Rifugi cai

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FOTO MATTEO ZANGA

Un’estate a spasso per rifugi Supplemento al numero odierno

Direttore responsabile Alberto Ceresoli



L'ECO DI BERGAMO LUNEDÌ 10 LUGLIO 2017

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ZAINI E BANDA LARGA I RIFUGI DEL CAI AL PASSO CON I TEMPI NELLA BERGAMASCA I RIPARI D’ALTA QUOTA DEL CLUB ALPINO SONO 17 IL PRESIDENTE PAOLO VALOTI: APERTI ALL’ACCOGLIENZA DI ALPINISTI, ESCURSIONISTI E APPASSIONATI, CON ATTENZIONE AI NUOVI BISOGNI RISTORAZIONE E SERVIZI AGGIORNATI: INTERNET, PIUMINI, SPETTACOLI

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ici montagna e pensi ai rifugi, nati, a partire dall’ormai lontanofine ’800, come appoggioper gli alpinisti arditi dell’età esplorativa. Erano un ricovero per coloro che – muniti di zaini pesanti e corde in canapa – tentavano salite nuove e audaci, imprese lunghe giorni interi, fatte di avvicinamenti e soggiorni in quota. Nella Bergamasca il primo rifugio fu quello al Brunone, nato nel 1879. «In un mondo in continuo cambiamento – spiega Paolo Valoti, presidente della sezione Cai Bergamo e dell’Unione Bergamasca, che riunisce le varie sezioni Cai della provincia – i rifugi alpini restano luoghi fedeli a se stessi, con attenzione ai nuovi bisogni delle persone e dell’ambiente. Nati con la finalità di offrire un semplice riparo a pochi frequentatori delle montagne, nel corso del tempo questi spazi, insostituibili, si sono aperti a tutti: alpinisti, escursionisti e appassionati». Sono luoghi di sosta, tappe di passaggio,oppuremetedaraggiungere, tra piccole e grandi montagne. Svolgonounruolostrategicodipresidio culturale e educativo in quota e anche di laboratorio di essenzialità, sostenibilità e funzionalità. «L’ammodernamento dei rifugi alpinistici e escursionistici – continua Valoti – è compiuto con un occhio allatradizioneeunoall’innovazione. Sono luoghi dove si possono sperimentare sogni, accoglienza e sicurezza,cosìcomeilristorodiunpiatto tipico o di una bevanda, corroborato dal calore dell’amicizia. Il rifugio è il vero cuore della montagna e un modello di qualità della vita». Nella Bergamasca i rifugi alpini propriamente detti, in carico al Cai, sono 17. I più numerosi sono gli 11

La mappa dei rifugi Rifugio Balicco Rifugio Benigni Rifugio Grassi

Rifugio Rifugio Brunone F.lli Longo

Rifugio Dordona Rifugio Ca’ San Marco Rifugio Laghi Gemelli

Rifugio Lecco

Bivacco Rifugio Frattini Calvi Rifugio Coca

Rifugio Alpe Corte

Rifugio Rifugio Gherardi Cazzaniga Merlini Rifugio Resegone

Rifugio Curò Rifugio Tagliaferri

Rifugio Olmo

Rifugio Albani Rifugio Baita Cassinelli Rifugio Magnolini

Sentiero delle Orobie centro occidentali

Sentiero delle Orobie centro orientali

Itinerario naturalistico Antonio Curò

Periplo della Presolana

Paolo Valoti, presidente sezione Cai Bergamo e Unione Bergamasca Cai

della sezione Locatelli di Bergamo: Gherardi, Longo, Alpe Corte, Gemelli, Calvi, Brunone, Merelli al Coca, Curò e ostello omonimo, Albani e Tagliaferri. Ci sono, poi, il Benigni e il neonato Balicco della sezione di Piazza Brembana, i due della sezione di Clusone, Rino Olmo e Baita Cassinelli, il Magnolini di Lovere e

Supplemento a cura di Diego Colombo Testi e foto a cura di Paola Valota

il Resegone della sottosezione Valle Imagna. A questi andrebbero aggiunti i bivacchi e le capanne sociali (Golla di Leffe, Cernello di Alzano Lombardo, Lago Nero di Ardesio, Monte Alto di Gandino), ma anche gli edifici non Cai: quelli posti ai bordi delle piste da sci, le strutture di proprietà dei Comuni e gestite da privati, quelle di associazioni escursionistiche e sportive. Certamente, però, il posto d’onore spetta ai rifugi del Club Alpino Italiano: tutti da raccontare e da vivere, sia da parte degli alpinisti vecchia maniera, sia degli escursionisti, dei gruppi di amici, delle famiglie e dei camminatori solitari. I rifugi del Cai, sotto l’aspetto della ristorazione e dei servizi, si sono adeguati ai tempi. E ora si aprono anche alla banda larga e a Internet, ai piumini al posto delle antiche coperte di lana, agli spettacoli teatrali e ai concerti, ai piatti tipici e alle liste con le scelte dei vini.

GLI ITINERARI SULLA APP GRATUITA DI OROBIE Moltissimi itinerari direttamente sul proprio smartphone, tra i quali poter scegliere quello ideale per scoprire le bellezze del territorio che ci circonda. Basta scaricare la app gratuita del mensile Orobie riprodotta qui sotto. Escursioni, passeggiate, percorsi adatti a tutte le esigenze. «Orobie Active» offre moltissime proposte, tra le quali trovare l’itinerario che soddisfa la propria voglia di stare all’aria aperta.


La montagna è da sempre una delle mete preferite di gruppi giovanili e oratori che scelgono i nerari semplici e sen eri facili per una bella gita in compagnia. Ma la montagna non è mai da sovvalutare e prima di par re bisogna sempre conoscere l’i nerario scelto e l’«abc» della sicurezza.

Prima di par re «Chi guida il gruppo deve conoscere il sen ero, i pun di difficoltà e il tempo necessario per raggiungere la meta – spiega Laura, educatrice della casa di Cura «Beato Luigi Talamoni» di Lecco –. Si parte se non con la certezza che il tempo sia favorevole e siccome in alta quota il tempo cambia facilmente si deve sempre avere l’alterna va pronta. È molto importante anche controllare gli scarponi dei ragazzi e insegnare loro ad allacciare le stringhe, a mio parere più sicure degli scarponcini con la chiusura a velcro».

Lo zaino Nello zaino «me amo la borraccia o, in alterna va, delle bot glie e di plas ca piene di acqua. Anche se il meteo è buono dobbiamo sempre avere con noi un pile e il k-way e se andiamo in alta montagna anche una giacca a vento – prosegue Laura –. Meglio portare anche burro cacao, occhiali da sole, cappellino e crema solare prote va. Ricordatevi anche la macchina fotografica». Infine il pranzo al sacco: «Prendete tu o quello che vi necessita, panini e raccomando la fru a – aggiunge Laura –. La merenda in genere la por amo noi educatori, così siamo sicuri che i ragazzi la mangino all’ora giusta. Importante anche il kit del pronto soccorso».

Si parte, ma a en a non bere troppo «Dopo essere par , con in testa sempre un adulto che ene il passo e che ogni tanto si ferma per compa are il gruppo,

cerchiamo di tenere un ritmo costante, con qualche fermata e al momento opportuno sarà u le che un educatore distribuisca qualche caramella a ciascuno per riprendere le “forze” – so olinea Laura –. Un problema sempre presente è che i ragazzi appena fa cano cominciano a bere, una cosa a cui prestare a enzione sopra u o in mancanza di fontane: per questo insegniamo a frazionare l’acqua e avvisiamo sempre quando giungiamo all’ul ma fontana u le. Personalmente chiudo sempre la fila e controllo che dietro di me non ci sia nessun altro: normalmente mi circondo di ragazzi che fanno fa ca a tenere il passo e allora cerco di distrarli facendoli parlare, fermandomi a fare una foto con loro e qualche volta spronandoli un po’».

All’arrivo Dopo una buona tazza di te e una doccia, per un educatore il compito non è mai terminato: «Qualche volta si devono medicare le vesciche – spiega ancora Laura – me ere della pomata an virale per chi ha l’Herpes labiale, il dopo sole e della pomata cor sonica a chi ha eruzioni cutanee da allergia a inse o altro».

E al rientro ricordi ed emozioni A rare l’a enzione sui panorami e le bellezze della natura è il compito di un educatore che deve puntare anche sui de agli per ca urare la curiosità dei ragazzi: «La montagna forgia ed educa e se anche non abbiamo immediatamente soddisfazioni i ricordi restano e lavorano nel cuore di ciascuno – so olinea Laura –. Quan ragazzi che dopo aver fa o diversi anni di campeggio con noi, da adul ritornano ad ammirare quei paesaggi che magari non avevano apprezzato tan anni prima, ma che ora sono così preziosi e che fanno riemergere ricordi, gus ed emozioni che non dimen cano più».


