Mario
Dionisi Cari amici lettori,
Debbo parlarvi proprio della materia che più mi
compete: le analisi cliniche. Il nuovo tariffario nazionale abbatte i costi del 45%. In questo modo chi la-
vora per assicurare analisi di laboratorio che diano il
La discussione nel merito è stata rimandata a di-
cembre, ma così facendo le attuali tariffe rimangono
vigenti. Il presidente di Anisap nella sua dichiarazione
ha ben detto che l’onere del contenimento della spesa
profilo medico di una persona, non potrà operare.
pubblica deve essere ripartito tra tutti gli operatori
i prezzi di produzione. Questo significherebbe, qua-
solo sulle spalle dei laboratori di analisi accreditati.
La riduzione è talmente imponente da non coprire
lora questo nuovo tariffario divenisse effettivo per
sempre, che i laboratori non potrebbero che chiudere,
della Sanità, nessuno escluso. Ma non può ricadere La conseguenza sarà che le strutture pubbliche sa-
ranno invase di richieste, e sempre le strutture pub-
perché lavorerebbero a un prezzo di rimborso più
bliche saranno costrette a produrre a tariffe che non
Questo, chiaramente, nelle strutture convenzionate.
nuovi sprechi, con intelligenze espulse da questa ti-
basso di quel che costa effettuare l’analisi.
Ne soffriremo tutti. Tutti noi, che con la prescrizione
del medico curante su foglio rosa, dobbiamo fare
analisi del sangue, una prestazione Radiologica o
una Risonanza. Solo chi riuscirà a pagare il costo
copriranno i costi. Ci saranno quindi nuove perdite, pologia di professionalità senza alcun guadagno da
parte dello stato. Ma c’è anche uno scenario peggiore. Lo stato potrebbe ridurre l’offerta di prestazioni per
ridurre i costi complessivi d’acquisto: ma si otterrà
pieno delle analisi potrà farlo liberamente nelle po-
solo la crescita del costo unitario di produzione delle
avverrà sarà che pochi laboratori rimarranno in
con poca e molto cara diagnostica. I tagli lineari si
ture ambulatoriali private-accreditate. Di queste, 350
di essere rovinosi se effettuati in Sanità.
che strutture sopravvissute. Sicuramente quello che
piedi, una falcidia per un settore che conta 600 strut-
sono laboratori di analisi che effettuano venti milioni
aziende fornitrici. In questo modo il cittadino rimarrà
sono dimostrati inutili in Economia e oggi rischiano I laboratori diagnostici sono il necessario luogo per
di test e danno lavoro a 5.000 persone.
la cura della salute.
(Anisap) si è quindi rivolta allora al Tar. L’Anisap
conquistato uno spazio indifferibile nella Sanità.
L’Associazione nazionale delle istituzioni sanitarie
chiede la sospensione del nuovo tariffario e la sua re-
visione da attuare attraverso il confronto tra le parti.
(Il confronto è previsto dalla normativa vigente, ma
non è mai stato messo in pratica dal Ministero). w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
In questi venti anni i laboratori convenzionati hanno Tagliarli significa tagliare la Sanità.
Non averli, significa non avere un servizio fonda-
mentale per la nostra salute. Protestiamo!
Mario Dionisi
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ATTUALITÀ Nel Patto per la Salute la parte più controversa ha riguardato la nuova configurazione di “Casa della salute”. Previste dalla legge approvata nel 2012 dall’ex ministro Renato Balduzzi, queste nuove sedi dell’organizzazione sanitaria debbono sostituire la funzione dei laboratori dei medici di famiglia e alleggerire il lavoro dei Pronto soccorso. Una riforma sulla quale si è molto discusso e che è stata ritenuta per lo più inapplicabile. Questo perché comporterebbero la necessità di una rete di servizi tali da rendere ancora più costoso l’intervento sanitario che quasi sempre ha bisogno di un passaggio diagnostico con Tac, risonanza magnetica o ecografia. Quindi l’organizzazione deve provvedere a garantire servizi come questi, cosa di per sé impossibile. Difficile da parte dei medici di famiglia l’organizzazione in una turnazione tale da garantire tutto il giorno tutti i giorni il pronto intervento. Ma Nicola Zingaretti, ha dichiarato di volerle farle. Almeno queste le dichiarazioni rilasciate al quotidiano La Repubblica. Il presidente della Regione Lazio dichiara, invece, di essere sul punto di attuarla: “Un sistema diffuso nei quartieri e in periferia di Roma e delle altre province, per riportare l’assistenza, le cure e i servizi vicino ai cittadini. Entro settembre firmerò il decreto e partirà la sperimentazione:
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Ciò che resta del
Fantasie sanitarie, dalla casa alla bottega della salute. Lazio e Toscana due modelli opposti. Conformista il primo, creativo il secondo.
il Lazio volta pagina, mette la parola fine a tagli e chiusure per dar vita alla stagione dell’innovazione, della costruzione di un nuovo modello di sanità”. Non solo. “Le Case della salute aveva già precedentemente detto Zingaretti al quotidiano La Repubblica saranno l’alternativa concreta alle file in pronto soccorso, una rivoluzione. In ospedale si va per cure ad alta intensità, per trattare la fase acuta delle patologie, per emergenze vere, non per un taglio al dito. Ma oggi un’alternativa al pronto soccorso non c’è perciò le case della salute per molte aree della regione combatteranno la desertificazione della sanità prodotta dalle chiusure di reparti, servizi e ospedali, consumate in questi anni”. Non sono mancate le polemiche tra gli addetti al lavoro. Si è detto, infatti, che Zingaretti ripete a memoria slogan messigli in bocca ma di cui non capisce l’importanza e la difficoltà di attuazione. D’altra parte è pur vero che ogni riforma in Italia non ha mai mancato di polemiche condite con accuse di demagogia con stima sull’irrealizzabilità.
