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Call Center Opportunità o Costo Sociale Analisi e Proposte per migliorare l’occupazione per migliorare l occupazione riducendo la spesa pubblica riducendo la spesa pubblica SLC CGIL Nazionale
Roma, 27 maggio 2014 Roma, 27 maggio 2014
Incontro promosso dal MISE Incontro promosso dal MISE
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il settore in due parole il settore in due parole …… Il settore vede una fase di sviluppo caotico e privo di regole sino al 2006, sono gli anni in cui lo sfruttamento del lavoro all’interno dei call center raggiunge livelli insopportabili. Il fenomeno viene descritto da un film: “tutta la vita davanti” che imprime un cliché al settore, luogo di sfruttamento e precarietà, che ancora oggi attraversa l’immaginario collettivo. Nel 2007 grazie al’intervento del Governo vengono regolarizzati e assunti a tempo indeterminato 26.000 dipendenti quasi tutti con contratto part – time. Il settore assume un minimo di regole condivise che vanno dall’applicazione del contratto unico, il contratto delle telecomunicazioni, alla condivisione sulla gestione degli orari e del loro incremento individuale, alla stipula di accordi aziendali che disciplinano orari, premi di risultato e organizzazione del lavoro. Le leggi sugli incentivi all’occupazione, in particolare la legge 407/90 e i contributi FSE avviano una fase di “migrazione” territoriale, si chiudono i call center al centro – nord per concentrarsi a sud. La La crisi e la competizione tra le imprese determina una profonda trasformazione del settore: gare al massimo ribasso, rivisitazioni in calo delle tariffe dall’appalto, cambi di appalto continui determinano una spinta al ribasso delle condizioni di lavoro, al ricorso massiccio agli ammortizzatori sociali e a delocalizzare parte di attività verso Paesi (Europei ed extra Europei) in cui il costo del lavoro risulta significativamente più basso. La competizione tra operatori si concentra unicamente sul prezzo. In un settore in cui il lavoro rappresenta oltre il 70% del fatturato questo determina una involuzione delle condizioni di lavoro. Le continue minacce di cambiare fornitore e le gare al massimo ribasso non coprono neppure il costo del lavoro. I processi di delocalizzazione che inizialmente coinvolgono le attività di outbound, outbound si estendono all all’inbound inbound. Il legislatore interviene con una norma che disciplina le delocalizzazioni (art. 24 bis del Decreto Sviluppo 83/2012) norma mai applicata nei fatti. 2
il settore oggi il settore oggi …… Nel settore Inbound sono occupate 45.000 persone, in prevalenza concentrate al sud, con una percentuale di lavoro femminile pari al 70%. Il contratto di lavoro è di tipo subordinato con tipologia part time per la quasi totalità degli occupati. p circa 35.000 addetti. Il contratto di lavoro,, p per la q quasi totalità degli g occupati, p ,èq quello del contratto a Il settore Outbound occupa progetto. Le parti hanno raggiunto, il 1 agosto 2013, un accordo che stabilisce le retribuzioni minime, ancorate al contratto delle TLC, i diritti di prelazione e di riutilizzo del personale già occupato anche con prospettiva di trasformazione in contratto di tipo subordinato, interventi per le malattie gravi e le maternità. L’accordo trova origine dall’articolo 24 bis del “Decreto Sviluppo” n° 83 del 2012. Vengono sottoscritti contratti sul lavoro a progetto da soggetti non rappresentativi del settore che aggirano le regole fissate dal contratto delle TLC, permettendo pagamenti aleatori e nessuna garanzia per la continuità occupazionale. La La pressione sui prezzi determina uno spostamento delle attività in Paesi esteri, oggi configurabile nel 10 % dei volumi di cui oltre la metà in Paesi Extra UE. Il fenomeno è in aumento. Sul lavoro Inbound le gare e le trattative commerciali determinano un effetto perverso: le aziende che non delocalizzano e rispettano le regole perdono le commesse a favore di chi delocalizza le attività o adotta comportamenti illeciti nella gestione del personale. Parafrasando un famoso economista: “il lavoro cattivo sta cacciando il lavoro buono” Le aziende competono unicamente sul costo del lavoro. Non si investe in IT, la qualità peggiora sensibilmente, i cittadini / clienti non sono al centro dei processi produttivi, anzi si riaccende una fase in cui i consumatori denunciano un aumento dei “fastidi” determinati dalle chiamate indesiderate. indesiderate Il registro delle opposizioni non garantisce chi ha chiesto di non essere contattato. contattato
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Un rapido esempio sugli effetti ……… 1. con dipendenti assunti nel 2007 o successivamente, con due scatti di anzianità 2. con dipendenti assunti da meno di 3 anni, con la legge 407/90, in regioni a obiettivo 1; 3. che oltre ai benefici al punto 2 (Lg. 407/90) ha ottenuto dalla Regione i FSE per l’occupazione (18.000€ circa con il vincolo di mantenere l’occupazione per 3 ani).
