SPEDIZIONE IN A.P. ART. 2 COMMA 20/C - LEGGE 662/96 DC/DCI/GORIZIA
marzo 2003 n. 24 quadrimestrale
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NOTIZIE NOTIZIE del CORPO NAZIONALE SOCCORSO ALPINO E SPELEOLOGICO
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NOTIZIE NOTIZIE Copertina: foto di Jurko Lapanja
del CORPO NAZIONALE SOCCORSO ALPINO E SPELEOLOGICO
Notizie del CORPO NAZIONALE
SOCCORSO ALPINO E SPELEOLOGICO Periodico specialistico quadrimestrale pubblicato dal Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico. Anno 9 (2003). Numero 25. Registrazione presso il Tribunale di Gorizia n. 258 del 29-6-1995. Editore: Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico Direttore responsabile: Alessio Fabbricatore Segreteria editoriale: Studio tecnico associato Fabbricatore Alessio ✉ Corso Giuseppe Verdi, 69 34170 GORIZIA ☎ 0481 82160 (studio)
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E ra ragionevole aspettarsi, dopo la critica pacata, ma argomentata e ferma, della nostra organizzazione alle tesi sostenute da alcuni settori dell’Amministrazione dell’Interno, circa la concreta applicazione dell’art. 1 della L. 74/2001, che venisse un segno di disponibilità al dialogo da parte di chi dovrebbe avere primariamente a cuore il buon funzionamento dei servizi di sicurezza e soccorso dei cittadini. Così, a quanto pare, non è, … avv. Matteo Fiori
4 Ancora sulla Legge 21.03.2001 nr. 74
di avvocato Matteo Fiori
7 Oreste Pinotti
di proffessore Gianni Losano
10 Albori dell’organizzazione dei Soccorsi Alpini in Italia
di Oreste Pinotti
12 Ciao Sandro …
di Valerio Zani
13 Calo dell’operatività e riconoscimento dell’essenzialità tecnica degli uomini del CNSAS
di Daniele Chiappa
15 Emergency Trento Filmfestival A Lelio
di Alessandra Maggioli di Andrea Benazzo
16 Ministero delle Comunicazioni
fax 02 29530364 email: segreteria@cnsas.it Supervisione fotografica: Jurko Lapanja Fotografie: Alessio Fabbricatore; Archivio CNSAS; Jurko Lapanja. Impaginazione, fotocomposizione, stampa: Grafica Goriziana - Gorizia
Notizie del CORPO NAZIONALE SOCCORSO ALPINO E SPELEOLOGICO stampato a Gorizia, aprile 2003
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S PELEO SOCCORSO Commissione speleosubacquea Puglia Friuli-Venezia Giulia
20 La valutazione del rischio di valanga Strategia e metodi a confronto
di Maurizio Lutzenberger
26 Bilancio di previsione 2003 30 37° Corso Unità cinofile da valanga
di Andrea Benazzo
32 Statistiche interventi 2002 33 Uno stand modulare itinerante
di Roberto Frasca
La fisiologia dell’alpinismo continuerà la sua storia; la scriveranno ricercatori che sapranno unire all’amore per il sapere la passione per la montagna. (prof. Oreste Pinotti ex Direttore dell’Istituto di fisiologia umana dell’Università di Torino)
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Ancora sulla Legge 21.03.2001 nr. 74
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avvocato Matteo Fiori presidente del SASV
ra ragionevole aspettarsi, dopo la critica pacata, ma argomentata e ferma, della nostra organizzazione alle tesi sostenute da alcuni settori dell’Amministrazione dell’Interno, circa la concreta applicazione dell’art. 1 della L. 74/2001 (1), che venisse un segno di disponibilità al dialogo da parte di chi dovrebbe avere primariamente a cuore il buon funzionamento dei servizi di sicurezza e soccorso dei cittadini. Così, a quanto pare, non è, dal momento che quei settori sembrano voler perseguire l’obiettivo di rivendicare a sé prerogative e funzioni - quella della gestione diretta degli interventi di soccorso in ambiente ostile - che la Legge Nazionale ha indiscutibilmente attribuito, in via primaria, alla competenza del C.N.S.A.S. (2). Ciò, naturalmente, non può che determinare non solo un inutile spreco di risorse umane e finanziarie, in tempi in cui la spesa pubblica corrente e di investimento conosce drastici tagli finalizzati al contenimento del disavanzo pubblico (3), ma, soprattutto, una perniciosa sovrapposizione di competenze che rischia di produrre gravi guasti nel funzionamento dei servizi e nella gestione dell’attività di soccorso. Viene da chiedersi se dietro a questa iniziativa non si
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nasconda anche l’intento di marginalizzare il ruolo del volontariato e di costringere la nostra Organizzazione ad una defatigante trattativa sulla gestione dei protocolli operativi dei servizi che la distolga dal primario obiettivo della formazione dei propri quadri tecnici e dalla organizzazione di una rete di servizi sempre più efficiente. Noi non abbiamo mai contestato il fatto che la L. 74/2001, attribuendo al C.N.S.A.S. il ruolo primario della gestione del soccorso alle persone in montagna ed in grotta, e negli altri ambienti ostili del territorio nazionale, fa in ogni caso salve “le competenze e le attività svolte da altre amministrazioni o organizzazioni operanti allo stesso fine”, rispettosi come siamo del ruolo fondamentale che svolgono, in specie le amministrazioni dello Stato, in questo campo. Per tale ragione abbiamo costantemente ricercato un rapporto di positiva collaborazione con tali organizzazioni, attivando protocolli operativi, sia a livello nazionale che a livello locale, finalizzati ad assicurare il massimo di efficienza e di coordinamento nella gestione del servizio (4). Siamo tuttavia sempre stati convinti che tale efficienza possa essere garantita solo individuando la organizzazione cui spetta il ruolo di coordinamento,