E dalla Toscana sembra rispondere con le “botteghe della Salute”. Non è ironia, bensì una risposta all’emergenza dei piccoli centri. Forse potrebbe essere la Toscana il laboratorio dei centri di nuova attività sanitaria. Quasi contemporaneamente alla dimostrazione di sussiego a una legge molto discussa per la sua inapplicabilità da parte della Regione Lazio, l’assessore Marroni delinea la sua controriforma. Questo è il “Laboratorio Toscana”. Ne saranno aperte sessanta in tre anni. In sei comuni dell’Isola d’Elba (Capoliveri, Marciana, Porto Azzurro, Campo nell’Elba, Rio nell’Elba e Portoferraio). Seguono Pistoia e isola di Capraia. Lo riporta una nota della Regione Toscana: le botteghe della salute vogliono essere strutture di servizio per chi vive in montagna o in territori isolati e marginali, a disposizione dei cittadini per almeno cinque ore al giorno per cinque ore alla settimana. Garantiranno servizi come la certificazione del ticket sanitario in base al reddito, la rilevazione dei valori pressori o altri parametri come i livelli di glucosio, colesterolo e trigliceridi, la prenotazione e il ritiro di referti ed w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
decreto Balduzzi
Ma il problema è se in questi centri si riesca ancora a fare il medico o invece si offrano servizi standard, buoni per la medicina difensiva, non per il malato
esami di laboratorio, la fissazione di un appuntamento con l’assistente sociale. Saranno anche un centro di smistamento di informazioni su altri servizi pubblici. Si potranno prenotare la consegna della spesa e dei farmaci a domicilio o servizi di trasporto sociale. Casa o bottega, non si tratta di un semplice problema nominale ma neanche di location adeguata per il trattamento di una persona con problemi, siano questi emergenti e improvvisi, abbiano recrudescenza oppure cronicità. Il problema centrale riguarda la riorganizzazione del sistema sanitario che non può avere il telaio dei tempi in cui la Medicina era una scienza completamente diversa. Karl Jaspers, già nella seconda metà del Novecento individuava tre tendenze funeste per il medico: “In primo luogo, l’accrescimento mediante l’organizzazione, dei presupposti tecnici della capacità medicale, è accompagnato da un effetto rovinoso sulla realtà dell’idea di medico. In secondo luogo, il progresso della conoscenza scientifica è accompagnato da una medicina che, se non vede i propri limiti, con le teorie viola la terapia e violenta w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
il malato, frustrando lo spirito e l’anima. In terzo luogo, la sostanza dell’idea filosofica di medico è accompagnata, lungo quei limiti, dalla stoltezza della non filosofia” (Karl Jaspers, Il medico nell’età della tecnica, ed. Raffaello Cortina, pag. 67). Con questi tre limiti Jaspers, il medico che ha inventato la nuova psichiatria, avverte già da allora sui compiti del medico e sulle sue propensioni in una struttura in grado di esprimerle. Ma questa struttura, inevitabilmente, rischia di sovrapporsi al medico tanto da diventare la sostanza. In questo modo, la fiducia tra uomo e uomo si perde. Tra malato e medico non si stabilisce quel rapporto che, anche occasionalmente, non deve e non può prescindere dall’identificazione dello stato di satura di un corpo che dà manifestazioni di sé per cui la persona si rivolge ad un’altra perché conoscitore di tecniche, modalità, quindi di strumenti idonei. Una fiducia necessaria che è stata smantellata dalla vecchia concezione mutualistica della sanità per cui curarsi costa poco o nulla. Sempre più persone si accalcano dal medico,
avendo accentuato un rapporto nevrotico col proprio corpo tale da evidenziare insofferenza verso remote possibilità di inefficienza. Il sovraccaricamento di lavoro, in questi centri di primo intervento medico, comporta che i medici abbiano poco tempo per i singoli pazienti. Quindi la stessa idea di umanità che fa parte della concezione di assistenza medica generalizzata, si trasforma in disumanità a causa della disumanità di tale assistenza. Il processo circolare per cui i malati, i medici, la burocrazia, vengono spinti l’uno dal comportamento dell’altro a promuovere a propria volta, con il proprio comportamento, il destino fatale. La massificazione del servizio, la parcellizzazione dell’intervento singolo, il protocollo - possibile sono se vengono identificate, una per una, ogni singolo tipo di prestazione medica - la burocratizzazione dell’attento lavoro di ascolto, rilevazione, analisi e stesura di un referto, che avverrebbero in questi supermarket della medicina, sia che si chiamino case della salute che botteghe, portano allo svilimento della professione. Solo il medico che si relaziona al malato come singolo e lo considera nella sua assoluta, preminente, individualità, adempie all’autentica professione medica. In altri modi, si può fare anche qualcosa di onesto, ma non si fa il medico. Beatrice Portinari
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CURIOSITÀ
“Ho un chiodo nel cervello!”
