Cittadini & Salute Agosto 2011

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Editoriale

2011, Odissea dello Strazio di Angelo Nardi In questo numero di agosto

con il nostro magnifico editore Mario Dionisi volevamo dedi-

carci ad argomenti più lievi o

quantomeno ottimistici.

Agosto è il mese delle vacanze,

dell’evasione dai consueti oneri, quindi consente qualche fuga nelle fantasie.

Niente di tutto questo! La realtà ci porta alla nuda terra.

Anche se vogliamo guardare sempre in avanti, la realtà an-

ticipa e blocca i voli progettuali di chi vorrebbe una Sanità diversa, efficiente, partecipata dai suoi operatori, vissuta come un’azienda propria: l’azienda della propria salute.

Il 18 luglio è balzata su tutte le agenzie la notizia riguar-

dante la nostra azienda sanitaria di riferimento. È la storia di un ammalato, una persona che ha mal di schiena, un forte

mal di schiena e ha capito che la questione era seria.

Supplica i medici di aiutarlo. Si rivolge in quattro ospedali

diversi. Nessun ricovero. Fa tappa a Subiaco, Tivoli, Roma,

quindi al Policlinico di Tor Vergata. Muore il 15 luglio. La magistratura apre un’indagine.

Anche la Polverini vuole capire. Tutti vogliono capire.

Dopo. Ora non servono i dettagli. Non occorrono i partico-

lari di cronaca che evidenziano qualche cinismo dell’untore

di turno.

Fin quando il diritto alla salute non si trasformerà in di-

ritto di cittadinanza questi episodi si moltiplicheranno, fin

quando l’egida dei costi benefici - che ha prodotto deficit -

non lascerà il passo alla piena partecipazione di chi percepisce la Salute come un valore da difendere, continueremo a

leggere episodi come questi.

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Farmaco, una sola dose può bastare

Dormi, e avrai al massimo delle prestazioni! Estate, stagione di riforme Decalogo per abbronzarsi Disturbo bipolare, difficile da riconoscere Donne sedotte dalla seduzione letteraria Musica, musica, musica! Quando la morte porta doni Pesce e sonnellino e campi a lungo Le patatine come una droga La cellulite non se ne va sommando farmaci! Crisi di panico! Primo nemico dell’Italia unita: la tubercolosi

Cittadini & Salute Mensile di informazione Socio-Sanitaria della Provincia di Roma est editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Art Director Antonella Cimaglia Webmaster Mariano Trissati Redazione Via Galletti, 16 00012 Villanova di Guidonia (Rm) e-mail: redazione@cittadiniesalute.it Te l e F a x 0774 529498 - 0774 320278 S t am p a Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Rm). Registrazione n. 31 del 29 giugno 2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato o spedito alla redazione, non verrà restituto. Chiusura: mercoledì 20 luglio 2011

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Eventi

Farmaco, una sola dose può bastare

Risparmiare sui costi dei farmaci, si può. La soluzione è come l’uovo di Colombo. Non partire dalla confezione prestabilita proposta e imposta dalla Casa farmaceutica bensì Ciascun elemento di commercio farmacologico formato da una sola pastiglia, non un’intera scatola da comprare e poi buttare con buona parte delle capsule inutilizzate. Si eviterebbero sprechi e fenomeni di mala gestio nelle risorse. Se si riuscisse a risparmiare sui prodotti farmaceutici saremmo a un buon passo per uscire dal deficit. Negli ultimi anni, il tetto per la spesa farmaceutica ospedaliera è stato ripetutamente sforato. Spetta ai singoli enti Regione ripianare il debito sull’eccessiva spesa. Ma per avere la cifra di quanto costano i farmaci in tutto il Paese bisogna dire che la spesa sanitaria pubblica per il 2010 ha toccato i 114,7 miliardi di euro, rappresenta circa il 6.5% del Pil. Nel 2010 l’onere a carico del Sistema Sanitario Nazionale per la spesa farmaceutica territoriale è di circa 13,9 miliardi di euro. L’ambito del farmaco consiste nella voce di bilancio secca che comporta maggior impatto economico. Parados-

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utilizzare il singolo farmaco. La proposta è arrivata nel convegno organizzato dall’Osservatorio Sanità e Salute il 20 luglio presso la Sala Capitolare del Senato.

salmente è in contempo l’ambito di spesa meno controllabile. Una delle ricerche finalizzate alla diminuzione del deficit sanitario riguarda il monitoraggio dei tempi infermieristici dedicati ad attività di gestione magazzini di reparto e scorte. Voce importante di esborso anche la filiera delle aree di competenza e responsabilità a partire dalle prescrizione fino alla somministrazione dei farmaci. Osservando i tempi, monitorando i meccanismi di funzionamento soliti nelle realtà ospedaliere nazionali, ciascun infermiere è in media impegnato, quotidianamente, due ore. Nel convegno organizzato dall’Osservatorio Sanità e Salute il 20 luglio a Roma il presidente Cesare Cursi ha esplicitamente proposto di cambiare il sistema di organizzazione con il quale le Asl fanno incetta di farmaci. Oggi, nel contesto ospedaliero, la gestione dei farmaci avviene secondo un modello tradizionale in cui ogni reparto ha la propria scorta, il medico prescrive i far-

maci, gli infermieri preparano le terapie e provvedono alla compilazione degli ordini e il farmacista al rifornimento. Questo sistema però ha dei limiti: un elevato rischio di errori di terapia, scarso controllo sui medicinali utilizzati, spesa non ottimizzata, impiego di tempo infermieristico per l’organizzazione dell’armadio. Questo comporta: troppi rischi di errore di terapia, decisivo ruolo degli infermieri che debbono organizzare le giacenze in armadio, impossibilità di monitoraggio della terapia effettivamente somministrata al paziente, spesa in medicinali non ottimizzata, scorte di farmacia e di reparto non razionalizzate rispetto alla reale necessità. Se invece i farmaci fossero gestiti dandone ciascuno per volta - una prescrizione, un farmaco, quindi confezione Mono Dose - le spese per la struttura pubblica si abbasserebbero notevolmente. In questo nuovo sistema il medico prescriverebbe la terapia giornaliera w w w.cittadinies alut e.it


