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L’economia al servizio delle persone
1.
Contesto e scenari
Le grandi transizioni
L’area metropolitana di Bologna, al pari del contesto regionale e nazionale, sta attraversando una fase di profonde trasformazioni strutturali dei propri assetti sociali ed economici. In particolare, tre grandi transizioni, digitale, ecologica e demografica, stanno rivoluzionando il funzionamento e le prospettive dei sistemi economici e sociali.
Queste tre transizioni hanno genesi e scenari di sviluppo profondamente diversi. La transizione digitale è frutto di un lungo e diffuso processo di innovazione che ha da qualche anno raggiunto un punto di convergenza, portando allo sviluppo di tecnologie che modificano rapidamente gli stili di vita e di consumo, i modi di lavorare, le relazioni sociali, il rapporto con le Istituzioni e la Pubblica Amministrazione. Se alle spalle di questa transizione vi sono indubbiamente i significativi investimenti pubblici sulle frontiere tecnologiche maggiormente avanzate, un grande ruolo è svolto anche da quelle realtà che sviluppano le nuove applicazioni così come da quelle che le inseriscono ed utilizzano nei propri prodotti e processi produttivi, nelle relazioni con clienti o utenti. Si tratta quindi di un processo contraddistinto da forte discontinuità
rispetto al passato e altamente dinamico ma che, al punto raggiunto, tende ad avere un suo sviluppo in larga parte spontaneo. Questo percorso di trasformazione genera al contempo grandi opportunità ma anche profonde ricadute sociali ed economiche, anche di tipo inedito, e deve pertanto essere monitorato e normato laddove necessario affinché possa generare reale benessere sociale e non comporti piuttosto un ulteriore aggravamento delle gravi fragilità sociali e disuguaglianze economiche che già attraversano da tempo e in misura crescente le economie avanzate e anche il territorio bolognese.
I rischi e le sfide per il lavoro
Tra i rischi più concreti vi è quello del rafforzamento del fenomeno della crescita senza occupazione, ormai consolidato soprattutto nei territori a forte base manifatturiera. La robotizzazione e l’intelligenza artificiale accrescono molto rapidamente la capacità di sostituire o dislocare una parte delle mansioni fino a poco fa svolte dal lavoro umano. La crescita senza occupazione non è generata solo dallo sviluppo tecnologico ma origina da un cambiamento strutturale che anche il territorio metropolitano di Bologna ha attraversato negli ultimi trent’anni, passando progressivamente da un tessuto di impresa
diffusa, prevalentemente manifatturiera e specializzata in settori maturi, ad un sistema ampliamente terziarizzato con una manifattura avanzata, ad alto contenuto di conoscenza, e ben inserita nelle catene globali del valore.
È però l’ampio e variegato settore dei sevizi che svolge un ruolo determinante sul fronte occupazionale: ben il 70% di chi lavora nell’area metropolitana di Bologna lo fa in un comparto terziario, con una dinamica crescente sul lungo periodo, al netto della recente fase pandemica. Il settore terziario però, se da un lato offre concrete opportunità di lavoro, soprattutto per le donne, dall’altro è caratterizzato da ampie sacche di povertà lavorativa causate da discontinuità contrattuale, ricorso strutturale al lavoro a tempo parziale, bassi livelli salariali. L’area del welfare, in particolare, è caratterizzata da un lavoro ancora ampiamente basato sulla relazione diretta fra le persone e, pur aprendo ampi spazi di innovazione anche tecnologica, mantiene la garanzia di sviluppo delle relazioni sociali e delle comunità. È tuttavia un tipo di occupazione poco valorizzata nell’economia tradizionale, sia dal punto di vista contrattuale che del riconoscimento sociale.
Di fatto quindi anche nell’area metropolitana di Bologna, nonostante indici di performance economica ed occupazionale superiori alla media nazionale, crescono il lavoro povero, le disuguaglianze e l’esclusione sociale. Anche a
Bologna il modello economico del capitalismo globalizzato fa avvertire le sue ricadute, in particolare sul fronte dell’ampliamento delle disuguaglianze, andando ad indebolire anche il consenso sociale sul quale esso si poggia, così come sta avvenendo anche in altri luoghi del mondo.
La crescita senza occupazione non è l’unico rischio della transizione digitale: si affacciano infatti nuovi modi di lavorare, ad esempio attraverso piattaforme che aprono nuovi interrogativi e problematiche sul fronte dei diritti, ed emergono nuove forme di esclusione sociale come la povertà digitale e l’indebolimento delle prospettive occupazionali di coloro che non hanno le competenze per attraversare il cambiamento, rimanendone ai margini.
Infine, la fase di profonda frammentazione sociale che stiamo attraversando nasce per prima proprio nell’ambito del lavoro.
Il modello produttivo e sistema sociale prevalente fino all’inizio degli anni ’90, che favoriva la coesione sociale, ha lasciato successivamente spazio a contesti lavorativi e sociali molto più frammentati ed individualizzati che nel complesso hanno fortemente indebolito la partecipazione delle lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadini, alle scelte collettive e, di conseguenza, le basi stesse della democrazia.
