Doc. lavoro e società 18 aprile

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DOCUMENTO CONCLUSIVO DEL COORDINAMENTO NAZIONALE DI LAVORO SOCIETA’ (Roma, 18 aprile 2014; i Componenti del Coordinamento nazionale di L.S. e del Direttivo nazionale CGIL) Il congresso nazionale della CGIL si avvia alla sua fase conclusiva nel quadro di una difficilissima situazione sociale e politica. Un congresso che avrebbe dovuto essere unitario, di ascolto, maggiormente partecipato, utile a noi e alla nostra rappresentanza per contare di più nella società e rappresentare meglio e con più efficacia un mondo del lavoro diviso, impoverito e frantumato dalla crisi e dalle scelte economiche e sociali dell’Europa liberista e dei Governi italiani. Non ci siamo riusciti e ne portiamo tutti la responsabilità. Tuttavia, nonostante i limiti e le storture storiche, le modalità e i tempi da ripensare e da innovare, il nostro congresso resta un evento che chiama al confronto centinaia di migliaia di iscritti, una prova di democrazia e di partecipazione - ormai sconosciuta alla politica e alla società liquida e dell’immagine - che come tale non può essere denigrata o disconosciuta, ma va al contrario valorizzata. Le assemblee con gli iscritti e le iscritte hanno messo in luce sofferenza, disagi, critiche ma anche stimoli e proposte che devono ora trovare spazio e riconoscimento nel congresso nazionale e nel documento conclusivo. E’ necessario che la CGIL e le sue categorie sappiano rinnovarsi e innovarsi, rafforzando gli strumenti della partecipazione alle decisioni collettive, superando limiti ed errori e affermando una maggiore collegialità nella costruzione delle piattaforme e delle scelte, valorizzando il ruolo e la funzione delle strutture di rappresentanza dei luoghi di lavoro. Serve un rinnovamento e una apertura verso l’esterno, mantenendo e riconoscendo il pluralismo delle idee, l’espressione di un pensiero collettivo attraverso aree o rappresentanze, come previsto dalle nostre regole statutarie, un luogo di confronto politico e di merito sindacale e non di competizione tra gruppi dirigenti, se si vuole affrontare la sfida del cambiamento sul terreno della democrazia e della rappresentanza più diffusa del mondo del lavoro. È importante riaffermare la natura confederale della CGIL in cui le singole categorie portano legittimamente contributi ed esperienze specifiche nel rispetto delle regole statutarie. Occorre riconoscerci, dare valore a quello che facciamo e conquistiamo, mantenendo aperto il confronto e la dialettica, com’è nella storia della CGIL. Il nostro impegno, coerente con la nostra storia e identità di area confederale, è quello di portare a compimento la scelta politica assunta con il documento unitario, di uscire dal congresso più forti e uniti, riaffermando e rinnovando la confederalità, come richiedono la grave situazione economica e sociale e la nostra rappresentanza. La nostra organizzazione oggi è sotto attacco, sminuita e persino disconosciuta da presunti innovatori tra i quali si distingue il Presidente del Consiglio, che ci considera come una delle tante lobby o un ferrovecchio. Siamo considerati un’anomalia per il ruolo sociale di rappresentanza generale del mondo del lavoro, per essere soggetto politico che si “arroga” il diritto di proporre un progetto di società e di sviluppo e di rappresentare ancora gli interessi di una classe. Dopo aver affossato la sinistra politica del Paese, ora il bersaglio è la CGIL, che nella migliore storia della sinistra politica e sociale italiana affonda le sue radici. Per noi la società è ancora divisa in classi, e il Paese, senza riconoscimento della composizione sociale del suo popolo, è un'entità astratta. Dobbiamo fare i conti con i rapporti di forza che non sono favorevoli, con una classe lavoratrice impaurita, rassegnata, divisa, spinta all’individualismo, alla rottura della solidarietà e alla presa di distanza dall’azione collettiva. Lavoro Società è un’area storicamente consapevole del valore dell’unità dell’organizzazione e della fase politica che, coerentemente con le scelte assunte nei precedenti congressi - compreso l’ultimo, che ha visto due documenti contrapposti - ha scelto di condividere e promuovere l’attuale percorso unitario congressuale, portando il suo contributo di merito all’elaborazione e alla stesura del documento, con le sue 11 azioni, e del piano del lavoro, che rimane l’asse strategico dell’azione vertenziale e contrattuale della CGIL nei prossimi anni.