quando, nell’attività di soccorso, intervengano più organizzazioni. Ed è evidente che tale ruolo di coordinamento non può che spettare alla organizzazione che, per esperienza pluriennale, qualificazione del proprio personale tecnico, radicamento e diffusione sul territorio, sia in grado di svolgerlo al meglio. Tant’è che il legislatore, nell’ultima parte del 2° co. dell’art. 1 della L. 74/2001, ha stabilito che “nel caso di intervento di squadre appartenenti a diverse organizzazioni, la funzione di coordinamento è assunta dal responsabile del C.N.S.A.S.”. Nonostante la chiarezza della disposizione, a fronte dei ripetuti interventi posti in essere da quei settori dell’Amministrazione dell’Interno cui si è fatto cenno sopra, è dovuto
intervenire nuovamente il legislatore per ribadire un principio che, alla luce delle legislazione vigente, deve considerarsi pacifico: “Il soccorso in montagna, in grotta, in ambienti ostili ed impervi è, di norma, attribuito al C.N.S.A.S. del C.A.I. ed al Bergrettuns Dienst (B.R.D.) dell’Alpenverein Südtirol (A.V.S.). Al C.N.S.A.S. e al B.R.D., spetta il coordinamento dei soccorsi in caso di presenza di altri Enti o Organizzazioni, con esclusione delle grandi emergenze e delle calamità” (5). Viene da chiedersi se fosse proprio necessario tale “chiarimento”, dal momento che, a nostro avviso, i richiamati principi erano già chiaramente affermati nell’art. 1, co. 2° della L. 74/2001. La norma contenuta al co. 39° dell’art. 80 della Legge
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Finanziaria 2003, in verità, sembra aggiungere qualcosa di nuovo rispetto al testo dell’art. 1 della L. 74/2001: a. nella prima parte, riaffermando la competenza del C.N.S.A.S. nel soccorso in ambiente ostile, aggiunge l’espressione “di norma”; b. nella seconda parte, riaffermando il principio del coordinamento in capo al C.N.S.A.S. in caso di intervento di più organizzazioni, aggiunge il termine “ed enti”. Il legislatore ha perciò inteso, nel primo caso, riaffermare una volta di più che la competenza del C.N.S.A.S. deve considerarsi primaria, mentre la competenza di tutte le altre organizzazioni, deve essere considerata secondaria o eccezionale e cioè riferita ai casi nei quali, per le diverse ragioni, il C.N.S.A.S. non sia in grado di intervenire. Il principio, come si vedrà in appresso, costituisce applicazione del principio generale di sussidiarietà che regola i rapporti tra organizzazioni ed enti pubblici e tra queste ultime ed i soggetti privati, sia singoli che associati. Nel secondo caso, il legislatore ha inteso rimuovere l’equivoco, sorto dalla espressione letterale contenuta nell’ultima parte del 2° co. dell’art. 1 della L. 74/2001, laddove, attribuendo al C.N.S.A.S. il ruolo di coordinamento, fa riferimento esclusivamente a “diverse organizzazioni”, omettendo il richiamo anche alle “altre amministrazioni” di cui alla prima parte della norma in esame. Come è noto, su tale incertezza interpretativa si fondava la richiesta di parere inoltrata dal Ministero dell’Interno, Dipartimento dei Vigili del fuoco e Difesa civile, al aprile 2003
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Consiglio di Stato in data 21.05.2002, cui fece seguito il parere della Iª Sezione 26.06.2002 nr. 1874. Anche in questo caso è evidente che il legislatore, aggiungendo all’espressione “organizzazioni” anche quella di “altri enti”, ha inteso comprendere, ove ve ne fosse bisogno, tutti i soggetti pubblici o privati che comunque intervengano in una operazione di soccorso. Né può essere ragionevolmente opposto, dai sostenitori della diversa tesi, che la nozione di “enti” non è comprensiva di quella di “amministrazioni o corpi dello Stato”. Siamo veramente al bizantinismo. Basterebbe prendere in mano qualsiasi dizionario della lingua italiana e qualsiasi manuale di istituzioni di diritto pubblico per riscontrare che nella nozione di “ente”, si ricomprende ogni soggetto pubblico o privato che abbia un autonomia riconosciuta dalla legge. È quindi evidente che il legislatore, con la norma richiamata, non ha fatto altro che ribadire il principio secondo cui spetta al C.N.S.A.S. il coordinamento degli interventi quando intervengono, nell’azione di soccorso, più soggetti organizzati o squadre appartenenti a diverse organizzazioni, amministrazioni, corpi di soggetti pubblici o privati. Ma anche qui non è finita, dal momento che la risposta venuta dal Sottosegretario di Stato per l’Interno, on. Maurizio Balocchi, all’interpellanza presentata al Ministro dell’Interno da numerosi Deputati di tutti gli schieramenti in data 19.12.2002, non può
