in tre parti e due di vino, inoltre, spesso si mescolavano fra loro vini diversi. La tradizione proseguì anche coi romani, che amanti del vino albano, cioè bianco, impararono oltre che a cuocere e zuccherare il vino, ad aggiungere miele e insaporirlo con piante aromatiche e medicinali. Il tutto avveniva sotto la guida del magister cenae.
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E’ solo dopo il III° sec. d. C. in epoca gallo-romana che si inizia a bere vino non annacquato -merum- e cominciano a sorgere le prime osterie e gli spacci di bevande alcoliche. Ma occorre attendere ancora circa mille anni prima che in conventi, castelli e palazzi nobiliari, qualcuno, antico progenitore dei sommeliers, si specializzi nella grande arte di conoscere e proporre i diversi sapori dei vini.
Sull’onda di un crescente interesse per il fenomeno enogastronomico, la cultura del vino e dei cibi è stata divulgata sempre più a largo raggio, tramite anche innumerevoli riviste, articoli e libri usciti sull’argomento, creando così una base di interessi, discussioni e confronti sempre più attivi e qualche volta …..infuocati. Se di per sé la diffusione in tale modo risulta essere un dato positivo e di successo, è altrettanto vero che non sempre l’abito fa il monaco!!! Non di rado si accomuna il sommelier ad un consumatore di vino ad uso personale, ad un portabottiglie o solo ad un mescitore di bevande. Certamente questa fama deve essere nata da qualche occasione sicuramente negativa, oppure da una facilità d’accesso in tale categoria professionale o da una limitata conoscenza tecnica o, purtroppo sovente, da una scarsa capacità Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
di contatto diretto col cliente finale. Opinione ricorrente era che bastasse aver superato un qualsiasi corso d’introduzione alle conoscenze del vino o di aver avuto un primo approccio occasionale col mondo enoico, per potersi effigiare delle insegne o presunte capacità di sommelier: il passo non sempre è così immediato e le testimonianze ne sono un vivo documento. Fino ad alcuni anni fa si riteneva che proporre e servire il vino fosse frutto di un insieme di fatti casuali, più che il risultato di una specifica e solida preparazione professionale. Questo era confermato, anche se solo apparentemente, dal fatto che le occasioni d’approccio al vino erano legate prevalentemente ad un incremento di opportunità di mangiar fuori casa che permettevano a tutti gli addetti d’interpretare in modo sufficiente la figura di esperto, perdonando così errori e disattenzioni.
Facciamo un salto indietro nel tempo, precisamente nel
1667, nella regione di Reims in Francia. In quelle terre si coltivava l’uva nera variante Pinot Noir, e oltre all’uva nella regione di Reims esisteva una piccola abbazia dove viveva un monaco di nome Dom Pierre, amante del vino e attento nonché pignolo vinificatore. Negli anni a seguire Dom Pierre cercò di eliminare l’effervescenza dei vino, ma capì che più il vino era di
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colorazione verdognola e leggero più tendeva a diventare frizzante alla ripresa della fermentazione dopo l’inverno. A quel punto abbandonò la sua idea di ottenere un vino non frizzante e si concentrò sulla selezione delle migliori uve, scelse il Pinot Noir e il Pinot Meunier per l’uva nera e la Chardonnay per la bianca, ottenendo nella giusta proporzione un vino con una personalità forte che poteva essere conservato a lungo nel tempo.
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“L'albo dei vini d'Italia selezionato da Cella Vinaria non vuole consigliare una bottiglia piuttosto che un'altra ma, a prescindere dalla data di produzione annotata vicino alla Cantina Produttrice, vuole solo rendere noti i migliori vini e Cantine a cui possiamo fare riferimento. L'estratto è del 2017 ma i Marchi selezionati valgono per sempre.”
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“Come ogni Gruppo, Ordine o Club anche Cella Vinaria possiede delle referenze a cui far appunto, riferimento e presentarsi a chi non sa chi siamo.” Collezione Cella Vinaria.
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La vera paniscia Novarese. Tra le tante ricette, ci sarà quella vera?
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empo fa, un caro signore di oltre 70 anni, novarese doc e appassionato di cucina, ci raccontò come da bambino, la nonna, nelle fredde sere d'inverno, capitava cucinasse la Paniscia Novarese per tutto il cortile. Un vicino aveva un bello stanzone con tanto di camino e stufa e li, tutta la corte, si riuniva a consumare una fantastica Paniscia, un gustoso bollito contornato da salsa verde e rossa e una bella torta appena sfornata. Gentilmente, il signor Romolo ci ha donato la ricetta originale di sua nonna. Se è quella ufficiale o no, sinceramente non ci interessa, fatto stà che questa la possediamo solo noi...e chi ci legge.
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Se si tratta di paniscia, son tutti cuochi e ciascuno ha l'unica ricetta vera: i cani, come si dice, san tutti menar la coda, ma per conoscerli occorre attendere che il gioco finisca. Per la paniscia bisogna aspettare in ultimo, quando fuma, profumata, nel tuo piatto. Senza voler dar lezioni a nessuno voglio solo raccontarvi del grande impegno che la mia nonna profondeva in cucina quando decideva di preparare la paniscia: alla corte. Vi racconto come faceva. Sceglieva del riso Carnaroli, di quello che non scuoce, due manciate per ogni commensale (questa era la misura per ciascuno di noi golosi): certo che l'appetito non mancava alla gente di un tempo. Adesso un bicchiere colmo è sufficiente. Comprava dal salumiere un bel codino di maiale grasso, due cotiche, un battuto di lardo, una mortadella stagionata (non di Bologna, di fegato s'intende) aggiungeva un pizzico di sale, pepe secondo il gusto, poco comunque perchÊ il sapore non manca. E poi tanta verdura: porri, fagioli (messi a bagno la sera prima per ammorbidirli), sedano, verdoni, una foglia di verza, poche patate e una carotina. La nonna tritava la verdura e la lasciava a cuocere sul camino, con le cotiche, gli ossi e pure il codino: doveva bollire di buona lena almeno per tre ore che, per questo signor brodo, bastano appena. Quando era cotto, afferrava una padella (o per meglio dire una casseruola) di rame stagnato, brillante come la stagnola, e dorava una cipolla senza bruciarla, tritata fine fine con la coltella, con il lardo pestato. A questo punto nel condimento spezzettava la mortadella e ve la lasciava un poco ad insaporire il Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
lardo e, dopo, giù il riso, bianco e smagliante, nella padella. Mescolava con un cucchiaio di legno per portarlo al biondo colore della biada. Sopra al riso asciutto, prima che arrivasse a friggere, versava un bicchiere abbondante di barbera (quello buono, tratto dal bottiglione) cha ha il profumo intenso e ghiotto: il riso se lo assorbe tutto e s'arrossa ben bene, come il naso di chi è stato a un pranzo di nozze. Qui ricompare il brodo, con un mestolo la nonna allungava il riso così preparato: e mescola, allunga e rigira, la cottura arrivava a compimento, con il riso al dente. Sì, ancora al dente, perché manca un'operazione per rendere il riso squisito. Bisogna cioè, nella paniscia, quand'è bollente, appena tolta dal fuoco, aggiungere una noce di burro ed una manciata di formaggio, e lasciar amalgamare il tutto, come la polenta. Cinque minuti, ben coperta, e... giù nel piatto! Questa è dunque la ricetta vera della paniscia alla maniera dei nostri vecchi: è un piatto modesto che è difficile trovare nei manuali d'alta cucina. Io ve l'ho insegnato, e quando lo proverete ricordatevi della mia nonna... e anche di me. Chef Antonio Linolfi Marini per Cella Vinaria
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Castello di Novara. Castello di Novara, un mistero che dura nei secoli.
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i un castello così antico e ricco di storia, non potevano mancare le leggende. Ogni castello che si rispetti ne ha almeno una e attorno al Castello di Novara - la cui realizzazione iniziò in pieno periodo medievale durante il dominio di Galeazzo Visconti - ne girano diverse, tramandate di secolo in secolo e arrivate fino ai giorni nostri.
La più celebre leggenda riguardante il Castello di Novara, narra dell'esistenza, nei sotterranei del maniero, di un prezioso cavallo Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
d'oro realizzato addirittura da Leonardo da Vinci. Il cavallo d'oro del maniero di Novara sembra sia stato fatto realizzare per volere di Ludovico il Moro che decise di farlo realizzare in onore di Francesco Sforza, suo padre, nonchè fondatore della nobile casata. Si narra che Leonardo da Vinci spese tutte le sue energie e abilità nella progettazione di un'opera che, tra l'altro, non fu mai esposta al pubblico per paura che qualcuno potesse farne un ricco bottino. Solo Ludovico il Moro ne conosceva l'esatta collocazione e si narra che scendesse nei sotterranei a verificare che il prezioso equino fosse sempre lì. Il nobile duca appartenente alla famiglia più importante dell'epoca, portò il segreto nella tomba poichè venne catturato e fatto prigioniero il 10 aprile del 1500 dai francesi non fece in tempo a svelare dove fosse il cavallo d'oro e se veramente sia mai esistito. Anche nel Castello di Novara non poteva mancare il fantasma e stavolta di sesso femminile. Stiamo parlando di Bianca di Savoia, moglie di Galeazzo II Visconti. Il matrimonio fu celebrato per unire i patrimoni delle due famiglie e si narra che Bianca fosse di carattere docile e mite, al contrario del marito, aggressivo e violento. Bianca morì per mano del marito e come ogni storia di fantasmi che si rispetti, lo spettro della dama ricompare in occasione dell'anniversario del delitto. Si dice anche che sulle scalinate interne compaia una macchia rossa di sangue. E non finisce certo qui, perchè se parliamo dei sotterranei del Castello di Novara, il mistero si infittisce ulteriormente. Il sotterraneo cittadino è ricco di cunicoli e gallerie che si concentrano maggiormente proprio nella zona del castello che domina la città di Novara sin dal suo essere fortificazione duecentesca, anche se è con il dominio Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
di Galeazzo Visconti che assume l'aspetto che ancora oggi conserva. Il castello visconteo sforzesco è circondato da un grande parco verde dove oggi sono ancora presenti alberi secolari e giardini eleganti e raffinati. Proprio in corrispondenza degli attuali campetti da tennis, c'è un posto chiamato dai novarsi Cuneta (montagnola) e si tramanda che qui i bambini scavassero nel terreno pensando di trovare dei giocattoli. Sono molti ancora che ricordano che fino a prima della seconda Guerra Mondiale i bambini scavassero proprio in quel punto alla ricerca di giocattoli che provenivano dal Castello. Una semplice collinetta riempita con materiale di riporto: ma perchè si racconta che fosse piena di giocattoli? E soprattutto, perchè questi giocattoli provenivano proprio dal Castello? Una leggenda originale come quelle del cavallo d'oro, una tragica come quella della nobildonna uccisa o ancora una leggenda misteriosa come quella dei giocattoli che arrivano dal castello: insomma non manca proprio nulla qui a Novara!
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Il biscotto Garibaldi.
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Ricetta originale dei biscotti dedicati al condottiero. icetta originale 1854 150 g di farina 100 g di burro di ottima qualitĂ 50 g di zucchero a velo 3 tuorli sodi la buccia di un limone 1 pizzico di sale 60 g di uva passa grappa per ammorbidire l'uva passa confettura di albicocche.
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Preparare la frolla facendo sabbiare la farina con il burro freddo e lo zucchero, aggiungere i tuorli passati al setaccio, la buccia di limone e il sale, ed impastare rapidamente fino ad ottenere un panetto liscio ed omogeneo. Riporre in frigorifero per un'oretta. Mettere ad ammorbidire l'uva passa nella grappa. Dividere il panetto in due parti uguali e stenderle con il mattarello ad un'altezza di 3-4 mm. Riporre ancora in frigo per mezz'ora. Stendere sulla prima sfoglia un sottilissimo strato di confettura, poi spargere l'uvetta scolata. Scaldare il forno a 180° Intanto coprire con la seconda sfoglia e schiacciare leggermente con il mattarello. Per creare una decorazione, passarvi sopra il dorso di una grattugia. Trasferire il tutto su una placca rivestita di carta forno. Tagliare i biscotti in lunghe strisce e separarle leggermente, o aspettare il dopo cottura. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Spennellare con bianco d'uovo e una spolverata di zucchero a velo ed infornare per circa 12-13 minuti, controllando che non scuriscano. Sfornare ed attendere che raffreddino prima di spostarli, perchè molto fragili.
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Il giusto vino col giusto formaggio. Come abbinare il vino al suo formaggio.
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ono tante le tipologie di formaggi che possiamo trovare sul mercato, e parlando di abbinamento con il vino abbiamo la possibilità di spaziare dai bianchi più leggeri ai rossi più importanti, fino a quelli dolci da meditazione. Filo conduttore come per qualsiasi abbinamento è l’armonia sensoriale tra cibo e vino, sarà quindi necessario prendere in considerazione le caratteristiche organolettiche di ogni formaggio per poter accostare il giusto nettare.
Gli elementi distintivi più pronunciati sono la tendenza dolce,
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la grassezza e l’aromaticità; queste poi variano a secondo del sistema di lavorazione, della stagionatura e della materia prima, cioè se provenienti da latte vaccino, ovino o caprino. Facendo la dovuta premessa che il gusto soggettivo prescinde da qualsivoglia "regola" di abbinamento, possiamo affermare che:
•i formaggi a pasta fresca, in genere non particolarmente decisi nel sapore, con poca persistenza ed una spiccata tendenza dolce, prediligono vini bianchi o rosati secchi, leggeri e con una buona freschezza, una leggera sapidità e non guasta un pò di effervescenza. Pensando ad una Mozzarella ci viene in mente un Asprinio di Aversa, se è diBufala, o perchè no uno Champagne, ma anche un Greco di Tufo o una Falanghina Sant'Agata dei Goti. Una Toma vaccina si gusterà ottimamente con un Dolcetto d'Asti, mentre con una Toma di pecora o di capra sarà meglio un Dolcetto d'Alba o un Grignolino d'Asti; infine una Crescenza può essere accompagnata da un Lugana o un Albana di Romagna.
•per i formaggi a pasta semi-dura non stagionati o di media stagionatura vanno bene bianchi o rossi freschi e vivaci, di medio corpo. Generalmente sono formaggi che presentano una notevole tendenza dolce e molto spesso una grassezza evidente che necessita di acidità e anche un pò di effervescenza, quindi un buon abbinamento è una Barbera, con un Bra o un Raschera; con una Fontina Valdostana berremo un Blanc de Morgex et de la Salle, mentre con un Bardolino Superiore gusteremo un Asiago Pressato; con una scamorza sarà perfetto un Lambrusco di Sorbara, e un Trebbiano d'Abruzzo o un Montepulciano d'Abruzzo accompagneranno bene unacaciotta di pecora.
•ai formaggi a pasta dura e stagionati che presentano una notevole persistenza gustativa, sarà meglio accostare vini rossi asciutti ed eleganti, altrettanto intensi e persistenti, ma che presentano anche dei tannini molto morbidi, già svolti, altrimenti Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
viene esaltata la sensazione amara e piccante del formaggio. Potremmo abbinare quindi un Aglianico del Taburno ad un Provolone, un Cerasuolo di Vittoria ad un Pecorino Siciliano, un Torgiano Rosso Riserva o un Velletri Rosso Riserva ad un Pecorino Romano e un Barbaresco ad un Grana Padano ben stagionato
•i formaggi piccanti si sposano bene con vini da meditazione. Nei formaggi lungamente stagionati, e soprattutto nella categoria dei formaggi erborinati, i fenomeni di lisi a carico delle proteine, grassi e glucini evidenziano sensazioni piccanti, questo porta ad un’attenuazione della tendenza dolce ed una esaltazione della speziatura. Per compensare questa carenza ecco che sarà necessaria una pronunciata morbidezza, che solo i vini dolci presentano. Da qui nasce un ottimo connubio tra un Gorgonzola "naturale" ed un Marsala Vergine o un Sauternes, tra lo Stiltoned un Porto Vintage o uno Sherry fino, tra un Roquefort ed un Muffato.
Nell’accostamento si devono sempre tenere presenti gli aromi di entrambi, così che a un formaggio ricco di profumo si accosti un vino intenso e persistente. Al patrimonio aromatico molto articolato e complesso dei formaggi, soprattutto se stagionati o provenienti da latte di pascolo, deve corrispondere nel vino un Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
equivalente patrocinio di aromi altrettanto intensi. Con i formaggi avvinati, cioè con l’aggiunta di vino o stagionati in vinacce, si prediligono gli stessi vini usati nella lavorazione. Se aromatizziamo un formaggio stagionato, ad esempio delle scaglie di Grana con un olio al tartufo, ecco che ci può venire in aiuto un Sauvignon Blanc, meglio se del Collio o dei Colli Orientali del Friuli, perchè più alcolici. Più complicato è l’abbinamento, quando il formaggio viene servito durante un pranzo o una cena. Occorre tener conto delle portate precedenti e soprattutto dei vini precedenti. Possono quindi nascere dei problemi legati alle regole che in genere si seguono durante un pasto completo, come la gradazione alcolica che deve sempre essere crescente, il vino rosso che segue quello bianco e mai il contrario, il vino dolce che deve essere servito alla fine di un pasto.
Il buono del formaggio e miele -
Il miele che si acquista al
supermercato è una miscela di mieli ottenuti da vari fiori. Questo tipo di miele ha un sapore delicato e gradevole e può ben abbinarsi a un piatto di formaggi, pur non lasciando alcun ricordo indelebile. Siate arditi e provate nuovi deliziosi abbinamenti! Assaggiate mieli dai componenti aromatici più complessi, reperibili presso le gastronomie più ricercate o direttamente dai produttori. Andate alla ricerca di mieli di lampone, fiori d'arancio, agrumi, lavanda, erba medica e chiodi di garofano. Abbinati ai formaggi, questi mieli dalle particolarissime sfumature di sapore non potranno non farvi venire l'acquolina in bocca. Optate per miele liquido, cristallizzato o per una varietà con il favo all'interno del vasetto. Potete Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
acquistare anche favi interi con il miele all'interno. Molte gastronomie specializzate vendono i favi, perché sono molto coreografici da appoggiare sul piatto accanto ai formaggi. I formaggi erborinati, come il Gorgonzola, ilRoquefort e il Fourme d'Ambert, sono strepitosi con il miele. Non abbiate timore di assaggiarli insieme, anche se di solito non amate formaggi dal sapore così deciso. I mieli più indicati sono sicuramente quelli dagli aromi gentili, come erba medica e chiodi di garofano. Il miele attenua il gusto pungente, intenso e saporito di questi formaggi, mentre il sapore piccante del formaggio stempera la dolcezza del miele. I formaggi stagionati come il Parmigiano Reggiano o il Pecorino Romano e iformaggi alpini come il Gruviera, la Toma, il Manchego, il Beaufort e il Comté si abbinano bene con varietà di miele dall'aroma ricco come castagno, fragola e grano saraceno. Quando servite questi formaggi, date il buon esempio: staccatene un pezzo, aggiungete il miele e gustatelo! La Feta, i caprini e gli altri formaggi aspri e pungenti, come l'Asadero, il Monterey Jack e il Provolone sono perfetti con qualche goccia di miele di eucalipto o di timo. I formaggi cremosi come il Brie, il Camembert o lo Chèvre sono deliziosi con miele agli agrumi e in favi. La Ricotta è un formaggio leggermente dolciastro che può diventare prelibato se associato a miele ai fiori d'arancio o ai fiori selvatici. È perfetto sia a colazione che come dessert e può essere arricchito con frutta (pere, albicocche, frutti di bosco o noci).
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“Per fare frictata. Battirai l'ova molto bene, et inseme un poca de acqua, et un poco di lacte per farla un poco più morbida, item un poco di bon caso grattato, et cocirala in bon botiro perché sia più grassa. Et nota che per farla bona non vole esser voltata né molto cotta. Et volendola fare verde, prendirai silmilmente le cose sopra ditte giognendoli del suco de queste herbe, cioè vieta, petrosillo in bona quantità, borragine, menta, maiorana, salvia in minore quantità, passando il ditto suco; poi cavarai piste le herbe molto bene per la stamegna. Et per fare in un altro modo frittata con herbe, prendirai le sopra ditte herbe et tagliate menute le frigerai un poco in un bon botiro o oglio, mescolandole con l'ova et l'altre cose sopra ditte farai la frittata et cocirala diligentemente che sia bene staionata et non troppo cotta. ” Maestro Martino e La Frittata. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Borgo
Ticino...la
terra di confine.
I
Notizie e nozioni su una terra aspra e avara. Borgo Ticino, terra di confine. “Coll’andar del tempo, prosciugato il nostro mare, come si prosciugò quello di Saara, rimasero come residuo il Ticino, l’Agogna, il Terdoppio, la Sesia a dominare la pianura alluvionale da essa formata. E ad escavarla trasportando verso mezzodì tutto il terreno mobile, sinchè la velocità loro rimase paralizzata dal livellamento del suolo. È in questo modo che la Sesia escavando il terreno depositato dal mare lasciò formare le colline di Ghemme, di Sizzano, di Briona e Proh; è in questo modo che il Ticino mentre pria scorreva sul piano alluvionale di Borgo Ticino, col lungo escavare e trasportare materiali formò quella lunga costa che l’accompagna fino alla pianura lombarda.” Storico Rusconi, 1845 Burgusticinii
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Caratteristiche del nostro tempo -
Centro collinare, di
origine medievale, che accanto alle tradizionali attività agricole ha sviluppato i settori secondario e terziario. I borgoticinesi, che presentano un indice di vecchiaia nella media, vivono per la maggior parte nel capoluogo comunale; il resto della popolazione si distribuisce nelle località Campagnola e Gagnago, nei nuclei urbani minori di Cascina del Cesare e Borghetto, nonché in alcune case sparse. Il territorio presenta un profilo geometrico ondulato, con differenze di altitudine non molto accentuate, che partono da un minimo di 210 e arrivano a un massimo di 384 metri sul livello del mare. L’abitato, interessato da una fase di espansione edilizia, rispecchia le caratteristiche del territorio, mostrando un andamento planoaltimetrico tipico delle zone collinari. La parte più antica si è
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sviluppata attorno al vecchio tracciato della statale; la parte più recente si è sviluppata lungo la via di circonvallazione, a est, e nella piana, a sud-est. Sullo sfondo azzurro dello stemma comunale, concesso con Decreto del Presidente della Repubblica, campeggia una quercia “al naturale”, fondata su un verde terrazzo e accompagnata da nove stelle d’argento a sei raggi. A poche migliaia di metri in linea d’aria dalle ultime acque del Lago Maggiore e dalle prime del fiume Ticino, a dominare da ovest tutta la piana che circonda quella fascia del lago, si staglia una verde collina, ancor verde di boschi e pochi campi, sorge un piccolo paese: Borgo Ticino. Da alcuni ritrovamenti archeologici indicano a Borgo Ticino la presenza di insediamenti risalenti al IX VII secolo a.C. nelle zone di Gagnago e della Madonna delle Grazie (Civiltà di Golasecca). Sempre nella frazione di Gagnago era posto un “castrum romano”, attestato anche dalla toponomastica (via Campo Militare, via Cascina dei Cesari).
Borgo Ticino nasce intorno all’anno 1190 per volere del comune di Novara che edificò un borgo franco sovrastante il castello ed il villaggio fortificato di Lupiate -importantissimo insediamento militare oggi scomparso situato nei pressi della Madonna delle Grazie di Borgo Ticin, per contrastare il potere dei conti di Biandrate e dei Da Castello, nobili che in quelle terre avevano il cuore dei loro possedimenti. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Dapprima il nome del nuovo borgo fu Borgo Franco, nella prima metà del Duecento il nome mutò in Borgo di Lupiate, mentre nella seconda metà dello stesso secolo assunse il nome che conserva ancora oggi, Borgo Ticino. Entrato a far parte del dominio del ducato di Milano, venne dato in feudo nel 1413 ai Visconti e nel 1447 ai Borromeo, che lo tennero fino al XVIII secolo. Nel 1718, un censimento svoltosi sotto la breve sovranità austriaca calcolava la popolazione in 1159 abitanti. Nel 1814 la popolazione del borgo ammontava a 1535 abitanti. In questo anno, in coincidenza con il passaggio dei poteri dopo la caduta di Napoleone, si verificò un assalto al Municipio e le carte dell’archivio vennero disperse e bruciate. Poi la storia del borgo si confuse con quella più generale del territorio e del Paese. Nel corso del 1900 Borgo Ticino, come altri comuni della zona, conobbe un periodo di crisi, dovuto alla perdita di peso dell’agricoltura collinare, manifestatosi anche attraverso una forte emigrazione verso l’estero; la popolazione perciò diminuì dai 2701 abitanti nel 1901 ai 1717 del 1936.
Dopo il 1945 si ebbe una forte ripresa demografica in seguito all’immigrazione dal Veneto e dal Sud; nel giro di Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
soli 20 anni la popolazione superò abbondantemente quella del 1901. Il toponimo si compone del determinato “borgo”, che deriva dal latino tardo BURGUS, inteso come ‘luogo fortificato’ o ‘torre di guardia’, e del determinante “Ticino”, che allude al secondo fiume d’Italia per portata media. Il borgo è citato in un documento dell’anno 841, nel quale Maginardo si definisce visconte di Pombia; nel XIV secolo i Visconti di Milano presero possesso del territorio, che seguì pertanto le vicende dell’intero novarese. Nel 1413, Filippo Maria riunì il borgo con altri paesi limitrofi e lo concesse in feudo ad un ramo minore della sua famiglia. Nel 1447 il feudo passò a Vitaliano Borromeo, sotto cui rimase fino al XVIII secolo. Interessanti sotto il profilo storico-architettonico sono: la parrocchiale di Santa Maria Assunta, del XII secolo, a tre navate con cappelle laterali, successivamente ampliata; la chiesa di Santa Maria delle Grazie, anch’essa risalente al XII secolo, in stile barocco; l’oratorio di San Michele, del XIV secolo, antico monastero di umiliati; l’oratorio di San Giacomo, del XII secolo; infine, la chiesa di San Zeno, di cui rimangono solo pochi ruderi.