La transizione ecologica
Diversamente, la transizione ecologica è di fatto un obiettivo da perseguire e da costruire lungo un percorso ancora molto lungo e complesso, nonostante l’emergenza ambientale, anch’essa fortemente alimentata da un modello economico caratterizzato da ipersfruttamento e depauperamento delle risorse naturali, sia di tale gravità da richiedere interventi con tempi rapidissimi e di grandi investimenti pubblici e privati basati su un grande consenso sociale e politico. Tuttavia, anche la transizione ecologica genera rischi sociali, soprattutto se non realizzata con l’attenuazione delle ripercussioni sulle fasce più deboli.
Queste ultime sono quelle che maggiormente subiscono e al contempo alimentano, involontariamente, un modello economico non eco-sostenibile, a causa delle inferiori possibilità di accedere ad un mutamento dei propri stili di vita e di consumo.
Per questo occorre orientare la transizione ecologica utilizzando un intreccio trasversale tra giustizia ambientale e giustizia sociale, per evitare che la transizione ecologica possa essere recepita ed abbracciata solo dalle fasce sociali più abbienti.
L’invecchiamento della popolazione
Infine, il forte calo della natalità e il progressivo invecchiamento della popolazione, tendenze in atto sul territorio metropolitano e regionale da diversi anni, se non adeguatamente compensato da movimenti migratori, porterà ad avere nell’area metropolitana di Bologna tra cinquant’anni tre anziani per ogni bambino, con un grande carico sociale che si poggerà su una base occupazionale sempre più ristretta. Questo contesto, unito al progressivo allungamento delle aspettative di vita, amplificherà le esigenze di cura della popolazione anziana, e la necessità di misure che invertano in modo deciso la tendenza complessiva.
strutturale, e provengono da processi che si sono sviluppati sul medio-lungo periodo, la pandemia da Covid-19 ha invece agito come uno shock, generando pesanti effetti sia nell’immediato che nel medio periodo, soprattutto sul fronte delle relazioni sociali e sulle proprie aspettative di vita, innescando a sua volta ulteriori processi trasformativi nei singoli individui e nelle comunità.
Le grandi trasformazioni sinteticamente richiamate sono al momento attuale affiancate da uno scenario internazionale di forte tensione, a causa della guerra in corso in Ucraina, i cui sviluppi sono attualmente ancora fortemente incerti. Tuttavia, risulta già molto probabile che i prossimi anni saranno caratterizzati da un quadro economico di bassa crescita se non recessivo, con forti ricadute sociali, con un possibile aumento della povertà, sia di ordine generale che specificatamente di natura energetica.
cooperative mutue associazioni fondazioni
2.
Il Piano per l’Economia Sociale come politica di sviluppo economico e sociale dell’area metropolitana di Bologna
Perimetro e caratteristiche dell’Economia sociale
È nel contesto sopra delineato che si inserisce l’impegno della Città metropolitana di Bologna a sviluppare ed adottare un Piano per l’Economia sociale. L’Economia sociale non è confinata nel perimetro del volontariato e della filantropia, sebbene questi svolgano un ruolo fondamentale, ma è composta da un insieme fortemente eterogeneo di attori che include cooperative, mutue, associazioni, fondazioni, che si inserisce nel contesto dell’economia di mercato, la affianca e con essa interagisce, ma da essa si distingue per un principio di fondo, dirimente e di natura paradigmatica, legato al fine ultimo degli attori e delle attività che la compongono: dare risposta ad uno o più bisogni sociali.
Non è quindi un’attività economica mossa dal profitto e dallo sfruttamento di risorse umane e naturali ma, come dimostra la storia ormai plurisecolare, essa viene avviata proprio sulla base di bisogni emergenti delle comunità alle quali appartiene oppure viene creata dalle comunità stesse per soddisfare necessità o aspirazioni alle quali né il settore pubblico né il mercato danno riposta o la danno in maniera non soddisfacente.
Tra le varie denominazioni usate per riferirsi alla galassia di organizzazioni private non finalizzate al profitto ma alla soddisfazione di un bisogno, quella di economia sociale sta diventando, anche per volontà della Commissione europea, la definizione di uso più comune tra i Paesi dell’Unione Europea e nell’ambito delle Nazioni Unite.
Anche se i suoi confini non sono ancora del tutto omogeneamente definiti, quella di economia sociale è tra tutte quelle in uso, la definizione più omnicomprensiva. Essa ricomprende infatti tutte le organizzazioni private che non solo hanno un obiettivo diverso dal garantire un profitto ai loro proprietari, ma rinunciano in modo esplicito a distribuire gli utili eventualmente ottenuti, del tutto o in parte, ai promotori dell’ente. Inoltre, con qualche eccezione, esse sono promosse da soggetti che non reclamano rappresentanza sulla base del capitale anticipato e quindi sono gestite in modo democratico e tendenzialmente inclusivo, secondo il principio di una testa-un voto. In altri termini, come anticipato, nelle organizzazioni dell’economia sociale l’obiettivo è diverso dal profitto, la gestione
è affidata a coloro che sono i beneficiari dell’attività oppure a manager da loro nominati e il capitale ha una funzione puramente strumentale.
