Forme Pubblicitarie

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FORME PUBBLICITARIE Design, funzionalità ed ecologia dei nuovi impianti per la pubblicità esterna. Tavola Rotonda sul rapporto tra impianti pubblicitari, città e mercato dei media.

Master in Comunicazione d’Azienda UPA Ca’ Foscari JOLLYPUBBLICITÀSPA

Università Ca’ Foscari Venezia Ca’ Dolfin


Indice

Enrico Finzi Astra Demoskopea 153

Felice Lioy

Giovanna Maggioni

UPA

UPA

XVII

173

Umberto Collesei

Pier Augusto Cervetti

Master UPA

INPE

XXI

179

169

187

188

Paolo Casti

Ernesto Pala

Jolly

Optimedia Italia

IX XXIII 1 179 188 189 211 213 215 231 233 234 238

169 202 218 235

173 208 228 236

190

195

197

201


Pierpaolo Micheletti

Simona Simonelli

Creative Media

Fiorucci spa

204 208

229

Aldo Cibic

Carmel Coscia

Cibic & Partners

Warner Village

187 201

188 212

189 214

195

197

232

236

233

Vando Pagliardini

Alberto Bò

SocietĂ Autostrada A4 A31

3M Italia

216

237

Virginio Briatore Interni 188

219

234

235

235


Lo scenario della progettazione si sta modificando. Il linguaggio delle forme sta allargando i suoi spazi e cerca di conquistare ogni ambito del vissuto. Partendo dai templi e dai palazzi si è spostato in tempi più recenti alle automobili ed agli elettrodomestici fino ad interpretare, spesso con ironia e con gusto, gli oggetti più comuni nell’uso quotidiano, attribuendo valenze estetiche anche a quelli più banali che hanno conquistato tono e personalità insospettabili grazie al cosidetto “tocco d’artista”. Il mondo dell’industria già dal periodo “Liberty” aveva individuato le logiche di un sistema che, passando inevitabilmente dal “progetto di qualità”, creava e crea tuttora, attraverso il gradimento estetico, i plus valori necessari nelle equazioni dell’interesse imprenditoriale. È evidente che questo “atteggiamento” nei confronti della qualità formale dei prodotti industriali ha dato i suoi frutti. Lo stesso approccio probabilmente è applicabile anche alla pubblicità esterna ed in particolare ai suoi supporti, che per troppo tempo sono stati sottratti alla progettazione, nonostante meritassero “ancor prima degli spremiagrumi” IX


che Philip Stark ha reso così belli, un aspetto più piacevole ed integrabile nel contesto ambientale. Purtroppo, nonostante le ricerche di mercato più recenti confermino che “la pubblicità esterna sempre più spesso è giudicata gradevole”, il “supporto” non ha contribuito abbastanza a questo innalzamento del gradimento. Sicuramente la scarsa qualità estetica dei cartelli ci lascia indifferenti quando attraversiamo le periferie delle grandi metropoli dove il degrado edilizio la mimetizza, ma non passa inosservata appena viene avvicinata a situazioni urbane almeno decorose. A peggiorare la situazione vi è poi il luogo comune che all’interno delle aziende associa il concetto di qualità a quello di maggior costo. Spesso questa considerazione è impropria, soprattutto non è corretta quando si parla di pubblicità esterna. La qualità nelle pianificazioni ed un certo sfoltimento dell’impiantistica hanno migliorato il gradimento nei confronti dell’affissione. Questo non basta e presto ce ne accorgeremo tutti. X


Questi miglioramenti hanno permesso all’esterna di riconquistare le posizioni perse negli scorsi anni quando il livello medio qualitativo era abbastanza scarso, ma non è bastato al mezzo per difendersi dalle aggressioni degli altri media. Sarà difficile continuare a riempire le città di posters ed ancora più difficile vederli tutti. Esiste poi un altro fattore da tenere presente: le pubbliche amministrazioni italiane, sempre più frequentemente, richiedono interventi qualificati dal punto di vista estetico. Sempre più spesso ci troviamo a progettare impianti pubblicitari con l’intento di renderli gradevoli. Siamo invitati, volenti o nolenti, a fare i conti con la qualità estetica e funzionale dei supporti pubblicitari, né più né meno degli editori che devono fare i conti con la qualità di stampa o la finitura della copertina. C’è qualcosa di buono in tutto questo. Ci viene richiesto di spendere di più, certo, ma anche di migliorare l’aspetto degli oggetti che proponiamo e che XI


inseriremo auspicabilmente nelle città. Dobbiamo rispondere con intelligenza, non possiamo farci trovare impreparati alla legittima richiesta di qualità. Negli ultimi due anni ci è capitato di progettare per mantenere o per conquistare posizioni sul mercato. Ci è sembrata una buona occasione per metterci alla prova, per vedere se saremmo stati capaci di proporre qualche forma nuova per un’attività vecchia come la nostra civiltà. Riteniamo di essere riusciti a fare qualcosa di buono, non sappiamo se questo è dovuto alla fortuna o alla mancanza di cultura progettuale specifica, sta di fatto che con Jolly abbiamo vinto tutte le gare alle quali abbiamo partecipato. Il mercato si è accorto di questo cambiamento di stile e soprattutto, a quanto pare, si è reso disponibile a pagare la qualità e senza molti giri di parole, ha confermato la sua richiesta di qualificazione. Il design di questi prodotti quindi, ha raggiunto il suo scopo: grazie a questo riusciamo ad essere più accettati e più utili all’interno delle città. XII


Abbiamo intrapreso la strada che ci era congeniale e che riflette la nostra filosofia da qualche decennio. Giunti a questo punto, desideriamo confrontare le nostre idee con gli attori del mercato pubblicitario e soprattutto con coloro che di progettazione si occupano con successo, sperando che le loro idee vengano trasmesse ad un mondo che, almeno quanto altri, merita attenzione. Proprio per questo, abbiamo pensato di creare un’occasione di incontro con un’atmosfera un po’ speciale, quella dell’Aula Magna di Ca’ Foscari a Venezia, una città ed un contesto che hanno imposto il rigore e la serietà degli incontri simili a questo che abbiamo organizzato all’interno dell’attività didattica del Master in Comunicazione d’Azienda UPA. All’incontro tra pubblicitari, architetti e designer ha partecipato anche Enrico Finzi, Presidente di Astra e Demoskopea, che, per l’occasione, ha realizzato una interessante ricerca sulle abitudini ed i gradimenti degli italiani rispetto alle problematiche del design e della qualità. All’interno di questa ricerca su nostra richiesta egli ha inserito un product-test sull’impianto pubblicitario vincitore della gara di Venezia. XIII


Le sue sollecitazioni e la sua brillante dialettica hanno introdotto e spesso sollevato, gli argomenti del pomeriggio. Questa pubblicazione riporta integralmente i contenuti di una giornata di lavoro importante e certamente inedita che ci conduce alla solita riflessione: noi della pubblicitĂ dovremmo permettere piĂš frequentemente agli altri di frequentarci. Ogni volta che questo accade impariamo (da loro) qualcosa. Paolo Casti

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Cà Dolfin Aula Magna 15 maggio ’98

Un momento dei lavori

Il segnaposto dei relatori

Il tavolo illustrato


LIOY: Un benvenuto a tutti i partecipanti a questo Convegno che ha come tema: “Forme pubblicitarie, design, funzionalità ed ecologia dei nuovi impianti per la pubblicità esterna”. E’ una manifestazione che si svolge sotto l’egida del Master UPA Ca’ Foscari e con la collaborazione della stessa Università Ca’ Foscari, di cui siamo ospiti. L’Ente Promotore è la Jolly Pubblicità, che vogliamo ringraziare e con cui ci rallegriamo, non soltanto per l’evento di oggi, ma anche perché questa grande impresa di pubblicità esterna approfondisce di frequente temi che altri non toccano e lo fa soprattutto nei momenti in cui c’è bisogno di una discussione e di un confronto. Non siamo qua per celebrare l’apoteosi di Jolly Pubblicità, né per fare il panegirico dell’architetto Casti, che della Jolly Pubblicità è l’anima e una delle menti. Siamo qua per approfondire un qualche cosa in cui la Jolly Pubblicità si sta impegnando parecchio, ma che coinvolge un po’ tutta la pubblicità esterna e affronta quelli che sono i criteri moderni di una pubblicità che si incentri sulla qualità. Del resto l’impegno sulla qualità riguarda oggi non XVII


soltanto l’affissione e la pubblicità esterna, ma tutta la pubblicità. La stessa televisione, quella pubblica e quella privata, che ha raggiunto ormai una saturazione quantitativa e non può superare certi limiti precisi di affollamento, deve oggi pensare seriamente agli aspetti creativi, all’innovazione espressiva, a linguaggi più efficaci, in poche parole ad una qualità più evoluta e più continuativa. Del resto le nuove leggi in materia, oltre che le normative che si stanno preparando, costringono le emittenti televisive a ridurre sempre di più i loro spazi pubblicitari. Le aziende utenti hanno perciò bisogno di messaggi efficaci, coinvolgenti e persuasivi. Ricordiamoci però che attenzione alla qualità non vuol dire disinteresse o irrilevanza per la quantità. Tutte le nostre aziende tendono ad accrescere i fatturati e ad investire in qualità per conseguire risultati più soddisfacenti. La qualità, in breve, facilita la crescita e ne è anzi il presupposto. Questo avviene ancora di più nel campo della pubblicità esterna, dove la qualità non solo è sotto gli occhi di tutti, XVIII


ma addirittura entra a far parte del tessuto urbano, costituisce un elemento fondamentale dell’estetica della città, vivacizzandola e movimentandola quando è buona, deteriorandola quando è brutta e sciatta. Quando gli annunci entrano a far parte del contesto urbano in maniera evidente e attraente, essi entrano a far parte anche della vita dei cittadini, del loro costume, delle loro abitudini di acquisto. Perciò l’affissione può acquisire, quando è ben gestita e amministrata, una valenza enorme sotto l’aspetto dell’efficacia. Tutto questo naturalmente non avviene per incanto, ma è il risultato di un lavoro progettuale, di un impegno creativo, di una sinergia con gli amministratori della città. Vi sono pertanto difficili problemi da risolvere, spesso in contesti controversi e appesantiti dalla burocrazia. Ecco perché è necessario porre in campo tutte le migliori forze, così da affrontare problemi complessi e delicati alla luce di una vera e propria “cultura della città” che deve essere anche cultura di comunicazione e coscienza dei problemi sociali in senso evolutivo e moderno. La Jolly Pubblicità ha individuato straordinarie soluzioni che le hanno procurato un rilevante successo: si è XIX


affermata in molte città, ha vinto molte gare, tra cui anche quella per Venezia, di cui tra poco sentiremo parlare a lungo. È alquanto singolare che, quando si fanno convegni e dibattiti sulla pubblicità, si parli tanto di stampa, di televisione, di radio, di promozioni e direct marketing, ma raramente si parli di pubblicità esterna, che è invece un’area complessa, ancora sottoutilizzata, raramente valorizzata. Eppure le aziende, quando si avvalgono di una buona impresa di pubblicità esterna, possono operare quello che io considero quasi un miracolo: i muri delle città parlano agli abitanti, propongono prodotti allettanti, consigliano acquisti che si possono fare dietro l’angolo. I messaggi, come d’incanto, raggiungono in maniera naturale chi abita, chi lavora, chi transita. Un potenziale enorme che va gestito con passione, nonostante i condizionamenti burocratici, gli oneri fiscali, le norme spesso fin troppo rigide. Quella di oggi è un’occasione importante e vorrei che gli Atti del Convegno, che annualmente la Jolly Pubblicità pubblica in volumetti spigliati e suggestivi, andassero non XX


soltanto agli uomini delle aziende e a quelli delle agenzie, ma anche agli amministratori, ai funzionari pubblici, ai giornalisti e agli opinion leaders. Passo ora la parola a uno dei protagonisti di questa giornata, cioè al direttore del Master UPA Ca’ Foscari, professor Umberto Collesei. COLLESEI: A nome del Magnifico Rettore vorrei porre a tutti loro il saluto più cordiale dell’Università. L’Università di Venezia guarda con attenzione da molti anni al problema della comunicazione sia con il Master - ormai quest’anno si sta completando il nono anno di corso e quindi fra poco partirà il decennale, se vogliamo, del prossimo anno quindi questo dà la sensazione dell’interesse che l’Università ha sempre riservato ai problemi della comunicazione. Sulla comunicazione esterna in particolare ormai è diventata una tradizione con la Jolly affrontare ogni anno un aspetto di questa problematica. Non mi dilungo su questo, eventualmente farò un breve intervento per capire, ma vorrei dire che l’attenzione XXI


anche dal punto di vista accademico alla pubblicità esterna viene sempre più rafforzata dall’idea del cambiamento che oggi c’è nei confronti del micromarketing, come loro sanno bene, che rafforza questo mezzo nei confronti degli altri. Il micromarketing da una parte e la pubblicità diretta dall’altra, il contatto diretto con le reti, con Internet, o con le altre forme, sono i due strumenti che stanno modificando il quadro della situazione anche competitiva. Credo che affrontare questo tema, anche dal punto di vista qualitativo, sia un problema necessario, ma abbia anche dei notevoli risvolti dal punto di vista economico, mi riservo poi nel pomeriggio una breve precisazione dal punto di vista economico di questo aspetto. Grazie e buon lavoro a tutti.

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CASTI: Nel mio intervento presenterò i quattro progetti che illustrano le proposte più recenti della Jolly Pubblicità. Si tratta di un manufatto di pubblica utilità e di tre cartelli che prendono le forme e le sembianze dal luogo e dalle funzioni per i quali sono pensati. Roma è una pensilina concepita per una città difficile e meravigliosa. Ala è un oggetto dinamico, filante, realizzato per accompagnare i viaggiatori delle autostrade. Y è un supporto polifunzionale ed originale, dotato di potenzialità infinite, che consente applicazioni creative insospettabili. Venezia è un poster ecologico bello e buono, studiato nei minimi dettagli per vincere una sfida importante in una città importantissima.

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Roma Pensilina modulare per attesa autobus.


Il progetto riguarda lo studio di un modello di pensilina da collocare nei punti di sosta degli autobus maggiormente frequentati dagli utenti del servizio pubblico.

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Tre funzioni principali Il manufatto elaborato è costituito sostanzialmente da tre elementi che rispondono rigorosamente alle sue funzioni principali . - Un comodo sedile ben ancorato al suolo da due robuste gambe consente agli utenti del servizio di attendere i mezzi comodamente seduti. - Una robusta tettoia ripara dagli agenti atmosferici e rende riconoscibile la "fermata" attraverso le indicazioni riportate sulla fascia anteriore. - Un pannello informativo/pubblicitario protegge la schiena degli astanti.

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Stilisticamente la pensilina è risolta in maniera essenziale dall'aggregazione dei tre segmenti elementari che ne disegnano la forma. In particolare le due congiunzioni sono risolte con un'aggregazione quasi "grafica"e caratterizzano la linea del manufatto. Il profilo della pensilina si rappresenta, per chi percorre il marciapiede, come un segno sicuro e deciso che puo’ essere assimilabile al "simbolo grafico" della sua funzione.

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La seduta - La seduta è realizzata in vetroresina ed è composta da elementi modulari da 120 cm. Questa scelta di componibilità rende il manufatto assolutamente flessibile ed adatto ad ogni situazione di servizio. Strutturalmente è composta da una "guscio" autoportante piegato a 90° e ricurvato a toro nella parte anteriore ed in modo solo accennato sul breve lato che funge da schienale. La superficie superiore è “segnata" da una serie di piccoli elementi circolari che rendono la seduta più stabile e sicura. La profondità ridotta non consente l'utilizzo improprio del sedile.

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Informazioni e pubblicità La schiena della pensilina è costituita da un setto verticale pannellato; strutturalmente questo elemento ha la funzione di raccordare il sedile alla copertura, prolungando verso il basso le due costole in acciaio del "coperto" in modo da raggiungere l'ancoraggio al suolo mediato alla seduta. In questo modo si realizza la continuità strutturale che evidenzia il profilo. La pannellatura può essere utilizzata per informazioni di servizio, per la pubblicità o per entrambe nella proporzione desiderata.

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Visto da dietro il manufatto si presenta composto e gradevole, mantenendo la sua efficacia comunicativa.

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La copertura La copertura è costituita da due costole in acciaio dello spessore di 15 mm. , le cui teste sono collegate da due profili incurvati che ne sviluppano longitudinalmente la sagoma. I due elementi di raccordo servono a raccogliere le acque piovane. Quello anteriore oltre a questa funzione riporta le diciture di servizio che rendono riconoscibili l'Azienda di Trasporto e la denominazione della fermata. All'interno dello stesso carter, vengono ospitati l'impianto di illuminazione e l'apparato acustico predisposto per l'eventuale intrattenimento musicale o per la diffusione delle informazioni all'utenza. Due fogli in plexiglass piegati lungo la sagoma delle costole, assicurano un efficiente riparo dalle intemperie o dai raggi solari. Un'alternativa più ricca può essere costituita dal tetto in cristallo; nel caso di Roma questa opzione è stata evitata per ridurre al minimo le probabilitàdi rottura dovute al vandalismo. Per lo stesso motivo è stato evitato l'uso di pannellature in cristallo e sono stati utilizzati profili metallici ad alto spessore. L'unica parte soggetta a vandalismi è quella del pannello. Per questo è facilmente pulibile o sostituibile in pochi secondi. 14



Ridotto ingombro al suolo La pensilina è stata studiata come unità capace di integrare i servizi a terra dell'Azienda di Trasporto rispondendo con il suo scarso ingombro al suolo al postulato progettuale fondamentale dell'abbattimento delle barriere architettoniche. La sua esile sagoma, inoltre, ammorbidisce l'impatto visivo e chi percorre il marciapiede o la strada nel senso di marcia, percepisce l'ingombro del manufatto in maniera progressiva. Questo non toglie efficacia allo spazio pubblicitario, semplicemente lo rende impercettibile quando sarebbe troppo distante dall'osservatore per essere percepito nei suoi contenuti. Questo concetto di comunicazione pubblicitaria, travalica il principio invasivo del "rumore a tutti i costi" cercando di sviluppare un'alternativa etica che consiste nella ricerca di spazi pubblicitari referenziati che entrano nelle città in sintonia positiva con la collettività che, a quanto pare, è molto critica nei confronti delle imposizioni e sempre più disposta ad accettare proposte intelligenti.

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Integrazioni e servizi Questa immagine è tratta da uno studio di fattibilitĂ realizzato per valutare la possibilitĂ di integrare gli apparecchi telefonici della Telecom alle pensiline che, per strategia di posizionamento, occupano posizioni molto ambite all’interno delle aree urbane ed in particolare dei centri storici.

