Se ascolto, dimentico. Se vedo, ricordo. Se faccio, capisco.

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1A FACOLTÀ DI ARCHITETTURA A.A 2012/2013 TESI DI LAUREA IN PROGETTO GRAFICO E VIRTUALE RELATORE SIMONA GALLINA CANDIDATI CHIARA FUCÀ / 147408 STEFANO GIODA / 145979 TITOLO IN INGLESE I HEAR AND I FORGET. I SEE AND I REMEMBER. I DO AND I UNDERSTAND. Study of learning theories and of the new teaching tools ILLUSTRAZIONI TUTTE LE ILLUSTRAZIONI PRESENTI NEL PROGETTO E LE IMMAGINI VETTORIALI SONO A CURA DEI CANDIDATI TESTO COMPOSTO IN DINpro CITAZIONE IN COPERTINA CONFUCIO

/ FEBBRAIO 2013 / 2


SE ASCOLTO DIMENTICO SE VEDO RICORDO SE FACCIO CAPISCO Studio delle teorie dell’apprendimento e dei nuovi strumenti didattici

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INDICE / RICERCA / PREFAZIONE

pag. 7

1. CENNI

DI PERCEZIONE 1.1 STIMOLI 1.2 SENSI 1.3 ESPERIENZA E MEMORIA

pag. 9 pag. 9 pag. 11 pag. 12

2. LE

TEORIE DELL’APPRENDIMENTO

pag. 15 pag. 17 pag. 21 pag. 29 pag. 33

2.1 COMPORTAMENTISMO 2.2 COGNITIVISMO 2.2.1 METACOGNIZIONE 2.2.2 LA NUOVA DIDATTICA

IN USA: ANN BROWN

2.3 COSTRUTTIVISMO 2.4 LA 3. VERSO

PARENTESI ITALIANA: METODO MONTESSORI

LE TEORIE CONTEMPORANEE

3.1 EDUTAINMENT 3.2 LA 3.3 IL 4. I

MAIN À LA PÀTE METODO MUNARI

NATIVI DIGITALI ED I NUOVI STRUMENTI DIDATTICI 4.1 LE SCUOLE 2.0 4.2 NICHOLAS NEGROPONTE / ONE LAPTOP PER CHILD 4.3 SUGATA MITRA / HOLE IN THE WALL 4.4 EBOOK E LIBRI INTERATTIVI 4.5 LIM

5.CENNI

SU EDUGAME E GEMIFICATION 5.1 JANE MCGONIGAL

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pag. 37 pag. 45 pag. 49 pag. 50 pag. 52 pag. 55 pag. 59 pag. 64 pag. 69 pag. 72 pag. 73 pag. 76 pag. 79 pag. 81


/ PROGETTO / 6. INTRODUZIONE

6.1

CENNI SCIENTIFICI SULLA STORIA

6.2

PROGETTO CARTACEO 6.2.1 METAPROGETTO ( SCHEMA / OBIETTIVI / TARGET ) 6.2.2 SVILUPPO DELLA STORIA 6.2.3 PRIMO STORYBOARD 6.2.4 STUDIO DEI PERSONAGGI 6.2.5 STUDIO DEI FONDALI 6.2.6 STORYBOARD AVANZATO 6.2.7 COLORAZIONE TAVOLE 6.2.8 PRODUZIONE TAVOLE 6.2.9 FONT E IMPAGINAZIONE 6.2.10 SPECIFICHE DI STAMPA 6.2.11 PRODOTTO FINALE

6.3

PROGETTO DIGITALE 6.3.1 METAPROGETTO ( SCHEMA / OBIETTIVI / TARGET ) 6.3.2 SCHEMA CONTENUTI 6.3.3 SOFTWARE 6.3.4 INTERFACCIA 6.3.5 SCHEDE 6.3.6 PRODOTTO

CONCLUSIONI

pag. 87 pag. 88 pag. 89 pag. 91 pag. 94 pag. 96 pag. 97 pag. 100 pag. 102 pag. 103 pag. 104 pag. 106 pag. 107 pag. 108 pag. 111 pag. 113 pag. 116 pag. 118 pag. 120 pag. 121 pag. 125 pag. 131

/ APPENDICE / BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA VIDEOGRAFIA INDICE AUTORI RIEPILOGO SOFTWARE RINGRAZIMENTI

pag. 134 pag. 136 pag. 137 pag. 138 pag. 139 pag. 141

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PREFAZIONE La tesi nasce dall’incontro tra la nostra passione per l’illustrazione e le nuove tecnologie. In questo progetto siamo partiti con la voglia di fare qualcosa che potesse unire il disegno ai più moderni supporti digitali concentrandoci però sui contenuti, non solo sull’estetica del prodotto finale. Con questi presupposti nasce la collaborazione con Eva Pisano, ricercatrice e biologa marina nel Progetto Antartide di Genova. I ricercatori italiani in Antartide sono stati i primi a scoprire che una specie particolare di pesce, il Silverfish, depone le uova sotto il ghiaccio. Quel che rende particolare questo pesciolino è proprio questa sua unicità il cui studio può essere molto utile in campo medico e scientifico. Ogni scoperta ha bisogno di essere raccontata. La nostra sfida era rendere una storia scientifica e fino ad oggi sconosciuta, interessante. Ci siamo rivolti ai bambini perchè oggi sono motore di nuove idee, hanno e devono avere un ruolo fondamentale nella società. Prima di fare questo abbiamo studiato tutti i meccanismi della mente e le teorie dell’apprendimento che si sono susseguite dagli inizi del 900 a oggi. Abbiamo analizzato come il ruolo del bambino sia cambiato insieme a quello dell’insegnante. Si passa da una visione passiva dell’istruzione ad una attiva, dove il bambino è consapevole delle proprie scelte e protagonista nel processo di apprendimento. Non solo ascolta

ma mette in pratica, gioca e scopre. Attraverso la meraviglia e gli esperimenti impara le difficili leggi della fisica e invece di limitarsi a studiare la storia dell’arte, la reinterpreta sporcandosi con i colori, facendo collage e sculture. Da alcuni anni, però, è in atto una rivoluzione: quella della tecnologia, dei tablet e dei computer. Le pagine non si sfogliano ma si scorrono. Non si parla più di grammi ma megabyte. I sensi che si mettono in gioco raddoppiano, moltiplicano. E chi sono i primi che hanno e avranno a che fare con questo nuovo modo di comunicare e percepire: i bambini o meglio i Nativi Digitali. Per questo gran parte della nostra ricerca si basa sull’evoluzione o semplicemente “sui diversi modi di comunicare, apprendere” . Il nostro SilverFish “nuota” dal cartaceo ad un libro interattivo. Il bambino può decidere che personaggio essere e vivere una storia o l’altra con un “click”. Tutto si muove. Le meduse si accendono ad un tocco e muovono i tentacoli. Le stelle marine iniziano a ballare sulle loro punte. Ma non c’è solo questo, c’è il valore aggiunto che si da alle immagini. La componente scientifica sempre presente, come una carta d’identità reale del personaggio con foto, informazioni, curiosità per confrontare ed approfondire.

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CENNI DI PERCEZIONE Tutti noi, esseri viventi, abbiamo speciali ricettori che ci servono per catturare, codificare le informazioni e trasformarle nel linguaggio del sistema nervoso. Il cervello si occupa di gestire queste informazioni e una volta presa coscienza degli oggetti e degli eventi, l’individuo è in grado di interagire con ciò che lo circonda. Questo fenomeno è chiamato percezione. La percezione è un processo sequenziale in cui sono coinvolti i nostri organi biologici che ci permettono di reagire agli stimoli: è per questo uno studio multidisciplinare. Nonostante lo studio di questo fenomeno sia molto giovane possiamo individuare due correnti di pensiero, di approccio, legate alla percezione: APPROCCIO FENOMENOLOGICO: tipicamente europeo, fonda le sue teorie sulla psicologia sperimentale. Al centro di queste corrente c’è il legame tra esperienza e il processo mentale nel riconoscimento degli stimoli percepiti. APPROCCIO ECOLOGICO: tipicamente americano, enfatizza l’idea della percezione diretta sminuendo l’importanza del processo cognitivo.

1.1

GLI STIMOLI

Le nostre fibre nervose sensoriali costituiscono i canali di comunicazione con il mondo esterno, ricevono le informazioni e quindi gli stimoli che noi usiamo per creare la nostra rappresentazione percettiva di ciò che ci circonda. Spesso il nostro sistema percettivo raccoglie solo una parte degli stimoli del mondo esterno. Quando questi vanno al di fuori della gamma sensoriale di cui siamo provvisti, lo stimolo non è percepito direttamente ma dobbiamo servirci di strumenti specializzati come gli amplificatori di segnale (es. microscopio) e/o convertitori di segnali (es. contatore Geiger ) 1

Gli esseri viventi, anche se sottoposti agli stessi stimoli, hanno modalità di ricezione di1 Contatore Geiger inventato nel 1913 in Inghilterra da Hans Wilhelm Geiger (1882 - 1945), è uno strumento utile per misurare radiazioni di tipo ionizzante. Costituito da un tubo contenente un gas a bassa pressione lungo il quale è teso un filo metallico, isolato dal tubo stesso. Tra il filo e il tubo si stabilisce una differenza di potenziale (sui 1000 volt), attraverso una resistenza dell’ordine di un miliaio di ohm.

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verse che variano da individuo ad individuo. Non tutti fanno esperienza del mondo allo stesso, ad esempio: i cani percepiscono gli ultrasuoni, le api le polarizzazioni della luce che sono invisibili all’occhio umano. Anche tra esseri di uno stesso ordine possono esserci differenze: negli esseri umani basti pensare ai daltonici che non vendono alcune gamme di colore. Generalmente possiamo dividere gli stimoli in due categorie:

STIMOLO DISTALE: ciò che noi percepiamo, la presenza fisica dell’oggetto. STIMOLO PROSSIMALE: da cui noi ricaviamo le informazioni necessarie per arrivare allo stimolo distale. Prendiamo una mela. La sua forma rotonda, il suo colore rosso, il suo picciolo centrale sono esempi di stimoli prossimali. Grazie alla somma di queste informazioni arriviamo a capire che stiamo parlando della mela, stimolo distale. Ci sono due processi fondamentali che permettono al nostro sistema cognitivo, intervenendo direttamente su di esso, di passare dallo stimolo prossimale a quello distale: BOTTOM UP: quando l’organizzazione di tutti gli stimoli e caratteristiche dell’oggetto mi portano a conoscerlo. TOP DOWN: quando il riconoscimento dell’oggetto deriva dall’esperienza passata del fruitore. Il passaggio però non avviene sempre in modo corretto. Q uando il nostro sistema percettivo compie degli errori abbiamo una rappresen-

tazione sbagliata dell’oggetto o più comunemente un’illusione. (es. qualcosa di freddo può in realtà sembrarci bagnato.) 2

1.2

I SENSI

Gli organi di senso sono strutture fisiche presenti nei corpi degli esseri viventi e del regno animale che servono a ricevere informazioni dal mondo circostante. Nell’immaginario comune si è soliti parlare di 5 sensi ma non tutti sanno che in realtà, grazie alla ricerca scientifica sullo studio delle terminazioni nervose responsabili della ricezione di stimoli, ne sono stati individuati tredici. Oltre ai nostri vista, tatto, olfatto, udito e gusto dobbiamo aggiungere: Senso della pressione (tangorecettori) Senso della temperatura (termorecettori) Sensibilità viscerale (terminazioni libere) Senso del dolore (terminazioni libere) Senso della posizione (terminazione di Ruffini) Senso dello stato e del movimento (macule e staoliti) Senso del movimento rotatorio (copulae) Senso della tensione e della forza (organo Golgi) 3

Secondo la Legge dell’energia specifica sensoriale, ogni recettore trasmette le informazioni che riguardano la propria specializzazio2 Daniel Levitin - “Foundations of cognitive psychology.” Core Readings (2002), 3 Scoperti dal medico italiano Angelo Ruffini sono recettori sensoriali localizzati negli strati più profondi della cute. Si trovano all’interfaccia tra papille dermiche e sottocute e sono implicati nella recezione di segnali di stiramento della cute, piegamento delle unghie.

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ne o sono coerenti se si tratta di stimoli non adeguati. Tutti questi sensi lavorano in stretta correlazione tra di loro. Nonostante possa accadere che un senso abbia peso maggiore rispetto agli altri, si parla sempre di percezione come un avvenimento simultaneo. Ad ogni stimolo sensoriale percepito si associa una determinata attività nel cervello. Una semplice esperienza, come quella di lavarsi il viso , è quindi la somma di una serie articolata di stimolazioni del sistema nervoso e complesse interazioni fra le cellule del nostro cervello. Le sensazioni si amalgamano così armonicamente da rendere difficile una loro netta distinzione. 4

E’ il cervello che ragiona sugli stimoli: ci permette di codificarli e aggiornare le sue conoscenze percettive. L’esperienza, infatti, è fondamentale per la percezione. I bambini appena nati, ad esempio, non avendo esperienze precedenti si affidano per prima cosa al tatto e la loro sensibilità è concentrata nella bocca. La loro conoscenza delle cose è dovuta a prove ed errori. Crescendo imparerà ad utilizzare e scoprire gli altri sensi ma gli input finora avuti rimarranno comunque impressi nella sua memoria.

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4 Tonino Casula “ Tra vedere e non vedere. Una guida ai problemi della percezione visiva” .1981

1.3

ESPERIENZA E MEMORIA

L’esperienza passata è fondamentale per il cervello che la utilizza per interpretare gli stimoli ricevuti. Questa consente di: - ATTIVARE LA CATEGORIZZAZIONE - CONTROLLARE L’ATTENZIONE - GUIDARE L’ACQUISIZIONE DEI DATI - PROVVEDERE UN CONTESTO PER I DATI SENSORIALI L’esperienza risulta importante perchè, oltre che a percepire meglio un’informazione, permettere di eliminare possibili ambiguità riguardo ad uno stimolo. Spesso però l’esperienza passata può sovrastare l’individuo influenzandone la codifica degli stimoli. Secondo lo psicologo J. Bruner si distinguono due tipi di funzionamento della mente rispetto alla risposta dello stimolo e alla grammatica. 1) MODALITÀ ALL’INDICATIVO: La mente è concepita come un dispositivo computazionale e procede senza distinzioni, secondo procedure che stabiliscono in maniera univoca cosa deve fare rispetto un un determina input. 2) MODALITÀ AL CONGUINTIVO: La mente viene considerata strettamente correlata alla cultura ed alla costante ricerca di spiegazioni e significati e presuppone una azione anche da parte dell’individuo recettore di stimoli (per vedere bisogna “guardare”). In questa modalità l’individuo interagisce col mondo e va costruendo nell’arco della propria vita nuovi sistemi categoriali basati sulla metafora. Questa seconda modalità porta alla creatività nella risposta agli


stimoli e nella risoluzione dei problemi. Quando la nostra esperienza è di nostro particolare gradimento e suscita in noi anche una risposta emotiva produce nel cervello delle tracce mnemoniche detti engrammi o più comunemente ricordi. La nostra memoria è quindi fatta di sostanze chimiche prodotte attraverso impulsi elettrici tra cellula e cellula nella rete neuronica. La nostra personalità è la somma della nostra esperienza e dei nostri ricordi. Ci differenzia rendendo unica la percezione cognitiva di ciascun oggetto.

a ricordarci ciò che più ci interessa, emoziona. Molte volte invece diamo per scontato quegli stimoli quotidiani ormai conosciuti e assimilati. Il senso che ha preso il sopravvento sugli altri e che usiamo più comunemente, di conseguenza anche alla crescita tecnologica, è la vista. Questo senso è l’80% di ciò che utiliziamo per conoscere la realtà.

Ogni giorno siamo circondati da stimoli sensoriali ed è impossibile percepirli, o meglio decodificarli e ricordarli tutti. Siamo predisposti 13


L’APPRENDIMENTO

È IL PROCESSO DI ACQUISIZIONE DI CONOSCENZA O DI UNA PARTICOLARE CAPACITÀ ATTRAVERSO LO STUDIO, L’ESPERIENZA O

INSEGNAMENTO.

L’

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LE TEORIE DELL’APPRENDIMENTO L’ acquisizione di nuove conoscenze si chiama apprendimento e su di esso influiscono vari aspetti come le strategie cognitive personali, stili di apprendimento, esperienze individuali e collettive; i fenomeni dell’ambiente circostante, le informazioni e gli stimoli provenienti dalla realtà esterna; le teorie e le dinamiche delle agenzie educative; i mezzi di comunicazione ed i processi che regolano lo scambio delle informazioni. Il processo di costruzione del sistema di conoscenza è determinato, per ogni individuo, dall’intreccio fra componenti intuitive, quantitative e qualitative, sotto l’influenza di condizionamenti sociali, culturali ed emotivi. L’apprendimento è una struttura dinamica, che segue percorsi non lineari e non sequenziali che si può studiare efficacemente con un approccio multidisciplinare ed è il risultato di processi spontanei, come avviene nei bambini, ad esempio con il linguaggio, o può essere indotto e guidato mediante un intervento esterno di insegnamento.

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smissione dei saperi me deve sostenere nel soggetto che apprende, l’impegno delle sue qualità profonde, favorendo la scelta degli atteggiamenti personali. In questo modo porta il bambino a conoscersi, accettarsi e autoprogettarsi. Attraverso le diverse discipline si costruiscono le esperienze, nuove nozioni, ma anche di protagonismo critico e impegno relazionale. Apprendere non vuol dire acquisire il sapere ma è la capacità di farlo vivere, tradurlo in vari contesti, e renderlo funzionale alla crescita personale di ogni individuo. Per questo non si può operare senza conoscere come il soggetto ragiona e apprende, tenendo conto della sua età, del suo sviluppo e delle sue risonanze affettive. Molti sono stati gli studi e le teorie sul funzionamento della mente. Tra le principali teorie dell’apprendimento si annoverano le teorie comportamentiste, le cognitiviste e le costruttiviste.

Non si deve limitare ad una passiva tra15


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2.1

COMPORTAMENTISMO

Il comportamentismo nasce ufficialmente nel 1913 quando lo psicologo statunitense J.B. Watson scrisse un articolo intitolato “la psicologia dal punto di vista comportamentista”. Il comportamentismo rivoluziona il concetto stesso di psicologia come era sempre stata interpretata fino agli inizi del ventesimo secolo: infatti la parola psicologia aveva sempre avuto il significato di “disciplina che ha per oggetto l’anima”; con l’avvento del comportamentismo tale concezione della psicologia viene capovolta, andando a significare non più studio della coscienza, ma solo ed esclusivamente studio del comportamento osservabile. L’oggetto psiche viene scomposto ed esplicitato nei suoi contenuti elementari quali emozione, abitudine, apprendimento, personalità, etc., ed essi vengono studiati mediante le loro manifestazioni osservabili. L’idea di fondo del comportamentismo è che sia possibile indurre un apprendimento, inteso come modifica del comportamento, fornendo opportuni stimoli allo studente. Questi stimoli producono risposte desiderate. Una delle condizioni perché l’apprendimento

abbia luogo e che il comportamento provocato venga rinforzato tramite “contingenze rafforzative”. Si può dire quindi che l’apprendimento è l’acquisizione di abitudini e associazioni fra stimolo e rispostae viene studiato analizzando le varie connessioni esistenti. Questa idea deriva dalla convinzione che sia possibile estendere agli esseri umani alcuni risultati degli studi sul condizionamento del comportamento degli animali. IVAN PAVLOV, uno psicologo di origini russe, iniziò le sue ricerche partendo dai processi digestivi nei cani e dall’interazione tra salivazione e azione dello stomaco. Egli si accorse che i due fenomeni erano strettamente interconnessi dai riflessi del sistema nervoso “autonomo”. In assenza di salivazione, lo stomaco non avvertiva lo stimolo a cominciare la digestione. Pavlov parla quindi di RIFLESSO CONDIZIONATO. Suonando un campanello (stimolo condizionante) ogni volta che veniva offerto del cibo, (stimoli incondizionato) ai cani, si accorse che questi salivavano al suono indipendente17


mente dalla presenza o no del cibo. Questa esperienza però non è identificabile con una risposta istintiva ma bensì come un processo di apprendimento.

sistema con feedback: se una ricompensa o un rinforzo segue la risposta ad uno stimolo allora la risposta avrà maggiore probabilità di verificarsi.

Gli esperimenti dei comportamentisti identificano il condizionamento come un processo di apprendimento universale. Ci sono due differenti tipi di condizionamento, ognuno dei quali conduce ad uno specifico schema comportamentale:

Un altro importante esponente di questa teoria è B.F. SKINNER. Egli riprese gli studi di Watson, affermando a sua volta che i processi di apprendimento erano osservabili grazie a dei cambiamenti nel comportamento, senza tenere conto di eventuali cambiamenti avvenuti nella mente.

1) CONDIZIONAMENTO CLASSICO ha luogo quando un riflesso innato fa seguito ad uno stimolo, in cui ritroviamo l’esperimento di Pavlov. Sostanzialmente, animali e persone sono biologicamente “costruiti” perché un certo stimolo produca una certa risposta. BURRHUS FREDERIC SKINNER 1904

1990

Statunitense

Psicologo

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2) CONDIZIONAMENTO OPERATIVO si verifica quando viene rinforzata una risposta ad uno stimolo e si configura come un semplice

“Il comportamento è un dato che si conforma alle leggi, che non è disturbato dagli atti arbitrari di un eventuale libero agente, in altre parole che è completamente determinato.” Per lo psicologo l’apprendimento deve essere un’esperienza positiva ed il processo di insegnamento deve essere diviso in un grandissimo numero di fasi molto brevi e il rafforzamento


deve intervenire nella realizzazione di ciascuna di esse. Riducendo quanto più è possibile l’ampiezza di ogni fase successiva, la frequenza del rafforzamento può essere portata al massimo, mentre le eventuali conseguenze negative derivanti dagli errori vengono ridotte al minimo.. Per Skinner è l’ambiente che seleziona i comportamenti, chi apprende agisce sull’ambiente che lo circonda e le reazioni che ne conseguono, positive o negative che siano, sono le fonti dell’apprendimento. La mente di chi apprende è considerata come una sorta di “scatola nera” all’interno della quale è impossibile vedere i processi che vi avvengono: quindi risulta inutile evocare meccanismi interni per spiegare il comportamento, quando è più facile e dimostrato come quest’ultimo possa essere determinato dall’esterno in modo lineare. L’ obiettivo della scuola e della didattica deve essere di cambiare o comunque plasmare il comportamento degli studenti servendosi di gratificazioni verbali, promozioni e punizioni. Il docente provvede ad elaborare degli “obiettivi comportamentali” che gli studenti devono raggiungere e prevede eventuali rinforzi e stimoli al loro conseguimento. Egli si presenta quindi come un formatore attivo di studenti passivi, e sta a lui fissare gli obiettivi comportamentali in base alla propria volontà e alle proprie opinioni riguardanti il processo educativo. Tale approccio è caratterizzato da un esiguo, se non assente, numero di gradi di libertà dello studente, fattore che ha risvolti positivi e negativi.

lo studente può trovarsi in una situazione in cui lo “stimolo” che dovrebbe portare all’adozione di comportamenti desiderati, di cui parla Skinner, viene a mancare, e di conseguenza l’apprendimento non avviene. D’altra parte è anche vero che un approccio di questo tipo può essere utile nei momenti informativi, in quanto richiede un basso grado di processamento delle informazioni. Il comportamentismo quindi si presenta come una sorta di “addestramento” piuttosto che come un processo di apprendimento. Molte sono state le critiche mosse al comportamentismo, tra i tanti citiamo Norman Crowder: “L’apprendimento ha luogo in modi diversi e questi cambiano secondo le capacità e le conoscenze dei diversi studenti, la natura dell’argomento, il numero di interazioni fra queste cause di mutamento ed altre cause di variabilità che neppure conosciamo.” Skinner sottovalutava infatti la forza e la persistenza delle esperienze, delle emozioni, dei vissuti dei soggetti, delle conoscenze implicite e delle idee pregresse.

