Mario
Dionisi Cari amici lettori,
In Regione sono cambiati i dirigenti con i tutti i requisiti, ma di cui abbia completa e
quali le imprese debbono rapportarsi. umana fiducia. Altrimenti una struttura diriQuesta può sembrare una notizia inin- genziale fissa all’interno di una struttura
fluente, invece si tratta di un motivo forte pubblica rischierebbe di avere su di sé eccriticità sulle mosse della nuova amministra- cesso di potere rendendo il politico eletto zione insediata. Nessuno oramai discute più ostaggio della nomenclatura. lo spoil system - cioè l’amministratore che ar-
E questo sarebbe assolutamente sbagliato.
riva colloca i suoi tecnici nei ruoli di riferi- Invaliderebbe il significato delle elezioni e mento perché di loro ha fiducia.
(Sempre lecita è l’obiezione del cittadino: ma
del ricambio democratico.
Ma cambiare i dirigenti che sono stati già
allora tutta la pletora di dirigenti e funzionari cambiati, che senso ha? Si è scoperto imme-
insediati in pianta stabile negli uffici della Re- diatamente essere inadempienti, per cui si rigione Lazio a cosa serve? Se ogni nuovo ammi- corre ai ripari per tempo. Va bene. Ma ai
nistratore cambia i dirigenti, a che serve ci siano precedenti funzionari, nominati e disdetti,
altri dirigenti in pianta stabile? Non ad esple- si continuano a pagare gli emolumenti? tare ulteriori competenze perché quelle precise, Oppure il loro finisce per essere un rapporto
specifiche, individuabili, che l’ente-regione deve occasionale?
evadere riescono ad essere lavorate solo su pres-
sioni e inistenze da parte dei soggetti titolari di
un interesse legittimo).
Quindi, dicevamo: va bene lo spoil system.
Il nuovo presidente della Regione Lazio do-
vrebbe chiarirci questo quesito, innanzitutto.
Ha dimostrato di muoversi e di decidere. Non è detto però che le decisioni siano quelle
Va bene il fatto che il politico che si insedia si giuste. fidi di persone con curriculum adeguato e w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
Mario Dionisi
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ATTUALITÀ Il 6 maggio a Roma presso il Ministero della Salute si è svolto l’ottavo seminario di alta formazione in Programmazione Sanitaria. Si è parlato di etica. Più esattamente, “L’etica delle professioni sanitarie”. Come se l’etica fosse una materia che si potesse trattare al di là di uno specifico atto sul quale discutere l’eticità. E non si capisce bene perché le professioni sanitarie debbano essere particolarmente attraversate dal dilemma etico. In effetti, nessun dilemma è possibile nel metodo di cura della salute. L’obiettivo è la salute del paziente. Quando per mancanza di conoscenze questo obiettivo non è perseguibile, si deve accompagnare il malato verso una fine dignitosa o, se del caso, verso un modo di convivenza della sua malattia che lo porti a viverla con livelli accettabili di agio il più a lungo possibile. Dove arrivano i problemi etici? Lo ha detto Francesco Bevere, direttore generale del dipartimento della programmazione e dell’ordinamento del Sistema sanitario nazionale del ministero: “Vogliamo analizzare il tema dell’etica e il suo legame con il concetto di centralità della persona, dopo un periodo nel quale l’attenzione è stata concentrata più sull’evoluzione delle conoscenze e delle competenze (in campo biomedico e manageriale) dei professionisti che svolgono direttamente atti di tutela della salute, che sull’umanizzazione delle cure”.