Dal punto di vista giuridico, fanno parte dell’economia sociale le associazioni, le organizzazioni di volontariato, le cooperative e le mutue, indipendentemente dal settore di attività in cui operano. Più di recente si sono aggiunte le fondazioni, anche se prive della caratteristica della democraticità ma non necessariamente anche di quella dell’inclusività, come dimostra la crescente diffusione di fondazioni di partecipazione, e le imprese sociali costituite come società di capitale, seppur con il vincolo alla distribuzione di utili.
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Grande attenzione istituzionale verso l’Economia sociale
L’economia sociale sta incontrando a livello internazionale una finestra di grande attenzione e rilievo. Il Piano di azione dell’Unione Europea sull’Economia Sociale1, la recente Raccomandazione dell’Ocse sull’economia sociale e solidale e l’innovazione sociale2, la Raccomandazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sul lavoro dignitoso e l’economia sociale e solidale3 hanno avviato un percorso di discussione ed azione volto a rafforzare l’economia sociale. Questi documenti riconoscono la sopravvalutazione, a lungo perpetrata, della capacità del mercato di generare uno sviluppo inclusivo e l’eccessiva attenzione all’obiettivo della creazione di valore a scapito di una valutazione dei canali attraverso questo avviene, delle modalità in cui esso viene o meno redistribuito, delle conseguenze ultime di un modello trainato dalla creazione di profitto. Queste iniziative supportano l’uscita dell’economia sociale dalla condizione di marginalità in cui si è stata collocata sino ad ora, impegnata soprattutto a riparare “gli effetti collaterali” di un modello economico escludente, e ambiscono a farla diventare il mainstream ossia la strada maestra, il modello economico e di business prevalente.
A tal fine, la nuova programmazione dei Fondi Europei per il prossimo settennio, in particolare FESR, FSE+ e PON Metro interagirà con gli obiettivi delineati
dall’Action Plan Europeo, offrendo nuove opportunità per l’Economia sociale che i territori dovranno essere in grado di catturare e sviluppare. A questo proposito, rilevante sarà la relazione tra lo sviluppo del Piano metropolitano per l’economia sociale e gli organi istituzionali responsabili della prossima programmazione, tra i quali la Regione Emilia-Romagna rappresenta senza dubbio uno dei principali. La Regione Emilia-Romagna, negli ultimi cinque anni, ha sviluppato iniziative di analisi ed elaborazione sul tema dell’innovazione sociale e su come questa possa contribuire al Pilastro Europeo dei diritti sociali e agli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU.
In questo contesto di grande attenzione istituzionale e fermento progettuale il processo top-down, dove gli orientamenti e le risorse europee vanno verso i terrori regionali e locali e quello bottom-up dove i territori sono invitati a sviluppare una propria progettualità, si possono e devono incontrare. Questo incontro può rappresentare una straordinaria opportunità per i territori che, come Bologna, mettono in campo proprie risorse progettuali e si candidano ad essere luoghi di sperimentazione e di best practice. Si tratta di un’opportunità che può avere risvolti di natura economica e sociale nell’immediato, ma al contempo getta le basi per un nuovo modello di sviluppo economico e di inclusione sociale di un territorio che anche attraverso questa strada potrà integrarsi ancora di più nelle reti di relazioni e catene del valore europee.
Le aree di azione dell’Economia sociale: democrazia, partecipazione, welfare e politica industriale
La residualità alla quale l’economia sociale è stata a lungo confinata non è giustificata da elementi di natura oggettiva che invece disegnano una realtà con un forte potenziale di sviluppo. Proprio perché l’economia sociale parte dall’esigenza di rispondere a bisogni e aspirazioni sociali, possiede una forte capacità di adattamento ed innovazione, come il periodo pandemico ha dimostrato.
L’economia sociale, per la sua elevata eterogeneità, tenuta insieme da una cornice di obiettivo e visione comune, è contemporaneamente strumento di democrazia, partecipazione delle persone ai processi sociali ed economici, welfare e politica industriale. Così come, già oggi, le forme di economia sociale si basano anche sulla rigenerazione dei luoghi e dell’ambiente, così come della tutela e promozione dei beni comuni.
In aggiunta ai settori in cui la sua azione è più consolidata infatti, l’economia sociale è l’attore principale in molti ambiti “di frontiera” che saranno sempre più strategici negli anni a venire, sulla base dello scenario illustrato in precedenza: settori fondamentali per garantire il benessere sociale, ma in cui l’azione dello Stato e quella dei soggetti del mercato presentano limiti invalicabili4.