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RESEGONE UNA META FACILE E APPREZZATA ANCHE DALLE SCUOLE IL RIFUGIO INAUGURATO NEL 2013 SUL LUOGO DI UNA VECCHIA BAITA SI RAGGIUNGE IN MENO DI UN’ORA DA BRUMANO E DA FUIPIANO DA QUI SI PARTE PER IL PERIPLO DEL MONTE, LE CIME, IL RIFUGIO AZZONI GITE SCOLASTICHE CON VISITA GUIDATA ALL’EX FORNACE DI CALCE

Il Rifugio Resegone è stato inaugurato a settembre 2013, a quota 1265 metri, lungo il sentiero che da Brumano sale al Resegone

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i chiama Rifugio Resegone perché questa montagna delle Prealpi di manzoniana memoria lo sovrasta letteralmente. È stato inaugurato poco meno di quattro anni fa, a settembre 2013, ed è di proprietà della sottosezione Valle Imagna, che, in un anno di lavori, ha trasformato una propria vecchia baita preesistente. La sottosezione gestisce il rifugio direttamente, mediante un gruppo di volontari che si alternano. La collocazione, alla quota contenuta di 1265 metri e non troppo lontano dal centro abitato, lo rende adatto un po’ a tutti e raggiungibile in ogni mese dell’anno, tanto che, su richiesta, si può chiederne l’apertura anche d’inverno. Gli accessi sul versante bergamasco sono due. Si può salire da Brumano, parcheggiando alla fontana poco dopo il cimitero (900 m),

Rifugio Resegone Quota 1265 metri Principali accessi Da Brumano, da Fuipiano Telefono 338 8554594 Mail caivalleimagna@tiscali.it Servizi Posti letto: 20 Pranzo: 60 Tavola esterni: 40

oppure da Fuipiano: in entrambi i casi il tempo impiegato si mantiene sotto l’ora anche per i più lenti; da Fuipiano, poi, la gita è addirittura di tipo turistico anziché escursionistico, grazie al dislivello decisamente contenuto (134 m contro i 340 m da Brumano). La differenza, tra l’altro, esiste solo nella parte iniziale, perché ben presto i due

tracciati si sovrappongono. Al rifugio si può arrivare anche dal versante lecchese: in questo caso l’escursione si allunga di un po’ (1 ora e trenta minuti). Va da sé che il rifugio può essere meta in se stesso o semplice punto di sosta, se si decide di proseguire per compiere l’intero periplo del Resegone, oppure di salire alle creste, o di raggiungere il Rifugio Azzoni e la Punta Cermenati. Che la struttura sia fresca di fabbrica si vede immediatamente, frutto del bell’investimento di chi ci ha scommesso: a quanto pare l’idea è stata buona, perché i numeri delle presenze sono in crescita. Come clienti un po’ speciali del rifugio ci sono anche le scuole, comprese quelle dell’infanzia: vi salgono da aprile in poi, con qualche gruppo che si ferma a dormire in mezza pensione; per tutti abbi-

namento culturale assicurato, con la visita didattica guidata alla vicina ex fornace di calce, chiamata anche calchera, in località Forbesette. Sono 20 i posti letto di cui dispone il Resegone, mentre molti di più quelli a sedere: 60 nella sala da pranzo interna e 40 sui tavoli esterni. La cucina è affidata a chi c’è di turno, ma forse proprio qui sta il bello: ogni volontario trasferisce al rifugio i segreti della propria tavola, garantendo piatti rigorosamente caserecci. Che piacciono, c’è da aggiungere, tanto che qualche volta i volontari non riescono a soddisfare le richieste e devono negare il pranzo agli escursionisti. Si tratta del primo e per il momento unico rifugio sul versante bergamasco del Resegone, mentre diversi sono stati costruiti su quello lariano.


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BENIGNI DA 30 ANNI UNA STORIA DI DONNE PANORAMA E DOLCI A 2222 METRI D’ALTEZZA SI AFFACCIA SUI MONTI DISGRAZIA E BADILE RAGGIUNGIBILE IN UN PAIO D’ORE DA CUSIO E IN PIÙ TEMPO DA ORNICA DA QUI SI PUÒ ARRIVARE ALLA CIMA DI VALPIANELLA E AL RIFUGIO SAN MARCO ELISA RODEGHIERO, MAMMA DI TRE BAMBINI, LO GESTISCE DA DODICI ANNI

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il rifugio in rosa delle Orobie, perché la sua storia è legata a quella delle tre signore a cui è stato affidato nel tempo. Da qualcosa come dodici anni è custodito da Elisa Rodeghiero che, quando non è al rifugio, si dedica interamente al mestiere della mamma: non a caso, i suoi piccoli, Federico, Caterina e Francesca, di 9, 7 e 4 anni, sono sempre vicino a lei anche in quota e, in questi giorni, si possono vedere scorrazzare attorno al Lago Piazzotti. A lei – che condivide l’avventura con il marito – aveva passato il testimone Bruna Allievi, che, per sette anni, aveva condotto il rifugio con spirito deciso; prima ancora ci aveva provveduto Maria Clara Geneletti, rifugista per dieci anni. Il Benigni è una struttura piccola, ma deliziosa. Colpisce la sua posizione a 2222 metri d’altezza, su un balcone dalla vista niente male: si tratta di un pianoro roccioso affacciato sul Disgrazia e il Badile, solo per citare due dei giganti che spuntano dalla Valtellina. A pochi passi, come si diceva, c’è il Lago Piazzotti (2224 m), che appare come se fosse uscito da una fiaba per quella sua forma quasi perfettamente circolare e quel suo essere protetto da creste rocciose, dimora di una nutrita colonia di stambecchi. Il rifugio appartiene al Cai Alta Valle Brembana e fu inaugurato solo poco più di una trentina d’anni fa. Accadde il 26 agosto 1984, dopo due anni di lavori realizzati dai soci che risposero alla sfida lanciata dalla famiglia Benigni: quella di onorare con una struttura in quota la memoria di Cesare, il loro caro scomparso nell’81 sul Pizzo del Diavolo di Tenda. Di qualche anno dopo l’aggiunta del locale invernale, con 8 posti letto;

Il rifugio Cesare Benigni si trova nel comune di Ornica, in Valle Brembana, a 2222 metri di altitudine

Rifugio Cesare Benigni Quota 2222 metri Principali accessi Da Ornica: tempo 3 ore e 50 minuti, dislivello 1300 metri, per escursionisti esperti Da Cusio (località Sciòcc): tempo 2 ore, dislivello 700 metri, per escursionisti esperti Da Pescegallo (So): tempo 2 ore e 15 minuti, dislivello 760 metri, per escursionisti esperti Tappa del Sentiero delle Orobie occidentali Telefono 0345 89033 Mail rifugiobenigni@tiscali.it Servizi Posti letto: 20 Pranzo: 45 Tavola esterni: 20 Locale invernale: 6

del 2007 l’ampliamento, che ha aggiunto una nuova sala ristorante, una cucina più spaziosa, due servizi igienici e una saletta per il bar. Al Benigni si arriva in un paio di ore da Cusio, lungo il sentiero Sciòcc, o 108, come dir si voglia, ma, allungandola un po’ e aggiungendo qualche centinaio di metri in più di dislivello, si può partire anche da Ornica e risalire la Valle di Salmurano; oppure, si può ascendere dai Piani dell’Avaro o, dal versante valtellinese, da Pescegallo. Una volta qui si può decidere di continuare la marcia, magari per la croce di vetta della Cima di Valpianella, oppure proseguire per il Rifugio San Marco, a poco più di tre ore, essendo il Benigni tappa obbligata del Sentiero delle Orobie occidentali, meglio noto qui come 101. Oppure ci si può gustare anche solo

questo ambiente sommitale, aperto e ospitale. Meglio se gustandosi una fetta delle molte torte per cui Elisa Rodeghiero è conosciuta, come quella scura con farina di grano saraceno, con marmellata di lamponi e frutti rossi, ribes compresi, di origine tirolese ma originalmente variata in stile bergamasco. Il rifugio ha 20 posti letto in tutto, compresi quelli dell’invernale; quelli a sedere sono molto più numerosi. Tra le iniziative messe in calendario dal Benigni, il 10 luglio è in programma un bel concerto: si esibirà un trio di chitarre, con musica d’improvvisazione, una tappa del cosiddetto Cammino Ersaf, partito dal Mantovano l’11 giugno scorso per toccare tutte le foreste demaniali; il 22 luglio lo stesso percorso toccherà la località Costa del Palio, in Valle Imagna.


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BALICCO CON SAPORI E COLORI DI HIMALAYA IL RIFUGIO PIÙ NUOVO INAUGURATO NEL LUGLIO 2015 È DEDICATO ALLA MEMORIA DI MARCO, SINDACO DI MEZZOLDO PER TREDICI ANNI E CAMPIONE DI SCIALPINISMO A TAVOLA SI SERVE IL DAHL, UNA ZUPPA DI LENTICCHIE TIPICA DEL NEPAL UN RICCO PROGRAMMA DI APPUNTAMENTI: FESTE, CONCERTI E CAMMINI

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l’ultimo nato tra i rifugi alpini bergamaschi, inaugurato solo nel luglio 2015. Si chiama Balicco e ed è dedicato alla memoria di Marco che, sindaco per tredici anni del Comune di Mezzoldo, molto amato dalla sua gente e scomparso prematuramente nel ’97, aveva un passato da alpino e da campione di scialpinismo. La proprietà è di Ersaf Lombardia, che l’ha affidato in gestione al Cai Alta Valle Brembana. Dall’estate scorsa il rifugio è stato appaltato a una coppia di Levate, che ha conferito alla struttura un tocco decisamente particolare, che rimanda a terre lontane. Tutto qui fa pensare all’Himalaya: all’esterno ci sono bandiere di preghiera tibetane in stoffa colorata, all’interno foto del Nepal. Ha già riscosso successo, poi, il piatto tipico del tetto del mondo rivisitato in chiave bergamasca, il Dahl servito con polenta. Si tratta di una zuppa di lenticchie rigorosamente vegana, molto speziata con curry, curcuma e zenzero, di origine nepalese. Lei è Silvia Maria Rossi, 36 anni, e lui Luca Bettoni, 40. Quando hanno deciso di concorrere al bando Cai vivevano entrambi una situazione di precariato: disoccupato Luca e con contratto a termine Silvia. Da qui la scelta di cambiare vita, con una grinta che si percepisce. Il loro è un bando a progetto, che ha puntato subito sulla gestione casalinga, anche in cucina. Così, Dahl a parte, sono un vanto del Balicco anche i ravioli di tutti i colori. L’entusiasmo dei gestori si avverte pure dal calendario degli eventi in programma. Negli scorsi fine settimana si sono tenute iniziative quanto mai diverse tra loro: il Balicco, per esempio, ha ospitato una serata nepalese con piatti tipici e un seminario con esperta di gong e campa-

Il Rifugio Marco Balicco, a metri 1963, è un edificio in legno di larice

Rifugio Marco Balicco Quota 1963 metri Principali accessi Da Fraccia, Mezzoldo; dal Rifugio Madonna delle Nevi; dal Passo San Marco Telefono 035 0667343, 349 6465139 Mail piazzabrembana@cai.it Servizi Posti letto: 11 Pranzo: 25 Tavola esterni: 30 Locale invernale: 6

