L’arte del fare Architettura
2
L’ARTE DEL FARE ARCHITETTURA Chiara Signoroni Girona, 2011/2012
Indice -
Abstract Introduzione Sul concetto di architettura Dalle origini SpazialitĂ Funzione vs estetica Conclusioni Indice delle figure Bibliografia e sitografia
pg. 4 pg. 6 pg. 8 pg. 11 pg. 17 pg. 23 pg. 29 pg. 31 pg. 32
Abstract Cosa si intende per architettura? E chi è l’architetto? Nel corso della storia ognuno ha dato la propria definizione del concetto e ancora oggi ci troviamo di fronte alla stessa domanda senza riuscire a codificare il termine. Partendo da Vitruvio e dai concetti di Firmitas, Utilitas e Venustas, ci si addentra in un percorso che pone l’attenzione sulle principali caratteristiche della ricerca architettonica e che vuole essere punto di partenza di un’esperienza che costituisce la realtà in cui viviamo.
4
L'architettura è un fatto d'arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La Costruzione è per tener su: l'Architettura è per commuovere. Le Corbusier
6
Introduzione
“[…]L'architettura, intanto, è un servizio, nel senso più letterale del termine. E' un'arte che produce cose che servono. Ma è anche un'arte socialmente pericolosa, perché è un'arte imposta. Un brutto libro si può non leggere; una brutta musica si può non ascoltare; ma il brutto condominio che abbiamo di fronte a casa lo vediamo per forza. L'architettura impone un'immersione totale nella bruttezza, non dà scelta all'utente. E questa è una responsabilità grave, anche nei confronti delle generazioni future. […]L'architettura è società, perché non esiste senza la gente, senza le sue speranze, le sue aspettative, le sue passioni. […]Vivere l'architettura come servizio è certamente un condizionamento, un vincolo alla libertà creativa: ma chi ha mai detto che la creatività deve essere libera da ogni vincolo? Vorrei dire di più: interpretare la società e i suoi bisogni è la ricchezza dell'architettura. […]Gli architetti devono vivere sulla frontiera, e ogni tanto attraversarla per vedere che cosa c'è dall'altra parte. […]L'architettura è un'arte. Usa una tecnica per generare un'emozione, e lo fa con un linguaggio suo specifico, fatto di spazio, di proporzioni, di luce, di materia. […]Creare significa scrutare nel buio, rinunciare ai punti di riferimento, sfidare l'ignoto. Con tenacia, con insolenza, con ostinazione. Senza questa ostinazione, che io trovo sublime talvolta, si resta alla periferia delle cose. Finisce l'avventura del pensiero: comincia l'accademia. Per creare veramente l'architetto deve accettare tutte le contraddizioni del suo mestiere: tra disciplina e libertà, tra memoria e invenzione, tra natura e tecnologia. Non si può sfuggire: se la vita è complicata l'arte lo è ancora di più.”1
1
Discorso di Renzo Piano davanti a Bill Clinton ricevendo il premio Pritzker, il "Nobel per l'Architettura", 1998
8
Sul concetto di architettura
L'architettura è il mondo nella forma in cui esso viene reso disponibile ad accogliere l'uomo: una forma di cui l'uomo ambisce a fissare i principi nei quali riconoscere e verificare valori collettivi e condivisi." 2 Avete mai pensato a dare una definizione al termine architettura? Io lo faccio costantemente. Quando progetto, quando cammino distrattamente per strada o quando mi capita di parlarne, ad un certo punto, inevitabilmente, arrivo a dover rispondere alla domanda: cos’è l’architettura? Ora, dipende sicuramente anche dal contesto perché, tendenzialmente, se state parlando con amici o parenti che sono avvocati, geologi o chissà cos’altro, ma che non fanno parte dello strano ed affascinante ambito architettonico, la risposta che con buone probabilità vi sentirete dare è: ”le case”. Tutto qui? A questo punto il mio consiglio è quello di lasciar perdere e di riprendere la domanda quando siete da soli e potete lasciar correre i pensieri senza badare a dove vi portano. Credo che questo sia uno di