Eventi per ciascun paziente, durante il giro di visita, attraverso un apposito software installato su PC portatili, le terapie prescritte verrebbero automaticamente inviate alla Farmacia dove verrebbero preparate le terapie personalizzate con diverso grado di automazione a seconda che si tratti di farmaci in dose unitaria oppure no. La nuova organizzazione è molto facile applicare. A livello centrale (Farmacia) si realizza la produzione della dose unitaria dei farmaci - da parte della Farmacia - di un magazzino automatizzato di dosi unitarie che serve per la confezione completamente automatizzata della terapia personalizzata. La responsabilità dei criteri clinici di gestione dei farmaci rimane in carico all’Azienda Ospedaliera, specificatamente nel ruolo del Farmacista.

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Questi i benefici del nuovo modello, così come sono stati presentati da Aldo Morrone, Direttore Generale Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma e Mauro Barabino, Direttore Generale Azienda Ospedaliera Universitaria S. Martino e da Paolo Siviero, Coordinatore Area Strategia e Politiche del Farmaco dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Con questo modello si riduce la possibilità di errori, intervengono strumenti efficaci per la verifica dell’appropriatezza e per la farmacovigilanza e inoltre ci sarebbe una riduzione tossicità e delle interazioni tra farmaci. Ma l’effetto più importante in fase di taglio delle spese e di egida della logica economica in questioni sanitarie consiste nella razionalizzazione della spesa farmaceutica per la somministrazione

in ospedale. Con questo metodo non ci sarebbero limiti di orario per il termine delle prescrizioni, insieme a tutte le difficoltà per il personale medico. Questa organizzazione sarebbe in grado di fornire un servizio conto terzi di confezionamento dei farmaci in unità posologica. L’argomento, come sempre succede, non manca di agitare dissensi. Uno è quello espresso dall’Aduc, l’associazione dei consumatori. Sono convinti che la riforma del farmaco monodose costerebbe di più. “Una confezione costerebbe più del prodotto stesso”. L’associazione propone la vendita del prodotto sfuso. Con tutte le misure di tutela per l’integrità del prodotto, questa misura darebbe un colpo secco a sprechi e prezzi. Ellery Queen

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RICERCA

Dormi, e avrai al massimo delle prestazioni!

Una legge che nel mondo dello Sport agonistico sta prendendo sempre più piede.

A Dieci ore a notte. Anche questo può configurarsi in un obiettivo agonistico. I pigri andranno in brodo di giuggiole. La fonte da cui arriva questo studio non è tra le più attendibili perché pone al centro della sua mission editoriale proprio la valorizzazione del sonno. Fa impressione la conclusione che ribalta totalmente il mito della persona perfettamente efficiente che dedica al riposo una parte residuale delle ventiquattro ore. In tal senso molte delle ricerche neurologiche danno ragione alla tesi per cui un pieno sonno ristoratore consente di recuperare appieno ben distribuendo le diverse apprensioni che viaggiano tra l'archivio mentale del conscio e dell'inconscio.

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Il periodico Sleep che il 12 luglio ha pubblicato questo studio, comunque, ha misurato la qualità delle attività di un gruppo formato da undici giocatori di basket. Un tipo di attività agonistica specificamente interessata alla qualità globale dell'attività di un atleta perché la prestazione si misura anche sulla concentrazione, sulla freschezza, sulla prontezza, non solo sul numero dei canestri e sulla velocità dello sprint che chiaramente sono comunque al centro degli interessi del preparatore atletico. Il miglioramento quindi è stato quantitativo oltre che qualitativo. Il 9% di canestri in più sui tiri liberi, il 9,2% per i tiri da tre punti. E poi maggiore voglia di giocare, maggiore spirito di collaborazione che

consente all'atleta di non perdere mai il senso del gioco nel pieno dello sforzo agonistico. Il risultato non è nuovo nel mondo sportivo italiano. Nel calcio Omar Sivori soleva dormire fino a poco prima di entrare in campo. Lo stesso consiglia lo studio ai giocatori di basket. Marco Tardelli invece racconta delle sue notti in piena veglia da tensione prima delle partite decisive nel grande Mundial di Spagna del 1982 che dette la corona di Campioni del mondo alla compagine italiana dopo cinquantenni di digiuno dalla massima competizione internazionale. Seguono una miriade di esempi di genio e sregolatezza di atleti che hanno asserito di notti bianche prima di prestazioni sportive clamorose. Poco importa, “basta che funzioni”. Rex Stout

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Alimentazione

Estate, stagione di riforme “Siamo quello che mangiamo”. La menzione a Feuerbach serve a ricondurre ciascuno a una coscienza di sé diversa. Dobbiamo pensare il corpo come risultato delle abitudini che gli diamo. L’estate è l’occasione per cacciare quelle cattive.