Veduta del Rifugio Marco Balicco

ne tibetane, nonché una giornata di percussioni e la presentazione di un libro sul un alpino bergamasco della Prima Guerra Mondiale. Prossimi eventi la tradizionale festa al Bivacco Zamboni il 30 luglio, con accompagnamento folk acustico, e un festival rock a metà settembre. Il 9 luglio è passato il «Cammino Foreste», organizzato da Ersaf e qui voluto in onore dell’Alpe Azzaredo. Il Balicco colma un vuoto avvertito dagli escursionisti: mancava un rifugio sul sentiero 101 nel tratto di Sentiero delle Orobie che collega il Benigni al Dordona. L’assenza costituiva un problema per quanti, durante trekking e traversate, erano costretti a compiere tappe lunghissime, oppure a scendere a valle e a soggiornare in albergo, optando forzatamente per una soluzione comoda ma non in stile. Il Balicco sorge all’interno della Foresta regionale Azzaredo-Casù, nel territorio di Mezzoldo, in linea d’aria proprio sopra la casa di vacanze della diocesi Madonna delle Nevi. L’edificio non è grande, ma è simpatico ed elegante; realizzato in legno di larice, si integra bene con l’ambiente. Undici i posti letto, 25 quelli a tavola, che salgono a 55 aggiungendo i tavoli esterni. Sei i posti del locale invernale (al Bivacco Zamboni). Essendo una nuova realtà, pur se realizzata su una struttura in pietra preesistente, di moderno ha un po’ tutto: gli impianti di captazione dell’acqua, nonché quelli di riscaldamento e di produzione di acqua calda con impianto solare-termico. Aria di modernità anche all’interno, negli arredi. Siamo a quota 1963 metri, a poca distanza dal Bivacco Alberto Zamboni (10 minuti), anch’esso di proprietà di Ersaf e gestito dal Cai dell’Alta Valle e di cui ogni anno si celebra la festa a fine luglio.


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GHERARDI A TALEGGIO CON IL PENSIERO AI POVERI DELLE ANDE GESTITO DA VOLONTARI LEGATI ALL’OPERAZIONE MATO GROSSO IL RICAVATO È DEVOLUTO ALL’OSPEDALE DI CHACAS IN PERÙ VICINO AL RIFUGIO AMPI PRATI E MOLTE ASCENSIONI E TRAVERSATE AREA MOLTO APPREZZATA ANCHE DAI CICLO-ESCURSIONISTI

Il Rifugio Gherardi, situato nel territorio di Taleggio, a 1650 metri, è la meta ideale per un’escursione in montagna poco impegnativa, adatta alle famiglie

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iamo in Val Taleggio, in località Piani dell’Alben. Sorge qui, a quota 1650 metri, il Rifugio Angelo Gherardi, relativamente recente, se si pensa che fu inaugurato nel giugno 1987 per ricordare l’omonimo scialpinista morto anni prima durante un’ascensione invernale al Corno Stella. Per la realizzazione dell’opera, fu decisivo il contributo dei molti soci che si prodigarono, ottemperando alla volontà del Cai di Zogno. Raggiungerlo non è mai impegnativo, in nessuna stagione: l’accesso più consigliabile è quello da Quindicina di Pizzino, su sentiero che conduce al rifugio in un’ora circa, offrendo anche qualche variante, che si può prendere in libertà e senza problemi. La sua particolarità è che da qualche anno la gestione è affidata a un gruppo di volontari dell’Asso-

Rifugio Angelo Gherardi Quota 1650 metri Principali accessi Da Pizzino Telefono 0345 47302 Mail rifugiogherardi@hotmail.com Servizi Posti letto: 70 Pranzo: 60 Tavola esterni: 36 Locale invernale: 2

ciazione Alpi Ande Due dell’Operazione Mato Grosso, che garantiscono un buon servizio di ristorazione e pernottamento, quasi in ogni stagione. Il ricavato – tolte le spese – viene devoluto all’ospedale di Chacas, in Perù. L’associazione garantisce il sostentamento dell’attività sanita-

ria in una zona montana poverissima delle Ande, dove ancora si vive esclusivamente dei prodotti dell’agricoltura. L’associazione si impegna con lo spirito dell’Operazione Mato Grosso: i volontari credono in ciò che fanno, sentendosi, tra queste montagne, vicini a quelle peruviane e alle loro genti. Al rifugio, non a caso, è in vendita il libro voluto per ricordare la figura di Simone Losa, morto in un incidente nel 2000 a soli 21 anni, proprio mentre era impegnato nell’Operazione Mato Grosso. Sono ampi i prati verdi esterni al rifugio, su cui giocare o sdraiarsi, magari dopo una delle ascensioni o delle traversate possibili. Da qui si può raggiungere il Rifugio Cazzaniga-Merlini, piuttosto che la Bocchetta del Regadur, la vetta del Monte Sodadura (2010 m),

dell’Aralalta (2006 m) e del Pizzo Baciamorti (2009 m). Tutte salite che si aggirano sull’ora di fatica. Un altro possibile accesso al rifugio, a parte quello più impegnativo da Cassiglio, è dai Piani d’Artavaggio, nel Lecchese. In questi anni la zona è molto apprezzata anche dai ciclo-escursionisti, che in mtb salgono soprattutto da Sottochiesa e che su questi pascoli trovano pane per i loro denti. Anche il Gherardi vanta la connessione a banda larga, qui e in molti altri rifugi portata da Ersaf, l’Ente regionale per le foreste, che si è impegnato per diminuire il deficit tecnologico, con l’obiettivo non di permettere la connessione ludica dei frequentatori quanto, piuttosto, di fornire uno strumento di lavoro anche in quota.


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LONGO BASE DI SALITE E SEDE DA 40 ANNI DEL TROFEO DI CORSA NATO ALL’INIZIO DEGLI ANNI VENTI INTITOLATO AI FRATELLI CALVI DOPO LA RICOSTRUZIONE DEDICATO AI FRATELLI MORTI SUL CERVINO L’ASCENSIONE CLASSICA SUL MONTE AGA A QUOTA 2720 METRI LA GESTIONE AFFIDATA ALLA SOCIETÀ ALPINA SCAIS DI BERGAMO

Il Rifugio Fratelli Longo si trova nel territorio del comune di Carona, in Val Brembana, a 2026 metri di altitudine

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il rifugio ideale per quanti preferiscono, rispetto a quelli più affollati, un angolo di silenzio. Il Rifugio Longo, a quota 2026 metri in Alta Val Brembana, è un po’ defilato rispetto ai più gettonati percorsi escursionistici. Si raggiunge partendo da Carona e condividendo lo stesso sentiero di salita che porta al Calvi e che si abbandona in località Prato Lago. La proprietà è del Cai Bergamo; la gestione, già dall’inizio degli anni Cinquanta, è affidata alla Società Alpina Scais di Bergamo. Concretamente è condotto da quasi trent’anni da Enzo Migliorini, rifugista del Longo dall’ormai lontano 1989, quando avviò l’attività con l’amico Claudio, oggi rifugista del Calvi. Le storie delle due strutture si sono inevitabilmente intrecciate. Questo rifugio, infatti, in origine, all’inizio degli anni Venti, fu dedica-

Rifugio Fratelli Longo Quota 2026 metri Principali accessi Da Carona Telefono 0345 77070 Mail enzomigliorini@virgilio.it Servizi Posti letto: 29 Pranzo: 36 Locale invernale: 6

to ai fratelli Calvi; a causa della guerra la primitiva e più piccola struttura cadde in un degrado tale che spinse il Cai di Bergamo a costruirne una nuova in prossimità del vicino Lago Rotondo, dove sorge ancor oggi. Si arriva così agli anni Cinquanta, quando l’Alpina Scais ne chiede e ottiene la gestione.

Una nuova intitolazione si rende, quindi, obbligatoria: da allora la struttura è dedicata alla memoria dei fratelli Giuseppe e Innocente Longo, morti tragicamente sul Cervino nel 1934. Negli anni successivi gli ampliamenti, a più riprese, si sono resi necessari, visto anche il crescere degli alpinisti che venivano qui, attirati dalle opportunità di ascensioni offerte dalla zona. Perché, partendo dal Longo, ci sono molte possibilità. La classica salita è sicuramente quella al Monte Aga (2720 m), sempre bella e non troppo impegnativa, realizzabile in giornata per la via «normale» o per arrampicata. Ma l’elenco è lungo: ci sono il Monte Masoni, il Pizzo Cigola, la Cima Venina, il Pizzo Rondenino o la ben più nota salita al Pizzo del Diavolo, per via normale o sulla Baroni per i più preparati. Il rifugio rappresenta la 7a tappa del

Sentiero delle Orobie Occidentali e precede il Calvi (8a tappa), a tre ore di distanza lungo il sentiero n. 246. I posti letto sono una trentina, mentre 36 sono quelli a sedere in sala da pranzo, dove comunque si effettuano più turni di servizio. Il rifugio è noto soprattutto per l’omonimo Trofeo, nato nel ’74 nel quarantesimo della scomparsa dei fratelli Longo: si corre ogni due anni e nel 2017 si terrà il 10 settembre, la data che, tradizionalmente, segna anche la chiusura continuativa della struttura; a seguire l’apertura è solo nei fine settimana fino al ponte dei Morti. La valle in cui sorge, un tempo frequentata da pastori e malgari, presenta interessanti incisioni rupestri d’età celtica, particolari essenze floreali, testimonianze storiche dell’estrazione mineraria del ferro, attiva fino al secondo dopoguerra.



