ANNA SOFFICI - EMANUELA ROSSI
Museo e comunitĂ . Un progetto sul territorio e per il territorio
Fili di perle - n.8 Collana diretta da Mèsy Bartoli Questa collana, promossa dagli Amici del Museo di Impruneta e San Casciano Val di Pesa “Marcello Possentiâ€?, si propone di ospitare brevi studi che possano offrire un significativo contributo alla valorizzazione del territorio.
Si dice spesso che la nostra è una società dell’immagine, e lo si afferma quasi esclusivamente in senso negativo, intendendo con questo che l’immagine, la forma, l’involucro molto spesso prendono il sopravvento sul contenuto, rendendolo quasi accessorio e superfluo. In realtà la nostra è anzitutto una società, ed un tempo, che ha scoperto le immense potenzialità comunicative fornite delle immagini, oggi potenziate ed amplificate dall’uso delle nuove tecnologie e da mezzi espressivi in continua evoluzione. La sfida è quindi anzitutto quella di utilizzare queste infinite potenzialità, questa immediata capacità di trasmettere emozioni e stati d’animo per veicolare elementi intangibili ed immateriali, quali il senso del bello, il significato di un’opera d’arte o l’essenza di un paesaggio, ma non per questo inconsistenti. La sfida cioè è proprio quella di coniugare forma e sostanza. Per questo l’Amministrazione Comunale ha convintamente accolto la proposta degli Amici dei Musei di Impruneta e San Casciano di collaborare con la Fondazione Studio Marangoni – istituzione di per sé sinonimo di qualità nello studio e nell’insegnamento della fotografia quale disciplina artistica – in un percorso formativo che avesse ad oggetto le opere d’arte, il paesaggio ed il patrimonio di conoscenze artigiane di San Casciano. Una proposta che ha raggiunto, a nostro avviso, pienamente il proprio obiettivo: quello di coniugare immagine e contenuto, di riuscire a trasmettere appieno e con immediatezza l’emozione di trovarsi di fronte ad un quadro del Museo Ghelli di San Casciano, di cogliere la sapienza antica e la maestria dei nostri artigiani, di far vibrare l’emozione che sale di fronte al dispiegarsi di un paesaggio che mescola natura, architettura e opera dell’uomo. Il lavoro che avete tra le mani ne è la testimonianza tangibile.
Chiara Molducci*
* Assessore delegato alla cultura, istruzione, educazione, formazione professionale, politiche per i giovani, politiche per la trasparenza e la legalita’, cooperazione internazionale, gemellaggi
3
Sottolineare il legame tra un piccolo museo e la realtà del paese che lo ospita, mostrando la forza e l’attualità di questo vincolo anche laddove esso sembra sfumare verso una consuetudine distratta. Questa semplice ma non banale idea è una delle finalità più alte di un Sistema Museale come quello del Chianti e del Valdarno fiorentino, che racchiude numerosi musei di piccole dimensioni distribuiti su nove Comuni, ma che ha anche il compito di favorire la conoscenza del proprio territorio e dei luoghi storici che lo caratterizzano e lo rendono incredibilmente affascinante. L’associazione Amici del Museo di Impruneta e San Casciano ha reso possibile l’esplicitazione visiva di questo concetto, promuovendo la collaborazione con la Fondazione Studio Marangoni, i cui allievi hanno interpretato attraverso i loro obbiettivi fotografici diversi aspetti del paese di San Casciano. Nessuno di loro è sancascianese e questo è un bene. A volte serve un occhio “esterno” per notare ogni particolare con stupore e obiettività e mostrare a chi è più direttamente coinvolto quanto sia importante quello che si ha, far capire quanto sia speciale, nella sua quotidianità, ciò che ci circonda e che troppo spesso superficialmente si dimentica di apprezzare. Dalla grazia del paesaggio alla potenza del teatro, dal conforto delle antiche tradizioni all’orgoglio e alla fatica del perpetrarsi dei mestieri artigianali, fino al continuo rinnovamento delle forme dell’arte contemporanea. Tutto questo può essere letto attraverso la lente prismatica e universale dell’arte prodotta nei secoli per il territorio sancascianese e ora racchiusa nelle sale del Museo Giuliano Ghelli. C’è bisogno di dare nuova voce alle opere di Ambrogio Lorenzetti e Coppo di Marcovaldo, ai fondi dorati, alle oreficerie e alle sculture, perché non siano più una presenza silenziosa ed enigmatica, ma possano parlare da vicino a ciascuno di noi per essere comprese e poter così, semplicemente, essere amate.