La debolezza del metodo risiede nel fatto che 19


3 L ’APPRE N DI M E N TO È LA MO DIF ICA D ELLA CON OS C E N ZA PREE SI STE N TE O LA PRODUZ ION E DI N U OVA

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2.2

COGNITIVISMO

Il cognitivismo è una corrente di pensiero multidisciplinare, neurologica, psicologica e pedagogica, che studia i processi mentali. A partire dagli anni 1956-1960 si contrappone al comportamentismo che considerava l’apprendimento come una concatenazione di stimoli e risposte e studiava perciò solo il comportamento osservabile. Si propone invece di studiare la mente umana in termini di memoria e di processi cognitivi, come apprendere e conoscere; descrivendo i processi mentali e le strutture cognitive con cui si risolvono tipologie di situazioni problematiche. La mente acquisisce informazioni dopo una esplorazione, le codifica e le classifica per poi immagazzinarle nella memoria. La nostra mente le elabora e e le esegue, creando così una risposta/reazione. Uno dei maggiori esponenti del cognitivismo è JEAN PIAGET, considerato anche uno dei padri delle teorie contemporanee sullo sviluppo cognitivo. Grazie all’incontro con Théodore Simon, Piaget si avvicina alla ricerca sulla psicologia dello sviluppo. Le sue pubblicazioni sull’osservazione dei

bambini riscossero subito particolari consensi nell’ambiente universitario e non solo. Di notevole rilievo fu il contributo fornito da Piaget sulla psicologia dell’età evolutiva. Dall’osservazione diretta dei bambini e del loro comportamento, lo studioso elaborò le sue convinzioni creando un’impostazione interdisciplinare con precisi riferimenti alla psicologia sperimentale, alla sociologia ed altri settori di ricerca. Considerata la specificità di pensiero, azione, linguaggio etc., l’età infantile, secondo Piaget, richiede specifiche modalità di indagine rispetto a quella adulta. Basilare per l’educatore, oltre alla preparazione psicologica, sarà anche l’adattamento alle effettive esigenze del bambino. Dopo molti anni di osservazioni, concluse che lo sviluppo intellettuale è il frutto sia di fattori ereditari che di quelli ambientali. Mentre i bambini crescono e interagiscono continuamente con il mondo intorno a loro, la conoscenza è reinventata e reinterpretata. Nella teoria dello sviluppo dello studioso svizzero, sono due i processi cognitivi cruciali per il progredire intellettivo:

JEAN PIAGET 1896

1980

Svizzero

Pedagogista Psicologo

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L’ASSIMILAZIONE ED IL RIORDINO. La prima consiste nell’acquisizione di un evento o di un oggetto all’interno di uno schema comportamentale o cognitivo già raggiunto. Il secondo si fonda sulla modifica della struttura cognitiva o del modello comportamentale per poter incamerare nuovi oggetti o eventi.

Ciò che determina la formazione di strutture mentali sempre più complesse è, dunque, il fattore d’equilibrio, una proprietà intrinseca e costitutiva della vita organica e mentale. Lo sviluppo ha quindi una origine individuale, e fattori esterni come l’ambiente e le interazioni sociali possono favorire o no lo sviluppo, ma non ne sono la causa. “Perché l’apprendimento avve nga, - sostiene Piaget - un individuo deve integrare informazione entro preesistenti strutture cognitive”, ossia deve esistere una sovrapposizione tra nuove esperienze e conoscenze pregresse. Ma non è tutto. Nella propria fase evolutiva tutti i bambini attraversano una serie di stadi di sviluppo cognitivo in analoga successione e l’assimilazione ed il riordino sono cruciali per il progredire da uno stadio all’altro. Secondo Piaget, i tempi e la successione del-

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le fasi di sviluppo psicologico sono immodificabili. L’educazione può solo preparare l’ambiente alla loro comparsa o al loro rinforzo. Il motore dell’intelligenza è la sua azione. L’educatore deve quindi predisporre le condizioni idonee all’esercizio di questo fare, adeguando le sue richieste al livello di sviluppo dell’allievo e costruendo situazioni perché questo adeguamento si produca. Questa centralità del fare costituisce il punto di vicinanza di Piaget con l’attivismo. Jean Piaget identifica diverse fasi evolutive per lo sviluppo cognitivo del bambino, ognuna delle quali ha una sua strutturazione che la rende qualitativamente e quantitativamente diversa dalla precedente. FASE SENSO-MOTORIA. Dalla nascita ai 2 anni circa. E’ a sua volta suddivisa in 6 stadi: Riflessi innati (dalla nascita al primo mese); Reazioni circolari primarie (dal 2° al 4° mese); Reazioni circolari secondarie (dal 4° al 8° mese); Coordinazione mezzi-fini (dall’8° al 12° mese); reazioni circolari terziarie (e scoperta di mezzi nuovi mediante sperimentazione attiva);


Comparsa della funzione simbolica: dai 18 mesi in poi. Già da tale fase si evidenzia l’importanza dell’azione sullo sviluppo dell’intelligenza. Il bambino utilizza i sensi e le abilità motorie per esplorare e relazionarsi con ciò che lo circonda, evolvendo gradualmente dal sottostadio dei meri riflessi e dell’egocentrismo radicale a quello dell’inizio della rappresentazione dell’oggetto e della simbolizzazione, passando attraverso periodi intermedi basati su di schemi di azione sempre più complessi. All’inizio il bambino ha a disposizione solo un corredo innato di riflessi, le sue percezioni non sono né coordinate tra di loro, né coordinate alle azioni. Progressivamente si formano le prime abitudini, le prime coordinazioni tra percezione e azione. Hanno in questo grande importanza le cosiddette reazioni circolari, processi particolari che fanno sì che il bambino compia delle azioni per il solo piacere di compierle, e che quindi conducono a ripetere e perfezionare certi schemi d’azione. FASE PRE-CONCETTUALE. Dai 2 a 4 anni. L’atteggiamento fondamentale del bambino è ancora di tipo egocentrico, in quanto non

conosce alternative alla realtà che personalmente sperimenta. Questa visione unilaterale delle cose lo induce a credere che tutti la pensino come lui e che capiscano i suoi desideri-pensieri, senza che sia necessario fare sforzi per farsi capire. Il linguaggio diventa molto importante, perché il bambino impara ad associare alcune parole ad oggetti o azioni. Con il gioco occupa la maggior parte della giornata, perché per lui tutto è gioco. Imita, anche se in maniera generica, tutte le persone che gli sono vicine: le idealizza perché sa che si prendono cura di lui. Impara a comportarsi come gli adulti vogliono, prima ancora di aver compreso il concetto di “obbedienza”. Non è in grado di distinguere tra una classe di oggetti e un unico oggetto. Non è neppure capace di relazionare i concetti di tempo, spazio, causa. Il suo ragionamento non è né deduttivo, né induttivo ma transduttivo o analogico (dal particolare al particolare). Ad esempio, se un insetto gli fa paura perché l’ha molestato è facile che molti altri insetti che non l’hanno molestato gli facciano ugualmente paura. FASE DEL PENSIERO INTUITIVO. Da 4 a 7 anni.

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Aumenta la partecipazione e la socializzazione nella vita di ogni giorno, in maniera creativa, autonoma, adeguata alle diverse circostanze. Entrando nella scuola materna, il bambino sperimenta l’esistenza di altre autorità diverse dai genitori. Questo lo obbliga a rivedere le conoscenze acquisite nelle fasi precedenti, mediante dei processi cognitivi di generalizzazione, ovvero, le conoscenze possedute, relative ad un’esperienza specifica, vengono trasferite a quelle esperienze che, in qualche modo, possono essere classificate nella stessa categoria. Tuttavia, la sua capacità di riprodurre mentalmente un avvenimento avviene nell’unica direzione in cui l’avvenimento si è verificato. Non è capace di reversibilità. Molto importante in questa fase è lo studio psicologico dei disegni infantili. FASE DELLE OPERAZIONI CONCRETE. Da 7 a 11 anni. Il bambino è in grado di coordinare due azioni successive; di prendere coscienza che un’azione resta invariata, anche se ripetuta; di passare da una modalità di pensiero analogico a una di tipo induttivo; di giungere ad uno stesso punto di arrivo partendo da due vie diverse. Non commetterà più gli errori della fase precedente. Naturalmente il bambino fino a 11 anni è in grado di svolgere solo operazioni concrete, non essendo ancora capace di ragionare su dati presentati in forma puramente verbale.

JEROME BRUNER 1915 Statunitense

Psicologo Pedagogista

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FASE DELLE OPERAZIONI FORMALI. Da 11 a 14 anni. Il pre-adolescente acquisisce la capacità del ragionamento astratto, di tipo ipotetico-deduttivo. Il mondo delle idee e delle astrazioni gli permette di realizzare un certo equilibrio fra as-

similazione e accomodamento. Egli è in grado di comprendere il valore di certi oggetti e fenomeni, la relatività dei giudizi e dei punti di vista, la parità dei diritti, la distinzione e l’indipendenza relativa tra le idee e la persona, ecc. è altresì capace di eseguire attività di misurazione, operazioni mentali sui simboli (geometria, matematica...) ecc. Ovviamente il pensiero logico-formale non è ancora quello teorico-scientifico, il quale si formerà nell’età più adulta. Ognuno di questi stadi è caratterizzato dall’apparizione di strutture originali, la cui costruzione lo distingue dagli stadi anteriori. I caratteri essenziali di queste successive costruzioni persistono nel corso degli stadi anteriori, come sottostrutture sulle quali vengono edificandosi i nuovi caratteri. Ogni stadio costituisce, attraverso le strutture che lo definiscono, una forma specifica di equilibrio, e l’evoluzione mentale si realizza nella direzione di un equilibrarsi sempre più avanzato. Nel 1956 gli studiosi Newell e Simon grazie a ricerche e dimostrazioni sui calcolatori, che risolvevano problemi matematici, forniscono la prova che la mente possa essere studiata e rappresentata con metodi scientifici, dando il via ad una componente della scienza cognitiva chiamata Intelligenza Artificiale (I.A.). Altri studiosi approfondiscono il concetto di strategia quale metodo decisionale flessibile utile alla risoluzione dei problemi. Le risposte che si cercano di dare sono sull’acquisizione delle conoscenze, la loro organizzazione ed il loro uso. Jerome Bruner, psicologo statunitense, ci parla di teoria computazionale e di culturalismo. La teoria computazionale si occupa di come le


informazioni finite, codificate e non ambigue vengono elaborate. Per il culturalismo invece il “fare significato” può verificarsi solo attraverso l’uso dei sistemi simbolici della proprio cultura. E’ infatti la cultura che ci fornisce gli strumenti necessari ad organizzare e capire il mondo che ci circonda. Essa è frutto sia dell’espressione collettiva che individuale. L’apprendimento è quindi strettamente collegato al contesto culturale. Al contrario del computazionalismo, può presentare ambiguità in quanto influenzata dal contesto. Nella teoria computazionale abbiamo una perdita delle sfumature legate al contesto in quanto si basa su regole rigide ben definite di categorizzazione. Il culturalismo è quindi una “scienza del soggetto” perché nel suo approccio con il “fare significato” tiene in grande considerazione anche sentimenti ed emozioni.

Secondo Bruner la cultura plasma la mente e cioè ci fornisce l’insieme degli strumenti tramite i quali costruiamo la nostra concezione del mondo, di noi stessi e delle nostra capacità. Bruner è tra i principali esponenti del cognitivismo e tra i promotori della conferenza di WOODS HOLE del 1959. Su iniziativa promossa dall’Accademia delle Scienze un gruppo di 35 scienziati, psicologi, uomini di cultura ma soprattutto pedagogisti si unirono in un congresso di dieci giorni per discutere sull’attuale modalità di insegnamento e introdurre miglioramento nelle scuole primarie e secondarie americane, soprattutto in abito scientifico, creando così un vera e propria TEORIA DELL’ISTRUZIONE.

L’apprendimento è stato considerato per lungo tempo un semplice processo di memorizzazione informazioni non suscettibili di elaborazione e di trasformazione da parte dello studente. In quest’ottica l’errore o il fallimento ha sempre assunto una connotazione negativa. L’insegnamento deve evolversi, c’è la necessità che l’allievo giochi un ruolo attivo attraverso la libera scoperta ; l’errore è ritenuto potenzialmente utile per l’intero percorso didattico; lo stesso insegnante non è considerato più un semplice fornitore di nozioni e di valutazioni, ma parte integrante dell’intero processo di insegnamento e apprendimento, in cui i due termini non si escludono a vicenda, anzi si integrano, coesistono, evolvono insieme. 5

Per Bruner il principio generale dell’insegnamento sta nel porre gli studenti in grado di comprendere la struttura fondamentale della materia d’insegnamento. Lo studioso parte dal presupposto che si può insegnare ad un bambino qualsiasi argomento purchè esso sia spiegato usando rappresentazioni che sono dello stesso livello di quelle possedute dal bambino. Per questo il veicolo principale dell’istruzione e di ogni diversa disciplina didattica è l’insegnante che deve avere “la più profonda conoscenza di tale disciplina” Il primo requisito infatti è la conoscenza profonda dei nuclei fondanti per proprio insegnamento. La sua funzione è di organizzare e di essere 6

5 Dalla Teoria di Jean Piaget 6 J. Bruner, Il processo educativo, 1977, p.56

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una guida intellettuale per gli alunni. Secondo lo psicologo statunitense il modo più efficace ai fini dell’apprendimento per i bambini è l’APPRENDIMENTO RECIPROCO. Crolla lo schema piramidale di istruzione, gli studenti diventano comunità interattive e l’insegnante funge quindi da mediatore, aiuto, guida. Si verifica così non un apprendimento passivo ma attivo grazie allo scambio di idee, conoscenze, collaborazione e aiuto reciproco. La base di ogni insegnamento è costituita da idee generali che individuano la disciplina, deve essere bene chiaro quindi il nucleo dell’insegnamento per sviluppare al meglio il processo educativo che si traduce come un processo continuo di approfondimento e ampliamento della conoscenza. Per il bambino l’acquisizione di una nuova conoscenza è il perfezionamento di un sapere precedente che può rendere una conoscenza di base efficiente ai nuovi fini, attuando il meccanismo del transfert. Si può parlare quindi di un’insegnamento a spirale dove si ritorna su se stessi sempre a

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livelli più alti. Questa struttura implica che l’alunno impari ad adottare progressivamente gli strumenti della disciplina per decodificare e risolvere problemi, estendendo quello che già conosce ai suoi compiti. L’apprendimento è finalizzato alla padronanza di sè e dall’argomento, il bambino diventa quindi esperto nell’eseguire un determinato compito. Un’altra visione che cambia è il ruolo del bambino. Secondo questa teoria non ci deve essere alcuna differenza tra l’insegnamento primario secondario o superiore e l’attività vera degli scienziate. L’unica differenza accettabile è quella di grado: “ L’alunno che apprende la fisica è un fisico ed è più facile per lui apprendere questa scienza comportandosi come un fisico che facendo qualcosa di diverso.7”

7 Ivi, p.39


Nella psicologia cognitiva trova radici la PSICOLOGIA CULTURALE, branca della psicologia, di cui Bruner è uno dei massimi esponente, che ha come obiettivo lo studio dei processi mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, trasformate, elaborate, archiviate e recuperate. Studia,quindi, le regole adottate dall’uomo al fine di creare significati all’interno di contesti culturali, ponendosi l’obiettivo di verificare che la mente e la vita umana sono lo specchio della cultura (oltre che della storia e dei fenomeni biologici ).Si occupa, dell’interazione fra la capacità delle mente individuali e i mezzi con cui la cultura ne favorisce o ne ostacola la realizzazione. Tale approccio segue dei principi fondamentali: 8

Nel libro “Il processo educativo” Bruner sostiene che la conoscenza acquisita è più utile se chi apprende la scopre attraverso i suoi sforzi, attivando un meccanismo capace di collegare la nuova conoscenza con quelle già possedute. Si può riassumere la teoria di Bruner con questa sua frase: “Comprendere significa, infatti, cogliere il posto occupato da un’idea nell’ambito di una più generale struttura della conoscenza; ogni apprendimento ed ogni nuova conoscenza devono pertanto avere un significato in quanto posti in relazione con i costrutti disciplinari ed i sistemi culturali cui fanno riferimento. Bisogna inoltre sottolineare che la conoscenza acquisita è più efficace e significativa se chi la apprende la ‘scopre’ attraverso i propri sforzi cognitivi mettendola in relazione a quanto sapeva già in precedenza; simili atti di scoperta sono facilitati nella

mediazione rappresentata dall’insegnamento.”

1) PRINCIPIO DELLA PROSPETTIVA: è necessario guardare il significato di un fatto da diverse prospettive. 2) PRINCIPIO DELLE LIMITAZIONI: la nostra capacità di interpretare è soggetta a limiti. Il primo limite riguarda la predisposizione innata della mente umana a pensare ed interpretare il mondo in modi specifici, superata grazie alla presenza innata dell’area di sviluppo prossimale. Il secondo limite è quello impostati dai sistemi simbolici. Il pensiero prende forma dal linguaggio in cui viene formulato. Quindi più limiti ha tale sistema più limitati sarà il pensiero. La pedagogia deve aiutare gli essere umani a superare tali limiti attraverso la cultura. 3)PRINCIPIO DEL COSTRUTTIVISMO: la realtà che percepiamo è una realtà costruita, prodotta dall’attività del “fare significato”, 8 A. Campanile “La psicologia e la cultura narrativa”

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attività quest’ultima fortemente influenzata dalla cultura di appartenenza. La pedagogia deve aiutare gli individui ad usare nel migliore dei modi gli strumenti del fare significato e della costruzione della realtà. 4) PRINCIPIO DELL’INTERAZIONE: il processo di apprendimento-insegnamento è un processo interattivo in cui le persone imparano l’una dall’altra. Bruner propone una pedagogia intersoggettiva e interattiva in base alla quale la classe è concepita come una sottocomunità di persone che apprendono le une dalle altre e l’insegnante come un capo orchestra che stimola gli alunni a condividere il suo ruolo. 5) PRINCIPIO DELL’ESTERNALIZZAZIONE: consiste nel rendere pubblica l’attività cognitiva attraverso la creazione di opere dalle più grandiose a quelle più modeste. Essa rende l’attività mentale più pubblica e negoziabile. Nel contesto scolastico tali opere possono promuovere il senso della divisione del lavoro, la solidarietà di gruppo ed anche la metacognizione. 6) PRINCIPIO DELLO STRUMENTALISMO: l’educazione fornisce abilità, modi di pensare, di interpretare la realtà e di costruire significati che sono strumentali non solo all’individuo ma alla cultura stessa. L’educazione non è mai neutrale ma è sempre politica. Ad esempio i curricoli scolastici riflettono sempre più o meno implicitamente i valori culturali legati all’ambiente socio-culturale di cui fanno parte. 7) PRINCIPIO ISTITUZIONALE: nel mondo sviluppato l’educazione è istituzionalizzata e in una società complessa, le istitu28

zioni sono numerose e spesso in competizione tra loro e raramente gli individui sono fedeli ad una sola di esse. Secondo l’approccio culturalista vi è un rapporto reciproco tra educazione ed altre istituzioni come la politica, l’economia, la famiglia, ecc. 8) PRINCIPIO DELL’IDENTITÀ E DELL’AUTOSTIMA: L’educazione svolge un ruolo essenziale nella costruzione del concetto del sé; un ruolo fondamentale è ricoperto dalla capacità d’azione e l’autostima. Sul piano pedagogico ciò significa che bisogna costruire dei curricoli scolastici che influiscano positivamente sull’idea che il giovane si fa circa le proprie capacità – agency - e le proprie potenzialità – autostima. 9) PRINCIPIO NARRATIVO: gli individui strutturano la loro conoscenza e l’esperienza immediata utilizzando due forme di pensiero: quello logico-scientifico e quello narrativo. Per quanto riguarda il pensiero narrativo vediamo ad esempio che noi esprimiamo la nostra esperienza immediata o passata attraverso la narrazione così come pure la storia delle nostre origini culturali. Quindi lo sviluppo di tale competenza di fondamentale importanza per la coesione di una cultura e la strutturazione dell’identità individuale. Per tale ragione le scuole devono favorirne lo sviluppo. In sintesi, secondo Bruner, l’educazione non deve ridursi solo all’applicazione di teorie dell’elaborazione delle informazioni ma è un processo di crescita progressiva dove il bambino ne è l’artefice, tramite esperienze e condivisione.


2.2.1

METACOGNIZIONE

Già nelle teorie dei teorici intersoggetivi si ritrovava la necessità di creare teorie utili ai bambini, che possano essere usate da questi ultimi per sviluppare le loro capacità cognitive attraverso una maggiore metacognizione. 9

Fu John H. Flavell, noto psicologo dell’età evolutiva specializzato in sviluppo cognitivo dei bambini, a coniare nel 1976 il termine “METACOGNIZIONE”. I suoi studi sulla metacognizione hanno radici sulla sua teoria della metamemoria del 1970. Flavell osserva un deficit di produzione di memoria in bambini di età scolare e prescolare, i bambini, per lo studioso, non si rendono conto delle necessità di fare qualcosa di specifico per ricordare, non sono consapevoli delle efficacia delle strategie e non sono in grado di mettere in relazione il tipo di compito con la strategia ad esso più adeguata. La metacognizione ha origine nei presupposti teorici di Piaget e Vygotskij. Come spiegato nel capitolo precedente per Piaget, quando il bambino arriva allo stadio operatorio concreto acquisisce il concetto di conservazione che permette di coordinare il pensiero e i suoi passaggi: dal pensiero reversibile arriva al pensiero ipotetico-deduttivo grazie ad un’astrazione riflettente, in cui interviene consapevolmente sui propri processi mentali. Si introduce nello sviluppo la gestione e la pianificazione delle attività mentali.

9 Psicoanalisi intersoggettiva è una forma di psicoanalisi relazionale nella quale il concetto di intersoggettività occupa un posto importante se non centrale.

Per Vygotskij è importante tenere in considerazione la dimensione culturale e sociale che spiega il come facciamo le cose: a partire dalle esperienze che andiamo realizzando. Si può esplicitare quindi la metacognizione la conoscenza che un individuo ha del proprio funzionamento cognitivo e dei processi di controllo che mette in atto nell’esecuzione di un compito.

JOHN H. FLAVELL 1928

Successivamente molti studiosi hanno definito il termine metacognizione sviluppandolo progressivamente. Secondo Brown (1983), questo concetto ha due significati differenti: innanzi tutto, per certi autori, e in particolare per quelli che hanno contribuito a diffondere l’ uso di questo termine (ad es. Flavell ), esso designa la conoscenza che un soggetto ha del proprio funzionamento cognitivo e di quello altrui, la maniera in cui può prenderne coscienza e renderne conto. Questi meccanismi fanno riferimento alle attività che permettono di guidare e regolare l’apprendimento e il funzionamento cognitivo nelle situazioni di risoluzione di problemi.