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La dotazione dell’apparecchio telefonico è segnalata ed enfatizzata con il simbolo apposto sul lato piĂš visibile nel senso di marcia.

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La necessitĂ di una nota multinazionale di distribuire il proprio prodotto in occasione del Giubileo a Roma, ha trovato riscontro in questo simpatico accostamento tra il pubblico servizio e la vera e propria proposta commerciale.

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La distribuzione, anche se automatica, ha bisogno di pubblicità; per questo l’insegna “dell’esercizio” prende posto sul lato più visibile della pensilina.

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Ala Cartello autostradale a profilo aerodinamico.


L'idea sviluppa il concetto di spazio comunicativo posizionato sempre sulla destra rispetto all'asse visivo di chi percorre l'autostrada. La "forma" corrispondente al "postulato progettuale" risulta essere un cartello con una sagoma leggermente curva che accompagna lo sguardo dell'osservatore verso la direzione percorsa.

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Sono impegnate diverse soluzioni per i due lati verticali. Quello di destra ( praticamente invisibile all'osservatore) è risolto con una semplice piegatura verso il retro, quello di sinistra invece, il più importante, ( più vicino all'asse visivo) è incurvato in modo da raggiungere con una morbida linea il palo di sostegno leggermente arretrato rispetto la superficie del cartello. L'assoluta pulizia della superficie di supporto per la grafica, eliminerà ogni possibile interferenza tra l'impianto e l'immagine che in questo modo vivrà da protagonista stagliandosi direttamente sullo sfondo del paesaggio.

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Seppure improbabile per chi percorre l'autostrada, la veduta “a volo d’uccello” dichiara ancora più esplicitamente la filosofia estetica di questo manufatto.

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Il risultato formale evoca, con la sua forma aerodinamica cosĂŹ vicina a quella di un'ala, l'idea, tutto sommato positiva, di oggetto "viaggiante".

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La struttura portante La struttura portante assolve essenzialmente due funzioni: la prima, quella principale, dare supporto ed appoggio continuo al cartello, l'altra, legata alla linea del manufatto, costituire l'elemento distanziale tra il palo arretrato ed il cartello antistante. E' questo l'elemento che maggiormente caratterizza l'estetica del manufatto, per questo il suo profilo elegante e slanciato è lasciato in vista. La costruzione della struttura portante è particolarmente originale ed è articolata in modo da soddisfare le funzionalità statiche attraverso un design suggestivo ed evocativo. Essa è costituita da due "costole" identiche che si innestano alla sommità del monopalo e due metri più in basso, in modo da fornire un solido appoggio alla linea curva del pannello decorato. I due elementi sono realizzati con un profilo scatolato d'acciaio zincato a caldo con sezione rettangolare di cm 6x18 e con spessore 3 mm.. La verniciatura della struttura portante, come quella di tutto il manufatto, sarà a vernici epposidiche ed il colore è stato individuato in modo da potersi integrare e mimetizzare con il contesto.

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Ancoraggio al suolo La scelta dell'ancoraggio ha individuato, nel monopalo, l'elemento strutturale funzionalmente piÚ rispondente alle caratteristiche estetiche e di sicurezza del manufatto proposto. Ci sono due principali ragioni che ci hanno spinto a questa scelta. - Il monopalo semplifica le operazioni di orientamento del cartello rispetto all'asse visivo, qualifica, con la sua " presenza ", il manufatto nel suo insieme inoltre nel nostro caso "misura e sottolinea" la "linea" del pannello. - Il monopalo consente, in caso di impatto da parte di un mezzo pesante con il cartello, una rotazione sull'asse. Questa circostanza è prevista nel progetto. Il palo è innestato in un bicchiere metallico compensato con della sabbia; la spina rossa che blocca, in condizioni normali, il movimento di rotazione prevede, con una "frattura programmata", la rotazione desiderata qualora si verificassero le condizioni dell'incidente.

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Il pannello E' costituito semplicemente da un foglio in alluminio di spessore (3 mm), calandrato per poter adagiarsi naturalmente sulle superfici curve della struttura portante. Il fissaggio avviene attraverso due accessori con cui viene "attrezzato" sui lati verticali il foglio in alluminio. Essi, una volta collegati al pannello, vengono assicurati alla struttura in modo da poter garantire la tenuta e costituire un corpo unico con il manufatto.

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Trasposizione delle immagini sulla faccia a vista dei cartelli Per l'allestimento grafico del pannello, il nostro progetto prevede la stampa con il sistema 3M Scotchprint EGS che è in grado di assicurare una definizione ed una fedeltà cromatica irraggiungibile da qualsiasi altro sistema di stampa. Si tratta di un pvc adesivo sul quale, con una stampante elettrostatica, vengono trasferite con un input digitale le immagini. Con un'ulteriore fase di lavorazione, il film in pvc che funge da supporto al toner colorato, verrà accoppiato ad un altro speciale film anch'esso in PVC che proteggerà le grafiche dai raggi UV e dagli agenti atmosferici. Il prodotto finale risulterà essere una sequenza di fasce adesive che verranno applicate al cartello in alluminio in sequenza con giunte invisibili. Tale processo è l'unico coperto da brevetto e garanzia 3M MCS in tutto il mondo in ordine alla fedeltà cromatica, alla resistenza agli agenti atmosferici ed ai raggi del sole specificamente per questo utilizzo.

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Contestualizzazione Posto al lato delle sede stradale lo stelo dell’”Ala” sarà dimensionato in funzione dell’inclinazione della scarpata.

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La visione zenitale, consente di apprezzare la lieve curvatura del cartello e l’angolo preciso di posizionamento rispetto all’asse ottico di chi percorre l’autostrada.

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Con la vista da dietro si intuiscono ancora meglio la linea curva e la strategia comunicativa del pannello.

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“Y� Supporto polifunzionale per cartelli a sagoma variabile.


La Tipologia degli impianti pubblicitari da posizionare nelle aree di servizio, nelle aree di parcheggio e nei caselli autostradali, illustrata nel nostro progetto è costituita da un unico modello di supporto estremamente versatile ed attrezzabile denominato "Y" (ipsilon) e da una serie di cartelli autoportanti di varie dimensioni. Il sistema "Y" con le sue opzioni è una soluzione semplice ed ideale pensata per poter supportare ogni tipo di pannello pubblicitario e soprattutto adattabile agli sviluppi futuri che certamente avranno i materiali grafici utilizzati nella comunicazione esterna.

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Il supporto in acciaio è costituito da un monopalo di 60 cm. di diametro ad altezza variabile, sopra il quale si divarica un elegante traliccio a forma di forcella che ha la funzione di creare due saldi ancoraggi distanziati 3 metri sopra la piattaforma cilindrica. La funzione strutturale di questa sorta di supporto polifunzionale, libera il manufatto da ogni tipo di vincolo riferito alla sagoma del tabellone pubblicitario e soprattutto si propone come effettiva novità in termini di design e di funzionalità. Nello specifico i tre punti di ancoraggio della struttura consentiranno una vasta gamma di alternative in termini di superficie espositiva. Si possono inoltre indistintamente utilizzare l’una, l’altra o entrambi i lati della forcella come supporto dei pannelli pubblicitari.

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Il sistema di illuminazione E’ un importante opzione di cui è dotato “Y”. Esso è costituito da una serie di fari ad alta resa illuminante e a basso consumo energetico, alloggiati in un carter cilindrico cromato lungo esattamente quattro metri , tanto quanto la distanza tra i due supporti aerei della forcella. La quantità dei fari è modificabile in funzione del formato del pannello. Anche l’impianto di illuminazione è studiato per essere montato e smontato rapidamente con facili e sicuri innesti che sono una efficienza funzionale allineata al resto del manufatto.

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Esploso Nell'esploso si separano le parti strutturali. In questo modo si intuisce la conseguente semplificazione che questa logica compositiva apporta alle fasi di montaggio.

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L’ancoraggio L’ancoraggio dei cartelli pubblicitari rappresenta il punto cruciale del sistema “Y”. Il concetto è molto semplice: i pannelli in alluminio sono accessoriati con due speciali appendici sagomate. Le estremità superiori della “Y” sono attrezzate con un dispositivo di innesto. Agganciando il cartello con un elevatore e portando le appendici del cartello in corrispondenza delle spine della “Y” basterà innestare le “orecchie” del cartello fino a raggiungere la fine corsa dove è previsto uno speciale scanso di ancoraggio. A questo punto il cartello è appeso e per bloccarlo basterà innestare le spine previste alla base in corrispondenza dell’anello di snodo per assicurarlo alla struttura portante.

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Arredo accessorio In considerazione del tipo di insediamento "Y" è accessoriata con un corredo di contestualizzazione costituito da una serie di accessori e da alcuni interventi di qualificazione del contesto. In particolare l’elemento più importante è un cordolo alto circa 50 cm., che consente il contenimento del materiale terroso, del tappeto erboso e delle siepi che contribuiscono ad abbellire il sito destinato ad ospitare “Y”.

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Tale soluzione oltre che raggiungere un naturale effetto di allineamento della “tabella” con il contesto, svolge un’azione “protettiva” nei confronti dell’impianto che, vivendo inserito in questa “vasca vegetale”, sarà meno raggiungibile e meno a portata di mano. Il cordolo è l’elemento più importante di questo arredo speciale. Esso è costituito da due elementi strutturali in calcestruzzo colorato e spazzolato e da una serie di accessori integrabili.

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Particolarmente degno di nota è l’elemento di finitura superiore che può fungere da seduta nel caso di prossimità al traffico pedonale. Esso è realizzato con uno stampo speciale e sagomato impastando il calcestruzzo con polvere di marmo colorato. Successivamente una accurata spazzolatura rende l’aspetto di questo manufatto prezioso ed elegante.

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Il bifacciale Nell'utilizzo bifacciale sono sfruttate a pieno le potenzialità dell'impianto, è immaginabile anche la proposizione di sagoma diversa dei cartelli . In questo modo si potrebbero ricercare particolari effetti di profondità tra i due cartelli.

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La flessibilità del supporto Le illustrazioni rappresentano a titolo esemplificativo una serie di opzioni relative alla flessibilità d'utilizzo di "Y". La particolarità del sistema è rappresentata dal fatto che l'intero pannello pubblicitario potrà essere smontato in maniera talmente rapida dalla "forcella" da permettere il cambio del pannello in tempi davvero ristretti. La novità è costituita dal fatto che l'immagine pubblicitaria non verrà installata con complicate e disagevoli operazioni di incollaggio, tensione di teli o sostituzione di lamelle, ma rimuovendo per intero tutto il pannello pubblicitario. Tale sistema consentirà, tra l'altro, di allestire le grafiche in ambienti più idonei ed attrezzati e quindi con l'indubbio vantaggio di non occupare, per le attività di manutenzione, le aree adiacenti agli impianti pubblicitari per tempi troppo prolungati.

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I sagomati Questa applicazione rende piĂš delle parole l'idea di flessibilitĂ . Gli unici vincoli alle soluzioni creative sono relativi alla predisposizione sul cartello degli agganci per il supporto.

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Venezia Poster ecologico con pannello a doghe asportabili.


Progetto per Venezia Progettare nel 1998 il modo di fare pubblicità esterna a Venezia, significa probabilmente molto di più che disegnare un impianto all'altezza della situazione ed organizzarne adeguatamente la presenza all'interno del contesto urbano. Certamente questa operazione, se ben condotta, andrà molto al di là della città, dei veneziani e della pubblicità esterna, pur restando queste le componenti principali da analizzare e da tenere presenti durante il percorso progettuale. Ci andranno di mezzo inevitabilmente ed auspicabilmente ben altre aree di interesse, quella della finanza pubblica, dell'occupazione, dell'urbanistica, dell'architettura, del design, della distribuzione del consumo. Finalmente si potrà parlare realmente di progetto integrale per la pubblicità esterna all'interno di un'area urbana articolata, interessante ed importante. Finalmente il mondo della progettazione è chiamato a rispondere direttamente ad un quesito concreto, dove l'impianto pubblicitario ed il suo insediamento sul territorio sono protagonisti e non emarginati o camuffati da complementi d'arredo urbano. Sono queste le risposte che riteniamo di avere dato con lo studio che proponiamo.

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Sono questi gli argomenti che abbiamo sviluppato, che riteniamo esauriti e sintetizzati nelle forme, nei colori e nelle funzionalità di un oggetto apparentemente simile ad altri, ma in realtà assolutamente innovativo e proiettato per concezione, flessibilità d'impiego ed ecologia ben più in là delle cose che gli assomigliano nella sagoma o negli ingombri. Siamo chiamati a rispondere con chiarezza alla precisa volontà dell'Amministrazione pubblica di porre fine alle brutture, all'inquinamento ed all'abusivismo che rendono della pubblicità esterna un pessimo esempio in una città così importante per l'economia e la cultura nazionale ed internazionale. Dovremmo farlo con attenzione, serietà ed efficacia, tenendo presente che questo progetto superando i suoi stessi confini potrà, se ne sarà all'altezza, creare i presupposti per un' evoluzione epocale nel mondo della comunicazione, non solo esterna. Non ci si potrà limitare a parlare di spazi pubblicitari come fossero posti macchina o posti letto in una città dove, anche questi, sono problemi quotidiani. Si dovrà parlare di design, di contestualizzazione ambientale, di funzionalità, di organizzazione territoriale, di opportunità, di

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ecologia, di logistica, di economia, di finanza pubblica e di interessi della collettività. Abbiamo studiato questo manufatto nei minimi particolari, soprattutto ricercando soluzioni pratiche e funzionali, perché questo manufatto possa essere gestito e manutenuto senza difficoltà. Abbiamo sviluppato i postulati progettuali ponendoci l'obiettivo estetico della leggerezza perché siamo consapevoli che l'impatto ambientale delle "presenze pubblicitarie" è sempre vissuto molto criticamente dalla collettività. Abbiamo studiato i comportamenti pubblicitari del mercato e trasferito i contenuti della ricerca nella scelta dei formati, nella gestione dei supporti, nella loro elasticità d'impiego. Abbiamo scelto la "qualità totale" in ogni aspetto, dal design all'organizzazione, supponendo che questa sarà merce preziosa soprattutto nel futuro, soprattutto in un contesto economico e culturale come quello italiano che sembra accorgersi dopo qualche passo falso che il futuro della nostra economia e della nostra cultura sta come nel passato, nella qualità. La qualità ha bisogno di progetto. E' proprio questo che proponiamo. Il progetto della qualità della pubblicità esterna, 78


argomento questo molto più tangibile ed importante di quanto si possa pensare e, nonostante tutto, molto trascurato dal mondo della progettazione. Spenderemo molto. Un primo computo di spesa indicativamente espresso solo per il "poster" ci indica la cifra di 12 milioni come valore di riferimento. Una bella cifra per questo genere di manufatto. E' un impegno serio quello che ci siamo presi, sviluppando questo studio. E' un impegno serio quello che ci assumeremo quando, auspicabilmente, potremo gestire con la stessa etica e lo stesso impegno la vita di questo progetto. Sembra ieri ed invece sono passati poco più di due anni dal convegno "Local Leadership", che organizzammo proprio a Venezia all'Università Ca' Foscari, fu allora che Massimo Cacciari (Sindaco di Venezia) parlando di pubblicità esterna disse tra l'altro: "Gli impianti e le strutture sono assolutamente inadeguate mentre la comunicazione esterna potrebbe costituire un mezzo con cui risanare il paesaggio e l'ambiente urbano e, con interventi appropriati, addirittura abbellire le città.

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In realtà, al contrario, quasi sempre costituisce un elemento di deterioramento dell'ambiente urbano. Questo, sicuramente, non è causa soltanto dell'attività delle aziende che operano nel settore, ma dipende in grandissima misura dall'amministrazione comunale. È ovvio. Ma se noi migliorassimo i nostri rapporti attraverso convenzioni ed accordi particolari, le aziende stesse potrebbero farsi carico degli investimenti necessari a migliorare le strutture e, quindi, il loro impatto sull'ambiente. Noi dovremo muoverci in questa direzione, vista anche la posizione di leader di Jolly Pubblicità in questo campo e ritengo che anche in questo Comune e in questa Provincia, si possa giungere in tempi brevi a mettere a fuoco la situazione e decidere insieme gli interventi necessari. Perché certamente a Venezia la qualità della pubblicità esterna è a volte indecente. Cartellonistica a pezzi, impianti sfasciati, cose che chiunque di Voi può costatare girando per le strade. È quindi sicuramente indispensabile affrontare il problema dell'integrazione tra pubblicità e ambiente, soprattutto nelle città d'arte come Venezia.

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Credo che debba essere compiuto uno sforzo da entrambe le parti (le aziende e le amministrazioni pubbliche, ndr), per ottenere un concreto miglioramento della situazione. Si riscontra, d'altra parte, una sottoutilizzazione di questo mezzo anche dal punto di vista economico. Ăˆ un tema che faccio fatica ad affermare all'interno dell'apparato burocratico: l'amministrazione comunale fatica a condividere l'obiettivo di aumentare le entrate con un impegno in questo campo, mentre secondo me l'introito potrebbe facilmente aumentare di due o tre volte applicando una politica intelligente, in grado di migliorare la qualitĂ dell'ambiente, anzichĂŠ danneggiarlo". Ăˆ bello costatare che una volta tanto le parole di un sindaco trovano una applicazione nei fatti.

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La tipologia La "tipologia" di impianto pubblicitario per Venezia é costituita dallo sviluppo applicativo di un brevetto di proprietà aziendale denominato "Y". Si tratta di un modello unico di supporto estremamente versatile ed attrezzabile denominato “V.” proposto anche nella versione "minuscola" per l'utilizzo dei formati ridotti. Un corredo di cartelli autoportanti e smontabili di varie dimensioni, potranno attrezzare la “V.” nelle sue varie declinazioni di impiego. Il sistema “V.” con le sue opzioni é una soluzione semplice ed ideale pensata per poter supportare ogni tipo di pannello e soprattutto in grado di adattarsi ai futuri sviluppi dei materiali grafici utilizzati nella comunicazione esterna.

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Supporto polifunzionale Per quanto concerne il supporto il risultato formale conseguente ai presupposti progettuali corrisponde ad una configurazione strutturale semplice ed essenziale, composta da due parti ben distinte : Un robusto e generoso palo con diametro di 60 centimetri che sostiene ed accoglie il secondo elemento strutturale : Una “V.� composta da due poderose "IPE" che costituiscono l'ancoraggio del cartello ed il punto di partenza per l'eventuale apparato illuminante che vanno ad incontrarsi, proprio all'interno dello "scollo" ottenuto sulla testa del loro supporto.