Nell’ambito del welfare, ad esempio, dove la sfida sarà quella di costruire sistemi integrati a livello locale in un contesto di bisogni crescenti come l’invecchiamento della popolazione, in cui è difficilmente pensabile di poter fare affidamento sulle sole risorse pubbliche. O nell’ambito, strettamente correlato, della riorganizzazione del sistema sanitario su base territoriale, che chiama in causa l’integrazione tra la sfera dei servizi sanitari e quella dei servizi sociali, soprattutto in ottica di prevenzione e di assistenza diffusa. Dopo anni di frammentazione e separatezza dei servizi di welfare è in questa fase necessario ripensare l’organizzazione di tali servizi in un’ottica di ricomposizione che metta al centro la persona. Questo contribuirebbe non solo a migliorare il sistema nel complesso, dove le diverse fragilità e i diversi bisogni della persona vengono affrontati nel loro insieme, ma favorirebbe anche un nuovo rapporto tra sistema pubblico ed attori dell’economia sociale, che possa progressivamente allontanarsi dalla logica dell’appalto per procedere verso quello dell’alleanza e della partnership.
Il potenziale crescente dell’economia sociale va ben al di là del settore, pure strategico, dei servizi sociali e sanitari. Basti pensare alle sfide legate al futuro del lavoro, a fronte di rapporti di lavoro sempre più precari e destrutturati, e l’impiego in interi comparti produttivi messi in discussione dall’avanzamento tecnologico e dall’intelligenza artificiale così come richiamato in precedenza.
O, ancora, le ripercussioni derivanti da un pianeta ormai al collasso, travolto dal riscaldamento globale e dalle numerose forme di inquinamento di aria, terra ed acqua. Questi bisogni, queste emergenze, possono trovare non solo risposta nell’economia sociale ma anche rappresentare vere e proprie opportunità di sviluppo economico.
A fronte di queste sfide, l’economia sociale si presenta infatti come una delle realtà più resilienti, poiché le sue organizzazioni operano nei settori a più alto contenuto relazionale, e quindi meno soggette alla sostituzione del lavoro umano da parte della digitalizzazione. Contemporaneamente le organizzazioni dell’economia sociale stanno sviluppando già oggi risposte innovative per tutelare i lavoratori nel mondo precario della gig economy, anche contrapponendo a quest’ultima modelli di organizzazione più equi, trasparenti e democratici del lavoro su piattaforma. Esse stanno al contempo offrendo lavoro dignitoso nei settori, come quello dei servizi alla persona, in cui la domanda è crescente ma spesso a rischio di sfruttamento e informalità.
Un altro ambito in cui l’economia sociale sta mostrando la sua capacità di dare risposte
laddove gli altri attori non riescono è quello dello sviluppo locale, soprattutto per quanto riguarda il potenziale di crescita delle aree interne o a rischio di degrado. Il fenomeno delle cooperative di comunità, che si sta progressivamente ampliando in quanto motore di sviluppo in zone poco servite dal settore pubblico e trascurate dalle forze di mercato, è in questo senso la punta di un più vasto iceberg fatto di iniziative di imprenditorialità diffusa su base comunitaria che trovano nelle forme organizzative dell’economia sociale il loro sbocco naturale.
Si tratta di esperienze che spesso nascono dalla auto-organizzazione di cittadine e cittadini, che partendo dalla volontà di dare una risposta ad un bisogno della propria comunità, contribuiscono ad attivare partecipazione ed inclusione.
L’economia sociale è anche uno strumento di politica industriale, in particolare, a livello locale, dove la prossimità è una dimensione strategica, offrendo possibilità di azione in diversi ecosistemi industriali, soprattutto nelle filiere agro-industriali, turismo, mobilità, energia e rinnovabili, industrie culturali e creative.
Il Piano metropolitano per l’economia sociale nelle Linee di Mandato metropolitane 2021-2026
Si apre quindi una nuova stagione per un nuovo orientamento delle policy su scala internazionale che interessa, insieme, sviluppo economico e sviluppo sociale e che la Città Metropolitana di Bologna condivide e sposa, impegnandosi a sviluppare un proprio Piano Metropolitano a sostegno dell’economia sociale, in anticipo sia rispetto al livello nazionale che regionale. Il Piano dell’economia sociale sarà quindi uno dei principali strumenti di policy volto a sostenere alcuni degli obiettivi esplicitati nelle Linee di Mandato Metropolitane 20212026 “La Grande Bologna. Per non lasciare indietro nessuno”, in tutte le cinque aree nelle quali sono state organizzate: Bologna che cresce per tutte e tutti; Bologna per il diritto alla salute e alla fragilità; Bologna verde e sostenibile; Bologna educativa, culturale e sportiva; Bologna vicina e connessa.
All’eterogeneità degli attori dell’economia sociale si aggiunge l’eterogeneità dei territori dell’area metropolitana di Bologna, caratterizzati dal comune capoluogo che svolge una forte azione centripeta sia sui comuni della cintura che su tutti quelli dell’area metropolitana. Questi territori sono caratterizzati da bisogni sociali in parte comuni, con enfasi differenti a seconda delle specifiche caratteristiche, ma anche radicalmente diversi a causa delle dinamiche di sviluppo locale. La forza centripeta esercitata dal comune capoluogo ha portato problematiche tanto al centro, in particolare in termini di congestione dei luoghi, indisponibilità e costi delle abitazioni ed inquinamento ambientale, quanto nelle periferie urbane e rurali, sempre più svuotate di persone ed attività. Sarà necessario procedere dunque, nella costruzione del Piano, considerando queste differenze e specificità soprattutto per attivare azioni che possano essere di beneficio comune: ridurre la congestione al centro e rivitalizzare le aree periferiche sia urbane che rurali.