Localizzazione È situata nella parte centro-orientale del territorio provinciale, nell’anfiteatro morenico del Verbano, a confine i comuni di Castelletto sopra Ticino, Varallo Pombia, Divignano, Agrate Conturbia, Veruno e Comignago. È facilmente raggiungibile mediante la strada statale n. 32 Ticinese, che ne attraversa il territorio; il casello di Castelletto Ticinese, che immette sull’autostrada A8/26 Gallarate-Gattico, dista,
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invece, soli 5 km dall’abitato. Agevole si presenta pure il collegamento con la rete ferroviaria: la linea Oleggio-Arona ha uno scalo sul posto. L’aeroporto di Milano/Malpensa, che assicura le linee intercontinentali dirette, si trova a 22 km; quello regionale, invece, dista 126 km. Il porto è a 190 km. Inserita in circuiti turistici e commerciali, gravita su Novara e Arona per i servizi e le esigenze di ordine burocratico-amministrativo che non possono essere soddisfatte sul posto. (tratto da Calendario del Comune di Borgo Ticino: anno 2005 e altra documentazione borgoticinese). Numerosi ritrovamenti archeologici, risalenti alla Civiltà di Golasecca (VA) (al di là del Ticino) e databili tra il IX e il VII secolo a.C., sono stati rinvenuti prevalentemente nella zona pianeggiante tra Borgo Ticino e Castelletto, non lontano dalla Madonna delle Grazie e nella frazione Gagnago. Tali reperti hanno dimostrato che già nelle preistoria il nostro territorio era abitato. In epoca romana, un Castrum romano sorgeva nell’attuale frazione di Gagnago: l’esistenza del castrum (accampamento romano), dipendeva dal municipium di Plumbea (Pombia), ed è confermata dagli scavi ed attestato anche dalla toponomastica (via Campo Militare, Cascina dei Cesari, via Cascina Cesarina). Come dicevamo sopra, Borgo Nuovo di Ticino nasce intorno al 1190 come borgo franco, cioè libero da obblighi nei confronti del feudatario, probabilmente per il trasferimento della popolazione di Lupiate (altro probabile nome di Borgo Ticino), centro situato tra la Cicognola di Castelletto Ticino e la cascina Beati di Castelletto Ticino. Tra il Duecento e il Trecento il nuovo borgo (che ben presto viene chiamato semplicemente Borgo Ticino) diventa autonomo, pur rimanendo subordinato al comune di Novara, ed acquista una certa importanza: si sviluppa un mercato frequentato dagli artigiani novaresi appartenenti alle Corporazioni (Paratici) dei calzolai e dei ferrai. Lo Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
sviluppo dall’artigianato è confermato anche dalla presenza di un monastero femminile delle Umiliate. E’ a questo periodo che risalgono le due croci in pietra che fino a pochi anni fa si trovavano ancora all’inizio e alla fine del paese: testimonianze della fede dei borgoticinesi, ma anche, presumibilmente, in uno scampato pericolo in occasione di una pestilenza o di una guerra. Una di queste croci si trova all’ingresso del Palazzo Municipale. Le “Consegne dei beni ecclesiastici” del 1347 indicano la presenza a Borgo Ticino, parte del vicariato di Oleggio, di ben quattro chiese: S.Maria (la parrocchiale), S. Maria di Luciate (sul luogo dell’attuale Madonna delle Grazie), S. Michele (oggi scomparsa, anche se il toponimo persiste), S. Zeno o Zenone (di cui restano poche pietre). Nel 1312, nel corso delle lotte tra le famiglie novaresi dei Tornelli da una parte e i Brusati e i Cavallazzi dall’altra, viene distrutto il castello di Cagnago (chiamato, forse, così perché era la dimora della caccia: da cani). Esso fu successivamente ricostruito dai Visconti, dei quali rappresentò un punto di forza, grazie alla sua posizione dominante verso il Ticino e il lago Maggiore. Oggi rimangono solo poche tracce sui muri di alcune abitazioni. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Nel 1413 il territorio di Borgo Ticino viene dato in feudo a Lancellotto ed Ermes Visconti e nel 1447 passa ai Borromei, che lo terranno fino al XVIII secolo. Nel 1450, un censimento indetto dal Duca di Milano Francesco Sforza attesta la presenza di 125 focolari (=abitazioni), con una discreta produzione di carni e vino. E’ di questo periodo l’Oratorio di Maria Vergine Addolorata, un ampio edificio che poteva contenere più di trecento persone, e che forse proprio per questo fu successivamente trasformato in rifugio per gli appestati: di qui il nome Lazzaretto, che ancora oggi ne rimangono i ruderi nella frazione di Lazzaretto. Sempre nel XV secolo è una delle più belle immagini sacre presenti in paese: La vergine in trono con il bambino (Madonna del Latte) situata in via Castellazzo. Intorno alla metà del Cinquecento svolge la sua attività una delle figure più illustri della storia borgoticinese, il sacerdote Antonio Cerruti, nato nel 1506 circa, che pubblicò diverse raccolte di poesie in latino, di varia intonazione: satiriche, amorose, politiche, scherzose. Risale all’inizio del Seicento la ricostruzione Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
del Santuario della Madonna delle Grazie, che il vescovo Bascapè aveva giudicato bisognoso di ampi restauri. Nel corso del Seicento è stato costruito l’Oratorio di Sant’Anna alla Campagnola, così come quello della B.V. Annunziata a Cagnago; entrambi gli edifici peraltro sono stati ampiamente rimaneggiati nei secoli successivi. E’ datata 1681 la bellissima immagine votiva situata in via Santa Caterina che raffigura una Vergine con il bambino. Nel 1718 un censimento svoltosi sotto la breve sovranità austriaca calcola la popolazione in 1159 abitanti.
Nel corso del secolo la popolazione crebbe fino ad arrivare nel 1814 a 1535 abitanti. E’ in quel periodo che la Chiesa parrocchiale viene abbellita e arricchita. Nel corso dell’Ottocento il paese tocca il suo momento di maggior splendore: la popolazione cresce fino ad arrivare ai 2701 abitanti del 1901; si sviluppano manifatture tessili (filatoi, tinteggiature di cotone e di fustagni); i commerci ricevono un notevole incremento dalla costruzione della ferrovia Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Novara-Arona, inaugurata il 14 giugno del 1855; Borgo Ticino diventa capoluogo di mandamento, sede di pretura, del tribunale di giudicatura e dell’ufficio delle Regie Gabelle. Il CASTRUM (più comunemente castra) ossia l’accampamento dell’esercito romano che, dopo ogni giornata di marcia, veniva allestito e fortificato. Così si chiamavano anche gli accampamenti permanenti utilizzati come quartieri invernali (hiberna) o come sistemazione durevole in occasione di assedi e – nell’epoca imperiale – come residenza di truppe a guardia di frontiere. I veri e propri castra erano destinati, fin dall’inizio, ad un esercito consolare di due legioni. Naturalmente vi furono anche, in ogni tempo, accampamenti per formazioni minori o distaccamenti: i castella. Siccome questi ultimi erano organizzati secondo i medesimi principi, è naturale che essi debbano essere trattati insieme ai castra.
Anticamente, il Borgo era difeso da un fossato e da fortificazioni in legno: vicino alla chiesa di Santa Maria sorgeva un castello da lungo tempo scomparso (è rimasto il toponimo “Castellazzo”). Pur subordinato al Comune di Novara, il borgo si reggeva in modo autonomo; il mercato assunse una certa importanza grazie alla
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collocazione sulla “Strada Olegii” che da Novara portava al lago Maggiore: è attestata la partecipazione al mercato. Lo sviluppo delle attività artigianali è confermata anche dalla presenza, in località San Michele, di un convento delle Umiliate. Nel 1833 il professor Vaccani di Milano dipinse la chiesa Parrocchiale, della quale pochi anni dopo venne sostituito l’altare maggiore. Risalgono presumibilmente a questo periodo il palazzo Comunale (costruito inizialmente come sede della Pretura, e alcuni palazzi appartenenti alle più cospicue famiglie del borgo, quasi tutti collocati lungo la direttrice di via Vittorio Emanuele II.
La crisi dell’agricoltura portò a un rallentamento delle costruzioni in paese, anche se all’inizio di questo secolo sono sorti alcuni edifici pubblici importanti come le scuole elementari e l’asilo Zanotti, già progettati precedentemente durante il periodo di maggior crescita. Nel 1843 Luigi de Barolomeis su commissione di Carlo Alberto di Savoia pubblica “Notizie topografiche e statistiche sugli stati Sardi”, una sorta di censimento economico del territorio e, riferito a Borgo Ticino e gagnago viene definito “territorio agricolo ove la metà viene coltivata a riso dai Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
proprietari”. Curiosa è l'aspetto tipicamente novarese che Borgo Ticino assume con questa autorevole definizione. Risale a questo periodo la ricostruzione dell’oratorio di San Fabiano, chiesa campestre di antica origine, ma successivamente caduta in disuso e interdetta nel 1820. La cultura di questi secoli e il fervore religioso che li contraddistinse sono testimoniati da alcuni elementi architettonici e da alcuni arredi della chiesa parrocchiale di Borgo Ticino, che ancora si percepiscono nonostante i rimaneggiamenti e le integrazioni subiti dall’edificio nel corso dell’ottocento. All’inizio del seicento si riferisce la ricostruzione del santuario della Madonna delle Grazie, che il Bescapè aveva giudicato bisognosi di ampi restauri. Allo stesso periodo, tra gli ultimi anni del XVI secolo e il seicento risalgono l’oratorio di Sant’Anna alla Campagnola e l’oratorio della Beata Vergine Annunziata a Gagnago; entrambi gli edifici hanno peraltro subito notevoli rimaneggiamenti in tempi più recenti.
Da non trascurare la presenza di alcune immagini sacre nel centro di Borgo Ticino di particolare valore, risalenti a tale periodo: una Vergine in trono con Bambino del XV secolo (con cornice in stucco di Maestro Ticinese del Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
XVII), situata in via Castellazzo e una Vergine con il Bambino datata 1681 in via Santa Caterina al 14 (interno cortile). Diversi sono gli impianti più recenti, ottocenteschi, riscontrabili nell’allineamento delle case d’abitazione, rivolte prevalentemente a mezzogiorno, con cortile che le separa dalle stalle sormontate dai fienili, tipica struttura abitativa della comunità contadina.
Riserva del Bosco Solivo -
L’orientamento prevalente
delle case del paese verso mezzogiorno, per evidenti necessità di insolazione, ha fatto si che lungo le strade con direzione nord-sud si incontri normalmente una disposizione “a pettine” delle corti.
La Geologia -
L'area è quasi totalmente interessata dai
depositi morenici wurmiani che costituiscono l'anfiteatro del Verbano, dando forma ad un paesaggio per lo più dolcemente ondulato. Caratterizzano morfologicamente il territorio i versanti del "Motto Solivo", culminante a 377 m.s.l.m. e digradante verso nord e nord/est con pendenze anche superiori al 25% ed il corso del Rio "Norè", a monte denominato "Fosso Rese", che scorre nella fertile piana del Muggiano (a nord/ovest dell'area interessata) a partire da una zona ricca di risorgive in Comune di Oleggio Castello per poi sfociare nel Ticino, nel punto in cui questo comincia a defluire dal Lago Maggiore.
La Vegetazione Da punto di vista vegetazionale Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
l'area è caratterizzata dalla presenza di numerose formazioni boschive quali: pineta di brughiera di pino silvestre, quercocarpineto dell'alta pianura, castagneto ceduo a Teucrium scorodonia, alneto di ontano nero, robinieto, rimboschimenti di pino strobo. Insieme a queste differenti tipologie, riconoscibili nelle loro forme tipiche e floristicamente impoverite, si trovano le loro forme di transizione. Queste ultime sovente costituiscono un vero e proprio bosco misto di latifoglie in cui compare anche il pino silvestre. Inoltre, dell'analisi floristico-vegetazionale si segnalano due aspetti particolarmente interessanti e peculiari di quest'area: Lungo la strada comunale Borgo Ticino - Gattico sulle pareti di due muri a secco localmente chiamati "Muraglione" cresce una prosperosa colonia di asplenio tricomane (Asplenium trichomanes), a cui si aggiungono altre due felci: L'asplenio adianto nero (Asplenium adiantum-nigrum) e la felce delle querce (Gymnocarpium dryopteris). Lungo le ripe del Torrente Norè la vegetazione forestale si arricchisce di tipiche essenze igrofile e mesofile che con la loro presenza testimoniano il buon grado di naturalità di quest'ambiente. Tra le presenze più significative di altofusti si segnalano: l'ontano nero (Alnus glutinosa), il salice bianco (Salix alba), l'acero di monte (Acer pseudoplatanus) ed il frassino (Fraxinus excelsior). Tra gli arbusti vi sono il nocciolo e la fusaria (Euonymus europaeus), infine fra le erbacee compaiono la felce penna di struzzo (Matteuccia struthiopteris), l'olmaria (Filipendula ulmaria), la carice brizolina (Carex brizoides) e l'ortica mora (Lamiastrum galeobdolon).
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“I poeti lasciano il segno nella storia a partire dalla loro Terra, quella terra che nel bene e nel male diede loro i natali. Cerruti nacque in una terra avara da povera famiglia ma, seppe arrivare in alto culturalmente e socialmente. Tanti anni son passati da quei giorni ma il poeta rimarrà sempre Borgoticinese di nascita.” Verbum caro flactum est/De Virgine Maria/In hoc anni circulo/Vita datur seculo/De Virgine Maria.
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Memorie intorno ai poeti laureati d'ogni tempo e d'ogni Nazione – Raccolte di Vincenzo Lancetti – MILANO 1839. La raccolta che da notizie sul poeta borgoticinese Antonio Cerruto di cui, Lancetti descrive anche la grande cultura e gli innumerevoli contatti con nobili importanti dell'epoca in cui viveva e lavorava.
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Memorie intorno ai poeti laureati d'ogni tempo e d'ogni Nazione – Raccolte di Vincenzo Lancetti – MILANO 1839. Una breve biografia che evidenzia come il Cerruti sia arrivato a coprire cariche importanti attraverso la fiducia datagli dal Vescovo di Novara.
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Memorie intorno ai poeti laureati d'ogni tempo e d'ogni Nazione – Raccolte di Vincenzo Lancetti – MILANO 1839. Carlo V di Spagna lo considera un poeta e uomo di cultura al pari dei grandi del suo tempo, nominandolo cittadino onorario di Milano.
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Memorie intorno ai poeti laureati d'ogni tempo e d'ogni Nazione – Raccolte di Vincenzo Lancetti – MILANO 1839. Qui il Lancetti elenca le principali opere del borgoticinese.
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Il Novarese sconosciuto Curiosità e architettura tra i vigneti di Boca
C
hi si trova tra Borgomanero e Romagnano, seguendo le indicazioni stradali per la SP 32 Boca-Grignasco, potrà facilmente raggiungere il Santuario di Boca, dedicato al Santissimo Crocefisso, situato nei boschi a fianco del torrente Strona, a quota 395 m (407 m riporta una antica scritta sulla base muraria del lato nord).
La casa dei venti Non lontano dal Santuario scorgiamo una curiosa e singolare costruzione privata chiamata “la Casa dei Venti”, un piccolo edificio decisamente particolare situato ad un centinaio di metri appunto, dal santuario. Si tratta di una sorta di villetta in stile neogotico, costituita soltanto da quattro piccole stanze ottagonali; la costruzione è coronata da un terrazzo. Ci viveva, ai tempi della fabbrica del santuario, una signora molto riservata, che usciva poco, sempre vestita di nero e con il viso velato, accompagnata spesso da una vecchia cameriera. Si diceva che fosse la vedova inconsolabile di un famoso personaggio. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
La signora riceveva pochi visitatori tutti provenienti da lontano e sconosciuti agli abitanti di Boca. Soltanto il grande architello Alessandro Antonelli, quando veniva saltuariamente a controllare i lavori al santuario, non mancava di farle visita. Sulle prime, naturalmente, il fatto suscitò la curiosità dei paesani, ma poichè non venivano alla luce notizie e pettegolezzi sull'abitante della villetta, tutti se ne disinteressarono. La verità sull'ignota signora esplose dopo la sua morte: costei non sarebbe stata altro che una delle sorelle minori dell'Antonelli, maritata ancor giovane con un ingegnere minerario di Stoccarda. Purtroppo l'ingegnere era morto giovane, in quanto affetto da licantropismo emofilo... malattia che, prima di morire, trasmise alla moglie. Contestualizzando la vicenda nel suo tempo, potremo capire come la giovane andasse in tutti i modi tenuta nascosta e fu proprio del fratello architetto la proposta di mandarla a vivere a Boca, dove nessuno la conosceva, e dove forse la benefica influenza del suantuario poteva avere la meglio sulla malattia. Un licantropo dunque? O un vampiro? Niente di particolarmente truculento in realtà perché in paese sembra non sia successo mai nulla di strano. Né ululati nella notte, né sparizioni, o efferati omicidi e nemmeno Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
misteriose morti per anemia. Solo qualche pettegolezzo attorno a quella misteriosa signora velata, presto soffocato dalla noia di una vita tranquilla e riservatissima. Ma che malattia è, realmente, il "licantropismo emofilo"? Una malattia che porta alla repulsione per la luce che forse l'Antonelli sperava di guarire con la vicinanza al santuario? O piuttosto una di quelle malattie immaginarie dietro cui si nascondono altre più concrete ma vergognose affezioni? Probabilmente non lo sapremo mai. Del resto non è nemmeno chiaro se la Casa dei Venti sia stata costruita dall'Antonelli, come pare probabile, o da altri. Ma da chi in questo caso? Del resto il nome dell'Antonelli è legato a costruzioni piene di significati esoterici, come sembra a prima vista la torretta di Boca.
Il santuario di Boca Il Santuario del SS. Crocefisso di Boca sorge a metà strada tra Boca e Grignasco, in mezzo a boschi ombrosi e colli coltivati a vigneti. Secondo la storia, l'origine del santuario risale ad una cappella che si trovava ad un chilometro dal paese di Boca, in cui vi era raffigurato il Divino Crocefisso, con un angelo che raccoglie nel calice il sangue zampillante del costato di Gesù e in basso due figure che ricordano i defunti. Una semplice rappresentazione, richiamo di fede ai viandanti. La devozione, già forte, per la Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Cappella crebbe e si divulgò verso la metà del 1700 in seguito alla guarigione di un fanciullo epilettico e alla liberazione di un mercante assalito da alcuni ladri. L'afflusso sempre maggiore di devoti rese necessaria la costruzione di una prima chiesa, la quale risultò insufficiente col crescere delle folle. Si arrivò così all'attuale maestoso tempio di impianto neoclassico, opera dell'architetto novarese Alessandro Antonelli. La prima pietra fu posta nel 1822, e la costruzione terminò dopo tante fatiche e peripezie nel 1917. L'Antonelli non poté portare a termine l'edificio, che non appare sormontato dall'alta guglia prevista dal progetto. Il progetto antonelliano prevedeva infatti la realizzazione di un'opera dalle caratteristiche eccezionali: un tempio lungo 45 metri a tre navate con 26 colonne, una navata centrale alta 51 metri, un pronao con 16 colonne alte oltre 10 metri, una torre campanaria di 119 metri. Lo studio originale fu poi ridimensionato per ragioni economiche. Il Santuario si presenta oggi con una scalinata d'accesso e un vasto porticato; l'interno si apre con un'ampia volta a botte di 17 metri di corda, sopra un solo ordine di colonne. Il complesso architettonico, per quanto modificato rispetto al progetto originale dell'Antonelli, mantiene un carattere di grande eleganza e maestosità. Ancora oggi è meta di frequenti pellegrinaggi.
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La leggenda del Toro Rosso.
C
Augusta Taurinorum e le sue storie! ’era una volta… questa storia si perde nella leggenda e narra di un Toro che salvò una città che come ringraziamento prese il nome da questo valoroso animale e lo inserì nel suo stemma. Se gli studiosi ritengono che il nome di Augusta Taurinorum derivi dalle popolazioni celto-liguri che vi abitavano in origine e più precisamente dalla parola Thorche nell’antica lingua di questi popoli significa “monte”, il mito racconta di una storia sicuramente più romantica e incredibile, ovvero quella del Toro ebbro di vino che salvò la città.
La leggenda narra che nei boschi intorno alla città abitasse uno spaventoso drago che spargeva il terrore tra la popolazione sputando fuoco e fiamme, mangiando gli animali degli allevamenti e uccidendo tante persone.
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Gli abitanti del posto, cercando una soluzione per sconfiggere il drago e tornare a vivere in pace, pensarono di mandare un altro animale che potesse lottare contro questo essere spaventoso. La scelta ricadde su un toro dal pelo rosso, l’animale più forte e robusto che avessero a disposizione. Per renderlo ancora più forte e per aumentare le possibilità di vittoria, gli abitanti della città diedero da bere all’animale una mistura di acqua e vino rosso. Ed in effetti questa bevanda rese il toro ancora più battagliero ed impaziente. Dopo che ebbe bevuto questo “elisir” il toro rosso fu portato nel bosco e la lotta con il drago ebbe inizio. Il valoroso animale, battendosi con tutte le sue forze, riuscì a ferire con le corna la pericolosa creatura e alla fine ebbe la meglio riuscendo ad ucciderlo. Durante il duro combattimento però, il toro dal pelo rosso rimase gravemente ferito e morì poco dopo. La popolazione del villaggio fu talmente grata al toro rosso e al suo sacrificio che decise di aggiungerlo all’olimpo delle proprie divinità e di metterlo nello stemma cittadino. Da questo salvatore Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
deriverà il nome di Torino ed il legame che ancora oggi la città ha con questo animale, simbolo di forza, tenacia, coraggio e libertà, ritenute virtù del popolo torinese. Una leggenda che si perde nella notte dei tempi, ma il cui protagonista è ancora oggi ilsimbolo indiscusso della città. Potremmo dire…quando la leggenda diventa storia! Da questa storia presero spunto due realtà moderne ben precise e più materiali: il toro rosso o granata della mitica squadra del Torino e una bevanda forte e potente chiamata commercialmente Red Bull che tradotto non è altro che Toro Rosso e la potente bavanda-mistura che aumentò la sua forza per sconfiggere il Drago. Leggenda e realtà, magari commerciale, a volte viaggiano a braccetto.
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Il vero sale aromatico. Per rendere gustose e succulente le pietanze.
F
are il sale aromatico in casa è veramente semplicissimo, vi servirà del sale, delle spezie, un frullatore e qualche minuto libero a disposizione ed il gioco è fatto. Potreste procurarvi dei barattolini di vetro trasparenti, all’interno dei quali conservare il vostro sale aromatizzato una volta preparato. Se ad esempio intendete preparare un sale aromatico, più o meno piccante, potrete frullare insieme il sale e del peperoncino in polvere.
La miscela ottenuta, sarà leggermente umida, pertanto, prima di metterla nei vasetti, potrebbe essere utile lasciarla prima asciugare un po’ all’aria, magari sgranandola di tanto in tanto con una forchetta.
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I sale aromatizzato per condire la carne
può esser
facilmente realizzato in casa mixando alloro, rosmarino, salvia (essiccata), prezzemolo, aglio disidratato e sale grosso, poi frullate e lasciate essiccare il mix prima di conservarlo.
I sale aromatizzato per condire il pesce invece
è
particolarmente sfizioso con una nota agrumata, possiamo allora prepararlo con sale, timo prezzemolo secco, buccia di limone, pepe nero e peperoncino e frullate insieme, poi fate asciugare il composto in forno a 50 gradi per 15 minuti.
Infine per condire l’insalata,
potreste preparare il sale
all’aceto balsamico riducendo sul fuoco dell’aceto balsamico, poi una volta raffreddato, unitelo al sale grosso, frullate insieme, poi disponete il composto su una leccarda rivestita di carta da forno e fatelo asciugare per bene.
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“Molte persone credono di non seguire le mode, ma non è così. Ognuno di noi, che lo si voglia o no, è legato ad una moda, quella moda riferita a quel che ci piace. Anche nel bere esistono mode, più o meno condivisibili.”
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L'aceto fatto da te. Fare l'aceto in casa è semplice ma anche tanto buono.
L
a temperatura ideale per la fermentazione dell'aceto e per la conservazione della madre è di circa 28-30° C. La preparazione casalinga dell'aceto di vino sarà dunque facilitata nel corso dei mesi estivi. Per facilitare la fermentazione, è possibile aggiungere alla preparazione della mollica di pane, ricordandosi di filtrare in seguito l'aceto, prima dell'utilizzo. Una volta prelevata la madre dell'aceto dal contenitore utilizzato per la sua preparazione, è possibile eliminare la sua parte inferiore, che risulta di solito meno attiva. Per la preparazione casalinga dell'aceto di vino vi occorreranno: Una damigiana - Madre dell'aceto - 2 litri di vino di gradazione 10-12.
La damigiana da utilizzare dovrà avere una capacità superiore ai 2 litri. Utilizzare una damigiana è vantaggioso poiché permette di Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
proteggere il vino ed il futuro aceto dalla polvere, in quanto l'imboccatura della damigiana, che dovrà rimanere a lungo aperta, è piuttosto stretta. A questo punto si dovranno introdurre nella damigiana la madre dell'aceto ed il vino prescelto. Il tutto dovrà essere lasciato riposare per un mese a temperatura ambiente, dopodiché si sarà formato l'aceto. A questo punto l'aceto potrò essere travasato in una bottiglia. E' consigliabile travasarne soltanto una parte, in modo da poter riempire di volta in volta la damigiana con del nuovo vino, così da rinfrescare la madre e da permettere la nuova formazione di aceto.