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L’apparato illuminante Particolare attenzione è stata dedicata al disegno degli eventuali corpi illuminanti. La forma così decisa della “V.” e l'imponenza del suo raccordo a terra andava addolcita. Nella logica degli equilibri abbiamo attribuito il compito di attenuare questa esuberanza ai proiettori, che con il loro disegno sicuro ed elegante contribuiscono certo ad ingentilire lo slancio poderoso dei due bracci della “V.”.

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Dalla sommità della “V.” partono ben bilanciati, da due cuffie coniche, due esili e solidi tubi in alluminio che terminano, con due dischi dello stesso materiale, scostati dall'impianto tanto quanto basta per allontanare l’ottica dei fari . Ciascun disco è composto da una parte fissa e da una mobile che funge da snodo per un fanale che ci si aspetta rivolto nel verso opposto, tanto richiama il "faro vecchio stile" delle bici di una volta.

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L'elegante guscio d'alluminio nasconde e ripara un moderno proiettore a basso consumo energetico. Anche l’ottica è stata studiata in maniera originale per eliminare ogni dispersione luminosa. La geometria dell’ottica ed il faro stesso, sono stati brevettati e costituiscono il fiore all’occhiello dell’impianto.

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Garbata citazione Questa garbata citazione alle linee degli anni cinquanta sottolinea ed accentua la cura stilistica propria di questo manufatto coniugando la pura ricerca formale alla pi첫 moderna interpretazione funzionale.

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Funzionalità generali “V.” basa il suo principio funzionale sui tre punti d'ancoraggio ottenuti alla sommità dei bracci ed alla base del loro incontro. Ad essi possono essere vincolati sia i cartelli monolitici destinati a rimanere esposti per lunghi periodi, sia i cartelli smontabili studiati per utilizzare i manifesti di carta dei circuiti nazionali. Oltre a questo, il supporto potrà ospitare soluzioni creative di ogni genere per esempio i pannelli sagomati oppure quelli a messaggi variabili, sia a funzionamento meccanico che i più moderni a led, dando così le possibilità di sviluppo inerenti alla sicurezza o a qualsiasi impegno multimediale a sfondo sociale o commerciale.

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Il concetto di "supporto" disarticolato dal cartello rende questo "impianto" estremamente flessibile ed adattabile a qualsiasi situazione di comunicazione esterna contemplando fin d'ora anche gli adeguamenti o i probabili sviluppi futuri, ad oggi solamente intuibili. “V.” quindi, può estendere il suo impiego potenziale ad ogni formato e ad ogni tipo di soluzione formale o di decorazione superficiale. Il suo asso nella manica però, è senza dubbio, la possibilità di asportare per intero il cartello che consente di effettuare tutte le fasi dell'affissione o di incollaggio delle grafiche in laboratori opportunamente attrezzati.

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Questo sistema offre tre vantaggi imprescindibili in termini di qualitĂ : 1) Esclude la possibilitĂ d'inquinamento alla base dell'impianto dove troppo spesso, con i supporti tradizionali si depositano i residui di carta e colla delle affissioni. 2) L'asportazione dei pannelli consente la loro pulizia, a tutto vantaggio delle operazioni di incollaggio che oltre ad essere piĂš precise preverranno "l'effetto trasparenza" che in caso di pioggia rende inutili ed antiestetici i manifesti a sfondo chiaro. 3) La pulizia dei pannelli previene inoltre la formazione di strati di manifesti sovrapposti, i cosiddetti "crostoni", spesso causa di danni a terzi.

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Forma e funzione Il linguaggio formale di questo impianto pubblicitario attribuisce ad ogni elemento strutturale il compito di comunicare la sua funzionalitĂ . La ricerca,cosĂŹ intensa, del rapporto tra forma e funzione, per ogni dettaglio dell'impianto, ci ha guidato in ogni scelta ed ha conferito al manufatto una linearitĂ raramente rintracciabile altrove in oggetti di questo tipo.

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La scelta ecologica Il primo tema affrontato è stato l'individuazione dello standard di qualità relativo al servizio principale: le affissioni. La scelta per quanto impegnativa è ricaduta sulla soluzione oggettivamente più pulita, la più "ecologica" delle alternative possibili. L'asportazione del pannello per intero e l'incollaggio dei manifesti in laboratorio. Per rendere l'operazione semplice e funzionale la “V.” è dotata di un originale sistema di composizione del "cartello".

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Composizione del cartello Questo sistema apparentemente semplice necessita di un'assoluta precisione ed affidabilitĂ degli ancoraggi. Per questo il progetto ha dedicato ampio spazio allo studio sia delle travi che degli accessori che la attrezzano e che di fatto lo rendono funzionale al servizio.

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Due speciali travi in alluminio estruso sono saldamente ancorate alla “V.� e consentono un solido appoggio alle doghe, che verranno inserite nella trave superiore e bloccate da quella inferiore.

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La trave superiore La trave superiore è costituita da una "U" rovesciata che svolge una doppia funzione: quella di "riparo" per la testa del cartello e quella, ancora piÚ importante, di accogliere le doghe che sono inserite dal basso in questo elemento strutturale.

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Per favorire l’inserimento delle doghe è stata sviluppata un'appendice alla "U" , che abbandona la sagoma principale sviluppandosi verso il basso offrendo un pratico appoggio nelle fasi di montaggio.

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Il fissaggio della trave superiore La trave superiore scarica il proprio carico sulle piccole mensole ottenute ai piedi delle orecchie dei bracci alle quali è assicurata saldamente attraverso due grossi dadi.

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La trave inferiore La trave inferiore, apparentemente speculare a quella superiore, è funzionalmente molto differente dalla gemella. Essa è stata studiata per bloccare le doghe che, inserite più in alto, trovano per la loro estremità inferiore un preciso e sicuro appoggio che le allinea tra di loro e le rende monolitiche alla struttura del cartello. Entrambe le travi sono fornite di un dispositivo di guarnizioni predisposto per rendere più precisi e silenziosi i bloccaggi e gli appoggi.

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Il fissaggio della trave inferiore La trave inferiore si vincola alla struttura portante attraverso due viti ad alta sezione. Queste bloccano la trave innestandosi nelle due piccole appendici filettate posizionate alla base della “V.�.

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Il bloccaggio della trave inferiore La vista di scorcio del trafilato inferiore, svela il funzionamento del meccanismo di apertura. All’interno del profilo si intuisce il sistema di regolazione dei cavi di raccordo tra le travi.

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La chiusura laterale La trave superiore come quella inferiore sono chiuse da entrambe i lati con uno speciale tappo disegnato per raccordare la struttura massiccia della trave con l'esile profilo del pannello.

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Istruzioni per l’uso La doga viene portata all'altezza dell'ala alla quale si appoggia. Sospinta verso l'alto, scivola fino a toccare la faccia superiore della trave. A questo punto viene lasciata cadere e per gravità raggiunge con precisione la sua sede.

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Inserita nella trave superiore, la doga infulcrata in alto ĂŠ libera di ruotare e di raggiungere il suo alloggio ricavato nella trave inferiore. L'ala che era stata aperta per dar luogo all'ingresso della doga, viene serrata e bloccata in questa posizione con un semplice meccanismo di chiusura.

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La scelta cromatica “V.” in questo progetto è proposta in una versione cromatica a nostro giudizio particolarmente accattivante, con due colori che oltre a prestarsi eccellentemente ad esaltare le caratteristiche formali del manufatto citano la memoria storica della Serenissima. L'amaranto e questo giallo oro metalizzato così avvicinati hanno tutte le carte in regola per piacere e soprattutto non recheranno nessuna interferenza con il codice della strada. Oltre a questo hanno superato tranquillamente ogni valutazione in termini di impatto ambientale senza rinunciare alla loro personalità. La verniciatura è effetuata con doppia mano di fondo epossidico e smalto poliuretanico di finitura con cottura in forno. La soluzione cromatica ha valore di semplice indicazione e qualora non fosse ritenuta idonea, può essere modificata secondo le indicazioni della pubblica amministrazione.

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L’aspetto finale L'aspetto finale di “V.� completato con il pannello raggiunge un obiettivo di leggerezza assolutamente gradito e certamente inseguito in tutto il progetto soprattutto in funzione dell'inserimento nel contesto urbano. L'ampio pannello, spesso solo 5 cm., sottolineato elegantemente dalle due travi in metallo nudo, visto di scorcio, evidenzia un profilo sottile e slanciato. Particolarmente degno di nota, il disegno del tappo che raccorda il profilo quadro delle barre orizzontali, con l'esile sagoma della doga laterale, con una sorta di biscotto, quasi un dito indice che sembra trattenere i pannelli per impedirne l'uscita laterale.

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Il palo di sostegno è, per definizione, il vero supporto fisico del cartello. Anche in termini estetici gioca questo ruolo con grande compostezza, anche nel dettaglio dello scollo, certo non casualmente a “V.”, che lo personalizza conferendogli eleganza e prestigio. L'impianto illuminante è il dettaglio più sofisticato, quello dove il disegno si è spinto più in là delle linee rigorosamente funzionalistiche dell'impianto.

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"Esploso" del supporto Scomposto nelle sue componenti fondamentali “V.” appare in tutta la sua essenzialità e forse, in qualche modo, svela il segreto e l'eleganza delle sue linee, tutte espresse attraverso semplici segni legati dalla volontà funzionalistica di far coincidere le soluzioni formali a quelle di carattere tecnico e pratico.

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Si distinguono ancora meglio in questo esploso i materiali, scelti anch'essi, come le forme dei singoli pezzi, per le caratteristiche estetiche ma soprattutto per le loro risposte strutturali ed ai problemi da usura. In particolare il problema della salsedine è stato affrontato utilizzando l'alluminio nelle parti piÚ esposte o soggette a manipolazioni frequenti e ricorrendo alla zincatura a caldo ed all'utilizzo di speciali vernici particolarmente resistenti nelle parti strutturali in acciaio.

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Lo schema logico, relativo al design di questo prodotto, distinguendo formalmente le componenti in base alle funzioni specifiche, risolve giĂ in fase di progetto i problemi di manutenzione, isolando l'eventuale intervento esclusivamente alle parti interessate e non coinvolgendo altri elementi o altre funzionalitĂ .

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“Esploso del cartelloâ€? Analogamente a quello della struttura è interessante analizzare l'esploso del "cartello per affissione". Tutte le componenti sono separate e riconoscibili singolarmente. L'immagine sintetica evidenzia la semplicitĂ del disassemblaggio, facilmente riconducibile al postulato ecologico proprio di tutto il progetto, relativo alla separazione dei materiali e delle forme per funzione.

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L’utilizzo bifacciale L'impianto è progettato per essere utilizzabile su entrambi i lati che hanno funzionalità identiche. È possibile la "configurazione bifacciale" per ogni tipo di cartello, da quello smontabile per affissione a quello monolitico ed asportabile fino a quello con messaggio variabile.

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Il bifacciale Nel caso di utilizzo bifacciale è indispensabile naturalmente allestire anche sul secondo lato l'apparato illuminante.

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La sicurezza La sicurezza è stata naturalmente il primo aspetto considerato nello sviluppo del progetto. I materiali utilizzati e la forma stessa dell'impianto derivano da precise scelte inerenti alla "sicurezza nei confronti di terzi". Abbiamo ridotto al minimo il "profilo rigido". In particolare, la scelta del monopalo a sezione circolare oltre a ridurre la probabilità d'impatto, lo rende meno pericoloso per la mancanza di spigoli. Lo stesso cartello con la struttura portante in alluminio cosÏ come è concepita in forma destrutturata, non offre praticamente alcuna resistenza all'eventuale impatto, garantendo un coefficente di sicurezza assolutamente soddisfacente.

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Il sistema adottato delle due "verghe" monolitiche fissate direttamente alla struttura, in luogo delle classiche cornici a pezzi fissate con viti al pannello, elimina il problema del distacco accidentale di questo elemento che costituisce purtroppo la principale causa dei danni a terzi. La pulizia delle doghe, che avviene prima di ogni affissione, elimina la formazione di "crostoni" causa anch'essa frequente di danni in caso di caduta a terra dei fogli incollati. Le fasi del montaggio avverranno portando l'operatore e le doghe, alloggiati in una "navicella", all'altezza della trave inferiore, mediante il braccio meccanico di una gru. Uno speciale aggancio permetterĂ di installare in sicurezza la doga movimentata.

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Il 25 giugno ’98 “Roma”, “Ala” “Y” e “Venezia” sono stati protagonisti dell’intervento Design for Businnes di Paolo Casti al Seventh World Congress of Outdoor Advertising a Montréal.

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Nelle pagine precedenti sono riprodotti quattro progetti originali realizzati rispettivamente per l’Atac di Roma, l’Autostrada del Brennero S.P.A., la società Autostrade A/4 ed A/31 ed il Comune di Venezia. L’autore diffida la riproduzione anche parziale dei contenuti di questa pubblicazione richiamandosi alle norme vigenti sui diritti d’autore.

Per informazioni su “Roma”, “Ala”, “Y” e “Venezia” JOLLYPUBBLICITÀSPA Via B. Cellini, 66 - 35027 Noventa Padovana PADOVA - Italia - Tel. 0039.49.625699 http://www.jpoutdoor.com jpoutdoor è un sito Internet JOLLYPUBBLICITÀSPA


FINZI: Grazie e bentrovati. Sono stato incaricato dalla Jolly Pubblicità, e non è la prima volta, di condurre una piccola ricerca qualitativa su “V.”, cioè sul particolare tipo di supporto che avete appena visto illustrato tramite diapositive da Paolo Casti. Si tratta di una piccola, anzi di una piccolissima, ricerca. Abbiamo intervistato i responsabili commerciali, o marketing o di comunicazione, di 12 primarie imprese di settori diversi, compresi anche i servizi in forte sviluppo nel campo degli investimenti pubblicitari, sulla base di un documento fotografico con poco testo che sintetizzava la proposta fatta al Comune di Venezia, che è stata considerata la migliore e quindi nominata vincitrice. Credo che la maggiore parte di questa presentazione vada dedicata non a questo particolare product test, ma ad alcuni aspetti della cultura delle affissioni, che noi abbiamo verificato presso questo campione piccolo, ma rilevante, perché trattasi di imprese che investono tutte in pubblicità esterna. Ripartirò dai risultati della ricerca che annualmente 153


conduciamo per conto dell’ UPA, “Il futuro della pubblicità”. Da un punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo, nell’ambito di una generale consistente ripresa degli investimenti in comunicazione commerciale e malgrado la straordinaria leadership della televisione, i mezzi pubblicitari “classici”, che hanno saputo rinnovarsi significativamente, hanno ottenuto, stanno ottenendo e prevedibilmente otterranno un premio significativo da parte dell’utenza pubblicitaria, dei centri media, delle agenzie. I tre casi più rilevanti li ha già citati il Dottor Lioy: la radio, che forse è il più straordinario di tutti in termini di razionalizzazione e qualificazione dell’offerta, oltre che di sforzo per favorire una creatività dedicata; il cinema, nel suo piccolo, ma con tassi di crescita che sono strabilianti, come per altro capita ai neonati che raddoppiano la loro lunghezza nei primi otto mesi di vita, grazie al miglioramento dell’offerta, sia dell’offerta commerciale, come pubblicità cinematografica, sia della sala cinematografica e appunto le affissioni e più in generale la pubblicità esterna, che è fuoriuscita da una crisi assai drammatica e molto più significativa di quella generale dell’advertising, rimettendosi in un sentiero di crescita in grazia di un mix positivo di razionalizzazione dell’offerta, scrematura progressiva degli impianti, solo dopo un certo 154


periodo di tempo, colto dagli utenti ed in parte, ma solo in parte, dai pubblicitari, qualificazione dell’offerta, semplificazione almeno parziale, (peraltro ancora insufficiente) della pianificabilità del mezzo. L’impressione che abbiamo avuto nell’intervistare quel centinaio di addetti ai lavori, che tutti gli anni sentiamo per conto dell’UPA, è che il mercato non solo si dichiari orientato a premiare la qualità e l’innovazione, ma abbia cominciato a farlo in misura significativa: il che vale, per fare qualche esempio, per i magazines dei quotidiani e per le iniziative del rinnovamento del quotidiano, mentre vale poco per i periodici, che, viceversa, vedono la loro crisi aggravarsi. É dentro questo contesto che si collocano i risultati di questa piccola ricerca: in sintesi, una crescita degli investimenti anche superiore alla media degli investimenti in advertising, basata fondamentalmente su un premio alla razionalizzazione/innovazione. Ma per andare al di là di queste tendenze generali, peraltro note, credo di dover mettere in luce alcuni elementi della cultura degli utenti di pubblicità: il primo riprende il concetto di selezione. 155