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ALPE CORTE A MISURA DI RAGAZZI E FAMIGLIE È SENZA BARRIERE FACILMENTE RAGGIUNGIBILE DA VALCANALE IN MENO DI UN’ORA GESTITO DA COOPERATIVE SOCIALI CON ATTENZIONE AI DISABILI DA QUI SI ACCEDE AL TRATTO ORIENTALE DEL SENTIERO DELLE OROBIE TAVOLI ALL’ESTERNO, NOLEGGIO SDRAIO, CUCINA DI QUALITÀ

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a definizione è quella di «Rifugio senza barriere»: è una struttura che, grazie a un intervento di ammodernamento risalente a dieci anni fa, è adatta a ricevere non solo i cosiddetti normodotati. Poco sopra i 1400 metri, l’Alpe Corte si raggiunge facilmente dal paese di Valcanale, anche se la strada forestale risulta in più punti un po’ malmessa. L’ambiente è suggestivo, magari pure un po’ severo, viste le sovrastanti pareti dolomitiche dell’Arera e del Monte Secco, amato dagli appassionati non solo d’estate, ma anche d’inverno per i numerosi percorsi scialpinistici che si aprono nella zona. Se si sale dal paese, si raggiunge il rifugio in meno di un’ora, oltrepassando una bella pineta e senza la minima difficoltà, tanto che sul sentiero si incontrano numerosi bambini, liberi di camminare senza pericoli. Per conto del Cai Bergamo, da tre anni il rifugio è gestito da una cordata di cooperative sociali locali, la cui capofila è Sottosopra, con obiettivi di tipo educativo-assistenziale per disabili. Per questo al rifugio non manca mai Marco Zanchi, che della cooperativa è il presidente ma all’Alpe Corte fa un po’ di tutto. I numeri dei frequentatori di questa struttura sono decisamente buoni. Si tratta di famiglie che salgono qui per una camminata tranquilla, con la possibilità di rinfrescarsi nelle acque del vicino torrente nelle giornate più calde. Il rifugio è molto frequentato anche dai Cre, che hanno ricominciato a inserire la montagna nei propri calendari di gite. Nei giorni scorsi si sono contati gruppi di centinaia di bambini: 400 da Romano e altrettanti da Monza, 300 da San Paolo d’Argon e turni di ragazzi

Il Rifugio Alpe Corte, a 1410 metri di quota, nella Valcanale di Ardesio

Rifugio Alpe Corte Quota 1410 metri Principali accessi Da Valcanale Telefono 0346 35090 Mail alpecorte@caibergamo.it Servizi Posti letto: 30 (camere con bagni) Pranzo: 80 Tavola esterni: 150 Tra i punti di forza l’accoglienza per famiglie con bambini e per gruppi e associazioni

Il Rifugio Alpe Corte

delle medie di Stezzano; si fermano anche a dormire per un’esperienza nuova di condivisione in quota. Poi, naturalmente, gruppi di disabili: la scorsa settimana è arrivato un centro di Erba che si è fermato per tre giorni. Si aggiunga che per tutta l’estate il rifugio ospita adolescenti che, tramite le cooperative che fanno capo a Sottosopra, vivono esperienze di volontariato e autonomia. Oltre a essere senza barriere e accessibile alle categorie più disparate, l’Alpe Corte svolge anche il ruolo più tradizionale, ovvero quello di rifugio a disposizione di escursionisti e alpinisti. Rappresenta la porta d’ingresso al tratto orientale del Sentiero delle Orobie , di cui è la prima tappa, ed è una buona base: da qui si va al vicino Lago di Branchino, ma volendo ci si può spingere al Rifugio Laghi Gemelli e traghettare così dalla Val Seriana alla Val Brembana. Per migliorare l’accoglienza, quest’anno il rifugio ha puntato sull’allestimento esterno, anche posizionando nuovi tavoli (una ventina in tutto), per un totale di 150 posti, dove gli escursionisti possono sedersi liberamente. È attivo anche il servizio di noleggio sdraio, per una sosta al sole. È ormai nota la qualità della cucina che si può gustare qui. Numerosi sono gli apprezzamenti, espressi anche sui social network, per il piatto forte del rifugio, il riso con i mirtilli, citato più volte su TripAdvisor. Specialità dell’ultimo periodo il buffet di dolci, con crostata con crema pasticcera e mirtilli, fagottini di pera o mela con ripieno di amaretto e strudel. Novità un primo decisamente insolito: ravioli al cacao, con mele renette e prosciutto.


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GEMELLI VISTA LAGHI E CUCINA DI QUALITÀ SI SALE DA DUE VALLI A POCO MENO DI 2 MILA METRI, IL RIFUGIO È TRA I PIÙ NOTI E AMATI DISTRUTTO DAI NAZIFASCISTI PER RAPPRESAGLIA, FU RICOSTRUITO RAGGIUNGIBILE DA CARONA, BRANZI E BAITE DI MEZZENO, OPPURE DA VALCANALE E VALGOGLIO. NUMEROSE LE ASCENSIONI

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orge a poco meno di 2 mila metri di quota ed è uno tra i rifugi alpini più noti e amati delle Orobie. Deve il nome ai due laghi che dominavano l’altopiano prima d’essere fusi in un unico bacino artificiale, un invaso di circa 5 milioni di metri cubi d’acqua. La struttura è quella dei Laghi Gemelli, inaugurata nel 1948 grazie alla donazione al Cai da parte della società elettrica Vizzola di Bergamo. Si può raggiungere esclusivamente a piedi, sia dalla Val Brembana, sia dalla Val Seriana, scegliendo tra diverse vie di salita. Nel primo caso si parcheggia a Carona (sentiero n. 211, 3h), piuttosto che a Branzi (sentiero n. 212, 3h 30’) o alle Baite di Mezzeno (sentiero n. 215, 2h), sopra Roncobello, con arrivo al rifugio in discesa dall’omonimo Passo. Se, invece, si preferisce partire dalla Val Seriana, mettendo evidentemente in conto tempi più lunghi, si può optare per Valcanale (sentiero n. 216, 4h), piuttosto che per Valgoglio, risalendo per la Val Sanguigno (sentiero n. 232, 5h) o per il Passo Aviasco (sentiero n. 228-229-214, 5h). L’attuale costruzione ha preso il posto di un rifugio più antico e più piccolo: aperto nel ‘900, primo in Val Brembana e terzo più antico della Bergamasca, fu distrutto per rappresaglia nazifascista durante il secondo conflitto mondiale; il perimetro originario è ancora visibile. Il rifugio odierno è imponente, si sviluppa su tre piani e, forse, è anche un po’ austero; ha un’ottantina di posti letto, mentre poco meno sono quelli nella sala da pranzo. Proprio la cucina è il punto di forza attuale del Laghi Gemelli. Ai fornelli è impegnato uno dei due soci, Stefano Brignoli, custode del rifugio dal 2005 insieme a Maurizio

Il rifugio Laghi Gemelli (1968 metri) è nel comune di Branzi, in Valle Brembana, presso l’omonimo bacino artificiale

Rifugio Laghi Gemelli Quota 1968 metri Principali accessi Da Carona: tempo 3 ore, dislivello 850 metri, per escursionisti Da Branzi: tempo 3 ore e 30 minuti, dislivello 1100 metri, per escursionisti Da Valcanale: tempo 4 ore, dislivello 1200 metri, per escursionisti Telefono 0345 71212 Mail info@rifugiolaghigemelli.it Servizi Posti letto: 80 Pranzo: 70 Tavola esterni: 20 Locale invernale: 6

Nava, che ai Gemelli è in attività da un tempo più lungo e si occupa dell’accoglienza. È loro la scelta di puntare sulla ristorazione con specialità, che qui si chiamano stracotto, selvaggine e arrosti, nonché stufato di Lenna, un piatto tradizionale, che ricorda quello servito ai viandanti nelle osterie di valle. «Abbiamo voluto puntate sulla cucina – spiega Stefano – e, per distinguerci, offriamo piatti particolari. La pasta è sempre fresca, molte sono le varietà di polenta, che da noi si può gustare con salsiccia, funghi o formaggio. Poi i dolci, particolari anch’essi, come la torta con farina di segale, cioccolato e arancia, o la polenta cotta», che qui – aggiungono – è preparata ispirandosi alla «panna

cotta», addensando la polenta e servendola con cioccolato o frutti di bosco. Una volta al rifugio, si può compiere il giro dei laghi, che è una passeggiata in quota, oppure numerose sono le ascensioni, tra cui la più nota è la salita al Pizzo del Becco, arrampicando sulla Parete Nord Nord-Est, lungo la Via Calegari-Rho, oppure per via normale; mai banali neppure la salita al Monte Corte e al Predella, mentre meno impegnative sono quelle al Monte Spondone e al Pizzo Farno. Il Rifugio Laghi Gemelli rappresenta la prima tappa del Sentiero delle Orobie orientali; da qui si può proseguire per il rifugio Calvi (2a tappa, 4h) lungo il sentiero n. 213.


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CALVI IMPONENTE CON PANORAMA SULLE CIME BREMBANE DEDICATO AI FRATELLI MORTI NELLA GRANDE GUERRA E SULL’ADAMELLO AL CENTRO DI UNA DELLE PIÙ BELLE CONCHE DELL’ARCO OROBICO META DI ESCURSIONISTI, SCALATORI, PESCATORI E SCIALPINISTI OSPITA IL TROFEO PARRAVICINI CON LE SALITE SULLE VETTE CIRCOSTANTI

Il lago di Fregabolgia con il Rifugio Fratelli Calvi, che si trova in Valle Brembana nel centro di una delle conche più belle dell’arco orobico

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ici rifugio e pensi al Calvi, perché è uno di quelli che i bergamaschi amano di più e frequentano da sempre. L’accesso più battuto è sicuramente quello da Carona, lungo la strada sterrata o sull’attiguo sentiero estivo, fino al lago di Fregabolgia (7 km), poi una manciata di minuti su sentiero più stretto, che costeggia il lago. In questo caso si è attorno alle 3 ore di camminata tranquilla, mentre la si allunga e la si complica un po’ se si arriva dalla Val Seriana (Gromo San Marino) per il Passo Portula. Va da sé che qualcuno sia impegnato nella traversata dal Rifugio Laghi Gemelli, lungo il sentiero 213, dai dislivelli contenuti perché quasi tutto in quota. Quando si giunge qui qualche momento dev’essere dedicato ad ammirare il panorama, perché ci si trova al centro di una delle più