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Etica nella cura
Se ne è parlato in un convegno al Ministero nel quale al primo posto viene messo il diritto alla cura Quindi l’ammissione che in questi anni c’è stata più di una deformazione. Non solo il primato assoluto dell’economia, bensì la percorrenza di criteri che seguono esclusivamente il protocollo di cura del malato, disoccupandosi totalmente della sua soggettività e del suo specifico modo di aderire ai sistemi di cura. Ha, infatti, chiarito Bevere: “La ricerca dell'appropriatezza, dell’efficacia, della qualità delle prestazioni, dell’efficienza delle aziende territoriali e ospedaliere non può infatti prescindere da un ripensamento del valore etico proprio in termini di etica dell’umanizzazione, da reinterpretare in un contesto sociale, tecnologico ed economico molto diverso rispetto al passato”. - Sull’umanizzazione delle assistenze sanitarie è stato detto che gli atti medici assistenziali di tutela della salute possono essere complicati nell’esecuzione (ad esempio operazioni a cuore aperto, trapianto di organi) ma facilmente comprensibili anche da un non esperto che ne osserva lo svolgimento; - Quindi distingue tra il concetto di “complicato” (caratterizzato da moltissimi elementi collegati tra loro da relazioni deterministiche) e “complesso” (composto da pochi o molti elementi che
tuttavia sono tra loro collegati da relazioni non deterministiche e comunquenon prevedibili); - La complessità dei sistemi di tutela della salute è quindi riconducibile agli aspetti organizzativi ed economici; - Di conseguenza, etica significa ridurre i livelli di complessità “non necessari”. I sistemi di tutela della salute costano molto. Mintzberg invece afferma che, senza negare gli sprechi e le inefficienze che esistono come in tutti gli altri settori dell’economia, il vero problema deriva dal fatto che il progresso delle conoscenze in campo biomedico ha aumentato enormemente le possibilità di tutelare la salute ma che le moderne società non sono disposte a sostenere questo costo. Una trattazione a parte invece è stata riservata per le amministrazioni pubbliche l’etica richiede di “essere duri (fermi) nello spirito (nei principi, nelle virtù) e teneri nel cuore (nei comportamenti verso gli altri) ”. Per chi opera nelle amministrazioni pubbliche e per chi intende operare per diffondere l’etica nelle e per le amministrazioni pubbliche ciò significa essere decisi e fermi nel proporre leggi, regole di funzionamento, criteri di valutazione dell’amministrazione, ma flessibili nell’applicare principi, regole e criteri w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
per la salute
secondo le effettive possibilità di guarigione. Un occhio attento è dedicato ai giovani e alla prevenzione
alle specifiche situazioni di chi si rapporta all’amministrazione. Equità ed etica chiedono di trattare in modo diverso situazioni diverse, poiché ciò non indebolisce i principi, le regole e i criteri generali ma, al contrario li rafforza. Discorso specifico per le amministrazioni pubbliche. Qui c’è “recupero del senso etico si basa anche su autorevolezza, credibilità, trasparenza e ricerca della verità da parte di chi occupa posizioni di potere-responsabilità-servizio”. Questi i contenuti emersi nel convegno. Comportamenti etici possono esserequelli di persone che, pur riconoscendo l’esigenza di rispettare vincoli esterni per riconquistare l’autonomia e la libertà decisionale (ad esempio dell’Unione Europea o del Fondo Monetario Internazionale per la situazione della finanza pubblica e del debito) ricercano soluzioni anche fuori dagli schemi tradizionali dell’economia, al fine di evitare la caduta del paese in una situazione e recessione che penalizza sempre i gruppi più deboli (individui e famiglie con basso reddito, persone con disabilità, giovani che trovano ostacoli all’inserimento nel mercato del lavoro). Comportamenti etici richiedono di andare oltre la semplice professionalità al fine di respingere proposte e politiche w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
“idealistiche” o frutto di compromessi ma che sono irrealizzabili. Comportamenti etici richiedono di sviluppare non solo conoscenze, competenze tecniche (ad esempio di tipo macro economico o di finanza pubblica), ma anche di porre attenzione e di rafforzare le capacità di negoziare, di comunicare correttamente e di far accettare scelte impopolari. Comportamenti etici richiedono di superare la resistenza e il cambiamento o di abbattere opposizioni al cambiamento, tramite la capacità di elaborare proposte in grado di attuare (o far apparire) il criterio di “win win”. Esempi per i giovani Ma la questione principale affrontata nell’iniziativa del 6 maggio non si concentra solo sulla riuscita della terapia ma sui suoi criteri: “L’etica non va intesa come un valore astratto, ma deriva anche, se non soprattutto, da processi educativi e dagli esempi che i giovani, ma non solo loro, hanno a disposizione. Come tutti i valori fondamentali, anche l’etica è radicalmente diversa dai beni economici, in quanto essa non si consuma con l’esercizio, ma, al contrario, si rafforza in chi in essa crede e si comporta con coerenza, indipendentemente da convenienze personali o da incentivi di diverso tipo presenti nelle istituzioni-aziende private e pubbliche.