Produrre la madre dell'aceto. - Per poter preparare l'aceto di vino è indispensabile ottenere la"madre". Sarà dunque necessario versare in un recipiente ampio, preferibilmente di terracotta, un litro di vino la cui gradazione alcolica dovrà essere attorno ai 10-12 gradi. Al vino dovranno essere aggiunti 250 millilitri di aceto di buona qualità. Il tutto dovrà essere richiuso con un tappo di sughero e lasciato riposare per due settimane, ricordando di aprire il recipiente e di lasciare arieggiare il suo contenuto per 30 minuti al giorno. Trascorso il tempo stabilito, si sarà formata una sostanza vischiosa sul fondo del contenitore. Si tratta della madre dell'aceto. Una parte della madre potrà essere prelevata e utilizzata per la preparazione dell'aceto stesso.
Come dividere la madre. •
Ricordarsi sempre che la madre d'aceto è viva, se maltrattiamo facilmente muore. È sensibile al freddo, la sua temperatura ideale è di circa 30°C.
•
Se la madre è molto "vecchia" si può sfogliarla come un
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libro (alla fine è cellulosa) e togliere la parte più "bassa" (quella piu' immersa) che sarà probabilmente quella meno attiva dal punto di vista degli acetobatteri. Coprirla poi con garza e metterla in un posto bello caldo. •
Si può tenere la "madre" in un barattolo di vetro piuttosto grande e a collo largo, coprirlo con un telo a trama larga o con della carta assorbente da cucina e lasciarlo all'aria (meglio se ci sono sbalzi termici) e dimenticarselo li per un mesetto.
•
Ricordarsi che la "madre" va rinfrescata con altro vino nella stessa quantità di quello prelevato dal barattolo.
È importante trovare ed utilizzare un vino che abbia pochi solfiti, per permettere alla madre di maturare e vivere "bene". Utilizzare il vino più genuino possibile. Non deve superare in genere i 12°.
Consigli dall'enologo
- Per facilitare la fermentazione, si
possono aggiungere al vino pochi trucioli di legno di faggio o di abete, oppure la mollica di un panino (in quest'ultimo caso si dovrà poi filtrare l'aceto) o qualche spaghetto. Si consiglia inoltre di levare l'aceto una volta l'anno, per "lavare" la madre e (se ci sono) i trucioli. Si lava bene il recipiente, lo si asciuga e infine si rimette dentro l'aceto passato attraverso un telo pulito, i trucioli e la "madre" lavata nel vino. Prendere un recipiente di terracotta (foto a sinistra) ben lavato e asciugato e versare una bottiglia di vino genuino, coprire con un telo piegato e lasciatelo all'incirca un mese affinché la trasformazione risulti completa. Questo sistema è abbastanza efficace ma per avere un aceto a regola d'arte sarebbe ideale utilizzare il tinello, quel contenitore fatto con doghe di legno che una volta si trovava in tutte le case di campagna. Il procedimento è lo stesso del recipiente di terracotta ma il fatto è che con il legno il risultato è diverso. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
L'acetiera - Mettere l'acetiera in un posto buio, tranquillo e possibilmente a temperatura costante. Non va bene troppo freddo (i batteri arrestano la crescita) nè troppo caldo (i batteri crescono troppo velocemente e l'aceto non viene buono). Ideale la cantina ( min 8°, max 25°). Si consiglia di avere almeno due acetiere. Infatti, dopo un periodo più o meno lungo il sedimento (formato da batteri vivi e morti) si sarà accumulato in gran quantità e la madre avrà raggiunto una dimensione notevole. Allora sarà necessario: prelevare ed imbottigliare tutto l'aceto; svuotare l'acetiera, eliminando il sedimento tranne una piccola quota; estrarre la madre e sciacquarla rapidamente in acqua; lavare bene l'acetiera SOLO con acqua; risciacquare madre ed acetiera con vino che poi va buttato; mettere una parte della madre e del sedimento nell'acetiera, aggiungere il vino per produrre così il futuro aceto.
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“Menù illustrato dal pittore Berard ad acquerello su carta di stracci 1958. I menù vennero usati per una serata al locale “La Mediterranee”. Collezione Cella Vinaria.
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Buffalo Bill a Novara. Nel 1906 a Novara arriva la leggenda!
A
nno 1917 moriva una leggenda del Far West. Un personaggio discusso e amato in tutto il mondo.
Correva l'anno 1906 e più precisamente il 28 aprile, in Piazza d'Armi a Novara si esibiva il famoso “Circo Americano”, in tournée in Europa del colonnello William Cody, in arte Buffalo Bill. In pochi sanno che fece una tappa con il suo grande spettacolo anche a Novara, in
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compagnia della moglie, Luisa Frederici, con «veri indiani d’America», come recitavano i manifesti pubblicitari dell'epoca, e 500 cavalli. Prima dello spettacolo in piazza d’Armi farà una puntata al Faraggiana coi giocolieri e qualche artista per dare un assaggio dello show. Il convoglio arriva alla stazione di Novara alle cinque di mattina, atteso da una gran folla accorsa per l'evento, annunciato da grandi cartelli pubblicitari esposti in città, e il lungo corteo formato da uomini e animali attraversa la città.
Alle nove, vengono allestiti i padiglioni e alle undici viene innalzato il grande tendone, all'interno del quale vengono sistemate ben diecimila sedie. L'evento richiama una folla immensa, e l'incasso raggiunge l'incredibile cifra di trentamila lire.
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Il bicchiere della staffa. La storia di un detto arrivato fino a noi.
I
l bicchiere della staffa e l'antica storia dell'osteria torinese. L'usanza di bere un ultimo bicchiere alla fine delle feste ha origini molto antiche. Nel Quattrocento a Torino la praticava già una nobile coppia in viaggio di nozze.
Chi ama fare tardi alle feste conosce bene l'espressione “bere il bicchiere della staffa”. Indica in pratica l'ultimo bicchiere prima di andare a dormire, che può essere bevuto da soli (come nell'inglese “nightcap” che indica soprattutto l'uso in solitaria a casa) o in compagnia, alla fine di una serata tra amici. Il riferimento alla staffa è una testimonianza chiara dell'antichità di questa “tradizione”, in uso fin da quando il mezzo di locomozione più usato era il cavallo. In Italia, ad esempio, tra le testimonianze più antiche di “bicchiere della staffa” ce n'è una che riguarda Torino. Era il 1481, e nella Contrada di San Pier del Gallo (corrispondente all'attuale via Torquato Tasso, nei pressi di Largo IV Marzo e via Conte Verde) vi era il miglior albergo della città, l'Ostaria San Giors (San
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Giorgio). Il 24 febbraio a Mantova, Chiara Gonzaga aveva sposato Gilberto I di Borbone, conte di Montpensier e delfino d'Alvernia. Nel viaggio di nozze verso la Francia, la coppia fece sosta a giugno proprio a Torino. E qui, secondo una antica storia riguardante i Gonzaga, prima di partire per le cavalcate nei prati intorno a piazza Castello i due nobili sposi bevevano il cordiale serviti dall'oste quando già avevano il piede in una staffa.
Cosa si beveva in quegli anni? Beh, il distillato più comune era un prodotto simile alla grappa di oggi, meno raffinata e di più alta e scostante gradazione ma, proprio da li nacque un distillato che, ancora oggi, guida le esportazioni italiane nel mondo: la grappa. La Grappa IG di piemonte è una delle più richieste sul mercato estero grazie ad un sapore morbido e Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
intenso.
Metodo di produzione -
La Grappa Piemontese IG o Grappa
del Piemonte IG è ottenuta per distillazione, direttamente mediante vapore acqueo oppure dopo l’aggiunta di acqua nell’alambicco, di vinacce fermentate o semifermentate. Nella produzione è consentito l’impiego di fecce liquide naturali di vino nella misura massima di 25 kg per 100 kg di vinacce utilizzate.La quantità di alcole proveniente dalle fecce non può superare il 35% della quantità totale di alcole nel prodotto finito.L’impiego delle fecce liquide naturali di vino può avvenire mediante aggiunta delle fecce alle vinacce prima del passaggio in distillazione, o mediante disalcolazione in parallelo della vinaccia e delle fecce e invio alla distillazione della miscela delle due flemme, o dei vapori alcolici, o mediante disalcolazione separata delle vinacce e delle fecce e successivo invio diretto alla distillazione. Dette operazioni devono essere effettuate nella medesima distilleria di produzione.La distillazione delle vinacce fermentate o semifermentate, in impianto continuo o discontinuo, deve essere effettuata a meno di 86 per cento in volume. Entro tale limite è consentita la ridistillazione del prodotto ottenuto. Nella preparazione della Grappa Piemontese IG o Grappa del Piemonte IG è consentita l’aggiunta di:- piante aromatiche o loro parti, nonché frutta o loro parti, che rappresentano i metodi di produzione tradizionali;- zuccheri, nel limite massimo di 20 grammi per litro, espressi in zucchero invertito;- caramello, solo per la grappa sottoposta a invecchiamento almeno 12 mesi, secondo le disposizioni comunitarie e nazionali vigenti.La Grappa Piemontese IG o Grappa del Piemonte IG può essere sottoposta a invecchiamento
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in botti, tini e altri recipienti di legno. Nella presentazione e nella promozione è consentito l’uso dei termini, Vecchia o Invecchiata per la grappa sottoposta a invecchiamento in recipienti di legno non verniciati né rivestiti, per un periodo non inferiore a 12 mesi, in regime di sorveglianza fiscale, in impianti ubicati nel territorio piemontese. I termini Riserva o Stravecchia sono consentiti per la grappa invecchiata almeno 18 mesi.
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Vini Antichi e rari di Piemonte. Ruchè, Uvalino e Val Chiosone le rarità che conquistano l'Europa. Ruchè di Castagnole Monferrato - Del vitigno Ruchè e delle sue origini non si conosce molto, a parte che viene coltivato sin dal Medioevo sulle colline del Monferrato e in particolare nei dintorni di Castagnole Monferrato, sua zona d’elezione. Pressochè infinite sono le disquisizioni sull’origine del suo nome, su come sia giunto fino a qui e da dove, ma nessuna teoria prevale sulle altre, tanto che qualcuno si è spinto fino ad assegnargli l’appellativo di “vino del mistero”. Di certo si sa solo che il Ruchè per un periodo di tempo molto lungo non è stato un vitigno popolare e la sua presenza si limitava a qualche sporadica pianta tra i filari di Barbera e Grignolino.
L’oblio del Ruchè è durato fino al 1964, anno in cui giunse a Castagnole
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Monferrato un nuovo parroco, Don Cauda, il quale scoprì questo vitigno semisconosciuto all’interno della piccola vigna della parrocchia e, incuriosito, provò a vinificarlo: ne fu subito entusiasta! A Don Cauda si deve la riscoperta enologica del Ruchè, il curato infatti credette moltissimo nelle sue potenzialità di ottimo vino, tanto che ne iniziò una produzione sistematica e contribuì a renderlo popolare offrendolo durante le feste paesane. Grazie a lui altri viticoltori iniziarono a impiantarlo e a vinificarlo facendolo diventare una risorsa importantissima per il territorio di Castagnole Monferrato, come testimoniato dall’assegnazione dell’appellazione di vino DOC nel 1987, seguita poi dalla DOCG nel 2010. In base al disciplinare l’area di produzione del Ruchè di Castagnole Monferrato è veramente limitatissima e circoscritta ai comuni di Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi. La produzione è circoscritta a circa 650.000 bottiglie suddivise tra una ventina di produttori.
Uvalino di Costigliole d'Asti - Era la bottiglia più preziosa da regalare al dottore, al podestà, al farmacista e al prete: un vino di lusso per far bella figura. Poco di scritto è rimasto su questo vino, ma le testimonianze orali permettono di attestare la sua presenza in Piemonte almeno dagli ultimi anni dell’Ottocento. Da quell’epoca, risulta diffuso in tutta l’Astesana meridionale, con il cuore nella zona di Costigliole d’Asti. Si può dire che fino a una cinquantina d’anni fa in tale area non esistesse azienda agricola, per quanto piccola, che non destinasse all’Uvalino almeno un paio di filari dei propri vigneti.
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Le caratteristiche varietali dell’uva in questione portano a escludere che si tratti di un vitigno “forestiero” importato e acclimatato in tempi recenti, o comunque nel corso dell’Ottocento. Veniva utilizzato in purezza e passito soltanto dalle famiglie più illustri e abbienti, e si connotava così con un segno di distinzione. Avere qualche bottiglia di Uvalino in casa era un segno di benessere, oggi diremmo uno status symbol.
Costigliole d’Asti è il comune con la più estesa superficie vitata del Piemonte. Regno di Moscato e di Barbera, che qui assume un caratteristico accento di viola, racchiude una perla, l’Uvalino, vitigno da cui la famiglia Borio di Cascina Castlèt ricava l’Uceline (da un nome seicentesco della varietà, caratterizzata da maturazione tardiva e, quindi, maggiormente soggetta all’attacco degli uccelli). Vino dal colore rosso granato con nuances aranciate se invecchiato, sentori di piccoli frutti, liquirizia e spezie all’olfatto ed equilibrata struttura tannica. L’Uvalino, attestato sin da fine Ottocento tra Costigliole, Canelli e Montaldo Scarampi, dove ogni famiglia ne possedeva almeno un paio di filari, serviva per irrobustire gli altri vini, per produrre la quetta, bevanda estiva, e di rado lo si vinificava in purezza.
Vitigni della Val Chiosone - La Val Chisone è balzata agli onori della cronaca nel 2006 in occasione delle Olimpiadi Invernali, Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
quando le sue stazioni sciistiche sono state cornice dei tanti eventi che hanno calamitato sul Piemonte le attenzioni di mezzo mondo. Purtroppo la Val Chisone non viene così spesso citata per raccontare storie di agricoltori e di produttori di cibo. In realtà questo territorio a ben vedere riesce a esprimere un livello di biodiversità davvero molto importante anche se, per il momento, sconosciuto al grande pubblico.
Ben pochi sono a conoscenza di un'ottima produzione vinicola portata avanti con serietà e passione dalla famiglia Coutandin. «Quando nel 1995 andai in pensione, dopo aver fatto per una vita l'operaio meccanico, non avevo intenzione di trascorrere tutto il mio futuro al bar o in bocciofila e per questo decisi di trasformarmi in viticoltore»: una bellissima testimonianza quella di Giuliano Coutandin che, sulla soglia dei sessant'anni, decide di cambiare profondamente la sua vita per seguire un sogno che aveva coltivato durante i tantissimi anni di lavoro in fabbrica. I Coutandin avevano letto su numerose pubblicazioni che i vini della Val Chisone e di Perosa Argentina erano famosi addirittura ai tempi del Cardinale Richelieu, che sul finire del diciassettesimo secolo si faceva spedire a Parigi questi rossi di montagna. «La qualità media dei vini di questa zona ci sembrava davvero insufficiente e ci pareva impossibile che un personaggio così importante come Richelieu si facesse spedire presso la corte di Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Francia vini di così scarso interesse. Evidentemente questo terroir aveva potenzialità nascoste, che ci impegnammo ad esaltare con la produzione dei nostri vini» continua Giuliano nel suo racconto. La vera svolta si registrò con l'ingresso in azienda del giovane figlio Daniele. Dopo aver fatto l'operaio per alcuni anni, decise di licenziarsi per fare il viticoltore: «Avevo una trentina di anni e stare sotto padrone proprio non mi piaceva. Sono un po' anarchico e la campagna mi piaceva troppo per lavorare tra i filari solo nei ritagli di tempo, per cui presi questa decisione un po' pazza e abbinai alla campagna un impiego part time nel sociale». Ora il vigneto è condotto da Daniele in prima persona, che ha trasformato questi eroici fazzoletti di terra, abbarbicati su terrazzamenti a picco sul borgo di Perosa Argentina, in veri e propri giardini, con le viti circondate da fiori e piante di timo. Una curiosità che crediamo in pochi ne siano a conoscenza: risalendo da Pinerolo la valle percorsa dal torrente Chisone, oltrepassata Perosa poco oltre la rupe sulla quale svettano le poche rovine di un cupo maniero (il Bec Dauphin che sino al 1713 segnava in confine tra Savoia e Francia) un cartello stradale invita ad una digressione sulla sinistra informandoci che proprio da questi luoghi era originario il celebre attore francese Fernadel. Proprio così, avete capito bene, Fernandel non era francese, come si è sempre pensato ma di questo paesino della provincia di Torino.
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PESCHE DI VOLPEDO AL MOSCATO Dolci con frutta fresca….molto fresca.
I
ngredienti: un chilo di pesche di Volpedo 2 etti di zucchero semolato 2 bicchieri di Moscato d’Asti un pezzo di scorza di arancia 15 g di gelatina
Preparazione: 1 • Mettete lo zucchero, la scorza di arancia e un po’ più di tre bicchieri d’acqua in una casseruola e portate a bollore dolcemente, senza smettere di mescolare, fino a quando lo zucchero non si sarà sciolto. Lasciate raffreddare per un’ora. 2 • Togliete la scorza dallo sciroppo e versatene mezzo bicchiere in un pentolino. Unite la gelatina e fatela ammorbidire. Cuocete a bagnomaria fino a quando la gelatina non sarà completamente sciolta. Fate raffreddare il composto, unitelo al rimanente sciroppo, mescolate e aggiungete il Moscato. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
3 • Versate uno strato di gelatina sul fondo di uno stampo da plumcake e lasciatelo rapprendere leggermente in frigorifero. 4 • Sbucciate le pesche e tagliatele a fette. Distribuitene uno strato nello stampo e coprite con altra gelatina. Lasciate rassodare in frigorifero, fate un secondo strato di frutta e di gelatina e rimettete lo stampo al fresco. Procedete fino a esaurire gli ingredienti, terminando con la gelatina: in questo modo la frutta non si sposta e si ottiene una superficie liscia. 5 • Lasciate l’aspic in frigorifero per alcune ore. 6 • Per sformarlo, avvolgete lo stampo con uno strofinaccio bagnato con acqua calda e fate scivolare il contenuto sul piatto da portata. Fate ammorbidire l’aspic a temperatura ambiente e servitelo con panna liquida o gelato. Per saperne di più: La pesca di Volpedo, inserita tra i Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali) perché le tecniche di lavorazione, conservazione e stagionatura sono ormai consolidate nel tempo e si svolgono sul territorio nel rispetto della tradizione, è un frutto di grossa pezzatura, molto profumato e dal sapore dolce. Negli anni sono state introdotte tecniche di coltivazione innovative e si sono messe sul mercato nuove varietà, in modo da accontentare i gusti di tutti i consumatori. Ottime consumate crude, queste pesche danno eccellenti risultati quando sono utilizzate, come in questo caso, per la preparazione di dolci.
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PERE MARTINE AL BAROLO Dolci con frutta fresca….molto fresca. Ingredienti: • 8-10 pere martine • 100 g di zucchero • 1/2 l di Barolo • 4 chiodi di garofano • la buccia di 1 limone.
Preparazione: Sbucciate le pere lasciando il picciolo, sistematele in una casseruola in modo che l’una sorregga l’altra, caso mai aggiungetene una o due. Cospargetele di zucchero, unite i chiodi di garofano e la buccia di limone, versate il vino, un bicchiere d’acqua e coprite. Cuocete a fuoco dolce per un’ora e anche più. Quando le pere sono diventate morbide toglietele dal recipiente, allineatele in un piatto da portata. Fate addensare il sugo di cottura, poi con un cucchiaio versatelo sopra le pere in modo che restino velate dallo sciroppo. Raffreddare e servire.
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“Il gioco misura l'abilità, l'accortezza, il senso della competizione, la concentrazione, la scaltrezza e molti altri sensi e doti. Ecco perché, anche il più innocente dei giochi può divenire una vera battaglia.”
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I cantinitt.
C'
La roccia prende vita. è un luogo, in Ossola, dove il tempo si è fermato. Lasciando alle proprie spalle il paesello si percorre in una stradina lastricata di di foglie secche e si sente un fredda brezza che sembra soffiare costantemente dal torrente poco più avanti. Si arriva ai Cantinitt, minuscole abitazioni in sasso che paiono adatte agli gnomi, costruite a ridosso della montagna e quasi sempre in ombra.Le costruzioni a volta sono state edificate tra i blocchi di una frana, la cosiddetta giavina, per sfruttare le correnti d’aria che provengono dalla montagna e dal suolo. Siamo a Megolo di Fondo che, insieme a Megolo di Mezzo e Megolo di Cima, costituisce la piccola frazione tripartita di Megolo, situata tra Anzola d’Ossola e Pieve Vergonte.
Sul Riale dell’Inferno, il corso d’acqua prossimo ai Cantinitt, che scorre tra Megolo e Anzola e più avanti si getta nella Toce, circolano molti spaventosi racconti, nati Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
forse per spiegare la ferocia delle sue acque. Non crescono piante che resistano alle sue büze (piene) feroci, ma sopravvivono soltanto grandi sassi e cespugli spinosi. La valle divide l’Ossola da Forno in Val Strona con una cresta dentellata, ma inaccessibile. Si narra che moltissimi anni fa due contadini erano nel campo e, sorpresi da un temporale si accostarono al Riale, dove apparve il diavolo in persona che sorrideva appoggiato al ponte. Alcuni dicono che che nella valle ci sia l’ingresso alle cataratte infernali. Una leggenda riguarda il prete Spadone di Megolo. Egli si trovava a Roma nella chiesa di San Pietro alla vigilia di Natale. Improvvisamente di fianco a lui comparve il demonio che gli disse “Se tu esprimerai un desiderio io lo esaudirò”. Il prete solerte chiese di poter dire la messa di mezzanotte nella sua chiesa a Megolo. Il diavolo gli disse: “Esaudirò il tuo desiderio a patto che non pronuncerai mai il nome di Dio durante il viaggio”. In men che non si dica il prete si trovò in sella a un cavallo bianco che lo trasportò immediatamente al suo paese. Spadone, sorpreso dalla velocità esclamò “Jesus Maria!”. Non appena ebbe detto quel nome il cavallo, per volere diabolico, lo disarcionò e il povero prete precipitò nell’Inferno. Le persone del paese sostengono che il prete cavalchi ancora senza tregua, giorno e notte.
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Chissà se nei Cantinitt girano i cüsch a fare i loro scherzetti? Sono un popolo di nani, cugini dei twergi di Ornavasso, che abitano in una caverna nella valle dell’Inferno dove nessun umano ha mai osato entrare. I cüsch sono sempre coperti di neve e pare che abbiano i capelli color argento. Si dice che la loro caverna abbia bocca segreta, che esce in quel vallone sotto la cava, che infatti si chiama Buca d’la val. Un gatto, entrato nella caverna, sarebbe uscito dall’altra parte. Questi gnomi sono ritenuti autori di molte stranezze: si intromettono tra i fidanzati mettendo zizzania, richiamano il vento che sfilaccia i covoni di fieno, suggeriscono a topi di andare a sgranocchiare le castagne sulla grà e slacciano gli scüssal alle donne sugli alpeggi. Tornando ai Cantinitt, occorre sapere che queste speciali cantine, scavate nella roccia almeno fin dal Settecento e che si trovano anche in Vall’Anzasca, hanno la caratteristica di mantenere al loro interno una temperatura costante, sia d’estate che d’inverno e di poter così garantire la conservazione di formaggio, vino, carne e salumi. L’architettura dei Cantinitt è semplice e armonica. Sono edifici in pietra viva, alcuni dei quali intonacati, ricoperti da tetti in piode. Nonostante la semplice funzione di frigoriferi i piccoli abitacoli mostrano una loro grazia e sono abbastanza simili alle baite ossolane di montagna, ma a differenza di quest’ultime, hanno un solo piano e sono privi di finestre. Le porte sono di legno e all’interno del minuscolo giardino delimitato dai muretti di pietra hanno panche e tavoli. D’estate si trasformavano in osterie ed era una tradizione del luogo passare le domeniche dei mesi caldi a gustare formaggio, castagne e bere il vino dolce ‘merican, simile al fragolino, che si traeva dai vitigni locali. Per la festa del patrono di Megolo, San Lorenzo, il 10 agosto, le famiglie anzolesi e di Pieve Vergonte si spostavano con il vecchio scharabàn, o carro a banchi, verso Megolo, dove avrebbero
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trascorso la serata cantando e ballando, seduti sulle fresche panche di pietra sotto le pergole. Questo bastava alle genti antiche per divertirsi in compagnia. Il nucleo dei Cantinitt è oggi, purtroppo, in uno stato di abbandono. Gli edifici, testimoni di un passato di relazioni e di momenti lieti, sembrano destinati in futuro al deterioramente, a meno di organizzare adeguati interventi di restauro e recupero. Sarebbe davvero auspicabile una campagna di conservazione per salvare un’architettura tipica ossolana cha ha una caratteristica ambientale e territoriale unica.
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"Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo" Ippocrate
"Non c’è amore più sincero di quello per il cibo" George Bernard Shaw
"Il vino: lo si schiaccia dolcemente tra lingua e palato; lentamente fresco e delizioso, comincia a fondersi: bagna il palato molle, sfiora le tonsille, penetra nell’esofago accogliente e infine si depone nello stomaco che ride di folle contentezza" Gustave Flaubert
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Cos'è banca del Vino. Cos'è la Banca del Vino?
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l 30 aprile del 2011 ha aperto a Pollenzo (CN) la Banca del Vino. Si tratta di un'istituzione unica al mondo, nel suo genere e destinata a cambiare approccio col pianeta vino. Nelle storiche cantine che hanno assistito alla prima codificazione dei moderni metodi di vinificazione dei grandi rossi piemontesi ad opera di Francesco Staglieno, su una superficie di 2500 mq, saranno stoccati i vini delle più prestigiose firme dell'enologia nazionale. Sono 300 nomi scelti con la massima attenzione per la qualità del prodotto da un'apposita commissione. Il 50% delle aziende selezionate è piemontese, in omaggio alla "piemontesità" di Pollenzo e del suo complesso storicoculturale; l'altra metà è costituita dai nomi principali delle più blasonate aree di produzione italiane.