AZIENDA
RAL (al RAL (al Contributi Contributi 1/6/2011) INPS/INAIL
Costo Costo (da CCNL)
costo orario FSE FSE COSTO Totale COSTO Totale (1812 ore lavorative (per anno) (anno) per anno)
L azienda 1 L’azienda 1 è più cara del…
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Con 2 scatti di anzianità
€ 18.953
29,38%
€ 26.358
€ 26.358
€ 14,55
2
con agev. 407/90 407/90
€ 18.348 18 348
0%
€ 20.064 20 064
€ 20.064 20 064
€ 11,07 11 07
31 4% 31,4%
3
con agev. 407/90 e FSE
€ 18.348
0%
€ 20.064
€ 14.064
€ 7,76
87,5%
€ 6.000
Costo Annuo per dipendente €10.000
€15.000
€20.000
€25.000
€30.000
con 2 scatti di anzianità 2 tti di i ità
con agev. 407/90
con agev. 407/90 e FSE
È evidente come l’impresa del CASO 1 non abbia alcuna possibilità di vincere gare contro chi si trova nel CASO 2 o CASO 3
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Effetti sulle aziende e sui lavoratori …….. IMPATTO OCCUPAZIONALE Le aziende che non usufruiscono di sgravi contributivi e FSE per l’occupazione, per effetto di un differenziale di costo eccessivo rispetto alle aziende concorrenti, non risultano più competitive e sono progressivamente costrette a: 1. Vendere ad un prezzo che non consente di fare margine, modello economico non sostenibile a medio termine aziende in perdita; 2. Avviare percorsi di ristrutturazione aziendale, con iniziale ricorso agli ammortizzatori sociali; 3. infine ricorrere alla mobilità, accentuando ulteriormente la scarsa competitività rispetto ad aziende con nuovo personale che beneficia dei suindicati sgravi/aiuti.
Vale la pena ricordare il triste caso Phonemedia‐OmiaNetwork, che ha percorso proprio questa dinamica (nella sola regione Calabria avevano ottenuto oltre 11M di euro di FSE per questa dinamica (nella sola regione Calabria avevano ottenuto oltre 11M di euro di FSE per l’occupazione) e che allo scadere dei benefici ha comportato la perdita del posto di lavoro ad oltre 12.000 lavoratori (nell’arco temporale 2009‐2011).