Obesità. Oramai l’Organizzazione Mondiale della Sanità parla di questa tendenza irreversibile nelle società industrializzate e quelle di ultima industrializzazione come di una vera e propria epidemia. Oramai affrontato in tutte le sedi il problema, anche del semplice sovrappeso, come portatore di malattie che conducono alla morte o a patologie croniche. Ipertensione e diabete in testa a tutti. Sembra impossibile non commettere errori alimentari. Questo anche perché negli ultimi cinquanta anni sempre le popolazioni dei Paesi con livello di benessere diffuso hanno visto diminuire di almeno un quarto il numero di calorie ingerite. Nonostante questo l’obesità è aumentata del 400%. Chiaramente il fattore determinante per l’acquisizione di peso nasce da una situazione ormonale. Questo, non per assolvere nessuno. Noi tutti mangiamo e beviamo male. Molto male. L’estate è sempre una grande occasione per alleggerirsi facendo sport e limitando la quantità di cibo ingerita. Se l’estate, quindi, è un’occasione, di questa occasione bisogna

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fare tesoro. I principi da tenere a mente sono semplici, lineari, facili da ricordare. E in fondo, facili anche da praticare. Cibi salutari, moderazione nel bere e almeno una mezz’ora di attività fisica al giorno. Passiamo al primo punto: dieta mediterranea. Secondo un’indagine della Società Italiana per la prevenzione cardiovascolare non sanno fare espliciti esempi di dieta mediterranea. Se invece tutti seguissero la cosiddetta dieta mediterranea così come trascritto sui manuali e sugli articoli specialistici e la facessero parte integrante di vita, sarebbe già una grande conquista. Pane, frutta, verdura, erbe aromatiche, cereali, olio di oliva, pesce e un buon bicchiere di vino a pasto potrebbe sintetizzarsi nella sua definizione. Nel 2010 la dieta mediterranea è stata insignita dall’Unesco come patrimonio dell’umanità. L’olio d’oliva equilibra la quantità di grassi animali tanto da diminuire i livelli di colesterolo. Si diceva un buon bicchiere di vino. Due elementi fondamentali, quindi. Buono e uno. Ma anche perché il vino,

ma anche altre bevande alcoliche, contengono antiossidanti. E poi la mezzora di attività fisica. Deve essere pratica quotidiana. Non occorre si trasformi in un nuovo fattore di stress segnato da una serie di piccoli obiettivi agonistici. Non ci sono obiettivi agonistici. L’obiettivo consiste nel non stare fermi per tutta la giornata. Quindi, meglio stare in piedi piuttosto che seduti, meglio camminare piuttosto che lo stare in piedi, meglio una corsetta lenta piuttosto della passeggiata nei campi, meglio fare le scale piuttosto che prendere l’ascensore. Praticare attività sportiva significa portare il corpo a movimenti aerobici, moderati, modulati e continuativi. Come esemplificazione tipica si può prendere la cyclette, ma anche la corsetta senza forzare i ritmi - a meno che non si riconosca in questa pratica una vera fonte di soddisfazione per cui si avverte l’esigenza di incrementare ritmi, seguire una tabella, cambiare giorno per giorno tipi di allenamento... Ma questo deve esser fatto dopo averne parlato a un medico dello sport e aver affrontato la questione con un buon allenatore. Altri sport consigliati per più moderate velocità di crociera da mezzora al giorno consistono nel nuoto, nel camminare a passo veloce. Rex Stout w w w.cittadinies alut e.it


Malattie

Decalogo per abbronzarsi I raggi del sole stimolano la produzione di vitamina D indispensabile per la salute delle ossa. Nei prossimi 5 anni è previsto l’arrivo di 10 nuovi farmaci per la sclerosi multipla. Ad annunciarlo è Carlo Pozzilli, responsabile del Centro sclerosi multipla del S. Andrea di Roma. L’abbronzatura è un fine da coltivare con attenzione e unendo ai benefici del sole altre forme di benessere fisici. Volerla acquisire rapidamente è un errore che può esser grave. Perciò si deve iniziare con poche di esposizione i primi giorni. Le ore più indicate sono la mattina dalle 8 alle 11, il pomeriggio dopo le 17. Profumi e dedoranti possono provocare eritemi e scottature. La protezione solare deve essere adatta alla propria pelle. La protezione solare va applicata mezz’ora prima, dopo essersi bagnati

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Bere molto. L’integrazione di sali minerali persi con la sudorazione è importante. Non rimanere mai fermi al sole. Particolare attenzione debbono preservarla le donne incinta. Le macchie sul volto come effetto di gravidanza potrebbero apparire come più evidenti e insieme abbassare la pressione e dare problemi alle gambe. Gli anziani sono la categoria sociale più a rischio. Quindi anche gli anziani debbono bere molto per integrare i liquidi persi. Tutti sanno che l’abbronzatura consiste in fenomeno di reazione di difesa da parte del nostro organismo che difende la propria pelle con effetto di rendere

bruna la pelle. Questo perché il corpo avverte di essere letteralmente aggredito dai raggi ultravioletti. Questi possono arrivare dalla luce solare o dalle luci artificiali come lampade e quarzo. La pelle cambia di colore divenendo più scura perché le cellule della pelle rilasciano la melanina, proprio per difendersi dalle radiazioni, solari o artificiali. La melanina viene prodotta da cellule della pelle, più esattamente dell’epidermide che è la sua parte estrema, quella più esposta. Queste cellule si chiamano melanociti. Ma ci sono anche i casi in cui il pigmento è scarso o addirittura assente. È il caso degli albini. Con l’espressione si indicano quelle persone o animali che non hanno pigmento. Soffrono quindi dei possibili danni da esposizione alla luce solare. Spesso gli albini hanno anche problemi visivi. John Dixton Carr

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Attualità

Disturbo bipolare, difficile da riconoscere

Troppo spesso si sbaglia nella diagnosi facendo confusione con altre patologie. Il male oscuro tocca anche la categoria delle belle attrici. Il 7 luglio Giulio Perugi, psichiatra di Brain Lab, ha scritto un articolo nel sito dell’Associazione italiana psichiatri dove si afferma, uno dei malesseri più diffusi in psichiatria, il disturbo bipolare (DB) sta aumentando e spesso è difficile da riconoscere non solo per le persone che frequentano chi ne soffre ma per gli stessi specialisti. “Le diagnosi restano perlopiù tardive” - ha detto Giulio Perugi. Le terapie erronee o addirittura i medicinali sbagliati inducono a un peggioramento dello stato oltre che a tentativi di suicidio in molti casi. (L’articolo è stato pubblicato sul portale dell’Associazione italiana di psichiatria). Il problema consiste nei sintomi che non caratterizzano il DB, in modo esclusivo. Si fa spesso confusione con stati di depressione maggiore, psicosi, disturbi di personalità borderline, disturbo ossessivo-compulsivo oppure con deficit cognitivi e demenze. Il richiamo dello psichiatra lancia un monito importante in tutta la categoria medica che deve riuscire a riconoscere questa malattia specifica. Di disturbo bipolare ne sa parlare con precisione chi ne ha avuto esperienza diretta. www.cittad inies alut e.it