Il punto di partenza
Il territorio metropolitano di Bologna si appresta ad affrontare il percorso che lo porterà all’adozione del Piano partendo da una robusta struttura locale di economia sociale: secondo i dati, da leggere in chiave non esaustiva a causa delle difficoltà nel reperire un preciso quadro statistico dell’economia sociale, nei registri regionali sugli Enti del Terzo Settore della Regione Emilia-Romagna5 a Bologna si troverebbero 614 Organizzazioni di Volontariato (pari al 20% regionale), 1.533 Associazioni di Promozione Sociale (pari al 25% del totale regionale), 137 Cooperative Sociali (pari al 20% del totale regionale). Questi dati tuttavia, nell’unico confronto possibile che è a livello regionale, paiono sottostimare ampiamente il volume degli attori dell’economia sociale poiché secondo i dati Istat sulle Istituzioni No-Profit in Emilia-Romagna nel 2019 queste ammontavano a 27.900 (contro le 9.802 registrate presso la Banca dati dell’EmiliaRomagna del Volontariato, delle Associazioni e della Cooperazione Sociale) per un totale di 83.059 dipendenti, delle quali 910 sono
Cooperative sociali che occupano da sole 57.702 addetti. Focalizzando l’attenzione sulle sole realtà di cooperazione, sociale e non, nel 2020 a Bologna si contavano6 784 imprese cooperative, di cui 187 sociali e le rimanenti non sociali (pari al 22% del totale regionale in entrambi i casi), che occupavano rispettivamente 13.090 e 52.247 addetti (pari rispettivamente al 23% e 36% del totale regionale).
In questo contesto vale la pena qui ricordare che il profilo formale di realtà cooperativa non è sempre purtroppo garanzia della presenza sostanziale degli elementi tipici, come per esempio la mutualità o lo svolgimento di assemblee per l’elezione degli organismi dirigenti o per l’approvazione dei bilanci. Questo accade nelle cosiddette “cooperative spurie”, ovvero false cooperative che si caratterizzano come tali poiché mancano appunto di alcuni degli elementi caratterizzanti7. Inoltre, in molte di queste realtà, non è previsto un organo di controllo, sono gestite da amministratori unici, invece che da consigli di amministrazione e non
dati del Volontariato, delle Associazioni e della Cooperazione Sociale
Asia-Istat
https://www.bollettinoadapt.it/somministrazione-illecita-e-cooperative-spurie/
soltanto spesso non viene applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore, ma sono messe in atto prassi volte a danneggiare il lavoratore. Alla luce di questo è fondamentale introdurre e rafforzare le misure necessarie per arrestare questo fenomeno sia per il profilo di illegalità che spesso queste realtà hanno ma anche perché l’economia sociale si basa, molto di più dell’economia di mercato, sulla reciprocità e fiducia e il tema “etico” ha un valore fondante. Le cooperative spurie non solo hanno un effetto economicamente negativo ma agiscono anche sul fronte della delegittimazione reputazionale contribuendo a indebolire il ruolo della economia sociale.
Oltre ai dati sopra riportati, rappresentano un fondamentale punto di partenza anche le relazioni socio-economiche, istituzionali ed industriali a livello d’impresa e di territorio nonché l’approccio concertativo alle politiche pubbliche locali. Tutto questo impianto relazionale svolge un ruolo di primaria rilevanza per lo sviluppo economico e sociale dell’area e compone un capitale sociale di grande rilievo per l’ulteriore sviluppo dell’Economia sociale. La storia stessa di Bologna ci ricorda la base di partenza: la
tradizione municipalista della città che ha portato ad interpretare il ruolo delle istituzioni locali come corpi solidali in grado di superare la contrapposizione di interessi economico-sociali e politici in nome del mutualismo e del comune interesse della comunità locale.
Infine, si porta un tema alla discussione, in questa fase di impostazione: quale ruolo per le imprese profit nel Piano dell’Economia Sociale. Senza dubbio le imprese profit che perseguono pratiche di Responsabilità Sociale e attivano percorsi di partecipazione alle scelte strategiche delle imprese, attraverso la contrattazione collettiva e nel confronto costante con il territorio, sono da considerare come partner di primaria importanza. Ma questo non basta: pensiamo che sul territorio bolognese ci siano le condizioni favorenti per superare la tradizionale separazione tra questi due mondi, a partire dalla lunga tradizione di dialogo del nostro sistema imprenditoriale con il contesto di riferimento, al fine di aumentare le sinergie e potenzialità trasformative dell’Economia Sociale, anche in una logica virtuosa di collaborazione economica tra i due sistemi.
praticare nuove strade di innovazione sociale (path dependency)
Tuttavia, ampi sono gli spazi di espansione e consolidamento dell’economia sociale anche in un territorio come quello metropolitano bolognese dove cospicue sono le fragilità nascoste e le sfide, così come illustrate in principio. In particolare, anche se può sembrare un paradosso, può proprio essere in un territorio dove esiste una struttura consolidata di pratiche, esperienze e relazioni economiche che si potrebbero incontrare i maggiori ostacoli al cambiamento, a causa proprio della difficoltà a mutare strutture consolidate che fisiologicamente generano la tendenza alla conservazione e la difficoltà a praticare nuove strade di innovazione sociale (path dependency).