Rifugio Fratelli Calvi Quota 2020 metri Principali accessi Da Carona Telefono 0345 77047 Mail claudio.bagini@infinito.it Servizi Posti letto: 75 Pranzo: 70 Tavola esterni: 8 Locale invernale: 8

belle conche dell’arco orobico, delimitata dalle cime più alte della Val Brembana. Spicca la cuspide del Pizzo del Diavolo di Tenda, la più rappresentativa, ma di fronte al rifugio sfilano Cabianca, Madonnino, Poris e Grabiasca, tutti da raggiungere solo se si ha un

po’ di preparazione; più facili le escursioni ai laghetti del Poris, dei Curiosi e Cabianca, nonché i Passi Portula e di Reseda. Il rifugio, di proprietà del Cai Bergamo, fu inaugurato nel 1935 alla presenza dell’allora presidente Antonio Locatelli; è dedicato ai quattro fratelli Calvi di Piazza Brembana, tre dei quali (Attilio, Santino e Giannino) morti nella Grande Guerra e Natale morto nel ’20 sulla Nord dell’Adamello. Nelle ultime due decadi è gestito dai fratelli Claudio e Valentino Bagini. È un rifugio imponente, con qualcosa come 75 posti letto; gli interventi di ristrutturazione più massicci risalgono agli anni Ottanta e hanno conferito l’aspetto attuale. In questo anfiteatro di vette, gli escursionisti in estate non mancano mai. Buono pure il numero dei pescatori, attirati dagli spec-

chi d’acqua, sia naturali sia artificiali. Ma addirittura nutrito è quello degli scialpinisti, in inverno e in primavera, perché qui c’è molto da fare, da salire e da scendere. Non è un caso che la conca del Calvi ospiti da sempre il Trofeo Parravicini, tra i mesi di aprile e di maggio, in base all’innevamento: si tratta di una gara scialpinistica a squadre, amata dai locali ma con un buon richiamo di team stranieri. Prevede la salita delle cime che fanno da cornice al Calvi, che sono appunto Grabiasca, Reseda, Madonnino e Cabianca: quest’anno il Trofeo si è concluso con il passaggio obbligato proprio sul piazzale antistante il rifugio. Per chi desiderasse trascorrere al Calvi qualche giorno da dedicare alla natura e al relax, sono disponibili alcune camere da due e da quattro posti letto.


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BRUNONE FU IL PRIMO ED È IL PIÙ IMPERVIO UNA META ALPINISTICA SORTO NEL LUOGO DI UNA BAITA DI MINATORI DEL 1879: VI TROVÒ RIPARO UN GRUPPO DI SOCI DEL CAI BERGAMO. COSTRUITO IN SOLI TRE MESI, È IL PIÙ FATICOSO DA RAGGIUNGERE: RIPIDO IL SENTIERO DA FIUMENERO, SI ARRIVA ANCHE DAL CALVI O DAL COCA. BASE PER SCALATE IMPEGNATIVE

Il rifugio Antonio Baroni al Brunone si trova nel comune di Valbondione, a 2295 metri di altitudine: sorse nel luogo di una baita di minatori del 1879

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er citare le parole esatte del sito internet ad esso dedicato, il Rifugio Brunone si caratterizza per l’ospitalità che offre con le sue «solide mura». Perché, appunto, è la sua solidità che balza all’occhio, svettando tra il Cervino bergamasco – com’è chiamato il Pizzo del Diavolo di Tenda – e il Pizzo Redorta. Può vantare almeno un paio di primati. Per esempio, è il rifugio più antico delle Orobie, se si considera il riparo risalente al 1879, una vecchia baita di minatori in servizio al Passo della Scaletta. Qui, per sfuggire al maltempo, nel luglio 1890 si rifugiò un gruppo di soci del Cai Bergamo, impegnati nella salita al Pizzo Redorta: fu loro l’idea di migliorare quello spartano riparo, ormai in stato di abbandono. Seguirono i passaggi di rito, come l’approvazione da parte dell’as-

Rifugio Baroni al Brunone Quota 2297 metri Principali accessi Da Fiumenero Telefono 0346 41235 Mail marcobrignoli@libero.it Servizi Posti letto: 60 Pranzo: 60 Locale invernale: 8

semblea sociale e l’assegnazione dei lavori che, svolti a ritmo sostenuto, portarono alla consegna del «Rifugio della Brunona» nel giro di soli tre mesi. Era il settembre del 1894: il progetto portava la firma dell’ingegner Albani, che fece sorgere il rifugio un poco più in basso rispetto all’antica capanna di mi-

natori. Seguirono alcune ristrutturazione e, nel 1968, la dedica alla guida alpina Antonio Baroni. Il rifugio sorge su una terrazza erbosa sotto il Passo della Scaletta, a 2297 metri: a chi qui si ferma offre una visuale senza uguali, che spazia dalla vetta del Redorta alla parete est del Pizzo del Diavolo di Tenda. L’altro primato di cui il Brunone si può vantare è quello di essere il più faticoso da raggiungere e, di conseguenza, di essere meta selezionata. Qui, infatti, si incontrano solo i veri appassionati della montagna, che, peraltro, risulta in quest’area sempre selvaggia. Si sale, per ripido sentiero, da Fiumenero (tempo Cai stimato 4h 30’), oppure si arriva dal Calvi o dal Coca. Di proprietà della sezione Locatelli, ha 60 posti letto e altrettanti posti a sedere. È dotato di un loca-

le invernale. Oltre che meta di escursioni, fedele alla vocazione alpinistica che, da sempre, lo contraddistingue, è vissuto come base per ascensioni di tutto rispetto. Infatti si può salire al Redorta (3038 m) per via «normale», la cosiddetta via del canalone, da qui traversare allo Scais, di pari altezza; oppure più semplici sono la salita alla Cima Soliva (2710 m) o al Pizzo del Salto (2665 m). Siamo sul Sentiero delle Orobie Occidentali, di cui il Brunone rappresenta la 3a tappa: da qui si può procedere alla volta del Rifugio Coca (4a tappa), raggiungibile in 5h circa, seguendo il segnavia n. 302. La gestione è affidata da qualche anno a Marco Brignoli, che ne condivide la cura con la compagna Alessandra Giolo e il loro piccolo Ernesto.


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COCA RIPIDA SALITA AL NIDO D’AQUILA DEDICATO A MERELLI COSTRUITO NEL 1919 PER RICORDARE SOCI CAI CADUTI IN GUERRA GESTITO COME UNA CASA DA SILVANA RODIGARI E FABRIZIO GONELLA ARRAMPICATE, ESCURSIONI E LAGHETTO DELLA «CONCA DEI GIGANTI» CON LA «VERTICAL» SI CORRONO MILLE METRI DI GARA DA VALBONDIONE

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a via per il Coca è tutta in salita. Forse il bello del rifugio sta proprio in questo: fin dall’inizio è sempre ben visibile, là in alto sulla sinistra, mentre il sentiero dà poco respiro, facendosi più o meno verticale. E così l’arrivo da Valbondione si gusta ancor di più. Al rifugio si è accolti dalla famiglia dei gestori: Silvana Rodigari e Fabrizio Gonella, con i loro piccoli Neva e Achille, di 6 e 2 anni. Sono al loro ottavo anno come custodi di questa struttura sul tetto delle Orobie. Il rifugio sorge a 1892 metri e venne originariamente costruito nel 1919 per ricordare una decina di soci del Cai caduti nella Grande Guerra; del ’57 l’ampliamento successivo. È intitolato a Mario Merelli, il celebre alpinista scomparso nel gennaio 2012 sulla Punta di Scais e così tanto innamorato delle sue montagne. Ecco perché alcune fotografie lo ritraggono qua e là, mentre un grande barometro a corda portato sin qui l’anno scorso a spalla dagli amici del Cai di Gazzaniga lo ricorda costantemente a chi passa, con quel «Namastè» che lo saluta in lingua nepalese. Novanta i posti a sedere e 70 i posti letto, distribuiti in camere che appaiono da quest’anno ancora più accoglienti, grazie a quel tocco femminile di Silvana, che ha sostituito tutte le austere coperte di lana con piumini foderati in tinta con i coprimaterassi. Una volta al Coca, molte sono le possibilità. Naturalmente c’è anche chi vi arriva stando in quota, provenendo dal Brunone, dal sentiero alto (n. 302) o basso (n. 330), chi – usandolo come 4a

Il rifugio Mario Merelli al Coca è stato intitolato all’alpinista scomparso su queste montagne nel gennaio 2012. Si trova a quota 1892 metri di quota

I gestori del rifugio Coca, Fabrizio Gonella e Silvana Rodigari, con i loro piccoli Achille e Neva, rispettivamente di 2 e di 6 anni

Rifugio Mario Merelli al Coca Quota 1892 metri Principali accessi Da Valbondione Telefono 0346 44035, 347 0867062 Mail rifugio.coca@email.it Servizi Posti letto: 70 Pranzo: 90 Locale invernale: 10

tappa del Sentiero delle Orobie orientali – parte dal Coca per arrivare al Curò (n. 303, 5a tappa). E, ancora, chi ha la propria meta nella «Conca dei Giganti», per regalarsi una sosta al laghetto omonimo, sovrastante il rifugio. Chi, invece, viene qui per arrampicare tra canaloni e «couloir». C’è, infatti, da salire il Pizzo Coca (3050 m) per la normale, conquistare il Dente (2924 m) per l’impegnativa cresta Nord Ovest, oppure toccare la vetta

della Punta di Scais (3038 m) o del Pizzo Porola (2981 m). La filosofia dei gestori di questo rifugio, da più parti definito «nido d’aquila», non si può che condividere. Fortemente legati alla loro terra – entrambi sono della Val Seriana – e alla loro prima esperienza da rifugisti, Silvana e Fabrizio si definiscono come «due ragazzi che aprono la loro casa, con semplicità», perché sentono davvero il rifugio un po’ loro e desiderano lasciare la propria impronta. Hanno partecipato quasi per scherzo al bando Cai e ora si trovano a proprio agio in questo ruolo un po’ speciale. Lui è l’addetto al bar e il tuttofare, perché nei rifugi i piccoli lavori di manutenzione non mancano mai; lei sta in cucina, tra arrosti e brasati. Hanno imparato il mestiere sul campo e la loro allegria è contagiosa. Per saperne di più, come per tutte gli altri rifugi, c’è il geoportale Cai, ma anche il bel sito che, in apertura, recita così: «Una montagna di passione, la nostra, che vorremmo condividere con voi». E allora piace quell’immagine in movimento che spazia tra i giganti sovrastanti il rifugio e che richiama alla «Vertical», di cui si è disputata qui la sesta edizione il 2 giugno scorso: una classica del panorama, corsa «only up» dal paese fino al rifugio, per mille metri di salita pura. Tra le manifestazioni in calendario, da ricordare il concerto del 3 settembre, inserito nel cartellone «I sentieri della musica». Per chi volesse salire anche con la neve, il rifugio è dotato di un locale invernale con 10 posti letto, non accessibile durante il periodo di normale apertura.