Nicoletta Matteuzzi*
* Coordinatore scientifico del Sistema Museale del Chianti e del Valdarno fiorentino
4
La nostra Associazione è nata semplicemente con l’idea di “far qualcosa” per i Musei di Impruneta e San Casciano. Come scrisse Cristina Acidini nel suo intervento del 2005 al 1° Convegno Nazionale a Lucca per la Valorizzazione dei beni Culturali e Promozione del territorio “valorizzazione è tutto: un museo fa valorizzazione del proprio patrimonio quando organizza una grande mostra, quando presenta un grande restauro, ma anche quando semplicemente tira fuori un restauro o dai depositi o da una posizione defilata ed intorno ad esso, come fosse un ospite d’onore, costruisce un’occasione di approfondimento”. Per noi la valorizzazione si è manifestata con attività di didattica sempre più ricca e sempre in più Comuni del Chianti e del Valdarno, con restauri di opere presenti sul territorio, con pubblicazioni, mostre e conferenze. Il mio augurio personale è che l’associazione possa crescere con sempre nuove forze e riesca a stabilire contatti proficui con le altre realtà culturali.
Giovanni Calamandrei*
* Presidente Associazione Amici del Museo di Impruneta e S. Casciano “Marcello Possenti”
5
Musei, territorio e comunità Emanuela Rossi
Università di Firenze
Mi piace dare inizio a questo breve contributo con una citazione da La carta di Siena su Musei e Paesaggi Culturali elaborata dall’Icom nel 2014. Qui si dice che i “musei possono costituire un punto di forza di un nuovo e diverso modello di tutela in quanto presidi territoriali di tutela attiva del patrimonio culturale”1. L’idea di museo come presidio territoriale del patrimonio mi pare che si colleghi bene a ciò che anima il progetto che in questo volume prende corpo: il legame forte tra un museo, il territorio e la comunità dei quali il museo è espressione. Gli ideatori e gli esecutori del progetto hanno voluto indagare alcuni possibili legami tra le opere custodite all’interno del museo civico e certe pratiche, tradizioni ed espressioni della San Casciano di oggi. L’aver intuito e poi individuato questi legami non è idea peregrina: anch’essa, in un certo senso, forma di “tutela attiva”. Il museo civico già di per sé è espressione di un dato territorio e di una comunità che ci vive. Quando nacque, in epoca risorgimentale, con l’Unità d’Italia, fu il segno tangibile di come le comunità si fossero riappropriate di una loro cultura e di loro tradizioni creando istituti culturali del territorio, delle città che allora non svolsero un compito di mera conservazione. D’altro canto in Italia il sistema dei musei è soprattutto il prodotto di uno scambio continuo con il territorio (e le comunità) in cui si colloca2. Il museo civico da tempo, per una serie di motivi, ha perso le sue caratteristiche originarie, soprattutto la sua incisività sul territorio. Una prima risposta alla perdita di una istituzione tanto legata all’identità della comunità in cui si trovava e al suo territorio arriva negli anni settanta del ‘900 quando nei musei hanno cominciato a comparire la storia della vita quotidiana e quella orale. Questo ha portato alla nascita di piccoli musei loca-
1 P. 2 in vista della conferenza internazionale di Milano 2016. 2 Silvia Dell’orso, Musei e territorio. Una scommessa italiana, Mondadori Electa, Milano, 2009, p. 11.
6
li, per lo più lontani dalle grandi città. Sono quei musei che hanno la denominazione di “demo-etno-antropologici”, caratterizzati da un forte legame con il territorio, anche nel senso di valorizzarne alcun elementi caratteristici (forme artigianali, produzioni ed espressioni locali etc.). È da qui “che il museo è diventato un luogo da cui far partire una serie di processi culturali di responsabilizzazione territoriale”3. Ed ecco che alcuni musei più vitali hanno cominciato a proporsi come servizio sociale e culturale a beneficio del cittadino. Alla base del progetto “Museo e comunità” si intravede una idea di patrimonio che non sono solo opere d’arte o manufatti antichi ed inoltre emerge la centralità della comunità nella sua identificazione e interpretazione. Tutto ciò in assoluta sintonia con le più recenti concettualizzazioni relative al patrimonio culturale. Mi riferisco alla Convenzione Unesco del 2003 per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale o la Convenzione di Faro del 2005. Da tempo - e queste Convenzioni lo mostrano bene - il concetto di patrimonio è “esploso”. Da un’idea di “una lista di beni materiali, prevalentemente di carattere storico- artistico, considerati di valore eccezionale si è giunti a quella di un insieme significativo di testimonianze materiali e immateriali, espressione di una cultura nelle sue diverse manifestazioni”4. Patrimonio allora sono beni materiali, luoghi, ambienti ed elementi immateriali (linguaggi, musiche, religiosità, folclore, abilità manuali, saper fare...) nonché la loro concettualizzazione e interpretazione. La Convenzione Unesco del 2003 vede il patrimonio in modo estremamente dinamico dando grande enfasi alle comunità che questo patrimonio riconoscono, praticano, modellano e trasmettono. Dunque patrimonio sono “[...] le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how - come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi - che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale trasmesso di generazione in generazione è costantemente ricreato dalla comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso di identità e di continuità, 3 Silvia Dell’Orso, cit. p.21. 4 22 tesi.