Le affissioni vengono considerate tuttora e (probabilmente più di quanto sia vero, ma le percezioni contano assai nella vita e orientano le decisioni) alluvionali: ci sono in giro troppe affissioni secondo gli utenti, gli operatori ne sono consapevoli e un processo di scrematura l’hanno realizzato e, tramite l’INPE, anche controllato. Però allo stato attuale questa piccola fotografia dice che c’è ancora tantissima strada da fare: 11 intervistati su 12 ci hanno parlato di necessario dimezzamento degli impianti, anche se dobbiamo stare molto attenti, perché la comunale inquina i giudizi e la richiesta di riduzione, dato che la comunale di solito è identificata con le staccionate in eternit ondulato, dequalificata, illeggibile, orrenda, un po’ come le diapositive nei cinema, con costi per l’ambiente urbano altissimi e benefici per gli utenti e per i cittadini utenti nulli, se non addirittura negativi. La prima domanda è dunque di selezione, dato che tra selezione e qualificazione c’è un rapporto stretto: nell’esterna secondo l’utenza meno vuol dire meglio e meglio deve voler dire meno. La convinzione di quasi tutti gli intervistati è che un esagerato affollamento delle città, o di aree delle città, o di 156


aree di servizio con autogrill sulle autostrade, o degli aeroporti, o delle stazioni, o degli stadi, sia negativo e controproducente. Ed anche per le nuove soluzioni come “V.” il rischio è che si creino impianti in grado di aumentare l’efficacia della comunicazione e il goodwell del cittadino, ma dilapidi questa stessa ricchezza attraverso, ad esempio, un’esagerata vicinanza degli impianti. Sicuramente da un punto di vista luminoso l’isolamento è ideale e in generale non c’è nulla di peggio che messaggi diversi tra di loro, pensati per l’accorpamento, si affianchino negativamente. Se la prima domanda è quella di selezione: (“dateci meno impianti”), la seconda è: “dateci impianti più qualificati”, che vuol dire innanzitutto impianti che abbiano persistenza nel tempo, proprio come “V.”, che pare garantire un’eccezionale durevolezza senza degrado. L’impianto, che a forza di bagnarsi, o per essere stato mal (o per nulla) manutenuto, diventa rugoso e non ha superficie liscia, assolutamente indispensabile, o quello che, come è strutturato, lascia formarsi e cadere i “crostoni”, sono talmente 157


rigettati, magari anche perché, nel caso dei “crostoni” rendono peggiore la presentazione del manifesto ed a volte comportano rischi per le persone (addetti e passanti). Qui “V.” appare dalle sue schede complesso: la sensazione è di non semplicità, ma risulta “eccezionale” perché l’ipotesi di realizzare un’ablazione perfetta, di apporre manifesti e/o pellicole 3M, di qualità, di garantire perfezione e sicurezza, piace moltissimo, per la percepita coesistenza di due plus, l’efficacia dell’impianto e l’efficacia della comunicazione cartacea su pellicola che è apposta. É interessante che nella crescente cultura comunicazionale degli utenti si parli anche di efficacia comunicazionale dell’impianto, sulla base dell’assunto, che un’affissione messa su un impianto di qualità ricava dei benefici anche e proprio dal suo posizionamento su un impianto di qualità: è un metamessaggio, dato che il contesto determina l’efficacia del messaggio. Diviene così sempre più importante la qualità dell’impianto, come un “discorso” sulla qualità dell’utente. Se poi naturalmente c’è un problema di efficacia nel messaggio, si chiedono cioè impianti che siano di persistenza 158


duratura a performance garantite per la necessità dell’azienda di avere una presentazione ottimale del proprio messaggio, da questo punto di vista va detto che l’impianto “V.” viene sicuramente apprezzato malgrado la presentazione fosse un po’ tecnica e l’insieme appaia piuttosto complesso, (ma vi è la convinzione che il problema della complessità sia un problema dell’affissionista) perché una volta che questo problema è stato risolto, la “resa” dovrebbe essere eccellente. Ma emerge il dubbio che “V.” sia troppo caro, perché troppo bello, col rischio conseguente di “portarsi a casa” la pubblicità più qualificata e costosa, ma di perdere quella parte dell’utenza potenziale che già dice che le affissioni costano care. Certo “V.” godrà, secondo gli intervistati, del plus della facile controllabilità. “É ovvio che, trattandosi di impianto molto professionale, selezionato e non numeroso, almeno all’inizio in tutta Italia, sarà molto facile per tutti i controllori verificarlo in maniera esatta”. Ma emerge pure il rischio che appaia ottimale per l’esterna “permanente”, perché sembra talmente bello da essere più facilmente associato agli esempi di affissione molto lunghi 159


(di molti mesi, a volte di molti anni) mentre richiama meno l’idea della rotazione ogni due settimane, che sta diventando la regola prevalente del settore. Al fondo viene esplicitata la convinzione che con “V.” siamo nell’ambito del cruciale trend dell’ “ecologia della comunicazione” e, in particolare “ecologia della comunicazione esterna”: qui non si sta parlando di “ecologico” in senso stretto, (di colle, di crostoni e via elencando) ma di qualcosa che attiene al bisogno sempre più avvertito dalle aziende, che in pubblicità in genere, quella esterna in maniera particolare, non solamente non abbia un effetto di dilapidazione dell’ambiente, ma (e questa è la novità rispetto alla precedente indagine fatta per la Jolly Pubblicità sulla cosiddetta “local leadership”) debba contribuire all’arredo urbano. Siamo di fronte qui ad un segnale piccolo, ma significativo passo avanti: dal non dilapidare, non guastare, non essere insopportabile, al positivo contribuire all’arredo urbano, (ricordo l’intervento che aveva fatto proprio in questa sala a proposito di “local leadership” Massimo Cacciari). Arredo urbano è un concetto che una volta era tipico degli urbanisti e degli architetti, ma che ormai cominciamo a 160


sentire spontaneamente citato anche da alcuni tra i più colti ed esperti dei nostri intervistati, sulla base dell’idea che la pubblicità esterna sia parte attiva della città, sia una componente non solo ineliminabile (all’insegna del “principio di realtà”; avrebbe detto Freud: “c’è e ce la teniamo”) ma anche positiva ed attiva per il suo effetto di decorazione della città, di colorazione della città, in parte di copertura di brutture, (magari transitorie: i cantieri ecc.). Questa idea che ci debba essere un contributo propositivo, colorato, variegante l’ambiente, incuriosente per la normale rotazione dei messaggi (non sto parlando della permanente) anche indipendentemente da specifiche valenze artistiche o da casi limite (come la “storica” permanente di Armani in Via Broletto a Milano). Tale contributo non deriva solo dai messaggi veicolati dagli impianti, ma dagli impianti stessi: uno dei motivi di maggior apprezzamento di “V.” (e di qualunque altra iniziativa che abbia questi standard) è legato alla qualità percepita dei materiali, all’eleganza nei dettagli, alla grande accuratezza, ad una sorta di passione per i materiali, colori e le finezze tecniche. Un altro grande vantaggio di “V.” è che esso è e risulta “magro” nel senso della latitudine, mentre per i colori si 161


suggeriscono toni caldi e spenti: tutte notazioni che segnalano un diffuso bisogno di grande qualità non gridata, di una certa sobrietà di disegni, linee, colori e spessori (che qui è sicuramente garantita). Tale cultura della qualità e dell’attenzione ai dettagli si spera che sia parte di una più generale cultura della città a partire dalle Amministrazioni Pubbliche: l’aspettativa è quella di avere una gestione della città da parte anzitutto dei Comuni e della Pubblica Amministrazione in genere, all’insegna del rispetto del cittadino, della cura dei dettagli, della qualità totale, anche nelle piccole cose. E sicuramente “V.” è una proposta che appare di grande qualità, con visibile attenzione ai dettagli, anche se pure quest’impianto secondo gli intervistati non deve essere particolarmente visibile, dato che essi vogliono valorizzare al massimo ciò che è supportato, per cui l’impianto più scompare e meglio è, ma quando appare nudo, ad esempio, nei periodi di interruzione oppure quando è visto da dietro (se non è bifacciale), deve dare l’idea di un’attenzione all’eleganza funzionale. “Bello ed insieme funzionale”: ecco un altro tema-chiave. Gli utenti che abbiamo intervistato - ma questo lo sappiamo 162


da ben altre e più consistenti indagini, a partire da quelle per l’UPA - sono arrivati ormai quasi tutti sulla frontiera della cultura del “bello e funzionale” (e non del bello ma disfunzionale, o del funzionale, ma brutto). Ma “bello” cosa vuol dire? Intanto vuol dire “non brutto”. Sembra una banalità, ma badate che sul terreno degli impianti ciò è assolutamente cruciale. Poi bello vuol dire sostanzialmente sobrio e decoroso, laddove “decoro” è un valore antico che vuol dire ordine (pensiamo al decoro personale) igiene e (come dicevano e dicono le nonne e le mamme all’antica) rispetto degli altri. Quest’idea di decoro richiama appunto l’idea di rispetto della città, dell’ambiente, del cittadino, dello stesso operaio che cura l’affissione. Al di là del decoro c’è anche la bellezza, che sta ormai diventando nella cultura di molti utenti una bellezza di tipo scandinavo, alla Alvar Aalto, alla Bauhaus: niente di barocco, solo essenzialità delle linee e delle forme, scarnificazione e semplificazione. E “V.” certo esprime e garantisce nel suo insieme essenzialità, sobrietà, bassa visibilità, understatement , ma anche piacevolezza e gradevolezza. 163


Certo questo impianto, così come abbiamo testato, appare un po’ algido (ed infatti viene apprezzato solo quando compaiono i cieli blu) perché ovviamente è un supporto; ma comunque ci sono due elementi che piacciono molto: il retro (è più bello dietro che davanti) e le lampade (che spuntano in quella particolare maniera, probabilmente enfatizzano l’illuminazione del manifesto, non si vedono da dietro e quindi non danno noia come i fari nella notte). Ma ... c’è un ma. L’impianto “V.” è considerato inadatto sia ai piccoli formati (tipo quelli della “comunale”) sia ai mega-posters (sulla base di ipotesi che comunque un grande sviluppo finirebbe per dargli un’esorbitante visibilità e per richiedere un’esagerata moltiplicazione di faretti per la sua illuminazione). Comunque questa cultura della bellezza, della sobrietà, della dignità, del decoro, dell’arredo positivo richiede anche una grande attenzione all’integrazione, sia nel generico ambiente urbano, sia nell’ambiente specifico (in quel crocevia, su quel palazzo, in quell’area di servizio), anche perché, come ho detto, il bisogno è di meno impianti, ma meglio messi (il che vuol dire pure più visibili, per esempio nel senso di marcia, tenendo conto dei flussi reali di traffico), meglio illuminati, non nascosti parzialmente, meglio integrati nel contesto; 164


(due tra i più colti dei nostri intervistati dicono anche che è in generale ottimale la disposizione angolata “a quinta” e non “piatto su piatto”, poichè così l’impianto guadagna di personalità e di effetti arredanti. Integrazione nel contesto ambientale vuol dire ormai forte cultura dell’impatto ambientale, che sta diventando cultura dell’impatto qualitativo e non solo quantitativo per evitare quello che potrebbe essere considerato una sorte di inquinamento della città: tale cultura non è ecologista, ma economico-funzionale, volta ad aumentare l’efficacia del proprio messaggio ed avere maggior consenso collettivo e più efficaci performances comunicazionali: il tutto sulla base della convinzione che la città (proprio nella sua origine medievale di mercato) inglobi la comunicazione, che sia se stessa in quanto ha la comunicazione, è scambio e comunicazione insieme, ingloba i “venghino venghino”, i rumori ed i colori e la festa del mercato. Un’altra cosa molto importante, sto avviandomi alla fine, è la domanda di design quotidiano, come se la nostra vita ormai fosse sempre più (e debba essere sempre più) impregnata di piccole cose anche banali, ma belle e con un vero contenuto di design (dato che non si accetta più che la funzione e l’estetica siano contrapposte o comunque scoordinate tra loro). 165


Verso la fine dei colloqui emergono altre osservazioni minori: per esempio la convinzione che questi tipi di impianti richiedano un’organizzazione qualificata, imponendo che si torni a valorizzare il ruolo dell’affissatore in senso fisico (rispetto alla forza-lavoro non qualificata) in un contesto produttivo per il quale aver usato il termine “laboratorio” è piaciuto moltissimo, perché ha dato l’idea di una struttura rinascimental-artigiana (è sembrato come montare un quadro su una cornice, con un’ideale attenzione alla qualità che piace moltissimo...) Poi viene l’ “esportabilità”: la convinzione è che “V.” non possa, né debba essere solo per Venezia, (che nel suo centro storico deve restare comunque pressoché per tutti gli intervistati “advertising free”). In effetti “V.” deve, dovrà diffondersi rapidamente, anche per ottenere delle economie di scala, crescere nella curva di esperienza e diminuire il costo unitario. Si nota una grande domanda di universalità, la convinzione che le città abbiano bisogno di impianti di qualità (là dove sono storiche, perché sono belle e non vanno dilapidate, là dove sono brutte perché hanno bisogno di essere qualificate dalla pubblicità, dai messaggi e dagli impianti). 166


Anche se l’odierna pubblicità esterna è fortemente criticata per la creatività, dato che troppi suoi messaggi non corrispondono a quei criteri di decoro, di rispetto, di valorizzazione dell’ambiente che sono ritenuti indispensabili anche perché con l’ “esterna” non puoi fare zapping nella città.

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CASTI: La parola a Collesei. COLLESEI: Vorrei sottolineare alcuni aspetti che mi trovano molto in sintonia con quanto detto da Enrico Finzi questa mattina e dalla ricerca evidenziata. Indagini recenti sottolineano le crescenti aspettative che i consumatori ripongono nei beni, nei servizi e nel contesto ambientale; in altre parole la ricerca di una migliore qualità della vita. E di ciò se ne sono rese conto le imprese, che in numero crescente hanno introdotto nella loro gestione la “customer satisfaction” come guida alla relazione con i clienti. Ma la ricerca della soddisfazione del cliente non può certo limitarsi ai prodotti offerti, deve invece contemplare tutti gli aspetti in cui si manifesta la relazione, in particolare la comunicazione, che facendo leva su appeal emotivi, oltre che funzionali, coinvolge direttamente e globalmente il consumatore, suscitando stimoli, rafforzando convinzioni e comportamenti. 169


Tutto ciò, come è noto, si traduce nella richiesta di una maggiore qualità della comunicazione, in particolare della pubblicità intesa come congruenza con i valori d’oggi e quelli della marca. Tra i primi certamente si colloca l’attenzione all’aspetto, al buon gusto, ai valori estetici, al design, non solo dei beni di consumo, ma anche degli edifici, delle strutture architettoniche e, più in generale, dell’arredo urbano. Il giudizio del cliente non si ferma però al messaggio, ma investe il mezzo che lo veicola e di cui è parte inscindibile. A questi due requisiti chiave della qualità, nel caso della pubblicità esterna, se ne aggiunge un terzo che attiene al suo inserimento nel contesto urbano e paesaggistico. L’eccesso di impianti, la collocazione non armonica, la mancanza di stile e di buon gusto rappresentano importanti fattori di disturbo per la comunicazione pubblicitaria fino a tramutarsi, nei casi più gravi, in disgusto. Il pericolo, quindi, non è solo quello di non essere “visti”, ma di essere rifiutati, comunque associati a valori negativi che non possono non intaccare il valore della “brand equity”. 170


Ciò che viene compromesso è anche il valore della città, della località che si fonda sulle ricchezze naturali e paesaggistiche, sui monumenti e sulle ricchezze artistiche, sui servizi e sulle condizioni ambientali e che risulta così importante nell’attrarre insediamenti residenziali, localizzazioni e strutture turisticoricreative e insediamenti terziari e produttivi. La qualità degli impianti, da un lato permette alla comunicazione di produrre i propri effetti, creandole un contesto favorevole e aumentandone l’efficacia, dall’altro contribuisce a rafforzare la qualità dell’ambiente, divenendo così un moltiplicatore di diffusione del messaggio. La valorizzazione degli spazi, tanto per le imprese, quanto per le amministrazioni comunali, interessate ovviamente agli introiti ricavabili dall’esterna, passa quindi per una comune ricerca di qualità, in primo luogo negli insediamenti degli impianti nel contesto urbano, in secondo luogo nella tipologia e nello stile degli impianti stessi. A questo proposito determinante risulta il contributo del design che deve essere in grado di coniugare estetica con funzionalità e adattabilità e armonia del contesto, offrendo anche un contributo al contenimento dei costi di produzione, installazione e manutenzione degli impianti. 171


È questa ritengo la cornice entro cui si articola l’odierno dibattito. Mi auguro che, oltre a risultare interessante e a fornire stimoli utili a tutti noi, possa favorire la crescita di una cultura della pubblicità esterna e individuare delle linee originali italiane, che facciano leva sul patrimonio di design di cui il nostro paese dispone. Forse varrebbe la pena, Casti, di produrre qualche elemento che potesse essere dato anche alle imprese. Non c’è un libro sulla pubblicità esterna, almeno che sappia io... oppure ci sarà, la mia ignoranza... gli esperti mi dicono che non c’è, probabilmente potrebbe essere utile, perché nelle imprese a volte, quando si parla di pubblicità esterna e mi capita anche in termini di contatti professionali, ci sono parecchie perplessità che sono quelle che stamattina Finzi ha così ben disegnato. Mi sembra che questo accada spesso ed è opportuno invece che questi aspetti vengano superati, perché è uno strumento certamente moderno. Infine vorrei dire una cosa, forse è un’idea un po’ strana ed è questa: noi abbiamo un grande patrimonio di design, vorrei 172


augurarmi che nascesse un design dell’esterna tutto italiano, un modo italiano di progettare, di farne anche un problema di esportazione, perché no? Ieri a Roma c’è stato un convegno sul marketing dell’arte e ne abbiamo parlato, c’erano più di mille persone, c’erano Americani che hanno parlato di questo problema, cioè di come inserire nella città d’arte tutte le varie strutture, tra cui l’aspetto pubblicitario, per dire che la cosa non è di poco conto e viene vissuta ormai a livello sia economico, sia sociale, a livello veramente mondiale, direi. CASTI: Raccolto l’invito sul libro sull’esterna, raccolgo anche la promessa di Finzi che, a quanto dice, mi darà una mano. La parola a Maggioni che si preoccuperà di esporre l’inquadratura dell’UPA rispetto, spero, a queste puntualizzazioni della mattinata. MAGGIONI: In rappresentanza dell’UPA e del Master in Comunicazione d’Azienda UPA Ca’ Foscari partecipiamo sempre tutti gli anni 173


volentieri a questo incontro, perché in convegni come questi emerge un aspetto, come prima diceva il Professor Collesei, cioè la capacità di valorizzare, di aggiungere ad un mezzo, in questo caso l’affissione, dei valori, delle valenze che servono al mezzo in generale e quindi non solo alla Jolly Pubblicità che promuove l’incontro. Credo che negli ultimi anni - sono ormai 3-4 anni che Jolly organizza incontri di questo tipo - siano emersi questi aspetti sempre più qualitativi che sono e devono essere uno dei fattori importanti dell’ottimizzazione dell’investimento pubblicitario. Molti sono i fattori: uno su cui ci si sofferma sempre poco, su qualunque mezzo, è proprio quello della qualità del mezzo che veicola il messaggio pubblicitario. Mi ero appuntata quello che Finzi ha detto e cioè che dalla sua ricerca è emerso che, quando ha presentato questi nuovi supporti agli intervistati, questi, quando lo rivedevano con il messaggio pubblicitario (in questo caso il cielo, ma poteva essere un messaggio pubblicitario qualsiasi) ritenevano superiore la validità del supporto. In questo caso credo che le due qualità del veicolo che trasporta il messaggio pubblicitario e dall’altra parte il messaggio pubblicitario, che non deve essere avulso dal tipo di mezzo che lo supporta, devono andare in parallelo. 174


