Da qui a singapore di David Cristian Pedrani

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DAVID CRISTIAN PEDRANI

Da qui a Singapore

Poesie


Copyright 2010 CIESSE Edizioni Design di copertina 2010 CIESSE Edizioni Da qui a Singapore di David Cristian Pedrani Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per la pubblicazione e/o l’utilizzo della presente opera o di parte di essa, in un contesto che non sia la sola lettura privata, devono essere inviate a: CIESSE Edizioni Servizi editoriali Via Conselvana 151/E 35020 Maserà di Padova (PD) Telefono 049 7897910/8862964 Fax 049 2108830 E-Mail redazione@ciessedizioni.it P.E.C. infocert@pec.ciessedizioni.it ISBN 9788897277507 Collana BLUE Versione eBook http://www.ciessedizioni.it Quest’opera è pubblicata dalla CIESSE Edizioni senza la richiesta di alcun contributo economico all’Autore.


NOTA BIBLIOGRAFICA DELL’AUTORE: Pedrani David Cristian nasce a Gerenzano il 4 Luglio del 1975. Inizia a scrivere poesie verso la fine degli anni ’80 all’età di circa 14 anni. Guardando le stelle, con la musica di Baglioni nell’orecchio, in un autogrill qualunque, riempie il suo primo foglio con “Urla il presente”. Nel corso degli anni cambia il suo modo di scrivere grazie a un’analisi dura ed estremamente critica di un suo caro professore di italiano delle scuole superiori. Impara a scrivere così con parole semplici, anziché utilizzare termini e frasi troppo complesse. Non segue alcun stile poetico poiché ritiene che quando si crea non debbano esistere schemi, strutture che ingabbiano, ma solo ed esclusivamente istinto e cuore. Dalla fine degli anni ’90 e tutt’ora, pubblica su diversi siti internet che trattano la poesia e riceve diversi pareri positivi da utenti e gestori dei siti stessi. Vince alcuni concorsi di poesia, tra cui: 1992 vincitore del premio indetto da “I Fratelli dell’Uomo di Saronno” 1997 si classifica al 10° posto alla V edizione del “Premio Letterario Internazionale Marguerite Yourcenar”


Dedico questo libro di poesie a tutti coloro che mi hanno amato e mi amano, animali, luoghi o esseri umani senza distinzione. Sono e saranno sempre la mia vita


Indice Poesie Oltre la finestra TonalitĂ pastello I miei passi Di piĂš Tra il sonno e il risveglio Carpe diem II In ginocchio Utero materno Riaffiorare Qualsiasi altro giorno Pensami come vuoi Uno dei tuoi baci Gente moderna I giorni del distacco Singapore


Individualità Il sapore dei limoni Terapia in blu La gente è gente Come prima Andate e ritorni Autunno è qui Cosa mi stanno chiedendo Piccole abitudini L’Umbria di Lucio e Sara Dalla cabina telefonica Il mondo in un luogo Se fossi Superman Ipocrisia fluorescente Vento e biciclette


La variabile coraggio Parentesi socchiuse Ogni giorno


Oltre la finestra Esco dalla stanza d’ospedale, mi dirigo verso il corridoio bianco, poi verso la finestra che da sulla strada, ho bisogno di aria, di respirare, mi sento piccolissimo. Il vetro è appannato, sembra quasi ci sia la nebbia, il caldo alle spalle è artificiale e quasi preferisco il freddo là fuori, dove le persone si incrociano e sfuggono, dove ogni cosa sembra più viva. Una finestra, di vecchia fattura, ha più forza di qualunque oggetto o individuo in questo assurdo luogo, e oltre non ci sono che momenti più liberi, situazioni più in movimento. Qui dentro ogni uomo o donna è rapito in un tempo giudice,