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CURÒ È QUI IL CUORE DELLE ALPI OROBIE ESCURSIONI INFINITE IL SECONDO RIFUGIO INAUGURATO DAL CAI DI BERGAMO NEL 1886 LE VETTE SONO NUMEROSE, BELLISSIME E MAI TROPPO IMPEGNATIVE A TAVOLA SI SERVONO GLI «SCARPINOCC». BEN 150 I POSTI IN SALA IL SENTIERO DIRETTO DA VALBONDIONE PERCORRIBILE IN UN PAIO D’ORE

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nserito nella riserva naturale Belviso-Barbellino, il rifugio Curò sorge a quota 1915 metri, in un’area decisamente interessante dal punto di vista escursionistico. A farla da padrone sono una fauna e una flora alpine tra le più pregiate: quest’ultima si fa addirittura abbondante quando si giunge nelle conche appartate. Il Rifugio Curò ha una lunga storia: è stato il secondo inaugurato dal Cai di Bergamo, nel 1886, dopo quello di Cà Brunona; il nome deriva dall’ingegner Antonio Curò, allora presidente del Cai di Bergamo, mentre l’attuale struttura è del 1973. La conca assolata in cui si erge è, senza dubbio, l’area escursionisticamente più interessante di tutte le Alpi Orobie: le vette sono numerose, bellissime e mai troppo impegnative, molte delle quali sfiorano i 3000 metri. Ci tengono a sottolinearlo i due rifugisti, Fabio Arizzi e Angelo Ghilardini, all’undicesima stagione di gestione: «Il nostro rifugio è un punto di partenza e non di arrivo. La sua posizione è unica ed è la ragione principale del suo fascino». Da salire ci sono il Recastello, il Monte Gleno, le Cime del Lago Gelt e il Pizzo Tre Confini. Può bastare anche una passeggiata lungo la Valle Cerviera, abitata da numerosi camosci e marmotte. Siamo nel cuore del parco delle Orobie bergamasche, in una zona di laghi naturali e artificiali; di fronte svettano le creste del Recastello e del Pizzo Coca, alle spalle la duplice cima del Monte Torena. Snodo fondamentale del Sentiero delle Orobie, una volta al rifugio Curò si può scegliere se proseguire per il Tagliaferri o l’Albani. Ben 150 i posti in sala da pranzo, 88 i posti letto, distribuiti tra camere da 4-6 persone e cameroni da

Il rifugio Curò (1915 metri) è conosciuto anche per l’immediata vicinanza alle famose cascate del Serio

Rifugio Antonio Curò Quota 1915 metri Principali accessi Da Valbondione: tempo 2 ore 30 minuti, dislivello 1000 metri, per escursionisti Da Lizzola: tempo 3 ore, escursione in quota Telefono 0346 44076 Mail info@antoniocuro.it Servizi Posti letto: 88 Pranzo: 150 Locale invernale: 6 Gli 88 posti letto del rifugio sono distribuiti in camere da 4, 6, 8 e 10 persone

8-10 persone; due le docce a gettone. Una serie di proposte culinarie fanno dimenticare d’essere in un rifugio alpino: selvaggina in testa, seguita dagli «scarpinocc» di Parre, tanto che anche qui – grazie a un gemellaggio con il paese di fondovalle – si tiene la tradizionale sagra degli «scarpinocc», originari della cucina popolare ma apprezzati oggi anche sulle tavole più raffinate. L’accesso diretto è da Valbondione e permette di raggiungere il rifugio in circa 2 ore e 30 minuti. Dopo un breve tratto su asfalto, si prende la mulattiera (segnavia Cai n. 305), che si snoda in boschi di faggi e di abeti nella prima parte e continua, poi, in luoghi più aperti e dalla vegetazione più bassa. A circa 1600

m (1h 45’ dalla partenza), anziché proseguire per la mulattiera, si può prendere il cosiddetto scarico, una sorta di sentiero piuttosto faticoso ma in cui la salita, che permette di guadagnare quota facilmente, è stata facilitata dalla presenza di alcune catene. Un po’ più lunga la salita da Lizzola, che allunga la camminata di una trentina di minuti: nonostante il dislivello sia minore, rallentano il passo i saliscendi e il fondo a tratti sconnesso. Numerosi anche i ciclo-escursionisti che decidono di raggiungere il Curò in sella: da Valbondione, infatti, la mulattiera è sempre ben pedalabile. Quest’anno il rifugio resterà aperto in modo continuativo fino al 1° ottobre.


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OSTELLO AL CURÒ COMFORT DA HOTEL AL BARBELLINO INAUGURATO NEL 2013 PER I 140 ANNI DELLA SEZIONE CAI DI BERGAMO LE CAMERE DA 4 E 6 POSTI, TUTTE CON BAGNO PRIVATO E DOCCE L’OSTELLO PIÙ ALTO D’EUROPA. ACQUA CALDA DAI PANNELLI SOLARI POSIZIONE IDEALE PER ANDARE AD AMMIRARE LE CASCATE DEL SERIO

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e si punta a un modo nuovo di vivere la montagna, l’alternativa non può che essere l’Ostello al Curò, inaugurato nel 2013 per i 140 anni della sezione Cai di Bergamo. Per intenderci è il vecchio invernale, rinato in una veste in cui la qualità è offerta dai materiali di pregio, dalle linee architettoniche rigorose e moderne, da un’atmosfera di comfort diffusa, che dall’esterno continua negli ambienti interni. Basti pensare che le camere da letto sono tutte realizzate con rivestimenti in rovere massello e sono tutte dotate – un aspetto certamente non comune per un rifugio d’alta quota – di bagno privato con docce a disposizione degli ospiti; alcune di esse hanno pure raffinati sanitari scuri. Insomma, la struttura è ciò che serve se si vuole trascorrere una mini vacanza nella conca del Barbellino, ma non si è troppo abituati a dormire nei tradizionali cameroni da rifugio. E così lo si potrebbe chiamare alberghetto di alta montagna, in grado di ospitare, a 1895 metri, anche eventi e convegni legati al tema della natura. Questo è possibile grazie alla sala del piano terra, una sorta di biblioteca destinata allo studio, e alla sala incontri del piano più alto, un spazio che si presenta come una vera e propria sala conferenze. I materiali, insomma, sono naturali, la tecnologia avanzata, perché l’acqua calda è assicurata dai pannelli solari, l’energia fornita è idroelettrica e le stanze, tutte autonome (4 e 6 posti ciascuna, per un totale di 26), sono riscaldate tramite pannelli di fibra di carbonio. La pietra chiara è quella del vicino Recastello,

L’Ostello al Curò presenta materiali di pregio e comfort unici in Lombardia

Ostello al Curò Quota 1895 metri Principali accessi Da Valbondione, da Lizzola Telefono 0346 44076 Mail infostellocuro@gmail.com Servizi Posti letto: 26, distribuiti in camere da 4 e 6 persone

Una camera dell’Ostello al Curò

usata già nelle stratificazioni dei precedenti interventi di ampliamento sovrappostisi nel tempo, qui lasciata a vista accanto al ferro scuro e ossidato: un contrasto che appaga non poco la vista. Il suo record è quello di essere l’ostello più alto in Italia e pure in Europa, capace di offrire un’ospitalità innovativa a quanti amano questo genere di ambienti. Una buona occasione per un soggiorno in ostello possono sicuramente essere le cascate del Serio che, scendendo dai laghi di Barbellino (Superiore e Inferiore) con un triplice salto di oltre 315 metri, detengono anch’esse il record delle più alte d’Italia, seconde del vecchio continente. Il prossimo spettacolo delle cascate, che, scaricando a valle 10 mila metri cubi d’acqua, lasciano ogni anno a bocca aperta migliaia di escursionisti, sarà quello di sabato 15 luglio, in cui il salto sarà visibile sotto le stelle (ore 22-22,30); a seguire il 20 agosto, il 17 settembre e il 15 ottobre (ore 11-11,30). Come il vicino rifugio, anche l’Ostello si trova sull’Itinerario naturalistico Antonio Curò, un percorso didattico-naturalistico che punta a diffondere la conoscenza e il rispetto dell’ambiente naturale delle Alpi, così particolari in questo lembo orientale delle Orobie. Oltre alle ascensioni classiche a Coca, Recastello, Monte Gleno e Torena, dal Curò – ostello o meno – si può proseguire per il Rifugio Coca sul sentiero 303, per il Passo della Manina (sentiero 304), il Passo di Caronella (sentiero 308) e il Tagliaferri (sentiero 321).


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ALBANI L’ABBRACCIO DELLA PRESOLANA QUI NON FINISCE MAI PASSAGGIO OBBLIGATO PER GLI ALPINISTI DIRETTI ALLA «REGINA» DAL SENTIERO DELLE OROBIE ALLA FERRATA DEL PASSO DELLA PORTA RICCO IL PROGRAMMA DI INIZIATIVE PER L’ESTATE PROPOSTO DAI GESTORI RAGGIUNGIBILE ANCHE D’INVERNO GRAZIE ALLE PISTE DA SCI DI COLERE

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il rifugio scalvino sul versante Nord della Presolana, un passaggio obbligato per gli alpinisti che da qui scalano su vie di tutto rispetto. La più ripetuta è sicuramente lo Spigolo Nord, ma sono note anche «Placido», «Miss Scalina» o la «Via del cuore», solo per citarne alcune. Ultima tappa del Sentiero delle Orobie, è anche transito per la ferrata del Passo della Porta; attraverso il Passo di Scagnello collega alla Val di Scalve, mentre dalla selvaggia Valzurio si scende dalla Val di Scalve alla Val Seriana Superiore. Dedicato al primo scalatore della parete Nord della «Regina», l’Albani (quota 1939 metri) fu inaugurato nel 1967 dal Cai di Bergamo, che lo volle qui in sostituzione dell’ormai vecchia Capanna Trieste. Frequentato d’estate, è amato non meno d’inverno, quando si raggiunge dalle vicine piste da sci di Colere. Dall’anno scorso è condotto da Sandra Bottanelli e Chicco Zani, originari della Valcamonica, che se ne sono innamorati e hanno portato gusti e sapori nuovi, creando un mix tra piatti bergamaschi, valtellinesi e trentini. Ricco il programma estivo proposto dai due gestori. Fino a metà mese, per esempio, è visitabile la mostra allestita in collaborazione con lo Speleo Club: si tratta di pannelli sulle aree carsiche lombarde, orobiche nello specifico. Il 22 sarà la volta di un’escursione in compagnia di Manfredo Bendotti, studioso scalvino guadagnatosi l’appellativo di «Il Mago». Il giorno dopo, con recupero sulla data di giugno annullata per maltempo, si correrà la gara podistica non competitiva Colere-Rifugio Albani: 5,2 km di sviluppo per 900 m di dislivello. Luglio si chiuderà il giorno 30 con «Racconti sotto la Nord», in cui i