considerarsi soddisfacente (6). Pur apprezzando il dichiarato impegno del Ministero dell’Interno “per chiarire e prevenire ogni possibile confusione tra ambiti operativi e ad evitare eventuali sovrapposizioni di competenze”, traspare dalla risposta una impostazione rigidamente centralista che contrasta con lo stesso richiamo effettuato dallo stesso Sottosegretario alla recente riforma del titolo V della Costituzione (7). Come è noto tale riforma ha introdotto nel nostro ordinamento costituzionale “il principio di sussidiarietà” quale principio regolatore della attribuzione e dello svolgimento delle funzioni amministrative. In particolare l’art. 118 della Costituzione, nel testo riformato dalla Legge Costituzionale 18.10.2001 nr. 3, ha assunto il principio di sussidiarietà quale criterio ordinatore dei rapporti tra lo Stato e le autonomie locali e tra lo Stato, le formazioni sociali ed i cittadini. Infatti la norma in esame, dopo aver stabilito che il riparto delle funzioni amministrative tra lo Stato ed il sistema delle autonomie locali, si attua secondo i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (sussidiarietà verticale), all’ultimo comma testualmente dispone che “Stato, Regioni, città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (sussidiarietà orizzontale). Così facendo il legislatore costituzionale, non solo ha inteso recepire una istanza
largamente sentita nella società civile, ma si è anche adeguato ad uno dei principi ispiratori del Trattato dell’Unione Europea (art. 54 - 3B trattato CE), al cui rispetto sono vincolati tutti gli Stati membri della CE. Tale principio si articola su due piani: a. lo Stato interviene solo quando i cittadini e le formazioni sociali autonome non sono in grado di intervenire; le varie istituzioni statali e pubbliche debbono creare le condizioni che permettano alla persona ed alle aggregazioni sociali di agire liberamente e non debbono sostituirsi ad essi nello svolgimento della loro attività (sussidiarietà orizzontale); b. l’intervento pubblico, ove necessario, deve attuarsi nel livello più vicino possibile al cittadino (sussidiarietà verticale). Di qui l’attribuzione delle competenze amministrative generali ai Comuni, quale soggetto pubblico più vicino alle esigenze dei cittadini. Non è qui il caso di approfondire la valenza giuridica dei richiamati principi, basti dire che l’intera legislazione nazionale, successiva alla L. 15.03.1997 nr. 59 (Bassanini) - specie in materia di disciplina delle funzioni amministrative e dei pubblici uffici - fa ad essi ripetuto richiamo. Meritano essere ricordati in proposito: - le Leggi Comunitarie 2000, 2001 e 2002, che individuano nel principio di sussidiarietà il criterio regolatore per evitare la sovrapposizione delle competenze tra Amministrazioni (da ultimo art. 2, co.1° legg.g) L. 03.02.2003 nr.4); - l’accordo Stato - Regioni 20.06.2002 che, nel fissare i
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principi dell’azione comune, considera “il principio di sussidiarietà elemento fondate della riforma, unitamente ai principi di differenziazione ed adeguatezza”; - la Direttiva Ministeriale 13.12.2001 sulla formazione del personale della Pubblica Amministrazione secondo cui la formazione dovrà accompagnare la realizzazione delle riforme dell’Amministrazione ed in particolare supportare il riordino dei Ministeri anche alla luce del decentramento delle funzioni delle Amministrazioni centrali, del ridisegno dei compiti istituzionali e dell’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale. Secondo tale principio, per renderne compatibile l’applicazione con l’adeguatezza del livello di risposta ai bisogni, è necessario che lo Stato e gli altri soggetti istituzionali, riconoscano il ruolo primario delle formazioni sociali che operano nel campo dei servizi pubblici, ponendosi non già come soggetto che si sostituisce ad esse, ma come loro strumento di promozione e di sostegno, al fine di consentire alle stesse di esprimere al meglio e con la piena garanzia di libertà di iniziativa, le diverse specifiche potenzialità. In altri termini, la corretta attuazione del principio di sussidiarietà impone che, ove nella società civile una attività di rilevanza o di interesse pubblico sia svolta da una formazione sociale autonoma, lo Stato non deve sostituirsi ad essa, ma deve svolgere una funzione di promozione e sostegno della sua attività. Basterebbero questi richiami ai principi costituzionali vigenti, per dire che ogni
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iniziativa tendente a sminuire e a contrastare il ruolo e la funzione svolta dal Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, si pone in aperto contrasto con la Costituzione, così come la interpretazione delle norme di legge non può che essere ispirata e conformarsi ai principi costituzionali sopra richiamati. La nostra organizzazione non si sottrarrà certo al doveroso dialogo con ogni altra istituzione dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, aperta, come è sempre stata, alla più costruttiva collaborazione, ma è legittimo aspettarsi, dagli altri, un atteggiamento rispettoso delle nostre prerogative e della nostra autonomia.