La Banca del Vino funzionerà come un vero e proprio museo del vino d'eccellenza: con percorsi di visita per il pubblico, quindi, con un sistema interattivo di audioguide in 5 lingue (pronto entro il primo anno), un sito Internet dedicato alle aziende della Banca e ancora - e soprattutto - con una dinamica e costante attività di Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
promozione dell'immagine e della cultura enologica. Da questo punto di vista la Banca del Vino organizzerà degustazioni, stages, verticali con annate ormai introvabili, weekend enologici a Pollenzo, offerte di vendita per i soci (oltre 700) della Banca del Vino. Alle cantine partecipanti si chiede un gettito annuale, sotto forma di deposito, di 180 bottiglie all'anno, spalmate su un massimo di tre etichette aziendali proposte anche in formato magnum. Si comincerà stoccando 60.000 bottiglie e ogni anno aumenteranno dello stesso numero fino ad un massimo di 200.000. Queste bottiglie, di proprietà del produttore, entrano in questo modo a far parte del circuito promozionale della Banca del Vino con, in aggiunta, la possibilità di essere prenotate. La prenotazione di vino presente nella Banca costituisce una sorta di "acquisto dilazionato": l'acquirente diventa il nuovo proprietario del vino ma si impegna a tenere stoccate le bottiglie nelle cantine di Pollenzo per un periodo determinato. Proprio in questo sta la grande differenza concettuale della Banca del Vino rispetto a tutte le strutture commerciali o promozionali: la filosofia di fondo è creare quella memoria storica del vino italiano che ad oggi non esiste, se non in forma molto "casalinga", nelle cantine di qualche collezionista o degli stessi produttori. Pollenzo offre, con la sua Banca del Vino, la possibilità di costruire un passato a un settore che guarda per sua natura al presente e al futuro. Lo fa con tutta l'esperienza e l'autorevolezza acquisite da Slow Food in campo enologico, un'autorevolezza oggi riversata nell'istituzione Banca del Vino, che lavorerà con un proprio staff, un proprio ufficio, una propria forma giuridica autonoma nell'ambito delle diverse realtà insistenti sull'Agenzia di Pollenzo. La Banca del Vino e UNISG University of Gastronomic Sciences - Pollenzo BRA (CN).
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Il
BUDINO
di
Castagne. L'antica ricetta dimenticata e sublime.
I
ngredienti - 6 persone: 500 gr castagne Cuneo IGP 1 lt latte 100 gr farina di riso 120 gr zucchero 4 uova 1 bicchierino Madera 30 gr uvetta sultanina alcuni marron glacè di Cuneo alcune violette candite
Stemperare il latte, con la farina di riso, unire lo zucchero e versare il preparato in un pentolino e cuocere, mescolando, per Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
15’.
Intiepidire ed aggiungere il Madera (o Marsala o Porto), tuorli d’uovo, uvetta e castagne: lessate, pelate e sbriciolate. Riporre il tutto a cuocere e portare a bollore, mescolando Lasciare ancora intiepidire e unire albumi, montati a neve compatta. Versare il composto, in stampo da budino e cuocere a vapore, per 20’, in forno già caldo, a 160°. Sfornare, raffreddare e sformare, guarnendo con marroni e violette candite.
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Italian Swiss Colony di Asti. La curiosa storia dell'Italian Swiss Colony
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i siamo imbattuti in una storia curiosa, certamente poco conosciuta alla maggior parte di noi Italiani anche se decisamente importante per il destino della viticultura del nostro Paese. Tutto si svolge ad Asti, ma attenzione, non Asti quello delle magnifiche terre di Monferrato ma in California, nel nord della Contea di Sonoma. Li nasce l'Italian Swiss Colony di Asti.
Nel 1880, in California la viticoltura stava assumento una posizione di grande risalto. Per Andrea Sbarboro, un imprenditore italianoamericano, l'idea di fondare una cantina sembrava una scelta imprenditoriale accattivante per se e per i suoi connazionali italiani che erano alla ricerca di un lavoro. L'idea fu quella di creare una nuova associazione sia per poter reperire più facilmente i fondi necessari sia per poter accedere alle concessioni di terreni agricoli. Decise quindi di coinvolgere i connazionali e limitare l'adesione ai soli italiani, ma data la forte presenza di Svizzeri Ticinesi, sia culturalmente che linguisticamente, decise di coinvolgere anche gli immigrati elvetici fondando un'associazione agricola denominata ITALIAN SWISS COLONY di Asti CA. Sbarboro era un immigrato italiano arrivato, come moltissimi italiani del nord Italia, a San Francisco nel 1850. All'età di 13 anni si buttò nel commercio di generi alimentari, ma in seguito spostò la sua attività Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
attivando dei prestiti locali riservati principalmente agli italiani piccoli imprenditori. In quel contesto conobbe il famoso italiano fondatore della Bank of Italy poi divenuta nel 1927 Bank of America, creata da Amedeo Giannini grazie al contributo imprenditoriale di migliaia di italiani provenienti principalmente da piemonte, liguria, veneto, in quei duri anni di immigrazione e terremoti californiani. In pochi mesi, quasi una dozzina di famiglie avevano risposto alla chiamata, spostandosi dalla California del nord verso Asti partecipando alla creazione di questa incredibile comunità che disponeva di oltre 1.620 acri. “Quando Asti venne fondata come Italian Swiss Colony, l'obiettivo era quello di creare una fiorente comunità che ruotava intorno al vino. Per un po' il piano ha funzionato ma ad un certo punto nel 1960, l'azienda è divenuta l'attrazione turistica numero due nello stato, secondo solo a Disneyland”.
Nella fase iniziale, la colonia si è limitata a produrre uve per rifornire altre cantine, ma nel 1887, il prezzo pagato per una tonnellata d'uva era scesa a otto dollari, un prezzo che non riusciva
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nemmeno a coprire i costi di gestione della colonia. A questo punto Sbarboro dovette prendere una decisione: o cessare l'attività in modo definitivo o produrre del vino proprio e commercializzarlo. Il primo enologo ha assunto era uno svizzero ma la scelta si rivelò presto sbagliata. L'enologo applicò una vecchia tecnica europea evidentemente non fadatta al clima della terra di California. Si trattava di chiudere le porte e le finestre della cantina durante il ciclo della fermentazione così da ottenere una cantina abbastanza calda e facilitare la fermentazione. Quando l'infelice vinificatore chiuse le porte della cantina di Asti la temperatura salì molto velocemente e il risultato fu un'abbondante produzione di aceto. Sbarboro decise quindi di assumere il piemontese Pietro Carlo Rossi, un enologo di Dogliani con una laurea in chimica agricola. La scelta si rivelò azzeccata e decisiva. Rossi rivoluzionò non solo la produzione ma anche la commercializzazione, l'impatto estetico, l'accoglienza e la distribuzione. Incorporando uve Charbono, Mourvèdre e Zinfandel di alta qualità, Rossi produsse la sua prima annata puntando sulla semplicità, la qualità e il prezzo accessibile, realizzando un semplice vino da tavola rosso nel 1886, denominandolo, Tipo Chianti. L'interesse del Tipo Chianti crebbe sempre di più, così come la fama della cantina Asti. La struttura della colonia si espanse: il primo edificio, a due piani, in cemento e legno, aprì nel 1887 e ospitò le presse della colonia e nove serbatoi di sequoia a 12.000 galloni. Nacquero inoltre le cantine di invecchiamento nelle grandi botti di sequoia e i primi vini barricati. Entro la fine del 1800, la Italian Swiss Colony di Asti produceva oltre due milioni di litri di vino all'anno. Per gestire questo volume, Rossi dovette modificare e migliorare le sue tecniche di vinificazione tradizionali. Divenne così un pioniere della fermentazione a Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
temperatura controllata fu inoltre il primo produttore di vino della California e del mondo, ad utilizzare il biossido di zolfo come antiossidante. Curiosa fu l'inaugurazione del serbatoio in cemento che avrebbe contenuto una quantità di 17.260 ettolitri di vino. La cena avvenne all'interno del serbatoio che ospitò oltre duecento persone al suo interno. Fin dall'inizio, la colonia fu molto popolare accogliendo milioni di turisti ma, il numero di visitatori esplose alla fine del 1950 e 1960, in parte grazie alla forte e incisiva campagna pubblicitaria “Little Old Enologo” e, in parte dalla sempre crescente qualità dei suoi prodotti che, nel frattempo non si limitavano al solo vino. Alla fine del 1950, Italian Swiss Colony di Asti servita ai suoi visitatori un totale di 4.000 litri di vino all'anno in moderne e curiose sale di degustazione.
Dopo vari avvicendamenti e una serie di cambi di proprietà, l'Italian Swiss Colony di Asti chiuse le sue porte al pubblico alla fine del 1980 ed essenzialmente divenne una fabbrica di vino industriale. Ora l'impianto è di nuovo sotto il marchio Cellar No. 8, Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
un omaggio a uno dei luoghi dove tutto è cominciato. Non possiamo dimenticare il ruolo fondamentale che la colonia ebbe durante la terribile piaga della filossera in Europa. Piaga che distrusse la totalità dei vitigni Europei e, proprio grazie alle ricerche di esperti venne sperimentato con grande successo, l'inneseto su vite americana, immune alla maggior parte delle malattie. Ancora oggi le barbatelle prodotte sono sull'innesto di quella vite. Chissà quanti sanno che c’è un comune che si chiama Asti (95425, California) nella Contea di Sonoma, a circa un centinaio di chilometri a nord di San Francisco e che, lungo la 101 Road, si trovano Asti Winery, Asti road, ecc. Ebbene, furono il ligure (Chiavari) di nome Andrea Sbarboro e il piemontese (Dogliani) Pietro Carlo Rossi a fondarla nel 1881, insieme alla Colonia ItaloSvizzera, grande azienda produttrice di vino californiano.Maurizio Rosso, titolare con il fratello enologo Claudio, dell’azienda Gigi Rosso pubblicò un interessante libro nel 1990. Libro unico che tratta dell’emigrazione piemontese in America e, soprattutto, in California, dove questi emigranti svolsero un ruolo fondamentale nello sviluppo della produzione vitivinicola (vedi la straordinaria storia dei fratelli Ernest e Julio Gallo, figli di un emigrante originario di Fossano) oltre che furono essenziali alla crescita dell'economia dello Stato stesso creando, come sopre detto, la Bank of America di Amedeo Giannini e i risparmi di migliaia di nostri conterranei. Il libro, ormai introvabile, è un lavoro accurato e assai documentato che Maurizio Rosso scrisse durante il suo soggiorno californiano: appassionato fin da giovane del mito americano, si è laureato in Lingua e Letteratura Inglese in California ma il suo cuore rimane di Langa. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
IL VINO Modo di farlo e conservarlo. “Metà '800, il vino diventa di patrimonio pubblico e, per la prima volta alla portata di piccoli produttori che vogliono alzare la qualità delle loro cantine. Nascono i primi manuali pratici redatti da esperti enologi. Cella Vinaria ne possiede uno originale redatto dal grande enologo monferrino Giovanni Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Marchese.� Collezione Cella Vinaria
Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Cristoforo
Colombo,
l’uomo del mistero. In cinque secoli di Colombo non conosciamo quasi nulla.
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apita spesso di raccontare storie sulle origini misteriose di oggetti, reliquie, monumenti. Capita anche di narrare leggende che sembrano storie vere, e fatti di cronaca che sembrano invece leggende metropolitane. Raramente però capita di raccontare di uomini famosi la cui data di nascita è incerta, il luogo di nascita è incerto, l’estrazione sociale è incerta, la maggior opera è frutto di un errore, ma è una grande invenzione, anzi no, forse non è sua, l’eredità è assegnata da un tribunale dopo 30 anni di processo e (giusta conclusione) la tomba ritrovata era falsa, e anche se fosse stata vera forse non ne custodiva il corpo. Ebbene, per sommi tratti questa storia è stata la storia di Cristoforo Colombo, il navigatore più famoso che le cronache ricordino.
Già sul luogo della nascita storici e storiografi portarono tesi diverse. Le due più accreditate portano a Cuccaro (comune del Monferrato, e facente parte del feudo dei Colombo di Cuccaro, dei quali rimane ancora il bellissimo castello) o a Genova dove troviamo ancora la casa in cui l’ammiraglio visse in gioventù. Molte altre sono tuttavia le tesi sull’origine: portoghese, spagnola, piacentina, polacca (versione per la quale sarebbe addirittura figlio di un re, Ladislao III), greca o addirittura nordica. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Ad oggi la versione più documentata pare riportare a Cuccaro Monferrato le origini di Colombo, che quindi sarebbe stato un nobile d’estrazione, sebbene non tolgano il dubbio di dove effettivamente sia nato, o di quando (l’anno è il 1451, ma la data varia dal 26 agosto al 31 ottobre). Il che cambia parecchio, almeno rispetto a quanto la maggior parte di noi ha studiato alle elementari:
figlio di un umile tessitore (o oste, a seconda del sussidiario, ma sono vere entrambe, perché il padre Domenico ricoprì entrambi i mestieri), divenne mozzo e marinaio autodidatta, per poi scoprire le Americhe, alla fine di un viaggio che ne dimostrò la grande forza di volontà e le grandi noti marinaresche. Piemontese o genovese, Cristoforo Colombo si recò nelle Americhe pensando di aver raggiunto l’Asia: questo errore di calcolo lo portò alla più grande scoperta della storia del mare. Anche su questo ci sono in realtà dei dubbi: i primi popoli organizzati a recarsi in quel continente furono i Vichinghi, più di Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
400 anni prima o addirittura i greci di Micene (Isola di Creta) più di milla anni prima dell'Impero Romano, per poi giungere ai mitici Templari che, di certo, un piede ce lo misero. Tuttavia, riporta la storia, che i Vichinghi crearono, solo per un breve periodo degli insediamenti in Nord America, Colombo partì volontariamente per una spedizione geografica, aggiudicandosi il titolo di scopritore.
Come abbiamo detto, però, non solo nascita e l' operato dell’ammiraglio sono “incerte”: famosa è rimasta la diatriba sul maggiorasco di Colombo, ovvero l’assegnazione dell’eredità, causa che durò 30 anni e che portò (visto che in ballo c’erano titoli nobiliari e relative rendite su diversi territori oltreoceano) diversi pretendenti da almeno 3 Stati diversi. In ultimo anche la tomba fu dichiarata falsa, in seguito ad un ritrovamento di ossa a Santo Domingo durante il restauro della cattedrale, che fecero dubitare dell’originalità dei resti conservati Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
a Siviglia. Su questi fatti molto si è scritto, per motivi storici, storiografici, o di semplice interesse economico. Povero o ricco, piemontese o genovese, per sbaglio o per volontà Cristoforo Colombo rimane una delle figure migliori che l'Italia ha offerto al mondo.
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Il burro di casa.
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Il sapore del burro fatto da noi. Sembrava un alimento messo al bando e responsabile dei mali del benessere. Così non è, anzi. Studi hanno dimostrato che, consumato moderatamente consegna al nostro organismo grassi indispensabili per il rapposto energetico vitale.
Consigli di Cella Vinaria 1. Per prepararne circa 200 grammi, procuratevi 500 grammi di panna freschissima. Deve essere fresca anche nella temperatura perché facilita la coesione tra i globuli di grasso. Già che ci siete, accanto alla panna, mettete anche una bottiglia con dell’acqua (naturale). A questo punto procuratevi una ciotola con delle fruste elettriche (si può fare a mano ma solo se avete molto tempo e parecchie energie da disperdere), un colino e qualche bicchiere. 2. Come prima cosa versate la panna fredda in una ciotola (o nel contenitore di un robot da cucina, come nel mio caso). Attivate le fruste e iniziate a montare la panna. 3. Le fruste, incorporando aria, faranno montare la panna, trasformandola prima in una crema gonfia e morbida… 4. quindi nella classica panna montata. A questo punto dovrete resistere alla tentazione di spegnere tutto e gustarvi una coppa di panna col miele o con la cannella. 5. Proseguite ancora con le fruste. Dopo breve tempo vedrete la panna “impazzire”. Da candida diventerà giallognola. In questa fase Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
si formeranno piccoli fiocchi e sul fondo comincerà a depositarsi del liquido bianco. 6. Dopo circa 10 minuti dall’inizio dei lavori (dipende dalla potenza della vostra frusta elettrica e da quanto fredda era la panna), ecco che i fiocchi si sono incollati tra loro, dando luogo a un composto solido. Ecco il burro.
Recuperate il vostro burro e strizzatelo un po’ con le mani così da far fuoriuscire quanto più latticello possibile (più acqua esce e più a lungo si conserva). Trasferite il burro in un contenitore a chiusura ermetica e tenetelo nell’angolo più recondito del frigorifero. Durerà almeno un mese. Se volete salare il burro, aggiungete circa il 3% del suo peso in sale marino (lavoratelo a pomata in una ciotola, aggiungete il sale e lavoratelo ancora). Rimettetelo in un vaso e conservatelo sempre in frigorifero. Se desiderate trasformarlo in una crema dolce da spalmare sul pane, unite 20 grammi di miele (e 50 grammi di nocciole tritate) a 100 grammi Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
di burro lavorato a pomata. Ăˆ ottima per sfizioni panetti per la prima colazione o per rendere originale un buffet.
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“Alcuni di noi, italiani intendo, hanno visto e vedono questa grande azienda, la FIAT, quasi come un nemico da sconfiggere. Beh, questo grande nemico è stato “sconfitto” nel 2014 e ora FCA è un grande amico degli USA. Forse noi qualcosa lo abbiamo perso e loro, qualcosa, lo hanno di certo guadagnato.” Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Le bollicine di Piemonte Nasce il Cuvage italiano dalle cantine piemontesi.
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uvée e Perlage, due parole chiave nel mondo delle bollicine di alto profilo. Dalla loro unione nasce Cuvage. «Cuvage nasce ufficialmente nel 2011, e in questi primi anni abbiamo messo le basi per una produzione di qualità, senza compromessi.
Il nostro focus sono le bollicine rifermentate in bottiglia, privilegiando i grandi vitigni autoctoni regionali». A dispetto del nome francesizzante, infatti, la Cantina punta soprattutto sulle varietà storiche del Piemonte. Le due uve di riferimento sono il Cortese per i blanc des blancs e il Nebbiolo per il rosé, anche se non mancano gli internazionali Chardonnay e Pinot nero. Ogni vitigno il suo terreno Cuvage conta su oltre 200 ettari di vigne controllate direttamente e affidate alla gestione dell’enologo Loris Gava. Si seguono i principi della lotta integrata, senza alcun diserbo e utilizzando prodotti a basso impatto ambientale. I terreni sono divisi in cinque zone, diverse per posizione, esposizione e tipologia di suolo. «Ogni varietà è stata piantata in seguito precisa valutazione delle caratteristiche pedoclimatiche. Il Cortese, come anche lo Chardonnay, predilige terreni leggermente sciolti, che apportano finezza e sapidità; mentre i rossi Nebbiolo e Pinot nero risultano più espressivi in presenza di terreni argilloso-ferrosi». Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Tecnologia al servizio dell’eleganza stilistica - La Cantina, definita “cattedrale delle bollicine”, si estende per circa 5 mila metri. Tra le tecnologie di ultima generazione c’è anche il misuratore di CO2, che permette di visualizzare gli andamenti fermentativi, verificando che non vi siano ossidazioni durante le fasi che precedono la fermentazione. «Ricerchiamo l’eleganza assoluta nel bicchiere, ponendo estrema attenzione in tutte le fasi produttive, con particolare cura all’assemblaggio della cuvée».
Le quattro etichette -
Oggi la linea di bollicine Cuvage si
compone di quattro etichette. Blanc de Blancs è uno Chardonnay in purezza con 18-20 mesi di sosta sui lieviti. Colpisce per le sue note di crosta di pane, pasticceria, ma anche nocciola. Montecarlo Offshore è una cuvée di grande finezza ed equilibrio prodotta a partire da sole uve Cortese. Il nome e la particolare etichetta sono un omaggio al mondo delle regate. Si prosegue con Rosé Cuvage, Brut da uve Nebbiolo dal colore affascinante di buccia di cipolla. In bocca spiccano aromi di rosa, fruttati, e una viva persistenza. Il cerchio si chiude con Cuvage de Cuvage: un insolito blend di Pinot nero, Chardonnay e Nebbiolo con sentori speziati e una morbidissima cremosità.
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Proseguiamo il nostro viaggio dirigendoci verso il Piemonte, in particolare nella zona dell’Alta Langa, dove negli ultimi anni si sta puntando in modo deciso sul Metodo Classico, con un piccolo numero di Cantine che vuole innalzare sempre più il livello Qualitativo, lavorando assieme con l'ambizioso scopo di lanciare questa Denominazione nell’olimpo spumantistico italiano. Il Territorio è quello a destra del fiume Tanaro, interessa Comuni delle province di Cuneo, Asti ed Alessandria, una fascia che tocca le Colline Monregalesi, le Langhe ed il Monferrato, zona ritenuta ottimale per la produzione di basi Spumante, con interessante contributo degli sbalzi termici che favoriscono l’aromaticità delle Uve ed un microclima che si è rivelato ideale per tale tipologia. L’Alta Langa ottenne il riconoscimento della Doc nel 2002, mentre recentemente nel 2010 si è passati alla Docg, attualmente sono 11 le Cantine che si impegnano nello produzione di questo Metodo Classico, con circa una sessantina di piccoli Vignaioli che contribuiscono tramite il conferimento dell’Uva. Il Disciplinare prevede che l’Alta Langa Docg possa essere prodotto Bianco o Rosato e messo sul mercato non prima Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
di 30 mesi dalla vendemmia, mentre per entrambi è possibile arrivare al titolo di Riserva se sono decorsi almeno 36 mesi, in tutti i casi si deve comunque trattare di Spumante Millesimato, quest’ultima è stata una scelta condivisa dai Produttori per enfatizzare ulteriormente la spinta nella direzione della Qualità. Il progetto di produrre Metodo Classico in Piemonte parte da molto lontano ed è merito di sette importanti aziende di quella zona che unirono le loro forze per studiare le soluzioni migliori in grado di portare questa “Idea” ad ottimi livelli di Qualità. Iniziarono quindi anni di sperimentazione e studi con lo scopo di individuare Vitigni e Territorio più adatti per ottenere Vini di pregio rifermentati in bottiglia, vennero valutate diverse strade, sia per quanto riguarda Vitigni autoctoni, sia per i più classici Pinot Nero e Chardonnay. E’ proprio su questi ultimi che alla fine si trovò la quadratura del cerchio, ottenendo i migliori risultati su cui mettere le fondamenta per l’ambizioso progetto del Metodo Classico targato Piemonte: la zona prescelta fu quella che attualmente identifichiamo come Alta Langa. Questa produzione oggi si affianca a quella nota dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti, creando un concetto di complementarità essendo questi sostanzialmente dolci, mentre l’Alta Langa si pone sul mercato a fianco di Franciacorta Docg, Trento Doc e Oltrepò Pavese Docg, ovviamente con volumi produttivi molto diversi, ma l’intenzione delle Cantine piemontesi è quella di non avere nessun complesso di inferiorità nei confronti dei “cugini”, per modo di dire, lombardi e trentini. Attualmente il Disciplinare prevede che per produrre l’Alta Langa Docg si debba utilizzare una percentuale di Pinot Nero e/o Chardonnay dal 90% al 100%, mentre per un massimo del 10% è possibile l’impiego di Uve non aromatiche la cui coltivazione è autorizzata in Piemonte, inoltre i Vigneti devono obbligatoriamente trovarsi in collina al di sopra dei 250 metri di Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
quota, al fine di agevolare le condizioni ottimali per i Vini base. Iniziamo a Degustare assieme gli Spumanti dell'Alta Langa partendo da uno dei Produttori più piccoli, la Cantina Paolo Avezza, situata nella zona di Canelli in provincia di Asti, una realtà a conduzione familiare che dispone di 7 ettari di Vigneto, con una produzione media di circa 25.000 bottiglie all’anno.