Abbiamo contemporaneamente apportato al dibattito l’arricchimento di alcuni emendamenti di merito sindacale sulle pensioni, che hanno ricevuto un ampio consenso nel confronto congressuale di base. Ci interessa che questo consenso venga riconosciuto e valorizzato in termini politici come abbiamo sempre sostenuto, divenendo patrimonio dell’intera CGIL. Per noi, insieme al lavoro, il sistema previdenziale pubblico è un punto strategico dell’azione vertenziale futura della CGIL. Occorre risalire dalla sconfitta subita con la controriforma Fornero che, oltre a produrre sofferenza e critica diffusa, ha intaccato alla radice il sistema pensionistico, mettendo in discussione i diritti previdenziali di chi lavora e soprattutto delle giovani generazioni. In merito al contrastato accordo sulla rappresentanza, sottoposto al voto dirimente delle iscritti e delle iscritte, ribadiamo che esso contiene scambi, limiti e criticità che non vanno nascosti, a partire dalle sanzioni ai delegati che non condividiamo e che devono essere eliminate dagli accordi che dovranno fare le categorie, ma un accordo lo si giudica nell’insieme e nel contesto in cui si realizza. Perciò esso rappresenta complessivamente una conquista da ascrivere principalmente alla CGIL, e contiene un merito politico e sindacale di portata storica, la sua compiuta attuazione è urgente, al fine della sua estensione per rappresentare tutto il mondo del lavoro e per la conquista della legge. E’ una sfida anche per noi. Si consegna titolarità di contrattazione e diritti alle RSU e saremo misurati attraverso il voto della rappresentanza elettiva oltre all’adesione associativa, costretti a fare i conti con i nostri limiti e i nostri ritardi, a migliorare ed estendere in tutti i luoghi di lavoro la nostra rappresentanza, ripensare e migliorare la nostra contrattazione, nazionale e di secondo livello, avendo più attenzione e riconoscimento nei confronti delle nostre delegate e dei nostri delegati, essendo noi un'organizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori che si fonda sulla partecipazione e sulla contrattazione. La crisi l’abbiamo studiata e interpretata; sappiamo che è di sistema, profonda e strutturale, e che, in un mondo più che mai interdipendente, c’è chi l’ha pagata e la sta pagando, a partire dalle donne e dalle giovani generazioni, mentre altri hanno prosperato nei privilegi e accumulato ricchezze. Và affrontata a partire dal sistema Paese, con un progetto di valore generale ed una risposta di ordine nazionale, europeo per non rinchiuderci nell’illusoria dimensione localista, settoriale o categoriale. E’ l’Europa finanziaria e dei vincoli economici il problema, mentre l’Europa politica e sociale dev’essere ancora conquistata e costruita, a partire dall’occasione da non sottovalutare delle prossime elezioni europee, con l’obiettivo di superare l’ideologia dell’austerity, che blocca la ripresa e alimenta le disuguaglianze e la disoccupazione in tutto il continente, e spinge verso risposte politiche di destra, nazionaliste e xenofobe. La disoccupazione è uno dei sintomi più gravi dell’instabilità del capitalismo, mentre le disuguaglianze crescono in tutti i paesi industrializzati in ragione della non redistribuzione del reddito e della ricchezza. Nei confronti del nuovo Governo, fatto di larghe intese e vecchie rappresentanze, non possiamo essere né prevenuti né subalterni ma, attenendoci al merito e mantenendo la nostra autonomia di giudizio e di azione, dobbiamo cogliere le novità senza sottacere le scelte sbagliate e da contrastare, in particolare quelle sul mercato del lavoro - nel quale prevale la cultura neoliberista - e di attacco al sistema sociale pubblico attraverso la riduzione dell’occupazione, il blocco dei contratti di lavoro nel settore pubblico e il contenimento della spesa sociale. Dobbiamo chiedere risposte strutturali e non compassionevoli - a partire dalla condizione sociale e salariale dei pensionati e dei lavoratori precari, capaci di aggredire le ragioni vere e storiche, ben individuate nel documento congressuale, che fanno di questo Paese un'anomalia nello scenario europeo. In merito all’introduzione del salario minimo di legge esprimiamo contrarietà e preoccupazione; come viene presentato sarà nei fatti un salario sulla soglia di povertà e inferiore ai nostri minimi contrattuali di categoria, porterà le aziende al riconoscimento verso il basso di tutti i salari contrattuali, spingendo verso l’appiattimento del valore del lavoro e facendo arretrare la condizione salariale complessiva. Inoltre si metterà in discussione il CCNL e il ruolo del sindacato come rappresentanza degli interessi collettivi del lavoro. La nostra risposta ad un problema reale è quella di conquistare un nuovo modello contrattuale, teso a garantire attraverso il CCNL diritti e salari nei confronti di tutte le forme e le tipologie di lavoro dipendente oggi escluse.


