L’evoluzione Storica dei sistemi economici
Gli atti che i singoli individui e i gruppi compiono allo scopo di soddisfare i propri bisogni si intrecciano fra loro, dando vita a relazioni economiche, l’insieme delle quali costituisce il sistema economico.
Dal periodo feudale al precapitalismo Le relazioni economiche variano nel tempo e nello spazio, perché il comportamento assunto dai diversi soggetti cambia in relazione ai tipi di bisogno che desiderano soddisfare, alle modalità con cui si svolge l’attività economica, all’atteggiamento che lo stato assume nei confronti dei bisogni che intende soddisfare.
L’insieme delle relazioni economiche che si instaurano, in un determinato momento storico, tra i diversi soggetti, prende il nome di sistema economico.
L’economia Feudale Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente(476 d.C.) fino all’anno mille la società si articola e organizza intorno ai feudi, cioè strutture politiche, sociali ed economiche del tutto autonome e autosufficienti, subordinate al potere dei feudatari. La principale attività economica era l’agricoltura, alla quale si affiancava l’artigianato per la fabbricazione degli attrezzi agricoli e per la creazione degli utensili usati nella corte del feudatario.
Il sistema economico era di tipo chiuso, perché all’interno del feudo si producevano e si consumavano tutti i beni che servivano al soddisfacimento dei bisogni della collettività, senza la necessità di ricorrere a relazioni economiche con altri soggetti esterni al feudo.
Verso l’anno mille la situazione inizia a cambiare. Aumenta il fabbisogno di terre da coltivare da parte dei feudatari, i quali preferiscono liberare dalla condizione servile i contadini pur di sfruttare al meglio le terre.
L’effetto della libertà è il rilancio delle città, perché molti agricoltori preferiscono abbandonare le campagne per dedicarsi a un lavoro meno faticoso e più remunerativo.
Il sistema economico che segue il feudalismo è il mercantilismo, cosÏ definito proprio perchÊ al centro delle relazioni economiche vi sono i mercanti. Costoro movimentano i rapporti economici, in quanto acquistano i beni dai produttori per poi venderli ai consumatori, dando vita a una sorta di ciclo degli atti economici che spezza la chiusura dell’economia feudale.
Economia Feudale Chiusa (476 d.C. a 1000 d.C.)
CONSUMO
PRODUZIONE
Economia Mercantilista (dal 1000 d.C)
PRODUZIONE DEI BENI
MERCATO
CONSUMATORI
I fattori che hanno determinato l’apertura del sistema economico sono diversi, ma certamente uno dei principali è rappresentato dall’avvento della libertà per i servi della gleba, che ha prospettato loro la possibilità di vivere in condizioni migliori: tanti bisogni, anche primari, che sotto il giogo feudale, pur essendo avvertiti, non potevano essere soddisfatti, ora spingono i soggetti verso il loro soddisfacimento. All’autorità del feudatario si sostituisce gradualmente l’autorità dello Stato, inteso come governo delle città che si preoccupa di garantire a tutti i cittadini il benessere e lo sviluppo; l’autorità statale incentiva l’attività economica, perché si produce e si scambia, più aumenta la ricchezza che circola all’interno della collettività e quindi aumentano le possibilità di sviluppo.
La Fisiocrazia Lo sviluppo dei commerci aveva prodotto così tanti benefici in termini di aumento della ricchezza, aumento del benessere collettivo, incremento della cultura, che nel XVIII secolo si afferma l’idea che solo attraverso il libero scambio sia possibile creare le condizioni per lo sviluppo economico.
Nasce così la fisiocrazia (Potere della Natura): si ritiene che chiunque voglia dedicarsi a un’attività economica possa e debba farlo liberamente, senza che occorra neppure lo stato a controllarne lo svolgimento. Le relazioni economiche tra i diversi soggetti si regolano da sole, perché sono disciplinate da un ordine naturale.
Dal capitalismo ai sistemi moderni: Le idee dei fisiocratici vengono approfondite dal liberismo, il quale si pone il problema di spiegare come il sistema economico possa funzionare indipendentemente dall’intervento dello stato. Secondo i teorici l’economia non ha bisogno dello stato per due motivi:
► Ogni
individuo è capace di autoregolarsi nel soddisfacimento dei propri bisogni, perché sa esattamente quali sono le sue necessità e sa altrettanto bene quali scelte compiere per soddisfarle. ► La società è composta da individui, perciò i bisogni collettivi sono semplicemente la somma dei bisogni individuali, per cui se ciascuno si regola da sé sul piano personale, automaticamente sono regolati i bisogni della collettività.