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Effetti per le casse dello stato La successiva tabella ha l’obiettivo di fare una stima dei costi che gravano sulla spesa pubblica a causa delle dinamiche sintetizzate nelle pagine precedenti, basato su un calcolo dei dipendenti interessati da ammortizzatori sociali definiti da accordi sindacali. 2012
Commesse PERSE ‐ 5.000 Dipendenti
2013
Dipendenti in CIG
2014
Mobilità
SPESA PUBBLICA in 3 anni costo CIG
166 M
costo Mobilità
36 M
Mancato versamento contributi INPS/INAIL contributi INPS/INAIL
94 M 94 M
passaggio delle commesse da Azienda 1 ad Azienda 2 ad Azienda 2
Commesse VINTE + 5.000 Dipendenti
mancato versamento contributi INPS/INAIL
94 M
FSE usati per occupazione non stabile
90 M
Costo TOTALE su 3 anni
480 M
assunti con Lg. 407/90 e FSE
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E’ un fenomeno interamente imputabile alla crisi? p Le condizioni descritte non sono imputabili unicamente alla crisi economica. economica La crisi ha accelerato gli effetti ma in realtà non è stato il fattore determinante. Il meccanismo è determinato dalla legislazione italiana che non disciplina le condizioni e le tutele per i lavoratori con cui debbano intervenire i cambi di appalto. appalto Seppure siamo in presenza di un lavoro che continua ad esistere, il committente sceglie di cambiare fornitore, o chiedere forti riduzioni dei costi per mantenere in vita l’appalto, per ridurre i costi dell dell’impresa impresa committente e garantire a quest quest’ultima ultima profitti notevoli. notevoli Il lavoro diventa in questo modo itinerante, con costi pesanti per la finanza pubblica che non sono finalizzati alle aziende di call center ed ai loro lavoratori ma finiscono direttamente nelle casse dei committenti che beneficiano in questo modo di condizioni di vantaggio ingiustificabili. committenti, ingiustificabili Il tutto impedendo una competizione basata sulla qualità e sulle competenze che diventano del tutto residuali. Non c’è innovazione e il lavoratore competente costa troppo. La delocalizzazione diviene in questo modo non una causa ma l’ultimo degli effetti perversi determinati da un vero e proprio vuoto legislativo.
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L’Europa …… p L Europa da tempo si è preoccupata di evitare che fenomeni come quelli in corso nel nostro L’Europa Paese possano determinare le condizioni per un aggravio della spesa pubblica e un ridimensionamento generalizzato delle retribuzioni e dei diritti dei lavoratori. Infatti, nella descrizione del processo di definizione della direttiva europea 2001/23/CE “diritti Infatti diritti dei lavoratori nel caso di mutamento della proprietà aziendale” vengono puntualmente descritti i fenomeni che si produrrebbero nel caso si decidesse di non intervenire . Le motivazioni sulla necessità di adottare tali misure si estendono, estendono inoltre, inoltre alla necessità di garantire una competizione equa sul mercato, proprio per evitare che le imprese più spregiudicate possano conquistare quote di mercato (meno pago il lavoro e più posso abbassare le tariffe ai committenti) Per queste considerazioni, la Direttiva Europea è insensibile al mutamento della titolarità nell’impresa e collega la continuità dei rapporti di lavoro esistenti al trasferimento dell’entità economica, quale che sia la vicenda circolatoria del bene o del servizio.
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Gli altri Paesi Europei …….. p Il Regno Unito ha recepito la direttiva 2001/23/CE nel Transfer of Undertakings (protection of employment) regulation del 1981 (TUPE) che all’art.5 dispone che “tutti i diritti, le facoltà e gli obblighi del cedente derivanti dal o vincolati al contratto sono trasferiti al cessionario” anche nei casi di cambio di appalto. In Svezia l’Employment Protection Act all’art. 6 ter dispone che i contratti di lavoro e le condizioni in vigore al momento del trasferimento seguano i dipendenti nel rapporto di lavoro con il nuovo datore. Sono i contratti collettivi, che in Svezia hanno una percentuale di effettività pari al 90%, a disciplinare nel dettaglio le vicende circolatorie. In Belgio i contratti collettivi, collettivi che in quel paese hanno efficacia erga omnes , dispongono che in caso di successione di appalti “il datore di lavoro tenterà – per quanto possibile ‐di realizzare la continuità dei contratti di lavoro”. In ogni caso è salvaguardata l’occupazione per i rappresentanti sindacali. Il nuovo appaltatore ha l’obbligo di offrire il 75% dei posti di lavori ai dipendenti dell’impresa che ha perso l’appalto. Nella totalità dei casi, o attraverso norme di legge come in Inghilterra o attraverso un rimando ai Contratti Collettivi (laddove garantiscano norme valide erga omnes) come in Belgio, il legislatore ha introdotto norme affinchè la competizione non si svolga con le modalità presenti nel nostro Paese