Reportage di un’operazione riuscita con successo. La persona con un chiodo in testa lamentava solo un po’ di emicrania Se non fosse stata scritta dall’autorevolissimo The Lancet si penserebbe a una bufala. Un uomo di quarantasei anni arrivato al pronto soccorso con un chiodo sparato di una pistola che serve per fissare i mobili, è stato operato senza dolore. Il suo unico sintomo era un mal di testa mite. Eppure era ben conficcato nel cervello. L’esame fisico ha mostrato deficit neurologici focali. “La teschio radiografia e la TAC del cervello ha rivelato un chiodo 6,35 cm che era entrato nella calotta cranica attraverso il diritto osso frontale con circa 4,1 cm di penetrazione parenchimale, e una piccola emorragia intraparenchimale e aria coerente con pneumocefalo (nella foto). Il chiodo è stato rimosso con successo con sanguinamento minore nel tratto visto su dell’imaging post-operatorio.
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Il paziente ha avuto un recupero tranquillo ed è stato dimesso. Un inserimento accidentale corpo estraneo attraverso la calotta cranica può avere conseguenze variabili, in funzione della velocità, composizione chimica, la forma e la posizione dell’oggetto. Sistemi stereotassica senza telaio facilitano notevolmente la localizzazione di profondi corpi estranei intraparenchimali. Dato il crescente utilizzo di pneumatici e pistole sparachiodi, l’aggiunta di un trigger sequenziale dovrebbe essere richiesto in tali apparecchiature, in particolare per la tutela dei lavoratori edili, che possono essere a più alto rischio di tali lesioni”. Questo riporta The Lancet. Se fosse stato tratto da un film comico l’avremmo presa come una trovata improbabile del soggettista.
E invece è proprio successo. D’altra parte è anche vero che la vicenda può fare impressione ai non addetti al lavoro piuttosto che a un neurologo. Il fatto però che sia stato pubblicato con certo rilievo su uno dei periodici più accreditati di scienza, fa pensare a una sua portata sensazionale, anche per chi si muove in campo medico. In ambito comico, invece, potremmo dire che se il detto chiodo schiaccia chiodo non sappiamo se effettivamente funziona, il chiodo conficcato nel cervello non è un esempio per indicare un male dell’animo. Anche se ben conficcato può trovare una sua liberazione in un centro di primo intervento medico. Negli States, bene non sperimentare in Italia. Meglio ancora evitare altre verifiche per altri casi in altre regioni cerebrali. Le risultanze sarebbero ben diverse. Natalia Albensi
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CURIOSITÀ
Attraenza erotica è universale Non esistono differenze tra uomini e donne nel nord e sud del mondo “La mente, ha detto Raquel Welch, è una zona erogena. Ed è il cervello, e come si organizza nostre zone erogene, che ha incuriosito gli scienziati per decenni. Perché un collo strofinato è più sexy di un naso strofinato? E perché gli uomini sembrano avere un minor numero di zone erogene delle donne? Un nuovo studio ha misurato quanto siano erotico le nostre punte del corpo. Ma la ricerca ha almeno due sorprese per i neuroscienziati”. Questo l’incipit di The Guardian che ha riportato la ricerca di un periodico di neuroscienze, Cortex. (Molto divertente il fatto che il quotidiano inglese per dare l’idea di una carica sensuale irresistibile abbia ripreso un mito dei primi anni Settanta, probabilmente l’estensore dell’artico è un po’ agée. Oppure The Guardian ha indicato una figura valida per l’età media dei lettori). La ricerca è stata effettuata da due università britanniche e una in Sudafrica. Se n’è data pubblicità come la prima “indagine sistematica della grandezza di sensazioni erotiche provenienti da varie parti del corpo”. Secondo questo studio, i piedi non sono sessualmente attraenti.