in una valanga di amici e parenti che vanno e vengono con i loro sguardi, in una compassione che a vederla da fastidio, pur essendo inevitabile e fragile, come i corpi nudi di chi spera in occhi lucidi. Gli addobbi di natale, messi qua e là per dare un senso in piÚ, sono scuri ed inconsistenti, quasi invisibili come le certezze di tornare a correre per quelle strade che non le vedi neppure finire, che si perdono in un vetro appannato. Al petto un peso lieve, lieve ma costantemente folle, universi di impotenze e debolezze in cui l’essere umano torna giovane, nei pianti e nelle parole, e ci si sente inutili e brevi. Vorrei che oltre la finestra,


mio zio potesse tornare a guardare le strade, sulle sue gambe, con la sua testa, sorretto dalle sue mani e dalla sua forza, magari ritrovata in una giornata di sole che asciuga il vetro e scalda tutto altrove, dove non sempre ci è concesso di osservare bene. Questo sarebbe il mio regalo di natale, un’utopia che vorrei tanto poter donare adesso, perchè tanto sotto l’albero spesso c’è solo polvere, non ci si guarda mai attorno e mai abbastanza dentro, e il dolore è ciò che ci fa più paura, quello della solitudine su un letto di ospedale. Mi asciugo gli occhi, lascio la finestra che da sulla strada, ho bisogno di silenzio e di sperare, mi sento piccolissimo e immobile, con uno sguardo e con un gesto lo saluto, e in quello sguardo poche parole,


vere, grandi, nitide.


Tonalità pastello Vivere, è un insieme di dissolvenze più o meno accentuate. Sopravvivere è rinascere un’altra volta, e sentirsi fortunati. Alzarsi dal terreno non comporta l’utilizzo delle ali nè una macchina volante, alzarsi in volo non ha materia. Gli esseri viventi lottano e soffrono ogni giorno, chi più e chi meno, dipende dal loro mondo, dipende dal tempo. Ho guardato in occhi stanchi, occhi di uomini e animali distrutti, dagli avvenimenti, dalle variazioni


di una vita a tratti fredda, discontinua. Ci sono caduto dentro, ed ero consapevole di tutto, della gravità delle cose, dei fatti, delle voci flebili, dei rumori assordanti, un infinito precario. Sopravvivere è arte, tonalità pastello nelle mani di un pittore, righe intense nella penna di un poeta, sopravvivere è rinascere lontani, in un’opera più bella, una visione migliore.


I miei passi Guardo i miei passi a rallentatore, in un video d’epoca in bianco e nero, tratti sfocati, contorni sbiaditi, visi lontani di chi oramai non c’è più, dissolvenze in una pellicola nera. Voci confortanti, rasserenanti, sovrapposizione di luci e di ombre, corridoi di corse e rincorse, odori in cucina di carne e minestra, risate infinite. Guardo i miei passi a velocità normale, ora che cammino su questa città, sotto i miei piedi strade diverse, gente che passa e scompare, tra curve e sterrati. I miei passi mutevoli, alternano sorrisi moderni a smorfie di un tempo lontano, ognuno è pura conclusione


di pochi o tanti chilometri. C’è ancora tanto da percorrere, tante cose da sistemare, tante altre da migliorare, girovagare e trarre conseguenze, passo dopo passo.


Di più Di più del mare, più del pane appena cotto, più del sole tiepido al mattino, più degli ultimi minuti a letto, di più del resto. Di più delle nuvole in cielo, più dei guanti d’inverno, più dei brividi sotto la doccia, più delle sere quiete a primavera, di più del contesto. Di più del mio orsacchiotto, più dei giochi da bambino, più delle vecchie abitudini, più dell’odore del prato appena falciato, di più del ricordo. Di più del pomeriggio libero, più del tempo a correre e rincorrere, più delle strade silenziose di paese, più delle risate interminabili,


di più del gusto. Di più dell’incoscienza, più dell’irriverenza giovanile, più delle occasioni perse, più delle distrazioni quotidiane, di più dei gesti. Di più delle stagioni, più dell’arrivo della primavera, più di un pasto dopo il digiuno, più delle carezze date al viso, di più del caso. Di più dell’azzurro, più dei colori confusi all’orizzonte, più del bianco e nero nitido, più dell’atterraggio dopo il volo, di più dell’illusione. Di più del risveglio, più del riposo dopo la fatica, più della voglia di lasciarsi andare, più del rotolare sulla sabbia, di più dell’abbandono.