Statunitense

Psicologo Pedagogista

La metacognizione oggi è definita come quell’insieme di attività psichiche che presiedono al funzionamento cognitivo . Il costrutto metacognizione comprende due aspetti fondamentali: 10

1) la conoscenza metacognitiva che un individuo possiede in relazione al proprio funzionamento mentale e al funzionamento mentale in generale (l’insieme di credenze, opinioni, convinzioni su come lavora la mente); 2) i processi di controllo e autoregolazione messi in atto durante lo svolgimento di un 10 C. Cornoldi “Metacognizione ed apprendimento.” 1995

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compito, per esempio interrogarsi su come sta procedendo l’esecuzione di un compito e di conseguenza decidere se è il caso di cambiare il proprio modo di agire 11

L’elemento di specificità della teoria metacognitiva è rappresentato quindi dall’intreccio tra idee sul funzionamento mentale e processi di controllo, che assumono importanza perché influenzano determinati comportamenti cognitivi. La metacognizione si presenta quindi come un costrutto multidimensionale, perché fa riferimento a più processi tra loro collegati. Si può aggiungere che la metacognizione è anche la capacità e la consapevolezza di riflettere sui proprio stati interni affettivi, cognitivi ed emotivi. E’ strettamente collegata alla teoria della mente ed il loro corretto sviluppo consente al bambino di comprendere la relazione tra gli stati affettivi e gli eventi definendo così il significato dell’esperienza emotiva. Per quanto riguarda l’APPRENDIMENTO si è sviluppata una vera è propria didattica metacognitiva divenuta un’area di efficace intervento nella pratica educativa poiché investe il nucleo di senso-prospettiva dell’intero processo di insegnamento/apprendimento ed agisce sulla natura dei percorsi evolutivi di ogni persona . 12

L’efficacia della didattica metacognitiva è stata verificata in svariati campi come: le prestazioni della memoria, la lettura e comprensione del testo, la matematica, la scrittura, l’iperattività con disturbi di attenzione, le difficoltà di apprendimento ed il ritardo men-

tale lieve. Con la metacognizione si introducono nella didattica e nel lavoro educativo delle novità importanti anche a livello di contenuti, di obiettivi e di abilità che l’alunno porta apprendere ed usare. L’insegnamento metacognitivo si presenta con caratteristiche particolari, di natura differente rispetto ad un approccio non metacognitivo. Infatti oltre a una specifica attenzione alla riflessione e alla consapevolezza sull’attività delle mente, un lavoro metacognitivo è mediato da una pratica attentamente monitorare delle attività proposte, da modalità di discussione e insegnamento reciproco e da situazione di insegnamento esplicito nonché di modellamento dell’uso delle strategia e del monitoraggio nei vari compiti 13

Dal punto di vista cognitivo il ruolo di questa teoria consiste nel rilevare che il processo educativo non deve incidere soltanto sulle abilità di base possedute o acquisite ma soprattutto sulle modalità di comprensione e utilizzazione delle stesse abilità. Questa didattica vuole offrire agli alunni l’opportunità di imparare, organizzare e strutturare le informazioni ricevute dall’ambiente e riflettere sui processi per divenire sempre più autonomi nell’affrontare situazioni nuove. Una delle novità di questo approccio sta nel fatto che l’attenzione dello studioso e dell’insegnante è rivolta principalmente a formare quelle abilità mentali superiori che vanno al di là dei semplici processi cognitivi primari (quali leggere, calcolare, ricordare, ecc. ). Questo significa sviluppare nel soggetto la consapevolezza di quello che sta facendo,del perché lo fa, di quando è opportuno farlo ed in quali condizioni.

11 Passolunghi - De Beni, 2001

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12 C. Valentini “ Imparare ad imparare”, 1998

13 Erickons “ Avviamento alla metacognizione.” 2006


Vediamo quali sono i processi metacognitivi: 1) PIANIFICAZIONE immaginare come procedere per risolvere un problema,elaborare delle strategie; 2) PREVISIONE stimare il risultato di un’attività cognitiva specifica; 3) PROCEDURE testare, rivedere, rimaneggiare le strategie; 4) CONTROLLO DEI RISULTATI OTTENUTI valutare il risultato di una azione in funzione dello scopo previsto; 5) TRANSFER e GENERALIZZAZIONE di una strategia di risoluzione da un problema dato ad altri problemi o contesti nozionali; Segue questi processi l’atteggiamento strategico . L’atteggiamento startegico “riguarda la generale propensione del soggetto a riflettere sulla natura della propria attività cognitiva e riconoscere la possibilità di utilizzarla ed estenderla: essa può aiutare il bambino, anche quando egli non possiede conoscenze metacognitive specifiche utili per il caso proposto. Ad esempio, di fronte a un compito nuovo o proposto in maniera nuova, il bambino ne riconosce le caratteristiche di richiesta di memoria e lo collega a situazioni e soluzioni note, adottando i tipi di risposta già posseduti nel proprio repertorio al caso specifico. 14

impegno dà al successo di un’azione cognitiva. Un’altro punto di discussione nella teoria metacognitiva è la definizione di INTELLIGENZA, che subisce un cambiamento sia di concezione che di valutazione. Infatti non è vista come un’abilità cognitiva unitaria, singola e monolitica. posseduta dal bambino in varie quantità, essa dipende da un insieme di varie abilità/componenti. Non è neanche un’abilità cognitiva generale, quindi è specifica per ogni dominio. Non può essere neanche determinata dal patrimonio genetico, quindi innata nel bambino ma le abilità mentali possono essere insegnate. L’intelligenza è dinamica, non misurabile attraverso risposte che gli individui danno ad un problema, ma si può rilevare tramite un accertamento dinamico che permette di valutare il processo sottostante alla manifestazione dell’attività mentale. Non è un concetto universale, un comportamento ritenuto intelligente in una cultura può essere considerato di natura opposta in un’altra. L’intelligenza è quindi costituita da abilità e strategie che si acquisiscono e che danno origine alla flessibilità cognitiva, è educabile e rieducabile.

Un elemento particolarmente significativo dell’atteggiamento strategico è costituito dal riconoscimento del contributo che il proprio 14 C.Cornoldi e B.Capone, 1991

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2.2.2 LA NUOVA DIDATTICA IN USA

ANN BROWN

turale, richiamandosi alla riflessione di Vygotskij, della matrice cognitivista sulla metacognizione e dell’idea di apprendimento per scoperta di Dewey è quella del COMMUNITY OF LEARNERS (COL), un progetto educativo che A. Brown e J. Campione diressero presso l’Università di Berkeley Una Community of Learners è un ambiente di apprendimento e di ricerca cooperativa che, sul modello riflessivo ed operativo delle comunità scientifiche, si fonda su: 17

ANN LESLIE BROWN è stata una psicologa dell’educazione che sviluppò metodi innovativi per permettere ai bambini di imparare meglio. Nel 1983 Ann Brown definisce la metacognizione come la capacità di controllare i propri processi di pensiero, la percezione della necessità di ulteriori informazioni per la comprensione di un fenomeno e la riflessione su ciò che si è imparato . Conseguito il dottorato all’Università di Londra si trasferì negli Stati Uniti dove conobbe il marito Joseph Campione, con il quale produsse la maggior parte delle ricerche. 15

Si occupò con J. Flavell delle difficoltà di apprendimento dei bambini con il risultato di mettere in evidenza il ruolo delle strategie metacognitive delle idee e dei pensieri che sostengono l’apprendimento. La convinzione che ne derivò fu la necessità di organizzare strategie di apprendimento che favorissero l’uso della riflessione, la valorizzazione e la trasferibilità dell’esperienza ed un uso dinamico e creativo dei saperi . Nonostante i suoi studi partissero dagli stessi principi di Flavell si svilupparono poi in modo diverso, mentre Flavell fissò i suoi studi sull’importanza delle conoscenza su persone, compito e strategie, Ann brown si concentrò sugli aspetti esecutivi di PIANIFICAZIONE, MONITORAGGIO E REVISIONE. 16

La modalità di intervento didattico sperimentata, sulla scia del costruttivismo socio-cul15 A. Brown e J.Campione 16 A.Traverso “Brown e Campione, la nuova didattica”

18

ANN LESLIE BROWN 1943

1999

Inglese

Pedagogista Psicologa

- la riflessione critica sulla conoscenza; - la condivisione delle risorse, didattiche, morali ed intellettuali; - la natura attiva delle strategie di apprendimento; - l’influenza degli aspetti metacognitivi; - le zone multiple di sviluppo prossimale ; - la natura dialogica e distribuita dell’acquisizione della conoscenza; - il rispetto e la promozione delle differenze; - la sovrapponibilità e l’intercambiabilità dei ruoli. 19

JOSEPH CAMPIONE Inglese

Psicologo Pedagogista

L’ambiente educativo è considerato come un’intersezione tra diverse zone di sviluppo prossimale, possibili impalcature, scaffolding che veicolano, supportano e incentivano il soggetto in apprendimento. In questo contesto assume un significato nuovo il ruolo dell’ INSEGNANTE. L’apprendimento viene equiparato ad una “scoperta guidata”, di cui è responsabile e fa20

17John Dewey ( 1859-1952) è stato un filosofo americano, psicologo dell’educazione. Sviluppatore dell’idea di pragmatismo e fondatore della psicologia funzionale. 18 A.Brown, J. Campione “Guided discovery in a community of learners” 1994. 19 L. Vygotskij 20 Wood D., Bruner J. S., Ross G. (1976), The role of tutoring in problem solving, in Journal of Child Psychology and Psychiatry,

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cilitatore l’insegnante che modella, incoraggia, forma e trasforma, guida alla scoperta di nuove competenze e conoscenze. Gli studenti imparano ad imparare e diventano costruttori attivi di conoscenza. Nel progetto della SCUOLA DI OAKLAND, Ann Brown ha concepito la cultura della classe in termini di intreccio tra capacità di azione e collaborazione, in cui i bambini creano ipotesi e significati e li negoziano con gli altri assumendo anche il ruolo di insegnanti quando condividono le loro competenze con gli altri. Dal progetto di Oakland si è osservato che la capacità di costruire un’interpretazione del presente, del passato e del possibile attraverso la narrazione, si sviluppa ancor meglio in un contesto collaborativo. Grazie al confronto fra idee e ipotesi e alla negoziazione dei significati, il bambino sviluppa la capacità metacognitiva necessaria a considerare il proprio punto di vista uno dei possibili. Processo fondamentale di queste comunità di apprendimento è il RECIPROCAL TEACHING, insegnamento reciproco che ha come scopo di migliorare le prestazioni degli studenti. Viene adottato come metodo per promuovere la metacognizione ad esempio durante la lettura, la soluzione di problemi matematici e l’apprendimento in scienze. In una tipica sessione di insegnamento reciproco ogni partecipante ad un gruppo, costituito in genere da cinque/sei membri, prende a turno la conduzione della discussione e diventa il LEARNING LEADER. Guida a turno la discussione su un articolo, su un video, o su altro materiale che tutti devono capire ai fini della ricerca. Il procedimento è costituito dall’applicazione ciclica di quattro strategie cognitive praticate dai componenti del grup34

po a segmenti di testo successivi. Le strategie sono: porre domande, riassumere il nocciolo dell’argomento, chiarificare se vi sono dei problemi, e fare predizioni sul contenuto successivo. Queste strategie hanno il potere di sollecitare la discussione poiché sono eccellenti strumenti di comprensione-monitoraggio. Il reciprocal teaching provoca, infatti, zone di sviluppo prossimale dove trovano sostegno lettori di capacità differenti. Benché alcuni membri del gruppo possano non essere del tutto capaci di partecipare completamente, esteriorizzare il pensiero sotto forma di discussione consente ai principianti di apprendere dai contributi di coloro che sono più esperti. Inoltre, lo sforzo collettivo di trovare il consenso sul significato permette di portare a termine il compito che è leggere per comprenderne il significato. In questo modo, il compito è semplificato attraverso il supporto sociale dato da una varietà di competenze e non attraverso la scomposizione del compito in abilità fondamentali . 21

Tra le tecniche utilizzate in tale programma ha assunto rilievo e particolarità l’uso del JIGSAW, è una modalità di apprendimento cooperativo. Il modello originario di Aronson è stato adattato per il contesto di lezioni di scienze dove gli studenti possono fare una ricerca collaborativa e successivamente condividere con gli altri la competenza acquisita. La tecnica jigsaw, articolata in cinque fasi, prevede che agli studenti vengano assegnate parti (diverse, non consequenziali) di un argomento da apprendere, attraverso il brainstorming, che verranno insegnate agli altri in un secondo momento con il reciprocal teaching guidato. Gli 21 Brown, Metz e Campione, 1996


2) RIFLESSIONE: il puro apprendere non basta, è necessario dare un senso a ciò che si impara, capirlo. 3) COLLABORAZIONE: L’ intersoggettività, l’aiuto reciproco, la cooperazione, la condivisione delle risorse tra tutti gli individui coinvolti nella situazione di apprendimento-insegnamento, da migliori risultati del tradizionale insegnamento-apprendimento a senso unico. 4) CULTURA: intesa come l’insieme di rappresentazioni del mondo che costruiamo, negoziamo e istituzionalizziamo e che troviamo rassicurante chiamare realtà. studenti sono parzialmente responsabili della progettazione del loro curricolo perché al momento opportuno dovranno guidare (fare da leader) il seminario di apprendimento del loro sotto-argomento attraverso l’insegnamento reciproco. In questo modo la scelta del leader non è casuale, ma fondata sulla competenza. In ogni gruppo di apprendimento, ciascun ragazzo è esperto (leader) di qualche parte del materiale, lo insegna agli altri e prepara le domande per il test che tutti dovranno eseguire al termine dell’unità. L’obiettivo è quello di promuovere l’interdipendenza degli studenti a livello di materiali, di compito e di ruolo. Riassumendo il lavoro di Ann Brown e Joseph Campione si possono dedurre 4 concetti i,portanti: 1) CAPACITÀ D’AZIONE O AGENCY: l’idea di un crescente controllo sulla propria attività mentale. 35


L’

APPRENDIMENTO

L’

ATTRIBUZIONE E

LA

È

RIORGANIZZAZIONE

DEI

SIGNIFICATI ,

RICONOSCIUTI ED UTILIZZATI NEL CONTESTO

36


2.3

COSTRUTTIVISMO

Ricollegandoci a Bruner la conoscenza è un “fare il significato”, vale a dire è un’operazione d’interpretazione creativa che lo stesso soggetto attiva tutte le volte che vuole comprendere la realtà che lo circonda. L’obiettivo è di insegnare in modo tale da offrire il maggiore apprendimento col minimo di insegnamento. L’altro fondamentale cambiamento necessario rispecchia un proverbio africano: “se un uomo ha fame gli puoi dare un pesce, ma meglio ancora è dargli una lenza e insegnargli a pescare”. Il costruttivismo è un nuovo quadro teorico di riferimento che pone il soggetto che apprende al CENTRO DEL PROCESSO FORMATIVO detto learning centered. In alternativa a un approccio formativo basato sulla centralità dell’insegnante (teaching centered) quale depositario indiscusso di un sapere universale, astratto e indipendente da un contesto di riferimento, questa corrente di pensiero assume che la CONOSCENZA: - è il prodotto di una costruzione attiva da parte del soggetto; - è strettamente collegata alla situazione

concreta in cui avviene l’apprendimento; - nasce dalla collaborazione sociale e dalla comunicazione interpersonale. Accettare e promuovere l’inevitabile confronto derivante da più prospettive individuali è uno degli scopi fondamentali del costruttivismo infatti l’apprendimento non è visto solo come un’attività personale, ma come il risultato di una dimensione collettiva d’interpretazione della realtà. La nuova conoscenza si costruisce non solo in base a ciò che è stato acquisito in passate esperienze ma anche e soprattutto attraverso la condivisione e negoziazione di significati espressi da una “comunità di interpreti”. Invece di considerare l’insegnamento quale processo di trasmissione di informazioni e l’apprendimento quale elaborazione ricettiva, indipendente e solitaria, di dati, nel costruttivismo si assume che la formazione sia un’esperienza situata in uno specifico contesto: il soggetto, spinto dai propri interessi, costruisce attivamente una propria concezione della realtà attraverso un processo di integrazione di molteplici prospettive offerte. 37


Seymour Papert è considerato il fondatore del costruzionismo.

SEYMOUR PAPERT 1928 Sud Africano

Matematico Informatico Pedagogista

Sulla base del concetto costruzionalista da lui elaborato, il matematico sudafricano sviluppa nuovi studi pedagogici. In particolare, Papert si convince della necessità di fornire ai bambini i giusti strumenti per l’apprendimento, identificati nei cosiddetti artefatti cognitivi. Le ricerche condotte da Papert portano alla formulazione di un nuovo movimento didattico- pedagogico: il costruzionismo (o discovery learning), una rivisitazione della psicologia costruttivista di Vigozski e Piaget. Secondo quest’ultima teoria, le conoscenze non possono essere trasmesse o convogliate già pronte ad un’altra persona; ogni soggetto ricostruisce una versione personale dell’informazione che l’interlocutore cerca di convogliare. A tale convinzione, Seymour Papert aggiunge il concetto di “set da costruzioni”, nel senso che ogni costruzione mentale può essere associata ad una serie di parti montate ed assemblate insieme: qualcosa di simile ai linguaggi di programmazione, considerati “set” da cui si possono creare dei programmi. Ogni costruzione della “testa” si esplica in modo migliore quando è supportata dalla costruzione di qualcosa di molto più concreto, cioè un prodotto materiale, concreto che può essere mostrato, discusso, esaminato, sondato ed ammirato perché è lì ed esiste. “Fare qualcosa è la chiave del problema, è l’intergioco tra l’esternare qualcosa che state facendo e la conoscenza di quella cosa e l’interiorizzazione del tutto. Questo ‘gioco’ o scambio è quanto di meglio e di più potente possa succedere per l’apprendimento”.

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Rispetto a Piaget, viene ribadita l’importanza del “pensiero concreto”, “cioè una rivalutazione degli aspetti non astratti del pensiero”, che spesso vengono trascurati in favore della presunta superiorità del pensiero astratto e formale. Fondamentali nell’impostazione costruzionista gli artefatti cognitivi, ossia oggetti e dispositivi d’ausilio nello sviluppo di specifici apprendimenti. Per imparare, la mente umana ha bisogno di materiali reali da maneggiare. L’apprendimento nasce dalla discussione, il confronto, la costruzione, lo smontaggio e la ricostruzione degli artefatti cognitivi. Su queste convinzioni si inserisce l’uso del computer ai fini didattici: uno strumento utile per creare cose, non per fare esercizi, non per dimostrare o risolvere problemi che qualcun altro ha dato, ma per fare e costruire. Il che permetterà una maggiore interazione fra la mente e la cultura che ci circonda”. Centrale è il principio di “appropriazione”, nel senso di “appropriarsi” del computer e non limitare ad addestrarsi al suo utilizzo. Esemplare artefatto cognitivo, il computer dà modo al bambino di rapportarsi ad esso in maniera concreta. In base a tale assunto ideò uno specifico linguaggio di programmazione pensato per insegnare ai bambini i concetti fondamentali della geometria e dell’informatica. Nel 1963 con i suoi collaboratori ha realizzato il linguaggio di programmazione LOGO, divenuto il punto di riferimento per ogni tipo di approccio fra bimbi e computer. Infiniti i campi di applicazione: non solo discipline scientifiche, ma anche lingua, musica, creazione di videogames etc.


Fra gli ambienti di apprendimento che il Logo offre, quello più conosciuto e sicuramente più usato nelle scuole, anche in Italia, è la Geometria della Tartaruga. Papert è convinto che il computer debba stimolare la creatività dei bambini e che debba far emergere la loro individualità: troppo spesso, invece, il computer in classe è usato in modo meccanico, per lo svolgimento di esercizi ripetitivi. Con il Logo i bambini costruiscono i loro giochi, anzi i videogiochi, nello stesso modo in cui da sempre danno vita ai giocattoli reali utilizzando carta, legno o plastica. Assumendo un ruolo attivo nel proprio processo di apprendimento, i piccoli si trasformano da “consumatori” a “produttori”.

Ma cos’è in concreto il LOGO? Si tratta di un linguaggio potente ma semplice, che si avvale di comandi molti intuitivi. I bambini danno istruzioni ad una piccola tartaruga per farla muovere e disegnare su un foglio: in questo modo possono immediatamente osservare gli effetti concreti degli ordini impartiti sullo schermo. Insegnando alla tartaruga il disegno di semplici figure geometriche, il bambino consolida le sue conoscenze di geometria, e nello stesso tempo impara la logica della programmazione informatica. I bambini più piccoli possono insegnare alla tartaruga a disegnare quadrati, rettangoli e via via oggetti più complessi del mondo reale o geometrico come sedie, frecce, cerchi. Per fare ciò impareranno ad utilizzare concetti fondamentali dei software: le istruzioni, i diversi tipi di iterazioni e l’uso delle variabili. I bambini più grandi e con capacità logico spaziali più avanzate possono invece dedicarsi ad oggetti geometrici più complessi che contengano curve ed iterazioni nidificate. Il LOGO permette un apprendimento molto rapido ed immediato di nozioni informatiche, che i bambini potranno utilizzare nel prosie-

SEYMOUR PAPERT E LOGO

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il personaggio deve compiere un salto, occorrerà esaminare il concetto di salto, arrivando a quello fisico-matematico di traiettoria. Allo stesso tempo, questo tipo di educazione tecnologica non porta all’isolamento, ma favorisce l’interscambio con i propri coetanei. Altro aspetto innovativo è la rilettura del ruolo dei docenti: il progetto LOGO dà vita a situazioni sempre diverse, che invitano lo stesso insegnante ad imparare. INTERFACCIA VERSIONE MSWLOGO DEL 2000

guo degli studi. La caratteristiche del progetto sono la modularità, l’estensibilità, l’interattività e la flessibilità. La popolarità dell’invenzione di Papert ha portato a successivi sviluppi tecnologici e commerciali: tra questi ricordiamo il LEGOLogo, un sistema che usa il programma come interfaccia per motori, luci e sensori incorporati nelle macchine costruite dalla LEGO (la nota casa produttrice danese ideatrice dei mattoncini assemblabili), il MicroWorlds, un software con nuovi strumenti nato per la creazione di progetti multimediali, giochi e simulazioni, e più recente HyperStudio, un programma per Macintosh e Windows utile a costruire ipertesti multimediali. Il segreto del suo successo è la motivazione che stimola nei giovani protagonisti: programmare il computer è più divertente se serve a costruire un gioco. Per poter impostare i movimenti che i personaggi del videogame devono compiere, il bimbo apprende in maniera naturale principi della fisica o della matematica: ad esempio, se 40

Si realizza, quindi, una realtà di coapprendimento: il problema che ogni volta si pone è una sfida da affrontare insieme agli allievi. Siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione della tradizionale impostazione scolastica, statica e conservatrice. Il corpo docente è portato a liberarsi dei preconcetti dell’ insegnamento unidirezionale: ora il suo compito è di crescere professionalmente,


di appassionarsi ai nuovi input, di rinnovarsi in modo dinamico e propositivo. Dire nuova tecnologia non equivale a dire nuovi metodi di insegnamento. Al contrario, il 90% dei modi in cui vengono utilizzati i computer nelle scuole, per Papert, può essere descritto come un consolidamento delle vecchie concezioni di istruzione. Nella maggior parte dei casi i computer vengono utilizzati nelle scuole per difendere i vecchi metodi dal pressante incedere del cambiamento radicale nel campo dell’insegnamento. L’era digitale apre nuove porte al sapere ed all’apprendimento. Lo studioso mette in rilievo l’importanza della tecnologia per superare l’arcaica impostazione didattica ancora presenti nei vari sistemi di istruzione. Ecco le proposte di Seymour Papert per la scuola del futuro:

6) No alla censura su Internet per proteggere i bambini: il controllo deve essere velato e veicolato solo dal dialogo tra bambini e genitori. 7) Cambiare il ruolo degli insegnanti per imparare a studiare con gli studenti e favorirne l’autonomia nei processi di apprendimento. 8) Incentivare l’uso della rete nella ricerca dei materiali di studio: nonostante l’ingente mole di informazioni è sempre possibile selezionarne i contenuti. 9) Rendere l’uso di Internet accessibile e semplice per tutti. Un’altro importante esponente del costruttivismo, David Jonassen, sostiene che l’ apprendimento è significativo se riesce ad integrare sette istanze fondamentali:

1) Eliminazione delle classi definite per età: i processi di conoscenza non possono continuare a procedere per salti. 2) Insegnare ai bambini ad imparare da soli e non semplicemente indottrinarli. 3) Favorire l’uso del computer per sviluppare il pensiero attivo. 4) Promuovere la funzione educativa dei videogiochi. 5) Fornire l’accesso ai ragazzi ad un computer in ambito scolastico per eliminare le barriere socio-culturali che l’introduzione delle nuove tecnologie digitali possono creare.