Dal capitalismo ai sistemi moderni La rivoluzione industriale, il sistema collettivista Nel corso del XVIII secolo, le idee dei fisiocratici vengono approfondite dal liberismo, il quale si pone il problema di spiegare come il sistema economico possa funzionare indipendentemente dall’intervento dello stato. Secondo i teorici del liberalismo, l’economia non ha bisogno dello stato per due motivi: 1) Ogni individuo è capace di autoregolarsi nel soddisfacimento dei propri bisogni, perché sa esattamente quali sono le sue necessità e sa altrettanto bene quali scelte compiere per soddisfarli.
2) La società è composta da individui, perciò i bisogni collettivi sono semplicemente la somma dei bisogni individuali, per cui se ciascuno si regola da sé sul piano personale, automaticamente sono regolati i bisogni della collettività.
Partendo da questi presupposti, il liberalismo indica i principi fondamentali che devono caratterizzare il sistema economico: ►
►
►
I mezzi che devono essere impiegati nella produzione dei beni devono essere di proprietà dei privati, poiché sono costoro a decidere cosa, quanto, come produrre, e lo Stato deve astenersi da qualunque forma di controllo; I proprietari dei mezzi di produzione sono liberi di impiegare le tecniche produttività che ritengono più efficaci allo scopo di realizzare i maggiori guadagni possibili, quindi non deve esserci alcun intervento dello stato circa le condizioni di lavoro che essi impongono ai lavoratori, le misure di sicurezza di rispettare nell’utilizzo delle macchine, l’ubicazione di una fabbrica in una determinata zona; Gli scambi sul mercato si regolano da soli, nel senso che i soggetti acquistano tutti i beni che sono posti in vendita e questo avviene per un meccanismo molto semplice: a ogni atto di vendita corrisponde sempre un atto di acquisto, perciò un soggetto è disposto a vendere perché c’è un altro soggetto disposto ad acquistare.
Il capitalismo è il sistema economico basato sul capitale, ossia sul complesso della ricchezza che il capitalista investe nello svolgimento dell’attività economica, allo scopo di produrre ulteriore ricchezza.
Rivoluzione industriale e capitalismo Le invenzioni scientifiche e tecnologiche, l’utilizzo delle prime macchine che, installate all’interno delle fabbriche, consentivano di produrre grandi quantitativi di beni con costi minori e in minor tempo rispetto alla tradizionale produzione artigianale, davano la certezza che il progresso passasse attraverso la libertà dell’azione economica gestita dagli imprenditori privati. I soggetti che hanno risorse per acquistare le macchine, per insediare un impianto produttivo in una fabbrica, per pagare le persone che offrono il proprio lavoro, hanno un potere che è di grande importanza per lo sviluppo economico sociale di un Paese, ed è quindi giusto riconoscere ad essi la massima libertà economica possibile.
I principi fondamentali del capitalismo sono i seguenti: ►I
mezzi di produzione devono appartenere ai privati, i quali li gestiscono secondo le modalità che ritengono più opportune in relazione al conseguimento dei massimi guadagni; ► La produzione deve essere attuata il più possibile mediante l’impiego delle macchine, perché più ci sono macchine, più aumenta il quantitativo di beni prodotto, e quindi aumentano i guadagni; ► È necessario impiegare lavoratori addetti alle macchine, assicurandosi la loro forza-lavoro in cambio della corresponsione della retribuzione.
Il capitalismo, che traduce in pratica le idee liberaliste, introduce sul piano sociale la netta distinzione tra due categorie di soggetti: da un lato i capitalisti, cioè coloro che essendo proprietari dei mezzi di produzione, decide come, cosa, quanto produrre, dall’altro i lavoratori, cioè coloro che offrono il proprio lavoro capitalista e in cambio ricevono la retribuzione. Agli inizi della Rivoluzione industriale, la divisione delle categorie è vista con favore dai lavoratori, i quali pensano che il capitalista li metta nelle condizioni migliori per vivere e che la certezza della retribuzione possa loro garantire il soddisfacimento dei propri bisogni. Questa iniziale fiducia ha lasciato ben presto il posto alla constatazione che il lavoro in fabbrica, la vita al di fuori della fabbrica, la sicurezza della retribuzione, erano realtà molto lontane dalla prospettiva di una vita migliore, ciò che ha dato vita al fenomeno noto come questione sociale.
Cause della rivoluzione â–ş Nessun
controllo circa l’impiego dei lavoratori nelle fabbriche: i lavoratori sono costretti a lavorare tantissime ore al giorno. ► Condizioni igieniche e sanitarie molto precarie, totale mancanza di misure di sicurezza, nessun tipo di assicurazione sugli infortuni. ► Le retribuzioni corrisposte ai lavoratori sono molto basse, e non permettono di soddisfare nemmeno i bisogni primari.
Il sistema collettivista Di fronte alle prime forme di protesta dei lavoratori e alle prime difficoltà dei capitalista a controllare la questione sociale, ciò che si mette in discussione è il sistema capitalista, considerato la causa principale di questa disgregazione sociale. In conseguenza di ciò alcuni economisti elaborano e diffondono le idee per la costruzione di un nuovo sistema economico che, partendo dalla profonda critica dei principi del liberismo, si basa su principi diametralmente opposti. Così nasce il sistema economico collettivista.