7 Intero dopo il restauro
promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”5. La più recente “Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società”, sottoscritta a Faro nel 2005, ancor di più sottolinea l’importanza della comunità nell’identificazione di ciò che è definito “cultural heritage”. “L’eredità culturale è un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato dell’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi”6. Progetti come “museo e comunità” che portano il museo fuori da se stesso e lo fanno vivere nel territorio creando legami con altre forme patrimoniali, e, in primo luogo, con la comunità in cui esso si trova, non sono solo auspicabili, ma piuttosto necessari.
5 Convenzione UNESCO.... 6 Traduzione italiana della Convenzione.... 8
“Museo e comunità”: un progetto formativo sul territorio e per il territorio Anna Soffici
AMISC- Amici dei Musei di Impruneta e San Casciano “Marcello Possenti”
Non può trattarsi esclusivamente di raccogliere oggetti, ma anche e soprat-
tutto di capire uomini; e non tanto di archiviare vestigia disseccate come si fa negli erbari, quanto di descrivere e di analizzare forme di esistenza alle quali l’osservatore partecipa nella forma più stretta. Claude Lévi-Strauss, Antropologia Strutturale (1958, trad. it. 1966) Questo appello dell’antropologo Claude Lévi-Strauss, a mezzo secolo di distanza, pare sorprendentemente in linea con le riflessioni più attuali sul ruolo del museo come centro di interpretazione oltre che di conservazione. Poco importa se l’oggetto del discorso erano, nello specifico, i musei antropologici: il suo era un invito a considerare l’istituto museo come luogo in cui la conservazione, la ricerca e l’esposizione al pubblico degli oggetti fosse funzionale anche alla comprensione del contesto territoriale, sociale, economico, culturale nel quale avevano avuto origine. Il Museo “Giuliano Ghelli” di San Casciano, come ogni museo civico, offre un terreno privilegiato in questo senso. Istituito per accogliere le testimonianze storiche, artistiche e archeologiche provenienti dal territorio comunale e garantirne così la conservazione e la fruizione, il suo è un patrimonio strettamente collegato, da un punto di vista geografico ma anche storico e culturale, al luogo in cui si trova. È con questo importante ruolo che il Museo si presenta oggi agli occhi dei sancascianesi e dei visitatori stranieri. Ma le opere e i manufatti che vi possiamo ammirare sono legati solo alle comunità che li hanno realizzati o mantengono un legame culturale anche con agli attuali abitanti di quei luoghi? L’associazione AMISC (Amici del Museo di Impruneta e San Casciano “Marcello Possenti”) ha voluto dare una risposta positiva a questo affascinante quesito con un progetto che fosse in grado di far riflettere su come le raccolte di un museo civico possano essere non solo conosciute ma anche rein9
terpretate, messe in relazione con la comunità locale presente e con quella parte di patrimonio culturale (materiale e immateriale) che si trova al di fuori del museo ma che caratterizza profondamente il territorio: edifici religiosi, pratiche devozionali, paesaggi, tradizioni artigiane, manifestazioni artistiche e teatrali contemporanee. Museo e comunità è un progetto fotografico realizzato in collaborazione con la Fondazione Studio Marangoni di Firenze e con il contributo del Sistema Museale. La Fondazione ha messo a disposizione un gruppo di sette allievi fotografi ai quali è stato affidato il compito di esplorare San Casciano e il suo territorio per immortalare soggetti e situazioni in grado di testimoniare l’esistenza del legame tra museo, territorio e comunità secondo cinque indirizzi di ricerca: Arte e Fede, Arte e paesaggio, Arte e Artigianato, Arte contemporanea, Arte e Teatro. Tra gennaio e febbraio 2015 AMISC ha presentato il