Abbiamo avuto anni nei quali l’affissione ha venduto più quantità che qualità, abbiamo visto quadri che non erano affatto “riquadrati”, posizioni precarie o comunque con grossi limiti; credo che negli ultimi anni sia stato fatto molto e si nota, c’è ancora da fare. Speriamo che l’architetto Casti riesca a vendere a molti comuni italiani questi suoi supporti. Teniamo presente che la quantità di affissioni che oggi sono sul territorio è una quantità ancora decisamente rilevante. Sono andati diminuendo gli spazi e sicuramente questo a vantaggio dell’affissione. Un altro dei punti importanti per l’ottimizzazione dell’investimento pubblicitario, su qualunque mezzo esso venga fatto, è ad esempio quello dell’affollamento. Anche questo tema oggi è emerso dalla ricerca; meglio poche posizioni, ma non pochissime. Non una quantità eccessiva, non un affollamento che rende poi anche difficile un altro aspetto, quello della concorrenza dei prodotti. Se abbiamo troppe batterie, con quantità troppo rilevanti, il problema del prodotto concorrente (due automobili vicine, due gelati vicini) genera una confusione di marchi e difficoltà 175


per il consumatore di capire, individuare il messaggio. Benissimo la quantità razionalizzata, perché il mercato pubblicitario ha bisogno di mezzi, non ha bisogno di pochi spazi selezionati e unici, perché le aziende che investono in Italia non sono soltanto la Nestlè, la Barilla; più allarghiamo il mercato meglio è per tutti, per i mezzi in primo luogo. Valorizzazione: è vero, che io sappia ci sono pochi studi sull’affissione, forse perché, quando c’era una quantità esagerata di posizioni, era anche molto difficile selezionare. La situazione odierna (avere da un lato una qualità e un posizionamento migliore e una minore quantità) permetterà nel prossimo futuro di poter avere insieme alle società di affissioni una ricerca comune senza più remore. Cominciamo oggi ad avere ricerche qualitative (questa è un esempio). Il 27 maggio, in occasione di un convegno proprio dedicato all’affissione, verranno forniti al mercato altri dati sul mezzo proprio da Finzi e verranno anche dibattuti questi aspetti della qualità. Altro punto che riteniamo come utenti molto importante e che riguarda la qualità del veicolo, è quello della legittimità della 176


posizione. L’utente (e qui come UPA sollevo una preoccupazione) è responsabile insolito con il mezzo quando il mezzo non è autorizzato. Questo è un altro tipo di informazione e di conoscenza sul mezzo di cui l’utente ha necessità. Quindi ben vengano posizioni nuove, se queste partono con garanzie, perché vi assicuro, per aver fatto parte di alcune commissioni di comuni anche importanti, che la situazione caotica che questi comuni hanno circa la legittimità di alcuni impianti rispetto ad altri, è altissima. C’è un altro aspetto che per fortuna, questo lo devo dire, è da anni risolto, diventando un elemento importante: è quello della certificazione. Bellissimi gli impianti, bellissima la campagna pubblicitaria, ma, se poi questa non esce, è vanificato l’investimento. Da anni le società più serie di affissione - qui ne vedo alcune, Jolly è tra queste, ma ne vedo altre sedute tra il pubblico hanno aderito ad una iniziativa che ormai compie 20 anni. È l’INPE, la quale certifica tutte le uscite che vengono fatte dalle aziende sugli impianti di affissione. 177


Da quest’anno poi vengono prodotte da INPE anche mappature, con la dislocazione sul territorio delle campagne e quindi come la campagna si è sviluppata sul territorio. Non è un miglioramento marginale, anzi. Oggi le aziende hanno a disposizione strumenti di marketing molto sofisticati, geo-marketing, copertura delle aree di vicinanza con certe posizioni. Oggi l’affissione può essere vissuta sul territorio esattamente come vengono vissuti i centri commerciali, la distribuzione e così via. Abbiamo a disposizione questo nuovo strumento di certificazione. Le aziende che si fanno certificare da INPE la avvenuta esposizione devono essere premiate, perché fanno uno sforzo economico non indifferente. Le società di affissione che si fanno certificare si mettono sul mercato, promettono certe garanzie e, attraverso uno strumento esterno, fanno certificare che quello che hanno promesso è stato realizzato. Ben vengano questi convegni, ben venga la qualità, ben venga il design come uno degli elementi portanti dell’ottimizzazione! 178


CASTI: Grazie Maggioni. Adesso parla Cervetti per l’INPE. CERVETTI: Grazie ancora alla Jolly Pubblicità per l’invito. D’altra parte sembrava giusto, da parte nostra, raccogliere l’invito, in quanto l’attività e la funzione che svolgiamo, che prevede prioritariamente la certificazione della esecuzione dell’affissione, ci consente di collezionare numerose e dettagliate informazioni sulla presenza e la configurazione degli impianti esistenti in Italia e di disporre conseguentemente di una ampia e precisa rappresentazione delle posizioni e delle condizioni delle strutture sul territorio, attraverso verifiche, censimenti ed aggiornamenti degli stessi. Ci riferiamo a circa 300.000 osservazioni compiute nel corso di un anno per il controllo delle campagne. Riteniamo quindi di avere una buona pratica e capacità di percepire ed annotare le molteplici situazioni connesse a questo sistema e, per quanto si riferisce agli impianti, di 179


saperne valutare lo stato di conservazione e manutenzione prevalenti, le presenze, gli insediamenti e gli aspetti logistici, i materiali e la qualità, l’originalità delle forme, lo studio e la progettazione, le logiche ed ogni altro elemento, innovativo o tradizionale, riguardante le strutture e le funzioni di comunicazione al pubblico che devono esercitare. La comunicazione esterna si avvale infatti di due elementi che si integrano e sono naturalmente indissolubili ed indispensabili: le strutture, cioè i supporti che fanno da contenitore e veicolo ed il messaggio che è ospitato e costituisce il contenuto e l’oggetto dell’informazione. É su queste due componenti che si fonda l’efficacia e la validità, l’immagine ed il valore della pubblicità esterna di cui l’affissione è una delle componenti principali. Attualmente il mezzo affissione vive un momento di favorevole e significativa crescita per la particolare attenzione riservata e riconosciuta alle sue valenze comunicazionali che consentono flessibilità, immediatezza e penetrazione, unici ed insostituibili. Certamente per l’affissione siamo in presenza di una migliorata professionalità di alcuni concessionari, più attenti alla qualificazione ed alla valorizzazione globale del prodotto-impianto. 180


Gli impianti, in molti casi, sono stati rinnovati secondo forme e strutture sviluppate con funzionalità e modernità, tenendo conto e rispettando la realtà territoriale ed il contesto urbano in cui si collocano. E questo perché scelte autonome o sollecitazioni esterne hanno suggerito a certi operatori alcune revisioni, anche significative, del proprio modo di essere e di presentarsi sul territorio e nuove proposte e soluzioni con cui apparire. Nei linguaggi e nelle immagini si colgono positivi segnali di una migliorata cultura della comunicazione esterna e del ruolo che la stessa può ricoprire come veicolo autonomo. E questo perché l’approccio prevalente della comunicazione pubblica, formale e burocratica, si è molto affinato e non è più dominante; perché la pubblicità istituzionale ha ceduto il passo, o meglio lo spazio, ai messaggi più suggestivi, intriganti e coinvolgenti della pubblicità commerciale; e soprattutto perché quest’ultima ha acquisito una migliore cultura e coscienza di come un buon messaggio per l’affissione deve essere costruito ed articolato. Tuttavia siamo ancora lontani dal poterci considerare appagati del lavoro fatto e dei risultati raggiunti, siamo cresciuti e 181


diventati adulti, ma non sufficientemente da potere ignorare i molti impegni che ancora ci attendono e gli importanti progressi che devono essere compiuti. Si dice che l’affissione e l’esterna in generale siano lo specchio della città e facciano parte dell’arredo urbano. È vero. Abbiamo città che sono cresciute e si sono sviluppate in maniera selvaggia ed abusiva, offensiva per coloro che vi abitano, costruite su spinte di crescita incontrollata e senza alcuna attenzione agli aspetti della convivenza. E lo stato di degrado, di disordine e di aggressione all’ambiente e all’individuo cui assistiamo, le distorsioni e le deformazioni che si riscontrano sul territorio, le brutture di alcune antiestetiche, anche se funzionali, costruzioni, sono una concreta testimonianza. Anche la pubblicità esterna ha seguito frequentemente e continua ancora spesso a seguire, l’onda negativa di certe libertà nelle costruzioni e di certe assenze nelle manutenzioni; quindi esistono sul territorio alcune brutte strutture, vecchie e vacillanti o nuove e irrompenti, cresciute e sviluppate in modo disomogeneo e disordinato. Ma allora bisogna dedurre che questo mezzo pubblicitario non 182


possa svolgere le sue funzioni in modo più piacevole e garbato, con una presenza armoniosa ed organizzata, proponendosi in maniera adeguata e prestigiosa? La risposta è obbligata e senza alternative. La forma ed il modo di comunicare nella città sono importanti, perché riguardano una realtà da cui ha origine e si sviluppa un valore particolarmente positivo e rilevante per l’individuo e per la società: quello di un ritrovato piacere, o di un piacere da ritrovare, per la qualità di vita: personale, interpersonale, di relazione, di convivenza, di zona, di quartiere, di ambiente, di città. L’affissione, intesa come un insieme, contenitore e contenuto, supporto e messaggio, è una parte fondamentale e primaria di questo processo di rivalutazione della qualità e dell’ambiente; ed è per questo che la razionalizzazione del sistema deve passare attraverso alcune necessarie scelte e soluzioni di dignità ed estetica comunicazionale. L’obiettivo di una migliore sensibilità culturale verso la comunicazione esterna e di un maggiore impegno per instaurare un rapporto più naturale e sintonico fra affissione e città è essenziale, ma proprio per questo bisogna stabilire in 183


modo chiaro e senza equivoci i contenuti, le modalità ed i vincoli da rispettare. L’osservazione delle città e degli impianti suggeriscono alcune considerazioni ed attenzione a tre aspetti principali. Tre A. Anzitutto è necessaria una importante e decisa azione di repressione e di autodisciplina, a seconda degli attori e delle regole, per isolare ed eliminare uno dei più gravi fenomeni che assediano alcune nostre città. La presenza di impianti abusivi o irregolari, ossia collocati senza avere ottenuto le necessarie autorizzazioni comunali e che spesso non corrispondono ai canoni ed ai tributi ad essi riferibili, produce malessere e danni enormi, viola la legge, sottrae risorse economiche alle amministrazioni locali, avvilisce gli operatori che a tali forme non ricorrono, crea scompensi e squilibri sulle componenti commerciali e di corretta concorrenza, disturba il mercato, violenta l’ambiente, lede la società ed il privato individuo, prolifera in maniera casuale e selvaggia, è improvvisazione e disordine. È quindi un male che deve essere combattuto senza riserve né condizionamenti, con una precisa ed organica regolamentazione da parte degli enti locali, nella loro qualità 184


di soggetti responsabili della gestione del territorio e con tempestivi e coattivi interventi di repressione e rimozione. La presenza concentrata di molti impianti sulla stessa area ha registrato in alcuni casi una normalizzazione o una attenuazione, grazie anche ad una forma di autodisciplina e di maturità da parte dei concessionari. Il fenomeno dell’affollamento può rappresentare certamente un problema di marketing pubblicitario, per la minore percezione e leggibilità del messaggio, per la caduta di efficacia e per la riduzione delle potenzialità comunicative. Nelle circostanze e nelle posizioni in cui si presenta smisurato ed esorbitante, per dimensioni e quantità, è certamente anche un problema di territorio, di ambiente e di dignità estetica. Altrimenti questa condizione non necessariamente deve essere considerata una componente negativa e stonata, in contrasto con l’ambiente; potrebbe anzi, in taluni casi, costituire un elemento di qualificazione di una parete, di una strada, di una piazza, di un’area, come una sorta di galleria pubblicitaria. Questo potrebbe essere vero se realizzato in presenza di una progettazione costruita e di uno sviluppo razionale, tali da 185


escludere ogni forma di casualità ed improvvisazione. La collocazione e la qualità di un impianto devono perseguire e tendere all’impatto visivo, assicurando quell’effetto sorpresa che aumenta l’attenzione e garantisce un maggiore successo e valore alla informazione trasmessa; ma devono anche rispettare e non mortificare il contesto urbano in cui si propongono, non essere invadenti e non avvilire gli equilibri ambientali. L’originalità della forma, l’innovazione della struttura, la rispondenza ai suggerimenti ed alle sollecitazioni dell’ambiente, l’ordine e la qualità totale consentono poi di creare effetti nuovi, di superiore suggestione per il lettore-fruitore, sviluppando una funzione scenografica globale, aumentando la risonanza dell’evento comunicazionale ed il coinvolgimento generale. Sarebbe così possibile una percezione completa e d’insieme, ma naturale ed armonica. Se gli impianti ed i messaggi non avranno l’intrusività e l’invadenza tipica di altri mezzi, né le stonature e le violenze di certi esempi esistenti, ma neppure la discrezione e l’educazione che potrebbero risultare limitativi ed apparire come una forma di costrizione e debolezza, la pubblicità esterna avrà raggiunto un risultato positivo per tutti. 186


In definitiva una scelta di rigore, di ordine e di rispetto di certi valori per migliorare la qualità totale, del singolo e della collettività, con soddisfazione ed opportunità per le istituzioni pubbliche e l’imprenditoria privata. CIBIC: Non capisco chi può avere bisogno di questa raccomandazione, visto che il problema credo sia quello di contenere questo mezzo. In questo caso il contrario di debole è violento. CERVETTI: Il problema non deve essere quello di “contenere” questo mezzo nel senso di limitarlo e vincolarlo, ma di renderlo in certi casi un po’ più discreto, legittimandone il diritto ad essere presente sul territorio, a farsi vedere e sentire nel rispetto e coerentemente con quelli che sono gli aspetti di qualità, di convivenza sociale… CIBIC: Mi sembra una raccomandazione quasi inutile conoscendo la natura del mezzo, perché credo che per sua natura cerchi sempre di affermarsi a tutti i costi. 187


BRIATORE: Lui probabilmente parla del supporto… CIBIC: No, non parlava del supporto… CERVETTI: Mi riferivo sia al supporto che al messaggio. CASTI: Forse avete ragione entrambi; c’è però il rischio che, pur creando supporti di qualità ed ottenendo “spazi” legittimi all’interno delle città, questi, ospitando messaggi di scarsa qualità, diventino oltraggiosi per il senso comune del pudore. CIBIC: Sono un designer, dal mio punto di vista, il problema mi sembra che ritorni al fatto di desiderare una pubblicità d’un certo livello e di una certa qualità e quindi il problema non credo sia nei termini della forza del mezzo, ma della qualità del mezzo, 188


credo che, al di fuori di questo, parlo dalla parte del cittadino, sia importante avere qualcosa di interessante e di positivo che ti arriva dalla pubblicità, visto che te la devi sorbire comunque, che sia di livello accettabile, intelligente, non violenta. CASTI: Probabilmente, oltre ai supporti, anche i messaggi devono “meritare” lo spazio all’interno della città. CIBIC: Le agenzie di pubblicità soffrono di una crisi creativa e lo si può capire quando vediamo la pubblicità di altri paesi che è molto più avanti in tutti i sensi. CASTI: Colgo l’occasione per lasciare la parola a Pala che rappresenta una società importante; non è né un designer, né un creativo, ma ha a che fare con loro. CIBIC: Lei cosa fa? 189


PALA: Cosa faccio? Non sono ancora riuscito a spiegarlo bene a mia madre, ma forse conto sul fatto che mia mamma è una persona di vecchia cultura e quindi non riuscirebbe a capire le tante contraddizioni del mio lavoro. In verità mi occupo di mezzi, lavoro in una società il cui compito è di costruire con i clienti rapporti che portino ad individuare quali siano i target a cui rivolgersi, a definire strategie di comunicazioni e quindi selezionare i mezzi che permettano di raggiungere gli obiettivi stabiliti; infine negoziare e comprare gli spazi pubblicitari da pianificare. Non lavoro nell’ambito della creatività e quindi non mi occupo dell’aspetto qualitativo della comunicazione pubblicitaria, quanto della scelta degli strumenti, dei veicoli attraverso cui questa qualità creativa arriva poi a contatto con il consumatore. Ciò mi permette di essere coinvolto, professionalmente ma non con responsabilità diretta, negli aspetti estetici o architettonici di cui si sta parlando, condividendo perfettamente tali riflessioni e trovandomi completamente d’accordo nel ritenere che l’affissione non solo non debba rovinare l’ambiente nel quale è inserita, ma debba anzi essere parte valorizzante 190


dell’ambiente stesso; invero il mio compito è pianificare l’affissione, se la ritengo il mezzo idoneo a colpire il mio target ed ancor meglio se il mezzo ha dei forti contenuti estetici. Voglio fare una premessa prima di parlare di alcuni argomenti che mi stanno a cuore, prendendo l’abbrivio da quanto è stato detto in apertura: viviamo un momento abbastanza positivo, parlo dell’andamento della pubblicità, che, dopo alcuni anni di forti preoccupazioni, durante i quali gli investimenti erano molto rallentati ed anzi diminuiti e comunque si erano allontanati dai saggi di incremento che avevamo avuto negli anni ‘80, ha invero ricominciato a muoversi con brio. Sarebbe però un grave errore ritenere che gli investimenti cadano automaticamente su tutti i mezzi; non è assolutamente vero, poichè alcuni mezzi ne hanno tratto profitto e altri molto meno ed anzi all’interno di ogni singolo mezzo non sono caduti a pioggia su tutti e nel mondo della stampa, ad esempio, i quotidiani hanno avuto più vantaggi dei periodici e all’interno dei quotidiani e dei periodici non in modo omogeneo. Questo solo per dire all’affissione che, se è vero che il mercato è positivo, che è ritornato il vento che spinge nella direzione giusta, non si deve cadere nell’errore fatto 10-15 anni fa, quando nel momento di grande esplosione degli investimenti 191


pubblicitari la risposta immediata fu riempire l’Italia di migliaia di impianti, andando ben al di là di ogni logica e con scelte irrazionali di cui ancor oggi se ne misurano i limiti. Non si deve rispondere con la quantità, come si fece negli anni ‘70-80, ma probabilmente, anzi necessariamente, con una maggiore attenzione alla qualità, intendendo anche agli impianti, al supporto stesso dentro il quale il messaggio vive. Auspicherei che l’affissione sappia veramente prendere il filone giusto; altri mezzi l’hanno fatto, recentemente il cinema lo sta facendo, la radio lo sta facendo e non ho dubbi che lo possa fare anche l’affissione, senza cadere in facili entusiasmi, magari anteponendo nuovamente al bisogno di qualità una risposta di quantità. Non vorrei dare comunque a quantità e qualità un significato o troppo positivo, o troppo negativo, perché, come diceva la mia nonna, che probabilmente fa parte della generazione della zia di Finzi, “dare tanti baci ai nipotini dà un senso di grande qualità”; quindi curiamo la qualità e occupiamoci della quantità, non diminuiamo l’affollamento, ma razionalizziamolo, che è un po’ diverso del semplice dimezzare o togliere gli impianti! L’affissione vive questo momento angoscioso; ci sono infinità di posizioni, in verità anche non sempre di buona qualità in 192