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ono sempre vigili e attenti. Sono pronti a qualsiasi ora della notte e del giorno per soccorrere chi si trova in difficoltà in montagna. Una caduta, un malore, un’imprudenza possono essere più fatali qui, che altrove. Inoltre, nelle zone montane, la difficoltà di raggiungere i luoghi e quindi di prestare soccorso impone personale molto qualificato e motivato. Per questo, i volontari delle squadre di Soccorso alpino e speleologico della Sardegna sono sottoposti ad un iter formativo assai impegnativo. Il Soccorso alpino e speleologico della Sardegna è un’organizzazione assai complessa che può contare su novanta volontari tra tecnici e medici. Svolge un’intensa attività preventiva e di controllo del territorio visto anche il crescente numero degli
A pochi mesi dal 50° anniversario della costituzione del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico, crediamo di avere tutte le carte in regola per essere all’altezza dei compiti che l’ordinamento ci ha affidato e del riconoscimento di competenza, dedizione ed efficienza operativa che ci viene dalla nostra storia e dall’attività svolta in questi cinquant’anni.
(1) Si veda l’intervento “a proposito del parere del Consiglio di Stato adunanza della 1ª Sezione, 26.06.2002, nr. 1874/02 in Notizie 23.12.2002, pagg. 8 e segg.”. (2) Si vedano i protocolli operati proposti ad alcuni Prefetti ai
Le chiavi del Sorriso al Soccorso alpino e speleologico della Sardegna
incidenti, dovuti al continuo aumento degli appassionati della montagna. Di fronte a tanto amore verso
Comandi Provinciali dei VV.FF. su direttiva - a quanto pare - del Dipartimento dei VV.F. Soccorso Pubblico e Difesa Civile del Ministero dell’Interno. (3) Si veda - da ultimo - la Legge Finanziaria 2003 (L. 27.12.2002 nr. 289). (4) Vedasi dichiarazione di principio C.A.I. - C.N.S.A.S. Guardia di Finanza 12.06.1996 e vari protocolli operativi locali. (5) Art. 80, co. 39° L. 27.12.2002 nr. 289 - Legge Finanziaria 2003. (6) Interpellanza urgente Caparini, Quartarini e altri, 2-00591 19.12.2002 - verbale stenotipico 252ª seduta pubblica, Camera dei Deputati, giovedì 23 gennaio 2003. (7) “Questa esigenza è ancora di più avvertita dopo la riforma del titolo V° della Costituzione che, in attuazione del principio di leale collaborazione, impone a tutti i soggetti istituzionali, titolari di competenze di perseguire l’obiettivo fondamentale di garantire il coinvolgimento, e l’ottimizzazione di tutte le risorse disponibili per dare ai cittadini risposte sempre più adeguate in termini di assoluta tempestività”. Risposta ad interpellanza On. Sottosegretario Maurizio Balocchi, verbale seduta Camera Deputati 23.01.2003.
il prossimo e all’impegno svolto nei luoghi montani, la Fondazione Cesar, su proposta del Consiglio regionale Unipol della Sardegna, con onore consegna al Soccorso alpino e speleologico della Regione Sardegna Le Chiavi del Sorriso edizione 2002.
Il vice presidente S.A.S.S. Cristian Pilo che riceve la targa dall’assessore alla Difesa ambiente e Protezione civile della Regione autonoma della Sardegna ing. Emilio Pani.