È il caso di John Hemingway, nipote dello scrittore Ernest e figlio di Gregory che il 4 luglio ha tematizzato questa malattia in un’intervista sul settimanale Gente. “Si oscilla tra depressione ed esaltazione. Come in una partita a dadi: io ne sono scampato”. John è un medico che nel 1994 cambiò sesso. “Sia mio padre sia mio nonno erano affetti dal disturbo bipolare. In famiglia siamo abituati a considerarla una disgrazia”. Il disturbo bipolare ha coinvolto anche Catherine Zeta-Jones, attrice di film d’azione e moglie di Michael Douglas. Il 13 aprile ha dichiarato di essersi ricoverata in un centro per la salute mentale per curare il suo disturbo bipolare di cui da tempo sa di soffrire. Con questo disturbo ha un rapido passaggio da stati d'euforia o di irritabilità e momenti di depressione. Al Coming Out della Zeta-Jones ha fatto seguito a quello di un’altra grande attrice senza lavoro da tanto tempo: Carrie Fisher, la protagonista femminile di Guerre Stellari. Rimasta colpita dal sapere che Zeta-Jones ha la sua stessa malattia, ha parlato della sua cura a base di una terapia elettroconvulsiva. Carrie Fischer ha espresso qualche dubbio sul fatto che la caduta di

Zeta-Jones possa esser stata la conseguenza di uno stato di apprensione per le sorti del marito Michael Douglas, affetto da cancro e uscito dalla malattia. Carrie Fisher si sottopone a ECT (Terapia elettroconvulsiva usata per curare la depressione). La conseguenza però consiste in un grande appetito. Con disturbo bipolare si intende quel comportamente che esprime l’avvicendamento fra comportamenti opposti: un avvicendamento di condizioni contro-polari. Un susseguirsi tra eccitamento ed inibizione delle pulsioni psichiche. Questo difetto di regolazione che comporta problemi veri e propri di comportamento, si esprime in un’alternanza dell’equilibrio timico. Un comportamento che può esser confuso con la ciclotimia e che ha in comune con questa patologia il far parte delle affezioni dell’umore. Questo coinvolge anche i processi ideativi, il pensiero si altera a distanza di poco tempo nel contenuto, oltre che nel comportamento che esprime. Importanti anche gli effetti in termini di manifestazioni neurovegetative. Questo comporta anomalie nel livello di energia che sente dentro chi ne è affetto. Sbalzi che riguardano anche l’appetito, la libido, il ritmo sonno-veglia. Quindi, attenzione: atteggiamenti che possono esser presi come estrosi sono invece espressione di una patologia importante. John Dixton Carr

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RICERCA

Donne sedotte dalla seduzione letteraria Secondo una ricerca pubblicata su Journal of Family Planning and Reproductive Health Care si tratta di un agente tossico per la salute mentale della donna

Conseguenze: senso di frustrazione, deformazione della libido, fantasia deformante del senso della realtà, personalità incapace di vivere la propria dimensione. Sono le conseguenze alle quali si arriva, secondo Susan Quillian, con l’abitudine a leggere romanzi rosa e cedere alla fantasia di un mondo perfetto con uomini galanti o cattivissimi. Tutto questo crea un senso alterato della realtà e l’incapacità, a lungo andare di distinguere, fantasia e realtà. In questi romanzi non c’è la realtà di coppia: solo in una percentuale dell’11,5 per cento si parla di preservativo, il sesso è descritto in modo eccessivamente romantico saltando le cautele igieniche a cui una donna moderna deve attenersi e deve chiedere al

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suo partner. In questa letteratura, per di più, si insiste sul modello del principe che salva la donna, mentre il più delle volte nella realtà c’è la possibilità del contrario. Il pericolo consiste nell’accentuare i livelli di bassa autostima per accentuare il comportamento tipico di chi vive nel crogiuolo della fantasia. Ed ha anche un effetto subdolo sulla sessualità femminile. In questi temi narrativi la donna aspetta, deve avere pazienza, come se facesse parte della sua natura - argomento del tutto privo di fondamento ma che viene costantemente celebrato in questo tipo di letteratura. Argomento delicato, anche il rapporto con l’orgasmo. Il suo valore è visto come una dimensione della gioia diretta verso l’istinto di riproduzione. Tema,

anche questo, del tutto privo di fondamento scientifico e mai avvalorato in chiave di letteratura psicanalitica. Lo stesso tipo di rapporti che viene rappresentato nelle fiction televisive. La figura della donna, anche nel migliore dei casi, quando prende l’iniziativa e vuole farsi artefice diretto del suo destino, finisce sempre nelle braccia dell’uomo che la salva da sicura morte o perdizione. Ed anche se gli Happy endings sono un dogma della narrativa difficilmente ribaltabile sul piano della riuscita narrativa perché conferma le migliori aspettative delle lettrici, la preoccupazione sottesa nello studio citato consiste nell’effetto sostitutivo della realtà che questo tipo di letteratura possono fornire. Ma come in molti tipi di droga, legali o illegali, il problema consiste sostanzialmente nell’abuso che se ne fa. Philiphe Marlowe