Il fine ultimo non è l’acquisizione totale di specifici contenuti prestrutturati e dati una volta per tutte, bensì l’interiorizzazione di una metodologia d’apprendimento che renda progressivamente il soggetto autonomo nei propri processi conoscitivi. Lo scopo dell’istru41


zione non è quello di “alimentare” le persone con del sapere codificato, ma è quello di assumersi il compito di far scoprire al soggetto stesso le specifiche conoscenze di cui ha bisogno. Il costruttivismo non ha sviluppato un modello didattico univoco, valido in assoluto, ma piuttosto si limita ad indicare una serie di presupposti che devono essere rispettati per poter rendere l’attività formativa realmente rispondente alle esigenze contingenti. Jonassen, afferma che creare un ambiente di apprendimento seguendo tale concezione pedagogica è molto più difficile che progettare una serie di interventi didattici tradizionalmente intesi. “Questo perché non esistono modelli predefiniti per ambienti d’apprendimento costruttivistici, e per molti non potranno neanche mai esistere, in quanto i processi di costruzione della conoscenza sono sempre inseriti in contesti specifici. Così le tipologie di supporto all’apprendimento programmate in un dato contesto con ogni probabilità non potranno mai essere trasferite in un altro ” 22

4) Offrire ambienti di apprendimento derivati dal mondo reale, basati su casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate. 5) Offrire rappresentazioni multiple della realtà. 6) Favorire la riflessione e il ragionamento; permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal contenuto. 7) Favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso la collaborazione con altri. Solo per citare alcune esperienze significative esplicitamente riconosciute quali ambienti didattici di taglio costruttivistico ricordiamo le comunità d’apprendimento, l’apprendistato cognitivo (cognitive apprenticeship), gli ambienti per l’apprendimento generativo e gli ambienti di apprendimento intenzionale sostenuto dal computer.

Lo stesso Jonassen si limita a delineare una serie di raccomandazioni fondamentali che un ambiente d’apprendimento di questo tipo dovrebbe sempre promuovere:

Molti di questi, nati negli Stati Uniti all’inizio degli anni ‘90 principalmente in ambito scolastico, sono oggi sempre più sperimentati nella formazione professionale.

1) Dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua riproduzione.

Per il costruttivismo quindi è fondamentale porre molta cura affinché il contesto formativo sia predisposto in modo tale da poter offrire una varietà di stimoli e percorsi personalizzati di accesso ai contenuti, e in modo tale che lo scambio e la negoziazione tra i bambini siano forieri di fruttuosi stimoli, dal momento che spingono a esplicitare le argomentazioni sottese all’apprendimento e ad accogliere pun-

2) Evitare eccessive semplificazioni nel rappresentare la complessità delle situazioni reali

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3) Presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre).

22 D.H. Jonassen. ” Thinking technology, toward a costructivistic design model, in Educational technology”,1994, pp.34-37.


ti di vista diversi, differenziandosi così da un modello di istruzione rigidamente preordinato quale sequenza lineare di trasmissione dell’informazione. Si deve permettere allo studente di attivare un’esplorazione attiva consona con i propri interessi e/o motivazioni all’apprendimento di nuove conoscenze. Tutto ciò non significa che si promuove un processo di autoapprendimento, ma che è la stessa struttura dei materiali offerti e delle attività didattiche promosse, che innescano un processo conoscitivo rilevante per lo stesso soggetto: l’esperienza d’apprendimento si basa su di un processo di riadattamento flessibile della conoscenza preesistente in funzione dei bisogni posti dalla nuova situazione formativa. Lo studio dei casi, il problem-solving e le simulazioni sono ad esempio delle ottime strategie didattiche. Non essendo finalizzate alla memorizzazione di decine di definizioni, riescono a far interiorizzare un concetto semplicemente applicandolo in un’attività pratica. Presentare più fattori significativi in una situazione “problematica”, sviluppa nello studente un’attività d’indagine funzionale alla produzione di decisioni efficaci. Rielaborare le conoscenze possedute in funzione alle nuove esigenze promuove un pensiero creativo. In un gruppo di lavoro e/o d’apprendimento cooperativo il fatto di poter scambiarsi nuove idee e opinioni, attraverso la condivisione di competenze diversificate, aumenta la capacità di trovare soluzioni ottimali nel minor tempo possibile. La progettazione didattica deve quindi connotarsi come operazione aperta e flessibile di adattamento alle necessità emergenti.

Oggi il costruttivismo sta riscuotendo un notevole successo in quanto la società della conoscenza richiede sempre più che l’individuo sia il protagonista responsabile di una formazione continua lungo l’arco della sua vita. L’apprendimento deve superare la natura meccanica per avvicinarsi alla comprensione permanente a livello di ritenzione mnemonica e in particolare spendibile in altri contesti, diversi da quelli in cui ha avuto luogo (transfer di apprendimento), in virtù della capacità costruttiva del nuovo insegnamento. Si tratta di favorire nello studente la costruzione di una rete di strumenti, metodi, correlazioni, abilità generali capaci di aiutarlo a formare un sistema dinamico autoconsistente di metodi, nozioni, legami, abilità, e quindi la necessità di sviluppare approcci e strumenti per favorire l’esplorazione, l’autovalutazione, la creazione di percorsi autonomi. Il senso educativo profondo della relazione interpersonale tra insegnante e allievo è proprio nella serie di atti linguistici che si sviluppa tra gli interlocutori su tre livelli: logico-formale, esperienziale-sociale, empirico-scientifico. L’insegnante interpreta il testo, anziché trasferirlo, ad ha la possibilità di mediarlo, attuando uno scambio comunicativo con l’allievo, attraverso tre fasi:

PERCEZIONE COMPRENSIONE MEMORIZZAZIONE Poter dotare il soggetto di una metodologia conoscitiva che sviluppa progressivamente capacità metacognitive e un pensiero critico diviene oggi un’arma vincente per combattere la sfida alla competitività crescente. 43


In campo formativo l’enfasi sul cooperative learning e sulle communities of learning trovano ampio spazio e opportunità inedite nelle nuove tecnologie educative. La grande rete, Internet, è il luogo dedicato per eccellenza alla condivisione di significati ed esperienze, nonché un’immensa banca di dati dalla quale poter acquisire un sapere complesso e ricco di prospettive diversificate. L’utilizzo di forum di discussione è un esempio di come si può confrontare il proprio punto di vista con gli altri. La stessa strutturazione del World Wide Web in forma ipertestuale e/o ipermediale facilita un’erogazione dei contenuti con modalità corrispondenti ai propri bisogni individuali. Se, ad esempio, si conoscono già alcune tematiche e se ne vogliono approfondire altre più specifiche per il lavoro svolto, ecco che alcuni links appositamente indicati possono motivare maggiormente il soggetto evitando la noia di un’attesa improduttiva. La telematica diviene quindi sinonimo di tool che permette di accedere ad innumerevoli risorse, nonché “amplificatore” in quanto trattasi di un tool collaborativo: i contenuti non sono più recepiti da un’unica fonte ma vengono articolati ed “edificati” attraverso forme di comunicazione interpersonali funzionali all’attivazione di un pensiero critico, riflessivo e condiviso. Le tecnologie offrono oggi la possibilità di rispettare e enfatizzare l’individualità del soggetto che apprende in uno spazio-tempo indipendente ma allo stesso tempo coinvolgente all’interno di una comunità d’apprendimento ricca di stimoli. L’insegnante diventa un “facilitatore” dei processi d’apprendimento e si può quindi dedicare in modo più proficuo alla personalizzazione 44

delle strategie didattiche. Concludendo possiamo dire che è proprio per tali potenzialità che il successo che sta riscuotendo il costruttivismo si lega all’indiscutibile forza attrattiva che unisce tale nuovo paradigma pedagogico all’emergere delle nuove e promettenti forme dialogiche di costruzione della conoscenza offerte dalle tecnologie di rete. Oggi il costruttivismo è ancora largamente utilizzato, perchè si adatta perfettamente allo sviluppo delle nuove tecnologie ma vedremo nel capitoli successivi quali sono state le sue evoluzioni più recenti. “Naturalmente, oltre ad avere conoscenze sulla pesca, è necessario anche disporre di buone lenze, ed è per questo che abbiamo bisogno di computer e di sapere dove si trovano le acque più ricche.”


2.4 LA PARENTESI ITALIANA

METODO MONTESSORI MARIA MONTESSORI è stata pedagogista, filosofa, medico, scienziata, educatrice italiana, cominciò a sviluppare la sua teoria nel 1897 frequentando i corsi di pedagogia presso l’Università di Roma, informandosi così della teoria educativa nei precedenti 200 anni. Il metodo montessoriano parte dallo studio dei bambini con problemi psichici, per essere poi allargato allo studio dell’educazione per tutti i bambini. Il suo pensiero identifica il bambino come essere completo, capace di sviluppare energie creative e possessore di disposizioni morali, che l’adulto ha ormai compresso dentro di sé rendendole inattive. Nel metodo Montessori il bambino lancia un appello “Aiutami a fare da solo!” infatti Il principio fondamentale di questa teoria è la libertà dell’allievo, poiché solo la libertà favorisce la creatività del bambino già presente nella sua natura. Il bambino attraversa dei momenti sensitivi molto importanti, bisogna perciò dargli la possibilità di autocontrollarsi e autodirigersi permettendogli di crescere in libertà. Per far questo la maestra deve astenersi da interventi troppo diretti che potrebbero risultare coercitivi. Il vero fine dell’educazione è il bambino, noi siamo al suo fianco. Apprendere è un verbo attivo, ogni aiuto inutile è un ostacolo allo sviluppo. “Se faccio, capisco, nessuno può apprendere al mio posto, nessuno può essere libero, autonomo, intelligente al mio posto.” Dalla libertà deve emergere la disciplina. Un individuo disciplinato è capace di regolarsi da

solo quando sarà necessario seguire delle regole di vita. Il periodo infantile è un periodo di enorme creatività, è una fase della vita in cui la mente del bambino assorbe le caratteristiche dell’ambiente circostante facendole proprie, crescendo per mezzo di esse, in modo naturale e spontaneo, senza dover compiere alcuno sforzo cognitivo. Con la Montessori molte regole dell’educazione consolidate nei primi anni del secolo cambiarono. Il suo studio parte da una critica costruttiva della corrente psicologia scientifica secondo la quale erano sufficienti una osservazione pura e semplice e una misurazione scientifica per creare una scuola nuova, rinnovata ed efficiente. Il suo progetto riparte dalla pedagogia scientifica. Infatti l’introduzione della scienza nel campo dell’educazione è il primo passo fondamentale per poter costruire un’osservazione obiettiva dell’oggetto. L’oggetto dell’osservazione non è il bambino in sé, ma la scoperta del bambino nella sua spontaneità ed autenticità. Un’altra passo avanti in questo metodo si ha con il rispetto verso i bambini subnormali, trattati come il resto dei bambini, venivano organizzate per loro delle attività didattiche. I bambini dovevano imparare a prendersi cura di sé stessi e venivano incoraggiati a prendere decisioni autonome. L’autoeducazione e l’autocontrollo derivano anche dalla scelta del materiale cognitivo fornito, questo permette di sviluppare un’interesse spontaneo e reale. Il Materiale fornito si divide in: MATERIALE ANALITICO, incentrato su un’unica qualità dell’oggetto, per esempio peso, forma e dimensioni che educa i sensi isolatamente. 45


MATERIALE AUTOCORRETTIVO che educa il bambino all’autocorrezione dell’errore e al controllo dell’errore, senza l’intervento dell’educatore. MATERIALE ATTRAENTE, oggetti di facile manipolazione e uso, creati per invogliare il bambino all’attività di gioco-lavoro con esso.

Per la Montessori la mano è l’organo dell’intelligenza, è lo strumento che aiuta la mente a conoscere, a comprendere l’ambiente. Solamente se il bambino usa le mani potrà sviluppare completamente la sua intelligenza, avere un carattere equilibrato, essere capace di obbedienza. Usando le mani i bambini capiscono anche a gestire i propri movimenti in un’azione più complessa, analizzando la successione, facendone “economia”. Dai primi mesi di vita, dal primo destarsi nel bambino del gesto “cosciente” della mano che cerca di afferrare e stringere, sarà un continuo sviluppo verso la coordinazione mente-mano, tra il desiderio inconscio e la volontà cosciente che guida. Compito dell’adulto è quello di offrire incentivi all’attività della mano del bambino e lasciarlo avanzare verso la conoscenza e l’indipendenza. Punto importante del lavoro della Montessori è stata la suddivisione in fasce di sviluppo. Già nei primi anni di vita il bambini compie 46

degli atti spontanei, Durante questo periodo che va dalla nascita ai sei anni, Montessori constatò che il bambino presenta un veloce e significativo sviluppo fisico e psicologico. Il bambino, in questo primo intervallo, è visto come un esploratore sensoriale ed uno studente impegnato nel lavoro di sviluppo psicologico di auto-costruzione e di costruzione della propria indipendenza funzionale. Montessori descrisse il comportamento del bambino piccolo di assimilare gli stimoli sensoriali del suo ambiente, comprese dunque le informazioni dei sensi, la lingua, la cultura, descrivendo questo aspetto con il termine “mente assorbente”; la sua intelligenza opera inconsciamente assorbendo ogni dato ambientale. In questa fase si formano le strutture essenziali della personalità. Dai 3 ai 6 anni inizia l’educazione prescolastica e alla mente assorbente si associa la “mente cosciente”. Il bambino sembra ora avere la necessità di organizzare logicamente i contenuti mentali assorbiti. Per la Montessori i bambini non solo hanno il diritto di essere educati e tutelati nella loro crescita ma anche ad essere studiati, infatti critica fortemente la visione adultistica predominante fino a quel momento che credeva cioè che l’infanzia andasse studiata dal punto di vista dell’adulto che rappresenta il punto di arrivo a cui essa dovrebbe semplicemente elevarsi. Quindi per l’infanzia è necessario predisporre un ambiente adatto, in modo da non fare sentire loro a disagio e liberi di esprimersi, utilizzare un apposito materiale scientifico e una nuova preparazione dei docenti. Nel 1907 fonda a Roma la prima casa dei bambini, destinata non più ai bambini portatori di handicap ma ai figli degli abitanti del quartiere San Lorenzo. Si tratta di una casa speciale,


che i bambini abbiano l’opportunità di modificare l’arredamento a loro piacimento. La pulizia dei locali è affidata agli stessi bambini per portarli all’educazione all’ordine e al decoro. Anche gli spazi esterni sono organizzati con gli stessi criteri e fondamentale è la presenza del giardino. Il compito dell’insegnante è l’organizzazione dell’ambiente. Deve attendere che i bambini si concentrino su un determinato materiale, per poi dedicarsi all’osservazione dei comportamenti individuali. L’insegnante aiuta il bambino, lo sviluppo del quale deve compiersi secondo i ritmi naturali e in base alla personalità che il bambino dimostra.

non costruita per i bambini ma è una casa dei bambini. È ordinata in maniera tale che i bambini la sentano veramente come loro. L’intero arredamento della casa è progettato e proporzionato alle possibilità del bambino. In questo ambiente il bambino interagisce attivamente con il materiale proposto, mostrandosi concentrato, creativo e volenteroso. Il bambino trova un ambiente per potersi esprimere in maniera originale e allo stesso tempo apprende gli aspetti fondamentali della vita comunitaria, lavorare in spazi adatti a loro in un clima di ordine e pulizia. Le classi sono poche e vengono ospitate in locali non troppo vasti, tutte l’arredo è proporzionato all’altezza del bambino. In questo ambiente in bambino agisce secondo uno scopo grazie ad oggetti che invitano a compiere un lavoro con uno scopo pratico. L’aula viene vista come una sala di lavoro non come un luogo di assistenza e deve essere arredata con gusto con tavolini al posto dei banchi e sedie libere così

“Così questo è un posto dove fate quello che volete, non è vero?” E il bambino:”No signora, noi non facciamo quello che vogliamo, vogliamo quello che facciamo”. Nel 1911 il metodo Montessori si diffuse negli Stati Uniti d’America e diventò noto nel campo dell’istruzione e delle pubblicazioni divulgative ma subiti dopo poco svariate critiche. Le idee della Montessori tornarono negli Stati Uniti nel 1960, diffondendosi da allora in migliaia di scuole americane. Oggi questo metodo è praticato in circa 20.000 scuole in tutto il mondo, al servizio dei bambini dalla nascita fino a diciotto anni.

GOOGLE OMAGGIA LA MONTESSORI IN UN DOODLE.

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48


VERSO LE TEORIE CONTEMPORANEE Come studiato, i progressi nel campo dell’apprendimento hanno cambiato la concezione di bambino visto ora come essere attivo e intenzionale, e non come semplice recipiente passivo e anche della conoscenza, che deve essere il risultato di un processo di costruzione e negoziazione con gli altri e non come un semplice accumulo. La necessità di intendere il bambino come un individuo capace di costruire significati sia autonomamente sia attraverso l’interazione e la negoziazione con altre menti, deve essere ben chiara nel processo di insegnamento. Da questo bisogno deriva una “pedagogia della reciprocità” che presume che lo scambio intersoggettivo consenta al bambino di comprendere idee e convinzioni diverse dalle proprie e di riflettere sul proprio stesso pensiero, sviluppando in tal modo la capacità metacognitiva. Questo modello dello scambio intersoggettivo è stato arricchita da ulteriori recenti indirizzi di ricerca che hanno in comune lo sforzo di capire come i bambini organizzano il proprio apprendimento e il pensiero in generale e quindi di fare oggetto di studio la psicologia popolare del bambino. Abbiamo la ricerca sull’intersoggettività che

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studia il modo in cui il bambino sviluppa la capacità di leggere le altre menti; l’intersoggettività ha inizio con il piacere provato dal bambino e dalla madre nelle prime settimane di vita a stabilire un contatto con gli occhi, a cui segue l’attenzione comune a specifici oggetti e, nella fase prescolare, i primi scambi di parole. Le ricerche sulla costruzione di teorie della mente che analizzano il modo in cui i bambini comprendono gli stati mentali degli altri: pensieri, desideri, emozioni, convinzioni, credenze e false credenze. Le ricerche sulla metacognizione prendono in esame la capacità metacognitiva dei bambini, ossia la capacità di riflettere sul pensiero e sulle capacità cognitive proprie o altrui, e sugli effetti che tali conoscenze esercitano sul suo sviluppo mentale. Le ricerche sull’apprendimento collaborativo che si occupano del modo in cui i bambini esprimono e correggono le proprie credenze attraverso il dialogo. Con queste teorie cambia il modo di apprendimento del bambino. Egli diventa attivo e impara a mettere in gioco tutte le sue conoscenze con uno scambio continuo di stimoli. 49


3.1

EDUTAINMENT

“Coloro che fanno distinzione fra intrattenimento ed educazione forse non sanno che l’educazione deve essere divertente e il divertimento deve essere educativo .” 23

Oggi si sa che i migliori risultati si ottengono unendo alla pratica una spiegazione concettuale. Ci sono molte scuole di pensiero che trovano origine in queste teoria. Una tra queste è l’Edutainment. Grazie agli studi sulla pedagogia infantile, l’insegnamento e la formazione stanno cambiando, stanno superando i classici schemi di apprendimento teorico e accademico, grazie all’utilizzo di nuovi modelli pratici e coinvolgenti che hanno come basa la teoria “senza passione e divertimento non c’è un vero apprendimento.” L’edutainment è una modalità di insegnamento e apprendimento che si basa sulla sinergia fra il processo formativo e il gioco.

LORIS MALAGUZZI 1920

1994

La via ludica all’apprendimento non deve essere finalizzata solo alla conoscenza di nozioni o di discipline, ma deve rappresentare un modo vero e proprio di concepire e comprendere il mondo, in quanto il gioco ricopre proprio questa funzione: attraverso di esso i bambini per prima cosa scoprono la realtà che li circonda, poi sperimentano nuove abilità, infine sono pronti per immergersi in una società che sempre di più ha bisogno di aperture prospettiche e approcci ludici. Il termine edutainment è un neologismo ottenuto dalla fusione delle parole “EDUCATION” e “ENTERTAINMENT” traducibile quindi let-

Italiana

Pedagogista

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23 Marshall McLuhan

teralmente come divertimento educativo o educazione divertente. Fu usato per la prima volta nel 1945 dalla compagnia Walt Disney per una nuova serie televisiva chiamata: “ True Life Adventures” e nel 1973, da Robert Heyman per alcuni documentari della National Geopraphics. Negli ultimi anni questo termine ha acquistato sempre più valore imponendosi come una vera è propria metodologia didattica e di apprendimento. Obiettivo dell’edutainment è quello di superare il semplice rapporto lineare tra processi di insegnamento ed il loro risultato. Bisogna cercare di progettare azioni formative che prevedono diversi tipi di attività e coinvolgimenti dove la conoscenza delle nuove tecnologie e metodologie attualmente esistenti è fondamentale. L’insegnamento non avviene più tramite una semplice spiegazione teorica, ma tramite delle attività pratiche che permettono di facilitare il processo di apprendimento, rendendolo più automatico e facile, stimolando una delle caratteristiche fondamentali del bambini: LA CURIOSITÀ. L’apprendimento promuove l’autonomia di riconoscere, affrontare e risolvere i problemi. Si distingue dalla formazione, che è dipendenza dal sapere erogato dal docente, separatezza tra conoscere e intervenire. Il pedagogista LORIS MALAGUZZI, nel corso della sua carriera si è occupato dell’organizzazione di nuove scuole dove lo scopo dell’insegnamento non è produrre apprendimento ma produrre condizioni di apprendimento. Introduce all’interno della sua scuola, oltre le


classiche lezioni, dei laboratori che permettono ai bambini di mettere in pratica le teorie apprese, e sviluppando così la loro comprensione. Malaguzzi crede fermamente che ciò che i bambini apprendono non discende automaticamente da un rapporto lineare di causa-effetto tra processi di insegnamento e risultati, ma è in gran parte opera degli stessi bambini, delle loro attività e dell’impiego delle risorse di cui sono dotati. I bambini svolgono sempre un ruolo attivo nella costruzione e nell’acquisizione del sapere e del capire. L’apprendimento è quindi sicuramente un processo auto-costruttivo. La scuola è paragonata a un cantiere, a un laboratorio permanente in cui i processi di ricerca dei bambini e degli adulti si intrecciano in modo forte, vivendo ed evolvendosi quotidianamente. Grande attenzione al senso estetico in quanto vi è il convincimento che esista anche un’estetica del conoscere: la tesi è che nell’impresa di apprendere e capire c’è sempre, consciamente o no, una speranza che ciò che riusciremo a realizzare ci piacerà e piacerà agli altri. Più un determinato argomento agli occhi del bambini risulta “bello” e “affascinante” più sarà coinvolto, divertito ed incuriosito.

frontava le proprie conoscenze e teorie con bambini veri, cioè che giocano, apprendono, lavorano e si sviluppano. Lottava per ottenere l’estensione dei servizi, la qualificazione del lavoro pedagogico. I punti fondamentali del suo pensiero sono: 1) l’attenzione primaria al bambino e non alla materia da insegnare, 2) la trasversalità culturale e non il sapere diviso in modo settoriale, 3) il progetto e non la programmazione, 4) il processo e non il solo prodotto finale, 5) l’osservazione e la documentazione dei processi individuali e di gruppo, 6) il confronto e la discussione come alcune delle strategie vincenti della formazione, 7) l’autoformazione degli insegnanti.