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Questo almeno dicono le ottocento persone intervistate, quasi tutte di cittadinanza inglese o dell’Africa sub-sahariana. Ma la ricerca ha ridisegnato la mappa delle zone erogene e a sfatare convinzioni radicate nell’immaginario di tutti. “Molta gente suppone che solo i corpi delle donne siano pieni di zone erogene e che gli uomini ne abbiano una sola: la più ovvia” - la presentazione dello studio da parte di uno dei relatori Oliver Turnbull a The Guardian. Dopo aver vagliato la reazione di 41 zone, quella risultata più sensibile è stata ovviamente la parte dei genitali, seguita dal seno. Ma ad essere considerate quasi altrettanto sensuali sono state le labbra, le orecchie, le scapole e l’interno cosce. Gli uomini amano molto il lato posteriore delle gambe femminili - “E sai che scoperta!” - e le mani. Ma è anche vero che alle donne negli uomini non interessano - e questa è considerata una sorpresa. Ma, forse, il dato più rilevante consiste nel fatto che tra nord e sud del mondo i gusti sull’eros non cambiano. Alcune eccezioni sono dovute alla cultura locale. Natalia Albensi
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ATTUALITÀ
Senza diagnostica non c’è Sanità
Si prevede uno sciopero per le strutture accreditate. E proprio loro che sono una fonte di risparmio per la sanità, perché solo nella diagnostica c’è consapevolezza della patologia, sono tagliati dalla Regione Gli ambulatori della diagnostica sono la parte più importante della prevenzione ai costi eccessivi in sanità perché il loro lavoro tutela la prevenzione e i ricoveri inutili. Eppure il sistema sanitario nazionale intende tagliarli. E allora, i responsabili di queste strutture private-accreditate hanno lanciato il guanto di sfida chiedendo di chiarire pubblicamente: quanto costano analisi e risonanze nelle strutture pubbliche? Un’associazione di categoria del settore sanitario dal primo settembre ha indetto uno sciopero delle strutture sanitarie private accreditate. È stata rinviata al 3 dicembre la decisione sulle nuove tariffe di analisi e risonanza. Il dilemma posto dalle categorie di rappresentanza consiste nell’interrogativo sul costo presso le strutture pubbliche di questi servizi, visto che a quelle private verrebbero pagate secondo una quota inferiore ai costi di effettuazione. Il deficit sanitario del Lazio è ancora pari a settecento milioni di euro. Ma questo non dipende dagli ambulatori accreditati, bensì i capitoli di spesa riguardanti le strutture pubbliche. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
Nell’ultimo decennio hanno rappresentato l’80% dell’incremento dei costi del Servizio sanitario nazionale. Inutile, quindi, creare Case della Salute. Se venissero meno le strutture private accreditate e si creassero strutture inutili, come le Case della Sanità, dicono gli imprenditori sanitari, si ridurrebbe l’assistenza ai cittadini. Si prevede di procedere presso la Corte dei Conti e all’Unione Europea. E come al solito l’unica linea di difesa possibile per una categoria di imprenditori e lavoratori si legge tutta all’interno dei conti che nascondono sperperi ed esaltano costi evidenti. La linea da seguire, invece, secondo il nostro immodesto osservatorio, dovrebbe cominciare a guardare al sistema sanitario, così come lo si deve intendere nei prossimi anni. Come detto qui, più volte, l’organizzazione sanitaria in questo avvio di terzo millennio non può essere un’evoluzione di quello che era stato pensato nel dopoguerra e questo proprio perché il modo di curare, il
rapporto univoco tra paziente e medico-chirurgo, sono radicalmente cambiati. A cominciare da un complesso di specialisti ai quali il paziente deve affidarsi per decidere la linea di cura da adottare. In questi percorsi, resi oggi necessariamente, molto più articolati, la linea distintiva si delinea proprio all’origine di ogni terapia, cura o interventistica chirurgica. Questa linea di inizio che contraddistingue ogni decisione nel collegio di decisioni specialistiche consiste nella diagnostica. Non si dà cura senza un’appropriata diagnosi. Se si taglia sulla diagnosi, quindi, non c’è cura. Ed è questa la linea di condotta dei diversi governi degli enti regione. Questo perché alla diagnostica privata-convenzionata oramai si affidano gran parte dei pazienti, preferendola a quella nelle strutture private con le lunghe liste di attesa. Su questo la Sanità pubblica ha nettamente perso il confronto su quella convenzionata. E la mano pubblica deve far pagare questo affronto. Pia de’ Tolomei
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RICERCA Le sperimentazioni molto positive sono state effettuate sui topi. I risultati sono incoraggianti. Le cellule si sono integrate nel midollo spinale e hanno migliorato significativamente le condizioni dei roditori nati per l’importante sperimentazione. Questa è la conferma del fatto che si possono generare cellule staminali neuronali. Questo è possibile con l’applicazione derivata da una cellula staminale pluripotente indotta (Induced Pluripotent Stem Cell - iPSCs). (Si tratta di un tipo di cellula staminale pluripotente che è formata in laboratorio ma derivata da una cellula non-pluripotente - in genere una cellula somatica adulta - Tutto questo in modo, per così dire, “forzato”. Forzando, cioè, di specifici geni). In questo modo possono essere utilizzate come sorgente per il trapianto nella malattia del motoneurone. Questa è la scoperta di due grandi ricercatori: John B. Gurdon e Shinya Yamanaka che rappresentano due generazioni di ricerca sulle cellule staminali, non a caso si sono divisi il premio Nobel nel 2012. Tutto ebbe inizio dalla clonazione di una rana. La cosa che ha ancora un effetto di fantascienza è stata programmata nel 1962, quando John B. Gurdon trasferisce il nucleo di una cellula intestinale dell'anfibio in un ovulo, sempre di rana, privo del nucleo. Da questa operazione, la nascita di un girino.