Alcuni nodi da affrontare: rapporto tra Economia sociale e Pubblica Amministrazione
Per questa ragione la costruzione ed adozione del Piano per l’economia sociale si troverà inevitabilmente alcuni nodi da affrontare. Uno dei principali riguarderà senza dubbio il rapporto tra la Pubblica Amministrazione (PA) e gli attori dell’economia sociale. Nella lunga stagione di tagli al sistema pubblico sui servizi sanitari, assistenziali, sul sistema scolastico, le esternalizzazioni, tramite appalto, hanno generato un ritiro del settore pubblico da alcune aree di intervento. Questo ha avuto anche come conseguenza la riduzione dei costi connessi al servizio, in particolare quello del lavoro, uno dei principali nelle attività che mettono le persone e i loro bisogni al centro. Questo impianto ha favorito l’emergere di una bassa qualità del lavoro sociale e, a questo connesso, una bassa qualità del servizio stesso.
Un’economia sociale forte non può svilupparsi nella logica del detrimento e sostituzione del settore pubblico, che anzi deve continuare a presidiare le aree per cui la sua azione è fondamentale al fine di garantire servizi universali e pienamente accessibili, ma può farlo solo insieme ad una forte con la quale instaurare percorsi virtuosi e che portino gli attori dell’economia sociale a raggiungere quei bisogni che né il pubblico né il mercato riescono a soddisfare.
Un buon sviluppo dell’economia sociale si costruisce quindi attraverso un buon rapporto tra PA ed attori dell’economia sociale dove entrambi si riconoscono e operano insieme in un rapporto paritario8
In questa cornice, l’Amministrazione condivisa si presenta come alternativa alla relazione tramite appalto e richiede modalità di interazione e competenze
completamente diverse, tanto per la PA quanto per gli attori dell’economia sociale.
Se da un lato è indispensabile costruire una nuova modalità paritaria di relazione tra questi soggetti, è al contempo necessario condurre l’attuale sistema di appalti verso una maggiore responsabilità sociale. In linea con quanto sottolineato dal Piano d’Azione Europeo il sistema egli appalti, del public procurement esistente, può e deve essere migliorato, attraverso la pratica degli appalti socialmente responsabili, per rafforzare l’economia sociale e meglio rispondere ai bisogni sociali. Sperimentazioni di amministrazione condivisa da un lato e di appalti socialmente responsabili dall’altro possono e devono in questa fase convivere al fine di rafforzare l’impatto complessivo che le policy a sostegno dell’economia sociale possono avere.
3.
Verso il Piano
metropolitano per l’Economia Sociale: percorso, metodo di lavoro e tempistiche
Organizzazione del Piano e del suo percorso di costruzione
Il Piano metropolitano per l’Economia sociale, nonché il relativo percorso partecipato che porterà alla sua definizione, sarà articolato in cinque aree tematiche, in seguito sinteticamente illustrate, dove le prime tre (Ri-generazione, Cura e Crescita educativa) hanno una focalizzazione specifica mentre la quarta e la quinta (Transizione ecologica e Lavoro) hanno una valenza di natura trasversale.
1_ La ri-generazione urbana e rurale
Il lavoro relativo a quest’area tematica si concentrerà sull’individuazione di azioni e/o progetti finalizzati a favorire processi di rigenerazione urbana e rurale.
Da una parte i cambiamenti sociali, economici e culturali stanno costringendo le città a modificare e riorganizzare lo spazio abitativo sulla base di nuovi principi e nuove logiche di sviluppo: da questo punto di vista i “vuoti urbani” e gli spazi sottoutilizzati offrono una grande opportunità per ripensare le funzioni territoriali creando nuove sinergie tra settore pubblico, privato ed attori dell’economia sociale. Dall’altra parte, la forza centripeta a lungo esercitata dal comune capoluogo e dal centro storico ha impoverito tanto le aree periferiche urbane quanto quelle rurali, creando delle vere e proprie fratture territoriali. Questa area tematica di lavoro si concentrerà sull’individuazione di azioni e progetti volti a rilanciare nuove prospettive di sviluppo e miglioramento della qualità della vita che compensino i disequilibri tra centro e periferie, a favore della decongestione del primo e della rivitalizzazione delle seconde.