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Oreste Pinotti Commissario e poi Presidente del Club alpino di Padova nei dieci anni successivi alla fine della 2° Guerra mondiale Membro del Consiglio centrale del CAI per gli stessi dieci anni Medaglia d’oro del CAI per avere organizzato il Soccorso alpino in Italia
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Socio del Club alpino accademico
prof. Gianni Losano
on posso dire che la notizia del decesso del prof. Pinotti mi sia giunta inaspettata. L’ultima volta, infatti, che ero stato a casa sua a Padova, l’avevo visto in condizioni che non lasciavano sperare in nulla di buono. Mi sono poi sentito un po’ sollevato, quando, sul treno mentre tornavo a Torino ho ricevuto una telefonata dalla signora Bianca che mi informava di un certo apprezzabile miglioramento del marito. Successivamente ho ancora parlato con lui per telefono, trovandolo assai meglio di quanto non l’avessi visto a Padova. I miei logici timori, che tenevano conto anche dell’età del mio maestro, non erano però per nulla scomparsi, cosicchè quando il 18 novembre ho sentito al telefono la voce del Presidente del Corpo nazionale di soccorso alpino, ho subito intuito le ragioni della telefonata. aprile 2003
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Il prof. Pinotti aveva voluto morire in silenzio. Forse per non disturbare nessuno, aveva voluto che la sua fine, ossia l’evento più ovvio di una vita, passasse inosservato come passano inosservate tutte le cose ovvie. I conoscenti e gli amici sarebbero stati informati qualora lo avessero cercato. Tuttavia, un piccolo segno avvenuto il 15 novembre subito dopo la sua morte ha indotto la signora Bianca a ritenere che il Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico, di cui egli era Presidente onorario avrebbe dovuto avere il privilegio di sapere per primo, dal momento che, con la scomparsa del prof. Pinotti, era proprio il Soccorso alpino a subire la più pesante mutilazione storica e affettiva. Perché ho voluto ricordare questo mio coinvolgimento negli ultimi giorni della vita del prof. Pinotti? Forse perché, come per molte
persone del mondo accademico e alpinistico, è stato un coinvolgimento che partiva da lontano da quando cioè uno aveva cominciato a lavorare con lui e lo aveva poco alla volta scoperto amico. Credo che un contributo alla conoscenza dello stile del mio maestro, come scienziato e come uomo di cultura, possa essere rappresentato da un episodio che voglio ricordare. Quando nel 1962 il prof. Pinotti fu trasferito da Parma alla cattedra di Fisiologia umana di Torino, dove assunse la direzione del corrispondente istituto, frequentavo, giovane laureato, il terzo anno della Scuola di specializzazione in Medicina interna. Proprio come specializzando assistevo alle lezioni che il prof. Pinotti teneva gli aspiranti internisti. Tra i tanti argomenti che la Fisiologia considera vi è quello, importantissimo, della pressione arteriosa. Si tratta
di un argomento che, stranamente, anche nei trattati di valore è presentato in modo poco comprensibile. Ebbene, in una di quelle lezioni è successo come se mi si fossero aperti improvvisamente gli occhi quando il prof. Pinotti lo illustrò con poche parole e con una semplicissima formula! La validità della spiegazione mi è presente ancora adesso ogni volta che, nella didattica o nella ricerca, mi capita di dovere riflettere sull’argomento. Non ho riportato a caso questo episodio. Sia come scienziato che come uomo il mio maestro aveva la capacità di indicare i termini reali e caratterizzanti di un problema, eliminando tutte le parole e i concetti che ne offuscavano la visione. Ecco perché dai suoi allievi un colloquio con il prof. Pinotti era cercato per risolvere non solo problemi scientifici e organizzativi, ma anche quelle complicate o
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strampalate questioni, alle volte vere e proprie grane, che la vita accademica alle volte sembra elargire a piene mani. Il modo di affrontare i problemi da parte del prof. Pinotti era sempre lo stesso: quello di sfrondare gli orpelli inutili per andare al sodo. E quando lui era arrivato al sodo, l’interlocutore si accorgeva che i problemi erano in realtà più semplici di quanto non sembrassero a prima vista e che quando si trattava di una grana, questa non era altro che un banale spiffero scambiato per uragano. Tutto questo succedeva in quanto il Professore impiegava non una elaborata dialettica, ma la logica, bella anche da un punto di vista estetico, delle parole semplici e del ragionamento lineare. Quando il prof. Pinotti venne a Torino la Fisiologia si trovava ad un punto singolare del suo sviluppo: accanto ai vecchi sistemi
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meccanici di registrazione che avevano dato la possibilità di seguire nel tempo il divenire di vari eventi fisiologici, si stavano sviluppando, soprattutto negli Stati Uniti, nuove tecniche che impiegando strumentazioni elettroniche permettevano anche la registrazione di fenomeni prima inaccessibili. Lo svantaggio di queste nuove procedure era di non mettere la loro logica di traduzione immediatamente sotto gli occhi dell’operatore. Così, mentre un vecchio chimografo meccanico palesava il suo modo di trasformare un evento fisiologico in una traccia sulla carta affumicata, le nuove metodiche elettroniche nascondevano questo processo di trasformazione, in modo da non rendere immediatamente evidente a chi non aveva ancora fatto l’occhio la corrispondenza tra fenomeno e sua registrazione. Nulla di male per le reclute della Fisiologia. Perdita sgradevole di un’immediatezza per chi sui vecchi sistemi aveva fatto le ore piccole e, soprattutto, con i vecchi sistemi aveva un rapporto affettivo. Malgrado fosse