In un periodo storico in cui si afferma che la società ha bisogno di regole, occorre ricordare che le regole sociali, al contrario delle leggi naturali o fisiche, sono definite da persone e, pertanto, ciò di cui ha bisogna la società, e nello specifico il sistema delle amministrazioni pubbliche, sono valori forti da cui far discendere regole rispettose dei diritti delle persone, da cui a loro volta devono discendere comportamenti rispettosi delle regole e coerenti con i valori. Senza il riconoscimento di queste relazioni logiche non è possibile passare da un modello burocratico di amministrazione pubblica a un modello di amministrazione pubblica orientata al servizio. Infatti, si tratta di un passaggio che non deriva da teorie-logiche manageriali e funzionali, ma che può essere radicato solo in una concezione antropologica, filosofica, culturale e sociale, nella quale al termine di “classe dirigente” (ruling class) deve sostituirsi il concetto di “classe al servizio della comunità” (responsible and accountable class). Una concezione nella quale chi ha posizioni di responsabilità più elevate non deve pensare di avere più potere e più diritti nei confronti della comunità, ma deve interiorizzare il fatto che ha maggiori doveri. In questo modo potrà ottenere un consenso anche su politiche di sacrificio, come sono quelle richieste in questo periodo storico e in questa fase dell’economia del nostro paese, in Europa, nel mondo occidentale”. Fonte: Ministero della Salute, 6 Maggio
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CURIOSITÀ
Negli States gli oncologi si ribellano Esiste un paese in cui i medici non sono asserviti agli ordini delle multinazionali del farmaco Da diversi mesi il quotidiano New York Times riporta la levata di scudi da parte degli oncologi statunitensi che si ribellano contro il caro-farmaco utilizzato per terapie contro malattie relative alle specialità di cui si occupano. Questi farmaci, in verità, non sono salvavita. Nel migliore dei casi riescono a far vivere qualche mese in più ma non hanno gli effetti curativi che promettono i prezzi per cui l’utente deve pagarli. (Il fatto di essere in un sistema sanitario assolutamente non protetto, qual è quello degli Usa, fa crescere la sensibilità degli operatori sanitari sulla bontà delle proprie applicazioni. Negli Usa, in sostanza, non c’è Stato Pantalone che paga).
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Ed è così che danno indicazioni precise circa i farmaci che non darebbero un effetto giustificato ai propri alti guadagni. Le inchieste del New York Times si peritano anche di indicare a quanto ammontano questi guadagni incredibili e il nome delle imprese che li incassano. Si tratta sempre di antitumorali approvati dalla Food and Drug Administration. Nella lista solo i primi undici costano centomila dollari ogni anno. Dai ventimila ai trentamila dollari ogni anno, il prezzo che un malato di cancro deve sborsare solo per aiutarsi con medicine. Anche Blood, ha pubblicato una denuncia dei cento specialisti nella cura della leucemia mieloide cronica provenienti da 15 differenti paesi del mondo: USA, Germania, Regno Unito, Canada,
Norvegia, Francia, Italia, Corea del Sud, Messico, Argentina, Australia, Giappone, Cina, Russia e Sudafrica. I medici firmatari della denuncia hanno seguito il principio del “Primum non nocere” e sono di conseguenza tenuti a difendere i pazienti dai danni che un costo così elevato dei medicinali può provocare. Visto che si tratta di cure salva vita ma molti malati non se le possono permettere. Eloquente il fatto che proprio negli Usa una protesta venga proprio dal personale medico che ha meno garanzie dei nostri e più soggetto alle temperie del mercato. Questo a dimostrazione che il garantismo dello Stato non sempre produce effetti positivi. Beatrice Portinari
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RICERCA
Cervello asimmetrico, è meglio!
La flessibilità tra destra e sinistra parte dalla nostra testa. Si svelano dinamiche e interdipendenze sempre più intrecciate tra parte creativa e razionale Si tratta di una ricerca sulla quale si potrebbe speculare una tesi del trasversalismo. Scherzi a parte, si rivitalizza la tesi ben conosciuta della divisione dei due emisferi cerebrali tra destra e sinistra, per i quali si dividono rispettivamente la parte raziocinante e quella creativo-espressiva. Questa divisione originaria fonda il concetto stesso d’intelletto, per cui ci sarebbero le persone più creative e meno logicistiche come il contrario. Ma anche per le simmetrie, ciascuno ha la sua. Così com’è vero che le asimmetrie hanno forme diverse. Tra diverse forme di asimmetria tra emisfero sinistro e destro c’è l’asimmetria fluttuante, che, secondo questa ricerca, è stimolata a causa di fattori ambientali determinanti per lo sviluppo del cervello. La ricerca è apparsa su Proceedings of the Royal Society Biological Sciences. Nel rapporto tra creatività e razionalismo, entrambi una variante dell’altra, si rimanda anche ad un rapporto molto più complesso e intrecciato tra formazione esperienziale e quella neuronica.