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Nuova speranza
Il trapianto di cellule neuronali sui topi dà effetti Ma la fantascienza è superata col trapianto dei geni. L’altro grande ricercatore Shinya Yamanaka, grazie a un trapianto di geni, trasforma una cellula adulta di topo in una cellula embrionale indifferenziata. Siamo nel 2012. Il livello ufficialmente è solo potenziale. La sperimentazione consente di dare origine a tutti i tessuti dell’organismo. Il premio Nobel venne assegnato nel 2012 al primo ricercatore e al secondo, Yamanaka, con la seguente motivazione: “che le cellule mature possono essere riprogrammate per diventare totopotenti”. Con l’espressione si intende, in grado di trasformarsi in tutte le cellule del corpo umano. La ricerca genetica ha cinquantadue anni di età. La stessa del ricercatore Yamanaka, che curiosamente ha gli stessi anni. Il suo iniziatore, Gurdon, ha dimostrato che il patrimonio genetico della cellula adulta di rana conserva tutte le informazioni per produrre il girino. Con questa scoperta i capisaldi della biologia sono crollati. Si riteneva, infatti, che la cellula adulta fosse prigioniera della sua specializzazione. Dale ricerche di Gurdon si è arrivati agli esperimenti di clonazione. Il più famoso di tutti, quello della pecora Dolly.
Di qui, l’idea che da fantascienza poteva tradursi in realtà operativa, che si potessero riprodurre embrioni umani da utilizzare come fonte di staminali per riparare organi e tessuti dell’individuo stesso partendo dalle stesse cellule adulte dell’individuo. (Si risparmia, qui, il dilemma etico che ne è scaturito). Yamanaka però ha tagliato il nodo gordiano dei dilemmi etici. Ha dimostrato che non è necessario clonare per produrre staminali embrionali, basta riprogrammare geneticamente le cellule adulte. Le strumentazioni di Gurdon nelle sue ricerche sono completamente superati. Niente chirurgia cellulare. Si utilizzano i virus per trasportare, nel Dna, cellule adulte di pelle di topo (fibroblasti), quattro geni della staminalità; quei geni, cioè, capaci di “ringiovanirle” fino allo stadio embrionale indifferenziato. Gli effetti vanno ben oltre la sensazionalistica immaginazione. Si possono mettere in provetta le malattie e studiarle. Ad esempio il Parkinson: preso il fibroblasto di un malato, si riporta allo stadio embrionale e lo studio si incentra su come si differenzia. In questo modo si osserva come nasce la malattia. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
dalle staminali positivi per la cura contro la Sla
Yamanaka è già nella Storia della ricerca genetica, ma nessuno lo ha ancora superato. Chiaramente la ricerca è andata avanti nell’approfondimento. Oggi si può ottenere una cellula semiembrionale da una adulta. La metodologia è tutta nel trattamento. Si usano proteine prodotte dai quattro geni di staminalità. E queste sono proprio quelle usate da Yamanaka. E come lui stesso ha dichiarato, l’obiettivo è portare il senso di tante ricerche nei normali sistemi di terapia e cura. Stavolta i ricercatori sono riusciti a generare staminali pluripotenti indotte (iPSCs) umane partendo da cellule della pelle di persone sane e le hanno differenziate in cellule staminali neuronali (NSCs). La seconda fase si è concentrata nello specifico, cercando un livello di applicazione effettiva alla ricerca. Isolata una delle piccolissime parti è stata trapiantata con un metodo che non può essere impugnato per invasività. Viene inserito in un modello murino di Sla familiare (Sod1). Fare questo è stato possibile con un'iniezione endovenosa nel liquido cerebrospinale. Nel cosiddetto “trapianto” le staminali neuronali sono migrate nel sistema nervoso centrale del modello animale. w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
Apprezzabile da parte dei ricercatori il fatto che queste cellule si sono integrate nel midollo spinale. Le condizioni della persona ammalata sono così migliorate. Si sono istaurati così meccanismi di neuroprotezione. La difesa del corpo, quindi, non si è limitata a sostituire le cellule degenerate dell’ospite con cellule nuove e funzionanti. Le sintesi, nell’abstract scritto dagli stessi autori, legge i dati di risposta come “la premessa per lo sviluppo di nuove possibilità terapeutiche per la Sla”. Non si preclude il campo anche ad altre applicazioni. Scrivono infatti: “potranno avere anche potenziali implicazioni per altre patologie neurodegenerative e malattie neuromuscolari”. Il punto di scoperta sulla quale i ricercatori stanno approfondendo parte dal fatto che ciascuna delle cellule umane adulte contiene teoricamente DNA. Questo può significare la formazione fisica di un nuovo organismo. Le cellule vengono mantenute nel loro stato differenziato da attivare selettivamente alcuni geni e silenziamento. Questo distrugge il dogma che precedentemente era in piedi: la differenziazione cellulare è definita, a meno che non ci sia un’esposizione all’ambiente di un ovocita attivato.