scientificamente cresciuto in mezzo alle registrazioni meccaniche, il prof. Pinotti rinnovò rapidamente il laboratorio di emodinamica dell’Istituto di fisiologia umana di Torino dove introdusse i più importanti strumenti di registrazione elettronica che si potessero trovare sul mercato internazionale. E così l’istituto di Corso Raffaello fu la prima sede europea dove l’impiego dei flussimetri elettromagnetici ha permesso di studiare e quantificare la gettata cardiaca e lo scorrimento del sangue nelle varie arterie. Nel corso della sua attività scientifica il prof. Pinotti si è occupato con successo non soltanto di emodinamica ma anche di controllo nervoso dell’apparato cardiovascolare. I risultati di alcune sue ricerche, pur essendo stati ottenuti negli anni Sessanta, sono ancora oggi di estrema attualità. Purtroppo negli anni Sessanta i fisiologi italiani non usavano ancora pubblicare in inglese su riviste internazionali: è successo allora che in tutto il mondo si sappia cosa succede quando vengono stimolate alcune zone dell’ipotalamo, senza che la paternità delle più importanti acquisizioni in proposito venga attribuita, come sarebbe invece giusto, al prof. Pinotti. Un altro campo di interesse per il prof. Pinotti è stata la Fisiologia alle alte quote. Fortuna volle che a Torino si sia trovato sulla cattedra che era stata di Angelo Mosso il fondatore proprio non solo di tale ramo della Fisiologia, ma anche della Capanna Regina Margherita sulla Punta Gniffetti del Monte Rosa e dell’Istituto scientifico del Col d’Olen che ha poi preso il suo nome. Per il mio maestro la passione per la montagna nei suoi aspetti alpinistici,
scientifici, storici e paesaggistici era una seconda natura e bene ha fatto la signora Bianca a recepire come espressione della volontà del marito quel segno che la ha indotta a informare per primo il Corpo nazionale di soccorso alpino della sua dipartita. L’interesse del prof. Pinotti per le alte quote è noto anche fuori d’Italia. Alcuni anni fa in una riunione conviviale tenutasi in occasione di una riunione della Physiological Society a Leeds in Inghilterra, uno dei più noti fisiologi inglesi lo citò come protagonista di un’operazione di salvataggio in alta quota. In altra occasione ho scritto su Notizie C.N.S.A.S. come durante gli esami agli studenti, quando questi dimostravano una buona preparazione, il prof. Pinotti, forse inavvertitamente, spostava il discorso su problemi relativi alla Fisiologia alle alte quote. Questo discorso diveniva rapidamente un monologo. Ho pensato molte volte a questi accadimenti. Il quei momenti il Professore non voleva tanto tenere una lezione, quando rendere informata una persona che gli risultava simpatica, sulle cose che a lui sembravano più belle. Il prof. Pinotti non si occupò soltanto di Fisiologia e di montagna. Pochissimi sanno con quale slancio si adoperò affinché una facoltà di Medicina sorgesse nella Repubblica di Liberia, piccolo e antico stato dell’Africa occidentale subsahariana. Negli anni Sessanta il Presidente di quello stato, William W.S. Tubman aveva chiesto al Pontefice Pio XII che nella capitale Monrovia venisse fondata una scuola per la preparazione di medici indigeni. Il Pontefice si rivolse al prof. Achille Mario Dogliotti di Torino. Il prof.
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Pinotti si coinvolse rapidamente nel progetto che prese in mano in prima persona non appena il prof. Dogliotti si ammalò di quella malattia che lo vide prematuramente soccombere. Tra viaggi a Roma e a Monrovia fece in modo che la nuova facoltà potesse decollare, dapprima come ente autonomo con il nome di Monrovia-Torino College of Medicine, successivamente come parte dell’Università di Liberia con il nome di A.M. Dogliotti College of Medicine. Altri italiani parteciparono all’iniziativa con modesto impegno e molta visibilità. Furono intervistati dai giornali ed ebbero un momento di notorietà. Il prof. Pinotti
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preferì lavorare in silenzio realizzando ciò di cui gli altri si vantarono. I liberiani compresero la portata del suo apporto e vollero che il suo nome fosse inciso su un obelisco nel cortile della loro università. Nel 1982 il prof. Pinotti fu collocato fuori ruolo, cioè, come si usa nelle università, rimase al suo posto per altri cinque anni senza l’obbligo di tenere corsi di lezioni. Molti docenti a questo punto si comportano da pensionati. Non fu così con il mio maestro che, a parte le lezioni, continuò come prima la sua vita universitaria partecipando ai consigli di Dipartimento, di Facoltà e alle commissioni di concorso, dove il suo prestigio continuò ad essere
determinante. E poiché la sua principale attività era sempre stata quella di consigliare i suoi allievi, questi continuarono a rivolgersi a lui. Nel 1987 andò in pensione e si trasferì nella sua città natale di Padova. Durante tutto il suo pensionamento ha continuato ad essere un punto di riferimento per quanti erano stati suoi allievi, che gli telefonavano e andavano a trovarlo per fare quattro chiacchiere con lui. E’ difficile per me parlare del prof. Pinotti usando il passato remoto. Il suo insegnamento, il suo atteggiamento di fronte ai problemi sono ancora presenti, attuali e, forse, proiettati anche nel futuro. Anzi, la proiezione nel
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futuro è proprio ciò che caratterizza l’insegnamento dei saggi. Mi viene da pensare che sia proprio a partire da queste considerazioni che uno possa chiedere: Mors, ubi est victoria tua?