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Anche in tal senso le interdipendenze sono sempre più oggetto di ricerca e di ulteriori approfondimenti. Un grande passo in avanti sono dati dai sistemi tecnologici per cui attraverso la risonanza magnetica si possono osservare direttamente le fasi in cui il cervello viene sollecitato e in quale specifica parte. Non bisogna mai dimenticare che il cervello consiste nell’organo del sistema nervoso principale. Non esistono animali senza cervello. In tutti i cervelli esiste una forma di simmetria bilaterale. L’uomo non fa eccezioni. Ma il cervello è una parte dell’encefalo che è il vero contenuto complessivo di quel che è presente all’interno della scatola cranica. Il cervello si occupa, insieme al sistema endocrino. Regola una parte importante delle funzioni vitali. È sede di regolazioni omeostatiche e delle funzioni cerebrali superiori. Negli esseri umani la corteccia cerebrale cresce enormemente di dimensione, diventando la struttura predominante del cervello. Inoltre, rispetto ad altri mammiferi, la corteccia cerebrale negli umani assume un ruolo più importante a livello funzionale. Giovanna Visconti
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REGIONE LAZIO
Zingaretti, primo bilancio
Ha deciso che i direttori Asl siano valutati da Agenas e ha cancellato l’Asp. Un modo per dire: qui comando io Obiettivo: eliminare l’influenza politica, il primo vaglio è di tre esperti. L’ente-regione ha rinunciato a nominare due suoi rappresentanti nella fase di primo vaglio costituita dalla commissione giudicante la rispondenza dei curricula ai requisiti richiesti. “Una rivoluzione del merito e del valore delle persone”. Così l’ha definita chi ha deciso di attuarla: il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Le nuove norme servono a fare una preselezione tra gli aspiranti. Le candidature devono pervenire entro trenta giorni dall’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale. E a valutare tra le referenze dovranno essere tre tecnici dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. E ci sono anche differenze nelle referenze richieste per un direttore generale di un’azienda sanitaria: dall’essere bastevole mostrare i galloni di direttore di unità operativa semplice al dover esibire competenze direttive in un’unità operativa complessa. (Questo però implica anche una minore possibilità di ricambio e di scalata tra diversi livelli di dirigenti sanitari). Se si arriva dalla direzione di una struttura sanitaria privata, bisogna esibire la qualità di esser stato amministrator unico, non basta la semplice direzione di un’azienda, anche se con diversi addetti. (Anche in questo caso si inseriscono maglie più strette in cui il criterio di selezione appare più limitato). Anche per l’Asp il nuovo presidente della Regione Lazio ha usato il rasoio. Costava sedici milioni l’anno. Troppi. Si prevede un risparmio di otto milioni l’anno. La discussione è iniziata il 9 aprile. La sua cancellazione è stata decisa con legge regionale il 30 aprile. E così l’Asp non c’è più. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha spiegato: “Vogliamo dare segnali chiari sugli impegni presi sul tema della sanità e su quello della razionalizzazione delle nostre aziende. Chiuderemo l’Asp, l’Agenzia di Sanità Pubblica, e trasferiremo le sue funzioni agli uffici della Regione, salvando quindi i posti di lavoro. Troppi luoghi dove si prendono le decisioni, infatti, contribuiscono alla confusione che abbiamo trovato”. I trentotto dirigenti e centoquattro dipendenti debbono essere ricollocati altrove. Si è scoperto solo ora che le funzioni dell’Asp possono essere svolte all’interno dei dipartimenti, delle strutture regionali. L’Asp serve a effettuare confronti fra programmi sanitari completamente differenti. In altri termini a individuare piani di investimenti produttivi per la Sanità in modo che l’amministratore pubblico possa decidere per il meglio. Zingaretti chiarisce: “Non viene messo in alcun modo in discussione il lavoro e le ricerche svolte finora: si mette mano semplicemente ai costi extra per le casse regionali facilmente individuabili e non legati alla mission scientifica dell’Agenzia, come quelli relativi a: Cda, affitto e gestione dei locali, utenze, consulenze esterne e acquisti di beni. La qualità del servizio reso ai cittadini laziali sarà immutata: su questo la nostra maggioranza è in grado di fornire ampie garanzie e lunedì sono certo che ne avremo conferma anche dalla relazione tecnica della Giunta, che si unirà alla visione strategica di una Sanità innovativa e al passo coi tempi”. Piccarda Donati
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CURIOSITÀ Secondo una ricerca con il mangiare nostrano si attivano enzimi in grado di non far invecchiare le cellule. Si tratta di un nuovo riconoscimento al nostro sistema di nutrizione, uno dei moltissimi tanto che c’è da chiedersi come mai in tutto il mondo non si adotta il nostro sistema alimentare. La risposta è presto detta. Il complesso vitaminico che naturalmente viene assunto nei nostri sistemi non può essere facilmente riprodotto in altri luoghi del mondo. Per questo, quindi, la longevità di media degli italiani - che, a questo punto, non dovrebbe più essere attribuita al nostro sistema sanitario. Tornando alla ricerca che è stata battuta su tutte le agenzie e notiziari, si tratta della rilevazione su circa duecento persone anziane. In queste è stato rilevato un enzima per il quale le cellule restano più giovani. Sono sempre i telomeri, sui quali si sono concentrate anche recenti ricerche. (Sono la parte terminale dei cromosomi - degli orologi per le cellule). Chi mangia mediterraneo ha l’enzima attivo. Chi no, si rassegni. Il telomero la dice lunga. E per salvaguardarlo c’è bisogno di mangiare frutta, verdura, legumi, pesce fresco e cibi a basso contenuto di grassi. Ma la questione centrale riguarda il fattore di invecchiamento determinato dai telomeri.