2_ La cura
Il lavoro relativo a questa area tematica si concentrerà sull’individuazione di azioni e/o progetti finalizzati ad ampliare e migliorare le attività dell’economia sociale in relazione ai bisogni di cura, in primo luogo, di tipo sanitario e socio-assistenziale, dimensioni nelle quali una parte importante dei soggetti dell’economia sociale e dei relativi addetti svolgono già un ruolo di grande rilievo. L’invecchiamento della popolazione e l’allungamento dell’aspettativa di vita, unito a coperture pensionistiche progressivamente calanti farà progressivamente aumentare la quota delle persone esposte ad un intreccio di fragilità che toccheranno la salute e le condizioni economiche e sociali. L’area di lavoro relativa alla cura non si limiterà solo a questi aspetti ma verrà intesa con un approccio ampio, includendo la cura delle marginalità sociali, delle fragilità, delle relazioni. Anche a Bologna, soprattutto dopo oltre due anni di pandemia l’emarginazione sociale si è acuita sia per ragioni economiche che per effetto stesso del distanziamento sociale.
3_ La crescita educativa
Questa area tematica avrà un focus di natura anagrafica poiché si concentrerà sulla fascia giovanile di età compresa tra la pre-adolescenza e il completamento del percorso di studi superiori. Mentre il territorio metropolitano si contraddistingue ancora, pur con alcune lacune o spazi di miglioramento, per l’elevata qualità e disponibilità di servizi educativi per l’infanzia, nelle fasce giovanili comprese tra la pre-adolescenza e il completamento degli studi superiori si aprono importanti problematiche legate alla povertà educativa, esclusione e ritiro sociale, fortemente acuite dalla prolungata chiusura delle scuole e dalle misure di distanziamento sociale.
Queste problematiche si intrecciano con le caratteristiche di una generazione che ha un rapporto con le tecnologie digitali e social network che ha già condizionato i meccanismi dell’apprendimento e la qualità delle relazioni sociali, questioni ed eventuali ricadute delle quali ancora poco si sa e sulle quali poco si agisce. Alcuni effetti negativi dell’insieme di queste rapide trasformazioni sono individuabili nel crescente ricorso a forme di autolesionismo ed episodi di violenza sociale.
4_ La transizione ecologica
Il lavoro relativo a questa area tematica si concentrerà sull’individuazione di azioni e/o progetti finalizzati a favorire la transizione ecologica attraverso l’azione dell’economia sociale. Bologna nei prossimi anni sarà impegnata nella Cities Mission finanziata dal programma Horizon per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2030, con alcuni progetti chiave che la città metterà in campo, tra gli altri sulla mobilità e produzione energie rinnovabili, aree sulle quali l’economia sociale può dare un rilevante contributo, nonché può cogliere e contribuire a sviluppare ulteriori opportunità di crescita. Oltre a questo, il lavoro di questa area si concentrerà sull’individuazione di azioni e progetti che, attraverso l’azione degli attori dell’economia sociale, possano contribuire a ridurre l’inquinamento di aria, terra ed acqua.
5_ Il lavoro
Il lavoro relativo a questa area tematica si concentrerà sull’individuazione di azioni e/o progetti lungo tre filoni paralleli. Da una parte ci si concentrerà su azioni che mirino alla valorizzazione del lavoro e miglioramento delle relative condizioni tra gli attori dell’economia sociale. Una parte non trascurabile del lavoro degli attori dell’economia sociale presenta significative fragilità generate dalle caratteristiche del lavoro stesso, in particolare nel campo sociale che può facilmente presentare un elevato coinvolgimento personale e stress, a fronte di condizioni contrattuali ed economiche non commisurate all’impegno profuso. In particolare minano la qualità del lavoro, soprattutto nell’ambito sociale, la discontinuità lavorativa e il basso livello salariale, anche nei contesti di corretta applicazione contrattuale.
Dall’altra parte gli attori dell’economia sociale svolgono un ruolo di straordinaria importanza nel sostegno all’inserimento lavorativo di soggetti per varie ragioni contraddistinti da elementi di fragilità. Quest’area rappresenta un secondo filone di lavoro nell’ambito della presente area tematica, in considerazione sia delle profonde trasformazioni in atto e prospettive economiche più generali che renderanno ancora più urgenti tali azioni nonché delle correnti azioni di rafforzamento delle politiche attive del lavoro collegate al programma GOL –Garanzia Occupabilità dei Lavoratori.
Il terzo filone di lavoro della presente area riguarda la partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alla vita e scelte strategiche delle imprese. Bologna è già un territorio di pratiche di relazioni industriali avanzate la cui ulteriore
diffusione deve essere promossa e sostenuta. Una maggiore partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori alle scelte aziendali non solo migliora significativamente la qualità del lavoro e della vita ma stimola la partecipazione delle persone ai processi sociali e collettivi, rappresentando quindi un stimolo di rilievo ai processi democratici.
