“Buongiorno Siora Maschera”

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“Buongiorno Siora Maschera” Ph . Ghezzo Claudio


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Le Maschere Gli artigiani che fabbricavano maschere erano chiamati maschereri fin dal tempo del Doge Foscari e possedevano un loro statuto datato aprile 1436. Appartenevano alla frangia dei pittori ed erano aiutati nella loro professione dai targheri che imprimevano sopra lo stucco volti dipinti, a volte di ridicola fisionomia, con dovizia di particolari. La maschera non veniva utilizzata solo durante il periodo di Carnevale ma in molte occasioni durante l’anno. La maschera era permessa il giorno di Santo Stefano che sanciva la data di inizio del Carnevale veneziano e fino alla mezzanotte del Martedì Grasso che concludeva i festeggiamenti per il Carnevale. La maschere erano permesse durante i quindici giorni dell’Ascensione e alcuni, con particolari deroghe, le utilizzavano fino a metà giugno. Inoltre, durante tutte le manifestazioni più importanti come banchetti ufficiali o feste della Repubblica era consentito l’uso di Tabarro e Bauta. La Bauta non era utilizzata soltanto nei giorni di Carnevale ma per i veneziani era un travestimento sfruttato in molte occasioni. La Bauta è composta da un manto nero chiamato tabarro, un tricorno nero che si indossava sul capo al di sopra del tabarro e una maschera bianca chiamata Larva (il nome Larva deriva dal latino Larva che vuol dire “fantasma” o anche “maschera”). Le donne indossavano, generalmente, un altro modello di maschera noto quanto la Larva e chiamato Moretta. Era una maschera ovale di velluto nero e veniva utilizzata dalle dame quando si recavano a fare visita alle monache. La moda della Moretta importata dalla Francia si diffuse velocemente a Venezia in quanto è una maschera che dona particolarmete ai lineamenti femminili soprattutto quando viene ornata da veli, velette e cappellini a falde. 2


“Buongiorno Siora Maschera” - www.ghezzoclaudio.wordpress.com La Moretta era una maschera muta poiché la si portava tenendo in bocca un bottoncino, all’interno, all’altezza della bocca.

maschere per celarsi e trasgredire compiendo fughe amorose o “multas inhonestas”…

Durante il Carnevale i Veneziani si concedevano trasgressioni di ogni tipo e la Bauta o la Moretta erano utilizzate per mantenere l'anonimato e consentire qualsiasi gioco proibito, sia da parte di uomini che da parte di donne. Anche i preti e le monache approfittavano delle

Il tabarro era composto da una mantellina che raddoppiava sopra le spalle, poteva essere di panno o di seta secondo le stagioni, bianco o turchino, scarlatto per un'occasione di gala, a volte decorato con fronzoli, frange e fiocco "alla militare". Era molto usato anche dalle donne, scuro d'inverno e bianco d'estate. Le donne, spesso meretrici, che venivano trovate in maschera venivano frustate da Piazza San Marco a Rialto (un bel tratto di strada), poste in berlina tra le due colonne di Piazza San Marco e venivano bandite per quattro anni dal territorio della Repubblica Veneta e anch’esse erano costrette al pagamento di 500 lire alla Cassa del Consiglio dei Dieci.

Il tabarro era, spesso, utilizzato per nascondere armi proprio per questo vennero emanati molti decreti per impedire alle maschere di utilizzare il mantello per scopi non proprio ortodossi e soprattutto pericolosi. Coloro che venivano colti in flagranza di reato andavano incontro a pene molto pesanti: per gli uomini la pena era di due anni di carcere, il servizio per 18 mesi nelle galere della Repubblica Serenissima, il pagamento di 500 lire alla Cassa del Consiglio dei Dieci.

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Le Maschere OGGI La città, durante gli ultimi giorni di Carnevale, pullula di persone in maschera che allegramente invadono calli e campielli cercando di divertirsi e di farsinotare. In quei giorni può capitare di veder sfilare di tutto, dalle statiche e fredde dame del Settecento corteggiate da algidi cicisbei, ai più ingegnosi e personalizzati costumi moderni, frutto di inventiva e creatività. Piazza San Marco e i principali campi della città si offrono come straordinario palcoscenico a chi vuole diventare, per qualche ora o tutt’al più qualche giorno all’anno, protagonista di un’altra vita

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