grandi centri dove l’affollamento è elevatissimo e ce ne sono molto, molto pochi in città più piccole, dove verosimilmente un’attenzione maggiore alla razionalità potrebbe permettere di rilanciare il mezzo, permettendo al pianificatore una scelta più serena e fiduciosa. Entrando nell’aspetto qualitativo, che deve essere tipico di ogni mezzo, inteso in questo caso come strumento di comunicazione, riprendo un’affermazione che è più che mai tagliata per l’affissione, quella del metamessaggio relativo al supporto che, se di qualità, riversa qualità sul messaggio stesso; se questo è vero in assoluto è profondamente vero per l’affissione, ben più di quanto non sia per gli altri mezzi. Se pensiamo alla natura della televisione, della radio, della stampa e del cinema scopriamo che tutti, ad esclusione dell’affissione, nascono come mezzi di comunicazione; la televisione comunica e informa, magari un’informazione di cultura o no, comunica musica, intrattenimento, nasce prima come veicolo per comunicare e poi, in un secondo momento “porta” la pubblicità, così come la stampa, la radio, il cinema. L’affissione no, l’affissione comunica solo ed esclusivamente la pubblicità che trasporta e quindi, se è vero in assoluto che la qualità del mezzo versa qualità sul messaggio, per l’affissione 193


non solo è vero, ma è addirittura fondamentale. Chi va al cinema concettualmente va a vedere un film e vede il film, chi si compra un giornale lo fa per leggere qualcosa e poi, più o meno incidentalmente, ci trova la pubblicità, come per la radio. Si leggono informazione, si vedono varietà, si ascolta musica e ci si “imbatte” nella pubblicità; per l’affissione no, l’affissione porta solo se stessa, è allo stesso tempo messaggero e messaggio e quindi se la qualità del mezzo è modesta, scarica sul messaggio un valore modesto, se non addirittura negativo. Oggi è più che mai evidente, come è vero che la pubblicità ha ripreso e sta ritornando fortemente, una maggiore attenzione dei pianificatori alla ricerca della qualità, anche se invero non solo e sempre la qualità: lo sconto, la negoziabilità del mezzo, la disponibilità degli spazi continuano ad essere punti estremamente importanti, anche se la necessità di qualità oggi è più importante di quanto non fosse in passato. Per rimanere agganciato al metamessagio, se il mio compito è anche quello di scegliere qualità ed un veicolo vissuto positivamente scarica positività sul messaggio, tenderò sempre più ad allontanarmi da quei vettori che invece sono vissuti negativamente; tutto ciò che l’affissione fa e farà per migliorarsi non potrà che ricadere, moltiplicato, su se stessa! 194


CIBIC: Ha una articolazione però l’affissione, perché da una parte c’è il progetto di un supporto autoportante, dall’altra ci sono le affissioni murali, dove la qualità del mezzo è data dal modo in cui si presenta nel contesto specifico. PALA: Sono d’accordo, sta di fatto che nell’affissione più che in altri mezzi, c’è una stretta vicinanza tra i due momenti, dove l’una condiziona fortemente l’altra e quindi oggi più che mai la qualità nell’affissione deve essere un momento vincente. Quando dico qualità allargo un attimo l’ambito di riflessione, intendo innanzitutto la qualità del supporto, ma non dimentico la qualità del mezzo con la necessità di uscire dall’ alluvione delle posizioni. Credo, perché ne sono convinto, che l’affissione sia in assoluto il mezzo più difficile da pianificare, proprio per la sua natura e non solo perché mancano le ricerche, che arriveranno sempre più numerose. L’alluvione oggi è un fatto dal quale prendere le distanze, ma non perché la soluzione sia, come poteva in alcuni momenti 195


evincersi dalla definizione di Finzi, di dimezzare gli impianti, bensì per diminuire l’affollamento dove gli impianti sono in esubero e razionalizzare mettendone dove mancano e non vorrei neppure addentrarmi nello scempio dell’abusivismo, fenomeno che esaspera il pianificatore, ponendo dubbi e problemi con cui ci misuriamo quotidianamente. É vero che dobbiamo curare, nella pianificazione, la qualità delle posizioni e del supporto, ma se in una città ho una disponibilità di migliaia di posizioni, evidentemente per quanto alta sia la ricerca della qualità, non potrò non cadere nella trappola della quantità, quale che sia poi la creatività del messaggio… L’enorme inflazione di punti di esposizioni rende poi necessaria una campagna pubblicitaria con un numero elevato di posizioni da pianificare e per tanto alta sia la capacità di negoziazione dobbiamo prevedere costi complessivi non modesti. Per costruire un’affissione che abbia le basi per essere una solida pianificazione a livello nazionale serve un investimento, a quattordicina, non lontano da 2 miliardi e con un tale investimento l’affissione si scontra direttamente con la televisione che di contro offre maggiori coperture ed 196


omogeneità e, quando i costi diventano così elevati, entrano in gioco infinite variabili che tendono a non privilegiare l’affissione. CIBIC: Bisognerebbe arredare le città con delle belle pubblicità e mettere nella televisione tutto il resto. PALA: Vorrei fare anche un momento di autocritica, perché mi sembra corretto… CIBIC: Lei non sa cosa ci va a mettere, possono fare la più grande schifezza o la cosa più intelligente, lei deve collocare… PALA: Le posso dire che una delle cose che ci dà più dispiacere è di fare un enorme sacrificio cercando le soluzioni di pianificazione più opportune e poi trovarci di fronte ad un pessimo manifesto; spesso ci affanniamo costruendo le affissioni 197


migliori, interloquendo con non meno di 20 concessionarie (un aspetto certamente non positivo del sistema, poichè ognuno di loro cerca di vendere tutto quello che ha, innescando la serie di problemi di qualità e di quantità di cui abbiamo già detto) cercando in poche parole di operare al meglio delle nostre capacità ed alla fine ci troviamo di fronte a risultati creativi modesti. Vorrei fare però un po’ di autocritica. La prima è un’autocritica a noi uomini dei mezzi, direi a tutti i pianificatori, anche se il termine pianificatore mi sembra alquanto limitativo, ed è quella che, siccome l’affissione è un mezzo difficile ed impegnativo da affrontare, siccome richiede infinite risorse e grande esperienza ed è un mezzo dove la preoccupazione di sbagliare è forte e l’errore molte volte è evidente davanti a tutti, ecco che tali preoccupazioni che dovrebbero spingere i pianificatori ad uno sforzo ancor maggiore diventano invece giustificazioni a non pianificare il mezzo. Di fronte ad una serie di problemi complessi invece di cercare la soluzione si dice: è talmente ampio il problema e rischiosa la soluzione che è meglio starne fuori. Faccio un piccolo inciso. Noi abbiamo per la televisione delle informazioni infinite, quotidiane, puntuali; abbiamo veramente delle informazioni che ci permettono di fare cose 198


incredibili e di essere rassicurati nelle scelte da fare. Questo è già un motivo sufficiente a tranquillizzare tutti sulla bontà della scelta, perché siamo confortati da milioni di numeri e da informazioni che aiutano. L’affissione non ha tutta questa pletora di informazioni e forse non la potrà mai avere; sicuramente ne potrà avere migliori di quelle attuali, ma non tante e tali come altri mezzi. Molte volte il rischio è che, mancando questa mole di informazioni, mancando queste sicurezze che oggi sono più necessarie di ieri, il mezzo ne soffra più del lecito; mentre anni fa era la sicurezza del professionista vero che portava sulla pelle i segni dell’esperienza, a dare la certezza di un lavoro fatto con capacità, oggi in più serve l’ausilio insostituibile del calcolatore che sforna, assieme ai numeri, le certezze che rendono l’agenzia più o meno prudente. Un’autocritica è esattamente la risposta alla riflessione di poc’anzi. Io non sono un creativo, ma un uomo di mezzi e quindi posso accettare tutte le critiche su come vengono fatte le scelte e su come si pianifica; in verità sono anche un consumatore che va a lavorare tutte le mattine in macchina e neppure incidentalmente vede le affissioni che incontra sul suo cammino e le osserva con attenzione. 199


Quello che è estremamente stucchevole, non me ne vogliano i creativi, è vedere come non ci sia una forte cultura creativa, al di là dei limiti che il mezzo ha; se solo ci fosse una piccola parte dell’energia profusa nel creare spot televisivi sono certo che sarebbe un piacere “incontrare” l’affissione per strada! Forse, al di là del prestigio di vincere un premio a Cannes, credo molto banalmente che sia più facile con un filmato di 30 secondi trovare una risposta ai bisogni dei cliente che non con una sola immagine, che per quanto intrigante ed esteticamente bella sia, per ben due settimane rimane lì a guardarti, facendo bella mostra di sé e mettendo in evidenza tutti i tuoi limiti. Tante volte vediamo delle affissioni pianificate con cura, senza prudenza, con molta attenzione, con molto impegno e vediamo affisse delle bellissime doppie pagine di periodico, nate per vivere sulla stampa e finite in affissione! Non c’è nulla di peggio che arrivare a queste soluzioni, perché l’affissione è un mezzo che merita una sua creatività e non una traslazione da un altro mezzo; l’attenzione, l’interesse, oltre che la semplice diversità di contatto fisico, la lontananza e la vicinanza, il contesto in cui avviene l’impatto visivo sarebbero motivi sufficienti per ricordarci la differenza fra un annuncio che appare in stampa ed uno in affissione. 200


Per concludere e non volendo soltanto dare colpe o evidenziare limiti, ma anche sottolineando i momenti positivi del mezzo, direi che il futuro sarà certamente positivo, soprattutto se l’affissione starà più attenta a non rifare gli errori del recente passato ed i pianificatori sapranno essere un poco più disponibili a liberarsi dalla schiavitù del numero… CIBIC: Ad avere il coraggio di fare qualcosa di più creativo a costo di rischiare il posto di lavoro… PALA: Forse a rischiare anche il posto di lavoro, credo che sia una corretta riflessione, ma è un rischio che dobbiamo correre tutti: i pianificatori, i creativi, i clienti e perché no gli affissatori. Dal canto mio da parecchio tempo, stante la grande importanza della televisione che continua ad essere il mezzo principale nelle scelte di comunicazione pubblicitaria, raccomando ai miei clienti una particolare attenzione e disponibilità a soluzioni multimediali e quindi a non scegliere un mezzo solo come unico momento di comunicazione. I clienti da un lato e le agenzie dall’altro devono essere pronti a 201


sollecitare e a preparare risposte creative che non vadano in un’unica direzione; se si accetta questa premessa, secondo me l’affissione avrà la possibilità di dimostrare quale mezzo stupefacente sia. Ho finito… CASTI: Finalmente è arrivata un po’ di critica seria al mezzo. Insieme ad un po’ di autocritica sul modo di pianificarlo certamente arricchirà la discussione. Mi piacerebbe fare rispondere Micheletti al quale darei la parola dopo qualche osservazione personale sulle considerazioni del Dott. Pala. È vero, è corretto attribuire alla televisione l’importanza che ha; ridurre però gli altri mezzi ad una semplice presenza di contorno mi pare troppo riduttivo. Senza soffermarmi sugli altri media che avranno sicuramente sostenitori più titolati di me, mi limiterei a considerare le valenze strategiche dell’esterna, individuando per essa un ampio campo d’azione nelle azioni areali o in quelle 202


concentrate in specifiche aree metropolitane o porzioni di territorio limitate. Spesso infatti la comunicazione esterna diventa insostituibile per efficacia e per economia, quando le azioni pubblicitarie devono essere limitate ad aree circoscritte per esigenze di localizzazione del prodotto o di distribuzione, o anche di differenziazione del messaggio. È logico quindi che le attività commerciali, gli interessi, gli impieghi delle società di affissione siano vari e differenti a seconda dell’interesse di questo o di quel centro urbano. È altrettanto logico che la stessa tipologia degli impianti, i loro formati ed il design (tanto per tornare all’argomento della Tavola Rotonda) siano differenziati a seconda della grandezza dei centri abitati, delle caratterizzazioni archittettoniche e del contesto urbanistico. Trovo molto sensate differenze anche forti dal punto di vista tipologico o stilistico, ma non bisogna dimenticare due aspetti imprescindibili nel nostro lavoro: che tutto deve essere riconducibile ai formati normalizzati dal mercato e soprattutto che con tutta questa diversificazione nell’offerta è indispensabile l’informazione ed è forse anche per questo che oggi siamo qui. 203


MICHELETTI: Pala mettiamolo per ultimo perché è un discorso più specifico. Vorrei tornare indietro ai discorsi che abbiamo fatto stamattina e cioè a questa analisi che il Dottor Finzi ha fatto sugli atteggiamenti degli utenti nei confronti dell’affissione e del progetto che voi avete presentato per Venezia. A me sembra che sia mancato un interlocutore, cioè le amministrazioni locali: come diceva anche il Professor Collesei, i consumatori sono molto sensibili a questo aspetto (la qualità dei supporti di affissione), gli utenti pure, perché sarebbero stupidi se non fossero sensibili ad un concetto che migliora la qualità dei supporti di affissione. Purtroppo, invece, non lo sono le amministrazioni comunali, non lo sono le relative burocrazie, o meglio le relative burocrazie sono talmente ancorate a vecchi meccanismi praticamente insuperabili. Ad esempio io non conosco bene il motivo per cui la gara per l’arredo urbano di Roma sia ancora lì senza risultato, sembra anzi che sia stata annullata. Ma ci hanno messo 2 anni per arrivare a questo risultato, cioè al nulla. 204


Tutti abbiamo l’interesse, la volontà e probabilmente ci sono anche le risorse economiche ed intellettuali per migliorare il sistema dell’arredo urbano in Italia, però le amministrazioni locali sono probabilmente il vincolo più importante. Per questo aspetto abbiamo un’esperienza recentissima a Bologna dove Sindaco e Giunta erano entrambi favorevoli ad una certa iniziativa, il Sovrintendente no, siamo arrivati fino alla Vice Presidenza del Consiglio per riuscire a sbloccare la situazione, perché altrimenti non ci sarebbe stato modo di avere le necessarie autorizzazioni. Parlando di arredo urbano, credo che non dobbiamo dimenticare l’evoluzione che sta subendo il panorama internazionale da questo punto di vista. Abbiamo visto questo gruppo americano Clear Channel che ha fatto un’offerta importantissima per acquistare il gruppo More O’Ferral (= Adshell), uno dei quattro operatori importanti nel settore dell’arredo urbano in Europa. J.C. Decaux ha però fatto una contro offerta che sta arrivando a 1.400 miliardi di lire per acquisire il controllo di Adshell, cercando così di ottenere una situazione di monopolio per l’arredo urbano in Francia e in UK. 205


Questa decisione è probabilmente maturata a seguito anche dell’attacco che Adshell ha fatto a J.C. Decaux, al quale ha “sottratto” la città di Rennes, in Francia (rompendo di fatto il suo monopolio delle città importanti in Francia). Il tutto sfruttando la nuova regola europea che apre le “gare” a tutti gli operatori d’Europa e che ha - di fatto - cambiato completamente il panorama competitivo dell’arredo urbano. In Italia in questo mercato non c’è nessuno, (forse siete tra i pochi, ma solo con la pensilina) anche IGP non ha fatto studi o innovazioni riguardo alle pensiline e all’arredo urbano nel suo complesso. Le uniche “innovazioni” hanno riguardato le pensiline in termini di design: e così abbiamo avuto qualche anno fa il cambio di design a Bologna che, in quanto al barocco cui qualcuno ha accennato prima, non sono seconde a nessuno. Tornando comunque al sistema dell’arredo urbano (che sicuramente dovrà svilupparsi anche in Italia) oggi ci sono solo tre aziende in Europa che possono offrire davvero qualcosa di significativo: J.C. Decaux (che l’ha inventato) Wall e Adshell. Arrivano davvero con l’arredo urbano cioè con le fermate dei bus, le toilettes pubbliche, i distributori di bevande, i raccoglitori di vetro, i raccoglitori di carta, i raccoglitori di pile, come ad esempio a Madrid. Qui c’è già un concessionario autonomo per le fermate dei bus, ma J.C. Decaux ha invaso la 206


città con la serie completa di impianti a servizio del pubblico e della pubblicità. Attenzione a non chiuderci in noi stessi, perché a Roma la gara verrà rifatta, a Napoli ci manca poco, altre città probabilmente si apriranno, la concessione delle pensiline a Milano è in retta d’arrivo, credo che non potremo proprio fermarci a guardare il panorama locale. Come dice lo stesso Fabrizio Duchene della IGP, anche loro non hanno fatto investimenti da questo punto di vista e quindi attenzione, perché la pensilina è un pezzettino, il concorso di Venezia, benissimo, tutto benissimo, ma attenzione che presto la competizione non sarà più a questo livello. Siccome non è stato detto, è bene che sia detto: la competizione non sarà più a questo livello, se entrano gli americani con Clear Channel (come abbiamo visto con i mezzi di trasporto di TDI in Inghilterra) sarà una bella battaglia. Un secondo aspetto che vorrei toccare è quello della lavorazione in stabilimento dei manifesti, con la sostituzione dei pannelli, anziché l’incollaggio sul posto dei manifesti stessi. Questa non è ovviamente una novità, visto che tutta la dinamica, tutta l’autofilo è fatta in questo modo: non per 207


niente è il supporto che, dal punto di vista qualitativo, gode della migliore immagine. CASTI: Il problema, la differenza, sta nel formato, perché a quello che mi risulta Venezia è l’unica città dove la totalità dei posters saranno gestiti a quel modo. MICHELETTI: È vero: ma in Svizzera, i 4x3, i 2.75x128 e anche le pensiline, ma le pensiline non sono rilevanti perché poi sono incollate, sono tutte fatte in laboratorio. Però la Svizzera è grande così, in Svizzera gli aspetti logistici sono facilmente risolvibili, l’Italia è bella lunga e stretta, gli aspetti logistici non sono così facilmente risolvibili. In ogni caso mi sembra banale ed evidente che preparare le cose in laboratorio sia meglio che andare ad incollare i manifesti sul posto. Dottor Finzi non è così vero che i crostoni siano ancora molto diffusi, direi che, da questo punto di vista, il sistema affissionistico, negli ultimi 5 anni, ha sicuramente attuato dei miglioramenti rilevanti anche nella gestione degli spazi tradizionali. 208