quei termini ai quali è quasi impossibile imporre una definizione. Francesco Milizia la definiva come l’arte del fabbricare, Le Corbusier come il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi nella luce, Gregotti un ordinare l’ambiente che ci sta intorno, un offrire migliori possibilità all’insediamento umano. E sarebbe possibile continuare a citare le definizioni del termine architettura che i grandi maestri hanno fatto proprie, per pagine e pagine. Ne aggiungo solamente altre due che mi aiutano quando cerco anch’io la mia definizione del termine: una è quella di William Morris, che spiega che il suo concetto di architettura abbraccia l’intero ambiente della vita umana; non possiamo sottrarci all’architettura, finché facciamo parte della civiltà, poiché essa rappresenta l’insieme delle modifiche e delle alterazioni operate sulla superficie terrestre, in vista delle necessità umane, eccettuato il puro deserto; l’altra è di Renzo Piano che sostiene che l’architettura sia la più antica
2
Pier Vittorio Aureli, Teoria e critica. Punto e a capo; Gabriele Mastrigli
professione sulla terra, l’arte del costruire, ma anche l’arte di rappresentare le cose. In realtà io credo che si debba partire ancora prima. Quando passeggio e mi capita di imbattermi in luoghi nei quali non mi trovo a mio agio, siano essi edifici, strade o piazze, involontariamente inizio a pensare a cos’è che mi dà fastidio e a come cambierei quel luogo per farlo diventare piacevole. Ecco, a mio parere quello è già fare architettura. La sola accezione pratica del termine, il suo significato più tecnico, non mi basta. L’architettura parte dalla progettazione, dall’idea che una persona ha dell’ambiente che la circonda e di come gli piacerebbe trasformarlo. Il plasmare il mondo perché possa diventare uno spazio accogliente nel quale faccia piacere trascorrere del tempo, che assolva alle funzioni primarie di protezione e sicurezza ma che sia allo stesso tempo luogo nel quale potersi riconoscere. L’architettura riflette, materializza e immortala idee e immagini di vita ideale. L’architettura è l’arte della manipolazione dello spazio.
10
Dalle origini
Come si è detto dunque, l’architettura risponde al bisogno primario dell’uomo di costruire manufatti non solo in grado di costituire un riparo e una protezione rispetto alle condizioni climatiche avverse, ma anche di fornire una risposta alle esigenze più evolute, quali ritrovarsi con i propri simili, praticare scambi commerciali, pregare, curarsi e, più in generale, insediarsi in un determinato luogo attraverso strutture stabili e durature. Vitruvio nel suo De Architectura concepisce questa disciplina come l’insieme di tre fattori: Firmitas, ossia stabilità, componente costruttiva e strutturale senza la quale l’opera è effimera e pericolosa nel suo utilizzo; Utilitas, utilità, componente funzionale senza la quale l’opera è un manufatto privo di utilità per i potenziali fruitori, equiparabile a una scultura in grande scala; e infine Venustas, ossia la bellezza, componente estetica e di ricerca artistica senza la quale l’opera non può essere definita tale e scade nel campo della semplice edilizia3. Partendo dal presupposto che il rapporto tra architettura e stabilità è imprescindibile in quanto, oggi come ieri, non si tende a costruire strutture che non abbiano la capacità di sostenere sé stesse e i pesi a loro applicati, la mia attenzione si concentrerà in particolare sul concetto di utilità e su quello di bellezza. Riguardo alla componente funzionale dell’architettura si può affermare che essa si riconosce in strutture capaci di accogliere un’attività. In questo modo sia gli edifici che le strade, i ponti, le piazze, rientrano in questa categoria. Per parlare di “estetica” di un’opera architettonica invece, oltre alle accezioni strutturali e funzionali, deve essere presente anche un’idea, un concetto formale.