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Chirurgia

Musica, musica, musica! “Sarà capitato anche a voi di avere una musica in testa, sentire una specie d’orchestra suonare, suonare”... All’ottavo congresso mondiale dell’International Brain Research Organization organizzato a Firenze in questi giorni si è rilevato come l’apprendimento della musica potenzia la facoltà di apprendere, consiste in un complemento insostituibile per la crescita del cervello, utile specialmente nei contesti nei quali non esistono molti stimoli intellettivi. La musica aumenta le facoltà di concentrazione e di capacità selettiva. Chi studia musica arriva in condizioni cognitive molto più efficienti in vecchiaia. Questo perché il cervello è “plastico”, molto malleabile: in grado diverso e con tempi variabili, i sistemi cerebrali possono essere “spinti” a migliorare fornendo loro il giusto tipo di stimoli. Un’analisi molto simile condotta da Oliver Sacks in uno dei suoi famosi saggi, scritto in chiave letteraria: Musicofilia. Oliver Sacks si inoltra ancora di più nello studio dell’effetto sulla crescita delle facoltà cognitive. Analizzando il rapporto tra musica e cecità, tra musica e colore, tra musica e Parkinson o Alzheimer. Una cosa è certa: “Le note migliorano le funzioni del cervello e le

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sue capacità cognitive, favorendo l'apprendimento”. La musica è un modo per imparare di più e meglio. Un altro studio pubblicato su Neuropsychology presenta attestazioni per cui ascoltare spesso musica e imparare a suonare un strumento da piccoli consente di arrivare alla terza età con un cervello più in forma, con un minor rischio di deficit cognitivi e demenza. Il motivo è semplice. Il cervello è “plastico”, molto malleabile: in grado diverso e con tempi variabili, i sistemi cerebrali possono essere “spinti” a migliorare fornendo loro il giusto tipo di stimoli. La musica è uno di questi: riesce infatti ad aumentare le capacità di attenzione selettiva e sappiamo che ha un impatto estremamente positivo sullo sviluppo cerebrale generale. Se ne deduce che la formazione musicale, semplice da organizzare in un percorso formativo, può esser un grande elemento di crescita mentale e di disponibilità verso il sapere in genere. Uno strumento pedagogico che aiuta i ragazzi di condizione economica più modesta, le cui effettive dimensioni di vita non aiutano il percorso di crescita

culturale come in bambini di diversa condizione. Quindi la musica è sicuramente materia di studio che aiuta nella crescita delle capacità di apprendimento. Ma esistono gli assertori della musica come facente parte di una terapia che si accompagna a una metodologia medica. È infatti attestabile che i livelli di cortisolo - ormone prodotto in condizioni di stress - diminuiscono quando cresce il livello del buon umore anche grazie all’ascolto della musica. In altri studi la pressione è stata messa in relazione alla respirazione. Si è dimostrato che un’ora al giorno di respirazione lenta con accompagnamento musicale riduce di circa 5 mmHg la pressione media delle 24 ore. L’esercizio canoro, in tal senso, è il migliore coadiuvante. La connessione è talmente forte che viene riportata spesso un’attestazione dove prima di un’operazione al ginocchio, una paziente ipertesa aveva aumentato il livello di ipertensione. Cantando la paziente è riuscita ad abbassare i suoi livelli. In sostanza la musica appartiene a un patrimonio di ricchezza umana universale che sempre più appare riduttivo relegare alla dimensione del consumo episodico regolato da un sistema economico che la riduce a merce. Francesca da Polenta w w w.cittadinies alut e.it


Attualità

Quando la morte porta doni

Il 13 luglio è rinato Harry Potter, ma è l'ultima volta. Come fosse un batterio, il male qui si combatte con un batterio della stessa tipologia, perché il bene come la salute è una conquista.

Potrebbe essere scambiato per un ribaltamento di valori etico-scientifici. I doni della morte che è uscito nelle sale italiane ribalta i termini comunemente intesi per ciò che è considerata universalmente come l'inquietante fine delle cose finite. E in tal senso la lezione di Harry Potter aggiunge qualcosa non solo alla letteratura, alla ricerca di consolazioni raffigurative, ma anche alla necessità di percepire la morte come un evento sempre possibile, quindi immanente, quindi presente nelle cose di tutti i giorni. Il suo essere presente, l'avvertirla come possibilità, è un regalo che ci fa per renderci partecipi del vero senso, insostituibile, della vita. La morte qui non è semplicemente una poetica presenza. Si presenta come possibilità di soluzione, come estremo sacrificio per stroncare il male che non si limita a stare dall’altra parte della barricata, ma fa parte della soluzione. Eliminare il male è possibile capendo che ci somiglia molto più di quanto immaginavamo. E come succede nelle sperimentazioni in medicina bisogna trovare lo stesso elemento da inserire www.cittad inies alut e.it

nell’organismo per distruggere il male che gli si annida. I due elementi si elidono e si distruggono l’un l’altro. Il dono della morte è questo. I due antagonisti, positivo e negativo, debbono autodistruggersi perché l’organismo viva. E non importa se uno dei due termini, il positivo, è Harry Potter. La scuola, la comunità, la società, gli affetti, i buoni sentimenti debbono sopravvivere. In quest’ultima metà del settimo episodio nella saga del piccolo mago, si entra fortemente nella presenza dell'Altro, indicibile. Tanto che è ”Colui-che-nondeve-essere-nominato”, Lord Voldemort, il male assoluto, come qualcosa che fa parte integrante del bene assoluto: Harry Potter. Ma il piccolo mago non potrebbe essere il grande Salvatore che sacrifica sé stesso, se non avesse in sé il male assoluto. Si configura in Harry Potter la fisionomia di una personalità bipolare. Ma una personalità richiama l'altra e non perché semplicemente il bene ha bisogno del male, e viceversa, come condizione necessaria per esistere. Ma i due condividono un tratto esistenziale molto delicato.