É vero che la comunale a Milano è diversa da quella delle altre città, però è altrettanto vero che un supporto che ha la capacità di dare frequenza ad un costo molto contenuto, è ancora un supporto che in determinate circostanze è particolarmente interessante. La qualità in sé non è brillante, ma una comunale fatta a Milano è anche molto bella dal punto di vista qualitativo; una volante (quella che il Dr. Finzi ha menzionato sulle palizzate “corrugate”) a Milano ha il vantaggio che va in centro, altrimenti in centro non ci si arriva, anche il Kasco Park è vero che è un supporto davvero ridicolo, però vicino alla Fiera, vicino all’Arena, in certe particolari posizioni a Milano, dal punto di vista pubblicitario è molto interessante anche se non è tenuto tanto bene (il che è vero). Ben più interessante del concorrente diretto che sono i delimitatori di parcheggio che, pur presentandosi meglio, invece sono molto più sparsi, sono molto meno efficaci da questo punto di vista. I colori delle cornici e la struttura dell’impianto, guarderei bene alla Francia che ha tanto da insegnarci per quello che riguarda la gestione dell’affissione. La cornice, se prendiamo ad esempio gli impianti di Giraudy che giust’ appunto sono gialli, uno vede 209


l’impianto da qui a là in fondo, solo per la cornice, indipendentemente dal messaggio che c’è dentro, poi dopo deve trasmettere anche il messaggio, però il fatto di avere delle cornici voyantes può essere non da trascurare. Veniamo al problema della pianificazione. Dottor Pala, se siete stufi e volete che vi pianifichiamo qualche campagna, venga pure, la facciamo volentieri, anche campagne nazionali a meno di 2 miliardi. È vero: il mezzo è molto difficile, è molto complicato, richiede una certa specializzazione. Anche in Italia il ruolo dell’“outdoor specialist” si sta sviluppando, fortunatamente. Gli specialisti, anche se non hanno le ricerche, anche se non dispongono dei dati che normalmente utilizzano per gli altri media, sono in grado di fornire validi criteri di apprezzamento di una campagna di affissione, attraverso una valutazione della “qualità” sia in termini di visibilità degli impianti, sia in termini di copertura del territorio e frequenza dei messaggi, certo sostenuti più dall’esperienza e da campagne di successo che da GRP. Sul problema delle ricerche ribadisco un vecchio discorso e cioè: fintanto che il sistema non sarà organizzato in circuiti, fintanto che il sistema non sarà organizzato con campagne 210


stabili con i veri circuiti, per cui potrà essere misurato l’impatto di un circuito per rapporto ai movimenti del pubblico su un determinato territorio, le ricerche non avranno utilità effettiva. La qualità in termini di visibilità, le stelle piuttosto che Oscar, piuttosto che altri criteri, determina un criterio per dire: teniamo l’impianto o lo buttiamo via. Il problema della valutazione della forza di pressione, il problema della valutazione dei GRP è un’altra cosa. Per misurare copertura e frequenza, se non c’è stabilità, se non ho una campagna stabile sul territorio e ogni campagna è diversa dalle altre, ogni sforzo di ricerca sarà vano. In più per noi spesso il problema di visibilità è risolto a monte, perché le campagne che noi gestiamo sono fatte da Toscani, per cui dal punto di vista del manifesto non abbiamo grandi problemi, in questo senso siamo molto tranquilli; grazie. CASTI: Pensare che qualcuno degli intervistati nella ricerca di Finzi ha detto che i colori del palo erano troppo evidenti. Adesso mi sento dire che è bello che la cornice “esca” e si veda da lontano. Probabilmente è spesso una questione di gusti personali, o di moda, o di tendenze. 211


Cambierei leggermente frequenza dando la parola a Cibic, che vorrei ringraziare per aver partecipato alla nostra Tavola Rotonda. Egli rappresenta un mondo purtroppo abbastanza estraneo a molte delle problematiche che noi viviamo quotidianamente; per questo credo possa rappresentare un punto di vista differente dal nostro. CIBIC: La mia esperienza personale più recente riguarda il posizionamento della pubblicità negli spazi del nuovo atrio partenze dell’aereoporto di Verona da noi progettato; in quel caso quello che ho imparato è che è molto importante chiamare Casti, che è anche un architetto, per capire quale può essere il modo di operare più efficace ed esteticamente gradevole nel contesto. Per quanto riguarda invece il discorso sul design, mi pare che in Italia non sia percepito come parte integrante, qualitativamente necessaria, nel momento del fare pubblicità, né dalla parte delle agenzie, né dalla parte delle amministrazioni; mancano le figure in grado di dialogare e coordinare nel modo ottimale le istanze della pubblicità, del supporto, della sua contestualizzazione; potrebbero provenire dalla parte dell’amministrazione, del concessoniario, del produttore, ma 212


sembra che non esista quasi nessun tipo di processo consolidato in tal senso. Decaux è un esempio interessante, è un business, ma che fa i suoi interessi credo molto bene ed è riuscito a far succedere delle cose molto importanti e di qualità; molte volte lavora con delle firme famose che gli disegnano delle cose che non funzionano, però il processo rimane ugualmente interessante. Per concludere, in generale, tutto quello che è stato detto fino a oggi mi trova quasi completamente estraneo, in quanto in questo contesto, fatta eccezione per la promozione di Casti, sembra che la contestualizzazione nei termini del supporto sia l’ultima delle preoccupazioni, in quanto sembra venire fuori che numeri e qualità abbiano molto poco a che fare tra di loro. La speranza è che altri, oltre alla Jolly Pubblicità, riescano a dimostrare che si può lavorare con il design, producendo utili e migliorando la qualità visiva e fisica dell’ambiente urbano. CASTI: Abbiamo spesso parlato della necessità di importare progettisti nel nostro mondo. Anche nella scorsa Tavola Rotonda “Città Pubblicità” abbiamo 213


cercato di mettere a fuoco il problema del rapporto tra città e servizi alla colletività, sottolineando che sarebbe stato indispensabile progettare la relazione formale tra queste due entità. Ho visto su un giornale romano una pensilina di Foster; ebbene credo che, con quei cristalli, a Roma certo avrebbe avuto vita breve. Ciò significa che il design non può essere astratto, ma pertinente, dedicato, declinato per quella o l’altra situazione d’impiego. CIBIC: Guarda che questo secondo me è il problema di tutti, lo stesso Decaux, che in teoria dovrebbe essere molto bravo, non è in grado di gestire il design, perché di fatto, come nel caso che raccontavi tu prima della pensilina di Foster, il risultato è un oggetto funzionalmente sbagliato; qua non si parla di bello e funzionale, ma si parla di progetto, che proprio non funziona, in quanto non rispetta i requisiti minimi per quel tipo di operatività che deve dare, il problema diventa ancora più grosso, capisci che neanche chi è più avanti ha più piacere di avere una firma per avere una firma, che non di avere un prodotto di design di alto livello. Il design deve avere un brief che deve essere seguito e 214


soddisfatto e deve esserci qualcuno in grado di guidare questo processo affinchè alla fine non ci si trovi ad avere delle brutte sorprese. CASTI: Hai ragione: gestire il design e quindi la qualità non è facile. Spesso infatti si utilizzano le grandi firme come garanzia politica dei progetti, altre volte il paravento è l’opportunità economica di certe proposte. A questo proposito è utile rilevare che spesso le gare di arredo urbano o di gestione degli impianti pubblicitari privilegiano l’offerta economica alla qualità del progetto. Anche la qualità non è facile da riconoscere se non si è del mestiere e quindi la stessa composizione delle giurie, in questa tipologia di gare d’appalto, andrebbe studiata con maggior cura. A questo proposito volevo fare intervenire l’architetto Pagliardini che ha parecchio da dire rispetto alla possibilità o alla capacità che dovrebbero avere, se non gli amministratori pubblici, le commissioni di gara nel regolare quel meccanismo di giudizio che spesso purtroppo estromette la qualità ed il design. 215


PAGLIARDINI: Il caso della Società Autostrada Brescia-Padova, che ha portato alla realizzazione ed all’installazione delle “Ipsilon”, gli impianti presentati dall’architetto Casti negli interventi di questa mattina, è stato sicuramente un episodio paradigmatico. Il percorso seguito, infatti, dalla Società Autostrade è stato nella procedura simile a quello seguito normalmente nell’assegnazione di commesse tramite gare d’appalto. Nel caso delle “Ipsilon” si è però verificata una situazione nuova per l’atteggiamento nei confronti delle aziende invitate, che andava aldilà della normale richiesta di ottemperanza ai parametri economici e tecnici richiesti. Bisogna riconoscere alla dirigenza della Società Autostrade notevole coraggio e capacità innovativa, pur nel totale rispetto delle procedure, nel riconoscere, senza rinunciare alle proprie prerogative di controllo, la necessità di coinvolgere ed utilizzare l’esperienza progettuale delle aziende del settore. Altri elementi hanno caratterizzato il metodo seguito dalla Società nella formulazione della gara, oltre al riconoscimento del know-how specifico delle aziende invitate: 216


l’attenzione al rapporto investimento economico/qualità “visiva” degli impianti e l’attenzione al valore semantico degli impianti nell’ambito di una strategia di comunicazione in corso. Forse senza questi elementi oggi non avremmo potuto discorrere delle “Ipsilon”, che avrebbero potuto rimanere ancora solo un progetto sulla carta. Per fortuna questo non è successo, così, nella mia posizione di consulente per l’immagine esterna della Società, ho cercato di coniugare le “Ipsilon” nella fase di messa a punto e definizione progettuale con la Jolly Pubblicità, con le altre diverse iniziative di comunicazione coordinata già realizzate, che vanno dal sito Internet, alla segnaletica per la nuova sede della Società, da pubblicazioni editoriali, all’immagine dei veicoli Helpy. Un’esperienza nuova per la Società e per le mie competenze, che è stata affrontata con un approccio differente, trattandosi di supporti per comunicazioni pubblicitarie, ma sempre tenendo presente l’insieme delle azioni comunicative messe in atto. In questo senso la qualità dell’oggetto “Ipsilon” emersa dalle valutazioni espresse in sede di gara, che richiedevano tra l’altro qualità estetica dell’oggetto, posizioni efficaci e funzionali, 217


attenzione all’impatto ambientale, si inseriva molto bene nel concetto di “città lineare”, che vede l’autostrada come continuum territoriale ed economico e non solo come tracciato di collegamento tra luoghi diversi, tra altre città. Il risultato ottenuto con l’installazione delle “ipslon”, impianti pubblicitari originali ed inediti, in grado di comunicare all’utenza un messaggio referenziale di qualità, serietà ed innovazione, sia per la Società Autostrade Brescia-Padova, sia per gli inserzionisti pubblicitari, dimostra la validità di un percorso di valutazione che contiene la necessaria sensibilità, aspetti estetici e qualitativi. Considerare utile l’esperienza acquisita dalle aziende, che da tempo operano nel settore con risultati positivi e porre nella fase istruttoria grande attenzione all’aspetto della qualità estetica del manufatto e della sua contestualizzazione: questa la novità nel metodo seguito dalla Società Autostrade Brescia-Padova, un metodo che sarebbe auspicabile venisse seguito anche da altre amministrazioni ed enti pubblici. CASTI: È stato molto interessante ascoltare la “case history” raccontata da Pagliardini. 218


Magari ci trovassimo sempre in situazioni come questa, dove l’amministrazione è sensibile alla qualità dei prodotti e va a comprare e ricorre a professionisti per conoscerla. Adesso darei la parola ad un critico del design: Briatore, che è editor di “Interni”. Spero che tra le altre cose parli di un progetto che abbiamo sviluppato con la sua rivista e con lo Studio De Lucchi. BRIATORE: Vorrei portare un contributo, che, senza entrare nel merito dell’affissione, che già avete affrontato da più punti di vista, conducesse il discorso verso la cultura del progetto. L’esempio di partenza, illustrato dalle diapositive qui proiettate, testimonia l’operazione “Milano Capitale del Design, Sette Torri per Sette Designer” organizzata dalla rivista Interni durante lo scorso Salone del Mobile. Si tratta di sette Torri progettate dallo Studio De Lucchi, realizzate con l’apporto di “Abet Laminati” e “Kreon Illuminazione” e “decorate” da sette designer in rappresentanza di altrettante aziende sponsor; inoltre, i segni e i messaggi di queste architetture statiche sono stati trasferiti anche su otto Ford KA che circolavano senza posa per la città. 219


Questa esperienza, voluta da Gilda Bojardi, direttore della rivista “Interni”, alla quale lavoro da alcuni anni, è nata per coinvolgere in maniera evidente la città, per sottolineare l’importanza del “comparto design”, in particolare per l’ambiente milanese e in generale per tutta la penisola. Le Torri sono state installate in luoghi dove in genere non viene installato nulla; già qui avrei una prima riflessione sull’affissione, che per definizione dicevate è rigida, vale a dire che è stabile, ma sarebbe anche interessante pensare a delle forme di affissioni estemporanee, mobili, itineranti, che per certi versi, già esistono… Se ci leghiamo le mani con la burocrazia, è chiaro che tutto diventa impossibile… lo so… e di fatto noi abbiamo lottato per mesi e mesi! La parola design la capiscono in pochi e gli amministratori di Milano non erano tra questi. Non dovrebbero essere loro che promuovono il design come Las Vegas promuove i Casinò, non dovrebbero essere loro che ci chiedono per favore di fargli le Torri, perché Milano vive di moda e di design, di finanza e di servizi ? Il nostro direttore ha dovuto lottare, spiegargli tutto quanto, però alla fine siamo riusciti a fare questa piccola cosa che ha 220


permesso a delle aziende di comunicare e a dei designer di lasciare dei segni in luoghi dove abitualmente non ci sono. Cosa è piaciuto agli imprenditori (quelli che voi chiamate utenti della pubblicità…) che hanno comunicato con le Torri? Ne ho intervistati personalmente alcuni e hanno detto la stessa cosa: Lorenzo Porro, brianzolo, dice: “Partecipo all’avvenimento, perché mi sento legato al territorio, perché lavoro qui, vivo qui… ma com’è possibile che questa città non si accorga che esistiamo, non si renda conto degli sforzi che facciamo? Quindi il piacere è anche di contribuire, in un modo garbato, all’estetica della città.” Chi sta in Friuli, come Moroso, ugualmente dice: “Da tutta la provincia portiamo ricchezza alla città, al tempo stesso vorremmo essere ospitati, non ci sono luoghi che ci facilitino, anzi paghiamo prezzi alti per “entrare” nelle città. Ecco il piacere breve di condividere il territorio, di scegliere i luoghi in cui questa comunicazione avviene, di essere onorati, perché stare in un contesto che ha un significato architettonico è un onore per chi ha un messaggio dignitoso e decente”. Un altro fenomeno che è emerso e che confuta molte delle teorie in corso sulla prevalenza dell’immagine, è l’impatto della parola. Tutti i media hanno parlato delle frasi che ha scritto 221


Philippe Starck sulla sua torre… penso a un’affissione, o anche una forma di affissione che si ispirasse a lettere “pure”, tipo insegne Coca Cola, o meglio all’arte scritta di Jenny Holzer, alle lettere che i ragazzi nelle strade scrivono ovunque. Le Torri sono segnali urbani effimeri ed uno dei problemi che abbiamo incontrato, da voi affrontato abitualmente, è stata la pioggia; è chiaro che i supporti stabili devono resistere di più, però non è detto che debbano essere di ferro, come mi pare siano quasi tutti. Oggi l’80% del materiale che ci circonda è plastica, le automobili sono fatte di plastica e vent’anni fa i paraurti erano di metallo… ora io non voglio entrare nella tecnica, il mio contributo è di idee, dico solo che esistono tanti materiali, nuovi materiali. I supporti potrebbero essere specchianti, riflettere la città, oppure possono mimetizzarsi. Se - come si diceva prima - da un lato va bene il sobrio, io dico che non c’è motivo di rinunciare al decoro, perché la Verità non ce l’ha nessuno. Se da un lato i minimalisti, i minimal chic, preferiscono le cose sobrie perché non disturbano, dall’altro il “popolo” nelle sue case si riempie di oggetti kitsch, perché la vita è fatta di ibridazione e in ogni caso quello che io capisco è che tutto coesiste, che c’è spazio; per cui, se qui mimetizzo, là 222


posso usare un materiale riflettente. Oggi ci sono plastiche resistenti, cristalline, trasparenti e, quando il supporto per la cartellonistica è vuoto, vorrei che fosse davvero vuoto! (E bello di per sé!) Se osserviamo oltre alle Torri e alle KA anche il tavolo a cui siamo riuniti, realizzato con le stesse pellicole 3M, entriamo nel discorso della pelle. Oggi disponiamo di possibilità straordinarie… perché questo palo progettato deve restare così per anni? Anche il palo può cambiare pelle. A pranzo, scherzando dicevamo che, se non stiamo attenti, tra un po’ 3M fa come il protagonista del film “Cellofan killer”: ricopre tutto con una pellicola; avvolge gli alberi con l’immagine di un’essenza e ci dice “che bello, questo è il legno!” Però i progettisti di “cartellonistica” dovrebbero riflettere sul fatto che oggi si può facilmente cambiare pelle. Prima non era possibile. Le forme sono un altro dei discorsi che mi incuriosiscono; è chiaro che la pubblicità ha le sue regole, i suoi 70x100, 6x3; poi arrivo a Venezia e vedo “Kimbo” scritto tutto stretto e lungo, vedo altre cose in formati più sottili. Bisogna esplorare la possibilità di avere dei formati innovativi, magari rasentando il rischio “Disneyland”, in grado però di dialogare anche con le forme dei luoghi, con gli ambienti costruiti, con la natura. 223


Ad esempio in Argentina la pubblicità viene messa nei rettilinei di 1000 Km, proprio per dire “svegliati, stai attento!”; dato che non ci sono curve fanno delle pubblicità di curve, per portare quello che manca. Alla fine si arriva sempre allo stesso punto, è una questione di lento passaggio, di evoluzione culturale. Si comincia ad avere cura del luogo pubblico, perché abbiamo prima smesso di emigrare, abbiamo cominciato a mangiare bene, ci siamo vestiti dignitosamente, abbiamo delle case arredate con ogni ben di Dio. Si è risolto il privato e si comincia a valutare ciò che nei centri storici esisteva da tempo: la cura del bene pubblico. Nei paesi del Sud, come Martina Franca, Cisternino, Ostuni, Otranto, le donne ogni stagione “allattavano” con calce i muri delle loro case affacciate sulla strada; il luogo pubblico infatti era di tutti, mentre oggi il luogo pubblico è di nessuno. Alcuni di voi dicono che bisogna controllare l’affissione, ma non si capisce da nessuna parte chi verifichi, chi controlli, quanti siano gli spazi, dove siano, chi protegga il cittadino dall’invasione selvaggia di segni e messaggi! Si capisce solo che c’è un’assenza del legislatore che è veramente inquietante. 224