Oreste Pinotti
ato a Padova il 24 febbraio 1912, si laureò in Medicina e Chirurgia presso quella Università nel 1935. Assistente alla cattedra di Fisiologia umana nell’Università di Padova dal 1935 al 1953, fu incaricato dell’insegnamento di Fisiologia generale nella Facoltà di farmacia del medesimo Ateneo dal 1938 al 1953. Nel 1940, vincitore di una borse di studio per l’estero, frequentò il Laboratorio di Fisiologia diretto dalla prof. Gollwitzer - Meier, ad Amburgo. Dal 1954 al 1962 diresse l’Istituto di fisiologia umana dell’Università di Parma, dapprima come professore incaricato (1954-1956), indi straordinario (19571959) e infine Ordinario
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(1959-1962). Dal 1963 è Direttore dell’Istituto di fisiologia umana dell’Università di Torino. La sua produzione scientifica, che ammonta ad oltre un centinaio di pubblicazioni, riguarda prevalentemente la fisiologia e la regolazione nervosa dell’apparato cardiovascolare, con riferimento al lavoro muscolare, agli stati di eccitamento, alla altitudine, ecc. È Socio dell’Accademia di medicina di Torino e dell’Accademia teatina. È redattore di riviste scientifiche italiane e straniere. È stato insignito del Premio Nazionale Antonio Feltrinelli per le Scienze fisiche, matematiche e naturali nel 1969.
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Albori dell’organizzazione dei Soccorsi Alpini in Italia
on sembri strano che un alpinista ormai veterano, invitato ad esporre alcuni dei ricordi più vivi della sua carriera, anziché intrattenervi su qualche ascensione particolarmente emozionante, vi parli di un argomento che non ha alcun rapporto con l’attività alpinistica personale, vera e propria, cioè quello dei soccorsi alpini. Ciò valga a riconfermare ancora una volta che il mondo alpinistico è così vario e così vasto, che qualunque persona abituata ad educare la mente oltre che i muscoli ed i sensi, possa trovare nelle montagne infiniti motivi di interesse, anche al di fuori ed oltre il puro piacere di scalarle. “L’alpinismo” - mi diceva ancora molti anni fa, sommariamente ma molto efficacemente, un illustre docente di Padova - “è una enciclopedia”, ed in realtà si può dire che non vi sia quasi attività umana che non abbia contatti con l’alpinismo e che poi, sotto la sua veste alpina, non assuma dei caratteri specifici, ben definiti, che la separano da quelle omologhe più generali. Una di queste è indubbiamente il soccorso alpino che, se da un lato rientra nel grande quadro dei soccorsi per terra e per mare, obbedendo ad alcuni principi generali validi per ciascuno di essi, dall’altro se ne differenzia talmente da acquistare una fisionomia assolutamente propria. Io ebbi la ventura di assistere
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Oreste Pinotti
alla nascita dei soccorsi alpini in Italia, e le esperienze che vissi in questo campo, anche se per un periodo di tempo limitato, e le persone di varie nazionalità che ebbi occasione di conoscere, resteranno a lungo impresse nella mia memoria. Negli anni del dopoguerra, superate le questioni di riorganizzazione interna che avevano pressoché totalmente assorbito l’attenzione degli alpinisti italiani, il Consiglio centrale del Club alpino si mise risolutamente al lavoro per restituire al Sodalizio l’efficienza ed il prestigio gravemente compromessi dagli avvenimenti bellici; a me fu affidato il compito di occuparmi della organizzazione dei soccorsi alpini, essendo io allora l’unico medico in seno al Consiglio. Ora che a tutti è chiaro quanto complessa e costosa sia una perfetta organizzazione dei soccorsi in montagna, si potrà comprendere come mi venga da sorridere pensando che quell’incarico io l’accettai allora con spensieratezza e con entusiasmo, pur essendo conscio della scarsità dei mezzi a disposizione. Ma ad un certo momento bisogna pure cominciare, anche se si parte dallo zero; il maggior male è sempre il disinteresse e l’inazione. In verità, un soccorso alpino in Italia vi è sempre stato, e questo è sempre stato effettuato dalle guide alpine. Non si può citare un solo
caso di disgrazie alpinistiche nel quale sia mancato l’intervento pronto e disinteressat o delle nostre guide. Ma il compito di una organizzazio ne è quello di rendere il più celere possibile l’arrivo dei soccorsi ed il ricupero dei feriti, quello di poter prestare le prime cure in modo idoneo e quello di curare il trasporto a valle dei feriti rapidamente ed in condizioni confortevoli. Inoltre un corpo di volontari deve integrare l’opera delle guide, soprattutto in quei luoghi ove queste sono meno numerose o mancano del tutto, e l’organizzazione deve provvedere all’equipaggiamento ed all’istruzione specifica di questi volontari oltre che delle guide. Vi sono molte altre cose che una organizzazione deve curare: si devono allestire posti di chiamata telefonici, cartelli indicatori, si devono provvedere mezzi rapidi di trasporto (jeep, carrette militari ed anche elicotteri); si devono studiare zona per zona le comunicazioni radio; si deve badare a che tutti i rifugi siano muniti di cassette pronto soccorso, di corde, e all’occorrenza, di strumenti più completi di