Il collettivismo è il sistema economico basato sul ruolo dello Stato quale unico proprietario dei mezzi di produzione e unico soggetto al quale viene affidata la gestione dell’attività economica. Principi fondamentali sui quali si fonda il sistema collettivista: -Lo stato non può lasciare la gestione dell’attività economica ai privati, perché costoro hanno tutto l’interesse a perseguire il proprio arricchimento personale e per realizzarlo sono disposti allo sfruttamento dei lavoratori. L’unico soggetto al quale interessa il bene della collettività è lo stato. -Le scelte in materia economica, cioè quanto e come produrre, a chi destinare i beni prodotti e a quali condizioni, devono essere esclusivo appannaggio dello stato, con la conseguenza che deve essere abolita la libera iniziativa economica privata.
-Le retribuzioni devono essere corrisposte dallo stato: non sono retribuzioni elevate, perché in ogni caso lo stato si fa carico di garantire a tutti i cittadini l’istruzione, la sanità, cioè il soddisfacimento dei bisogni primari, e impone prezzi bassi sui beni di prima necessità, come gli alimenti e le abitazioni.
I sistemi moderni: il sistema economico misto e la scuola keynesiana Dall’inizio del novecento, si assiste a un progressivo declino dell’economia, che porta negli anni trenta alla Grande Depressione, prima negli Stati Uniti poi in tutta Europa. Il crollo dell’economia negli Stati Uniti inizia negli anni successivi alla fine della prima guerra mondiale: durante il conflitto, i Paesi europeo facevano fatica a produrre beni agricoli, per cui erano costretti a importarne enormi quantitativi di derrate alimentari dagli Stati Uniti. Terminata la guerra alcuni paesi europei avviano decisi programmi di rilancio dell’agricoltura, ciò fa aumentare la produzione, di conseguenza diminuisce progressivamente la necessitò di importare prodotti dagli Stati Uniti. In questo paese si verifica una sovraproduzione, che costringe gli agricoltori a diminuire fortemente i prezzi pur di vendere. Nonostante ciò, alcuni agricoltori non riesco a continuare l’attività, ma al fallimento di molte imprese agricole fa seguito la progressiva crisi di altri settori produttivi.
Grafico relativo all’andamento dei prezzi negli U.S.A. dal 1890 al 2007.
Il sistema economico misto è basato sull’iniziativa economica privata, alla quale si affianca l’attività dello stato, il quale interviene direttamente quando lo reputi necessario e guida le scelte generali dell’economia. Sulle ceneri di un economia distrutta da questa crisi, gli Stati Uniti cercano di elaborare idee e programmi per la costruzione di un sistema economico che sia in grado di assicurare stabilità e sviluppo e in questa situazione di estrema incertezza si affermano i principi del sistema economico misto, elaborati dall’economista inglese John M. Keynes. Il suo presupposto è il seguente: per rimettere in moto le relazioni commerciali è necessario ripartire dai lavoratori, perché sono essi, con i loro consumi, a mantenere in vita il sistema produttivo, dunque il primo obiettivo è ridurre la disoccupazione. Nel paese c’è bisogno di grandi infrastrutture, quali reti stradali, porti, magazzini generali.. Per avviare questi cantieri sono necessari finanziamenti che possono provenire in maggior parte dallo stato e per il resto dai privati. Unendo gli sforzi finanziari iniziali, si riesce ad avviare la costruzione, alla quale possono essere adibiti migliaia di lavoratori, abbattendo così la disoccupazione. Così aumentarono i consumi, rimettendo in moto i consumi, automaticamente si riavvia l’attività produttiva, quindi si riannodano le relazioni commerciali che rappresentano l’anima del sistema economico.
Da questo presupposto, Keynes elabora la teoria del sistema economico misto, caratterizzato dalla gestione economica affidata allo Stato sia ai privati, i quali devono svolgere entrambi un ruolo attivo nella prospettiva di realizzare il benessere collettivo. Principi fondamentali sui quali si fonda il sistema economico misto: -L’esercizio delle attività è affidato ai privati, i quali possono liberamente decidere in quali settori operare e con quali modalità; accanto a essi vi è lo Stato, che esercita attività economica quando il suo intervento serve a fronteggiare bisogni particolarmente delicati,o a sostenere iniziative particolarmente rilevanti dal punto di vista finanziario. -Lo stato deve stabilire le regole che garantiscono il rispetto dei lavoratori, delle loro esigenze, dei loro diritti fondamentali, regole che devono essere rispettate da qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che svolga un’attività economica. -Lo stato deve impegnarsi affinché siano trovati gli strumenti idonei a superare gli eventuali periodi di crisi, in modo da scongiurare situazioni drammatiche come quella degli anni trenta. Marco Contin II° E