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Mangia mediterraneo
Un’altra tirata sul nostro sistema alimentare pubblicato su Plos One. Secondo una ricerca sono danneggiati fortemente dall’ansia e l’effetto più forte è nelle donne. Un caso che ci dice nuovamente che è la genetica a dare le risposte ultimative. In altri termini, le donne ansiose hanno i telomeri corti. Si tratta dell’ultima sezione del Dna, volta a proteggere il materiale genetico. Con i telomeri corti, quindi, ci si invecchia prima. Ma se vuole essere accordata la relazione stretta tra telomeri e invecchiamento, rimane da dimostrare la relazione tra ansia e telomeri. La ricerca vanta gli esami del sangue a cinquemila donne con età compresa tra i 42 e i 69 anni che hanno risposta a domande sulle loro fobie e ansie. Questi test avrebbero messo in relazione le donne ansiose a quelle con i telomeri corti. Sempre i telomeri sono annoverati come elemento di osservazione per fare una previsione sul tempo di vita di una persona. Quindi, attraverso l’analisi del sangue si potrebbe capire questo grande segreto del destino. Con quattrocento sterline sarà a disposizione la previsione sui tempi di vita del soggetto. Il 16 maggio su The Indipendent è stata pubblicata un’anticipazione dal
carattere epocale. Una risposta a una delle domande impossibili alle quali l’umanità si è sempre sottoposta: di quanto tempo di vita dispongo? Un modo per dissacrare la morte per viverla come un appuntamento prevedibile. Sarà sufficiente un esame del sangue che tra qualche mese sarà semplicemente alla portata per capire l’età biologica della fisiologia della persona. Tra qualche mese in Inghilterra, potrà essere eseguita. Dalla propria età biologica al capire quanto resta da vivere il passo dovrebbe essere breve. L’analisi misura le strutture vitali dei telomeri. I telomeri sono le parti terminali dei cromosomi. Secondo i ricercatori sono il più importante indicatore della velocità dell’invecchiamento umano. Sullo stesso ambito di ricerca si scopre che il gene che mantiene giovani. E nuovamente vengono menzionati i telomeri. Un team di ricercatori della University of Leicester e del King’s College di Londra ha individuato il gene che potrà spiegare i motivi per i quali alcune persone restano giovani a lungo, mentre altre invecchiano precocemente. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
e vivi a lungo!
Ma bisogna fare attenzione sulle contraddizioni presenti nelle notizie sul modo di nutrirsi Il segreto starebbe sempre nella lunghezza dei telomeri, piccoli orologi biologici e regioni terminali dei cromosomi. Le persone che hanno la versione del gene “Peter Pan” hanno i telomeri più lunghi, ovvero il loro orologio biologico si muove più lentamente. I ricercatori non escludono la possibilità di mettere a punto farmaci per rallentare l’invecchiamento, mantenendo sani il cuore e il cervello anche in età avanzata. Ma perché dare tutto come predestinato dal corredo cellulare? In questo caso i modelli di vita non avrebbero valore. Nasce così il modello Italia: contro ogni prescrizione medica, appaiono genericamente più grassi ma anche più longevi.
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Secondo una ricerca sono molto sedentari, sovrappeso, non si curano ma campano di più. La rilevazione statistica è stata presentata all’Università Cattolica di Roma il 29 aprile tra il 2007 e il 2011 le persone di sesso maschile in Italia hanno vissuto 0,7 anni in più rispetto il quinquennio precedente. Le donne, invece, 0,5. Tutto bene, se questo dato non fosse collegato ad un altro relativamente alla crescita delle cattive abitudini a tavola e nella conduzione di vita. Sotto accusa, sedentarietà, per le donne, e consumo eccessivo di alcol, per gli uomini. Ma quel che non si spiega è che diminuisce il rischio di morte per malattie circolatorie, tumori, apparato digerente e respiratorio.