Le due figure però sono all’interno di Harry Potter, il bene che per essere veramente tale deve comprendere in sé stesso il suo contrario. Ma c’è una ragione in più. Harry Potter per essere veramente eroico, per combattere la parte oscura non può fare a meno di utilizzare la parte oscura di sé. La sua capacità speciale consiste nell'averla messa fuori e utilizzata a suo servizio, in un certo modo dominata. Ed in questo, solo in questo consiste la sua vittoria. Il motivo della sua vittoria, invece, non consiste semplicemente in questo. Harry Potter fonda la sua forza anche sulla sua comunità, nei suoi amici Ron ed Hermione, nella solidarietà degli altri che credono in lui. Il suo nemico - che non nomineremo un’altra volta - è solo. Così come solo rimane chi decide di rimanere nell’ombra e nel finale riscatta la sua fisionomia di nemico per apparire profondamente solidale. È Severous Piton, un personaggio che comprendere bene nella trama narrativa di tutta l’opera di sette volumi è molto importante per il valore suo educativo. Piton è l’adulto vissuto come nemico che invece riscatta totalmente la negatività con la quale strumentalmente si era presentato da Harry per entrare nella via luminosa della verità. Vanni Fucci

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RICERCA

Pesce e sonnellino e campi a lungo La pratica di vita che dà lunga vita è una consuetudine nell’isola greca di Ikaria.

In uno studio di cardiologi greci pubblicato si utilizza il metodo dell’evidenza per abdurre un metodo per vivere a lungo: fare un bel sonnellino dopo pranzo e alimentarsi con una dieta a base di pesce. Così fanno nella piccola isola di Ikaria e gli oltre novantenni sono l’1,1 per cento della popolazione. Nel resto d’Europa sono lo 0,1 per cento. L’argomento è stato vero oggetto di trattazione su un periodico specializzato, Afp. L’isola è abitata da 8 mila abitanti. Lo studio si è occupato di analizzare lo stile di vita di 1.400. Ne scaturisce che il pesce, la frutta, la verdura, i legumi e il tè sono lo scudo del sistema cardiovascolare.

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L’olio d'oliva aiuta l'attività sessuale. Bere, modus in rebus, caffè, fare la il riposino dopo pranzo sono gli ingredienti sono gli elementi dell’elisir di lunga vita. Va detto che mediamente gli abitanti dell’isola svolgono attività fisica quotidiana in modo naturale. Questo secondo i ricercatori comporta una minore incidenza di malattie cardiovascolari che determinano il 42 per cento dei decessi nell'Unione europea. La leggenda vuole che Ikaria sia l’isola dove è caduto Icaro che voleva avvicinarsi al sole con un paio di ali costruite da Dedalo. Ali che sciolte al sole per troppa prossimità finirono per far cadere questo eroe nel ten-

tativo dell’impresa titanica. Si estende su 255 chilometri quadrati, per una popolazione di otto mila abitanti. Quello della longevità per l’isola è diventato anche un motivo di attrazione turistica. Viene citato in ogni locandina che promuove l’isola ai viaggiatori di tutto il mondo. Ad Ikaria ci sono terme, c’è il mare, sana alimentazioni a base di pesce, vita tranquilla, regolata dai cicli naturali... Non è molto diverso da altre isole. Non si capisce bene perché Ikaria debba avere questo singolare primato. E allora una delle cause dipende dal suo tè. Nell’isola la bevanda è di uso comune in tutte le ore del giorno. Insieme alla conduzione di una vita naturale fosse questo il salutare rimedio? Piccarda Donati

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RICERCA

Le patatine come una droga

Lasciano una dipendenza come gli endocannabinoidi, sono lesive per la dieta, ma danno un gusto favoloso. C’è più di qualche elemento perché siano assimilate a forme di dipendenza.

Sono i grassi delle patatine - qualsiasi tipo di patatine, sia quelle che si comprano nel sacchetto, sia quelle del fast food - a celare una dipendenza. Questo perché scatenano la produzione nell’intestino degli endocannabinoidi. In altri termini sono simili alla marijuana. Lo ha dimostrato uno studio pubblicato su un periodico di informazione sulla ricerca scientifica, Pnas, anagramma di Proceeding of the National Academy of Sciences. I ricercatori hanno dimostrato questa tesi in chiave sperimentale di laboratorio, non avvalendosi di rilevazioni sui comportamenti o cercando su basi statistiche. Anche in questo caso gli attori della sperimentazione sono stati gli amici roditori. Sono meccanismi di difesa che consentono all’animale di fare incetta di cibi grassi per rilasciare molecole digestive correlate alle sensazioni di fame e di sazietà. Questo meccanismo però rischia di rivolgersi contro l’uomo perché non avente il problema della sussistenza (al-

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meno quello che mangia solitamente patatine). Oggi i grassi sono largamente disponibili. Averne in eccesso, come succede oggi, induce obesità, diabete e cancro. Ma i recettori , gli endocannabinoidi, potrebbero essere contrastati a livello di intestino, senza effetti collaterali come ansia e depressione. Diversamente da altri elementi che trasmettono neurologicamente degli stimoli, gli endocannabinoidi non vengono recepiti. Sono sintetizzati iniziando da precursori fosfolipidici di membrana. Appena prodotti sono rilasciati dalla cellula e vanno a legarsi ai ricettori di cannabinoidi presenti su cellule limitrofe o sulla stessa cellula che li ha prodotti. Gli endocannabinoidi sono inattivati grazie a degradazione attivata attraverso il fenomeno conosciuto come idrolisi, ma anche riciclati attraverso il sistema conosciuto con l’espressione reptake. L’anandamide - l’espressione arriva da “ananda”, “felicità” in sanscrito - è conosciuta per la cannabis. In altri termini, si lega al ricettore cannabinoide, perché simula gli effetti dei cannabi-

noidi della cannabis. Gli endocabbabinoidi producono, quindi effetti assimilabili alla cannabis. In qualche modo regola la sensazione di dolore, la memoria, l’appetito, la dipendenza da droghe. Anche sull’istinto di riproduzione ha un effetto perché rilascia le gonadotropine. Sempre in tema di anandamide, ci sono ricerche che ne attestano in donne, durante il periodo mestruale, una speciale sintesi e livelli più alti di ovulazione. Far discendere tutto questo dalle patatine è sicuramente eccessivo. Ma sicuramente si spiegano le ragioni di tanti atteggiamenti ossessivi nei confronti di questo tipo di alimentazione. Di qui, atteggiamenti ossessivi e morbosi nei confronti di questa ordinaria prelibatezza. Piccarda Donati

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Curiosità

La cellulite non se ne va sommando farmaci!