Di più di un sorso di vino, più del temporale improvviso dell’estate, più della pioggia che rinfresca, più di un tuffo ad occhi chiusi, di più del canto. Tu sei di più, più di tante cose, più di tante convinzioni, più dell’interminabile astrazione che mi circonda. Di più del pianto in gola, di più del fiato che rallenta, tu sei di più...


Tra il sonno e il risveglio Buona fortuna a te, che eri nella mia vita, a te che ci sei entrato appena e ne sei uscito subito, forse perchè eri distante e non l’hai saputa capire. Buona fortuna alle donne che mi hanno avuto, che hanno condiviso i miei giorni passati, alle donne che si sono portate via una grossa parte di me nel loro futuro. Buona fortuna a chi mi ha chiuso le porte in faccia, a chi me ne ha aperte altrettante, buona fortuna a te che mi aspetti ancora nonostante tutto, a te che mi hai lasciato solo. Buona fortuna


per le persone che mi hanno deluso, per tutte quelle con cui ho condiviso, per le notti passate svegli assieme, per i pianti abbracciati stretti, buona fortuna agli odiati. Buona fortuna agli amici rimasti incompleti, ai rapporti lontani e svaniti, alle storie piÚ intense e trascorse, a quelle intrappolate nelle lettere vecchie, a quelle finite sul nascere. Buona fortuna a voi, che mi avete tradito e ingannato, che avete giocato con le mie emozioni piÚ care, a voi che mi avete riso alle spalle, buona fortuna senza rancore a voi che sarete puntini sul foglio di un’esistenza bislacca. Buona fortuna a te mio folle migliore amico, a te che mi hai riempito di parole,


a te che sei sempre stato troppo debole, poco incline alle promesse e alle carezze, buona fortuna davvero perchè non è mai abbastanza. Buona fortuna tra il sonno e il risveglio, per tutto ciò che volete voi, miei cari figuranti. Buona fortuna attori e spettatori, poiché io sono io e voi sarete voi con o senza un po’ di me. Buon fortuna a te, che sei ancora qui vicino a me, a te che sopporti i miei silenzi, a voi che comprendete le mie azioni, buona fortuna gente, buona vita.


Carpe diem II Vedili così, sono foglie che lasciano gli alberi, anime verdi e gialle che volano a terra e in altre stagioni ritornano. E’ un ciclo continuo, distacchi come piccole ferite, nodi alla gola negli istanti incompleti, io e te semi-soli a sorreggere un nostro nuovo mondo. Vedili fragili attenderti all’uscio dei portoni, immaginali sopra la tua testa in attesa di pensieri più nitidi, aquiloni che sobbalzano in cielo e destabilizzano l’azzurro. Dentro, la rabbia, la rabbia che ci rende impotenti,


l’assenza di alternative, inutile ricerca di un calore familiare, che dall’altra parte del mondo si disperde in un countdown monumentale. E’ la nostra missione, viaggio da portare a termine stando fermi, poiché i distacchi del resto non sono altro che anime verdi e gialle che sfuggono finché il tempo ne diluisce i colori, nel solito caro, vecchio, meraviglioso arcobaleno di casa. Buon viaggio mamma. Buon viaggio papà. Carpe diem! Ora più che mai... Carpe diem!


In ginocchio Sono mani che sprofondano nella terra, le mani piene di calli e tremore, gesti che danno più gusto al futuro, sabbia arida mista a terriccio fertile, profumi di natura, di contatto semplice, in ginocchio ci si sente grandi. Erba strappata da umidi palmi, verdi sfumature in un mondo marrone, il sudore è fatica lungo la schiena, è distensione interiore che piega e ricrea, mentre le gocce si fanno rapire dalla brezza di un’ombra vicina, oasi breve. In ginocchio, una buca dopo l’altra, accoglienti dimore di frutti e di fiori, continuazioni speziate di un tempo ricavato tra dita ansiose e leggere, attesa di genesi timide


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