Al Rifugio Luigi Albani (a quota 1939 metri), nel territorio di Colere, si assapora da vicino il fascino della Presolana

Rifugio Luigi Albani Quota 1939 metri Principali accessi Da Carbonera: tempo 2 ore e 30 minuti, dislivello 900 metri, per escursionisti Da Baite del Moschel: tempo 3 ore, dislivello 1200 metri, per escursionisti Ultima tappa del Sentiero delle Orobie orientali Telefono 0346 51105, 349 3901953 Mail rifugioalbani@libero.it Servizi Posti letto: 40 Pranzo: 50 Tavola esterni: 40 Locale invernale: 6

presenti saranno accompagnati alla scoperta dell’antica vita in miniera. Fitto anche il calendario di agosto: festa dell’arrampicata il primo fine settimana, ancora escursione con «Il Mago» domenica 13, suoni irlandesi lunedì 14; a seguire, cene a tema, giornate di musica, fiaccolate, falò e incontro con l’Associazione Insegnanti per il Nepal, la Onlus voluta in ricordo di Roby Piantoni, che qui era di casa. Per tutta l’estate inoltre – per fare in modo che i riflettori sulla Presolana rimangano accesi anche dopo la manifestazione del 9 luglio e offrire continuità all’Abbraccio – i rifugisti hanno pensato a un’iniziativa singolare. Fino al termine della stagione, chiunque percorrerà il

Periplo della Presolana o anche un tratto del sentiero, potrà partecipare a «Emozionaci con il tuo abbraccio»: in questo caso non ci sono record da battere, ma a chi passa dall’Albani è offerta la possibilità di lasciare una frase o una parola dell’emozione che si vorrebbe trasmettere abbracciando la Regina delle Orobie. A fine stagione è garantito un premio alle migliori emozioni espresse. Tra le molte ascensioni o traversate possibili, se ne può suggerire una forse meno nota: la salita alla Cima Verde (2120 m): è una cresta della Presolana caratterizzata dall’unicità della sua morfologia geologica. Qui l’emersione ha prodotto un’incredibile varietà di forme rocciose, diverse ma concentrate in un unico luogo.


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TAGLIAFERRI CUCINA A CINQUE STELLE LASSÙ IN ALTA QUOTA IN VAL DI SCALVE A 2328 METRI IL RIFUGIO PIÙ ALTO DELLE OROBIE RAGGIUNGIBILE PER LA LINEA «CADORNA» DELLA GRANDE GUERRA INTITOLATO A NANI, MORTO NEL 1981 SUL PUKAJIRKA CENTRAL GESTITO DAL FRATELLO FRANCESCO, QUALITÀ A TAVOLA E IN CANTINA

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he il rifugio sia speciale, e non solo per quel suo svettare a 2328 metri di quota, aggiudicandosi così il primato di struttura più alta delle Orobie, si percepisce subito: perché qui gli escursionisti sono accolti sempre da «Capitan Cesco». Al secolo lui è Francesco Tagliaferri, fratello di quel Nani Tagliaferri a cui il rifugio è intitolato, morto tragicamente nel 1981 sul Pukajirka Central, tra i ghiacci delle Ande peruviane, insieme a Italo Maj e Livio Piantoni. Il progetto, infatti, è suo e anche la gestione, giunta alla 32a stagione, è sempre stata sua. L’inaugurazione risale al 1985, anche grazie alla volontà degli scalvini, che intendevano realizzare il sogno di Nani di dotare la Val di Scalve di un rifugio, e al contributo economico della Comunità Montana e del Cai Bergamo. L’anno dopo, però, la struttura subì un devastante incendio, che portò all’immediata ricostruzione di quello che è l’attuale rifugio. Francesco ne individuò la zona di edificazione, in una conca a oltre 2300 metri di quota. Grande è stato il suo l’impegno per la costruzione e particolare l’impronta conferita alla gestione, soprattutto in cucina, che rende questo rifugio un vero e proprio ristorante a cinque stelle, dove qualcuno arriva persino in elicottero. Certo, si tratta di qualche fortunato buongustaio, che trova ciò che cerca persino in cantina; al Tagliaferri la selezione dei vini è di tutto rispetto e contempla pure qualche riserva: champagne d’annata invecchiato nel mare, rosso corposo della Franciacorta o di Ca’ dei Frati, piuttosto che Morellino di Scansano, solo per fare qualche nome. «Niente Tavernello da noi»: è fiero il vocione di France-

Il Rifugio Nani Tagliaferri si trova nel comune di Schilpario, in Valle di Scalve, a 2328 metri di quota; a destra, Francesco Tagliaferri, fratello di Nani, morto tragicamente nel 1981 sul Pukajirka Central, cui il rifugio è intitolato

Rifugio Nani Tagliaferri Quota 2328 metri Il Rifugio Tagliaferri, il più alto delle Orobie, è situato al Passo di Venano nell’alta Valle del Vò Principali accessi Da Ronco: tempo 4 ore, dislivello 1300 metri, per escursionisti esperti Dal lago di Belviso: tempo 2 ore e 30 minuti, dislivello 800 metri, per escursionisti esperti Dal Rifugio Antonio Curò: tempo 5 ore, dislivello 500 metri, per escursionisti esperti Telefono 0346 55355 Mail tagliachiara@virgilio.it Servizi Posti letto: 50 Pranzo: 50 Tavola esterni: 100 Locale invernale: 9

sco quando accoglie in cucina, sempre aperta per mostrare che al Tagliaferri non ci sono pentole nere o angoli da nascondere. «A tutti io offro il mio vino, che faccio realizzare personalmente nell’Oltrepò pavese». E poi c’è la whiskeria, con qualche chicca presa direttamente in Scozia a primavera. Ma la punta di diamante è la cucina, che ripaga della fatica della salita: carne al Venà, in onore del vicino Passo di Venano, cucinata con trito di timo selvatico, aglio, limone e aceto, stracotto d’asino o Cuz, bocconcini d’agnello bolliti nel burro. A differenza di strutture più accessibili, al Tagliaferri non ci si passa mai per caso: le distanze fanno la selezione. Qua l’elicottero sale con il carico circa ogni due settimane: c’è da programmare in anticipo, per poter offrire da mangiare a tutti. Se si chiede a France-

sco se il calendario del rifugio prevede iniziative particolari, fa capire immediatamente che alla sua quota non si scherza mai: «Non prevediamo programmi – spiega – perché non possiamo. Ci abbiamo provato, ma che cosa facciamo se piove? Qui non si arriva con l’ombrello, com’è possibile, invece, a quote inferiori». Il rifugio è bello così com’è, perché arrivarci vuol dire ripercorre l’antica strada militare della terza linea difensiva, la «Cadorna». Gli escursionisti possono così calcare le orme dei militari della Grande Guerra, ma anche quelle dei contrabbandieri, che qui, nelle loro gerle, portavano sulle spalle sale, caffè, sementi e armi da fuoco. Il prossimo futuro prevede l’inserimento del Tagliaferri in un percorso di mountain bike realizzato dalla Valtellina sulle antiche vie militari, in fase di completamento.


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OLMO L’IMPRESA È IL GIRO ATTORNO ALLA PRESOLANA DEDICATO AL PRESIDENTE DELLA SEZIONE DI CLUSONE CADUTO NEL 1987 UN RIFUGIO MAI DI PASSAGGIO, MA RAGGIUNGIBILE DA LUOGHI DIVERSI CHI CI ARRIVA PUNTA A SALIRE IN VETTA OPPURE A COMPIERE IL PERIPLO IN ESTATE APPUNTAMENTI A TAVOLA E UNA GARA NON COMPETITIVA

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iamo sul versante Sud-Ovest della Presolana: è qui che sorge il Rino Olmo, che la sezione di Clusone ha voluto per ricordare il proprio presidente, caduto sulla «Regina» nel 1987. Fu inaugurato nel 1991, costruito sulle rovine di una precedente struttura, la vecchia Malga Olone; il territorio è quello di Castione. Una ventina i posti letto, una settantina quelli a tavola: incombenza a cui – da sei anni a questa parte – provvede Elisa Balduzzi, la moglie di Simone Castelli, il rifugista ufficiale. Se le si domanda quale sia il suo piatto forte, lei risponde che sono le torte, anche se poi, con un po’ di modestia, aggiunge che forse sono la quota e la fame che le fanno apprezzare. In realtà ci sono da aggiungere le tagliatelle al «parucc»: la pasta è rigorosamente fatta in casa e il «parucc» a chilometro zero, raccolto proprio in questa stagione, quando è tenero e sfuggito alle mucche, poi congelato per averlo all’occorrenza, pronto per giocarselo la domenica, quando ci sono i picchi di presenze. La famiglia è di Clusone e assicura apertura continuativa nei due mesi di luglio e agosto; solo i fine settimana dal 25 aprile al 1° novembre. Qui tutto va portato, perché si arriva solo a piedi. L’elicottero fa il carico grosso a inizio stagione, poi al trasporto provvede Bepa, una cavalla avelignese, quest’anno in alpeggio con la puledrina Celeste. Chi scende a valle due volte la settimana, solitamente il mercoledì e il venerdì, è Simone, che provvede agli acquisti. Elisa rimane in quota per tutta la stagione. Con loro anche i tre figli: Nicola di 20 anni, che dà una mano, Martina e Tamara, di 15 e 13 anni. Sono loro i custodi del Rino Olmo, a cui Elisa ha dato un