Diminuiscono anche i morti per errori nel mondo sanitario. Sono dati che messi a confronto non debbono suggerire deduzioni sbagliate. Le cattive abitudini alimentari sono sicuramente portatrici di malattie circolatorie. Il fatto è che sovrapponendo i dati, inseriti in contesti di confronto su grandi numeri, appaiono delle evidenze statistiche con risultati apparentemente contraddittori. Il fatto è che da una parte gli errori nello stile di vita inevitabilmente inducono a delle affezioni nel futuro di chi li adotta. È anche vero che gli strumenti diagnostici e la capacità di fare prevenzione riescono a riconoscerli per tempo. Questo non giustifica il fatto che certi comportamenti possano essere adottati senza arrecare danno alla salute. I progressi della Medicina debbono far ben sperare, non ci si deve adagiare nelle cattive abitudini. Dolcino da Novara
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RICERCA
Il cervello, un muscolo molto plastico
Le cure per l’Alzheimer consentono di avere una migliore qualità della vita “Il cervello ha la capacità, anche in età avanzata, di riadattare e riorganizzare la propria microstruttura (plasticità) ripristinando connessioni tra i neuroni e così recuperare in parte o totalmente funzioni perdute”. Si tratta solo di un frammento dell’intervista del neurologo dell’Italian Hospital Group Gabriele Carbone alla Rai. Il dottor Carbone illustra come le cure sull’Alzheimer, pur non reintegrando il paziente prima che contraesse la malattia, gli consentono una qualità della vita non degradata. Questo perché il cervello, anche se danneggiato può ottimizzare le sue risorse. “L’esempio di più immediata comprensione della “plasticità” delle cellule nervose - ha detto il dottor Carbone - è il recupero delle funzioni motorie o del linguaggio che si può avere dopo un evento cerebrale acuto (ictus ischemico) che le aveva compromesse”. La dimostrazione dei progressi sulle cure per l’Alzheimer rilevano pazienti che dopo un periodo di tre mesi hanno visto migliorare la funzione cognitiva riducendo i disturbi del comportamento.
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Il Lazio conta circa 100 mila malati di demenze, con la legge regionale n. 6/2012, denominata Piano regionale in favore di soggetti affetti da malattia di Alzheimer-Perusini ed altre forme di demenza. Questa legge è realmente innovativa e inclusiva anche delle esigenze invocate da medici, associazioni e operatori socio-sanitari di investire, oltre che sulla malattia, anche su un modello assistenziale costruito sulla persona, integrando interventi sanitari ed assistenziali e costruendo una rete di servizi con la quale fornire al paziente e ai propri familiari interventi e assistenza adeguata ai vari livelli. C’è da sperare che non rimanga lettera morta. In Italia di Alzheimer si parla troppo poco nonostante l’aumento esponenziale di malati e del costo sociale. Un fenomeno sanitario in forte aumento come le demenze e le malattie neurodegenerative ha inevitabilmente anche un grave impatto sociale. Nonostante le esortazioni dell’Unione europea agli stati membri per varare, ognuna nel proprio paese, un Piano nazionale sulle demenze, l’Italia ha fatto poco sul piano legislativo: in tutto tre mozioni in fine legislatura al Senato e una recente legge della regione Lazio. Alagia Fleschi
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CURIOSITÀ
iPad in classe, la lezione del preside Manna
Nel Liceo delle Scienze Umane e Linguistico i ragazzi sono formati a non cadere in errori di condotta che portano le cattive abitudini da giovani a diventare malattie da adulti Diffondere la cultura della salute come azione preventiva per combattere cattiva alimentazione, alcolismo, cattive abitudini che portano alle malattie più gravi. Se si iniziasse dalla scuola avremmo già fatto la metà dell’opera. Ma questo non significa solo educazione all’alimentazione o educazione fisica. Parlando con il preside del Liceo Linguistico e delle Scienze Umane Isabella d’Este di Tivoli, Antonio Manna, si delinea il criterio pedagogico perché il giovane di oggi non diventi una persona ammalata anzitempo. Il suo liceo si trova proprio accanto all’ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli. Da settecento studenti il liceo Isabella d’Este è arrivato in tre anni a milletrecento. Sono ragazzi che arrivano da tutto l’asse Est della città metropolitana di Roma. “La scuola deve essere intesa come luogo di rigore - spiega il preside Manna - Il giovane deve capire che esistono un insieme di regole a cui attenersi. Si tratta di modi di convivenza civile elementari. Nulla più. Ma solo dopo questa acquisizione il ragazzo saprà darsi regole e potrà darsele anche da adulto, in tutti i suoi stili di vita”. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
Ma il giovane ha bisogno anche di esprimere sé stesso e non solo i contesti in cui si trova lo aiutano a farlo. “Il metodo dei nostri insegnanti è formato innanzitutto al dialogo - spiega Manna - Il professore deve essere disposto anche a fermare una spiegazione se capisce, anche da un silenzio, che c’è un ragazzo che non è in sintonia con la classe. I docenti in classe allora debbono saper cogliere le speciali abilità del ragazzo, potenziarle, affinché si possa affrontare la vita con idee più chiare su dove investire per il proprio destino”. Ma tra le disponibilità didattiche offerte dall’Isabella D’Este il professor Manna evidenzia forme di vere e proprie alfabetizzazioni con la telematica. “Un metodo che ha prodotto grandi risultati nella pedagogia adottata dai nostri professori guarda all’uso dell’iPad nella normale didattica. Non possiamo far finta che i nuovi sistemi di comunicazione facciano parte di un altro mondo per i ragazzi. La scuola deve aprirsi a queste tecnologie che danno possibilità incredibili di comprensione immediata dei fenomeni, ma anche di approfondimento. Con il tablet si può studiare un fenomeno da diversi punti di vista”.