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L'aperitivo
M
Da Torino e Milano passando per Novara. edioevo e scoperte geografiche. Nel Medioevo, poi, la farmacologia erboristica, scienza applicata soprattutto nei conventi, scoprì che per stimolare il senso di fame è necessario bere sostanze amare, che non eccitano lo stomaco -come si pensava fino a quel momentobensì, la mucosa orale. Quella che riveste l’interno della bocca e la lingua, provocando un aumento della secrezione salivare e degli enzimi contenuti. Aggiungendo a questa intuizione quella delle costosissime speziearrivate dai mercati orientali, ecco che si giunge al cosiddetto “vino aperitivo”. E con le scoperte geografiche e gli orizzonti spostati sempre più verso Est, nel vecchio continente il buon vecchio “vinum” comincia ad essere sempre più aromatizzato, con noce moscata, chiodi di garofano, cannella, rabarbaro, china e mirra. La vera capitale? Torino. Per arrivare al vero e proprio aperitivo inteso non più come semplice cura, ma piuttosto come momento sociale e a largo consumo, bisogna attendere ancora qualche secolo. E nel 1796 arriva il momento giusto, a Torino. Nella piccola bottega di liquori e vini gestita da Antonio Benedetto Carpano, nasce infatti il Vermouth, vino aromatizzato con china, venduto in una elegante bottiglia da litro e col nome preso in prestito dal tedesco “wermut”, assenzio. Aperitivo del Re. Ma la Storia dell’Aperitivo, come oggi lo Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
conosciamo, iniziò a Torino nel 1876, dove in una piccola bottega di liquori, Antonio Benedetto Carpano diede vita a quella che divenne poi la bevanda da Aperitivo per eccellenza: il Vermouth, un delizioso vino aromatizzato con china, che di lì a poco avrebbe conquistato l’allora re d’Italia Vittorio Emanuele II. Dopo qualche periodo, una cassetta di questa bevanda viene donata a Vittorio Emanuele II, il quale apprezzò così tanto il da dire subito, secondo la leggenda, che si trattava di un vino con un “punt e mes” (un punto e mezzo, in dialetto torinese) di amaro in più rispetto ai suoi simili. Il Vermouth di Carpano fu così ribattezzo “Pun e mes” e divenne l’aperitivo ufficiale di corte. E se piace alla famiglia reale, il successo per il Vermouth è praticamente scontato. Cavour, Verdi, Giacosa ne andavano pazzi, ad esempio. Per la buona sorte di Carpano, che a metà Ottocento, pur di soddisfare le richieste della sua “ricca” clientela, pare abbia tenuto aperto per anni, ininterrottamente, ventiquattro ore su ventiquattro, la sua bottega. E’ tempo di arrivare a Milano. Nel 1815, però, anche a Milano si comincia a studiare una bevanda simile a quella piemontese. E tocca al signor Ausano Ramazzotti, farmacista bolognese trasferitosi nella città meneghina, studiare e realizzare il primo aperitivo a base non vinosa. Il suo -poi diventano arcinoto- amaro è ricavato dalla macerazione e infusione nell’alcol di ben 33 fra erbe, spezie e radiciprovenienti da tutto il mondo, come china sudamericana, rabarbaro cinese, anice stellato, chiodi di garofano, cardamono, arancia amara di Curaçao, arancia dolce di Sicilia e genziana della Val d’Aosta. Anche se la ricetta, ufficialmente, resta ancora oggi segreta. “No Martini? No party”. Nel 1848 Ramazzotti aprì un bar in via Canonica 86, vicino al Teatro alla Scala, e iniziò a servire il suo amaro, diventando un vero totem dell’happy hour nostrano. Ma, ancora in Piemonte e più precisamente a Pessione, in provincia di Torino, c’era ancora un altro produttore di vini pronto al grande Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
salto. Lui era Alessandro Martini, che nel 1851 acquista una quota importante della distilleria “Michel Re Agnelli e Baudino” e che dopo qualche anno, insieme al liquorista Luigi Rossi fonda un marchio che diventerà davvero sinonimo di aperitivo all’italiana in tutto il mondo. Grazie al loro moscato di Canelli, in cui erano stati macerati melissa, sandalo, cannella, artemisia, violette, china, cardo, rose e origano, il Martini Bianco spopola, soprattutto tra le signore per il suo sapore dolce. Sostituendo poi, il moscato con dei vini più secchi, i due fantasiosi imprenditori inventarono il Martini Dry. E tutto il resto è storia. Sfida infinita tra due grandi città. Ma la partita a distanza tra Milano e Torino non è ancora finita. Nel 1862 Gaspare Campari, proprietario di un noto caffè sotto la Galleria di Milano, lancia alla grande un nuovo aperitivo amaro creato nel suo bar novarese chiamato “Caffè dell'Amicizia!” e, per distinguerlo dal vermouth, lo chiama con un altro nome d’origine germanica: bitter(amaro) all’uso d’hollanda. I milanesi lo apprezzano così tanto che da ribattezzarlo subito Bitter Campari, ancora oggi gettonatissimo aperitivo. Già, aperitivo: usanza tutta italiana nata grazie ad una bevanda leggermente alcolica pensata inizialmente per stimolare l’appetito. Un soft drink accompagnato con stuzzichini, occasione giusta per trascorrere del tempo in compagnia, che dopo gli esordi tra Lombardia e Piemonte si è esteso a macchia di leopardo in tutto il Paese. E non solo.
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Racconti e storie del novarese. Le “credenze” dei nonni. I racconti che fanno paura erano i racconti dei nostri nonni. Il novarese è ricco di queste storielle.
L
e credenze dei nonni... Tanti anni fa, prima che arrivasse la televisione, i gruppi familiari del Contado dopo il pasto serale, si raccoglievano, nelle fredde serate invernali, nel caldo tepore della stalla, dove al flebile chiarore di una lanterna, si perdevano in lunghi conversari preludenti al sonno...
Era il momento magico, atteso da grandi e piccoli, quando "il barba" cioè l'anziano di casa, cominciava a raccontare fatti "da strolghi e urcugn" , da "strij e da mort"... Letteralmente "di astrologi e di orchi", di "streghe e di fantasmi"...Io l'ho vissuto... Ricordo la paura crescente nell'avanzare del racconto, che si faceva sempre più terrorifico, fino a spingermi a rannichiarmi con la testa sotto il grembiule di nonna Martina, che rideva divertita della mia paura… Novara e la sua terra aveva, ed ha, un discreto numero di leggende e misteri, ma spesso venivano narrati anche quelli che erano giunti attraverso Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
una narrazione orale, dalle provincie circostanti, e che diventavano così "novaresi d'adozione"... Ci addentreremo quindi nel mondo antico dei racconti paurosi dei nonni, senza farci tanti problemi se arrivano da paesi non novaresi ma a noi vicini... I nostri avi ne avevano fatto un loro patrimonio narrativo, facciamo altrettanto... A presto, dunque nel viaggio del mistero, fantasmi, strolghi e strij ci attendono nel buio…
Lago d'Orta tra Santi e Draghi
- All’epoca dell’imperatore
Teodosio si aggiravano per l’Italia due religiosi: Giulio il sacerdote e Giuliano il diacono. Erano due fratelli proveniente dalla Grecia, uomini tutt’altro che ordinari, la fede li muoveva e presto li portò al cospetto dell’imperatore. Giunti alla presenza di Teodosio i fratelli si inginocchiarono invocando il permesso di recarsi come missionari in ogni angolo del suo vasto impero, il loro scopo era quello di diffondere il cristianesimo, divulgare il vangelo e convertire il popolo pagano. L’imperatore, che Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
aveva udito le incredibili storie dei due fratelli, senza alcune esitazione accordò il suo permesso e scrisse una lettera che li avrebbe aiutati a risolvere qualsiasi difficoltà, appose il suo sigillo e gli augurò buon viaggio. La prima meta dei due fratelli era a Nord ovest, laddove i templi pagani proliferavano e c’era grande bisogno del loro intervento. Arrivarono a Brebbia e subito si diressero al tempio di Minerva. Iniziarono lì la loro opera di conversione invitando il popolo ad abbandonare i falsi dei e ad abbracciare il Signore. Gli abitanti li guardavano con circospezione, alcuni si fermavano ad ascoltare le loro parole, altre camminavano svelti lontano dai due. La lettera dell’imperatore, come promesso, si rivelò molto utile. Leggendo gli ordini impartiti dal sommo sovrano, molti si misero a distruggere il tempio di Minerva, (Atena per i romani), dea della guerra e dell’intelletto, e ad ergere al suo posto una chiesa dedicata alla Vergine Maria. Lavoravano tutti di buona lena, ma non si può nascondere che qualcuno, in cuor suo, nutriva ancora dei dubbi, convinto che presto l’ira degli dei si sarebbe scagliata su di loro. Difatti la sventura presto sopraggiunse, i muratori continuavano ad infortunarsi, a lamentare malori, uno di loro si tranciò di netto un dito. Il sangue sgorgava copioso dalla ferita, la falange del pollice giaceva a terra e le grida si propagarono per tutto il paese. Giulio il sacerdote, richiamato da tanto baccano, arrivò a placare gli animi. Senza indugio raccolse il dito da terra, strinse la mano del muratore infortunato e con un segno della croce ricompose la ferita. Il sangue smise di scorrere e i lembi di carne si ricongiunsero, la mano del carpentiere presto tornò alle normali funzionalità. Gli occhi sbalorditi dei presenti si muovevano frenetici dalla mano al sacerdote, gridarono al miracolo e iniziarono tutti a farsi battezzare. I lavori della chiesa continuarono ma un altro nemico giunse a Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Brebbia: il demonio. Più pericoloso di qualsiasi dio pagano, il demonio non era affatto contento dell’opera dei due giovani fedeli. Assunse le sembianze di un prete e in una sola notte, accanto alla chiesa commissionata da Giulio e Giuliano, costruì una chiesa magnifica. Era una chiesa di ghiaccio dal fascino innegabile. Il mattino seguente gli abitanti, vedendo la nuova chiesa, persero la voglia di costruirne una nuova e smisero di lavorare. Giulio allora, sicuro della sua fede, non si fece intimorire, ordinò che la messa fosse celebrata nella chiesa di ghiaccio e più di una volta si recò al suo interno per pregare. Il diavolo si infuriò, soffio fuoco sulla chiesa di ghiaccio e questa si sciolse, diresse allora la sua ira sulla chiesa in mattoni che con tanta fatica Giulio e Giuliano avevano cercato di costruire ma questa, molto più resistente, non cedette alla sua furia. Il diavolo non poté far altro che maledire tutti, e a colpi di corna andò via. I due fratelli presto terminarono la loro missione a Brebbia e continuarono il loro viaggio. Durante il cammino verso la sponda orientale del lago si imbatterono in una scena assai triste. Un carro era fermo in mezzo alla strada, un solo bue vi era aggiogato e il contadino sedeva piangente lì vicino. Quando i due fratelli si furono avvicinati scoprirono che motivo di tanta disperazione era un lupo che aveva mangiato il secondo bue del contadino, quest’ultimo era disperato poiché aveva perso una grande fonte di guadagno e sostentamento per la sua povera famiglia. Giulio non perse animo, si addentrò nel bosco e trovò il lupo, lo catturò e lo lego al carro. Promise al contadino che da quel momento in avanti il lupo avrebbe svolto il lavoro del bue e così fu. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Giulio e Giuliano passarono per Angera, poi per Omegna sul Lago d’Orta ma in questi luoghi non ebbero fortuna e furono scacciati a colpi di pietra. Due ultime chiese i due giovani dovevano costruire prima di arrivare al loro obiettivo di cento chiese.Giunsero a Gozzano per costruire la novantanovesima chiesa. Anche qui incontrarono la reticenza degli abitanti. Pur di non costruire la chiesa e riposare ancora i muratori escogitarono un trucchetto: finsero che uno di loro era morto, lo adagiarono sul carretto e chiesero a Giulio e Giuliano di recarsi al cimitero. Sulla strada fuori del paese risero per essere riusciti ad imbrogliare i due fratelli e cercarono di svegliare l’amico sul carretto. Questo però non ne voleva sapere di svegliarsi: era morto davvero. Spaventati tornarono da Giulio, confessarono la malefatta e supplicarono perdono. Giulio impose le sue mani sull’uomo e lo risvegliò. Insieme costruirono la chiesa che dedicarono a San Lorenzo e tutti gli abitanti di Gozzano si convertirono. Giulio giunse da solo sulle rive del lago d’Orta deciso a continuare la sua missione e a costruire la centesima chiesa. Osservando le acque del lago fu colto da un’improvvisa ispirazione: avrebbe costruito la chiesa sull’isola in mezzo al Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
lago. A quel punto chiese ai barcaioli aiuto per raggiungere l’isola ma questi si rifiutarono terrorizzati di mettere piede su quella terra deserta infestata da rettili mostruosi. Giulio non perse le speranze, pregò Dio di rendere solido e impermeabile il suo mantello, e così traghetto verso l’isola. Una volta lì trovo centinaia di serpenti e draghi che scacciò con un colpo di bastone verso il monte Camosino. Dalla riva di fronte i contadini avevano osservato gli incredibili prodigi: il mantello trasformato in barca e la cacciata dei mostri. Si affrettarono a raggiungere Giulio sull’isola, non c’era più nulla da temere, lo pregarono di convertirli e insieme costruirono l’ultima chiesa. L’isola prese il nome del sacerdote e proprio lì lui giace, sotto la vertebra di un drago appesa al soffitto a ricordare a tutti il suo coraggio e la sua fede.
Cannobio e Il miracolo della pietà. Nel 1522 a Cannobio un quadro raffigurante Cristo fra la Madonna e San Giovanni trasudò sangue e lacrime in sei occasioni diverse. Le reliquie sono tuttora conservate nel santuario appositamente edificato, e sono oggetto di una festa popolare molto partecipata; quella dei Lumineri. La mole rinascimentale del santuario della Santissima Pietà a Cannobio prende il nome da una imago pietatis, una piccola pergamena dipinta con Cristo in Pietà tra Maria e Giovanni Evangelista, custodita in una nicchia dell'altare maggiore.
Nel 1522 la pergamena stava nel palazzo di Tommaso de Zacheis, un facoltoso notabile. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Era la seconda ora di notte nell'ottavo giorno di gennaio: Tommaso sentì la figlia Antognina che gridava: "o Matre, corete che la nostra Donna et messer Jesu Cristo et sancto Joanne piangeno sangue". Corsero e videro la pergamena che trasudava sangue dalle ferite di Cristo e lacrime dagli occhi della Vergine e di San Giovanni. "Misericordia!" gridarono i presenti. Il fenomeno continuò per due ore davanti a molte persone accorse alle grida, e si ripeté il 9 e il 10 gennaio. Nella notte del 9 dalla pergamena uscì inoltre una piccola costola sanguinante che sparse gocce di sangue su una tovaglia. A fine mese fu aperta un'inchiesta e le dichiarazioni dei testimoni furono raccolte dal notaio Bartolomeo de Albertinis. Nuovi miracoli accaddero il 4 febbraio, a inchiesta in corso, e il 27 febbraio. La sala di palazzo Zaccheo fu trasformata così in oratorio della Devozione e nel 1575 iniziò la costruzione del santuario, cui partecipò finanziariamente tutta la popolazione di Cannobio. La 'Sacra Costa' è oggi conservata nella parrocchia di San Vittore in un reliquiario seicentesco; nel 1922 furono analizzate le stoffe insanguinate e si confermò la presenza di sangue umano. Per ricordare il miracolo, la notte del 7 gennaio Cannobio si accende di migliaia di lumini: sono i lumineri che rischiarano la processione che porta le reliquie dalla chiesa di San Vittore al santuario. È un momento di grande partecipazione popolare ed è di grande suggestione anche per chi cannobino non è: le luci artificiali della città sono spente e la notte invernale è rischiarata dalle fiammelle Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
dei lumineri accesi lungo le vie e sulle barche nel lago.
Strane creature delle acque vercellesi: la Cativoira. Vercelli e vercellese: terre d’acqua. Il fiume Sesia, le rogge, i corsi d’acqua sotterranei che attraversano la città e naturalmente le risaie che, proprio in questo periodo, sono allagate offrendo uno spettacolo unico e suggestivo. L’acqua è sempre stata, fin dalla notte dei tempi, una componente essenziale per la sopravvivenza di uomini, piante ed animali e considerata elemento magico ed alchemico.
Normale quindi che a ridosso dei corsi d’acqua siano nate leggende con una forte connotazione antropologica. Vercelli non fa eccezione a questa regola anche se, ai giorni nostri, complici forse una tecnologia e un positivismo esasperati, molte di queste strane storie e leggende, spesso tramandate solo oralmente, si stanno sempre più perdendo fino a scomparire. È con stupore quindi che non molto tempo fa, leggendo un libro dell’antropologo torinese Massimo Centini , autore di numerosi testi sui misteri e le leggende del Piemonte e d’Italia, fui incuriosito da un capitolo che parlava Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
delle leggende del vercellese e in particolare di una: la Cativoira. Questo appellativo di chiara inflessione dialettale non lo avevo mai sentito. Facendo qualche domanda ad alcuni anziani soliti ritrovarsi in primavera e d’estate nei pressi dei punti alberati della città, pochi di loro si ricordavano di aver sentito parlare da bambini de la Cativoira. Ma alcuni di essi invece si ricordavano eccome. Ma chi sarebbe questo strano personaggio? Stando alla descrizione fatta da Centini e in alcune parti confutata dagli anziani, la Cativoira è un’entità dalle sembianze umane e femminili, con occhi verdi e mani artigliate, particolarmente pericolosa verso sera quando esce dai suoi nascondigli per cibarsi dei bambini che cattura grazie al suo sguardo ipnotico. La Cativoira ha una particolarità, un suo modus operandi. Rapirebbe, infatti, gli incauti bambini vicino agli specchi d’acqua, alle rogge, al fiume Sesia e alle risaie quando sono allagate.Certo, come si può facilmente intuire la Cativoira potrebbe essere soltanto una storiella inventata da genitori e nonni, in altri tempi rispetto ai nostri, per far desistere figli e nipoti dall’avvicinarsi troppo, soprattutto la sera, all’acqua con il rischio di cadere dentro ed annegarvi. Ma il bello del folklore e delle leggende, che se solo tramandate oralmente si perdono negli anni, è la loro componente antropologica ed educativa e in fin dei conti, come disse qualcuno, dietro ad ogni favola c’è sempre un fondo di verità.
Il triangolo di Piazza delle Erbe. Ufficialmente è Piazza Cesare Battisti, ma anticamente è sempre
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stata chiamata Piazza delle Erbe, questo perchè fino al 1900 qui si trovava un'edicola di legno a due ante contenente un quadro di S. Lorenzo martire, particolarmente venerato dagli erbivendoli e fruttivendoli novaresi. Questo luogo, tanto semplice e all'apparenza privo di importanza è conosciuto nel mondo esoterico come luogo "magico" più importante di Novara. Questo perchè la piazza si estende secondo una precisa disposizione geometrica, formado un triangolo "geodetico", centro convenzionale della città e cioè il punto da cui è possibile misurare le distanze precise da Novara alle altre città.
Questo triangolo, che in realtà costituisce il vero cuore vivo e palpitante di Novara, incastonato nella piazza, è una pietra di granito. Purtroppo lo scorso gennaio del 1992 la pietra fu rubata. Ricomparve il 18 gennaio misteriosamente dalle mani di un prete che disse di averla ritrovata in un confessionale. Fu reincastonata, ma la posizione
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era troppo diversa dalla precedente. Da quel momento si dice che la piazza perse la sua energia tellurica per via dell'orientamento ormai sfasato. Non si sa se la pietra ritrovata era neppure la stessa. Qualcuno ha voluto distruggere quell'importantissimo luogo.
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Miti fatti in casa.
C
Nutella e Pavesini fatti da noi? Proviamoci. hi non conosce la Nutella o i Pavesini? Beh, sono di certo prodotti che hanno varcato le frontiere di tutto il mondo insidiandosi nelle colazioni e merende di piccoli e grandi, da decenni. Di certo in pochi hanno pensato ad un piccolo tentativo: farseli da soli, in casa. Non è certo impossibile dato che, entrambi derivano da prodotti antichi realizzati in casa dai nostri bisnonni. La Nutella non è altro che la rivisitazione dell'antica crema di nocciole di Alba (CN) e, i Pavesini sono derivati dai ben conosciuti Biscotti di Novara.
Nutella: Ingredienti: 1\2 tazza di zucchero integrale di canna-1\2 tazza di nocciole spellate-300 grammi di cioccolato fondente al 70 per cento, a pezzetti-1 bicchiere scarso di latte scremato. Preparazione: Polverizzate nel frullatore lo zucchero fino a renderlo impalpabile come farina, aggiungete le nocciole e continuate a frullare: dopo circa 5 minuti le nocciole e lo zucchero avranno formato una crema dal profumo inconfondibile. Unite il cioccolato poco alla volta e poi il latte. Frullate ancora per qualche secondo. Riponete la crema ottenuta in una ciotola e fate cuocere a bagnomaria, sempre mescolando e mantenendo il tutto sul fuoco per circa 20 minuti. Fate intiepidire e non appena la vostra crema di nocciole fai da te si sarà raffreddata, Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
riponetela in un vasetto di vetro. Un piccolo consiglio: sapete che il cacao non è solo l’ingrediente principe del cioccolato ma è anche ricco di proprietà nutrizionali preziose? Contiene infatti oltre il 10 per cento di flavonoidi, potenti antiossidanti. E non solo: i nutrienti presenti nel cacao aiutano la memoria e la concentrazione. Attenzione però, non tutte le qualità di cioccolato possono definirsi davvero salutari. Pertanto è bene controllare sempre la qualità dei grassi, deve essere presente il burro di cacao e non i grassi vegetali idrogenati, e la percentuale di cacao che deve essere almeno del 6070 per cento. Infine, ricordate di non esagerare con le quantità e di non superare i 2-3 quadretti al giorno pari a 10-20 grammi.
Pavesini.
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Il
computer
e
l'enologo. Ecco “Genesis”, il robot che prepara il vino del futuro. Fa da solo il lavoro di un’intera cantina.
E'
una creatura di Donato Lanati, l’enologo premio Oscar del vino, che nel suo laboratorio e centro di ricerca a Fubine, in Monferrato, studia il Dna dell’acino e la vinificazione.
Genesis manca solo la parola: il prototipo ha anche le antenne, sembra il cugino di Sphero Drone, il robot di Guerre Stellari, ma in realtà è un vinificatore unico al mondo, un capolavoro dell’ingegneria e dell’elettronica applicata al vino, partorito da quel genio del grappolo che è Donato Lanati, premio Oscar come miglior enologo nel 2015. Nella sua «pancia» Genesis nasconde Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
un’intera cantina. «Può contenere fino a 200 chili di uva e produrre 100 litri di vino, pronto poi per essere affinato» dice Dora Marchi, biologa ed enologa di Enosis, un’oasi di 2500 metri quadrati, con cascina del 1600 incastonata tra le vigne di 37 varietà autoctone italiane, che è una «Meraviglia»: si chiama proprio così, in ricordo dell’antico nome di questo bricco - Maraviglia sulle colline di Fubine, nel cuore del Monferrato. Enosis è un laboratorio, ma anche un’università e una clinica, con una equipe di 18 dottori del vino, tra biologi, enologi, cantinieri, agronomi, chimici, tecnici dell’alimentazione e della sicurezza alimentare.
E Genesis, questa «tinozza» computerizzata a tre gambe, con il cappello e il corpo a forma conica per migliorare il contatto tra l’uva spremuta e la parte già liquida, è la sua creatura di punta, è una cantina formato bignami, indispensabile per lo studio del processo di vinificazione ottimale a seconda delle varietà di uve. Dall’oblò centrale del robot i «dottori» seguono la macerazione, i rimontaggi, il délestage, e dalla console si gestisce la temperatura e l’ossigeno. È come fare una «risonanza magnetica» a quel processo naturale che è la vinificazione, roba che soltanto 70 anni fa cominciava con la pigiatura con i piedi. Enosis ne ha partoriti 12, di Genesis. Ma non li vende, non sono gli affari l’obiettivo di Lanati, che qui chiamano “l’uomo che sussurra ai vigneti”, ma piuttosto la qualità e la ricerca. È il Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
luminare di questa «clinica» dell’uva (chiusa al pubblico, ma aperta ai laureandi dell’università di Enologia) dove il paziente per eccellenza è l’acino: «Lo studiamo da oltre 40 anni». Dora Marchi, il suo braccio destro, sa come muoversi nel labirinto di sale studio, laboratori e aule piene di monitor, frighi e microscopi. C’è una macchina che pesa, conta, pressa gli acini e poi ne misura il succo, qui ci lavora una squadra di «Csi dell’uva», che arriva a ricavare il Dna dell’acino: «È importante perché è la sintesi di un territorio, al suo interno c’è la storia di un’intera annata, il clima, il profumo, la salute della terra», dice Marchi, approdata dalla Toscana 20 anni fa per affiancare Lanati nella ricerca. La seguiamo nel laboratorio «psichedelico» l’hanno chiamato proprio così - dove lampade colorate e temperature variabili «cullano» il mosto: ricorda una nursery con le incubatrici, e i monitor seguono 24 ore su 24 la biochimica cellulare di lieviti e batteri. Poi i vini finalmente si riposano, lontani da luce e calore, dentro gli «infernot», tipici corridoi scavati nel tufo che in Monferrato si utilizzano ancora e che Enosis ha voluto conservare: «È il nostro messaggio d’amore per il territorio».Alla fine, il brindisi. Ovviamente con bicchieri speciali: Lanati ne ha inventati due, quello con «l’anello di Saturno» per ottimizzare la percezione dei profumi, e l’ultimo, l’anno scorso, con il calice cavo per la salita, naturale e scenica delle bollicine.
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“Nel bronzo si imprimono i simboli e i sigilli che l'uomo intende tramandare per secoli. Il metallo incorruttibile simbolo dei Cavalieri e dei Re fregia il mondo e documenta le vicende, per generazioni. Questo è il sigillo che comunicherà ai nostri futuri, l'esistenza di Cella Vinaria.” Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Le rose e la vite. Qual'è il legame tra queste due piante?
I
a rosa è un fiore bellissimo ed elegante; probabilmente il primo pensiero che arriva alla nostra mente quando si tratta di fare un regalo romantico ad una donna o per chiedere il suo perdono. A seconda del colore la rosa assume un significato diverso. Sarà capitato ad ognuno di noi notare, all'inizio dei maestosi filari di vite una coloratissima pianta di rose, corredata dai suoi splendidi fiori. Ma che senso ha piantare una rosa all’inizio dei filari? Non certamente al fine puramente estetico….quindi?
In realtà la rosa funge da sentinella e viene chiamata “pianta spia”; praticamente manifesta prima i sintomi di eventuali patologie e viene attaccata più facilmente da parassiti oltre a subire prima l’effetto di carenze minerali. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Messe in testa ai filari fungono da “termometro” che va a monitorare e controllare lo stato di salute del filare prevedendo eventuali problemi ed favorendo l’intervento rapido. Tra le malattie “prevedibili” grazie alla rosa ci sono l’attacco della botrite, il famigerato oidio, il marciume radicale lanoso ed il tumore batterico, gli attacchi dei ragnetti rossi e gialli e la metcalfa. La rosa è in pratica la sentinella, il marinaio che avvisa dell’attacco imminente dei pirati, il canarino utilizzato nelle miniere… Bella e utile.
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Le rose e la vite. Qual'è il legame tra queste due piante?