Il Rifugio Rino Olmo, situato nel comune di Castione della Presolana, a 1819 metri, gode di una bella posizione

Rifugio Rino Olmo Quota 1819 metri Principali accessi Da Rusio: tempo 2 ore e 30 minuti, dislivello 1000 metri, per escursionisti; da Valzurio: tempo 3 ore, dislivello 900 metri, per escursionisti; dal Passo della Presolana: tempo 3 ore, dislivello 800 metri, per escursionisti Telefono 0346 61380 Mail balduzzi.elisa@libero.it Servizi Posti letto: 20 Pranzo: 70 Tavola esterni: 30 Locale invernale: 10

tocco di femminilità con le tendine rosse alle finestre e le decorazioni con candele lignee all’interno. Al Rifugio Rino Olmo non si è mai di passaggio, pur potendo giungere da luoghi diversi. Ci si sale da Rusio in 2 ore e 30 minuti, superando circa 1000 metri di dislivello; in 3 ore, ma con un centinaio di metri in meno di dislivello, se si parte da Valzurio, località Spinelli; per la salita dal Passo il medesimo tempo, ma forse è un po’ meno faticosa. Piccolo, ma apprezzato: chi ci è già venuto ci torna. Nella clientela soprattutto i locali, ma qualcuno anche dalla città (da Milano o «sotto Bergamo», come si dice qui), compreso pure qualche tedesco. Chi qui passa, punta a salire in vetta alla Presolana per via normale (2h 30’,

630 metri), oppure a coprire il periplo della Presolana, decisamente ben più impegnativo (7h, 1430 metri). Partendo dall’Olmo si scende in Valzurio, poi al Rifugio Albani, per affrontare la ferrata del Passo della Porta; sul versante sud, si scalano il Passo di Pozzera e il Passo degli Agnelli, prima di tornare all’Olmo. Tra gli appuntamenti estivi, venerdì 21 luglio raviolata in rosa per sole donne, domenica 23 festa della montagna, in collaborazione con Avis-Aido Clusone, e sabato 12 agosto cena con Marco Zaffaroni, che racconterà il suo Himalaya. Da non perdere la manifestazione del 27 agosto: gara non competitiva su tre diversi percorsi, con partenza da Donico, Rusio e Spinelli.


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CASSINELLI LA BAITA PROMOSSA RIFUGIO SOTTO LA PRESOLANA PRIMA CASERA PER I MALGHESI, POI BASE PER IL SOCCORSO ALPINO IL PROGETTO DEI NUOVI GESTORI: ACCOGLIENZA SEMPLICE MA MODERNA LABORATORI SULL’ECONOMIA MONTANA, YOGURT E GELATO DOC UNA TAPPA DELLA SALITA PER LA VETTA E DOPO IL SENTIERO DELLA PORTA

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romossa al rango di rifugio alpino nel dicembre 2013, dopo anni di indicazione come Capanna sociale, la Baita Cassinelli è posta alla base della parete Sud della Presolana, che la sovrasta maestosa. La struttura sorge a quota 1568 metri ed è di proprietà del Comune di Castione della Presolana, alla cui sottosezione Cai è affidata. Fino a un passato non troppo lontano era adibita a casera, occupata dai malghesi nel periodo estivo; quindi fu assegnata al Cnsas di Clusone negli anni Settanta, per stoccarvi il materiale necessario per il soccorso alpino sulla «Regina delle Orobie». Da poco più di un mese la sua vita quotidiana è affidata alle cure di Mariagrazia Tomasoni e Claudio Trentani, di Bratto lei e di origini milanesi lui. Una coppia che ha già alle spalle la gestione del Rifugio Porta in Grigna, l’ultima esperienza maturata da Claudio in questo settore. Dopo l’evento del 9 luglio, che ha posto la Cassinelli al centro dell’attenzione mediatica grazie all’Abbraccio della Presolana, ora la Baita è pronta per programmare un futuro tutto da costruire, le cui parole d’ordine saranno accessibilità e sostenibilità. «Il nostro intento – spiegano – è quello di essere sobri e diversi al tempo stesso. I rifugi non sono e non devono essere degli alberghi, bensì devono essere accoglienti nella loro semplicità, anche – e perché no – in chiave moderna». Mariagrazia ha in tasca una laurea in scienze ambientali, mentre Claudio vanta un trascorso da rifugista: insieme l’accoppiata sembra essere vincente già

La Baita Cassinelli si trova ai piedi della Presolana, a 1568 metri

Baita Cassinelli Quota 1568 metri Principali accessi Dalla Cantoniera della Presolana, dal Passo della Presolana Telefono 339 5655793 Mail info@rifugiobaitacassinelli.it Servizi Posti letto: una camera da 5 posti e un’anticamera con altri 8 posti Pranzo: 40 Tavola esterni: 80

I rifugisti Claudio Trentani e Mariagrazia Tomasoni

sulla carta. E fin da subito si ipotizzano laboratori sull’economia montana, magari legati al mondo del fieno e del bosco, e collaborazioni vere con il vicino malgaro, per prodotti finali da offrire all’escursionista a meno di km0, se si pensa che la materia prima è fornita a una manciata di metri. Sono già in realizzazione yogurt e gelato doc. L’idea di partenza dei nuovi gestori è quella di proporre un modo nuovo di vivere la natura, tenendo aperto il rifugio continuativamente, perché davvero la Baita risulti un presidio attivo della montagna. Un’opportunità favorita anche dalla relativa facilità di accesso dal Passo della Presolana, da cui partono i sentieri n. 315 e n. 316 per la Grotta della Presolana e la cima stessa. Se risulta una tappa obbligata in salita per la vetta, lo è altrettanto per quanti scendono dal Visolo dopo il sentiero attrezzato della Porta o quanti arrampicano sulla parete Sud. A solo poco più di una mezz’ora la Baita Cornetto; più lunghe, invece, le traversate al Rifugio Albani (3 ore) o al Rino Olmo (2 ore e 30). Più adatto a un’accoglienza giornaliera, soprattutto per un problema reale di approvvigionamento d’acqua, la Baita dispone, comunque, di una stanza con 5 posti letto e di un’antistanza con 8 posti. Per il pranzo i posti all’interno – dove la stufa a legna è spesso accesa e il clima ospitale – sono quaranta, ottanta quelli a tavola esterni. Il rifugio è aperto tutto l’anno: nella stagione invernale la Baita è una buona meta per scialpinisti e ciaspolatori.


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MAGNOLINI OMAGGIO DI LOVERE ALL’EROE DELLE DUE GUERRE NATO NEL 1948 DEDICATO AL COMBATTENTE DISTINTOSI PER MERITI D’ONORE OGGI RAGGIUNGIBILE DAI VICINI PARCHEGGI DEGLI IMPIANTI DEL PORA RESTA DI TUTTO RISPETTO LA SALITA DAL COMUNE DELL’ALTO SEBINO TAPPA DI ESCURSIONI AD ANELLO PER APPASSIONATI DI MOUNTAIN BIKE

Il Rifugio Leonida Magnolini si trova in località Pian della Palù a quota 1635 metri, a cavallo tra la conca di Clusone e la Valle Camonica

È

aperto tutto l’anno, continuativamente dall’ultima domenica di giugno alla prima di settembre, nei fine settimana nei mesi restanti. Perché nella zona in cui sorge c’è sempre gente, in tutte le stagioni. Siamo al Pian della Palù, a quota 1635 metri, a cavallo tra la conca di Clusone e la Valle Camonica, nel territorio del Comune di Costa Volpino. Qui la sezione Cai di Lovere lo volle subito dopo la guerra: del 1948 è l’inaugurazione, con tanto di dedica a un ex combattente, distintosi per meriti d’onore. Lui era appunto Leonida Magnolini, già militare nella Grande Guerra e richiamato poi alle armi nel Gruppo Bergamo della 2a Artiglieria Alpini: venne spedito sul fronte russo e vi morì in un valoroso atto di resistenza, nel gennaio del ’43. Bianco e isolato, il rifugio sorge

Rifugio Leonida Magnolini Quota 1635 metri Principali accessi Da Lovere, Ceratello, Bossico, Rogno, Malga Alta di Pora Telefono 0346 65145 Mail loverecai@gmail.com Servizi Posti letto: 22 Pranzo: 80

su un pianoro. Oggi i suoi frequentatori giungono senza troppi problemi dai vicini parcheggi degli impianti del Pora, anche solo per un caffè o un pranzo, ma in realtà la vocazione di vero rifugio alpino c’era e c’è tutta. I vecchi soci del Cai Lovere – lo testimonia la presidente Luisa Bianchi – se lo

ricordano ancora quel tempo, in cui salivano da Lovere con gli sci in spalla, per raggiungere quel rifugio che sentivano come loro. Senza contare l’accesso sul sentiero turistico da Valzelli o dalla Malga Alta di Pora (40’), ancora di tutto rispetto è, dunque, la salita da Lovere per il sentiero 551, che conduce al rifugio in circa 3 ore e mezza. Un po’ più veloce (2 ore e mezza) la salita da Ceratello, tra malghe e pascoli. C’è, poi, chi arriva qui da Bossico, località «Sette colli» (2 ore e mezza), piuttosto che da San Vigilio di Rogno. Una volta al Rifugio Magnolini, è tappa obbligata la veloce salita al Monte Alto, la vetta erbosa a quota 1723 metri, ottimo punto di osservazione di tutta la dorsale prealpina, del lago sottostante e della zona del Sebino, ma che nelle giornate più limpide (per la

verità qui non scontate vista l’umidità che sale dal lago) lascia intravedere più oltre, dall’Adamello al Monte Rosa. Recentemente il Magnolini si trova citato anche in numerose escursioni ad anello per appassionati di mountain bike: qualcuno, per esempio, vi sale da Vertova, seguendo la ciclabile fino a Clusone, quindi toccando San Lorenzo, Dorga, Pian del Termen; discesa da San Fermo di Bossico (anello completo 5h, 72 km). L’idea di realizzare il rifugio risale agli anni Venti; del ’36 la donazione del terreno alla sezione Cai di Lovere da parte del Comune di Costa Volpino. L’arrivo della guerra fermerà la realizzazione, compiuta soltanto dopo la fine del conflitto. La famiglia che si incontra al rifugio lo conduce da oltre trent’anni.




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