La considerazione divenuta, oggi, una base operativa di ricerca costante consiste nel fatto che è possibile attivare i geni all’interno delle cellule primitive pluripotenti umane adulte. Queste “cellule primitive” prendono loro indietro nel tempo ad uno stato pluripotente ed è per questo che sono chiamate “cellule staminali pluripotenti indotte”. Il dibattito etico guarda alle applicazioni nella medicina rigenerativa. Sotto il profilo dell’analisi sono le cellule funzionali che modificano il loro genoma. In questo caso si tratta di quello che è definito un “trapianto autologo”. Questo ambito di ricerca offre notevoli prospettive contro l’invecchiamento. Nel celebrare i fasti della ricerca, laddove raggiunge risultati chiari ed evidenti, non dobbiamo mai dimenticare la loro finalità diretta alla cura di malattie oggi inguaribili. Il caso in esame è quello della sclerosi laterale amiotrofica. Si tratta di una malattia degenerativa progressiva del sistema nervoso centrale. Colpisce i neuroni responsabili del movimento (motoneuroni), sia il primo motoneurone a livello della corteccia cerebrale, sia il secondo motoneurone a livello del tronco encefalico e del midollo spinale. Si tratta di una patologia per la quale non esistono terapie efficaci. Solo in Italia si stimano circa 6 mila malati di Sla. Alagia Fleschi
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RICERCA
I maschi si ammalano di più
Le malattie hanno una tendenza di genere. Lo sostiene il Journal of Epidemiology & Community Health, ma nessuno aveva dubbi su quale effettivamente fosse il sesso debole Nel periodo di media di dieci anni le persone di sesso maschile si ammalano più che le donne. Il gap arriva a meno del 14%. Ma ad incrementare i casi di malattia per gli uomini è il dato relativo al disagio psichiatrico per cui gli uomini hanno molte più affezioni delle donne di dieci volte. Anche vero, però, che le donne si ammalano tendenzialmente con un anno di anticipo. Non si capiscono bene le proiezioni, in termini di prevenzione e cura, che potrebbe dare un dato del genere se confermato in altre ricerche. Di sicuro la configurazione della malattia come concetto apparirebbe, se confermata questa cognizione, del tutto modificato. Così come il livello di usura determinato nelle persone come sesso maschile. Ma, anche in questo caso, si aprirebbe un altro dilemma: questo dato è determinato da una condizione genetica o dalla maggiore usura che come sistemi di vita, mediamente, una persona di sesso maschile conosce, più che una donna? Il problema potrebbe rimbalzare all’infinito e all’infinito possono albergare spiegazioni antropologiche per
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cui per millennio il soggetto di sesso maschile deputato alla caccia e alla guerra abbia avuto la normalità di una morte giovanile, mentre la donna, diretta solo alla cura dei piccoli e quindi in condizioni protette, abbia acquisito quelle varianti genetiche tali da considerare la sua maggiore longevità come una costante. Secondo altre tradizioni di pensiero biologico-teleologiche invece sarebbe la presenza del parto come possibilità dia alla donna una capacità di maggiore resistenza e coriacea resistenza agli eventi avversi della vita. In una tesi molto in voga qualche decina di anni fa era invece nel ciclo mestruale la ragione per cui le donne vivono mediamente di più, rispetto agli uomini. E la ragione di questo si attesterebbe col fatto che la ciclicità delle mestruazioni avrebbe svolto, in molti casi, a una funzione di prevenzione per l’infarto. Tesi sicuramente che ha molto di fantasioso e mitologico ma che, in verità, riesce a connettere tra dati statistici delle cause di morte: le donne che muoiono d’infarto sono minori degli uomini. E un motivo deve pur esserci. Dolcino da Novara
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ATTUALITÀ
Le elezioni tedesche per la Sanità
Da un articolo su The Lancet: “Anche in Germania i temi della cura della salute non sono in cima ai programmi” Elezioni in Germania. Sono 61,8 milioni i cittadini tedeschi aventi diritto di voto. Sono prossimi a farlo per rinnovare il governo della Germania e le previsioni danno Angela Merkel come il candidato di gran lunga preferito per la Cancelliera. Il problema, anche per la Germania, è cosa significhi tutto questo per il governo della salute. Anche in Germania i programmi sono scarsi quando parlano di cura della salute. Privi qualsiasi contenuto sostanziale, il centro delle divergenze è sul significato di assicurazione sanitaria con le prestazioni che deve assicurare. Il sistema sanitario tedesco si comporta bene nei confronti di quello di altri paesi. Praticamente non ci sono liste d’attesa, non vi è libera scelta dei medici e ospedali, e gli assicuratori sanitari hanno ora un surplus di quasi ventotto miliardi, dopo la riforma sanitaria nel 2010. Tuttavia, la struttura demografica dell’invecchiamento della Germania sarà una vera sfida per un sistema che permette facilmente sovradiagnosi, overtreatment, farmaci costosissimi e inutili visite multiple a diversi medici. Strategie preventive globali, pur essendo citata da tutte le parti, sono ancora solo una chimera, soprattutto in un paese w w w .ci tta d i ni es a l ute.i t