Il pedagogista ha introdotto l’atelier nella scuola: se avesse potuto avrebbe sostituito la vecchia tipologia scolastica con una scuola fatta di atelier e laboratori, luoghi dove le mani dei bambini, il fare, il pasticciare, potessero conversare con la mente come è nelle leggi biologiche ed evolutive. Può essere considerato un “movimentista della pedagogia”: osservava quotidianamente i bambini, con51


3.2

LA MAIN À LA PÀTE

Tra i seguaci del metodo “divertirsi/fare per apprendere”, oltre Malaguzzi, citiamo l’istituto “ LA MAIN À LA PÀTE”, letteralmente “la mani in pasta”. Trova radici nel metodo “Hands On” dello scienziato LEON LEDERMAN, fisico statunitense e premio Nobel, creato nel 1992. Ispirato ai principi dell’attivismo di Dewey e alle teorie socio-costruttiviste di Piaget e Vygotskij, Lederman crea questo metodo per rispondere ai problemi dell’insuccesso e della dispersione didattica, della violenza e del bullismo nel ghetto nero di Chicago. L’obiettivo era quello di “permettere l’alfabetizzazione scientifica delle frange di popolazione escluse dall’insegnamento di qualità, per consentire loro di comprendere il mondo LEON LEDERMAN e la natura e di diventare cittadini illuminati .” Si tratta di studi e ricerche che mostrano un 1922 comune mutamento di prospettiva riguardo Statunitense all’insegnamento delle scienze sperimentali. Fisico 24

1988 Premio Nobel per la Fisica

GEORGES CHARPAK 1924

2010

Polacco

Il punto centrale di questo metodo è l’indagine: il bambino si interroga, prova e sperimenta. Il metodo Hands On di Lederman prevedeva un’ora al giorno dedicata allo studio delle Scienze Naturali e della Fisica, per tutti i sette anni dell’insegnamento primario, privilegiando la metodologia sperimentale. I bambini di età compresa tra i cinque ed i dodici anni, di fronte a fenomeni o problemi, venivano stimolati a proporre ipotesi e a confrontarle tra loro, a costruire prove sperimentali per verificarle ed a strutturare nuove

Fisico 1992 Premio Nobel per la Fisica

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23 A.Zapata. “Histoire d’une succès” Paris , 2006

conoscenze integrando attività manuale ed intellettuale. Ogni cosa veniva poi registrata da ciascun allievo sul suo “quaderno delle esperienze”, che rappresentava una buona occasione di esercizio ed approfondimento delle capacità linguistiche e logiche. Negli anni questo progetto si era rivelato davvero molto efficace, permettendo a bambini provenienti da contesti socio-culturali deprivati di rappacificarsi con il mondo della scuola e della conoscenza, di sviluppare un buon approccio scientifico, imparando anche a relazionarsi in modo costruttivo nell’ambito di discussioni e dibattiti di gruppo. A fronte di questi successi l’esperienza si era poi estesa a numerosi stati degli USA. GEORGES CHARPAK, premio nobel per la fisica, comincia ad interessarsi a questa sperimentazione e ne rimase subito affascinato: “Mi sono convinto in un solo giorno poiché ho visto, in un ghetto di Chicago, dei bambini dagli occhi scintillanti di piacere scoprire il mondo e le sue leggi manipolando oggetti semplici, ben scelti, discuterne tra di loro e con il maestro, fissare le loro osservazioni con scritti e disegni, ed impregnarsi dei concetti di cui gli insegnanti, che avevano immaginato tali esperienze, volevano che diventassero consapevoli ” 25

Nel 1995, dopo varie indagini sul campo statunitense, riceve i fondi necessari per l’avvio di questo metodo in Francia e nel Settembre del 1996, nasce ufficialmente “La main a la pate” che a differenza del progetto Hands On non si 25 J. Dercourt, J.P. De Gaudemar, J.P. Sarmant, F. Gros, “De l’opération La main à la Pate au Plan de rénovation de l’enseignement des sciences et de la technologie à l’école” , 2000


rivolge solo ai bambini svantaggiati ma a tutti i bambini francesi dell’insegnamento pre elementare ed elementare. “Tra i 4 ed i 12 anni il bambino vive una vera età dell’oro della curiosità per le cose del mondo della natura, qualsiasi sia il suo milieu sociale, le sue difficoltà familiari o scolastiche, la sua padronanza della lingua. ” 26

E’ una vera e propria avventura pedagogica che ha come principi la centralità dell’allievo, la sperimentazione diretta, il legame tra scienze e linguaggio, l’attenzione allo sviluppo dell’immaginazione e della creatività del bambino insieme al ragionamento logico e al rigore mentale. L’esperienze dirette diventano il nuovo modo di apprendere, stimolano la memoria e suscitano così la MERAVIGLIA. Punti fondamentali di questo metodo sono: la centralità dello studente, la ricerca di contesti di senso, la didattica laboratoriale fondata su esperienze dirette come ambiti di ricerca personale dell’allievo e collettiva della classe, la doppia funzione dell’insegnante come accompagnatore paziente e come esperto, che aiuta gli allievi nel loro processo di ricerca-apprendimento invece che proporre loro percorsi preconfezionati e irrigiditi da una guida prescrittiva. Un’altro compito de “la main a la pate” è quello di formare degli insegnanti in grado di stimolare nei giovani studenti uno spirito per la scienza, per la capacità di analizzare il mondo e di capacità d’espressione. Gli obbiettivi principali si possono riassumere in 8 punti: 26 G. Charpak, P. Lena, Y. Quere, “La Main à la Pate, dix ans après”, in CRAP, Cahiers Pédegogiques, n. 443, Paris, 2006

1) Gli studenti osservano oggetti e fenomeni del mondo reale, e le sperimentano su di loro. 2) Durante il loro studio gli studenti sono portati a confrontare le loro idee e i loro risultati mettendoli in discussione ( un’attività solamente manuale non basta) 3) Le attività svolte sono organizzate in base a una progressione dell’apprendimento, lasciando un largo margine di autonomia allo studente. 4) Alcuni argomenti sono proposti più volte nel corso delle settimane, per una maggiore continuità. 5) I bambini possiedono un quaderno degli esperimenti che gestiscono loro, usando il loro modo di esprimersi. 6) L’obiettivo è quello di rendere progressiva la conoscenza degli esperimenti scientifici, con uno sviluppo nella capacità di esprimersi, scritta e orale. 7) Le famiglie sono comprese negli esperimenti. 8) Le università e i laboratori scientifici mettono a disposizione i loro strumenti. Ci sono varie realtà e strutture oggi che fondano i loro principi su questa teoria. A Torino, in via Gaudenzio Ferrari, è nato nel settembre 2011 “Xkè - Il laboratorio della curiosità.” I musei sono istituzioni culturali con una forte vocazione didattica, ma nello stesso tempo si trovano oggi a dover competere sul mercato del tempo libero con le altre offerte di consu53


mi culturali (cinema, teatro, concerti), viste dai consumatori come più ‘leggere’ e meno impegnative e quindi spesso preferite, si può dire che i progetti ed i prodotti di edutainment possono assolvere efficacemente ad una triplice funzione: consentire al visitatore di vivere nel museo un’esperienza di apprendimento piacevole; conferire un valore aggiunto alla visita in termini di interattività; contribuire all’attività di comunicazione e promozione del museo stesso.

INTERNO DI XKÈ IL LABORATORIO DELLA CURIOSITÀ “LA STANZA DELLE BILANCE”

Qui i bambini tramite esperimenti di svariati generi, dai sensi alle misure, passando per la matematica, l’acustica, le illusione ottiche, apprendono la scienza divertendosi. In Francia abbiamo la Citè des Science, un vero è proprio polo scientifico e sperimentale fatto su misura per i più piccoli, alle porte di Parigi. “La Main à la Pate” si tratta oggi di un piano operativo, ormai con una esperienza consolidata, che interviene concretamente sull’attività didattica dell’insegnante in classe e che dunque tocca direttamente la possibilità di apprendimento dell’allievo. Queste strutture dedicate, però, non vogliono togliere al bambino la più tradizionale educa54

zione teorica ma semplicemente sottolineano l’importanza di un’integrazione tra le due metodologie e le necessità di entrambe nella formazione e nell’educazione dell’individuo. Non sono solo le grandi istituzioni o strutture che hanno sposato questa teoria, nel corso della storia dell’educazione più o meno recente troviamo vari personaggi ed artisti in Italia che ne hanno legami, tra questi è doveroso citare Bruno Munari.


3.3 IL

METODO MUNARI

BRUNO MUNARI è stato “uno dei massimi protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo, dando contributi fondamentali in diversi campi dell’espressione visiva (pittura, scultura, cinematografia, disegno industriale, grafica) e non visiva (scrittura, poesia, didattica) con una ricerca poliedrica sul tema del movimento, della luce e dello sviluppo della creatività e della fantasia nell’infanzia attraverso il gioco. Bruno Munari non era solo un’artista e un designer , ma anche pedagogo intuitivo, scrisse svariati libri sui bambini e sul gioco fino ad arrivare alla creazione di un vero e proprio metodo chiamato “METODO MUNARI”. Egli lo definiva un metodo attivo-scientifico, affermando di sentirsi vicino a quello della Montessori. Nel suo metodo applica i principi fondamentali della “pedagogia attiva” e fa riferimento alle teorie di Piaget. Entrambi sono contrari all’imposizione, entrambi propongono il fare: sperimentare, cercare e scoprire da soli, in modo autonomo. Munari propone di insegnare ai bambini come si guarda un’opera piuttosto che leggerne solo il contenuto o il messaggio. L’arte visiva non va raccontata a parole, va sperimentata: le parole si dimenticano, l’esperienza no. Tra gli anni Settanta e gli anni Novanta progettò, con l’aiuto dei suoi collaboratori, laboratori per i bambini delle scuole materne, elementari e medie inferiori, sia in Italia sia all’estero, in musei, in biblioteche e in centri privati. In una prima fase vennero sperimentati laboratori di comunicazione visiva, in seguito, negli anni Ottanta, il metodo fu applicato all’inter-

no di laboratori multisensoriali, come quelli di ceramica, design, stampa, tessile, suono, legno, plastica, libri, tattile, mattoncini Lego, fotocopia. Mise a punto un metodo che, attraverso il gioco basato su regole da conoscere, trasgredire e variare, in base al caso , permettesse di far sperimentare e di far scoprire combinazioni impensabili con la comune logica. I Labora- BRUNO MUNARI tori furono pensati e realizzati per essere luo1907 1998 ghi adatti ad “allenare e stimolare il pensiero Italiano progettuale creativo” , concepiti a misura dei Designer Artista bambini, non hanno banchi ma tavoli da lavoro per permettere una totale libertà di gesti, di movimenti e, diversamente dalla scuola, possibilità di cambiare posto in funzione delle esigenze di lavoro. 27

La storia dei laboratori inizia nel 1977 a Milano presso la Pinacoteca di Brera. Il primo laboratorio si intitolava “GIOCARE CON L’ARTE” e fu un evento storico per la città. Bruno Munari ricevette l’incarico di progettare uno spazio per i bambini all’interno di uno dei più importanti musei nazionali italiani. La sperimentazione ebbe la durata di tre mesi, dal 15 marzo al 15 giugno 1977. “Giocare con l’arte” indicò un diverso approccio all’arte nel museo, un approccio basato sul ‘fare per capire’, sul ‘fare per conoscere’, attraverso la sperimentazione diretta, le tecniche e le regole delle arti visive. Nel Laboratorio “si gioca all’arte visiva”, si sperimentano tecniche e regole ricavate dalle opere d’arte di ogni epoca e di ogni luogo, trasformate in giochi: è facendo che si scoprono le qualità diverse dei materiali e le caratteristiche degli strumenti. I bambini imparano 27 Richiamo al Metodo Montessori

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giocando. “Ciò che distingue questo laboratorio da tutti gli altri laboratori esistenti è il metodo. Non un semplice “parcheggio”, dove i bambini possono giocare con pennelli e tempere, “liberi di fare quello che vogliono avendo davanti agli occhi le riproduzioni esposte nel museo... (libertà che è un abbandonarli all’imitazione) e nemmeno soltanto un “raccontare” le opere d’arte... 28

“Giocare con l’arte” non significa fare arte con i bambini ma significa mettere a disposizione le capacità di scegliere materiali e suggestioni visive affinché il bambino, come l’adulto, possa agire in prima persona, liberando la curiosità in un gioco non imposto ma guidato attraverso immagini e dimostrazioni pratiche. La conoscenza plurisensoriale, l’osservazione della natura e delle opere d’arte, la sperimentazione di materiali, strumenti e tecniche, attraverso il gioco come scoperta. Le idee non vengono proposte dagli adulti, nascono dalla sperimentazione, secondo il principio didattico: “Non dire cosa fare ma come” e del “ fare insieme per capire ” stimolando così la creatività infantile come premessa al conseguimen-

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28 Bruno Munari nella presentazione del primo laboratorio per bambini alla Pinacoteca di Brera, Milano, 1977

to di una personalità originale ed autonoma. I bambini sono liberi di scegliere la tecnica che più gli piace, di sperimentarne anche più di una. Il laboratorio è un luogo di creatività e conoscenza, di sperimentazione, scoperta e autoapprendimento attraverso il gioco: è il luogo privilegiato del fare per capire, dove si fa “ginnastica mentale” e si costruisce il sapere ma anche un luogo di incontro educativo formazione e collaborazione, dove è possibile una sperimentazione sia personale che collettiva, grazie ad una gamma di possibilità e di variabili da conoscere e mettere a confronto per poi scegliere vivendo così un continuo e ricco rapporto con le cose e le persone. Uno spazio dove sviluppare la capacità di osservare con gli occhi e con le mani per imparare a guardare la realtà con tutti i sensi e conoscere di più, dove stimolare la creatività e il “pensiero progettuale creativo” fin dall’infanzia. “Capire che cos’è l’arte è una preoccupazione (inutile) dell’adulto. Capire come si fa a farla è invece un interesse autentico del bambino ”. 29

Il metodo si basa sul fare affinchè i bambini possano esprimersi liberamente senza l’interferenza degli adulti, diventando indipendenti e imparando a risolvere i problemi da soli. Possiamo riassumere la base della teoria del metodo Munari così: AMBIENTE come laboratorio. Il MATERIALE come offerta di conoscenza. L’ADULTO come guida e indicatore di metodi di 29 Alberto Munari, docente di psicologia dell’educazione all’Università di Ginevra


lavoro. Alcune istituzioni museali italiane hanno ospitato e ospitano laboratori permanenti che sono diventati un servizio pubblico molto apprezzato. Il Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza è stato il primo ente a realizzare un laboratorio permanente, attivo dal 1979, che sperimenta la ceramica. Il laboratorio è parte integrante del museo e fa scoprire le specificità delle collezioni conservate negli spazi espositivi. Nel mondo, Bruno Munari ha “giocato con l’arte” a Gerusalemme, in Venezuela, a San Sebastian in Spagna, a Parigi, a Rio de Janeiro. A Tokyo, nel 1986, in occasione dell’inaugurazione del “Kodomo no shiro”, cioè del Castello dei bambini, Bruno Munari ha realizzato sul posto tutti i laboratori che fino ad allora aveva ideato.

sua produzione di designer, di scrittore e di inventore, se non addirittura l’opera più importante progettata in vita. Munari segnò la nascita di un metodo che, ancora oggi, costituisce un modello attualissimo per la museologia internazionale e un riferimento per la scuola dell’obbligo italiana. “Giocare è una cosa seria. I bambini di oggi sono gli adulti di domani, aiutiamoli a crescere liberi da stereotipi. Un bambino creativo è un bambino felice.”

I laboratori che si svilupparono successivamente, anche dopo la sua morte, furono una risposta concreta del sincero impegno etico che caratterizzò l’operato dell’artista e dell’uomo di cultura e furono, da Munari stesso, considerati di pari importanza rispetto alla 57


58


I NATIVI DIGITALI ED I NUOVI STRUMENTI DIDATTICI Dopo aver studiato le varie teorie che ci hanno portato ad un progressivo cambiamento della visione e della funzione dell’apprendimento, dobbiamo però sottolineare che nel 2013 la vita, le abitudini del bambino, e non solo, sono cambiate. Lo sviluppo della tecnologia, di nuovi dispositivi con cui comunicare ed interagire ha creato una nuova epoca: quella dei NATIVI DIGITALI. Il termine “Digital Native” è stato coniato da MARC PRENSKY nel 2001 per fare fronte all’esigenza di spiegare le differenze tra chi in questa era della Tecnologia Digitale ci è nato e chi ne sta subendo gli effetti , immigranti digitali. Si può parlare di nativi digitali come una specie in via di apparizione, all’interno della quale possono essere individuate differenti popolazioni e stili di fruizione delle tecnologie, differenti a seconda dell’età e quindi dell’esposizione più o meno precoce alle tecnologie della comunicazione digitale. Dai dati del report di ricerca, emergono, infatti, tre tipologie differenti di nativi digitali, che segnano la transizione dall’analogico al digitale dei giovani nei paesi sviluppati:

4

1) I NATIVI DIGITALI PURI (tra 0 e 12 anni); 2) I MILLENNIALS (tra 14 e 18 anni); 3) I NATIVI DIGITALI SPURI (tra 18 e 25 anni) I NATIVI DIGITALI PURI sono i bambini nati dopo il 2000. Non hanno subito sulla loro pelle il cambiamento digitale ma ne sono portavoce, inconsapevoli. Già dai primi mesi sono attratti dai dispositivi digitali con cui prendono facilmente conoscenza. Nelle loro case e nelle loro camerette, infatti, i media digitali sono sempre più presenti insieme alle esperienze di intrattenimento, socializzazione e formazione che vengono mediate e vissute attraverso Internet e i social network, oltre che dalle consolle per videogiochi. I NATIVI DIGITALI SPURI, invece, si possono identificare con gli studenti universitari. Passano gran parte del loro tempo navigando in internet e sui social network, sono sempre connessi. Condividono contenuti tramite smartphone, tablet. Non guardano la Tv ma preferiscono lo streaming, leggono poco ma fanno incetta di notizie sul web. Ma quando questo termine è stato coniato il loro uso del Web era ancora “molto analogico”, molto Web 1.0. Sono loro stessi a defi59


MARC PRENSKY

nirsi utenti di base del Web e solo il 21% si definisce un utente esperto. Il fatto è che la loro capacità di gestire i tools del Web 2.0 è stata un po’ sopravvalutata e sia che sia stata proiettata su questa generazione di confine una serie di competenze digitali, una fluency e una literacy tecnologica che è propria solo dei più piccoli, i nativi digitali puri (0-12 anni).

certo punto della loro vita e hanno adottato molti aspetti delle nuove tecnologie, sono considerabili come Immigranti Digitali”.

1946 Statunitense

Scrittore Speaker

Il “Nativo Digitale” è quindi colui che è capace di abitare il cyberspazio, raccoglie informazioni da molte fonti, anche differenti tra loro e provenienti da vari dispositivi, preferisce elaborare immagini e video, piuttosto che testi e la loro conoscenza è strutturata in modo reticolare anziché in modo sequenziale. Si tratta di una dimensione che trascende ad esempio l’uso dei contenuti legati ai supporti, non c’è più la necessità di sfogliare un libro su carta o ascoltare la musica su cd. Questo tipo di approccio si contrappone a quello degli adulti chiamati “DIGITAL IMMIGRANT” Prensky dichiara: “I nostri studenti sono cambiati radicalmente. Gli studenti di oggi non sono più quelli per cui il nostro sistema educativo è stato progettato. Essi sono la prima generazione cresciuta con le nuove tecnologie. Hanno passato la loro intera vita usando ed essendo immersi in computer, videogame, riproduttori. Come dovremmo chiamare questi ‘nuovi’ studenti di oggi? l’appellativo più utile che ho trovato è Nativi Digitali. I nostri studenti oggi sono tutti ‘parlanti nativi’ del linguaggio digitale dei computer, dei videogame e di internet. I cervelli dei nativi digitali sono probabilmente fisicamente differenti, effetto dell’input digitale che hanno ricevuto crescendo.Quelli tra noi che non sono nati nel mondo digitale ma che ne sono rimasti affascinati ad un

60

Gli immigranti digitali hanno preso affinità con i supporti tecnologi solo in età adulta e per questo rimangono legati al passato e alle loro abitudini. Non trovano sicurezza in un schermo e preferiscono scrivere su carta, telefonare, archiviare documenti in scaffali ormai saturi. Il loro utilizzo del web è limitato, non esplorano, preferiscono soffermarsi sempre sui soliti siti che ormai conoscono.


Questa distinzione provoca un vero gap tra le due generazioni che si ritrovano a vivere le stesse situazioni con capacità e approcci completamente diversi. Questo è un problema che interessa non solo la vita quotidiana ma più profondamente anche le istituzioni, prima tra tutte la scuola. Infatti, secondo Prensky, sarebbe un grave errore istruire i bambini con gli stessi strumenti di cinquanta anni fa, si rischierebbe si prepararli utilizzando gli strumenti di un mondo ormai passato. Di fronte a questa netta superiorità della generazione digitale, cambiano anche i modi dell’apprendimento. I nativi imparano attraverso il gioco: tutto deve essere veloce e divertente. Ci si cerca fra coetanei anche per studiare cose differenti: si creano grandi gruppi di amici, impegnati su testi diversi, che possono però scambiarsi battute, mostrare foto o mail, condividere messaggi. E dunque divertirsi studiando. Un sistema che può risultare incomprensibile agli “immigrati digitali”, meno smart e multitasking, abituati da sempre a fare una cosa alla volta, e scettici su questa modalità di studio. Per i giovanissimi tutto deve essere interattivo e nulla unidirezionale: è il loro cervello a richiederlo. E i genitori non li capiscono proprio perché la loro mente è fatta in modo differente. Ma la tecnologia corre veloce e presto anche lo stesso termine “nativo digitale” rischia di diventare obsoleto, lo stesso Prensky recentemente ha modificato la sua impostazione originale, preferendo rinunciare a classificazioni generazionali basate sull’età in favore di altre centrate sui livelli di competenza. In un articolo del 2009 Prensky sostiene che “la distinzione tra nativi e immigranti digitali sta

diventando meno significativa” e vara nuove categorie indipendenti dall’età anagrafica. Questo secondo alcuni presupposti: si può duri infatti che alcuni adulti stiano diventando nativi digitali. Pensiamo all’uso del cellulare per mandare sms ai figli o al sempre più diffuso uso del social network, come Facebook. Diverse ricerche recenti dimostrano che l’uso delle tecnologie non deve per forza separare ma può avvicinare le generazioni. Pensiamo al videogame come spazio conviviale tra genitori e figli, al cellulare come oggetto di negoziazione e quindi di dialogo, al social network come occasione di creare complicità e condividere interessi. L’esperienza dell’adulto immigrante, a prescindere dalla sua bravura nell’uso dei media, può essere utile al nativo per promuovere la sua riflessione, per invitarlo a pensare le sue pratiche, insomma per fargli maturare senso critico. L’evoluzione dei nativi digitali e degli immigranti digitali per Prensky sta nel concentrarsi sull’uso più o meno “saggio” delle tecnologie, da cui possiamo identificare tre nuovi gruppi: 1) DIGITAL WISDOM, ovvero saggio digitale. Si tratta di un utente, giovane o anziano che sia, capace di un uso critico e responsabile delle tecnologie digitali; 2) DIGITAL SKILNESS. È colui che possiede le competenze tecniche già attribuite al nativo: rapido, esperto, dotato di grande dimestichezza rispetto ai diversi supporti; 3) DIGIAL STUPIDITY. È colui che delle tecnologie fa usi impropri, dannosi, trasgressivi; o anche colui che rifiuta di avvicinarsi ad esse ritenendole fonte di tutti i mali. 61


/ SECONDO PRENSKY /

GLI STUDENTI VOGLIONO

62

1

6

ESSERE RISPETTATI

ESPRIMERE E CONDIVIDERE OPINIONI

2

7

SEGUIRE I LORO INTERESSI E PASSIONI

PRENDERE DECISIONI

3

8

CREARE

CONNETTERSI CON GLI ALTRI

4

9

USARE STRUMENTI AL PASSO CON I TEMPI

COOPERARE E COMPETERE TRA DI LORO

5

10

LAVORARE IN TEAM

UNA FORMAZIONE VERA


Nella nuova formulazione del proprio pensiero Prensky considera le tecnologie digitali come agenti attivamente sulla persona, che diventerebbe passiva recepitrice, a vedere un ruolo attivo della persona che le usa per potenziare le proprie capacità cognitive. In questa prospettiva si potrebbe ricorrere al lavoro della psicologia cognitivista di questi ultimi 20 – 30 anni e a quelli di impronta costruttivistico sociale, come i lavori di Jonassen sulle tecnologie come strumenti cognitivi, enunciati in precedenza. Nativi digitali o saggi digitali cioè che sembra necessario è il cambiamento nei sistemi e nei processi educativi. Partendo dalla constatazione che siamo di fronte ad una “nuova specie” di studenti, come può la scuola rimanere immobile e continuare ad offrire percorsi e modalità operative sostanzialmente immutate da centinaia di anni? Ed ecco quindi che si propongono nuovi scenari per l’organizzazione scolastica che tengano conto di questi nuovi abitanti digitali. Ad esempio, Veen e Vrakking trovano articolate proposte a partire dai programmi di studio, fino all’organizzazione logistica, con alcuni esempi di pratiche già in atto; Ferri dal canto suo si sofferma anche sui genitori oltre che sugli insegnanti “immigranti” mentre non è raro trovare riferimenti ai nativi digitali nei progetti relativi all’introduzione di tecnologie nella scuola, come nel caso della Lavagna Interattiva Multimediale.

dibattito si va trasformando sostanzialmente in un confronto tra sostenitori e avversari dell’innovazione. Al di là degli schieramenti a favore o contro l’innovazione, c’è chi evidenzia invece come le tesi sulla necessità di una radicale trasformazione in senso tecnologico della scuola siano attraversate da una retorica tecnocentrica che risale quanto meno ai primi anni Venti. Come ricorda Maria Ranieri, docente dell’Università di Firenze, in un saggio dal titolo emblematico La scuola digitale tra mito e realtà, il noto imprenditore e inventore statunitense Thomas Edison immaginava nel 1922 una svolta delle istituzioni educative sotto la spinta delle tecnologie e asseriva: “Credo che l’immagine in movimento sia destinata a rivoluzionare il nostro sistema educativo e che in pochi anni sostituirà ampiamente, se non interamente, l’uso dei libri. [...] L’educazione del futuro si baserà sull’uso del medium dell’immagine in movimento, un’educazione visualizzata, in cui sarà possibile ottenere il 100% dell’efficienza”.