progetto agli allievi della Fondazione e li ha accompagnati in una visita propedeutica a San Casciano che è servita come sopralluogo per esplorare il paese, le botteghe artigiane, il Teatro e il Museo. Terminata questa prima fase di formazione, i ragazzi sono tornati per eseguire i loro scatti in piena autonomia terminando la campagna fotografica ai primi di luglio sotto costante monitoraggio della Fondazione. Il risultato di questo lavoro di ricerca e di interpretazione è estremamente interessante. I dipinti a soggetto sacro del Museo offrono l’opportunità di riflettere su ciò che oggi rimane di quel sentimento religioso che le ha a suo tempo ispirate: perchè dunque non riconoscere nella tradizione sancascianese dell’allestimento dei Sepolcri un filo che lega passato e presente? Su questo suggerimento ha lavorato Camilla Riccò, i cui scatti riescono a restituire all’osservatore il candore delle vecce nel buio del locale sotterraneo in cui ogni anno vengono fatte crescere con amorevole cura. Dalle pratiche devozionali, che pure costituiscono parte del patrimonio culturale immateriale del territorio, si è poi passati all’esplorazione delle tecniche artistiche tradizionali, considerando che dai manufatti del museo alle creazioni degli artigiani del luogo il passo è, dal punto di vista tecnico, molto breve; ed è così che, ad esempio, la suggestiva Assunta di Benedetto Buglioni in terracotta invetriata ha offerto lo spunto a Elisabetta Pallini, Irene Santoni, Mattia Micheli e Pietro Viti per scoprire persone, materiali e gesti della tradizione ceramica locale. Nei lavori di questi 10
ragazzi non c’è in nessun caso la volontà di confrontare passato e presente in maniera banale: mettere in dialogo il Museo e il paesaggio, ad esempio, non ha indirizzato la ricerca fotografica di Pietro Viti verso i classici scorci da cartolina, è stata piuttosto un’occasione per riflettere sulla convivenza e la compenetrazione tra naturale e artificiale, tra antico e moderno, nel medesimo contesto territoriale. In queste foto le strade, per secoli il vero punto di forza di questi luoghi, segnano silenziosamente il paesaggio e con esso convivono in perfetta armonia. Il ruolo del Museo come centro propulsore per le arti emerge dagli scatti di Luca Giannone dedicati alle opere d’arte contemporanea presenti in paese, mentre la potente espressività dei santi protagonisti delle pale seisettecentesche del Museo restituisce al visitatore l’impressione di assistere a una rappresentazione teatrale, quasi come se il Museo si trasformasse, per un momento, in una sorta di appendice del vicino Teatro Comunale Niccolini: questo infine è quanto proposto da Margherita Villani nei suoi scatti. Il video realizzato selezionando e assemblando gli scatti sotto forma di movie maker costituisce il prodotto finale del progetto ed è pensato per facilitare la fruizione di questo lavoro da parte di un pubblico quanto più ampio possibile tramite proiezioni pubbliche, canali social e i rispettivi siti del Sistema Museale, di AMISC e della Fondazione Studio Marangoni, con l’obiettivo di arrivare al cittadino, così come al visitatore occasionale, offrendo nuovi spunti di riflessione. Se da un lato, dunque, si è lavorato nell’ottica di creare un prodotto che potesse attirare l’attenzione del pubblico potenziale attraverso la diffusione on-line, dall’altro Museo e Comunità rimane un progetto sul territorio e per il territorio: per questo motivo il video, frutto di questa esperienza formativa, verrà utilizzato dagli educatori museali di AMISC nelle attività didattiche con le scuole sancascianesi, consapevoli che valorizzare il patrimonio culturale trovando nuove chiavi di lettura per presentarlo ai più giovani possa contribuire a riattivare la consapevolezza di un legame culturale, oltre che storico, tra museo e comunità in un territorio.