Il preside Manna non condivide il giudizio di mancanza di criticità assegnato ai sistemi di comunicazione elettronica. “Semmai tutto il contrario - dice Manna Si possono trovare momenti di riflessione in classe, proprio perché la fase di apprendimento è in classe. La pluralità di intelligenze nel momento formativo aiuta a porsi dei problemi ai quali si possono dare risposte non sempre univoche. Ed è questo il modo di apprendere che noi dobbiamo dare a questi ragazzi”. Un altro aspetto per cui l’Isabella d’Este è considerato un Liceo esemplare dalla Direzione scolastica regionale consiste anche nella piena applicazione dei Bisogni Educativi Speciali. A spiegarli sempre il preside: “In qualsiasi classe si evidenziano dei disagi di apprendimento. Oppure ci sono studenti stranieri che difficilmente riescono a stare al passo degli altri per problemi di comprensione della lingua”. Tutto quel che significa educazione, sembra concludere il preside Manna, consiste essenzialmente in formazione al benessere. “Perché i ragazzi debbono imparare ad agire ed interagire tra loro, entrare in contatto col mondo adulto. Solo questo può preservarli da sciocche tendenze autodistruttive”. Gemma Donati
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RICERCA
Meno mortalità da infarti al sessanta per cento Si tratta di settecentocinquantamila persone, in mezzo secolo. Ma i decessi sono ancora tanti. Responsabili: gli stili di vita La prevenzione per le affezioni cardiologiche ha prodotto i migliori risultati. Ma sono i giovani e le loro cattive abitudini a rischiare di più, rispetto a cinquanta anni fa. Sono queste, in pillole, le conclusioni del meeting di medicina cardiologica tenutosi il fine settimana del 13 e 14 aprile a Venezia Mestre dall’Anmco. Principali artefici di questo progresso sono le terapie farmacologiche e l’angioplastica. Ma nei prossimi anni questi dati potrebbero essere controvertiti per le cattive abitudini alimentari dei giovani. L‘Anmco vuole creare una rete tra ospedali che sia più ripospondente alle nuove possibilità tecnologiche di intervento e di prevenzione. Fino alla metà degli anni ‘70, quando ci fu un picco con oltre 90 mila vittime l’anno, la mortalità per infarto ha continuato a salire. Poi, con il miglioramento delle terapie e degli stili di vita e grazie all’organizzazione delle Unità di Terapia Intensiva Coronarica, la mortalità ha iniziato a diminuire.
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Il calo più netto risale agli anni ‘90, quando furono introdotti trombolisi, interventi di bypass e angioplastica, e la tendenza continua a essere in lenta discesa. Nel 2000, rispetto al 1980, abbiamo avuto ben 43 mila morti in meno in un anno: un risultato possibile per il 40 per cento grazie ai migliori trattamenti, per il 55 per cento agli stili di vita migliorati. Paradossalmente, nonostante i risultati incoraggianti per la ricerca e la tecnica, il livello di pericolosità dell’infarto è maggiore rispetto agli anni passati e questo è dovuto al peggioramento degli stili di vita solitamente tenuti. Diabete, obesità, pressione alta, sono disturbi molto comuni, soprattutto tra i più giovani, che non seguono una dieta adeguata e sono molto sedentari, abusano di alcol e droghe e soffrono in molti casi di depressione da disoccupazione e crisi economica. Anche le donne sono maggiormente a rischio. Per questo gli esperti sottolineato come i giovani di oggi che non adottano uno stile di vita sano sono a rischio infarto nei prossimi decenni. Matilde di Canossa
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CURIOSITÀ
Rischia la morte per una puntura di insetto Succede a Ivo Karlovic, il tennista croato ricoverato all’ospedale di Miami Sembrava fosse un lieve ictus. Il trentaquattrenne aveva accusato un malore che aveva richiesto il pronto intervento nel vicino ospedale di Miami dove vive. Ivo Karlovic è un tennista affermato, sul viale del tramonto, ma che è stato uno dei più grandi giocatori mondiali. La diagnosi arrivata non è consolatoria rispetto al primo timore di ictus. La sua infatti, è diagnosi di una forma di meningite da virus, contratto, molto probabilmente, a causa di una puntura d‘insetto. La notizia buona, quindi, è che non è in pericolo di vita. Quella cattiva è che, con ogni buona probabilità, dovrà smettere di giocare a tennis in modo professionale. L’infiammazione al sistema nervoso centrale non mette a rischio la vita del 34enne ma i postumi potrebbero mettere a serio rischio la sua carriera. Karlovic ha come best ranking la 14esima posizione ed è stato detentore del record di velocità alla battuta con 251 km/h. Karlović è un tennista unico. Alto due metri otto centimetri. È, e rimane il tennista più alto della storia.