La speranza è che oggi la pubblica amministrazione cominci a masticare certe parole tipo “arredo urbano” e che i media aiutino le persone a capire che l’arredo urbano, così come il design, sono tutta la vita, perché sono elementi che ci accompagnano nel quotidiano. Per cui non mi stupisco quando Finzi dice: “Ho rilevato che la cultura del progetto la vogliono quotidiana, che vogliono sia il bello che l’utile”, perché il pubblico (che voi chiamate consumatori e infatti mi sento molto consumato dopo 10 anni da consumatore!) è più avanti; un certo pubblico ha ormai interiorizzato una vera sensibilità verso gli aspetti del design; lo fa inconsciamente, perché non gli viene raccontato, la televisione non ne parla mai, però inconsciamente ci si rende conto che ci tocca, se poi hai dei bambini ti tocca ancora di più, se hai un handicap ti tocca tantissimo e non è difficile capire che questo arredo urbano è un importante patrimonio collettivo. Lo sforzo è di far si che tutti gli attori della scena parlino un linguaggio più semplice e sostengano l’importanza del bene pubblico per il benessere della collettività; perché altrimenti si generano conflitti, non a caso il contrario di benessere si chiama malessere. Ieri, infine, pensando a quest’incontro di oggi che non mi era per niente chiaro, ho strappato una pagina de “La Stampa” 225


dedicata al convegno del FAI a Viterbo che si intitola: “Il bello: l’ultima crociata”. Non si riesce più a definire che cos’è il bello; certo è difficile definire delle categorie, lo sappiamo e difatti non si usa più. Anche nelle riviste di critica non c’è ne più, c’è solo consenso, perché la pubblicità paga e quindi tutto è bello. Di fatto nessuno si arrischia a parlare del bello, si dice: “è un prodotto interessante”. Il tuo (di Paolo Casti n.d.r.) è in effetti molto interessante, perché affronta un problema in un vuoto che fa paura, ci sono materiali, c’è ricerca. Si può arrivare a definire una cosa bella? Io dico che abbiamo il dovere di provarci, prendendoci delle responsabilità. Leggo velocemente due passaggi dell’articolo: “La sfida è ricominciare a maneggiare una parola, che è “Bello”, risuscitarla, renderla, se possibile, odierna e quotidiana, spendibile, ispiratrice, senza timori reverenziali, ma con disinvoltura sana, avveduta. Si scopre allora che il Bello, con o senza maiuscola, è alla radice di ogni politica dei beni culturali e che un’educazione estetica, rinnovata e diffusa può diventare educazione, comportamento civile comune ai più”. Vi ricordo che sono ormai trent’anni che la pubblicità, quella bella, quella che ci piace, persino quella di Toscani è definita 226


arte. Qual è arte? L’arte non può più essere un decoro per le nostre case, dato che per quello scopo ci sono già gli acquari, i centrini, i fiori. L’arte non è più il quadro che uno si mette in casa, l’arte si è spostata, è altrove. Penso che tanta arte, anche altri prima di me l’hanno pensato, che tanta arte sia nella pubblicità e infatti chiudo con l’intervento di Perniola, che è un filosofo conosciuto come “filosofo cyborg”, perché quello che da più tempo ragiona in Italia sulle reti e sulla contaminazione uomo-macchina ecc., quando dice che non bisogna avere paura di definire un nuovo bello e di osare. Allora dico osiamo anche negli impianti, perché l’impianto è la premessa per ospitare “nuove forme d’arte” e se l’impianto è la casa del messaggio e questa casa è orribile, come può essere bello chi la abita? Gli impianti esistenti fanno paura e sono dei segnali della trascuratezza, del vuoto di civiltà che si è creato in Italia e non solo. Dice Perniola: “Il bello è energia, shock, scatto in avanti e i paesi che meglio conservano i segni del passato sono non a caso i più creativi, quelli che più dialogano e intervengono con l’arte contemporanea. Il bello non si esaurisce nella tutela e nella conservazione, ma sprigiona futuro, azione. Il bello attuale, quello futuro, sono però in molti a non chiamarlo più bello e 227


costoro dicono che il bello è finito, che non si può più fare per alcune ragioni. Oggi il bello lo chiamano arte, ma arte priva di aureola fuori dai cieli idealistici o neoclassici, arte ricondotta al suo fondamento etimologico di tecnica, di tecnica realizzativa, di tecnica che trasporta all’esterno anche contenuti di messaggio e di etica”. Quindi ben venga il vostro progetto, spero che le riviste gli diano spazio. Sono 2 mesi che cerco su tutte le riviste esistenti, in decine di libri, aiutato da diversi studenti, documentazioni su sistemazioni in luoghi pubblici, vicino al mare e quindi arredo urbano, verde, ecc. Ho trovato molto poco. Si trova tanta documentazione di grandi monumenti, di musei, stazioni, ponti, si trovano milioni di bellissime e inutili case, ma l’attenzione verso il bene pubblico “quotidiano” ce la dobbiamo costruire. Piano piano anche dalle indicazioni che ci rivelava questa mattina Finzi, benché ristrette ad un campione privilegiato, i segnali per andare in quella direzione ci sono. Buon lavoro e grazie. CASTI: Parla ora Simonelli. 228


SIMONELLI: Io sono Simona Simonelli e da pochissimo lavoro come Responsabile dei Servizi di Marketing e Comunicazione per la Cesare Fiorucci Salumi. Provengo da un’agenzia di pubblicità e, nell’ambito del mio ruolo di Responsabile del Servizio Clienti in agenzia, sono sempre stata una degli account più fortemente sostenitori del nuovo media. Facciamo l’esempio delle pensiline di Roma. Abbiamo iniziato a spingere fortemente le pensiline come nuovo mezzo/servizio a disposizione dei cittadini di Roma con il nostro cliente, la Seat, quelli delle “Pagine Gialle” e, come voi saprete sicuramente, le “Pagine Gialle” sono quello strumento/servizio che è in tutte le case degli Italiani. Inizialmente è stato difficile riuscire a convincere il cliente all’utilizzo del nuovo mezzo, ma, una volta capita la “validità” del media, abbiamo seguito la Jolly Pubblicità fino alla fine della copertura totale dell’intera città di Roma. Infatti siamo passati con la copertura del primo lotto di soli 100 pezzi e siamo finiti per l’acquistare il circuito completo che arriva a 350 pezzi. 229


Il bello di tutto questo è stato che gli utenti finali, cioè i Romani, hanno vissuto le pensiline come un regalo che le “Pagine Gialle” avevano fatto all’ATAC ed al Comune di Roma. Infatti ci sono stati molti articoli giornalistici e quindi molto “ritorno di immagine per il prodotto”. Tra le altre cose, il prodotto “Pagine Gialle” è un servizio ed anche le pensiline sono state vissute dai Romani come un servizio, quindi il connubio è andato avanti per parecchi mesi positivamente. Il problema delle grandi città e di Roma soprattutto, è la “giungla” delle affissioni che non è ancora stata disciplinata, si possono incontrare in alcune vie a traffico molto elevato delle batterie di 10/12 posters 6x3 e, ne parlavamo proprio adesso con la Sig.ra Coscia, della Warner Village, per riuscire ad emergere creativamente dalla “sfilata di posters pubblicitari” che si presentano allo sguardo del povero utente, bisogna essere “creativamente molto, molto emergenti”. Lo sappiamo tutti che l’architetto Casti ed i suoi sono spesso venuti a Roma per parlare con il Comune di tali problematiche e che purtroppo l’annoso problema dell’affollamento indiscriminato non è ancora stato risolto, ma il nostro sindaco, che è molto sensibile alle esigenze dei cittadini e che si è già 230


mosso per dare a Roma una nuova veste, in funzione anche del prossimo Giubileo, si adopererà per mettere tutto a posto quanto prima. É ovvio che i Romani possono soltanto essere contenti nel sapere che il Comune quanto prima trasformerà le vecchie e rovinate semplici affissioni in nuovi strumenti di pubblico servizio. Quindi un messaggio a Casti ed alla Jolly è quello di non perdersi d’animo ed essere sempre propositivi, che tanto sicuramente alla fine “qualche buona nuova” arriverà. CASTI: Noi non siamo disarmati, anzi noi andiamo avanti verso il nostro obiettivo virtuale che è l’archetipo della qualità, qualche volta ci avviciniamo anche. Vorrei dare la parola a Carmel Coscia che lavora per Warner Village da quando è nel nostro paese e ha affrontato problemi di comunicazione relativi ad aree specifiche, non avendo la necessità né l’intenzione di comunicare sull’intero territorio nazionale. Sarà senz’altro interessante ascoltare la sua esperienza venuta da molto lontano. 231


COSCIA: Vi prego di scusarmi, perché, come abbiamo detto, non parlo bene l’italiano, ma faccio il meglio. Il nostro prodotto qui in Italia è molto particolare, nuovo, non è il caso di altri paesi del mondo, allora ho cercato di trovare dei mezzi e della creatività molto particolari che spieghino bene quello che noi facciamo qui. Il mio punto di vista è che mi trovo qui in Italia con il problema ogni giorno di un budget molto limitato; ci sono disponibilità di vari mezzi, di pubblicità come quelle classiche della radio, televisione, giornali e nuovi mezzi come Internet ecc… Devo cercare di stringere il mio budget, secondo me anche la mia scelta di fare l’affissione fuori è che io credo in questo mezzo, ma abbiamo parlato molto della questione di qualità, quella è stata per me la cosa più essenziale. Qualità non soltanto dei supporti, perché quelli sono molto importanti, ma qualità della creatività dove si trovano questi posti. Volevo dire che parlavamo prima delle questioni di un’affissione bella, secondo me la parola bella è molto soggettiva, uno certamente vede un’affissione comunale e si può dire brutta, perché non è mantenuta bene e io mi sono 232


spaventata quando ho visto queste qui. Secondo me è molto soggettiva questa questione, se il messaggio è chiaro si capisce e si vede tra tutti gli altri, è un messaggio che ha successo, se ti piace o non ti piace è un’altra cosa. Volevo dire che anche questo signore (Pala) parlava prima delle difficoltà di trasformare un messaggio che va bene sulla televisione sull’affissione. La mia filosofia sul marketing è che, quando io faccio una campagna, per me è molto importante avere sinergia e un messaggio “consistent” tra tutti i mezzi che io scelgo di usare. Sono d’accordo che è molto difficile trasformare qualcosa che si realizza bene su un articolo, su un’affissione, ma quella è challenge creativa, io impiego l’agenzia di pubblicità che deve trovare la soluzione. CASTI: É anche abbastanza facile con un prodotto così vivace, così… COSCIA: Noi abbiamo avuto molto successo con la campagna a Vicenza, Verona e Bari, perché abbiamo usato dei colori, ma perchè, essendo città più piccole, erano più facili da coprire, come 233


abbiamo detto, per Roma è un’altra cosa completamente. Sono d’accordo anche con le ricerche che “less is more”, “meno è meglio”, perché… Mi trovo in una lotta di coscienza ogni tanto, perché tra il mio lavoro che sono un market di un prodotto molto mess marketing, devo fare dei messaggi così. Come una cittadina posso apprezzare una città come Roma che amo, ad esempio, e quando vedo quelle affissioni dappertutto mi sento veramente triste. Non so se c’è qualcosa che uno può fare, come ho capito fino adesso è che ci sono tanti gruppi di persone che hanno i permessi. CASTI: Ci sono tanti cattivi. BRIATORE: C’è un limite… CASTI: Sì. 234


BRIATORE: Qual è questo limite? CASTI: É fisico, cioè quando non si entrerà più a Roma a causa dei posters, a quel punto qualcuno si domanderà perché. BRIATORE: Il mercato… COSCIA: Quello per me è troppo importante e non so se è troppo tardi per una città come Roma per andare indietro, perché adesso il nostro challenge, stiamo facendo il nostro trend per Roma, di trovare un meccanismo creativo anche con i mezzi che sono molto innovativi e si può vedere tra la giungla di Roma… CASTI: Effettivamente a Roma stanno proprio esagerando, stanno 235


passando ogni limite. Speriamo almeno rimanga “pulita” la zona del centro, dove effettivamente gli impianti di pubblica utilità, come le fermate bus e le pensiline d’attesa, rimangono, tutto sommato, indifferenti al caos “fuori porta” . SIMONELLI: Sono con lei, i nuovi media devono essere quelli puliti, tanto la batteria, 12 posters tutti insieme, non la vedi, non c’è niente da fare. CASTI: Ogni volta che passo la parola alla 3M mi accorgo che è seduta sull’ultimo spigolo del tavolo e per questo interviene per ultima. Forse è perchè vuole raccogliere proprio tutti i complimenti, o forse perchè, come tutti i migliori partners, si accontenta di contribuire senza apparire. È stato importante per noi nel corso di questi anni avere un punto di riferimento tecnologico affidabile. Tutte le nostre scelte sono rivolte all’innovazione e la 3M ha 236


l’innovazione nel DNA; ce l’hanno anche scritto accanto al marchio: “3M innovazione”. Per questo stiamo bene insieme, per questo comunichiamo l’uno a fianco all’altro. I loro prodotti sono spesso la pelle dei nostri. Abbiamo visto le “KA” decorate per la Ford, i Totem e gli autobus; lo stesso tavolo sul quale abbiamo appoggiato gli appunti è stato decorato con un prodotto 3M. BO’: A questo punto più che un intervento è un ringraziamento, visto che mi avete chiamato in causa indirettamente più volte nel corso della giornata. Come 3M mi sono riconosciuto e mi sono sentito gratificato per molte delle vostre menzioni in merito ai discorsi di innovazione e qualità. Come ha già anticipato l’architetto Casti, 3M, società multinazionale che opera in più di 60 paesi con prodotti che vanno dal settore salute alla sicurezza, dall’industria all’ufficio e al largo consumo, ha una filosofia che è traducibile in una parola: innovazione, che è diventata la firma di 3M in tutte le sue attività. 237


Innovazione e qualità sono chiaramente due concetti che si sposano perfettamente. Oggi è stato esposto in tutti i suoi diversi aspetti il concetto di qualità riferito al mondo della pubblicità esterna. Operando come 3M, nelle vesti di fornitore di soluzioni e tecnologie per la grafica pubblicitaria, mi interessa in modo particolare il concetto di qualità quando riferito al supporto e mi gratifica sentire che la qualità del messaggio, specialmente nel mondo dell’esterna, deriva anche dalla qualità del mezzo. Sono quindi orgoglioso che molti esempi di innovazione siano arrivati anche grazie al contributo tecnologico che 3M ha portato sul mercato. Ringrazio infine tutti gli operatori che, sia come costruttori, come concessionarie di pubblicità, che come architetti, portano idee e soluzioni nuove, innovative, come ad esempio la decorazione delle torri e delle “KA” per la realizzazione di un evento che fa parte dell’esterna e dell’arredo urbano, che sicuramente ha riscosso un grande favore da parte del pubblico. CASTI: Per Jolly questa Tavola Rotonda è stata un punto d’arrivo, forse la più vicina al nostro spirito, certamente quella per la quale 238


abbiamo profuso maggior impegno tra tutte quelle organizzate qui a Ca’ Foscari con il Master. Il design per noi è la formula magica, una delle chiavi di lettura del nostro successo, sicuramente la più spettacolare, la più visibile. Ci stiamo preparando ad esportare le nostre idee, a confrontarle con quelle di paesi molto più grandi di noi o per nulla avanzati. Tra poco meno di un mese saremo a Montréal al “Seventh World Congress of Outdoor Advertising”; lì porteremo i nostri progetti, quelli che abbiamo visto questa mattina; contiamo di contribuire con la nostra esperienza ad un dibattito importante per il nostro mondo, l’ultimo di un secolo che ha visto nascere la comunicazione pubblicitaria e l’ha portata ad un livello di crescita tale da renderla parte integrante delle nostre giornate, forse della nostra vita. Siamo orgogliosi di partecipare attivamente ad un evento così importante, siamo felici che capiti proprio adesso che abbiamo tanta “carne al fuoco”. È anche per questo che ci siamo preoccupati di testare i nostri prodotti più recenti. 239


Oggi abbiamo sentito la ricerca di Finzi sull’impianto di “Venezia”: il gradimento risultato dalle interviste è stato buono e le osservazioni raccolte saranno un utile stimolo per migliorare questo prodotto. È molto importante verificare le proprie idee prima di “metterle in campo”. Sarebbe altrettanto utile seguire dei buoni esempi, ma purtroppo ce ne sono pochi. Questo basso tenore qualitativo certo ci avvantaggia nei concorsi, ma rende impossibile il confronto. Ci sono pochi punti di riferimento anche all’estero, dove ci siamo spinti per osservare il lavoro degli altri, ma sono molto rari gli esempi di qualità quando si parla di impianti pubblicitari. Certo spesso le città sono più razionalizzate e la presenza pubblicitaria più integrata o plausibile, ma rimane ancora molto da fare sulla qualità dei supporti, sulla loro gestione. In Italia poi abbiamo un problema in più, la pubblicità esterna viene mal pagata ed in più è ostacolata da normative che, a quanto sembra, saranno ancora più restrittive. 240


Non è lo scenario ideale, la pubblica Amministrazione e il mercato, tranne qualche rara situazione positiva, non creano gli stimoli per un miglioramento vero. VorrĂ dire che ancora un po’ di tempo la forza per andare avanti la troveremo dentro di noi. Grazie e buonasera a tutti.

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“Forme Pubblicitarie” 15 maggio ’98 Ca’ Foscari Venezia

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FORME PUBBLICITARIE

Progetto e coordinamento grafico Paolo Casti Elaborazione testi Monica Bisato Susanna BenincĂ Rendering Paolo Zuin Elaborazioni grafiche e impaginazione Elisabetta Pegoraro Maria Luisa Catullo Monica Meneghetti Composto con caratteri Template Gothic Times Ten DinMittelschrift CaflischScript Sanvito Roman Stampato su carta Cartiere Fedrigoni - Snow Petal Natural 100 g Cartiera di Cordenons - Flora Camoscio 130 g Cartiere Fedrigoni - Sirio Color Smeraldo 115 g Cartiere Fedrigoni - Costellation Bigoffrato Avorio Country 130 g Copertina Versione in brossura: Cartiere Fedrigoni - Sirio Black Black 290 g plasticato argento. Versione cartonata: cartoncino 2 mm rivestito e plasticato argento. Fotolito e stampa Gruppo Immagine Verona Finito di stampare Verona, agosto 1998



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