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Il caso Italia …….. nella traduzione italiana della direttiva 2001/23/CE nel definire ll’ambito ambito di applicazione della normativa europea si fa riferimento “ai trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti ad un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione”. Nel testo in inglese è presente anche la definizione “business” indicando con questo termine una “attività economica” altrimenti definita appalto. “This Directive shall apply to any transfer of an under‐taking, business, ora part of an undertaking or business to another employer as a result of a legal transfer or merger” L’esclusione della generale tutela apprestata ai lavoratori trasferiti sembra trovare spiegazione nella circostanza che nella successione di appalti cedente e cessionario sono titolari di due autonome scritture negoziali, ciascuna direttamente riferibile al committente. Nessuna relazione convenzionale sussisterebbe invece tra colui che perde l’appalto e colui che lo acquista. Il meccanismo che determina tale esclusione irrigidisce anche il mercato del lavoro italiano e i processi di riorganizzazione. All’atto della cessione di un ramo, con conseguente stipula di appalto di servizio, i lavoratori mantengono diritti e tutele. Al rinnovo de contratto di appalto gli stessi lavoratori possono perdere il lavoro nel caso in cui la loro azienda perdesse la commesse. Un paradosso giuridico insomma. Tale condizione determina una indisponibilità ad affrontare cessioni di rami di azienda e un contenzioso giuridico di proporzioni enormi. Si pensi alla cessione del Customer di Vodafone a Comdata, realizzata nel 2007, che ha visto 52 giudici pronunciarsi, spesso in maniera contraddittoria, con soluzioni diversificate a seconda della giurisdizione del giudice che a 7 anni dalla sua realizzazione non consente di assumere determinazioni definitive. Altri casi sono descrivibili per altre aziende quali Telecom Italia, Wind, British Telecom eccetera. Un ottimo motivo per non investire nel nostro Paese.
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migliorare le tutele, risparmiare soldi pubblici, favorire g p p gli investimenti, in altre parole Politiche Industriali Alla luce delle considerazioni di cui sopra, è evidente che si rende necessario un recepimento più corretto della direttiva europea in parola attraverso una modifica dell dell’articolo articolo 2112 del codice civile e dell dell’articolo articolo 29 del Decreto Legislativo 276/2003. Tale modifica potrebbe essere realizzata in via sperimentale proprio nel settore dei call center, in cui il costo del lavoro rappresenta oltre il 70% del costo totale dell’appalto. La modifica potrebbe essere realizzata attraverso una normativa definita, sulla base del modello inglese della TUPE, o attraverso una previsione di legge che fissi i minimi inderogabili rimandano al contratto nazionale, definito sulla base dei criteri introdotti dal TU sulla rappresentanza sottoscritto in data 10 gennaio 2014 tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil per evitare fenomeni di dumping contrattuale, le modalità con cui attuare le tutele. I benefici sono facilmente riassumibili: •Riduzione della spesa pubblica per incentivi e ammortizzatori sociali così come evidenziati in precedenza; •Continuità nell’occupazione del personale impiegato che porterebbe in dote le competenze acquisite mantenendo i livelli retributivi già maturati, evitando una spirale che comprime i consumi interni; •Consolidamento del settore attraverso la costituzione di call center nazionali che sarebbero chiamati a competere sull’efficienza, sulle tecnologie, sugli investimenti, procedendo ad automatizzare, attraverso investimenti in IT le attività più semplici aumentando il livello di intervento degli operatori rendendo inutili i processi di delocalizzazione in corso e predisponendo gli stessi ad accogliere le attività derivanti dalla riforma e dalla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione; •Liberare i processi di riorganizzazione che consentendo cessioni di ramo tutelate per consentire alle aziende di concentrarsi sui rispettivi core business. •Riduzione drastica del contenzioso giuridico, vero e proprio freno agli investimenti esteri nel nostro Paese
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