che lotta per realizzare il singolo impegno di prevenzione più efficace di controllo del tabacco. Il ruolo della Germania nello sviluppo internazionale e la salute globale è appena nato. I motivi-forza seguono l’idea di plasmare la salute globale della politica-di agire insieme, ad assumersi la responsabilità. I temi preferenziali guardano alla tutela globale della salute del popolo tedesco, all’assunzione di responsabilità globale, fornendo l’esperienza, le competenze tecniche e mezzi, e il rafforzamento delle istituzioni internazionali per la salute globale. Ci sono anche accordi bilaterali. Alcuni esempi sono curiosi, come la fornitura di attrezzature di mammografia per la Cina. Il tema sul rafforzamento delle istituzioni internazionali si concentra sulle raccomandazioni per l’OMS, come ad esempio una migliore gestione finanziaria, l’amministrazione basata sui risultati, e il rafforzamento dei meccanismi di controllo interno, piuttosto che promettendo più sostegno finanziario. La Germania ora deve dimostrare la sua leadership anche per la salute globale. Ma l’immagine vulgata sulla sua pubblicistica elettorale, come l’essenza della sua campagna elettorale, è tutta tesa a
esprimere la sua forza nella capacità di ascoltare le obiezioni, prima di arrivare a una sintesi dialettica. Angela Merkel ha governato per otto anni la Germania. Con la sua conferma a premier diventa il cancelliere che l’avvicina ai grandi padri della patria, coma Adenauer e Kohl. Il problema sarà capire se dovrà essere ricordata come una buona amministratrice in casa tedesca ma nell’ambito della Sanità non si vedono innovazioni a lei ascrivibili - oppure una leader europea inflessibile: una Thatcher proiettata in tutto il vecchio continente. Nata ad Amburgo nel 1954, formata culturalmente e umanamente nella Ddr, in situazioni lontane dalle grandi città, Angela Merkel si trova, oggi, nella condizione di portare a compimento la sua sintesi anche in Europa, vendendo il suo modello come quello funzionale per il resto d’Europa. Sarà lì che gli altri paesi dovranno decidere se spartirsi le briciole che il premier al terzo e ultimo mandato potrà concedere, oppure se erigere uno schermo protettivo dall’egida del rigorismo. E i diversi livelli di efficienza sanitaria, allora potranno concorrere nel dimostrare il corretto funzionamento di un sistema-paese. Matilde di Canossa
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ATTUALITÀ
La Sanità in Siria secondo ricerche mediche Se c'è veramente uso del gas c'è anche emergenza sanitaria. Come possiamo capirlo? Attraverso i dati sulle cure nelle strutture di primo intervento Sulla Siria si è dedicato specificamene un editoriale sul periodico The Lancet dà il quadro della tragedia. Qui riportiamo fedelmente alcuni stralci del testo. “La crudeltà della distruzione del sistema sanitario è una delle tragedie più profonde per la Siria oggi. La risposta umanitaria medica a queste situazioni disperate è ostacolata dalla mancanza di coordinamento e di finanziamenti insufficienti, e, soprattutto, la mancanza di accesso a tutte le fasce della popolazione”, come riportato recentemente da Adam Coutts e Fouad M Fouad su The Lancet. Coutts e Fouad ha anche avvertito che la situazione dei rifugiati siriani in Giordania e Libano sarebbe diventata così acuta che la risposta umanitaria sarebbe finanziariamente insostenibile se i bisogni di salute dei rifugiati e le immense pressioni sui sistemi sanitari nazionali non sono state affrontate con urgenza. In una lettera, implorando The Lancet, dal Ministero della Salute della Giordania, il 3 luglio, è stato fatto un appello per 180 milioni di dollari per ampliare e ammodernare le strutture esistenti, insieme a circa 135 milioni dollari nel 2013 (riadattato per il 2014 e oltre) per soddisfare
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l’assistenza sanitaria bisogni dei rifugiati siriani. (…) “Sono state rettamente indicate le implicazioni di un milione di bambini rifugiati siriani. Eppure l’inevitabile conclusione è che oggi questo conflitto può richiedere l’intervento di forze esterne. Mentre The Lancet non prende una posizione sulla necessità o meno di una soluzione militare alla crisi siriana. Ma l’asfissia lenta e ora l’accelerazione di una intera popolazione non può continuare”. The Lancet, sia nella premessa che nella conclusione, ci tiene a sottolineare come la rilevazione sia puramente scientifico-medica e non intenda propendere per nessuna delle tendenze che nel dibattito tra potenze internazionali si è paventato. Certo è, che se l’inchiesta è vera, conferma l’uso dei gas. Ma questo non dice nulla su chi li abbia adottati come sistema di repressione. Il dibattito potrebbe durare all’infinito e come al solito, in politica, stabilire dov’è la verità non è d’aiuto a prendere una decisione. Serve solo stabilire chi è più forte per decidere di conseguenza. Vanni Fucci
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ATTUALITÀ
Ai giudici la sentenza di cura o non cura La tragedia dell’applicazione del metodo Stamina è solo all’inizio. Sembra non esser sufficiente la determinazione presa in sede scientifica Era prevedibile che la fine del circuito di rimbalzi di competenze, verifiche e approfondimenti, tornasse alla magistratura con la decisione sul sistema di cura da adottare, là dove sono stati adottati, i metodi di cura Stamina. Dopo il parere dell’Istituto superiore di sanità la dirigenza di Spedali di Brescia si è sentita in dovere reclamare contro il provvedimento di autorizzazione al proseguimento della somministrazione soggetta la metodo Stamina. Del resto - il prevedibile ragionamento dei dirigenti sanitari di Spedali - come possiamo avallare che il sistema sanitario speda dei soldi per un metodo di cura che non ha fondamento scientifico? Il problema sono le oltre cinque infusioni previste. La prima sede di decisioni è prevista per il 12 ottobre, anche se i legali stimano che ci sarà un rinvio, quindi non si deciderà in quel giorno. Il dramma resta per la famiglia della piccola Sofia che, a detta della madre, mostra dei segni di miglioramento. A causa dei diversi pronunciamenti dei giudici - dice sempre la madre - Sofia non è stata sottoposta al trattamento con la dovuta continuità.