Al nuovo governo non va proposto nessun patto, ma vanno avanzate le proposte contenute nelle nostre 11 azioni e nel Piano del Lavoro, che rimane il riferimento strategico da far vivere in ogni realtà territoriale e sociale trasformandolo in azione vertenziale, per affrontare quello che riteniamo il problema primario: il lavoro che non c’è, quello che sparisce e quello che deve essere ricostruito. Al nuovo Governo dobbiamo comunque chiedere forte discontinuità su molte cose, dalla cancellazione dell’art. 8 all’azzeramento della controriforma Fornero, e soprattutto sulla precarietà, che non ha bisogno di essere alimentata con un periodo di prova lungo tre anni perché abbiamo già la più ampia e intensa flessibilità, l’orario di lavoro più lungo e i salari più bassi dei paesi europei industrializzati. Abbiamo bisogno di una seria e strategica politica industriale per la crescita e la buona occupazione. Vogliamo che il Governo riconosca la rappresentanza e la rappresentatività sociale della CGIL; un’organizzazione reale e non virtuale, che non vive di sondaggi ma del rapporto diretto con le persone vere e si confronta con i loro problemi. Per rendere più efficace la nostra iniziativa sociale e sindacale, è necessario partire dal giudizio sulla fase politica e sul Governo, con particolare riferimento al riassetto neoautoritario che si sta operando del sistema politico-elettorale. Riassetto che passa anche attraverso la negazione del carattere confederale del sindacato. Così come il pluralismo di classe è escluso dalla rappresentanza politica, e vengono considerati valori costituzionali l'impresa e la cultura neoliberista anziché il lavoro, così il sindacato, nella logica di questo Governo, non può e non deve più rappresentare il lavoro come interesse generale, non deve intervenire sulle politiche industriali e di sviluppo, sullo stato sociale, sul fisco, sulle pensioni, ma deve occuparsi esclusivamente di questioni aziendali e di categoria: una corporazione tra le corporazioni. E' questa una discussione assolutamente necessaria. Così com’è necessario affrontare anche il tema del Movimento 5Stelle, che con le sue caratteristiche regressive trova tuttavia consenso nella nostra base sociale. La nostra mobilitazione deve dunque essere adeguata al livello dello scontro in atto, che rappresenta per molti aspetti il tentativo di chiudere definitivamente con la Costituzione nata dalla Resistenza. Alla ripresa vertenziale delle 11 azioni e del Piano del Lavoro è necessario accompagnare un’iniziativa di carattere generale capace di modificare l'Agenda politica del Governo; di questo percorso di mobilitazione la CGIL dev’essere soggetto propulsore e istanza di progresso e di libertà. Lavoro Società si è sempre distinta sul merito, dando alle proprie idee e diversità dignità di battaglie di principio e di contenuto sindacale. E’ un collettivo, un’area di sinistra sindacale confederale, non sempre adeguatamente riconosciuta, che ha portato il suo contributo di idee e di proposte, mai con una cultura minoritaria ma con forte senso unitario, di appartenenza all’organizzazione, talvolta determinante per mantenere la dialettica interna e rinnovare la natura plurale e democratica della CGIL nell’interesse generale. In considerazione di questa nostra storia e di questa nostra identità, ci sentiamo impegnati a concludere unitariamente il congresso nazionale, e disconosciamo le rotture organizzative e politiche che si sono prodotte in alcuni congressi confederali regionali e nazionali di categoria, con la presentazione di liste del 3% e con la candidatura in esse di esponenti nazionali dell’area. Ciò ha provocato spaccature e difficoltà nell’area, mettendo a rischio lo svolgimento unitario del congresso. I componenti del Coordinamento nazionale di L.S., riuniti a Roma venerdì 18 aprile 2014, ritengono che, a fronte di una situazione ormai deteriorata, occorra ripristinare in quest’ultima fase congressuale una maggiore e più impegnativa collegialità nell’intento di rappresentare tutti e tutte, rispetto alle decisioni che si dovranno assumere al congresso nazionale, per garantire al Coordinamento nazionale e alla platea congressuale dell’Area i ruoli e le funzioni che spettano loro. Convengono di indicare un gruppo rappresentativo di compagne e compagni che, limitatamente a questa fase transitoria, svolga il compito di ripristinare positive relazioni all’interno dell’organizzazione, finalizzato a riconfermare quell’accordo politico che ci ha portati unitariamente al congresso. Un passaggio difficile questo, perché chiude una fase della nostra esperienza e ne apre un'altra nella quale la nostra storia di area possa trovare collettivamente, dopo il congresso, prospettiva e rilancio nei termini politici e organizzativi che insieme dovremo individuare e condividere, superando i


limiti riscontrati del nostro agire di questi anni e operando il necessario rinnovamento nella continuitĂ della nostra storia collettiva di sinistra sindacale in CGIL.


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