L’argomento dell’innovazione è stato utilizzato talvolta anche per contrastare la critica che stigmatizza l’uso dello stereotipo generazionale, sostenendo che tale critica è in realtà rivolta a conservare lo status-quo all’interno delle istituzioni scolastiche. In pratica, il 63


4.1 LE

SCUOLE 2.0

“La presentazione multimediale delle informazioni sarà necessariamente più piacevole e anche più ricca e dettagliata di un normale testo stampato; infatti, l’integrazione di più mezzi consente di sviluppare meglio degli aspetti in cui il testo scritto a stampa è per sua natura carente. La multimedialità non è un metodo, è un modo di organizzare le informazioni per promuovere l’apprendimento. ” 30

Il nostro approccio al quotidiano è cambiato. La rivoluzione tecnologica ha cambiato profondamente il nostro vivere e le nostre abitudini. I bambini hanno costantemente a che fare con smartphone, tablet o più semplicemente computer, strumenti ormai di uso quotidiano. Il nostro stile di vita è radicalmente mutato rispetto a una decina di anni fa e anche l’educazione deve essere modificata e adattata. Le scuole di oggi non hanno subito questi cambiamenti. Si può dire che la maggior parte delle scuole sia ferma al passato.

Abbiamo bisogno di pensare in modo diverso, tenendo a mente tutti gli studi e le teorie che ci hanno portato anche solo ad immaginare 64

30 Serra Borneto , 1998

un’istruzione diversa. I bambini di oggi non hanno bisogno di un insegnamento gerarchico ma democratico. Hanno bisogno di qualcosa che accorci il loro divario generazionale con l’insegnante. Hanno bisogno del gioco, come motore di ricerca e lo scambio continuo di informazioni con altri studenti. Hanno bisogno di una comunità interattiva. Il peso dei libri, il loro costo, il loro non essere aggiornati sono motivi di frustrazione per lo studente che sa come usare i nuovi “tool” offerti dalla tecnologia ma non può utililizzarli perchè il sistema scolastico è ancora troppo vecchio. L’innovazione però non sta nella tecnologia, ma nel cambiamento del metodo di insegnamento.L’emergere di esigenze educative sempre più differenziate richiede che la scuola sappia offrire ai bambini una gamma di opportunità didattiche giocate anche su una varietà di risposte tecniche e strumentali. Le tecnologie multimediali, in tale prospettiva, rappresentano una strada maestra per la “Nuova Scuola”; esse, infatti, consentono l’interattività, la possibilità di interagire con ambienti dinamici, fatti di animazioni e video pieni di colori nei quali il bambino è trasformato da spettatore passivo in partecipante attivo. In quest’ottica i docenti possono e devono offrire ai propri alunni valide motivazioni all’apprendimento, in modo da coinvolgerli nello svolgimento delle attività scolastiche e seguirli nei processi di progettazione e di ricerca. Ci sono varie scuole in tutto il mondo che stanno cercando di stare al passo con i tempi, evolvendo le tecniche di insegnamento, e questo accade soprattutto per la scuola primaria. In Singapore quattro scuole hanno deciso di sostituire i diari scolastici e i libri di testo con


degli iPad. La decisione è stata presa anche per evitare che gli studenti debbano trasportare zaini pesanti e pieni di libri voluminosi. Si può usare l’iPad per prendere appunti, proprio come sui diari e quaderni scolastici, e tenere a portata di mano il calendario delle lezioni. In Italia, grazie al Piano Scuola Digitale in collaborazione con il MIUR , sono nate le CL@SSI 2.0, sorelle dell’Escuela 2.0 spagnola e del progetto Capital inglese. Come standard iniziale le classi sono dotate di tutte le tecnologie necessarie a partire dalla Lavagna interattiva multimediale, portatile/ tablet per ogni studente e insegnare attraverso che potrà accedere alla rete, utilizzare libri e contenuti digitali. 31

Le Cl@ssi 2.0 si rifanno al metodo collaborativo Jigsaw di Ann Brown e al precision tea31 Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

ching che ha come finalità il raggiungimento dell’automatismo nelle prestazioni di base. Un esempio di esercitazione consiste nel stimolate i ragazzi a dare il maggior numero di risposte possibili in una certa unità di tempo. Alla fine della singola sessione di lavoro, di 2 o 3 minuti, ogni studente corregge la propria scheda e registra il numero delle risposte date e delle risposte corrette. Il confronto del risultato con la precedente prestazione, indica il progresso personale. Il metodo è stato utilizzato fin dalla prima media con largo impiego di fotocopie; ora i ragazzi scaricano la scheda dal server e la svolgono al computer. questo strumento ha dilatato i tempi di esecuzione, docente e studenti hanno trovato soluzioni per velocizzare le operazioni: uso di foglio di calcolo, della calcolatrice e modifica delle schede in esercizi a scelta multipla. Ma il focus, in realtà, non deve ruotare attor65


no alla tecnologia in senso stretto bensì alle dinamiche di innovazione che essa può innescare. Recentemente il Miur ha lanciato il progetto “EDITORIA DIGITALE SCOLASTICA” per la diffusione della didattica digitale in tutte le scuole italiane con l’obiettivo di migliorare l’alfabetizzazione, le competenze e le conoscenze del mondo digitale. Sul territorio italiano ci sono alcuni progetti avviati che stanno riscuotendo un enorme successo. Si tratta ad esempio di “BOOK IN PROGRESS”, una scommessa vincente già esportata in ben 70 scuole. Partito da un Liceo Tecnologico alla periferia di Brindisi il progetto ha visto gli alunni e le loro famiglie abbandonare i tradizionali libri di testo ed avvalersi di testi scritti in modo gratuito da docenti, consapevoli del proprio ruolo di educatori per le generazioni future. Grazie a questa tecnologia non esiste così nessuno spazio fisico, la aule si connettono fra loro e interagiscono, la scuola diventa virtuale, con la possibilità per gli studenti di seguire le le-

Nel progetto Senza Zaino è centrale l’attività, i bambini e i ragazzi vengono coinvolti e motivati non perché si indicano dei risultati da raggiungere, ma principalmente perché vi sono attività interessanti basate sull’esperienza, sulla ricer-

ARE

A TA VOLI

ANGOLO DELLE ARTI

FORUM E LIBRI

ANGOLO DELLE PAROLE

zioni da casa. Altro esempio di scuola 2.0 è l’esperienza di SENZA ZAINO che vede la didattica basarsi principalmente sul concetto di comunità. I bambini coinvolti vanno dai 2 ai 14 anni, chi impara prima, aiuta gli altri. Al proprio interno non esistono cattedre, le aule sono illuminate e ricche di ogni tipo di materiale, perché niente viene portato a casa, ma tutto resta a scuola, in comune e a disposizione di tutti.Il progetto mira ad Abolire anche fisicamente lo zaino in modo da rendere la scuola ospitale, aperta alla dimensione della comunità, della responsabilità, facendo del bambino e del ragazzo i primi artefici del processo formativo: gli alunni sono i veri proprietari dell’apprendimento e della vita di classe per cui l’insegnante viene a ricoprire un ruolo di guida, di facilitatore, di organizzatore.

ANGOLO DEI NUMERI

COMPUTER LAB ANGOLO DOCENTE

DISPOSIZIONE SPAZI PROGETTO “SENZA ZAINO”

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ca, sul rispetto e la globalità della persona, il concetto di aula è il punto centrale di questo progetto, diventa un laboratorio, un luogo d’incontro e di scambio.Una scuola in cui gli alunni imparano ad IMPARARE. Una scuola da cui potranno uscire persone con la voglia e la consapevolezza di poter cambiare il proprio futuro. Oggi è la rete che contiene la storia e ci permette di viaggiare nel tempo creando un percorso formativo nel web con la possibilità di seguire dei webinar, video corsi, tutorial, e confrontarsi continuamente con figure di riferimento del percorso. Con questi presupposti nasce il progetto tutto italiano OIL PROJECT (Open Interactive Lessons,) una scuola gratuita online gestita da studenti.

Nasce nel 2004 dall’esigenza di imparare e condividere il proprio sapere, pensata inizialmente per raccogliere contenuti testuali, diventati successivamente lezioni in diretta di studenti e docenti. Tutti possono caricare la propria lezione, docenti e alunni, ed il pubblico può votarle, commentarle, condividerle.

La piattaforma si autoregola perché è la stessa community a suggerire modifiche e a creare i contenuti. Come dicono i fondatori del progetto: “La nostra scuola è una scuola di tutti.”

Un’altra realtà italiana è KUNERANGO, creata da sei giovani studenti della facoltà di ingegneria di ferrara, è una social application che raggruppa strumenti di collaborazione realtime permettendo di mettere in comunicazione tra loro studenti e docenti. Questo progetto offre la possibilità di tenere raggruppate le informazioni riguardanti i corsi di studio che uno studente segue; mette a disposizione luoghi di incontro virtuali, dove attraverso un editor condiviso, una lavagna virtuale, un lettore di file, chat e videochat le persone possono collaborare in tempo reale. È possibile ritrovarsi con i propri compagni creando un gruppo di studio virtuale o seguire una lezione a distanza, tutto con estrema facilità ed attraverso una piattaforma che è nata appositamente per questo scopo. Kunerango è stata messa online in seguito alle scosse sismiche in Emilia Romagna, molte scuole sono andate distrutte, grazie a questo progetto i docenti hanno potuto sostenere ugualmente le lezione, finire il programma e stare sempre in contatto con il loro studenti. Queste sono alcune delle realtà che stanno emergendo in Italia, nel resto del mondo, soprattutto in USA, troviamo progetti già consolidati. Parliamo di KHAN ACCADEMY un’organizza67


zione educativa non a scopo di lucro creata nel 2006 da Salman Khan, ingegnere statunitense originario del Bangladesh. L’obiettivo di questo progetto è di fornire un’educazione di alta qualità a chiunque e dovunque. Sul sito si contano fino al 2011 oltre 3200 videolezioni di una vasta gamma di disclipline come matematica, fisica, economia, storia. Nel Dicembre 2010, un’analisi statistica effettuata ha registrato una media di oltre 35.000 visite quotidiane ai contenuti caricati. Completamente gratuito, si finanzia tramite donazioni e organizzando corsi estivi.

Le premesse su cui si fonda il progetto sono: imparare facendo utilizzare il video come sostitutivo alla lettura, educatori motivati e carismatici, una comunità attiva, presente e sempre aggiornata.

Un’altra realtà è UDACITY, la cui missione è di rendere accessibile l’educazione a tutti, sia in termine di mezzi che di costi, per fornire agli studenti le competenze per entrare nel mondo del lavoro. Questo progetto nasce da un esperimento dell’Università di Standford dove Sebastian Thrun, poi fondatore di Udacity, e Peter Norving sostenevano online dei corsi gratuiti ed accessibili da tutti. Un’altra realtà è SKILLSHARE, una community che permette di imparare e insegnare qualsiasi cosa, dalle discipline didattiche alle più ludiche, potrete trovare lezioni di economia o scoprire come fare una marmellata di fragole.

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4.2 NICHOLAS

NEGROPONTE

NICHOLAS NEGROPONTE è un informatico statunitense, celebre per i suoi studi innovativi nel campo delle interfacce tra l’uomo e il computer, si può definire come uno dei massimi esperti mondiali di reti e multimedialità, tra i fautori della rivoluzione digitale del terzo millennio. Fu co-fondatore insieme a Jerome Wiesner, nel 1985, di uno dei più prestigiosi laboratori del mondo: il MEDIALAB nato nell’ambito del Massachusetts Institute of Technology. Alla fondazione del MediaLab, ricorda Negroponte, parteciparono categorie molto dissimili tra di loro, vi erano, oltre a lui e Wiesner, un regista cinematografico, un designer grafico, un musicista, un fisico, due matematici e alcuni ricercatori in campo multimediale. Lo scopo del laboratorio era pensare, prevedere, progettare e realizzare sistemi di interfaccia tra l’uomo e il computer, facilitando il

più possibile l’interazione tra chi chiede informazioni e servizi e chi li fornisce. Attualmente i campi di ricerca del MediaLab spaziano ad ampio raggio andando dalla stampa tridimensionale alla musica, dall’olografia alla grafica computerizzata, dalla cognizione umana alle reti, agli agenti intelligenti alla computazione. Ma Negroponte non è conosciuto solo per questo. Nella sua carriera si è occupato, e si occupa tuttora, dell’apprendimento dei bambini soprattutto nelle aree del terzo mondo e in via di sviluppo. E’ il creatore,infatti, di un progetto che vuole portare l’informatizzazione e i dispositivi informativi come i computer là dove a malapena giunge la corrente elettrica. L’idea è quella di dotare di un computer portatile, tecnologicamente non costoso (intorno ai 100 dollari), elettricamente non troppo oneroso, tutti i bambini presenti nelle aree più disagiate del mondo.

NICHOLAS NEGROPONTE 1943 Statunitense

Informatico

ANTENNA WI-FI COPERTURA PER PORTE USB LO SCHERMO PUÒ ESSERE: FULL-COLOR DISPLAY HIGH CONTRAST BIANCO E NERO PER ADATTARSI A TUTTI I TIPI DI LUCE

PROTEZIONE DA POLVERE/SABBIA/SPORCO

I COLORI BIANCO E VERDE RICHIAMANO LA BANDIERA NIGERIANA

PAD PER SCRITTURA MANUALE

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Questo progetto prende il nome di “ONE LAPTOP PER CHILD” ed è un organizzazione no-profit. Per Negroponte il computer serve ad invertire i ruoli, davanti ad un computer il bambino sarà l’insegnante. Imparerà l’arte della programmazione che lo aiuterà a ragionare. Durante un suo intervento a Ted45 , ricorda che prima di lavorare con i bambini del Pakistan, Senegal e Colombia, il sistema è stato “testato” su alcune scuole di aree disagiate di New York, dove un ragazzino di 7-8 anni, considerato mentalmente disabile e sempre indietro rispetto ai compagni perché non sapeva leggere, ha catturato la sua attenzione: 32

<<Passava molto tempo nella “sala dei computer” dove c’erano diversi computer. Lì imparò un linguaggio chiamato Logo, lo trovò divertente e lo imparò con facilità. Era molto interessante. Un giorno, per caso arrivarono dei funzionari del ministero dell’educazione per dare un’occhiata in giro. Non c’era nessuno nel laboratorio a parte questo ragazzo che disse loro: “Ora vi faccio vedere qualcosa”. E descrisse Logo46 con grande precisione. Il ragazzo spiegava il linguaggio per filo e per segno e quando uno dei funzionari chiedeva qualcosa che il ragazzo non sapeva fare lui cercava la soluzione nel manuale e digitava il comando adatto sulla tastiera. I funzionari furono molto soddisfatti e quando incontrarono il preside (è per lui che erano venuti, non per la sala dei computer) gli dissero: “È sorprendente la competenza di quel ragazzo. Sa tutto, e quando non lo sa in un attimo riesce a trovare la risposta nel manuale. È bravissimo”. Il preside rispose: “Dev’esserci un errore quel ragazzo non sa leggere. Siete stati presi in giro 70

32 www.ted.com

o state parlando di qualcun altro”. Allora tutti si alzarono, scesero le scale e il ragazzo era ancora là. E loro dissero qualcosa di molto intelligente. Chiesero al ragazzo: “Puoi leggere?” “No, non posso”, rispose lui. I funzionari dissero: “Aspetta un attimo. Hai appena sfogliato il manuale e hai trovato...” “Ah, ma quello non è leggere”, disse il ragazzo “E allora che vuol dire leggere?” chiesero loro. “Beh - rispose il ragazzo - leggere è quando i professori ti danno questi libretti inutili e tu non sai cosa fartene. Qui, invece, con un po’ di impegno, ho un sacco di risultati” Si scoprì in seguito che sapeva leggere perfettamente e pure bene. >>

Le teorie di Negroponte trovano fondamento nel costruttivismo, si può dire che OLPC è l’e-


voluzione del sistema Logo ideato da Paper, infatti i due studiosi hanno collaborato insieme per molti anni. Il costruttivismo, estensivamente provato sul campo e validato da alcuni esperimenti nelle regioni più remote, enfatizza quello che Papert chiama “imparare a imparare” quale fondamentale esperienza educativa. Un computer catalizza l’imparare a imparare permettendo ai bambini di “pensare al pensiero” in una maniera altrimenti impossibile. L’utilizzo dell’XO, sia come finestra sul loro mondo che come strumento programmabile per esplorarlo, permette ai bambini delle nazioni emergenti di accedere al sapere quasi illimitato di Internet e contemporaneamente di affrontare la risoluzione di problemi in maniera creativa. L’informatico ricorda che Seymour nel 1968 disse “si tratta di “Insegnare ai bambini a pensare”. Aveva notato che i ragazzini che scrivono programmi per computer capiscono le cose in maniera diversa, e quando fanno il “debug” dei programmi, arrivano molto vicini a imparare qualcosa sull’apprendimento. I ragazzini oggi non programmano abbastanza . Negroponte si è poi soffermato sull’analisi delle caratteristiche hardware dell’OLPC XO: resistenza agli urti, prestazioni modeste ma adatte allo scopo, consumi ridotti e grande attenzione alla fonte dell’energia impiegata, configurazione di rete mesh wireless (ovvero ogni terminale funziona sia da ricevente che da trasmettitore, non serve un hotspot), sistema operativo Linux-based e soprattutto un tasto apposito che in qualsiasi momento permette all’utente di visionare il codice sorgente. Nel 2002 Seymour Papert ottenne che il governatore del Maine legiferasse sul progetto

One Laptop Per Child. All’epoca, l’80% degli insegnanti era preoccupato quasi ostile perche avrebbero preferito che i soldi fossero spesi in stipendi più alti, scuole migliori eccetera. Tre anni e mezzo dopo si sono verificati cinque fatti: crollo delle assenze quasi a zero, incontri tra genitori e docenti, crollo dei problemi di disciplina, aumento della partecipazione degli studenti. “Gli insegnanti dicono che insegnare è diventato un piacere ed i ragazzi partecipano. Hanno i portatili! “ 33

33 Ibidem

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4.3 SUGATA

MITRA

SUGATA MITRA, professore di origine Indiana, avvia i suoi esperimenti sull’uso del computer per l’autoapprendimento in India mentre sta lavorando nel campo dell’informatica.

SUGATA MITRA 1952 Indiano

Professore Scienziato

Nel 1999 con i suoi colleghi fece “UN BUCO NEL MURO ”, progetto atto a dimostrare che, anche in assenza di un intervento diretto da parte di un insegnante, una installazione può stimolare la curiosità producendo conoscenze e saperi condivisi. L’esperimento dimostra che ragazzi non scolarizzati o poco scolarizzati, apprendono ad usare il computer in poco tempo e con pochissime istruzioni. 34

Tutto il sistema come l’interfaccia e i comandi erano in inglese così i bambini che usavano il computer imparavano anche la lingua. Questa operazione ottenne un grosso successo, i bambini risposero immediatamente iniziando a navigare anzi imparando, da soli, a navigare. Negli anni successivi replicarono l’esperimento in altre parti dell’India, urbane e rurali, con risultati simili.

Sugata chiama questo esperimento “minimally invasive education”, insegnamento minimamente invasivo. Il primo computer è stato installato in uno slum urbano a New Delhi, con una telecamera nascosta che riprendeva lo spazio, ciò che videro furono bambini che giocavano con un computer e mentre lo facevano imparavano ad usarlo e a navigare in internet, e poi che si insegnavano l’un l’altro quello che avevano imparato.

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34 Nome originale del progetto “Hole in the wall”

Il suo secondo tentativo è stato in una scuola media. Presentatosi con un computer portatile e ha chiesto all’insegnante di fisica di scegliere un argomento non trattato in classe e di scrivere cinque domande. Ha preso cinque ragazzi, li ha chiusi in una stanza con il laptop , un oggetto che loro non avevano mai visto, egli ha dato due ore di tempo per rispondere. Mitra non si è per nulla sorpreso quando, a tempo scaduto, le risposte erano tutte esatte. In due ore avevano imparato come far funzionare un computer e utilizzarlo per i propri scopi. “E’ progetto adatto all’India – spiega Mitra – perché si tratta di SELF LEARNING, che richiede un investimento drasticamente più basso rispetto a un corso di informatica”.


4.4 E-BOOK

E LIBRI INTERATTIVI L’idea di progettare e realizzare e-book multimediali in contesti scolastici nasce dal fatto che le tecnologie digitali, se progettate e utilizzate secondo particolari criteri, possono apportare un valore aggiunto alla qualità dell’insegnamento da un lato e dell’apprendimento dall’altro lato. Il concetto di “e-book” è inteso quale “risorsa” potenziale per innovare la didattica e coinvolgere gli alunni nella stessa costruzione. Pertanto, si fa riferimento a un “prodotto digitale” che viene progettato e realizzato in classe, con gli alunni, i docenti, gli esperti delle tecnologie, secondo i principi tipici della didattica costruttivista.

ra del libro cartaceo, le mille sottolineature e soprattutto il suo non poter essere aggiornato se non con una costosa ristampa. C’è una differenza però tra e-book e libro interattivo infatti per quanto riguarda l’apprendimento, con i libri interattivi, l’alunno può approfondire l’argomento tramite immagini che cliccando diventano video, articoli di giornale appena usciti , modellini 3D, gallerie fotografiche, mentre per e-book si intende qualcosa di più statico. Il libro interattivo infatti immerge gli utenti in un ambiente multimediale, all’interno del quale si può avere, ad esempio, un approccio con la storia completamente nuovo, interagendo con i singoli elementi: i personaggi e gli oggetti presenti nel libro rispondono al tocco dell’utente. Questa tecnologia offre un sistema di dialogo innovativo che consente agli utenti di muoversi all’interno del racconto secondo i propri ritmi oltre che a sentire le reali voci dei protagonisti. La maggior parte dei libri interattivi è creata per i bambini, ed sempre più presente l’ipotesi che si possano utilizzare in sostituzione dei manuali scolastici, rendendo sempre più aggiornate le informazioni in essi contenute.

Come già detto in precedenza avere la possibilità di studiare su libri digitali avrebbe molti vantaggio oltre che didattici, pratici. Per prima cosa ridurrebbe il costo dei libri ma anche l’eccessivo peso che le schiene dei bambini devono sopportare. Pensiamo anche all’usu-

Ci sono innumerevoli esempi di libri interattivo per ragazzi, citiamo “A Charlie Brown Christmas”. Il libro presenta animazioni originali, le voci e spartiti musicali. L’applicazione ha un valore educativo derivato dalla possibilità data al lettore di leggere ad alta voce qualsiasi parola del libro semplicemente toccandola. Oppure “Viaggio nella luna” sviluppato da Jekolab in collaborazione con la Facoltà di Scienze della Formazione di Torino, un rac73


conto realizzato per i bambini dai 6 anni in su, disponibile in diverse lingue che trova spunto dai romanzi di Jules Verne e di George Méliès. E’ una nuova avventura per omaggiare due icone della fantascienza, una nuova storia interattiva che unisce il gioco alla narrazione, inclinando il tablet, i piccoli utenti, schivano gli ostacoli, possono condurre un razzo spaziale verso la luna, aiutare l’equipaggio a mettersi in salvo imparando la fantascienza.