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Sempre i giudici ora debbono decidere. La sentenza sarà emessa dopo la valutazione di un collegio di tre giudici. Dovranno entrare nel merito del precedente provvedimento del loro collega di Livorno. Davanti alla bocciatura dell’Istituto superiore di sanità, il ministro della salute aveva mostrato tutta la sua cautela dichiarando di voler ascoltare tutti gli esperti. Lapidario il parere di Filomena Gallo, segretario dell’associazione Luca Coscioni. Secondo l’avvocato il ministro: “può decidere di bloccare la sperimentazione del metodo emanando un decreto o un’ordinanza ministeriale di blocco”. Chi ha dimestichezza con terapie al limite della sperimentalismo vuole che siano investiti soldi pubblici su vere possibilità di trovare una soluzione, non su idee rabberciate che trovano qualche occasionale successo. Anche in questo l’Italia non ha mancato di trovarsi alla berlina di centri di ricerca in diversi paesi. La strada è lunga. Le scorciatoie dei sensazionalismi elaborati da un comunicatore esperto non aiutano. Gemma Donati
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Dopo la crisi finanziaria in Sanità la peggiore cosa che
E via con tutte le minestre riscaldate sull’efficienza e l’ef-
poteva capitare consiste nel profilarsi di vecchi metodi
ficacia della cura, sui tempi di attesa e quelli di ricovero.
Ed è anche nel Lazio, l’annunciazione della rivoluzione
nità è entrata in forte crisi in questi venti anni non è do-
presentati come nuovi da nuovi apprendisti stregoni.
in Sanità. Ma non è vera ed è detta dal suo presidente con
evidente furbizia politica. Sono cose che abbiamo sentito
Ma qualcuno dovrebbe spiegare a Zingaretti che se la Savuto esclusivamente a ruberie o a sprechi dovuti a rendite
di posizione. (Quelli ci sono senz’altro ma sono solo la su-
troppo spesso dai predecessori per cadere nella trappola.
perficie del problema). Manca un modello di riferimento.
Un insieme di copia-incolla sulle parole guida nella ge-
veste, taglia. Da venti anni si vogliono ridurre i servizi, si
L’intervista il governatore l’ha concessa a La Repubblica.
La sanità pubblica non pensa all’innovazione, non in-
stione della sanità, ma che, detti da una persona che non
vogliono smantellare le sedi periferiche dove si operano
evidenziano tutto la loro assonanza demagogica.
mai pensato a come spendere in modo proficuo.
li ha mai affrontati direttamente, in modo manageriale,
Zingaretti probabilmente non ha avuto rapporti diretti
servizi sanitari troppo costosi per il sistema, ma non si è Invece di lanciarsi in questa nuova filippica sulle Case
con il sistema sanitario, né dal punto di vista teorico né
della salute, che non possono nemmeno essere annoverate
di cavarsela con frasi del tipo: “Finisce la politica dei ta-
gli dovrebbe ricordare che il Lazio aspetta alcune migliaia
dal punto di vista di utenza (buon per lui). E allora cerca gli, la sanità torna vicino alla gente”, “È una rivoluzione,
come primogenitura della sua cultura di governo, qualcuno di Rsa, necessarie, indispensabili. Marrazzo le aveva an-
così si costruisce un nuovo modello”.
nunciate, sembravano vicine, ma non se n’è fatto nulla.
tato in questo numero alle prime pagine. “Le Case della
applicazione fu pensato in sostituzione alle case di con-
E poi, sulle case della salute, sulle quali abbiamo trat-
Rsa, sta per residenza sanitaria assistita. Il suo ambito di
salute - dice Zingaretti - saranno il cuore del nuovo Ser-
tenimento del disagio psichiatrico. Ma è proprio nelle re-
e in periferia di Roma e delle altre province, per riportare
come organizzazione che riesce a mettere insieme il rap-
vizio sanitario regionale, un sistema diffuso nei quartieri
l’assistenza, le cure e i servizi vicino ai cittadini”.
“Entro settembre firmerò il decreto e partirà la speri-
mentazione: il Lazio volta pagina, mette la parola fine a ta-
gli e chiusure per dar vita alla stagione dell’innovazione,
della costruzione di un nuovo modello di Sanità”. BUM!
sidenze sanitarie assistite la risposta del sistema di cura
porto tra periferia e centro perché legge il territorio esclu-
sivamente come concentrazione di presenze di persone.
Ed è su questo modello che la prima cura per la salute deve attenersi.
Angelo Nardi
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Mensile di informazione Socio-Sanitaria Editore e Direttore Generale Mario Dionisi Direttore Responsabile Angelo Nardi Redazione Via Carlo Del Prete, 6 Tel. 0774.081389 Stampa Fotolito Moggio strada Galli, 5 Villa Adriana (Roma). Registrazione n. 31 del 29/06/2010 presso il Tribunale di Tivoli. Tutte le collaborazioni sono considerate a titolo gratuito, salvo accordi scritti con l’editore. Tutto il materiale cartaceo e fotografico consegnato alla redazione, non verrà restituito. Chiuso il 21/09/2013
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