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a rosa è un fiore bellissimo ed elegante; probabilmente il primo pensiero che arriva alla nostra mente quando si tratta di fare un regalo romantico ad una donna o per chiedere il suo perdono. A seconda del colore la rosa assume un significato diverso. Sarà capitato ad ognuno di noi notare, all'inizio dei maestosi filari di vite una coloratissima pianta di rose, corredata dai suoi splendidi fiori. Ma che senso ha piantare una rosa all’inizio dei filari? Non certamente al fine puramente estetico….quindi?
In realtà la rosa funge da sentinella e viene chiamata “pianta spia”; praticamente manifesta prima i sintomi di eventuali patologie e viene attaccata più facilmente da parassiti oltre a subire prima l’effetto di carenze minerali. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Messe in testa ai filari fungono da “termometro” che va a monitorare e controllare lo stato di salute del filare prevedendo eventuali problemi ed favorendo l’intervento rapido. Tra le malattie “prevedibili” grazie alla rosa ci sono l’attacco della botrite, il famigerato oidio, il marciume radicale lanoso ed il tumore batterico, gli attacchi dei ragnetti rossi e gialli e la metcalfa. La rosa è in pratica la sentinella, il marinaio che avvisa dell’attacco imminente dei pirati, il canarino utilizzato nelle miniere… Bella e utile.
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Il mito delle Colline: Bramaterra doc Le colline novaresi e il leggendario Bramaterra doc
I
l vino Bramaterra, riconosciuto come D.O.C. nel 1979, è ottenuto da Nebbiolo (localmente detto Spanna) dal 50 al 70%, Croatina dal 20 al 30%, Bonarda (detta "uva rara") e/o Vespolina dal 10 al 20%. La produzione massima di uva per ettaro è di 75 quintali con una resa massima in vino pari al 70%.
Nell'anno 2000, 26 sono stati gli ettari iscritti a questa doc, con una produzione di circa 730 ettolitri. La zona di produzione è ristretta e consiste nella fascia collinare che da ovest a est comprende i comuni di Masserano, Brusnengo, Curino, Roasio, Sostegno, Villa del Bosco e Lozzolo.La zona di produzione delle
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uve dei vini “Bramaterra” e “Bramaterra” riserva , comprende i terreni comunali di Masserano, Brusnengo, Curino, Roasio, Villa del Bosco, Sostegno e Lozzolo situati nelle zone collinari a nord della strada statale n. 142. L’antico “Vino di Masserano”, ora Bramaterra, è prodotto nel territorio di sette paesi della zona collinare sopra le Baragge, protetta dal Monte Rosa. Pare che la sua origine sia dovuta ai servi della gleba che, divenuti liberi, si stabilirono in quel territorio e coltivarono la vite, ottenendo un vino di grande pregio. Il nome Bramaterra compare, per la prima volta, in una pergamena del 1447 e pare voglia significare l’affinità e la vocazione agricola di questo territorio.
Riconosciuto Doc nel 1979, era anche chiamato “Vino dei Canonici” in quanto particolarmente gradito alla curia vercellese. Vino dal colore rosso granato, con riflessi aranciati, che si attenua col tempo, il Bramaterra ha profumo Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
caratteristico, intenso, lievemente etereo che si affina con l'invecchiamento e sapore pieno, asciutto, vellutato con gradevole sottofondo amarognolo, fine di buon nerbo e armonico, e con sentori di viola e lampone. Con una gradazione alcolica minima di 12%, va servito ad una temperatura di 18-21°C, in calici a bevante ampio con orlo misuratamente ristretto e leggermente svasato, in abbinamento a pollame, cacciagione e selvaggina, carni rosse stufate e al forno, arrosti, brasati, panissa, formaggi stagionati. L'invecchiamento minimo per legge è di 2 anni, dei quali almeno 18 mesi trascorsi in botti di legno (rovere); qualora il Bramaterra sia sottoposto ad un periodo di invecchiamento non inferiore a 3 anni, di cui 2 in botte, può riportare in etichetta la menzione "riserva". Dal prezzo medio a bottiglia variabile da Euro 8 a 20, il Bramaterra è venduto anche in Canada e Giappone; eccezionali le annate '83, '90, '94, '97 le cui bottiglie sono da conservare coricate in cantina buia con temperatura inferiore ai 15°C e umidità pari all'80%.
Base ampelografica - I vini a denominazione di origine controllata “Bramaterra” e “Bramaterra” riserva devono essere ottenuti dalle uve provenienti, in ambito aziendale, dai vigneti aventi la seguente composizione varietale: Nebbiolo (Spanna): dal 50 al 80 %; Croatina: fino ad un massimo del 30 %; Uva rara (Bonarda novarese) e Vespolina: da sole o congiuntamente fino ad un massimo del 20%.
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Brasato e Polenta.
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Mille ricette per un piatto leggendario. ngredienti per 4 persone: Kg. 1 (circa) cappello del prete kg. 2 cipolle n. 1 bottiglia vino nero, (meglio Nebbiolo) brodo di verdura olio e.v.o., sale, pepe In un tegame alto e ovale, affettate le cipolle, appoggiatevi sopra il cappello del prete, coprite e fate cuocere a fiamma bassa, coperto, fino a che le cipolle diventino la metĂ . A questo punto metteteci tutto il vino, l'olio q.b., salate e pepate.
Aggiungete il brodo fino a coprire interamente la carne; fate cuocere per almeno 3 ore e mezza o anche piÚ, sempre coperto. Trascorso questo tempo, togliete la carne dal tegame e passate le cipolle col minipimer Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
fino a che diventino una crema. Rimettete la carne e continuate la cottura, se necessario senza coperchio in modo che la "puccia" non sia troppo acquosa ma diventi quasi "pappetta".
Dosi per polenta macinata grossa. Ingredienti : 500 gr. di farina gialla di granoturco da polenta 2 litri d'acqua 10-20 gr. di sale grosso. In un paiolo di rame versare l'acqua e salare, quando è al punto dell'ebollizione (attenzione se bolle si formeranno più grumi) si versi la farina a pioggia a piccole manciate, mescolando con una frusta per amalgamare. Dopo aver versato tutta la farina il composto diventa consistente. Tenere a portata di mano un'altra pentola con l'acqua bollente di riserva e nel caso di troppo indurimento aggiungervene. Rassodarla con il fuoco e ammorbidirla con l'acqua girando il taraglio di legno o spatola apposita in senso orario a brevi intervalli. La polenta deve cuocere sbuffando per circa un'ora. Sarà pronta quando si staccherà facilmente dal paiolo. A questo punto versarla uniformemente sul grande tagliere di legno detto "basla" per essere utilizzata secondo ricetta. E' possibile una variante con il latte al posto dell'acqua (litri 1 ½ + ½) che la rende oltremodo più gustosa.
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Il Wagristorantore l Wagristoratore era un surreale progetto di Piero Portaluppi, il noto architetto milanese nato nel 1888. A quarantadue anni aveva già realizzato molte abitazioni per la borghesia lombarda, ridisegnato il sagrato di Piazza Duomo e stava lavorando al planetario Hoepli nei Giardini Pubblici ambrosiani.
In Ossola l’eclettico Portaluppi aveva già costruito alcune bellissime centrali idroelettriche (Verampio, Crego, Valdo, Sottofrua, Crevola, Cadarese) e l’albergo sulla Cascata del fiume Toce, “dotato di tutte le comodità più moderne, appartamenti con bagni, segnalazioni luminose, grande veranda, campo da tennis, campo da skating coperto con annesso tavernino”. Intitolto a San Giacomo Pescatore, il bizzarro punto di ristoro, una dépendance del vicino albergo, fu inaugurato nel 1930 al Passo di San Giacomo, l’estremo confine naturale tra la Val Formazza e la Svizzera, a 2318 metri di altezza. La costruzione della strada,
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costruita nel 1927 dalla SocietĂ Umberto Girola assieme alla Edison, poteva consentire la realizzazione di un cosĂŹ ardito progetto. Il disegno originale prevedeva due vagoni ferroviari, una carrozza ristorante e un vagone letto, posti in quel luogo remoto e appoggiati su dodici pilastri in cemento armato. Al centro era previsto, da principio, un edificio a tre piani a forma di torre che ricordasse la figura del Santo.
Un altro fotomontaggio mostra la seconda idea: uno chalet in stile alpino, con tetto spiovente, finestroni verso la valle. Alla fine vennero portati i vagoni, secondo Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
alcuni tagliati in due parti e poi ricomposti in loco, grazie all’aiuto dell’Impresa Girola, ma l’edificio non fu realizzato. Decorate da velluto rosso e da stucchi dorati le carrozze servivano rispettivamente per mangiare, il wagonrestaurant, e per dormire il wagon-lit, ed erano costrette a una paradossale immobilità. La pubblicità coeva raccontava che il Wagristoratore “ha incontrato il pieno favore di quanti lo hanno visitato per l’abbondanza, la qualità e la signorilità del servizio … Il Wagriposatore invece ha cabine a uno e due posti, riscaldamento a termosifone, acqua corrente, segnalazioni ed illuminazione elettriche”. Era gestito dalla Società Anonima Alberghi della Formazza di cui lo stesso architetto era stato cofondatore e presidente. Ideato per turisti e alpinisti, a sole tre ore d’automobile da Milano, la treno-architettura di Portaluppi si trovava in un ambiente incontaminato, ricco “della più smagliante flora alpina di magici boschi di conifere, di tersi laghi alpini e di una corona di colossi montani le cui cime svettano maestose nell’azzurro cielo, in uno scenario di completa bellezza montana”. Il Wagristoratore venne dimenticato e trascurato durante la seconda guerra mondiale e nella resistenza, quando i passi della Val d’Ossola si erano trasformati in vie di fuga per chi scappava dall’Italia fascista. Verso la fine del conflitto fu utilizzato come postazione strategica, ma poco dopo il Wagristoratore venne distrutto dai partigiani in fuga. Secondo la testimonianza del partigiano Salvatore Giordano, che si salvò in Svizzera quando i tedeschi riconquistarono la zona liberata, il Wagristoratore fu incendiato dai partigiani quando si liberarono delle armi gettandole nel lago. Chi si avventura al Passo di San Giacomo, noterà un strana teoria di pilastri, a testimonianza del sogno di Portaluppi.
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“Si cade spesso in un errore quello di cercare le persone più simili tra loro e invitarle ad una cena, tutti insieme. Nulla di più sbagliato. Cerchiamo invece gente diversa, a prima vista con nulla in comune, la serata ne guadagnerà in vivacità e originalità.”
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ACQUA VANZONIS L'acqua miracolosa della nostra valle.
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n primo accenno alla ricchezza in arsenico dell’acqua del “Crotto Rosso”, sito nel Comune di Vanzone con San Carlo, è riportata da Croppi e Strologo (1803), mentre il Fantonetti (1836) parla delle acque della Miniera dei Cani nel suo libro sulle miniere ossolane, senza tuttavia accennare alle sue proprietà terapeutiche. Un articolo anonimo, comparso nella rivista “Il moderato” del 1851, e ampiamente citato da Bianchi (1907), riporta che una prima analisi sommaria di quest’acqua sarebbe stata tentata dal chimico G.B. Bianchetti di Domodossola e una successiva dall’Abbene nel 1845. Croppi e Strologo (1803) indicano in Giovanni Albasini uno degli scopritori dell’acqua; il suo nome fu associato ad alcune gallerie e una polla di acqua dolce. Si è tuttavia perso un suo eventuale contributo scritto sulle acque di Vanzone, mentre dello stesso autore sono pervenuti studi sulle acque di Bognanco (1861-1863).
La collocazione della fonte e difficoltà logistiche non rendevano tuttavia possibile utilizzo delle acque nel 1800. Infatti la carrozzabile da Piedimulera a Vanzone fu costruita solo nel 1848 e completata sino a Macugnaga nel 1920.
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Agli inizi del 1900, per interessamento del medico locale dottor Attilio Bianchi, nacque la “Società Anonima Sorgenti minerali e Miniere di Vanzone d’Ossola” (1906) con direttore sanitario lo stesso dott. Bianchi, il quale si mise subito all’opera per far conoscere, analizzare e studiare le acque. Risalgono a questo periodo lo studio idrogeologico dello Stella (1906), quello igienico batteriologico del Monti (1906) e le prime complete analisi chimiche che il Daccomo (1905) eseguiva sulle acque delle quattro polle principali e sui fanghi ocracei della galleria “Mazzeria”. Intanto il Casoli (1905), l’Ambrosini (1907) e lo stesso Bianchi (1907) riferivano in congressi e convegni, sui risultati delle applicazioni cliniche di queste acque. Nel 1907 questo materiale fu raccolto da un opuscolo che raccoglieva relazioni e giudizi di ben 95 tra medici e direttori di cliniche e istituti universitari. Il 6 marzo 1909, posta in liquidazione la Società nata tre anni prima, si costituì a Milano la Società Anonima Miniere e Acque Arsenicali, che modificò gli obiettivi aziendali della precedente, puntando anche alla realizzazione delle terme arsenicali di Stresa, dove l'acqua di Vanzone doveva giungere fino all'area termale in riva al lago, secondo i visionari progetti dell'epoca, con una tubazione di oltre 40 chilometri... Del primo decennio del secolo è anche il progetto di realizzare a Vanzone, in località Battiggio, una clinica per l’utilizzo in loco delle acque; ma il progetto è stato più volte rinnovato senza ottenere risultati. L’acqua era anche smerciata in particolari bottiglie per cure a domicilio e ricevette premi in diverse esposizioni internazionali, fra cui Milano, Parigi, Firenze, Roma e Anversa. L’attività della Società proprietaria non fu purtroppo duratura: il Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
conflitto mondiale portava al suo scioglimento e al decadimento della concessione. Nel 1916, come testimoniano Vinaj e Pinali (1916-1923), la costruzione di una clinica restava un progetto e le cure venivano effettuate presso l’Albergo Regina di Vanzone, dove l’acqua veniva portata inizialmente a spalla soprattutto da donne, in seguito con una teleferica in contenitori di vetro e legno, dalle miniere fino in paese. Le difficoltà insite al trasporto delle acque, fortemente aggressive per le condutture metalliche e altri elementi di carattere economico, impedirono la concretizzazione del progetto di costruzione di una vera e propria casa di cura. Negli anni successivi, nonostante alcune sporadiche iniziative volte a promuovere l’utilizzo delle acque, niente di veramente rilevante accadde, così che il De Maurizi (1931), nella sua importante “Guida dell’Ossola” lamenta il loro completo abbandono. Intanto la concessione per lo sfruttamento delle miniere e delle acque di Vanzone con San Carlo passava a varie società che si susseguivano con alterne fortune.
Nel 1961 il Consiglio della Valle Anzasca dava vita alla “S.p.A. Terme del Monte Rosa”, avente come fine la valorizzazione delle sorgenti delle Miniere dei Cani. Un nuovo studio idrogeologico Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
veniva svolto da Bertolami (1962), mentre la Prof.ssa Bertoglio-Riolo dell’Istituto di Chimica Generale e Organica dell’Università di Pavia, svolgeva un’analisi chimica e il Prof. Checcacci, direttore dell’Istituto di Igiene e Microbiologia della stessa università, eseguiva uno studio igienico batteriologico. Sulla base di questi studi, dopo tre prelievi eseguiti in data 14/09/1961, 07/12/1961 e 24/05/1962, l’acqua fu classificata come “Acqua arsenicale ferruginosa batteriologicamente pura”. E’ dello stesso anno una sperimentazione clinica curata dal Prof. P. Introzzi, direttore dell’Istituto di Clinica Medica dell’Università di Pavia e tossicologica curata dal Prof. Maria Venturi, direttore dell’Istituto di Farmacologia dell’Università di Camerino. Per la sperimentazione clinica fu usato un trattamento per via orale con acqua arsenicale ferruginosa di Vanzone alla dose di un cucchiaino da tavola diluito in un bicchiere di acqua di fonte tre volte al dì, per la durata complessiva di 16 giorni per la cura delle anemie ipocromiche di differente gravità e agente eziologico. E’ evidente l’intento di utilizzare l’azione favorevole esercitata dal ferro e dall’arsenico sul ricambio emoglobinico e sulla crasi ematica. I risultati clinici ottenuti sono sempre stati positivi con incremento del tasso eritrocitario ed emoglobinico nonché dei valori della sideremia e della transferrinemia. Le analisi tossicologiche furono volte a verificare i danni da arsenico potenzialmente possibili in un’acqua così ricca di tale metallo. A tale scopo il Prof. Venturi condusse uno studio su cavie. I risultati sperimentali dimostrarono che gli animali potevano tollerare l’ingestione di grandi quantità di acqua senza modificazioni del comportamento, dell’appetito né apprezzabili alterazioni istologiche epatiche. Questa esperienza ha dimostrato Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
la grande maneggevolezza dell’acqua se utilizzata come farmaco. Nello stesso periodo anche presso il Laboratorio Sanità Pubblica di Novara furono condotte ricerche con risultati sovrapponibili. Ottemperato a quanto richiesto dalle leggi vigenti, la “S.p.A. Terme del Monte Rosa” avanzava alle competenti autorità la richiesta della nuova concessione ministeriale delle acque di Vanzone. Purtroppo sia per motivi economici che per difficoltà tecniche di incanalamento e adduzione delle acque, non si ebbe mai un utilizzo ai fini terapeutici. Un nuovo impulso alla valorizzazione delle acque si ha nel 1980, quando la Comunità Montana della Valle Anzasca promuove il simposio “Miniere d’oro e le acque arsenico ferruginose della Valle Anzasca”, volto sia a valutare la possibilità di avviare prospezioni atte a saggiare la redditività estrattiva dell’oro, che a valutare le ipotesi di sfruttamento terapeutico delle acque. Come conseguenza e a concretare gli auspici e le possibilità emerse dal simposio, si hanno le delibere del Comune di Vanzone con San Carlo (18/12/1980) e dell’U.S.S.L. n. 56 (10/02/1981) con l’avvallo della Regione Piemonte e della Comunità Montana della Valle Anzasca. Il 18 giugno 1981 è indetta dalla Regione una riunione a Domodossola per valutare la possibilità di sfruttamento delle sorgenti arsenicali dei Cani, nella quale si decide di dare avvio a una nuova campagna di analisi, curata dal Laboratorio di Sanità Pubblica di Novara; l’analisi risultante sarà di seguito considerata unitamente alle più recenti. Purtroppo questa campionatura viene effettuata solo sulle acque di accumulo, poiché nel frattempo alcune frane avevano ostruito in galleria l’accesso alla sorgente pura. Nel 1983 il Comune affidava all’Istituto Studi Alpini Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Italiani di Domodossola una nuova prospezione, con il compito di rendere nuovamente accessibili le sorgenti della miniera abbandonata. Il “Ribasso compressori” veniva nuovamente raggiunto, nonostante i ristagni d’acqua, i depositi di argilla e due ostruzioni di frana, successive all’abbandono delle miniere. I lavori di ricerca permettevano di individuare la sorgente e venivano inoltre eseguite nuove analisi chimiche, che evidenziavano la costanza negli anni delle proprietà chimiche delle acque.
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La vera storia del vino in Piemonte. Questa terra produce i vini tra i meglio del mondo:
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conosciamoli! vini del Piemonte: un lungo viaggio tra storia, cultura, millenarie tradizioni e stupendi paesaggi di lunghe distese di vigneti. Le origini della viticoltura piemontese risale alla media età del Bronzo, intorno al 1500 a.C., ma un contributo significativo lo si deve alla colonizzazione romana, infatti in Piemonte troviamo due interessanti stele funerarie del I secolo d.C. che rappresentano nella decorazione un venditore di vino, segno evidente dell’importanza del commercio vinicolo nella regione.
Il panorama ampelografico della prima metà dell'800 era segnato da una grande complessità e da una certa confusione. Ci si rendeva conto della difficoltà di destreggiarsi tra i vitigni, i loro nomi, i loro sinonimi locali, i termini dialettali, c'era incertezza su quali fossero i più adatti alla vinificazione, su quale fosse la loro produttività, la loro adattabilità alle condizioni pedoclimatiche. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
L'esigenza di un miglioramento delle conoscenze fece nascere in ambito piemontese diversi studi ampelografici e varie sperimentazioni viticole. I nomi che spiccano in questo campo sono quelli del conte Nuvolone Pergamo, del marchese Filippo Asinari di San Marzano, del marchese Leopoldo Incisa della Rocchetta, di Leardi e Demaria e, naturalmente, quello del conte Giuseppe di Rovasenda, che diventò celebre in tutta Europa. Le vigne del Monferrato, accuratamente coltivate, erano una delle poche zone dove a partire dal 1840 era iniziata la lenta diffusione dell'uso del filo di ferro. In Piemonte la prima utilizzazione del filo di ferro su scala importante si deve al farmacista Martino Moschini, assistente di fisica al collegio di Novara. A Barolo quest'uso apparve nel 1850, al posto delle tradizionali pertiche e canne orizzontali.
Tuttavia non avendo ancora idee sufficientemente chiare su questa pratica, gli inconvenienti riscontrati indussero ad abbandonarla per almeno un decennio. A partire dal 1860, i proprietari sperimentarono la Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
novità applicandola in diversi modi. C'era chi tirava un solo filo, chi persino tre. Il conte di Mirafiori nella sua celebre tenuta di Fontanafredda aveva adottato il sistema a tre fili e sopra il più basso metteva una cannetta per evitare lacerazioni ai germogli. Presso un suo podere di La Morra il dottor Matteo Ascheri ideò una palizzatura che univa la pratica tradizionale e l'innovazione. Aveva predisposto ai capi del filare due robusti pali fra i quali aveva tirato due fili di ferro a una distanza di 50 cm. Sotto ai fili erano piantati diversi corti pali di sostegno affioranti 70 cm dal terreno. Tutti questi pali erano uniti alla sommità da una lunga traversa inchiodata. La vite si legava con un vimine al palo tutore e si faceva passare sopra la traversa, con la punta rivolta all'ingiù. I nuovi tralci man mano che si allungavano si legavano al primo, poi al secondo fil di ferro. Sempre con la mente necessariamente rivolta al contenimento delle spese, si sottolineava che i pali ai capi dei filari dovevano essere nuovi, mentre i paletti di sostegno potevano anche essere gli "scaluss", ovvero i pali già usati.
Primo Congresso enologico italiano -
Tutti i soggetti legati
alla viticoltura e all'enologia rivestivano un grande interesse economico e sociale, cosicché il Comizio Agrario di Torino ritenne necessario uno scambio di idee pubblico, in modo da diffondere le buone pratiche di vinificazione e migliorare in modo sensibile la qualità dei vini. Propose quindi che, in occasione dell'annuale Fiera di Carnevale di Torino si tenesse un Congresso Enologico. Nel febbraio 1875, sotto la presidenza del Conte Ernesto di Sambury, si svolse nel capoluogo piemontese il I° Congresso Enologico Italiano. Fu l'occasione di confrontare i diversi punti di vista sul futuro dell'enologia, sia da un punto di vista tecnico che commerciale. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Fondazione della scuola enologica di Alba -
Nel 1881
l'esigenza di formare del personale tecnicamente preparato e specializzato nell'ambito del vigneto e della cantina portò alla fondazione della Scuola di Viticoltura ed Enologia di Alba. All'atto della sua istituzione la scuola possedeva un podere in collina di circa sei ettari coltivato per lo più a vigna, con un caseggiato rustico, una cantina, una tinaia. Il suo primo direttore fu il professor Domizio Cavazza, docente preparato ed entusiasta che offrì un grande contributo non solo all'affermazione e ai progressi della Scuola, ma diede anche impulso alla sperimentazione di nuove tecniche nell'ambito della viticoltura e dell'enologia locale.
Il suo nome è inoltre legato alla creazione della tipologia secca del Barbaresco. La scuola albese oltre all'insegnamento impartito agli alunni diede istruzioni ai viticoltori per combattere la peronospora, la tignola dell'uva, diffuse la pratica dell'innesto e dell'ibridazione delle viti americane con le viti locali. Nel 1889 si dotò di un laboratorio chimico per l'effettuazione delle analisi enologiche, dei terreni e dei prodotti della viticoltura. Il Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
laboratorio funzionava anche per conto terzi. Dal 1886 la Scuola ospitò una Mostra permanente di Macchine agrarie, allo scopo di diffondere la conoscenza delle diverse macchine utilizzabili in agricoltura, con speciale riguardo alla viticoltura e all'enologia.
Gianduja -
Nei primi tempi dell'occupazione napoleonica
nacque la maschera popolare destinata a diventare famosa: Gianduja, con tricorno, codino, giubba marrone orlata di rosso, calzoni verdi e calze rosse. Aveva un carattere sagace, satireggiava volentieri, perciò i Francesi non lo amavano, vedendolo come un oppositore. Ma oltre al suo spirito patriottico Gianduja era contraddistinto da un'indole allegra, generosa ed era sempre pronto a brindare con la sua douja piena di buon vino.
La trasformazione agraria dell'epoca napoleonica L'epoca napoleonica fu un periodo di importanti trasformazioni della proprietà agraria. I cambiamenti erano già iniziati all'inizio del 1700 con la politica sabauda che mirava a ridurre le immunità feudali ed ecclesiastiche. L'attacco alle immunità doveva portare a valorizzare il reddito agrario rispetto a quello puramente di proprietà. In effetti il reddito dei terreni allodiali era superiore a quello delle terre fiscalmente privilegiate. A partire dal giugno 1800 il governo francese indisse numerose vendite di beni ecclesiastici dichiarati nazionali. La maggior parte degli acquirenti era costituita da ceti medio-alti, con un'ampia percentuale di professionisti, commercianti e di un buon numero di borghesi che avevano già come unica attivitàquella di proprietari terrieri. Accanto a questi si registrava naturalmente la presenza della nobiltà Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
fondiaria e dell'aristocrazia della corte e dell'esercito.