11
Visioni di San Casciano Fondazione Studio Marangoni
La Fondazione Studio Marangoni di Firenze è un centro dedicato alla fotografia contemporanea che, dalla sua istituzione alla fine degli anni Ottanta, si è caratterizzato per la promozione e l’insegnamento della fotografia in Italia. Attorno alla Fondazione Studio Marangoni è nata una nuova generazione di fotografi, molti dei quali si sono contraddistinti nel panorama fotografico internazionale con progetti di indiscusso valore artistico e hanno continuato a collaborare a vario titolo con la scuola garantendone la continuità didattica e il costante aggiornamento. Lo scopo principale della scuola è fornire agli allievi gli strumenti culturali e tecnici necessari per realizzare i loro progetti attraverso un lavoro autoriale che sia al tempo stesso consapevole degli sbocchi professionali offerti dal mercato fotografico attuale. Uno degli argomenti fondamentali del programma didattico del Corso Triennale di Fotografia della Fondazione Studio Marangoni di Firenze riguarda l’esame di questioni territoriali ed urbanistiche con cui riflettere sulle trasformazioni dei luoghi e della loro fruizione. Nel 2015 la Fondazione ha rivolto i propri obiettivi al territorio di San Casciano Val di Pesa per larealizzazione di un progetto fotografico sviluppato in collaborazione con AMISC. Il progetto ha coinvolto un gruppo di studenti del terzo anno del Corso Triennale di Fotografia che, coadiuvati dal docente Paolo Cagnacci, sono stati chiamati a proporre immagini autoriali sul tema Museo e Comunità. Ogni studente ha sviluppato, secondo il proprio stile e la personale creatività, uno specifico tema riguardante il paese toscano, in cui l’arte e i tesori artistici del Museo “Giuliano Ghelli” di San Casciano si mostrano quale filo rosso dell’indagine; ed è così che la realtà artigianale, il contesto artistico del passato e della contemporaneità, la conformazione territoriale di San Casciano Val di Pesa, gli abitanti e i forestieri, si sono resi elementi di riflessione che hanno permesso ai giovani fotografi coinvolti nel progetto di svolgere un’importante esperienza sul campo attraverso la creazione di lavori fotografici di forte impatto comunicativo e dall’alto valore artistico. 12
Il gruppo di lavoro: Margherita Villani, Pietro Viti, Mattia Micheli, Irene Santoni, Elisabetta Pallini, Camilla Riccò, Luca Giannone. Coordinamento: Prof. Paolo Cagnacci (Fondazione Studio Marangoni)
FOTO DI MARGHERITA VILLANI
13
Il lavoro che abbiamo svolto vuole dare importanza all’attività artigianale che contraddistingue San Casciano, luogo in cui sopravvive il patrimonio del “saper fare”, grazie ai molti artigiani che tutt’ora lavorano portando avanti una lunga tradizione.
FOTO DI IRENE SANTONI
Era importante per noi valorizzare al meglio la figura dell’artigiano e la grande perizia tecnica e la laboriosità che vi è dietro a ogni oggetto realizzato; così abbiamo voluto documentare tutte le fasi che precedono l’opera d’arte. Per la prima volta abbiamo visto crearsi passaggio dopo passaggio il manufatto e solo da vicino si comprende a pieno la straordinaria capacità di lavorare il legno e l’argilla. Irene Santoni e Elisabetta Pallini
FOTO DI ELISABETTA PALLINI
15
Il nostro progetto fotografico sulla realtà artigiana di San Casciano è stato un piccolo viaggio all’interno di un mondo antico, lontano dal tempo. È stato subito chiaro quanto il nostro ruolo non fosse soltanto quello di produrre delle immagini evocative, quanto quello di creare delle fotografie che potessero conservare e tramandare la memoria di mestieri ormai in procinto di scomparire.
FOTO DI MATTIA MICHELI E PIETRO VITI
16
Scavare nelle radici di un luogo per comprenderne l’identità nel presente. Mattia Micheli e Pietro Viti
FOTO DI PIETRO VITI
17
La chiesa di San Casciano è gremita nei giorni di Pasqua. Nate nel sepolcro, le vecce adornano gli ambienti, disegnano motivi davanti all’altare. È una tradizione che si ripete, che richiama ogni anno i suoi sancascianesi. Le composizioni floreali realizzate da Paolo e i suoi aiutanti, hanno un fedele pubblico che non ha mai abbandonato questa ricorrenza. Il mio sguardo ha iniziato ad indagare il tema dell’arte e della fede partendo proprio dal giorno prima di Pasqua. Con il sepolcro aperto e le vecce dai fili bianchi. Camilla Riccò
FOTO DI CAMILLA RICCÒ
18
Interpretare le opere. Riflettere sullo spazio circostante. Luca Giannone
FOTO DI LUCA GIANNONE
19
Realizzazione editoriale: Betti s.r.l. Direttore editoriale: Luca Betti ISBN 978-88-7576-450-0 Copyright Š 2016 Betti Editrice - Betti s.r.l., Siena (Italia) www.betti.it - info@betti.it Siena, Italia I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservate per tutti i Paesi. finito di stampare nel mese di gennaio 2016