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Le sue leve lunghe però lo fanno poco reattivo in campo davanti a sollecitazioni sempre velocissime. Ha colpi a rimbalzo che non sono annoverati come impeccabili. Ma il suo servizio è inesorabile. Ed un tennista con un servizio come il suo ha la metà della vittoria ancor prima di iniziare a giocare. Ha messo a segno un gran numero di aces. Karlović ha uno stile che non consente molti scambi. Il servizio degli avversari raramente conquista break di vantaggio ma allo stesso tempo strappare il servizio ad un tennista che alla battuta serve con continuità ad oltre duecento all'ora è difficilissimo anche per i migliori. Non a caso la maggior parte delle partite di Karlović finisce al tie-break. Davanti a tanta potenzia fisica, difficilmente potranno essere riprodotte certe qualità fisiche che vanno a sopperire delle manchevolezze tecniche. Quindi, molto probabilmente, l’atleta non potrà tornare ad esprimersi ai livelli agonistici che abbiamo conosciuti. Il raggiungimento dei fatidici trentacinque anni, età in cui un atleta agonista mediamente entra in fase pensionabile, dovrà consigliarlo a tenere la racchetta solo per divertirsi. Pia de’ Tolomei
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Ministero della salute, cambio della guardia!
È noto a tutti che il nuovo ministro incaricato al dicastero della “Salute” è Beatrice Lorenzin. Non si capisce bene come non sia stato rilevato il fatto che l’incarico sia stato dato a una persona che nel curriculum non vanta alcun requisito sulla cura della salute. Lorenzin, anche come esponente politico, non si è mai occupata di Sanità Molto positivo è che si tratta di una donna! Una persona che esprime energia e voglia di fare. Beatrice Lorenzin lunedì 29 aprile si è presentata al ministero a piedi, in stile di paese nordico. Domenica 28 aprile ha giurato, come di rito, sulla Costituzione al cospetto del Presidente della Repubblica. Suo dicastero: “la Salute”, come suol dirsi secondo l’ultima dizione che capovolge l’obiettivo con lo strumento complesso per raggiungerlo: una Sanità efficiente, ben organizzata. Prima di lei, anche Tina Anselmi, Maria Pia Garavaglia e Rosy Bindi che ha avuto il merito di aver diviso le carriere dei medici in privato e pubblico ma ha avuto il demerito di non introdurre strumenti atti a vincolare l’esecutività di questa decisione. Beatrice Lorenzin ha 42 anni. La sua è la seconda legislatura da deputato della Repubblica. Maturità classica, libero professionista. Sulle questioni della Sanità si è espressa in modo originale e svincolato da indicazioni di partito quando si è pronunciata a favore della fecondazione eterologa per “non cambiare la legge 40″. Al di là di questo, non risultano altri suoi interessamenti su questioni legate alla cura della salute. Qualche giorno dopo è stato nominato il vice ministro per bilanciare, ma solo politicamente, Lorenzin. Paolo Fadda del Pd è un maestro elementare con nozioni di Sanità regionale.
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Non è stato eletto senatore nel Pd ma ha avuto comunque un incarico importante. Anche Fadda non ha competenze tecniche in materia sanitaria. Ha un diploma dell’istituto magistrale, quindi ha fatto l’insegnante. Professione: dipendente Inail. Ma come incarichi politici ha rivestito il ruolo di presidente di una delle vecchie unità sanitarie locali di Cagliari, ruolo che ha ricoperto dall’82 all’85. È stato anche assessore regionale alla Sanità della Regione Sardegna dal 1995 al 1999. Dal 2004 al 2006 è stato vice presidente del Consiglio regionale. Di qui la prima elezione alla Camera dei deputati. Stiamo quindi parlando di persone rispettabili e di grande personalità. Un dicastero come quello della Sanità avrebbe avuto bisogno di personalità maggiormente competenti e invece si ripete questa litania di incarichi dati esclusivamente per l’appartenenza. Il mondo della Sanità è attraversato da un grande dibattito che comprende la revisione del modello federalista che accelerato dalla riforma del Titolo Quinto. A torto o a ragione in molte sedi di dibattito si vuole rivedere questa impostazione preferendo una regia nazionale. Per questo ci vogliono competenze che un ministro nuovo alla materia potrà acquisire solo alla fine del suo mandato. Sempre ammesso che non sia mandato solo per dire dei “sì”.
Angelo Nardi
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