Evitare di mettere insieme diverse prescrizioni nel tentativo di fare prima nello sciogliere le indesiderate imperfezioni della pelle dovute a difetti di circolazione.

Il 15 luglio il Consiglio Superiore di Sanità ha emesso un parere dove si dice a chiare lettere che i cocktail di farmaci finalizzati a debellare la cellulite di lisi adipocitaria non debbono essere somministrati, tantopiù non debbono essere improvvisati. Il quadro di coloro che cercano di recuperare quel tempo non dedicato a palestre, saune e nuoto, è chiaro. La stagione estiva incombe, anche le pubbliche esposizioni, tantopiù impellente limitare gli inestetismi che accentuano il senso di inadeguatezza e alimentano ansie, insicurezze, problemi irrisolti con sé stesse. Uno dei profili più alti delle autorità nazionali in fatto di Sanità è però voluto intervenire esplicitamente sull'argomento. Si chiarisce che nonostante in Italia non siano pervenute denunce di complicanze gravi nei trattamenti di lisi adipocitaria tali da inibire l'uso di queste tecniche, si ritiene tuttavia opportuno sconsigliare l'uso di cocktail farmacologici nelle tecniche mesoterapiche. A pubblicare la presa di posizione sul sito istituzionale del Ministero della Salute è il sottosegretario Francesca Marwww.cittad inies alut e.it

tini, che aveva richiesto al Consiglio superiore della sanità un parere pro veritate. A smuovere la questione è stata la pronuncia della Haute Autorité de Santé (HAS) francese che evidenziava rischi per la salute derivanti da trattamenti di lisi adipocitaria tali da aver dato luogo a un decreto di divieto, poi peraltro rivisto dal Ministero della salute francese. “Ho richiesto la formulazione di un Parere sulle tecniche di lipolisi al Css ha voluto chiarire il sottosegretario - per verificare che esse non comportassero reali rischi per la salute dei cittadini e per fornire una corretta informazione sulla materia in modo da non creare allarmismi conseguenti a possibili informazioni fuorvianti. Costituirò comunque un Osservatorio che, in collegamento con gli uffici competenti del ministero della Salute, avrà il compito di rilevare eventuali eventi avversi relativi a trattamenti di medicina estetica al fine di adottare le misure più idonee a tutelare la salute dei cittadini”. Cos’è la cellulite corrisponde a nozione ben nota. La degenerazione progressiva del tessuto sottocutaneo

assume dei caratteri evidenti e sgraditi quando le cellule adipose sono immerse in eccesso di liquidi. È questa la condizione che determina il tessuto fibroso. La causa del ristagno di liquidi consiste nella circolazione dei capillari sottopelle che si altera. Quando ci si mette anche il sovrappeso o addirittura l’obesità ci sono anche problemi di circolazione del sangue alle gambe. In sostanza è ben noto in tutte le sedi cliniche che il problema della cellulite non si riduce a un capriccio estetico. Appare, invece, il dato sintomale di un malessere profondo che deve essere combattuto prima che peggiori. La migliore cura consiste in un regime di alimentazione, di attività fisica regolare che eviti sregolatezze ed eccessi. Un buona abitudine consiste nel bere molta acqua e infusi drenanti a base di tarassaco, ananas e meliloto. Esistono poi principi attivi in grado di migliorare la condizione del microcircolo e aiutano a eliminare e limitare i liquidi in eccesso. Sono gel, spray o creme a base di estratti di mirtillo rosso, ippocastano, rusco, amamelide o meliloto, centella, ginko. Tutto bene, però non improvvisarsi medici o terapeuti. Consigliarsi con esperti legittimati prima di interprendere una terapia. Louise Salomé

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Sport

Crisi di panico!

Il 19 luglio Giorgia Consiglio si ritira da una gara dei dieci chilometri di nuoto durante i Mondiali in corso a Shangai. “Respirava male, si è spaventata, le è venuto l’affanno ed è entrata in crisi”. Il breve commento a seguito della prestazione di Giorgia Consiglio al Mondiale di Nuoto in Cina. Una giornata da dimenticare, dicono le cronache sportive, per lei. La psicoanalisi invece le direbbe che è una giornata da ricordare bene perché queste crisi sono il sentore di un malessere più profondo sul quale lavorare per capire, comprendere e superare. Era successo anche alla Pellegrini, troppa tensione per una gara, problemi personali lasciati irrisolti e anche per i campioni arrivano gli scherzi della psiche portatrice di tempesta, piuttosto che una pacificazione apparente di affetti, valori, relazioni del proprio campo visuale. Sotto il profilo strettamente agonistico la vice campionessa mondiale di specialità, e detentrice del titolo europeo, si è ritirata dopo circa cinque chilometri nella gara dei dieci chilometri che stava disputando a Shangai. Una crisi respiratoria provocata da un attacco di panico l’ha bloccata non consentendole di continuare la sua gara di fondo. La nuotatrice, visibilmente spaventata, si è ripresa pochi minuti dopo essere www.cittad inies alut e.it

uscita dall’acqua. Subito le rassicurazioni da parte di Sergio Crescenzi, medico responsabile della squadra. Nessun problema fisico, clinicamente sta bene e si è ripresa subito anche dalla crisi nervosa. Durante le crisi di panico vi è un aumento della frequenza respiratoria che provoca una carenza di concentrazione di anidride carbonica nel sangue. Questo causa le tipiche sensazioni da iperventilazione, come vertigini, confusione mentale, perdita di coscienza, che allarmano e provocano a loro vlta scariche di adrenalina che agiscono sull’apparato muscolare e cardiovascolare, rendendo la situazione ancora più drammatica. In realtà, se non esistono gravi problemi fisici, non c'è nessun rischio imminente per la salute. Gli esperti inquadrano queste sensazioni come favorite da intenso aumento del’attività autopercettiva. Questa intensità deriva da ansia anticipatoria. La crisi è una conseguenza. Il processo di autocontrollo che si viene a creare consiste in una dimensione tipica degli stati di vigilanza. Un meccanismo che viene innescato come autodifesa nei momenti in cui la persona deve difendersi in situazioni