3
Marcello Tomei, Architettura. Schemi riassuntivi, quadri di approfondimento; ed. De Agostini, 2011
12
“[Un grande edificio] è capace di impressionarci esteticamente come nessun’altra opera d’arte: ci seduce, ci circonda, dà forma alla nostra vita e ci protegge; (…)domina il paesaggio; (…)capta come nessun’altra forma lo spirito dei tempi”4
4
Marvin Trachtenberg e Isabel Hyman, Arquitectura; Akal, Madrid, 1990
Per produrre un’opera architettonica di qualità, come tutti gli architetti sono tenuti a fare, è necessario che quest’opera sia bella. Il concetto di bellezza però è altamente soggettivo, ciò che è bello per alcuni infatti, può non esserlo per altri. Come è possibile dunque ricercare la bellezza per farla propria ed esprimersi poi attraverso i suoi criteri? Un’esperienza per essere bella deve saper suscitare in noi sensazioni piacevoli, in grado di emozionarci trasmettendoci qualcosa. A seconda degli stili e delle epoche storiche questo concetto viene percepito ed interpretato in maniere differenti, ma ciò non significa che debba esistere un unico concetto statico e definito di bellezza. In greco il termine bello è orion, che significa in quell’ora. Ciò vuol dire che il bello non è un concetto assoluto e che inevitabilmente è legato al tempo. Leon Battista Alberti definiva la bellezza come somma di tutte le parti messe insieme in maniera tale che non è necessario aggiungere né togliere né alterare. Io condivido questa definizione e aggiungo che un’esperienza per essere bella deve essere caratterizzata da qualcosa che la renda unica e particolare, qualcosa cioè che anche al termine di questa esperienza rimanga impresso nella memoria.
14
16
SpazialitĂ
Un altro aspetto che caratterizza l’architettura è legato ai concetti di spazio e di tempo. Specifica dell’architettura è la facoltà di definire e delimitare gli spazi interni destinati alle diverse esigenze umane e di regolare i rapporti spaziali reciproci tra i volumi e tra questi e l’ambiente circostante. Tale spazio però non è fisso e immutabile, bensì legato alla variabile tempo. Lo spazio che crea l’architettura è un’esperienza sensoriale completa: a differenza delle altre forme artistiche infatti, essa, oltre alla possibilità di guardarla, dà alle persone l’opportunità di viverla. Come sosteneva Bruno Zevi, l’architettura deriva dal vuoto, dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e vivono. Questo concetto è applicabile al “vuoto” delle stanze di un’abitazione come anche al “vuoto” infrastrutturale. Le autentiche esperienze architettoniche quindi consistono, per esempio, nell’avvicinare e nel confrontare un edificio piuttosto che nel comprendere formalmente una facciata; nell’atto di entrare e non semplicemente nel profilo visivo della porta; nel guardare dentro o fuori attraverso una finestra e non tanto nella finestra stessa come oggetto materiale; o nell’occupare la sfera di calore, più che nel camino come oggetto di design. Più che spazio fisico, lo spazio architettonico è spazio vissuto. Ci si imbatte in un edificio; lo si avvicina, lo si confronta, lo si relaziona al corpo, lo si attraversa, lo si usa come condizione per altre cose. L’architettura inizia, dirige e organizza comportamento e movimento5. Per un architetto il compito è quello di disegnare spazi, la sua specialità è lo spazio.
5
Juhani Pallasma, Gli occhi della pelle. L’architettura e i sensi; traduzione di C. Lombardo, ed. Jaca Book, 2007
18
20
Al contrario di come siamo abituati a pensare, un’abitazione non è costituita solamente dagli “spazi pieni” come ad esempio possono essere le camere, essa nasce dalla fusione tra pieni e vuoti, tra le zone esplicitamente dedicate ad una funzione (mangiare, dormire, lavarsi..) e quelle di passaggio, che non sono caratterizzate dall’essere progettate per accogliere un’attività ma che sono assolutamente necessarie per la configurazione dell’abitazione stessa. L’errore più frequente nella progettazione architettonica è quello di predisporre tutti gli spazi pieni di cui necessita quel determinato edificio, lasciando “al caso” la creazione di passaggi e corridoi. Questi ultimi infatti non devono nascere in quanto spazio risultante, ma devono invece essere considerati e progettati al pari degli altri. L’abitazione è costituita da zone con lo stesso grado di importanza, ogni spazio è necessario anche se la funzione dedicatagli dovesse essere “solamente” quella di passaggio. Solo considerando queste osservazioni si riuscirà a passare dalla progettazione per parti dell’edificio, alla progettazione dell’abitazione come unico elemento costituito da parti.