E ancora “Il viaggio di Ulysse” sviluppato da Elastico srl. Un classico raccontato con una nuova formula, in cui troviamo una grande interattività integrata alla narrazione, animazioni e musiche. Tutta l’atmosfera di un passato mitico e lontano si anima al tocco, scena dopo scena, trascinando i lettori in un’indimenticabile avventura, tra tempeste, incantesimi, sirene e giganti, eroi. Ulisse aspetta i suoi piccoli compagni di viaggio sotto le mura di Troia per sferrare insieme l’ultimo attacco e salpare finalmente alla volta di Itaca. Ed ecco che il bambino aiuta i guerrieri greci a scendere dal cavallo, avanza nella caverna di Polifemo, mescola le pozioni di Circe nel suo calderone, entra nel mare 74

delle sirene, aiuta Penelope a tessere e disfare la tela, vaga nel paradiso solare di Calipso, si ritrova davanti a Scilla dalle sei teste. Oltre all’interazione il bambino impara nozioni e curiosità sui Greci, per andare avanti non potrà semplicemente girare pagina ma dovrà, tramite le sue abilità, sbloccare il seguito della storia.

Hungry Fish, sviluppato da Motion Math, è nato per insegnare ai bambini la matematica e le addizioni. L’interfaccia è molto semplice, sullo schermo compare un fondale marino dove un pesciolino nuota con un numero scritto sulla pancia. Da una spugna iniziano ad uscire bolle contenti altri numeri. Il bambino dovrà fare in modo che il pesce mangi solo le bolle contenenti il numero sulla sua pancia, addizionandole man mano che escono dalla spugna.


E se si sbaglia? Il pesciolino diventa sempre più piccolo! E ancora Meet insects, una vera e propria enciclopedia interattiva che raccoglie una vasta gamma di invertebrati. Il bambino avrà l’opportunità di scoprire e approfondire nuove specie di insetti, con l’ausilio di contenuti multimediali, come video, foto e animazioni che illustrano le abitudini e la morfologia di ogni specie.

contenuti, sempre garantita da esperti in pedagogia con cui la rivista collabora. Con Timbuktu i bambini hanno la possibilità di leggere la notizia del giorno e di ridisegnarla fare quiz,leggere storie ma soprattutto imparare.

Ma non solo i libri possono avere questa funzione educativa, In Italia da pochi anni è nata la prima rivista interattiva su Ipad per bambini. Si chiama Timbuktu ed è una startup sviluppata dalle menti di due ragazze, Francesca Cavallo e Elena Favilli. La loro missione è quella, tramite una grafica piacevole e colorata, aiutare i genitori a scoprire il mondo insieme ai loro figli. Parole chiave di questa applicazione sono immaginazione, comunicazione, bellezza, creatività, semplicità, rispetto, qualità, amore, onesta e coraggio. Timbuktu è un app scaricabile in più di 50 paesi del mondo. Il segreto del suo successo non è dovuto solo all’efficacia e alla chiarezza con cui comunica ma soprattutto alla qualità dei 75


4.5 LIM La LAVAGNA INTERATTIVA MULTIMEDIALE è uno strumento che coniuga la forza della visualizzazione e della presentazione tipiche della lavagna tradizionale con le opportunità del digitale e della multimedialità. Più tecnicamente quando si parla di LIM si intende un dispositivo che comprende una superficie interattiva, un proiettore ed un computer. Oggi l’evoluzione tecnologica offre dispositivi che permettono di sfruttare le potenzialità di uno schermo interattivo e multimediale utilizzando qualsiasi tipo di super-

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ficie e pennarello, oppure attraverso schermi touch screen, anche della grandezza di un normale desktop che non necessitano di computer e proiettore. E’ uno strumento tecnologico che permette di mantenere il classico paradigma didattico centrato sulla lavagna, potenziandolo con la multimedialità e la possibilità di usare un software didattico in modo condiviso. In Italia è nato, il progetto Scuola Digitale - LIM per sviluppare e potenziare l’innovazione didattica attraverso l’uso delle tecnologie informatiche. A tal fine, il MIUR ha predisposto un piano che prevede di dotare le scuole statali di kit tecnologici composti da Lavagne Interattive Mul-


timediali con proiettore integrato e personal computer. La LIM svolge infatti un ruolo chiave per l’innovazione della didattica: è uno strumento “a misura di scuola” che consente di integrare le Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione nella didattica in classe e in modo trasversale alle diverse discipline. L’innovazione delle pratiche educative è un processo di profonda trasformazione, per cui il docente necessita di essere sostenuto nella sua esperienza professionale. L’ Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica ha progettato pertanto un percorso di accompagnamento all’adozione della tecnologia LIM attraverso un piano di formazione mirato, volto a costruire una pratica riflessiva e a offrire ai docenti un supporto per la progettazione e la conduzione di attività didattiche con questo strumento.

forme e approfondire insieme visivamente un argomento, aiuta i ragazzi a mantenere sempre viva l’attenzione. Si può dire quindi che La LIM ben si colloca in un “fare scuola” che supera una didattica “trasmissiva” a favore di un modello coerente con la didattica costruttivista, attento agli stili di apprendimento degli studenti e alla qualificazione dei processi formativi e di conquista dei saperi.

Nel mondo anglosassone sono stati numerosi gli studi che hanno evidenziato le principali potenzialità di questo strumento. I vantaggi riguardano soprattutto: la visualizzazione in grande, l’utilizzo delle tecnologie a favore di tutta la classe, la semplificazione dei concetti, l’interattività, l’aggregazione di risorse multimediali. Un altro punto a favore ma svantaggio della sua antenata lavagna analogica è l’INTERATTIVITÀ: è possibile infatti di intervenire personalizzando tutti i file presenti sullo schermo, ma cosa più importante è l’accesso ad internet per vedere video o contenuti aggiuntivi. Gli studenti avvertono la lavagna interattiva vicina al loro modo di comunicare e di accedere alle informazioni, grazie anche alla sua facilità di utilizzo. La possibilità di potere utilizzare più colori, 77


DIAMO INIZIO AI GIOCHI CHE CAMBIERANNO IL MONDO Jane McGonigal

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CENNI SU EDUGAME E GAMIFICATION La relazione tra videogiochi e apprendimento viene studiata a partire dagli anni ’80, e negli ultimi tempi si stanno moltiplicando gli articoli di giornali o di riviste che riportano cronache di sperimentazioni didattiche e risultati di ricerche sul tema. Uno degli interventi più noti e citati in questo campo è “VIDEO GAMES AND THE FUTURE OF LEARNING” In esso si sostiene che i videogiochi sono in grado di porsi allo stesso tempo su un piano etico-epistemologico (sviluppo di valori condivisi), sociale (sviluppo di un insieme di effettive pratiche sociali), esperienziale (sperimentazione di diverse ed intense identità) e ricco di significatività (sviluppo della comprensione situata). Tra gli autori del saggio c’è JAMES PAUL GEE, professore alla Arizona State University, e noto per le sue prese di posizione a favore dei videogiochi, in contrasto con l’opinione comune. Riflettendo sul principio “l’apprendimento deriva dall’esperienza” allora, per Gee, i videogiochi sono eccezionali strumenti di apprendimento. Le ricadute da un punto di vista didattico sono molteplici.

5

Grazie ai videogiochi, infatti, è anche possibile sopperire ai troppo rigidi sistemi di valutazione come i test e le prove di verifica classiche; è più facile proporre agli studenti attività di problem solving, così come indurli a comportamenti in grado di farli maturare psicologicamente ed emotivamente, in quanto giocando si è costretti a prendere dei rischi e ad accettare le sfide. Si parla quindi di EDUGAME. Per Gee i videogiochi provvedono ad un valido modello di apprendimento per le scuole, modello in cui gli stessi insegnanti vengono ridefiniti come progettisti dell’apprendimento. La sua posizione è senza dubbio una delle più entusiastiche e categoriche riguardo al rapporto videogiochi-apprendimento, e si pone in netto contrasto con chi invece vede nel videogioco più un rischio ed un pericolo che un vantaggio. Questi punti si scontrano però con chi ha sempre visto i videogioco come una perdita tempo, infatti nell’immaginario comune i giochi sono spesso violenti e provano,soprattutto nei più piccoli, un peggioramento del rendimento scolastico, dipendenza, la possibilità di comportarsi impulsivamente e di avere problemi

JAMES PAUL GEE 1948 Statunitense

Professore Ricercatore

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di attenzione, con la relativa difficoltà ad impegnarsi ed a sostenere un comportamento per raggiungere un obiettivo. Probabilmente l’errore di cadere in questo genere di affermazione e casi sta nell’uso e nell’abuso di videogame piuttosto che nello strumento in se. Prendiamo ad esempio il videogioco educativo lanciato dalla Nintendo “Pokemon avventura tra i tasti.” Questo gioco permette al bambini di superare livelli e sfide digitando parole corrette o completando le parola già proposte sulla tastiera. Questo gioco, oltre che insegnare al bambino parole, lo aiuta anche nella sua mobilità, grazie anche agli esercizi propedeutici presenti nel gioco. Citiamo anche il Wonderbook, sviluppato da SCE London Studio. É un vero e proprio libro che tramite la Realtà Aumenta proietta i bambini dentro il gioco. Il primo Wonderbook è “Il libro degli incantesimi” prodotto Sony si rifà alla saga di Harry Potter ed è pensato per i bambini dai sei ai nove anni.

I bambini diventano degli studenti di Hogwarts appartenenti a una casa di loro scelta, e con tanto di bacchetta magica, sfogliano il libro imparando incantesimi e mettendoli in pratica proprio come se fossere dentro alla storia. Diventando dei veri maghi, imparano 80

a pronunciare correttamente parole difficili, a coordinare i loro movimenti. Imparano storie, risolvendo enigmi. Ci sono quindi svariate tipologie di giochi, che possono insegnare le lingue, la matematica, l’educazione stradale, a proteggere le foreste o che, semplicemente, tengono sveglio il cervello. Applicare i videogame all’educazione, facendoli anche diventare materiale didattico è un modo per permettere al bambino di non annoiarsi mai di apprendere.


5.1 JANE

MCGONIGAL

JANE MCGONIGAL è una game designer americana specializzata nei giochi di realtà alternativa(ARG), da più di dieci anni realizza videogiochi online ed il suo motto è quello di rendere i videogiochi utili per risolvere le difficolta nella vita reale. Il “gamer”, che occupa la maggior parte del suo tempo giocando ai videogiochi, deve smentire la teoria che sia un’inutile perdita di tempo. Giocare, infatti, risulta straordinariamente produttivo, poiché è il metodo più economico ed affidabile per produrre emozioni positive, (piacere, curiosità, l’orgoglio, la gioia) dichiarate cruciali dagli scienziati per la nostra salute e il successo nella vita reale. C’è qualcosa che non va nella realtà, riflette Jane McGonigal: il lavoro in genere non dà soddisfazione, non sa coinvolgere, non offre vere sfide; la vita sociale può essere fonte di depressione . È dimostrato che chi prova in media tre emozioni positive per ogni emozioni negativa vive dieci anni più a lungo. Ha più successo sul lavoro, a scuola e negli interessi personali. Ricerche effettuate da università del calibro di Mit e Stanford hanno dimostrato che tendiamo ad apprezzare e a fidarci di più degli altri dopo aver condiviso momenti di gioco. Gli scienziati hanno scoperto che siamo più propensi ad aiutare gli altri nella vita reale dopo averli aiutati durante un gioco che richiede uno spirito di squadra. I giochi non ci rendono solo più felici, ci aiutano a costruire i nostri legami sociali. Il punto centrale del suo pensiero è l’analogia

tra gioco e realtà. Bisognerebbe affrontare i problemi del mondo con le stesse motivazioni con cui si cerca di arrivare al livello successivo in un video gioco. Come mai, sostiene McGonigal, una persona riesce ad ottenere più risultati in gioco che nella vita? Perchè in un gioco tutti diventiamo migliori, siamo capaci di concentrarci su un problema insistendo finchè non lo risolviamo o di rialzarci e riprovare quando siamo sconfitti, con una tenacia ancora più forte. Nel gioco, soprattutto quelli di ruolo online, ci sono centinaia di persone pronte ad aiutarti nella tua sfida, che non è mai una sfida impossibile. Nella vita invece non accade, spesso davanti ad un problema ci tiriamo indietro e ci sentiamo sconfitti e depressi davanti ad una sconfitta. Non abbiamo la possibilità di avere persone, anche sconosciute, pronte ad aiutarci. I giochi ci danno obiettivi difficili, volontari, che possono essere superati solo come ricompensa per i nostri sforzi, missioni chiare che offrono ricompense concrete, McGonigal si concentra specialmente sui giochi di realtà alternativa, poiché sono quelli che riproducono più fedelmente la realtà e ci facilitano a comprenderla.

JANE MCGONIGAL 1977 Statunitense

Game designer

Questa teorie rientra nella GAMIFICATION, ovvero l’utilizzo di meccaniche e dinamiche tipiche dei videogiochi all’interno di contesti non tipicamente gaming. Alla base vi è la Scienza della Motivazione, cioè studiare e spiegare perchè gli esseri umani compiono o non compiono un determinato atto. Spesso queste azione sono incentivate o frenate da motivazioni intrinseche, come premi, punizioni, votazioni. In questo contesto il videogioco può insegnare senza che il bambino se ne accorga e smetta di farlo. 81


Secondo un ricercatore dell’università Carnagie Mellon, il tipico giovane medio oggi giorno in un paese con una forte cultura di giocatori abituali, avrà passato 10.000 ore giocando online, all’età di 21 anni e per i bambini negli Stati Uniti 10.080 ore è l’esatto numero di ore che passano a scuola dalla quinta elementare fino alla maturità. Si crea quindi un’intero percorso di educazione parallelo nel quale i giovani imparano come essere dei bravi giocatori come a scuola devono essere in tuttele discipline. Questa ricerca, secondo la McGonigal, si sposa con il libro di Malcolm Gladwell, “Fuoriclasse”. In questo libro l’autore lancia la teoria delle 10.000 ore per ottonere successo fondata su una ricerca nel campo della cognizione che afferma che se dedichiamo 10.000 ore di studio fruttuoso a una qualsiasi cosa all’età di 21 anni saremo dei geni in quel campo. Quindi, ora abbiamo a disposizione un’intera generazione di giovani che sono dei geni del gioco. Riflettendo su questa teoria la game designer statunitense conia il termine “ottimismo urgente” ovvere il desiderio di agire immediatamente per affrontare un ostacolo, insieme con la convinzione di avere una ragionevole speranza di successo. I giocatori abituali credono sempre che una vittoria sia possibile e che valga sempre la pena di provarci, molte ricerche mostrano come ci si trovi meglio con altre persone dopo aver giocato con loro, anche se ci hanno battuto sonoramente. La ragione è che ci vuole fiducia per giocare con qualcuno, passare il tempo insieme, giocando con le stesse regole e con gli stessi obbiettivi fino alla conclusione del gioco. Quindi, giocare insieme di fatto costruisce i legami della fiducia e della cooperazione. Col risultato che si creino relazioni sociali più robuste. La Mc82

Gonigal, parla anche di produttività gioiosa: i giocatori abituali sono disposti a lavorare sodo costantemente, se è assegnato loro un compito adatto. I giocatori abituali,quindi, si rifugiano nei videogiochi perchè possono ottenere di più nei mondi online che nella vita reale come avere relazioni sociali più solide, ricevere un feedback migliore e sentirci ricompensati. Dobbiamo citare dei giochi online che Jane McGonigal ha sviluppato con il suo team, giochi a forte impatto indirizzati però verso un pubblico più adulto. Il primo è “Mondo Senza Petrolio”, realizzato nel 2007. Il gioco consiste nel sopravvivere durante una carestia di petrolio E’ un gioco online nel quale si cerca di sopravvivere a una carenza di petrolio. Questa carenza “virtuale” è però simulata (grazie a notizie video in tempo reali, dati, costi del pretrolio, ricadute su cibo, scuole chiuse, eventuali rivol te) nel modo più reale possibile. Una volta registrato l’utente deve vivere come se questo fosse accaduto davvero, tenendo un blog, pubblicando video e foto.

Le ricerche su queste gioco hanno dimostrato che in una condizione di emergenza reale in cui sei immerso, con un obiettivo chiaro: “Non abbiamo più petrolio. Questa è una storia incredibile! Un’avventura a cui puoi partecipare! Sfida


te stesso per vedere come sopravviveresti.” i giocatori si mobilitano per trovare tutti i mezzi necessari per sopravvivere e fuori dal gioco, questi comportamenti diventano abitudini.

Lo stesso è accaduto per l’esperienza successiva, Superstruct, la cui missione dei giocatori era salvare il mondo. L’umanità ha solo altri 23 anni su questo pianeta e bisogna creare una squadra pronta a fare in modo che questa non avvenga, creando nuova energia, ricostruendo il futuro della sanità, dell’istruzione, dell’alimentazione. 8.000 persone hanno giocato per otto settimane generando 500 soluzioni incredibili poi raccolte in vari video ed usati come materiale informativo. Se la fine del mondo fosse preannunciata davvero per l’esaurirsi di risorse, nessuno, o pochi, penserebbero al bene della comunità, cercando soluzioni utili invece che scappare per rifuguarsi in qualche bunker familiare. Possono quindi i giochi di questo tipo cambiare il mondo o anche solo migliorare le persone che ci giocano. Secondo questi due esempi la risposta non può che essere: sì.

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PROGETTO

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INTRODUZIONE AL PROGETTO Il nostro progetto tesi nasce dalla necessità di unire una delle nostri passioni, l’illustrazione, con lo studio affrontato, servendoci delle tecnologie che oggi abbiamo a disposizione. Vogliamo cercare di dimostrare come uno stesso argomento può essere veicolato sia nel modo più tradizionale, come un libro stampato, che più “tecnologico” nel caso dei libri interattivi. Siamo quindi partiti a progettare un libro cartaceo per poi passare alla versione digitale. La storia che raccontiamo vuole trasmettere al lettore l’attenzione per tutti gli ambienti, anche quelli che sembrano molto lontani, per tutti gli animali, anche quelli più strani e la diversità della vita; richiamando il problema dello scioglimento del ghiaccio come conseguenza dell’attuale cambiamento climatico. Questo libro nasce dall’incontro, in fase di studio della tesi, con EVA PISANO, ricercatrice presso il DISTAV di Genova, che conduce ricerca sull’evoluzione e l’adattamento dei pesci in ambiente polare partecipando alle spedizioni italiane in Antartide. Il progetto educativo in cui rientra si intitola: 35

35 Dipartimento Scienze della Terra, Ambiente, Vita

6 COMUNICARE LA SCIENZA POLARE: I PESCI DELL’ANTARTIDE. e fa parte del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) e come tale finanziato dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca). Obiettivo generale è contribuire a migliorare la percezione dell’importanza degli ecosistemi e della ricerca polare rendendo accessibili informazioni scientifiche ad una vasta audience di studenti, insegnanti e società civile. Questo prevede il raggiungimento di obiettivi specifici come la raccolta di materiale audiovisivo di potenziale interesse divulgativo tra ricercatori specialisti di pesci, impegnati da tempo in ricerche antartiche; la produzione di nuove riprese video in immersione, di qualità broadcast professionale; la realizzazione di un documentario scientifico-naturalistico con taglio divulgativo riguardante i pesci antartici ripresi nel loro ambiente di vita e la produzione di ulteriori prodotti divulgativi anche multimediali, calibrati sui più aggiornati standard tecnico-espressivi della didattica della scienza. Ed è proprio da questa ultima esigenza che prende vita il nostro progetto. 87


6.1 CENNI

SCIENTIFICI SULLA STORIA

da vicino e preservare la vita di questo piccolo animale, la cui unicità può essere molto utile sopratutto in campo medico.

Come argomento del libro è stata scelta la storia del Silverfish. Questo pesce antartico è stato scoperto nel 1902 da George Boulenger ma prima delle scoperte dei ricercatore italiani capitanati da Marino Vacchi, si sapeva ben poco. Vicino alla base italiana BAIA TERRA NOVA in Antartide è stata individuata, per la prima volta, un’area riproduttiva.

Il nostro libro vuole essere la traspozione “fantasiosa” della scoperta, per far conoscere l’importanza di queste specie sconosciute e lontane anche ai più piccoli.

Quel che rende questa specie speciale è il modo in cui depone le uova, ovvero sotto la copertura del ghiaccio galleggiante dove gli embrioni stanno in incubazione per per circa quattro mesi; un ambiente non solo difficile a causa del pericolo di congelamento, ma anche precario a causa del cambiamento climatico in corso in tutta la terra. Le diminuzioni o scomparsa del ghiaccio marino antartico, che prima o poi arriverà, avranno ripercussioni importanti sulla vita di questo pesce e di tutti gli altri animali. Per questo i ricercatori italiani hanno denominato l’area SILVERFISH BAY, con lo scopo di renderla area protetta per poter studiare 88


6

2

PROGETTO CARTACEO

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/ METAPROGETTO /

FASI DEL PROGETTO DOCUMENTAZIONE SCIENTIFICA OBIETTIVI SCELTA DEL TARGET SVILUPPO STORIA BOZZA DI STORYBOARD STUDIO DEI PERSONAGGI STUDIO DEI FONDALI STORYBOARD DEFINITIVO ADATTAMENTO TESTI PRODUZIONE 91


/ METAPROGETTO /

OBIETTIVI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA

DI AREE E ECOSTISTEMI POCO CONOSCIUTI

SENSIBILIZZARE I PIÙ PICCOLI

SUI PROBLEMI AMBIENTALI FARE CONOSCERE L’IMPORTANZA

DEL LAVORO DEI RICERCATORI ITALIANI

RACCONTARE UNA STORIA

SCIENTIFICA IN MODO DIVERTENTE

ESIGENZE

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REQUISITI

DIDATTICO

INTEGRAZIONE TRA COMPONENTE EDUCATIVA E LUDICA

CREDIBILITÀ SCIENTIFICA

DEVE NON SOLO RACCONTARE MA INFORMARE

STIMOLARE LA CURIOSITÀ

DEVE ESSERE COINVOLGENTE E PARLARE IL LINGUAGGIO DEI BAMBINI


/ METAPROGETTO /

TARGET PRIMARIO

SECONDARIO

INSEGNANTI ( Scopi didattici )

GENITORI / FAMIGLIA ( Acquisto prodotto )

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6.2.2 SVILUPPO

DELLA STORIA

Dopo ricerche approfondite sul Silverfish e sull’ecosistema antartico in generale, siamo passati delineare la storia del libro. Dai nostri studi è emerso che la particolarità di questo pesce sta nel il suo ciclo vitale. Inizia con la riproduzione sotto i ghiacci, che fa di lui l’unico essere a oggi conosciuto capace di farlo, per poi, una volta uscito dalle uova, avventurarsi nei fondali marini. Raggiunta l’età adulta il pesciolino torna in superfice per deporre le uova, in un ciclo che continuerà fino a che i ghiacci non si scioglieranno.

Nel nostro libro abbiamo voluto raccontare il viaggio del SilverFish da quando le uova vengono depositate fino al suo ritorno. Durante il suo viaggio il protagonista incontrerà gli abitanti del mare, interagendo con essi. Per evitare un semplice descrizione abbiamo deciso di sviluppare due storie parallele che si intrecciano. Il libro, infatti, è leggibile da entrambi le parti e nelle pagina centrale le due storie si incontrano. Il protagonista di ogni storia motiva il suo viaggio con la ricerca dell’amico perduto ( l’altro personaggio ) in seguito ad un distaccamento dei ghiacci durante la schiusura delle uova. PASSAGGI DELLA STORIA: 1. INCIPIT (Inquadramento geografico e presentazione della sistuazione.) 2. PRESENTAZIONE DEI DUE PERSONAGGI 3. AVVENIMENTO INATTESO 4. INIZIO DEL VIAGGIO 5. INCONTRO CON NEMICI 6. INCONTRO CON ALTRI PERSONAGGI 7. RITORNO A CASA 8. FINALE (Incontro con l’amico perduto.)

94

CICLIO VITALE DEL SILVERFISH

DISEGNO MANUALE

PHOTOSHOP

ILLUSTRATOR

INDESIGN


COPERTINA DEL LIBRO.

Il bambino potrà decidere che storia leggere già dalla copertina.

PAGINA CENTRALE.