Cavour -
Nell'ottobre del 1850 Camillo Benso conte di Cavour
entrò nel ministero d'Azeglio come ministro dell'Agricoltura, Commercio e Marina. Le sue conoscenze tecniche e gestionali, maturate a Leri e a Grinzane, si rivelarono proficue al suo nuovo incarico: la produzione di riso, olio e vino aumentò, l'agricoltura piemontese conobbe anni positivi. Il 19 aprile 1851 Cavour aggiunse il ministero delle Finanze a quello dell'Agricoltura e Commercio. Poi divenne primo ministro: in quel periodo si attuò la riforma generale delle tariffe doganali e del commercio con l'estero. I primi trattati commerciali furono stipulati con il Belgio e l'Inghilterra. Seguirono Grecia, Zolverein, Svizzera e Paesi Bassi. Il 18 ottobre 1851 si firmò un trattato con l'Austria, che stabiliva una riduzione delle tariffe sull'esportazione dei vini piemontesi. Un accordo commerciale dello stesso tipo stipulato con la Francia il 14 febbraio 1852, permetteva un'esportazione più facile di olio, bestiame e formaggi piemontesi, in cambio di una riduzione dei dazi di importazione sui vini francesi.
La viticoltura mirata alla qualità più che alla quantità Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
del prodotto, è stata dettata dalla particolare conformità morfologica del territorio e dalle condizioni ambientali di regione ai piedi delle montagne. Ciò ha anche permesso alla regione di essere riconosciuta a livello mondiale come zona vinicola di grande importanza grazie ai suoi 46.500 ettari di superficie vitata che rappresenta circa il 7% del vigneto Italia. Il Piemonte può vantare 18 docg e 42 doc che rappresentano l’85% della produzione regionale. Il suo patrimonio ampelografico dispone di un grande numero di vitigni, il Barbera con 16 mila ettari è il vitigno più diffuso sul territorio regionale (35%) seguito da Moscato, Dolcetto e Nebbiolo. Sono presenti poi numerosi vitigni autoctoni minori come Avanà, Ruchè, Timorasso, Quagliano su cui si concentrano alcune iniziative per incrementarne la superficie coltivata e migliorarne il livello qualitativo. Numeri che le politiche regionali hanno potenziato attraverso percorsi di valorizzazione: nel 1980 attraverso la costituzione delle Enoteche regionali e delle botteghe del vino, strutture che sono finalizzate alla valorizzazione del vino e del territorio di produzione. In aggiunta sono state create le Strade del Vino, ben 7 percorsi destinati a fare conoscere le zone vitivinicole, e precisamente Strada del vino del Canavese, dell’alto Monferrato, Astesana, Colli tortonesi, Barolo e dei grandi vini di Langa e l’ultima nata la reale strada dei vini di Torino. Questi tracciati attraversano le maggiori zone vitivinicole piemontesi: Canavese, l’area settentrionale della regione che comprende le province di Biella, Vercelli, Novara e Verbano Cusio Ossola è meno conosciuta nonostante il vitigno Nebbiolo sia largamente utilizzato per produrre Ghemme, Gattinara, Carema nella parte Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
occidentale ed in prossimità della valle d’Aosta. Una interessante uva a bacca bianca di questa zona è l’Erbaluce, capace di produrre anche un passito straordinario. Langhe suddivise in bassa, alta e Langa astigiana: una vasta zona collinare, tra Asti e Cuneo sulla destra del fiume Tanaro, caratterizzata dalle caratteristiche colline allungate, dove si coltivano principalmente Barbera, Nebbiolo, Dolcetto e Moscato e si producono vini come il Barolo ed il Barbaresco. Sulla sinistra del fiume Tanaro, il Roero, anche qui l’uva più diffusa è Il Nebbiolo, tuttavia importante è l’Arneis e la Favorita.
Nella parte sud-orientale della regione troviamo il Monferrato, tra Asti ed Alessandria, che può ancora essere suddiviso in basso Monferrato d’Asti che comprende tutti i comuni della provincia di Asti, il cui vitigno più celebre è il Moscato bianco, con cui si produce l’Asti spumante; Monferrato casalese e prima di arrivare all’Oltrepo pavese, si estendono i Colli Tortonesi dove troviamo Cortese e Timorasso. La collina torinese che collega il basso Monferrato a Torino produce Freisa, Bonarda, Malvasia nera e il Cari. Più a nord troviamo la Valle di Susa ed il Pinerolese con i suoi vitigni rari come Avanà e Neretta, Avarengo e Doux d’Henry. Il Piemonte, prestigiosa regione vinicola dell'Italia, è quasi esclusivamente identificato con la produzione di grandi vini rossi, tuttavia spesso si dimentica che in questa regione si producono Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
anche eccellenti vini bianchi e celebri vini spumanti. Innegabilmente il ruolo del Piemonte nello sviluppo della moderna enologia Italiana è, ed è stato, fondamentale: è proprio in questa regione che, di fatto, ha avuto inizio quella straordinaria rivoluzione che ha riportato l'Italia ai vertici della produzione di alta qualità. Nomi come Barolo, Barbaresco, Nebbiolo e Barbera sono solamente alcuni esempi di vini e uve che evocano in ogni appassionato pensieri legati alla qualità e all'eccellenza enologica. Eppure il patrimonio del Piemonte è ricco anche di vini e uve bianche piacevoli e aromatiche, non solo il Moscato Bianco utilizzato per il celebre Asti, ma anche Arneis, Favorita, Cortese ed Erbaluce, tanto per citare alcune delle più celebri uve della regione. Dal punto di vista enologico, il Piemonte, se confrontato con le altre regioni d'Italia, rappresenta una sorta di eccezione: qui i vini sono per la maggior parte mono varietali, cioè prodotti con un'unica uva, e i vini prodotti con più uve, nonostante siano frequenti in diverse zone della regione, rappresentano la minoranza della produzione. Inoltre la vitivinicoltura del Piemonte si basa spesso sul concetto di terroir e di cru: uno specifico vino è prodotto esclusivamente con uve provenienti da vigneti diversi il cui nome viene anche utilizzato per la definizione del vino stesso. Celebre è l'esempio offerto da due grandi vini Piemontesi, il Barolo e il Barbaresco, che rispecchiano fedelmente questo concetto produttivo. Nomi come Bussia, Lazzarito, Cerequio, Rocche e Brunate sono alcuni esempi di cru di Barolo, così come Rabajà, Asili e Montestefano lo sono per il Barbaresco.
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Le aree di Barolo e Barbaresco offrono inoltre esempi per il concetto del terroir usato in Piemonte. In queste due aree sono state individuate delle località e dei comuni con caratteristiche peculiari e che conferiscono ai vini la loro personalità. Località come La Morra, Barolo, Serralunga d'Alba, Monforte d'Alba e Castiglion Falletto sono le zone “elette” del Barolo, mentre Barbaresco, Treiso e Neive lo sono per il Barbaresco. Il rinascimento dell'enologia Piemontese, evento che ha, di fatto, rilanciato l'enologia Italiana nel mondo, inizia verso la metà del XIX secolo con la rivoluzione introdotta nella produzione del Barolo. Fino a quel momento la produzione dei vini Piemontesi era prevalentemente dolce: una tradizione che si ritiene dettata da motivi prevalentemente commerciali, quando la zona delle Langhe, da cui proviene il Barolo, era il maggiore fornitore di vini della potente repubblica marinara di Genova. Dalla città Ligure i vini prendevano la via del mare; pertanto un vino dolce riusciva a sopportare meglio le insidie dei lunghi viaggi marittimi assicurando una migliore conservazione. Esiste inoltre un'ulteriore spiegazione sul fatto che i vini di Barolo fossero dolci e la causa era dovuta al Nebbiolo, la grande uva con cui si produce questo celebre vino. Il Nebbiolo ha una maturazione piuttosto tardiva e pertanto il freddo che si sviluppava nelle cantine Piemontesi durante i mesi di Novembre e Dicembre, unitamente alla non disponibilità di specifici lieviti, interrompeva il processo di fermentazione lasciando quindi nel vino una certa quantità di zuccheri residui. Il drastico cambiamento di questo vino fu opera di un enologo Francese: Louis Oudart. La Marchesa di Barolo, Giulietta Falletti, chiese a Oudart di migliorare i vini prodotti nella sua cantina. Dopo una preliminare ricerca, Louis Oudart capì Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
immediatamente le enormi potenzialità dell'uva Nebbiolo e intuì anche il motivo per il quale non si riusciva a produrre un buon vino: l'interruzione della fermentazione e l'eccessiva presenza di zuccheri residui. Grazie alla sua opera nacque così il vino Barolo e fu un successo strepitoso in tutta la zona: Camillo Benso conte di Cavour, che fino a quel momento non gradiva i vini Piemontesi, fu talmente colpito dal nuovo vino che decise di convertire le cantine della sua tenuta di Grinzane per la produzione del nuovo Barolo. Lo stesso fece il Re Vittorio Emanuele II nei vigneti della sua tenuta di caccia di Fontanafredda a Serralunga d'Alba. La storia di un grande mito era appena iniziata. La produzione vinicola del Piemonte si sviluppa prevalentemente nella zona sud-orientale della regione e nella parte settentrionale. La zona più celebre del Piemonte sono le Langhe, una zona che si estende intorno alla città di Alba, a sud di Torino, patria dei vini Barolo e Barbaresco.
Il Piemonte è particolarmente associato alla produzione di grandi vini rossi, tuttavia in questa regione si producono anche interessanti vini bianchi oltre a vini spumanti, sia dolci sia secchi. I vini della regione sono prevalentemente prodotti con uve autoctone, spesso vinificate in purezza, e la presenza Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
di uve internazionali è piuttosto modesta e sono solitamente utilizzate insieme alle uve locali. Fra le uve a bacca bianca troviamo il Moscato Bianco, Arneis, Cortese, Favorita e Erbaluce, oltre alle meno famose, ma comunque interessanti, Timorasso e Nascetta. Fra le uve a bacca rossa spicca il possente Nebbiolo, oltre a Barbera, l'uva più coltivata della regione, Dolcetto, Brachetto, Freisa e Grignolino. A queste uve si aggiungono anche le meno note, ma comunque interessanti, Vespolina, Bonarda, Uva Rara, Ruchè, Malvasia di Schierano, Malvasia di Casorzo e Pelaverga.
Vini del Piemonte Albugnano, "vino dell'abbazia" Asti e Moscato d'Asti, "dolci bollicine del Piemonte" Barbaresco, "la Regina delle Langhe" Barbera d'Alba, "vino rude e testardo, forte e deciso, caparbio e silenzioso" Barbera d'Asti, "vino generoso" Barbera del Monferrato, "fante dei vini piemontesi" Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Barolo, "il re dei vini e il vino dei re" Boca, "vino dei papi, dal Nord Piemonte alla Curia Romana" Brachetto d'Acqui, "il vino di Cleopatra" Bramaterra, "vino dei 7 comuni" Canavese, "un'antica tradizione enologica ai piedi delle Alpi" Carema, "vino delle "topie" Colli Tortonesi, "doc dagli 11 vini" Collina Torinese, "la D.O.C. più giovane" Colline Saluzzesi, "vini ricchi di leggenda e storia" Cortese dell'Alto Monferrato, "vino dei Gonzaga" Coste della Sesia, "una tradizione di origine celtica" Dolcetto delle Langhe Monregalesi, "una piccola doc dalle grandi prospettive" Dolcetto d'Acqui, "il più morbido fra i Dolcetti" Dolcetto d'Alba, "il vino più tipico delle Langhe" Dolcetto d'Asti, "vino quotidiano" Dolcetto di Diano d'Alba, "una doc nata a festa di popolo" Dolcetto di Dogliani "la passione di Luigi Einaudi" Dolcetto di Ovada, "il Dolcetto dalla grande struttura" Erbaluce di Caluso, "vino della ninfa Albaluce" Fara, "vino nobile" Freisa d'Asti, "vino dal rosso particolare" Freisa di Chieri, "vino rustico e gentile" Gabiano, "vino della tradizione" Gattinara, "vino raro e antico" Gavi o Cortese di Gavi, "il più antico dei bianchi piemontesi" Ghemme, "vino del ricetto" Grignolino d'Asti, "vino selvatico e ribelle" Grignolino del Monferrato Casalese, "vino difficile" Langhe, "un territorio tutto doc" Lessona, "vino dei bersaglieri" Loazzolo, "la più piccola doc d'Italia" Malvasia di Casorzo d'Asti, "vino greco" Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, "vino in terra di santi" Monferrato, "40 mila ettari di colline di qualità" Nebbiolo d'Alba, "il vino delle nebbie" Piemonte, "una tradizione vinicola che non ha eguali in Italia" Pinerolese, "nelle terre dei Principi d'Acaja" Roero, "il vino dei sorì" Roero Arneis, "orgoglio delle colline del Roero" Rubino di Cantavenna, "vino dell'orgoglio" Ruchè di Castagnole Monferrato, "vino delle origini misteriose" Sizzano, "vino stimato da Cavour" Valsusa, "i vigneti tra i più alti d'Europa" Verduno Pelaverga, "vino dai poteri afrodisiaci".
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La salute sta nell'acqua ma la verità nel vino... Scrivevano i Greci antichi
“Nessuno può pensare che il vino sia nato per danneggiare l'uomo, è l'uomo che per mezzo del vino danneggia se stesso. Non sempre siamo in grado di affrontare la vita e il peso di alcune giornate. Spesso l'unico compagno che ci ascolta è chiuso in una bottiglia di vetro e, come il mistico genio della lampada, la si stappa sperando che il geniale vino possa aiutarci nel nostro percorso quotidiano. Capita che non ci possa aiutare subito e così, ci si vede costretti a stapparne un'altra...” Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Tanti bei liquori. Antichi liquori...selezionati da Cella Vinaria. Grappa al peperoncino. Ingredienti: 1 peperoncino rosso 1 litro di grappa Fate macerare il peperoncino nel litro di grappa per un mesetto in una bottiglia di vetro pulita, alla luce del sole. Filtratela col metodo usato anche per l'olio, imbottigliatela e fatela maturare per un paio di mesi prima di offrirla agli ospiti. Ricordatevi però che, essendo una grappa dal gusto piuttosto particolare, non a tutti può risultare gradita. Se siete in vena di esperimenti, potete provare a fare anche la vodka al peperoncino, il procedimento è simile: fate macerate due peperoncini rossi in una bottiglia di vodka per 24 ore, quindi filtrate e conservate la vodka nel frigorifero.
Acqua di perfetto amore. Ingredienti: 320 g di alcool a 95 gradi 1 scorza d'arancia 1 scorza di cedro 1 scorza di limone Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
7 g di cannella chiodo di garofano 240 g di zucchero Mettete in un vaso l'alcool con le bucce degli agrumi, la cannella e i chiodi di garofano. Lasciate riposare una giornata. Trascorso questo tempo, filtrate il liquido e aggiungete lo zucchero che avrete sciolto in 160 g di acqua. Fate ora riposare il liquore per sei giorni. Passato il tempo stabilito, filtratelo. Tappate accuratamente la bottiglia e riponetela in luogo fresco. Potrete consumare il liquore solo dopo un mese circa.
Amaro al carciofo Ingredienti: 80 foglie di carciofo 4 sommità fiorita di achillea Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
8 chiodi di garofano 180 cl di vino bianco secco 180 cl di brandy Lasciate macerare per 2 giorni le erbe e le spezie nel brandy in un vaso a chiusura ermetica che avrete cura di agitare almeno due o tre volte al giorno. Unite poi il vino e ripetete l'operazione per altri due giorni. Al termine del tempo indicato filtrate ed imbottigliate. Attendete almeno 4 mesi prima di sorbire questo amaro digestivo che raccoglie in sè tutte le virtù del carciofo, pianta che contiene un principio amaro (la cinarina) prezioso per la sua azione epato-renale.
Sera profumata Ingredienti: 3 dl di alcol 3 dl di vino bianco secco 100 g di zucchero 50 g di fiori di camomilla 3 chiodi di garofano 5 g di cannella 1/3 di noce moscata grattugiata Dopo aver messo tutti gli ingredienti in un vaso di vetro sigillato, lasciarli in infusione per 4 mesi. Soltanto allora potrete filtrare e imbottigliare questo liquore dal gradevole aroma, che al piacere di una gradevole degustazione unisce anche pregevoli capacità rilassanti. Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
Liquore di chicchi di caffè Ingredienti: 200 g. di caffè in chicchi 750 g. di zucchero 8 dl. di alcool 8 dl. di acqua Mettere in una bottiglia capiente tutti gli ingredienti e farli macerare per 40 giorni, agitando energicamente di tanto in tanto. Durante tale periodo il composto prenderà un colore ambrato. Dopodiché, filtrare bene togliendo i residui ed imbottigliare. Il liquore può essere conservato a lungo.
Liquore di menta Ingredienti: 50 g. di menta piperita 2 scorze di limone ¼ di litro di vino bianco secco 200 g. di alcool a 95° Macerare la menta nell'alcool per 2 giorni. Dopodiché aggiungere il vino e le bucce di limone, lasciare in infusione per 2 giorni ancora,filtrare. Si può bere da subito.
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Albo Vini d'Italia. I migliori vini delle terre d'Italia selezione di Cella. PERGALGE Italy 1.Villa Crespia - Muratori - Franciacorta Docg Villa Crespia Dosaggio Zero NumeroZero 2.Revì - Trento Doc Revi Dosaggio Zero Millesimato 2010 3.Bosio - Franciacorta Docg Millesimato Nature 2009 4.Ca’ del Bosco - Franciacorta Docg Millesimato Vintage Collection Dosage Zero 2009 5.Cantina Chiara Ziliani - Franciacorta Docg Millesimato Pas Dosé Ziliani C 2009 6.Cola Battista - Franciacorta Docg Millesimato Dosaggio Zero 2009 7.Letrari - Trento Doc Riserva Letrari Dosaggio Zero 2009 8.Colline della Stella - Franciacorta Docg Riserva Francesco Arici Dosaqgio Zero 2007 9.Fratelli Berlucchi - Franciacorta Docg Riserva Casa delle Colonne Non Dosato 2007 10.La Montina - Franciacorta Docg Riserva Pas Dosé Vintage 2007 11.Lo Sparviere Gussalli Beretta - Franciacorta Docg Riserva Dosaggio Zero 2007 12.Le Cantorie - Franciacorta Docg Riserva Pas Dosé Armonia 2006 13.Zenato Azienda Vitivinicola - Lugana Doc Spumante Pas Dosé 2007 14.Cantine Due Palme - Due Palme Brut 2011 15.Castello di Cigognola - Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg Rosé More 2011 16.Cave du Vin Blanc de Morgex et de La Salle - Valle d’Aosta Doc Blanc de Morgex et de La Salle Spumante Extra Brut 2011
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17.La Masera - Erbaluce di Caluso Docg Spumante Masilé 2011 18.Tenuta Mazzolino - Mazzolino Blanc de Blanc Brut 2011 19.Bersano - Talento Arturo Bersano Brut 2010 20.Le Marchesine - Franciacorta Docg Millesimato Blanc de Noir 2010 21.Murgo - Vino Spumante di Qualità Brut 2010 22.Parusso Armando - Brut 2010 23.Piè di Mont - Vino Spumante di Qualità Piè di Mont 2010 24.San Giorgio - Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg Rosé Brut Rosé 2010 25.Endrizzi - Trento Doc Riserva Endrizzi Pian Castello Brut 2009 26.Madonna delle Vittorie - Trento Doc Madonna delle Vittorie Brut Millesimato 2009 27.Abate Nero - Trento Doc Abate Nero Domini Nero Brut Millesimato 2009 28.Cavalleri - Franciacorta Docg Millesimato Collezioni Grandi Cru 2008 29.Derbusco Cives - Franciacorta Docg Millesimato Brut 2008 2008 30.Dorigati - Trento Doc Methius Riserva Brut 2008 31.Ferrari Fratelli Lunelli - Trento Doc Ferrari Perlé Nero 2008 32.Rotari - Trento Doc Rotari AlpeRegis Extra Brut Millesimato 2008 33.Vigne Olcru - Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg Victoria 2008 34.Montenisa - Franciacorta Docg Montenisa Conte Aimo Brut 2007 35.Ferrari Fratelli Lunelli - Trento Doc Riserva Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2004 36.Maso Martis - Trento Doc Riserva Madame Martis Brut 2004 37.La Scolca - Soldati La Scolca Brut Millesimato D’Antan 2003 38.La Scolca - Soldati La Scolca Brut Millesimato D’Antan Rosato 2003 39.La Boscaiola - Franciacorta Docg Nelson Cenci Cuvée Extra Brut Vigneti CDenci 40.Camossi - Franciacorta Docg Rosé Brut
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41.Cascina San Pietro - Franciacorta Docg Rosé R.R. 2008 42.La Madeleine - Rosé Nerosé 2012 43.Peri Bigogno - Talento Peri Rosé 2009 44.Rosa del Golfo - Brut Rosé 45.Tenuta Montedelma - Franciacorta Docg Rosé Montedelma 46.Tenute Rubino - Salento Igt Rosato Spumante Sumaré 47.Baracchi Winery - Baracchi Brut Rosé Millesimato 2011 48.Umani Ronchi - La Hoz 49.Berlucchi Guido - Franciacorta Docg Cuvée Imperiale Demi Sec 50.Majolini - Franciacorta Docg Rosé Demi Sec Valle d’Aosta 1.Grosjean Frères - Valle d’Aosta Doc Muscat Petit Grain 2013 2.Caves Cooperatives de Donnas - Valle d’Aosta Doc Ros Larme du Paradis 2013 3.Cave des Onze Communes - Valle d’Aosta Doc Mayolet 2013 4.La Crotta di Vegneron - Valle d’Aosta Doc Chambave Superiore Quatre Vignobles 2012 5.Institut Agricole Régional - Valle d’Aosta Doc Vuillermin 2012 6.La Kiuva - Valle d’Aosta Doc Arnad-Montjovet Superiore 2010 Piemonte 1.Negro Angelo e Figli - Roero Docg Arneis Perdaudin 2013 2.Claudio Mariotto - Colli Tortonesi Doc Timorasso Derthona 2012 3.Tenuta Tenaglia - Grignolino del Monferrato Casalese Doc 2013 4.Montalbera - Terra del Ruchè - Ruchè di Castagnole Monferrato Docg Prima Decade 2012 5.Abbona Marziano - Dogliani Docg San Luigi 2013 6.Bruno Giacosa - Barbera d’Alba Doc Falletto 2012
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7.Poggio Ridente - Barbera d’Asti Docg Superiore San Sebastiano 2011 8.Isolabella della Croce - Barbera d’Asti Docg Superiore Nizza Augusta 2009 9.Dezzani - Barbera d’Asti Docg Superiore Il Dragone 2008 10.Giacomo Vico - Langhe Doc Nebbiolo 2012 11.Pelissero Giorgio - Langhe Doc Nebbiolo 2012 12.Cascina Val del Prete - Nebbiolo d’Alba Doc Vigna di Lino 2011 13.Bera - Langhe Doc Nebbiolo Alladio 2010 14.Matteo Correggia - Roero Docg Riserva Roche d’Ampsej 2010 15.Malvirà - Roero Docg Riserva Trinità 2010 16.Cantina Mosparone - Albugnano Doc Superiore 2010 17.Anzivino - Gattinara Docg 2009 18.Le Piane - Boca Doc 2009 19.Antichi Vigneti di Cantalupo - Ghemme Docg Collis Breclemae 2007 20.Collina Serragrilli - Barbaresco Docg Starderi 2011 21.Icardi - Barbaresco Docg Montubert 2011 22.Ceretto - Barbaresco Docg Asili 2011 23.Busso Piero - Barbaresco Docg Albesani 2010 24.Tenute Cisa Asinari dei Marchesi di Grésy - Barbaresco Docg Gaiun Martinenga 2010 25.Roagna - Barbaresco Docg Pajè Vecchie Viti 2009 26.Punset - Barbaresco Docg Campo Quadro 2009 27.Ressia - Barbaresco Docg Riserva Oro Canova 2009 28.Ciabot Berton - Barolo Docg 2010 29.Savigliano Fratelli - Barolo Docg 2010 30.Silvio Grasso - Barolo Docg Bricco Luciani 2010 31.Marchesi di Barolo - Barolo Docg Cannubi 2010 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