22
Funzione vs estetica
24
“A chi sostiene che l’architettura deriva solo dalla funzione, solo dalla tecnica e solo dalla costruzione, si può rispondere con altrettanta sicurezza: l’architettura deriva solo dall’idea, solo dallo spazio, solo dall’inizio del bello e del giocoso”6
6
Frullicht, Bruno Taut; nota alle lettere di Scheerbart
-
-
7
Lei cosa penso del Palazzo dei Dogi? - Molto bello. - E delle sue colonne ricche di curve? - Bellissime. - Lei non pensa che esse potrebbero essere più semplici e funzionali? - Penso di sì. Ma se esse fossero più semplici e funzionali non creerebbero allora, con le loro curve, lo splendido contrasto che ora stabiliscono con l’ampia parete liscia che sostengono.. - È vero. - Allora lei deve riconoscere che quando una forma crea bellezza essa ha una funzione e tra le più importanti in architettura.7
Oscar Niemeyer, La forma nell’architettura; Milano 1978
L’architettura per la funzione o l’architettura per l’estetica? Studiare gli spazi in base all’utilizzo che bisognerà farne o creare luoghi ed edifici esteticamente belli? L’architettura è da sempre in lotta sull’argomento: da una parte coloro che, privilegiando la funzione, tendono a progettare l’architettura come semplice strumento per assolvere ai bisogni dell’uomo e coloro invece che, privilegiando la forma, intendono caricare l’architettura di un serie di significati che esprimono un’idea. In ogni periodo storico, a seconda della corrente di pensiero, ha prevalso una piuttosto che l’altra teoria. Chi definisce l’architettura “funzionale” (come nel periodo razionalista ad esempio) ritiene che la forma dell’opera scaturisca dall’aderenza dello spazio architettonico alle funzioni a cui esso è destinato. Contrariamente, l’altra corrente di pensiero è quella che sostiene di poter progettare avendo in mente, grazie al proprio bagaglio culturale o allo stile, una forma, per poi inserire al suo interno le funzioni per le quali quell’architettura è stata commissionata. Come sosteneva Heidegger, l’architettura è in prima istanza una cosa o meglio un’opera. Essa è un oggetto esistente nel mondo che si esprime con la sua stessa presenza e che opera modificando lo spazio di cose che si attuano all’interno o intorno ad essa. L’arte del fare architettura consiste infatti nell’organizzare lo spazio fisico facendo in modo che il fruitore riesca ad utilizzarlo secondo le funzioni necessarie ma, allo stesso tempo, significa anche rappresentare il valore e il senso di quelle stesse funzioni. In architettura il legame tra funzione e simbolo deve essere imprescindibile. “La forma architettonica di un fenomeno” dice Gregotti “è infatti da un lato il modo in cui le parti e gli strati si sono disposti nella cosa, ma insieme il potere di comunicazione di quella disposizione”8. Il modo di fare architettura dovrebbe dunque essere in grado di attribuire ad ogni costruzione la funzione per la quale la si progetta facendo in modo che essa abbia la capacità di esprimere il significato della sua funzione attraverso la propria forma. Per chiarire il concetto prendiamo l’esempio di una chiesa: la funzione per la quale la si progetta è quella di preghiera; la forma che le si attribuisce dovrebbe riuscire ad esprimere il significato che ha appunto la preghiera in quel determinato periodo storico e in quel contesto culturale9.
8 9
Vittorio Gregotti, Il territorio dell’architettura; ed. Feltrinelli, Milano 1972 Paola Coppola Pignatelli, Funzione e simbolo nella opera di architettura; Roma
26
Per testare questi concetti e far sì che queste non restino solo inutili parole, bisognerebbe sperimentare personalmente tutto ciò. E credo che non sia difficile farlo. Camminando per la strada prestate attenzione a ciò che vi circonda; sicuramente ad un certo punto vi imbatterete in una costruzione che vi incuriosisce o vi affascina, davanti alla quale sentirete il bisogno di fermarvi per ammirarla. Fermandovi riuscirete a cogliere particolari che prima, passandole solamente accanto, non avrete notato ed essa vi comunicherà una certa emozione. Quando sarete soddisfatti della vostra sosta e crederete di avere assimilato ogni cosa di quell’architettura, provate a capire a quale funzione essa è predisposta; a questo punto entrate ed appurate o smentite i vostri pensieri. Se la funzione al suo interno è la stessa che avevate percepito esternamente o se questa vi stupisce o vi soddisfa, a quel punto io credo che avrete trovato un’opera completa.