Al centro del libro le due storie si incontrano. La disposizione del testo a spirale richiama la ciclicità della storia ed è leggibile da entrambi i versi.

95


6.2.3 PRIMO

STORYBOARD

Dopo avere delineato la storia siamo passati alla visualizzazione delle scene. Abbiamo iniziato ad abbozzare al tratto uno storyboard che rendesse l’idea dei contenuti. In questo modo siamo riusciti a capire quali scene erano necessarie ai fini della storia e strutturate la parallelicità tra i due racconti. I disegni sono ancora molto semplici e i personaggi non ancora definiti.

In questa fase l’attenzione è più sui contenuti che sui disegni, ed è in continua evoluzione, fino a quando tutta la storia sembrerà reggere. In questa prima parte del lavoro bisogna provare tutte le varianti possibili per capire quale strada è quella giusta. Da questo dipendono poi tutte le fasi successive.

Le espressioni dei pesci sono accentuate per trasmettere subito l’atmosfera della tavola.

UNA PAGINA DELLO STORYBOARD 96


6.2.4 STUDIO

DEI PERSONAGGI

Per lo studio dei personaggi siamo partiti con una ricerca fotografica dettagliata. Per mantenere la credibilità scientifica nei disegni c’era l’esigenza di avere un rimando ben chiaro all’animale di partenza La sfida è stata quella di trasformare un personaggio reale in uno che potesse parlare il linguaggio dei bambini, senza perdere le caratteristiche principali. Abbiamo analizzato i vari animali in tutte le loro parti (altezza, proporzione, posizione delle pinne, colore) e successivamente abbiamo schizzato i personaggi al tratto in varie posizioni. Una volta definito il personaggio siamo passati alle prove colore e alla loro realizzazione digitale.

PROVA DIGITALE PERSONAGGIO PRINCIPALE

STUDIO DI ALCUNI PERSONAGGI 97


Nonostante il nostro scopo sia stato quello di manterenere la congruenza tra disegno e animale reale, abbiamo deciso di “umanizzare” e di rendere “più morbidi” alcuni personaggi o di enfatizzarne alcuni attenggiamenti tipici. Un esempio sono le stelle marine a cui sono stati aggiunti gli occhi ed il pesce dentone che è stato reso un po’ meno “cattivo”.

lare, la sciarpa per lui ed il fiocco per lei, come elementi distintivi in mezzo a tutti gli altri silverfish, essendo questo un pesce che si muove a banchi. Questo è l’unico elemento non scientifico presente nel libro.

Per quanto riguarda i nostri protagonisti, abbiamo deciso di inserire un elemento partico-

PERSONAGGI / PROTAGONISTI /

98

ROSS

SILVERFISH

Il nome è stato preso in prestito dal MARE DI ROSS, dove sorge la Silverfish Bay

Sono state rispettate le caratteristiche base come la posizione delle pinne, la forma allungata, il colore. Si è invece deciso di rendere la bocca più morbida

SESI Sesi nel linguaggio l’Inuit, significa SESI.


vostro disegno, adulti e giovani appena / ESEMPI DI AMICI DEL SILVERFISH / / ESEMPI NEMICI DEL SILVERFISH / sgusciati dall DI uovo

ICEFISH

Particolare attenzione alla pinna dorsale

STELLA MARINA Umanizzata con l’introduzione di occhi e bocca.

MEDUSA Stilizzata per evitare che risultasse più d’impatto del protagonista ed umanizzata

PINGUINO

Forma e colore caratteristico

FOCA

Muso più stilizzato

GABBIANO

Forma e colore caratteristico

99


6.2.5 STUDIO

DEI FONDALI

Spugne: le spugne sono tra gli animali più caratteristici del fondo; ce ne sono di GORGONIE varie forme e dimensioni. Qui avete un esempio di spugna a «vulcano» e a Sono fisse al fondo, «candelabro» e si alzano come se fossero alberelli. Somigliano a rami di corallo ma sono morbide e flessuose

SPUGNE CANDELABRO Le spugne sono tra gli animali più caratteristici del fondo, ce ne sono di varie forme e dimensioni.

COZZE ANTARTICHE Simili alle nostre, si nascondono sul fondale fangoso.

100

Altri animali del fo

A destra un ragno mare A sinistra un riccio lunghi aculei e un ofiura o stella serpentina. Mezz sepolte dal fango sono delle «cozze antartiche»


ondo

o di

RICCIO DI MARE Il suo colore varia dal rosso al viola.

STELLA SERPENTINA Sono formate da un piccolo disco centrale da cinque a sette lunghe braccia sottili e flessibili come serpenti.

o dai na

ze o ci e

RAGNO DI MARE Sono caratterizzati solitamente da 8 gambe molto lunghe ed un corpo piccolo. Una proboscide permette loro di succhiare le sostanze nutritive dal corpo molle di alcuni invertebrati.

101


6.2.6 STORYBOARD

AVANZATO

Una volta definiti i personaggi siamo passati alla realizzazione di un secondo storyboard, sempre al tratto, ma con i personaggi, i fondali e le situazione ben delineate. In queste fase abbiamo impostato la struttura della tavola finale, chiarendo gli spazi e decidendo quali personaggi sarebbero comparsi e con che importanza. Nel frattempo abbiamo adattato la storia, indicando, a grandi linee, il testo da inserire in ogni tavola.

102

PARTICOLARE


6.2.7 COLORAZIONE

TAVOLE

TAVOLE CON PROVE COLORE IN DIGITALE 103


6.2.8 PRODUZIONE

TAVOLE

Prima di passare alla produzione delle tavole definitive abbiamo scelto il formato. Dopo una ricerca sui libri illustrati per bambini e quelli più educativi, abbiamo optato per il formato quadrato. Oltre ad essere “a misura di bambino” permettava lo sviluppo ottimale dei fondali e delle scene in orizzontale, evitando la dispersione degli elementi o la troppa vicinanza tra essi.

1. DIGITALIZZAZIONE. Tenendo come guida il disegno manuale, lo abbiamo vettorializzato in Illustrator, adattando gli elementi della tavola al formato

20

20

20

2. TEXTURE. Abbiamo poi separato tutti gli elementi della tavola e messo ad ognuno una texture per rendere più materico il disegno. Nel libro sono state usate 16 texture differenti.

FORMATO CHIUSO

FORMATO APERTO

40

Si è passati poi alla realizzazione delle 21 tavole.

104

3. COLORI. Al disegno con la texture abbiamo aggiunto dei dei livelli in trasparenza per ottenere il colore desiderato.


4. OMBRE E DETTAGLI. Finita la parte delle texture, il disegno è importato su photoshop per creare ombre e dettagli con la pittura digitale.

6. COLOR CORRECTION. Ultimo step è la color correction per rendere più vividi i colori e accentuare le ombre dove necessario.

5. CONTROLLO. Siamo passati poi ad esaminare la tavola nel suo inseme e a cambiare, eventualmente, qualche dettaglio non troppo convincente, come, in questo caso, l’occhio chiuso del pesce dentone e le meduse troppo poco luminose.

105


6.2.9 FONT

E IMPAGINAZIONE

Font scelto è HANDtimes, a pagamento disponibile su tutti i siti di raccolta font, leggibile e chiaro senza perdere il richiamo al mondo di bambini. Nel pacchetto erano compresi i caratteri speciali, utili nell’ipotesi di una possibile traduzione in altre lingue del libro. Nonostante l’effetto handwrite, mantiene la leggibilità su diversi colori e con diverse misure.

106


Il titolo in copertina, invece, è scritto con una font creata da noi a mano. La struttura della pagina non è rigida, il testo è sempre accompagnato dal disegno di riferimento. Per non creare confusione abbiamo però rispettato il senso di lettura. La voce narrante è in terza persona e si rivolge sia ai bambini, sia al protagonista.

6.2.10 SPECIFICHE

DI STAMPA 20

GRAMMATURA PAGINE INTERNE: 160 GR

COPERTINA SESI

CARTA OPACA

COPERTINA ROSS

RILEGATURA A FILO

20

NUMERO PAGINE SINGOLE: 44

1 41

107


6.2.11 PRODOTTO

108

FINALE


109


110


6

3

PROGETTO DIGITALE

111


112


/ METAPROGETTO /

FASI DEL PROGETTO CARTACEO

DIGITALE

DOCUMENTAZIONE SCIENTIFICA

RIDEFINIZIONE OBIETTIVI

OBIETTIVI

RIDEFINIZIONE TARGET

SCELTA DEL TARGET

STUDIO BENCHMARK DIGITALI

SVILUPPO STORIA

PROGETTAZIONE CONTENUTI

BOZZA DI STORYBOARD

STUDIO DELLE TECNOLOGIE UTILIZZABILI

STUDIO DEI PERSONAGGI

WIREFRAME

STUDIO DEI FONDALI

PROGETTAZIONE INTERFACCIA UTENTE

STORYBOARD DEFINITIVO

ADATTAMENTO MATERIALI CARTACEO

ADATTAMENTO TESTI PRODUZIONE

PRODUZIONE MATERIALI AGGIUNTIVI

SVILUPPO

113


/ METAPROGETTO /

OBIETTIVI DIVULGAZIONE SCIENTIFICA

DI AREE E ECOSTISTEMI POCO CONOSCIUTI

SENSIBILIZZARE I PIÙ PICCOLI

SUI PROBLEMI AMBIENTALI FARE CONOSCERE L’IMPORTANZA

DEL LAVORO DEI RICERCATORI ITALIANI

RACCONTARE UNA STORIA

SCIENTIFICA IN MODO DIVERTENTE

INCENTIVARE IL BAMBINO AD IMPARARE ATTRAVERSO IL GIOCO

ESIGENZE

REQUISITI

DIDATTICO

INTEGRAZIONE TRA COMPONENTE EDUCATIVA E LUDICA

CREDIBILITÀ SCIENTIFICA

DEVE NON SOLO RACCONTARE MA INFORMARE

STIMOLARE LA CURIOSITÀ

DEVE ESSERE COINVOLGENTE E PARLARE IL LINGUAGGIO DEI BAMBINI

INTERAZIONE

POSSIBILITÀ DI COLLABORAZIONE TRA BAMBINI/GENITORI/INSEGNANTI

STIMOLANTE

USO DELLE NUOVE TECNOLOGIE DISPONIBILI

114


/ METAPROGETTO /

TARGET PRIMARIO

SECONDARIO

INSEGNANTI ( Scopi didattici )

GENITORI / FAMIGLIA ( Acquisto prodotto )

115


SCHEMA CONTENUTI MONDO: SCHEDA ANTARTIDE PINGUINI: CURIOSITÀ FOCA: SCHEDA ANIMALE GABBIANO: CURIOSITÀ SILVERFISH: MOVIMENTO FRECCIA: COMPARSA TESTO

1

SESI: SCHEDA SILVERFISH SESI : SPIEGAZIONE NOME UOVA: MOVIMENTO GHIACCI: SI ALLONTANO GIOCO : QUIZ N. PESCI

3/4

2

LENTE: ZOOM SOTTO IL MARE GHIACCI: MOVIMENTO UOVA: INFO RIPRODUZIONE MONDO: CURIOSITÀ ANTARTIDE PINGUINI: CURIOSITÀ FOCA: SCHEDA ANIMALE GABBIANO: SCHEDA ANIMALE SILVERFISH: MOVIMENTO FRECCIA: COMPARSA TESTO

1

CONTENUTI EDUCATIVI GIOCHI CREATIVITÀ

116

2

5 RAGNO: SCHEDA SPUGNA: CURIOSITÀ RICCIO: SCHEDA ALGHE: CURIOSITÀ STELLA SERPENTINA: SCHEDA FRECCIA: COMPARSA TESTO GIOCO: FORME

SESI/ROSS: SCHEDA SILVERFISH TESTO ROSS: SPIEGAZIONE NOME UOVA: MOVIMENTO GHIACCI: SI ALLONTANO

3/4

LENTE: ZOOM SOTTO IL MARE GHIACCI: MOVIMENTO UOVA: GIOCO TROVO L’UOVO

5

GIOCO: SCIOGLI IL GHIACCIO CON IL DITO


PAROLA PINGUINO: ARRIVA PINGUINO 4 MEDUSE: MOVIMENTO MEDUSA SESI: CURIOSITÀ SESI: MOVIMENTO GIOCO: COLORA STELLE MARINE: SCHEDA

6

8

7

9

BRANCO: ILLUMINA FOCA: SCAPPA

PAROLA UCCELLO: ARRIVA UCCELLO ROSS: MOVIMENTO GIOCO: LABIRINTO

7

10

BRANCO: MOVIMENTO GHIACCI: MOVIMENTO QUIZ:NEMICI/AMICI INVERNO:SPIEGAZIONE

PESCE DENTONE: SCHEDA SESI: GIOCO LABIRINTO MEDUSE:SI ILLUMINANO

6

GHIACCIO: MOVIMENTO

GHIACCIO: MOVIMENTO EXTRA: DISEGNA

11

GIOCO: PUNTINI

8

GIOCO: FORME ALGHE: SCHEDA ICEFISH: SCHEDA STELLE MARINE: CURIOSITÀ MEDUSE:SCHEDA STELLA SERPENTINA: CURIOSITÀ

9

10 SESI/ROSS: HOME ROSS/SESI: RACCONTO PESCI: MOVIMENTO GHIACCI:SPIEGAZIONE BRANCO: MOVIMENTO GHIACCI: MOVIMENTO GIOCO: ROSS NEL BANCO

117


6.3.3 SOFTWARE

24

5

1

6

26 3

7

12

13

15

22 23

21

20

19 18

16

11

2

8

9

25

10

14

17

Prima di iniziare ad animare e a rendere interattivo un oggetto bisogna preparare e adattare i vari materiali. Il nostro formato di riferimento è 2048x1536 che corrisponde alla risoluzione in HD per tablet. Dopo aver deciso cosa accadrà in ogni tavola, ogni elemento a cui sarà associata una funzione dovrà essere posizionato su un livello diverso.

118

4

26


PROGETTO PROPRIETÀ

ELEMENTI

LIBRERIA

TIMELINE

Edge Animate è un programma della Suite Adobe. Questo software permette di creare, anche non avendo una conoscenza approfondita del codice, animazioni ed elementi web interattivi in html5 e CSS3, utilizzando javascript. Questo linguaggio ha il vantaggio di essere codificato da tutti i dispositivi, anche da quelli che non supportano Flash. L’interfaccia richiama i programmi di animaziobe video 2D ( come AfterEffect, Animestudio ) con la timeline e la gestione dei livelli ma con la possibilità di creare contenuti interattivi inseribili in siti web, applicazioni, libri intera

119


6.3.4 INTERFACCIA torna alla pagina iniziale

sfoglia le pagine

chiudi le finestre dei contenuti

voce narrante

aiuto

L’interfaccia è semplice e chiara. Oltre ai pulsanti di navigazione e di rimando alla home, troviamo il tasto per il sonoro, dove si avrà la possibilità di ascoltare la storia; l’aiuto, che indicherà al bambino gli elementi interattivi presenti della tavola e il bottone “contenuti speciali” che comparirà nelle scene con i giochi come colora, disegna ed i quiz.

120

contenuti speciali


6.3.5 SCHEDE Per schede si intendono tutti i contenuti aggiuntivi alla storia. Abbiamo pensato a tre tipologie: educative, ludiche e di creatività. Ogni elemento interattivo avrà una scheda diversa anche se ripetuto più volte.

Più il bambino andrà avanti nella lettura, più imparerà nozioni scientifche e curiosità sui personaggi del libro. Tutti i contenuti hanno lo scopo di insegnare al bambino, i giochi hanno a che fare con i numeri, le forme e la percezione visiva. I quiz, invece, verificano se il bambino ha compreso la storia.

SCHEDA EDUCATIVA SULLA DEPOSIZIONE DELLE UOVA DEL SILVERFISH 121


SCHEDA EDUCATIVA SU PINGUINO CURIOSITÀ SULLE STELLE MARINE

QUIZ UOVA

hai contato Quante nella tavola che hai appena visto?

a. 3 b. 9 c. 12 122


QUIZ Quale NEMICO Sesi ha incontrato nel suo viaggio?

COMPLIMENTI!

RIPROVA

La risposta è esatta

La risposta è errata

FEEDBACK RISPOSTA

123


GIOCO DELLE FORME

16

UNISCI I PUNTINI

26

27

25

17

28

7

15

31 32

9

14 19

5

23 22

30

8 18

6 24

29

13 21

12 20 4

33 10 34

11

3

35

2

Unisci i puntini

36

dall’ 1 al 6

1

4

37 64

quale animale

38

verrà fuori?

63 39 62

40

61

41

60 57

59

58

56 55

53

44 45

46 47

48

51

50

49

124

43

52 54

42


6.3.6

PRODOTTO FINALE

125


126


127


128


129


130


CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI Dalla nostra ricerca è emerso il bisogno di cambiare metodo di apprendimento, che si basi su di un’impronta più tecnologica o meno, il bambino non deve più essere obbligato a stare seduto in un banco, ascoltando in silenzio. C’è l’esigenza di uno studente attivo, che impari la teoria e la sappia mettere in pratica, che abbia sue opinioni e che sia in grado di sostenerle. La nuove tecnologie devono essere integrate, non per dimostrare di essere al passo con i tempi, ma per poter usufruire di tutte le loro possibilità di apprendimento ed interazione. Coinvolgere il bambino e farlo sentire il protagonista di quello che sta imparando è il primo passo per formare adulti consapevoli. Nel nostro progetto digitale, l’integrazione con i contenuti scientifici, permette al bambino di diventare “esperto” in quel determinato argomento che probabilmente molti adulti ancora non conoscono. Quello che ci immaginiamo è che il piccolo lettore racconti dopo avere letto il libro nozioni apprese, abbia voglia di approfondire e condivida con gli altri informazioni e curiosità.

Sembrerebbe però che davanti ad un libro digitale tanto completo il cartaceo sia destinato a svanire. Sono due i motivi che ci dicono che non sarà così: il primo, soprattutto per i libri di illustrazione, l’esigenza di avere qualcosa di fisico e che colpisca il bambino già dallo scaffale; il secondo è lo sviluppo di nuove tecnologia legate al cartaceo tramite, ad esempio, la realtà aumentata. Concludendo, il nostro lavoro vuole essere, oltre che una proposta progettuale, uno spunto per pensare a quante teorie e ricerche siano state fatte e sono ancora in fase di sviluppo sull’apprendimento e a quante persone hanno provato a investire sui bambini e quante ancora lo faranno. Dal canto nostro speriamo che chi leggerà questa tesi possa rendersi conto di quello che sta accadendo e delle potenzialità che abbiamo nelle nostre mani. Ed è questo il primo passo verso il cambiamento.

131


132


APPENDICE

133


BIBLIOGRAFIA Amovilli L. (1994), Imparare ad imparare. Manuale di formazione aspecifica. Appiano A. (2000), Manuale d’immagine Intelligenza percettiva, creatività, progetto. Branzaglia C. (2003), Comunicare con le immagini. Brown, A.L. (1992). Design experiments: Theoretical and methodological challenges in creating complex interventions in classroom settings. Brown A.L, Campione J.C. (1994), Guided discovery in a community of learners. Bruner J. (1977), Il processo educativo. Bruner J. (2002), La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la scuola. Massironi M. (1988), Fenomenologia della percezione visiva. Campanile A. (2010), La psicologia e la cultura narrativa. Casula T. (1981), Tra vedere e non vedere. Charpak G, Lena P, Quere Y. (2006) La Main à la Pate, dix ans après. Cornoldi C, De Beni R. (1993), Imparare a studiare. Strategie, stili cognitivi, metacognizione e atteggiamenti nello studio. Cornoldi C. (1995), Metacognizione ed apprendimento. Dercourt J, De Gaudemar J.P, Sarmant J.P, F. Gros. (2000), De l’opération La main à la Pate au Plan de rénovation de l’enseignement des sciences et de la technologie à l’école. Ferri P. (2001) I nativi digitali. Gee, J.P. (2003), What Video Games Have to Teach us about Learning and Literacy. Malaguzzi L. (1971), Esperienze per una nuova scuola dell’infanzia. McGonigal J. (2011), La realtà in gioco – Perché i videogiochi ci rendono migliori e come possono cambiare il mondo. 134


Munari.B (1981), Il laboratorio per bambini a Brera. Munari B. (1981), Il laboratorio per bambini a Faenza al museo internazionale delle ceramiche. Munari B. (1984), I laboratori tattili. Papert S. (1984), Mindstorms. Mindstorms. Bambini computer e creatività. Petruzzelli P. (2004). Edutainment e processi educativi.Evoluzione e cambiamento dei luoghi e delle modalità educative. Prenski M. (2012), From Digital Natives to Digital Wisdom: Hopeful Essays for 21st Century Learning. Skinner B. F. (1954), The science of learning and the art of teaching. Wood D., Bruner J. S., Ross G. (1976), The role of tutoring in problem solving, in Journal of Child Psychology and Psychiatry. Zapata A. (2006), Histoire d’un succès.

135


SITOGRAFIA ASSOCIAZIONE MUSEI METODO HANS ON: www.childrensmuseums.org BRUNO MUNARI : www.brunomunari.it CONFERENZE TED / Ideas worth spreading: www.ted.com CHE FUTURO / Il lunario dell’innovazione: www.chefuturo.it EDUCATION 2.0 / Educazione didattica e scuola: www.educationduepuntozero.it LA MAIN À LA PÀTE: www.fondation-lamap.org MARK PRENSKY: www.markprensy.com MIT MEDIALAB / LOGO FOUNDATION: www.el.media.mit.edu/logo-foundation MIUR: www.istruzione.it ONE LAPTOP PER CHILD : www.one.laptop.org PROGETTO SUGATA MITRA: www.hole-in-the-wall.com SCUOLA 2.0: www.scuola-digitale.it SEYMUR PAPERT: www.papert.org WIRED / Storie, idee e persone che cambiano il mondo: www.wired.it

136


VIDEOGRAFIA “Maria Montessori e la casa dei bambini” “Bruno Munari, Giocare con l’arte.” TED TALKS/CONFERENZE/DOCUMENTARI: “Jane McGonigal: Gaming can make a better world.” “Jane McGonigal: The game that can give you 10 extra years of life.” “Nicholas Negroponte, nel 1984, fa 5 previsioni.” “Nicholas Negroponte, one laptop per child project.” “Nicholas Negroponte, one laptop per child two years on.” “Sugata Mitra: The child-driven education” “Sugata Mitra shows how kids teach themselves.”

137


INDICE AUTORI

138

BROWN A.L.

pag. 35

BRUNER J.

pag. 26

CAMPIONE J.

pag. 35

CHARPAK G.

pag. 54

FLAVELL J.H.

pag. 31

GEE J.P.

pag. 81

JONASSEN D.

pag. 43

LEDERMAN L.

pag. 54

MALAGUZZI L.

pag. 52

MCGONIGAL J.

pag. 83

MITRA S.

pag. 74

MONTESSORI M.

pag. 47

MUNARI B.

pag. 57

NEGROPONTE N.

pag. 71

PAPERT S.

pag. 40

PIAGET J.

pag. 23

PAVLOV I.

pag. 19

PRENSKY M.

pag. 62

SKINNER B.F.

pag. 26


RIEPILOGO SOFTWARE

DISEGNO MANUALE

PHOTOSHOP

ILLUSTRATOR

INDESIGN

EDGE ANIMATE

AFTER EFFECT

139


140


RINGRAZIAMENTI Alla professoressa Simona Gallina per aver accettato la nostra proposta tesi, per la sua disponibilità ed i suoi consigli. A Eva Pisano per aver reso possibile questo nostro progetto e per le sue minuziose revisioni scientifiche. A Martina, Cristian ed Elisabetta per le nostre cene passate a parlare di analogico e digitale, per l’aiuto e per tutti gli stimoli che hanno saputo darci. Al continuo incoraggiamento dei nostri più cari amici, di giorno...e anche di notte. Alle nostre famiglie che hanno creduto nel nostro progetto, nonostante abbiano dovuto aspettare un po’ di più per vederci raggiungere questo traguardo. Ai nostri amici a quattro zampe per la loro pazienza di aspettare una carezza tra un salvataggio e l’altro. E a tutti quelli che credono che “Giocare sia una cosa seria.” Grazie! 141


142


143



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