32.Michele Chiarlo - Barolo Docg Cerequio 2010 33.Renato Ratti - Barolo Docg Conca 2010 34.Guido Porro - Barolo Docg Lazzairasco 2010 35.Sandrone Luciano - Barolo Docg Le Vigne 2010 36.Vajra G. D. - Barolo Docg Luigi Baudana 2010 37.Renato Ratti - Barolo Docg Rocche dell’Annunziata 2010 38.Rocche Costamagna - Barolo Docg Rocche dell’Annunziata 2010 39.Oddero Poderi e Cantine - Barolo Docg Rocche di Castiglione 2010 40.Batasiolo - Barolo Docg Vigneto Briccolina 2010 41.Oddero Poderi e Cantine - Barolo Docg Riserva Bussia Vigna Mondoca 2008 42.Fontana Livia - Barolo Docg Villero 2009 43.Seghesio Renzo - Barolo Docg Riserva 2008 44.Franco Conterno - Barolo Docg Riserva Bussia 2008 45.Silvano Bolmida - Barolo Docg Riserva Bussia 2008 46.Cantina Terre del Barolo - Barolo Docg Riserva Rocche di Castiglione 2007 47.Gatti Piero - Vignot 2011 48.Gnavi Carlo - Erbaluce di Caluso Docg Passito Riserva Revej 2003 Liguria 1.Ottaviano Lambruschi - Colli di Luni Doc Vermentino Il Maggiore 2013 2.La Pietra del Focolare - Colli di Luni Doc Vermentino Superiore L’Aura di Sarticola 2013 3.Cheo - Cinque Terre Doc Perciò 2013 4.Poggio dei Gorleri - Riviera Ligure di Ponente Doc Pigato Cycnus 2013 5.Bio Vio - Riviera Ligure di Ponente Doc Albenganese Pigato Bon in da Bon 2013 6.Tenuta Anfosso - Rossese di Dolceacqua Doc Superiore Poggio Pini 2012 7.Maccario Dringenberg - Rossese di Dolceacqua Doc Superiore Luvaira 2012 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
8.Terre Bianche - Rossese di Dolceacqua Doc Bricco Arcagna 2012 9.Cantine Litàn - Cinque Terre Sciacchetrà 2011 Lombardia 1.Selva Capuzza - San Martino della Battaglia Doc Campo del Soglio 2013 2.Cantina Cadore - Lugana Doc 2013 3.Cà dei Frati - Lugana Doc Brolettino 2012 4.Famiglia Olivini - Lugana Doc Demesse Vecchie 2011 5.Cantina di Gonzaga - Provincia di Mantova Igt Lambrusco Millenaria 2013 6.Bruno Verdi - Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc Possessione di Vergomberra 2013 7.ArPePe - Valtellina Superiore Docg Grumello Riserva Rocca de Piro 2010 8.Alfio Mozzi - Valtellina Superiore Docg Sassella Grisone 2011 9.Cooperativa Agricola Triasso e Sassella - Valtellina Superiore Docg Sassella Sassi Solivi 2011 10.Rupi del Nebbiolo - Valtellina Superiore Docg Riserva del Prevosto 2010 11.Noventa - Botticino Doc Gobbio 2010 12.De Toma Giacomo - Moscato di Scanzo Docg De Toma Giacomo 2011 13.Tenuta degli Angeli - Valcalepio Doc Moscato Passito di Carobbio degli Angeli 2008 Veneto 1.Ruggeri - Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Spumante Brut Vecchie Viti 2013 2.Masottina - Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Spumante Rive di Ogliano Contrada Granda 2013 3.Zardetto - Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Spumante Brut Rive di Ogliano Tre Venti 2013 4.Bortolin Angelo Spumanti - Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Spumante Brut 2013 5.Colmello - Asolo Prosecco Superiore Docg Spumante Brut Duse 2013 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
6.Bortolomiol - Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Spumante Extra Dry Millesimato Bandarossa 2013 7.Cantina Caorsa - Consorzio Agrario del Nordest - Bardolino Doc Chiaretto Spumante Brut 8.Ronca - Bianco di Custoza Doc 2013 9.Corte Mainente - Soave Doc Classico Tovo al Pigno 2013 10.Coffele Alberto - Soave Doc Classico Ca’ Visco 2013 11.I Stefanini - Soave Superiore Docg Classico Monte di Fice 2013 12.Le Battistelle - Soave Doc Classico Le Battistelle 2012 13.Pieropan - Soave Doc Classico Calvarino 2012 14.Suavia - Soave Doc Classico Monte Carbonare 2012 15.Gini - Soave Doc Classico Contrada Salvarenza 2012 16.Tamellini - Soave Doc Classico Le bine de Costiola 2012 17.Garda Natura - Bardolino Doc 2013 18.Dindo - Valpolicella Doc Classico 2013 19.Latium Morini - Valpolicella Doc Superiore Campo Prognai 2010 20.Zymè - Valpolicella Dop Classico Superiore 2010 21.Quintarelli Giuseppe - Valpolicella Classico Superiore Doc 2005 22.Tezza - Valpolicella Ripasso Doc Valpantena Superiore Brolo delle Giare 2007 23.Massimago - Amarone della Valpolicella Docg 2010 24.Recchia - Amarone della Valpolicella Docg Classico Masua di Jago 2011 25.Gamba - Amarone della Valpolicella Docg Classico Campedel 2010 26.Castellani Michele & Figli - Amarone della Valpolicella Docg Classico Campo Casalin I Castei 2010 27.Monte Zovo - Amarone della Valpolicella Doc Conte di Valle Palazzo Maffei 2008 28.Cesari Gerardo - Amarone dellla Valpolicella Doc Classico Il Bosco 2008 29.Santa Sofia - Amarone della Valpolicella Doc Classico Gioè 2007 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
30.Quintarelli Giuseppe - Amarone Classico Doc 2004 31.Villa Medici - Bianco di Custoza Doc Passito La valle del re 2008 32.De Stefani - Colli di Conegliano Docg Refrontolo Passito 2008 33.Cappuccina - Recioto di Soave Docg Arzimo 2011 34.Allegrini - Recioto della Valpolicella Docg Giovanni Allegrini 2011 Alto Adige 1.Abbazia di Novacella - Alto Adige Doc Gewürztraminer Praepositus 2013 2.Cantina Merano Burggraefler - Alto Adige Doc Gewürztraminer Labers Selezione 2012 3.Colterenzio - Alto Adige Doc Gewürztraminer Atisis 2012 4.Erste + Neue - Lago di Caldaro Doc Classico Superiore Puntay 2013 5.Cantina Terlano - Alto Adige Doc Schiava Grigia 2013 6.Girlan - Alto Adige Doc Schiava Gschleier - Alte Reben 2012 7.Cantina Produttori Bolzano - Alto Adige Doc Santa Maddalena Huck Am Bach 2013 8.Waldgries - Plattner Christian - Alto Adige Doc Santa Maddalena Antheos 2013 9.Thomas Pichler - Alto Adige Doc Lagrein Riserva Sond 2012 10.Gojer Franz - Glögglhof - Alto Adige Doc Lagrein Riserva 2011 11.Cantina Terlano - Alto Adige Doc Lagrein Riserva Porphyr 2011 12.Cantina Produttori San Michele Appiano - Alto Adige Doc Lagrein Riserva Sanct Valentin 2010 13.Cantina Produttori Bolzano - Alto Adige Doc Moscato Giallo Passito Vinalia 2012 14.Cantina Merano Burggraefler - Alto Adige Doc Moscato Giallo Passito Sissi 2011 15.Tramin - Alto Adige Doc Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Roen 2012 Trentino 1.Riva del Garda Cantina - Trentino Superiore Doc Nosiola 2013 2.Maso Poli - Trentino Doc Nosiola 2013 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
3.Vivallis - Trentino Superiore Doc Marzemino dei Ziresi 2012 4.de Tarczal - Trentino Superiore Doc Marzemino d’Isera 2011 5.Cantina d’Isera - Trentino Superiore Doc Marzemino d’Isera Vignetti 2010 6.Foradori - Vigneti delle Dolomiti Igt Teroldego Morei 2012 7.Mezzacorona - Teroldego Rotaliano Doc Castel Firmian Riserva 2011 8.Villa Corniole - Teroldego Rotaliano Doc 7 Pergole 2009 9.de Vescovi Ulzbach - Teroldego Rotaliano Doc Vigilius 2012 10.Zeni Roberto - Teroldego Rotaliano Doc Pini 2010 11.Endrizzi - Vigneti delle Dolomiti Igt Teroldego Gran Masetto 2010 12.Francesco Poli - Vignaioli a Santa Massenza Trentino Doc Vino Santo 2002 13.Fondazione Edmund Mach - Vigneti delle Dolomiti Igt Moscato Rosa 2012 Friuli Venezia Giulia 1.Le Favole - Friuli Annia Doc Traminer Aromatico 2013 2.Grillo Iole - Friuli Colli Orientali Doc Ribolla Gialla 2013 3.Villa Russiz - Collio Doc Ribolla Gialla 2013 4.Schiopetto - Collio Doc Friulano 2013 5.Colle Duga - Collio Doc Friulano 2013 6.Guerra Albano - Friuli Colli Orientali Doc Friulano 2013 7.Muzic - Collio Doc Friulano 2013 8.Skok - Collio Doc Friulano Zabura 2013 9.Torre Rosazza - Friuli Colli Orientali Doc Friulano 2013 10.Valentino Butussi - Friuli Colli Orientali Doc Friulano 2013 11.Venica & Venica - Collio Doc Friulano Ronco delle Cime 2013 12.Zorzettig - Friuli Colli Orientali Doc Friulano 2013 13.Ronco Blanchis - Collio Doc Friulano 2013
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14.Ronco dei Tassi - Collio Doc Friulano 2013 15.Raccaro Dario - Collio Doc Friulano Vigna Del Rolat 2013 16.Angoris - Friuli Colli Orientali Doc Friulano Angoris 2012 17.Gigante Adriano - Friuli Colli Orientali Doc Friulano Vigneto Storico 2012 18.Caccese Paolo - Collio Doc Malvasia 2013 19.Drius - Friuli Isonzo Doc Malvasia 2013 20.Picèch Roberto - Collio Doc Malvasia 2013 21.Ronco del Gelso - Friuli Isonzo Doc Malvasia Vigna della Permuta 2013 22.Lupinc - Carso Doc Malvasia 2012 23.Kocjancic Rado - Brezanka 2009 24.Keber Edi - Collio Doc Bianco Collio 2013 25.Jermann - Venezia Giulia Igt Bianco Capo Martino 2012 26.Carlo di Pradis - Collio Doc Friulano Scusse 2009 27.Roncus - Collio Doc Bianco Vecchie Vigne 2009 28.Škerk - Venezia Giulia Igt Malvasia Istriana 2012 29.Zidarich - Venezia Giulia Igt Malvasia Istriana 2012 30.Škerlj - Venezia Giulia Igt Malvasia Istriana 2011 31.Tarlao Vignis in Aquileia - Venezia Giulia Igt Refosco dal Peduncolo Rosso Mosaic Red 2011 32.Moschioni - Friuli Colli Orientali Doc Refosco dal Peduncolo Rosso 2009 33.Livon - Venezia Giulia Igt Schioppettino Picotis 2011 34.Pizzulin Denis - Friuli Colli Orientali Doc Schioppettino di Prepotto 2011 35.RoncSoreli - Friuli Colli Orientali Doc Schioppettino di Prepotto 2009 36.Škerk - Venezia Giulia Igt Terrano 2012 37.Vigna Petrussa - Colli Orientali del Friuli Picolit Docg 2011 38.Petrucco - Colli Orientali del Friuli Picolit Docg 2010 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
39.Rodaro Paolo - Colli Orientali del Friuli Picolit Docg Picolit 2010 40.Scubla Roberto - Friuli Colli Orientali Doc Verduzzo Friulano Cratis 2011 Emilia Romagna 1.Erioli - Emilia Igt Alionza Malvezza 2011 2.La Stoppa - Emilia Igt Bianco Ageno 2009 3.Podere Il Saliceto - Lambrusco di Modena Doc Rosso Frizzante Albone 2013 4.Medici Ermete & Figli - Reggiano Doc Lambrusco Concerto 2013 5.Villa Bagnolo - Romagna Doc Sangiovese Superiore Sassetto 2012 6.Bissoni Raffaella Alessandra - Sangiovese di Romagna Doc Superiore Riserva Bissoni 2009 7.Ganaghello - Vino da uve passite Ultimo Sole 2013 8.Bissoni Raffaella Alessandra - Albana di Romagna Docg Passito Bissoni 2010 9.San Valentino - Colli di Rimini Doc Rébola Passito Contesse Muschietti 2000 Toscana 1.Mormoraia - Vernaccia di San Gimignano Docg Ostrea 2013 2.Panizzi - Vernaccia di San Gimignano Docg Vigna Santa Margherita 2013 3.Montenidoli - Vernaccia di San Gimignano Docg Carato 2010 4.Terenzuola - Colli di Luni Doc Vermentino Superiore Fosso di Corsano 2013 5.Roccapesta - Morellino di Scansano Docg Calestaia 2010 6.Rocca di Montegrossi - Chianti Classico Docg 2012 7.Val delle Corti - Chianti Classico Docg Riserva 2011 8.Rocca di Castagnoli - Chianti Classico Docg Riserva Poggio a’ Frati 2011 9.Riecine - Toscana Igt Sangiovese Riecine 2010 10.Castell’in Villa - Chianti Classico Docg Riserva 2009 11.Monteraponi - Chianti Classico Docg Riserva Baron’Ugo 2010 12.Rocca delle Macìe - Chianti Classico Docg Gran Selezione Sergio Zingarelli 2010 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
13.Castell’in Villa - Chianti Classico Docg 2010 14.Colle Santa Mustiola - Toscana Igt Sangiovese Poggio ai Chiari 2007 15.Castello di Potentino - Toscana Igt Sangiovese Sacromonte 2010 16.Fattoria San Giusto a Rentennano - Toscana Igt Sangiovese Percarlo 2010 17.Montevertine - Toscana Igt Sangiovese Le Pergole Torte 2011 18.Montevertine - Toscana Igt Rosso Montevertine 2011 19.Isole e Olena - Toscana Igt Sangiovese Cepparello 2011 20.Fontodi - Colli della Toscana Centrale Igt Sangiovese Flaccianello della Pieve 2011 21.Fèlsina - Toscana Igt Sangiovese Fontalloro 2011 22.Boscarelli - Vino Nobile di Montepulciano Docg Il Nocio 2010 23.Poggio di Sotto - Collemassari - Rosso di Montalcino Doc 2011 24.Biondi Santi - Brunello di Montalcino Docg Riserva Tenuta Greppo 2008 25.Casanova di Neri - Brunello di Montalcino Docg Tenuta Nuova 2009 26.Cerbaiona - Brunello di Montalcino Docg 2009 27.Le Ragnaie - Brunello di Montalcino Docg V.V. 2009 28.Mastrojanni - Brunello di Montalcino Docg Vigna Loreto 2009 29.Pietroso - Brunello di Montalcino Docg 2009 30.Poggio di Sotto - Collemassari - Brunello di Montalcino Docg Riserva 2008 31.Salvioni - La Cerbaiola - Brunello di Montalcino Docg 2009 32.Tenuta di Sesta - Brunello di Montalcino Docg 2009 33.Tenuta San Giorgio - Brunello di Montalcino Docg Ugolforte 2009 34.Val di Suga - Brunello di Montalcino Docg Vigna Spuntali 2009 35.Sesti - Brunello di Montalcino Docg Riserva Phenomena 2008 36.Poggio di Sotto - Collemassari - Brunello di Montalcino Docg 2009 37.Podere Salicutti - Brunello di Montalcino Docg Riserva Piaggione 2008 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
38.Lisini - Brunello di Montalcino Docg Ugolaia 2008 39.Casanova di Neri - Brunello di Montalcino Docg Cerretalto 2008 40.Col d’Orcia - Brunello di Montalcino Docg Riserva Poggio al Vento 2007 41.Poliziano - Vin Santo di Montepulciano Doc 2006 42.Castell’in Villa - Vin Santo del Chianti Classico Doc 1997 43.La Piana - Toscana Igt Aleatico Cristino 2013 Marche 1.Montecappone - Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Federico II A.D. 1194 2013 2.Marchetti - Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Tenuta del Cavaliere 2013 3.Le Caniette - Offida Docg Pecorino Io sono Gaia non sono Lucrezia 2012 4.Accadia - Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Cantorì 2012 5.Fattoria La Monacesca - Verdicchio di Matelica Riserva Docg Mirum 2012 6.Sartarelli - Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Balciana 2012 7.Bucci - Villa Bucci Riserva 2012 8.Tenuta di Tavignano - Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Misco Riserva 2012 9.Fazi Battaglia - Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico San Sisto 2011 10.Maria Pia Castelli - Marche Igt Bianco Stella Flora 2011 11.Casaleta - Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Barasta 2011 12.Casalfarneto - Marche Igt Bianco Cimaio 2011 13.Terre Cortesi Moncaro - Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Vigna Novali 2011 14.Santa Barbara - Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Tardivo ma non tardo 2011 15.Umani Ronchi - Cònero Docg Riserva Campo San Giorgio 2009
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16.Oasi degli Angeli - Marche Igt Rosso Cupra 2011 Umbria 1.Antonelli San Marco - Umbria Igt Trebbiano Spoletino Trebium 2013 2.Arnaldo Caprai - Montefalco Sagrantino Docg 25 Anni 2010 3.Cantina Fratelli Pardi - Montefalco Sagrantino Docg 2010 4.Perticaia - Montefalco Sagrantino Docg 2010 5.Tabarrini Giampaolo - Montefalco Sagrantino Docg Colle Grimaldesco 2010 6.Tenuta Bellafonte - Montefalco Sagrantino Docg Collenottolo 2010 7.Villa Mongalli - Montefalco Sagrantino Docg Della Cima 2010 8.Tenute Lunelli-Tenuta Castelbuono - Montefalco Sagrantino Docg Carapace 2009 9.Lungarotti - Torgiano Rosso Riserva Docg Rubesco Vigna Monticchio 2009 10.Leonardo Bussoletti Viticoltore in Narni - Narni Igt Ciliegiolo Brecciaro 2012 11.La Palazzola - Umbria Igt Rosso Passito Bacca Rossa 2009 12.Adanti - Montefalco Sagrantino Docg Passito 2007 Lazio 1.Principe Pallavicini - Roma Doc Malvasia Puntinata Roma Malvasia Puntinata 2013 2.Fontana Candida - Frascati Superiore Docg Vigneto Santa Teresa 2013 3.Tenuta La Pazzaglia - Lazio Igt Grechetto Poggio Triale 2012 4.Marco Carpineti - Lazio Igt Bianco Il Moro 2012 5.Falesco - Lazio Igt Bianco Ferentano 2011 6.Mottura Sergio - Civitella d’Agliano Igt Grechetto Latour a Civitella 2011 7.Trappolini - Lazio Igt Sangiovese Paterno 2012 8.Migrante - Cesanese di Olevano Romano Doc Consilium 2010 9.Migrante - Cesanese di Olevano Romano Doc Sigillum 2009
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Abruzzo 1.Valori -Trebbiano d’Abruzzo Doc biologico 2013 2.Masciarelli - Trebbiano d’Abruzzo Doc Gianni Masciarelli 2013 3.Centorame -Trebbiano d’Abruzzo Doc Castellum Vetus 2012 4.Valentini -Trebbiano d’Abruzzo Doc 2010 5.de Fermo - Abruzzo Doc Pecorino Don Carlino 2013 6.Torre Zambra - Cerasuolo d’Abruzzo Doc Superiore Colle Maggio 2013 7.Fontefico - Terre di Chieti Igt Aglianico Costetoste 2011 8.Torre dei Beati - Montepulciano d’Abruzzo Doc Mazzamurello 2011 9.San Lorenzo Vini - Montepulciano d’Abruzzo Doc Antares 2011 10.Gentile Vini - Montepulciano d’Abruzzo Doc Vecchie Vigne 2010 11.Praesidium - Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva 2009 12.Fattoria La Valentina - Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva Spelt 2010 13.Illuminati Dino - Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg Riserva Zanna 2010 14.De Angelis Corvi - Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg Riserva Elevito 2009 15.Camillo Montori - Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane Docg Riserva Fonte Cupa 2007 Molise 1.Terresacre - Tintilia del Molise Doc Rosso 2011 2.Cianfagna - Tintilia del Molise Doc Rosso Riserva Sator 2010 Puglia 1.Colli della Murgia - Puglia Igt Fiano Tufjano 2013 2.Cantine Polvanera - Puglia Igt Fiano Minutolo 2013 3.Torrevento - Castel del Monte Bombino Nero Docg Veritas 2013 4.Rocca - Podere Don Cataldo - Salento Igt Negroamaro Podere Don Cataldo 2013 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
5.Cantine Polvanera - Gioia del Colle Doc Primitivo 16 2011 6.Tenute Chiaromonte - Gioia del Colle Doc Primitivo Muro SantAngelo contrada Barbatto 2011 7.Giuliani Vito Donato - Gioia del Colle Doc Primitivo Riserva Baronaggio 2009 8.Cannito Francesco - Gioia del Colle Doc Primitivo Riserva Drùmon 2010 9.Fatalone - Gioia del Colle Doc Primitivo Riserva 2007 10.Antica Masseria Jorche - Primitivo di Manduria Doc 2012 11.Gianfranco Fino Viticoltore - Primitivo di Manduria Doc Es 2012 12.Attanasio - Primitivo di Manduria Doc secco 2011 13.Savese - Primitivo di Manduria Doc Tradizione del Nonno 2010 14.Mille Una - Primitivo di Manduria Doc Tretarante 2010 15.Santa Lucia - Castel del Monte Doc Rosso 0,618 2007 Campania 1.Sammarco Ettore - Costa d’Amalfi Doc Ravello Bianco Selva delle Monache 2013 2.Benito Ferrara - Greco di Tufo Docg Vigna Cicogna 2013 3.Cantina Sanpaolo - Greco di Tufo Docg Special Edition 2012 4.Cantine Lonardo - Contrade di Taurasi - Campania Igt Bianco Grecomusc’ 2012 5.Marisa Cuomo - Costa d’Amalfi Doc Furore Bianco Fiorduva 2012 6.I Favati - Fiano di Avellino Docg Pietramara 2013 7.Villa Raiano - Fiano di Avellino Docg 2013 8.Luigi Maffini - Cilento Doc Fiano Pietraincatenata 2012 9.Montevetrano - Campania Igt Aglianico Core 2012 10.Galardi - Campania Igt Rosso Terra di Lavoro 2012 11.Fattoria La Rivolta - Aglianico del Taburno Docg Riserva Terra di Rivolta 2011 12.San Salvatore - Paestum Igt Aglianico omaggio a Gillo Dorfles 2011 13.Volpara - Falerno del Massico Doc Rosso Riserva Tuoro 2011 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
14.Quintodecimo - Irpinia Doc Aglianico Terra d’Eclano 2011 15.Salvatore Molettieri - Irpinia Doc Rosso Ischa Piana 2010 16.Regina Viarum - Falerno del Massico Doc Primitivo Barone – Vigne Storiche 2010 17.Mastroberardino - Taurasi Docg Radici 2010 18.Feudi di San Gregorio - Taurasi Docg Riserva Piano di Montevergine 2009 19.Montesole - Taurasi Docg Vigna Vinieri 2008 20.Terredora - Taurasi Docg Pago dei Fusi 2008 21.Quintodecimo - Taurasi Docg Riserva Vigna Grande Cerzito 2009 22.Perillo - Taurasi Docg 2006 Basilicata 1.Elena Fucci - Aglianico del Vulture Doc Titolo 2012 2.Casa Maschito - Grandi Vini Lucani - Aglianico del Vulture Doc La Bottaia 2011 3.Cantine del Notaio - Aglianico del Vulture Doc Il Sigillo 2010 4.Martino - Aglianico del Vulture Doc Pretoriano 2009 Calabria 1.Ceraudo - Val di Neto Igt Bianco Grisara 2013 2.Librandi Antonio e Nicodemo - Val di Neto Igt Rosso Magno Megonio 2012 3.Spadafora 1915 - Terre di Cosenza Doc Donnici Rosso Telesio 2011 4.Malaspina - Pellaro Igt Rosso 2011 5.‘A Vita - Cirò Doc Rosso Classico Superiore Riserva 2010 6.Cantine Viola - Calabria Igt Bianco Passito Moscato di Saracena 2013 Sicilia 1.Fischetti - Etna Doc Bianco Muscamento 2013 2.Feudo Montoni - Sicilia Doc Catarratto Vigna del Masso 2013 3.Rallo Azienda Agricola - Sicilia Doc Inzolia Evrò 2013 Cella Vinaria e la baucara enologica del XXI secolo – Edizione 2017 Cella Vinaria
4.Incarrozza - Terre Siciliane Igt Rosso Alicante 2011 5.Marco De Bartoli - Terre Siciliane Igt Perricone Rosso di Marco 2012 6.Benanti - Terre Siciliane Igt Rosso Il Monovitigno - Nerello Cappuccio 2010 7.Occhipinti Arianna - Sicilia Doc Frappato Il Frappato 2012 8.Valle dell’Acate - Cerasuolo di Vittoria Docg Classico 2011 9.Graci - Etna Doc Rosso Arcuria 2012 10.Girolamo Russo - Etna Doc Rosso San Lorenzo 2012 11.Palari - Faro Doc Palari 2010 12.Marabino - Noto Doc Nero d’Avola Noto 2011 13.Feudo Ramaddini - Moscato Passito di Noto Doc Al Hamen 2013 14.Caravaglio Antonino - Malvasia delle Lipari Doc 2012 15.Carlo Pellegrino - Marsala Doc Fine Rubino 16.Florio - Marsala Doc Superiore Riserva Semisecco Targa Riserva 1840 2003 Sardegna 1.Tenute Soletta - Vermentino di Sardegna Doc Sardo 2013 2.Pala - Vermentino di Sardegna Doc Stellato 2013 3.Cantina Giogantinu - Vermentino di Gallura Docg Lughena 2013 4.Ferruccio Deiana - Monica di Sardegna Doc Karel 2012 5.Melis Cantina in Terralba - Campidano di Terralba Doc Bovale Dominariu 2012 6.Siddùra - Cannonau di Sardegna Doc Rosso Fola 2012 7.Mesa - Cannonau di Sardegna Doc Rosso Moro 2012 8.Surrau - Cannonau di Sardegna Doc Rosso Sincaru 2012 9.Atha Ruja Poderi - Isola dei Nuraghi Igt Rosso Tulùj 2009 10.Cantina Castiadas - Cannonau di Sardegna Doc Capo Ferrato Rosso Riserva 2009 11.Cantine Sardus Pater - Carignano del Sulcis Doc Superiore Arruga 2009
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12.Meloni Vini - Nasco di Cagliari Doc Donna Jolanda 2008 13.Zarelli Vini - Malvasia di Bosa Doc Contos 2013 14.Nuraghe Crabioni - Moscato di Sorso-Sennori Doc Passito Nuraghe Crabioni 2011 15.Contini Azienda Vinicola - Vernaccia di Oristano Doc Componidori 2004.
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Cavour, allontanato da Torino dal padre, alloggiò a Grinzane, nel Castello di famiglia, dove avviò la produzione del Nebbiolo, convinto che da questo potesse nascere un meraviglioso rosso secco che noi oggi chiamiamo Barolo.
Ciao a tutti e tante belle cose dai Soci e non, di Cella Vinaria
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