L’approccio (1) Intersezionalità ed ecosistema di innovazione sociale
Le aree individuate e descritte serviranno soprattutto come orientamento e focalizzazione lungo alcune linee prioritarie ma l’approccio che verrà mantenuto è quello dell’intersezionalità. Una delle caratteristiche dell’Economia sociale è la sua capacità di rispondere ad obiettivi diversi al medesimo tempo. Gli attori dell’Economia sociale, per la loro natura, sono in grado di portare avanti un’attività di produzione o servizio, generando occupazione e valore, con attività che allo stesso tempo, ad esempio, rispondono ad un bisogno di cura, di riduzione dell’impatto ambientale e di partecipazione e inclusione. È su questa trasversalità che occorre fare leva, e non rischiare piuttosto di limitarla attraverso percorsi di lavoro separati, al fine di alimentare dei veri e propri ecosistemi di innovazione sociale.
Focus (1)
Amministrazione condivisa e public procurement
Come anticipato in precedenza, le caratteristiche del rapporto tra Pubblica Amministrazione ed attori dell’Economia sociale è di fondamentale importanza al fine di favorire lo sviluppo di quest’ultima. Per questo verrà sviluppato un percorso di riflessione e discussione dedicato che consenta di individuare le possibilità di intervento tanto nella direzione dell’amministrazione condivisa che degli appalti socialmente responsabili, anche in una logica di condivisione ed estensione di buone pratiche già eventualmente presenti sul territorio.
L’approccio (2)
La lente delle differenze e delle marginalità
Un secondo aspetto che riguarda l’approccio che si intende mantenere nella costruzione e realizzazione del Piano metropolitano per l’Economia sociale è quello di valutare le azioni e progettualità e la loro implementazione attraverso la lente delle differenze e delle marginalità. Troppo spesso le politiche vengono ideate e implementate da attori, istituzionali e non, che adottano il punto di vista dell’insider ossia di chi non subisce direttamente l’esclusione sociale e non piuttosto dell’outsider, ossia da chi è effettivamente discriminato o marginalizzato. Le azioni e progettualità del Piano dovranno essere valutate e discusse considerando le ripercussioni in termini delle principali differenze socio-anagrafiche come quelle di genere, di cittadinanza e/o origini, di età.
Focus (2)
La valutazione dell’impatto sociale
Un secondo percorso di riflessione e discussione sarà dedicato al tema della valutazione dell’impatto sociale (VIS). La VIS infatti assumerà una rilevanza crescente per lo sviluppo dell’Economia Sociale in quanto questa consente di fornire la prova che un’organizzazione sta fornendo un beneficio reale e tangibile alla comunità o all’ambiente. Inoltre, la VIS ha anche una funzione strumentale perché può aiutare a determinare gli elementi che consentono ad una data azione o progettualità di funzionare, e non solo se essa funziona o meno.
Cultura dell’economia sociale
La crescita e sviluppo dell’Economia sociale necessita, prevedendo un cambio di paradigma, di un salto culturale, dunque, di una capillare e forte azione di promozione e condivisione del percorso in atto. Rafforzare l’economia sociale impone in primo luogo diffondere la cultura dell’economia sociale. Pertanto, la costruzione e successiva implementazione del Piano necessiterà lo sviluppo parallelo di iniziative di comunicazione e formazione per tutti gli attori, pubblici e privati e comuni cittadine e cittadini, potenzialmente coinvolti da tale cambio di modello.
Fondi europei e reti nazionali ed europee
Come anticipato in precedenza, l’elaborazione ed adozione di un Piano metropolitano per l’economia sociale rappresenta per Bologna una straordinaria opportunità di sviluppo territoriale, che agisce dal basso a favore del suo sviluppo economico e sociale, ma che può essere rinforzato dall’inserimento della propria progettualità all’interno di un più ampio processo di elaborazione e confronto che si sta costruendo su scala europea. Bologna in sostanza, attraverso il proprio Piano metropolitano per l’economia sociale, si candida anche a rafforzare il suo inserimento a fianco delle reti europee di città, territori e istituzioni che sono interessate a generare pratiche di collaborazione ed interscambio in relazione alle buone pratiche messe in campo. Si apre infatti una fase di grande elaborazione, interscambio ed apprendimento reciproco senza il quale lo sviluppo dell’economia sociale ne risulterebbe assai depotenziato tanto a livello locale che nazionale ed europeo.
Percorso di costruzione partecipato
Il Piano metropolitano per l’Economia sociale verrà sviluppato attraverso un articolato percorso partecipazione, di consultazione e discussione di tutte le principali realtà rappresentanti del mondo del terzo settore, delle imprese, della cooperazione, del lavoro, e di tutti quei soggetti che possono essere potenzialmente protagonisti e beneficiari delle azioni e progettualità del Piano, nello spirito e nella cornice del Patto metropolitano per il lavoro e lo sviluppo sostenibile.
Tempistiche
La presentazione e discussione del presente Manifesto rappresenta l’avvio dei lavori di elaborazione e costruzione del Piano metropolitano per l’Economia sociale che, dopo aver seguito il percorso descritto in precedenza, verrà concluso e adottato entro il mese di luglio 2023. Il Piano avrà una validità triennale a partire dalla sua adozione.
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