28
Conclusioni Tutto ciò di cui si è parlato finora è frutto di elaborazioni e pensieri di migliaia di anni. Il concetto di architettura e la progettazione architettonica fanno parte quotidianamente della vita di ogni persona che sia o non sia un architetto. Ciò che vorrei sottolineare è solamente il fatto di non aver scelto argomenti casuali di cui parlare, scindibili e utilizzabili separatamente. L’architettura prende in considerazione tutti gli aspetti sopra citati e li sintetizza in maniera affascinante. Progettando quindi, non possiamo scegliere se occuparci della funzionalità o della bellezza o del significato oppure della spazialità. Tutti questi aspetti devono accompagnare la progettazione fin dal momento dell’idea e guidarci tra razionalità e sentimento consapevoli che quella matita sul foglio sta disegnando la nostra realtà.
30
Indice delle figure -
Kandinsky, W. Traccia del punto_p. 5 Escher, M. C. Mani_p. 7 Vitruvio, M. P. De Architectura_p. 10 Signoroni, C. Assonometria Scala Casa Gifre, Girona_p. 14 Signoroni, C. Particolari Scala Casa Gifre, Girona_p. 15 Escher, M. C. Print Gallery_p. 16 Signoroni, C. Schizzi Bloc Bech de Careda, Girona_p. 18 Signoroni,C. Fotografie modellini Bloc Bech de Careda, Girona_p. 18 Signoroni, C. Schizzi Bloc Bech de Careda, Girona_p. 19 Signoroni, C. Pianta Bloc Bech de Careda, Girona_p. 21 McEwan, C. Sketch studies for dissolution of scale, Aldo Rossi_p. 22 Signoroni, C. Schizzi Bloc Puig, Girona_p. 27 Signoroni, C. Schizzi Casa Vila Angelats_p. 30
Bibliografia e sitografia -
-
Derrida, J. Adesso l’architettura; 2008 Emery, N. Distruzione e progetto, l’architettura promessa; 2011 Forty, A. Parole e edifici. Un vocabolario per l’architettura moderna; ed. Pendragon Friedman, Y. Architecture with the people, for the people; 2011 Gregotti, V. Il territorio dell’architettura; ed. Feltrinelli, Milano 1972 Kandinsky, W. Punto, linea, superficie; 1968 (trentesima edizione) Manfredini, A. Questioni di progettazione architettonica; ed. Alinea Niemeyer, O. La forma nell’architettura; Milano 1978 Pallasma, J. Gli occhi della pelle. L’architettura e i sensi; traduzione di C. Lombardo, ed. Jaca Book, 2007 Pignatelli, P. C. Funzione e simbolo nella opera di architettura; Roma Semi, F. (a cura di) A lezione con Carlo Scarpa; 2010 Taut, B. Frullicht, nota alle lettere di Scheerbart Taut, B. Visione e progetto; ed. Dedalo Tomei, M. Architettura. Schemi riassuntivi, quadri di approfondimento; ed. De Agostini, 2011 Trachtenberg, M., Hyman, I. Arquitectura; Akal, Madrid, 1990 Venturi, R., Scully, V. J. Jr., Gorjux, R., Paulis, M. R. Complessità e contraddizioni nell’architettura, 1991 Viola, F. Abitare con arte, la casa fra bellezza e utilità nella ricerca italiana; 2011
www.archive.spazioarchitettura.net www.architettura.it Aureli, P. V., Mastrigli, G. Teoria e critica. Punto e a capo www.estetica-architettura.blogspot.com www.lettera43.it Todarello, M. I 104 anni di Niemeyer, inno alla bellezza inaspettata www.librarteria.org www.spaziotempoarchitettura.blogspot.com www.uffstampa.provincia.tn.it Galfetti, La bellezza non sta nell’infrastruttura ma nei suoi vuoti
32