estreme. Nelle situazioni psicologiche che evidenziano un’anomalia scatta anche in condizioni che non necessitano questo meccanismo. L’effetto più indesiderato per chi ne soffre consiste nella perdita dell'autocontrollo. Il soggetto si autoprotegge. Nel far questo si chiude alle ordinarie relazioni affettive e operazionali quotidiane. La sensazione è di stare in trappola. Una paura di pericolo anche se pericolo non c'è sotto nessun punto di vista, anche quello consapevole di chi è in stato di sofferenza. Agorafobia o claustrofobia l’effetto di malessere più tipico. Solitamente le crisi da attacchi di panico arrivano in dimensioni mentali in cui c'è una forte razionalizzazione di affetti, relazioni e scelte di qualsiasi tipo. Un elemento presente nel sottofondo consiste nella paura o nella considerazione del prossimo distacco da figure importanti. Quello che si crea è quindi una vera e propria angoscia da separazione. Oltre la psicoterapia c’è un modo per combattere gli stati sintomali, i malesseri veri e propri. Il modo migliore consiste nell’utilizzare tecniche di respirazione. Il meccanismo perverso che dà il senso di chiusura oppressiva o un orrendo tremore per il vuoto tutto attorno consiste infatti nell’aumento non percepito della frequenza respiratoria che rimane uno degli aspetti più evidenti della crisi. John Dixton Carr Cittadini & Salute

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150° Anniversario Unità d’Italia

Primo nemico dell’Italia unita: la tubercolosi

Uno spettro si aggira in Italia a cavallo tra Ottocento e Novecento, la tubercolosi. Su mille morti se ne contano 78 per tubercolosi. Il malato inizia ad essere studiato come caso singolo da curare. La malattia si espande nonostante la Lega per la lotta contro il male fondata da Achille De Giovanni (18381916). Il medico ex garibaldino mantovano si forma con le nuove tesi materialistiche e positiviste basate sulle opere di Lamarck e Cabanis. Elabora quindi una clinica sperimentale coerente con l’elaborazione della biologia in quegli anni. Ma De Giovanni insiste sul fatto che fisiologia e morfologia debbono lavorare insieme, prende in considerazione l’ereditarietà delle malattie quando l’ereditarietà in medicina non era neanche un’opinione. Entra in contrasto con la batteriologia molto accreditata in quegli anni. Nel 1860 contrae la tubercolosi, ma questo non gli impedisce di valorizzare le nuove prospettive della ricerca di medicina sociale. Le promuove alla classe politica, si batte per riforme sanitarie tesa alla prevenzione. Altro rimedio tentato con scarsi esiti, la collasso-terapia della tisi polmonare attuata da Forlanini. Tenui anche i successi della profilassi della “vaccinazione antitubercolare” o “immunizzazione passiva” con le quali Edoardo Maragliano (1849 - 1940) combatte la malattia. Maragliano tenta un metodo, oltre

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che una terapia. Impiega un vaccino preparato con bacilli tubercolari morti. Ad inizio Novecento le ottimistiche speranze di arrivare a una cura specifica si fanno più tenui. La clinica non ha grande potere di controllo, anche se batteriologia e radiologia assicurano diagnosi precise e tempestive. Più che dal trionfo della medicina, c’è da aspettarsi che l’inversione di tendenza, cioè una diminuzione della mortalità per tubercolosi, possa realizzarsi mediante l’elevazione degli standard di vita. Il fattore sociale, l’igiene dell’ambiente, rimangono i fattori decisivi per la lotta alle malattie. Ma la clinica tra Ottocento e Novecento ha un grande merito: la batteriologia è venuta a spostare l’interesse medico dal malato come essere concreto al malato come astratta entità capace di rendere manifeste forme morbose esistenti per sé stesse, quali le malattie dovute a quell’ens morbi che è l’agente batterico. La radiologia è venuta a inserire tra medico e malato un apparato tecnologicostrumentale complesso e distanziatore. La clinica di Maragliano dimostra che la difesa contro il bacillo di Koch è maggiore negli organismi preparati con “tubercolina” o protetti con “antitossine”.

La malattia si ritiene sia causata da più fattori - endogeni ed esogeni, biologici e ambientali. Ma di tubercolosi ne muoiono come in trincea durante la prima guerra mondiale. La tubercolosi sale nella graduatoria delle più micidiali cause di morte. Tra le cause di falcidia durante la prima guerra mondiale, tra 1917 e 1918, c’è anche un’influenza scatenata da condizioni di miseria in larghe fasce di popolazione. Si tratta della cosiddetta “Spagnola”. In pochi mesi miete fra le genti indebolite da tre anni di privazioni, 600 mila vittime. Tanti quanti muoiono in guerra. Mali che grazie alla scoperta della penicillina, avvenuta nel 1922, furono stroncati, onde riapparire negli anni Ottanta a causa della sindrome da immunodeficienza. Ma solo poco prima della metà del Novecento la malattia poté esser considerata come debellata. La scoperta fu attribuita ad Alexander Fleming, che vinse il Nobel per la Medicina nel 1945. In verità nacque dall’osservazione che la muffa era un elemento sulla quale il batterio non cresceva, ma grazie alle osservazioni di un medico italiano:a Vincenzo Tiberio. Nel 1895 Tiberio scrisse il resoconto delle proprie scoperte: “Sugli estratti di alcune muffe”. Conan Doyle w w w.cittadiniesalu te.it




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