salvataggio. Altri problemi son dati dalla assicurazione degli alpinisti e dei soccorritori, dalla rifusione delle spese di salvataggio, sia di alpinisti italiani che stranieri. Quando solo si pensi, all’infuori degli incidenti puramente alpinistici, alla non rara eventualità della caduta di aerei civili e militari nelle nostre Alpi, si comprende subito l’importanza estrema del possedere una perfetta organizzazione su tutta la cerchia alpina. I primi contatti con l’ambiente internazionale dei soccorsi alpini lo ebbi a Innsbruck, quando mi vi recai per apprendere sul posto cosa si faceva negli Stati nei quali tale organizzazione era sempre stata assai curata. Fui ricevuto da Mariner, il celebre alpinista austriaco, che mi spiegò in tutti i dettagli le basi del Bergrettungsdienst nel Tirolo: un modello perfetto di organizzazione, che dalla centrale di Innsbruck, attraverso numerose
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diramazioni (Ortstelle e Meldungstelle) irretiva tutte le vallate del Land: il tutto minutamente descritto, con precisione e meticolosità germanica, nel volumetto Bergrettungswesen in Tirol. Ma la vera rivelazione la ebbi quando Mariner mi portò in un locale del Municipio ove erano raccolti tutti gli attrezzi del soccorso alpino, per il rapido ricupero degli infortunati su terreno difficile. Si trattava, come mi fu spiegato, di apparecchi che erano stati ideati e sperimentati nel corso della guerra da medici ed istruttori della scuola per Alpenjäger di St. Anton (mi venne fatto di pensare, allora, che la guerra, mentre arresta il progresso della scienza pura dà sempre un forte impulso alle applicazioni pratiche). Il più importante di questi attrezzi era senza dubbio lo Stahlseilgerät: una corda di acciaio, azionata da un verricello, che su una parete a picco, anche di qualche centinaio di metri, permetteva di far scendere un soccorritore in poche decine di minuti sino al punto voluto, e di ricuperare questo, assieme con un ferito, in un tempo infinitamente più breve di quello richiesto dai comuni salvataggi a corda. A questo si aggiungevano altri due attrezzi di particolare importanza: la barella Rometsch - Mariner, in acciaio, filiazione diretta della barella Stigler, ma di quest’ultima assai più razionale e versatile; il sacco portaferiti di Gramminger, semplice attrezzo in cuoio, col quale un soccorritore è in grado di trasportare a spalle un ferito, sia in piano sia su parete verticale. Per i soccorsi su neve, vidi poi accatastate decine di sonde, di Akja (vere barchette natanti su neve), cordini colorati, e via dicendo. Ebbi subito l’impressione di trovarmi di fronte non a aprile 2003
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qualche ingombrante ed inutile macchinario (come mi accadde per esempio a Cannes, al Congresso internazionale dei salvataggi, visitando una mostra di apparecchi per respirazione artificiale), bensì ad attrezzi di grande importanza per i soccorsi più difficili; già pensavo quali prodezze sarebbe stato possibile compiere nelle nostre montagne con tale equipaggiamento, ma ahimè, l’intera dotazione annuale assegnata alla nostra Commissione dei Soccorsi non era sufficiente ad acquistare nemmeno uno di quei nuovi dispositivi. Dell’efficacia dei nuovi mezzi di salvataggio in montagna venne data, l’anno seguente, una grandiosa dimostrazione del Club alpino austriaco in occasione di una riunione internazionale tenutasi ai Kaisergebirge, alla quale partecipavano i francesi, rappresentati dal fine ed intelligente prof. Germain, gli svizzeri cappeggiati dal solido dr. Campell, i tedeschi con il dr. Rometsch, oltre naturalmente a molti austriaci, al sottoscritto, ed agli allogeni del Sudtiroler Alpenverein. Assistemmo alla calata di alpinisti nel vuoto da un torrione di 300 m d’altezza ed al ritorno di questi alla vetta, con un compagno portato a spalla, il tutto in meno di un paio d’ore; poi al trasporto di un ferito mediante barella e teleferica aerea; alcuni giorni
Insbruch - Primi contatti con le organizzazioni internazionali del soccorso alpino - da sinistra: la guida alpina Mariner, capo dei soccorsi alpini del Tirolo; il dr. Güttner, rappresentante dell’O.A.V.; un dirigente del Süd-Tiroler Alpenverein; il prof. Pinotti; il dr. Mayr, rappresentante del governo regionale austriaco; il dr. Campell (Svizzera); il dr. Rometsch (Germania); il capitano Bernhard (Svizzera); in ginocchio, il prof. Germain (Francia).
più tardi, trasferitici ad Obergugl, Mariner ci diede una esauriente dimostrazione dell’uso degli stessi attrezzi e, inoltre, degli Akja su ghiaccio e su neve. Per una settimana, in rifugi ed alberghi alpini, continuarono le discussioni, gli scambi di informazioni, i suggerimenti, le proposte, in uno spirito di collaborazione così aperto e fraterno, da originare una amicizia cordiale destinata a durare lungo tempo. Mai come allora io sentii quanto artificiali siano le barriere che separano uomini di diversa nazionalità o di diversa professione. Alla fine del convegno tutti gli ospiti furono invitati a tenere un discorsetto di circostanza; io non rammento quel che dissi, ma ricordo bene la risposta del dr. Güttner rappresentante del Club austriaco: “Sie haben uns alle am Herzen getroffen” (ci avete toccati tutti al cuore). Sempre perseguendo il mio programma di studio e di osservazione, mi recai l’anno seguente in Francia, dietro invito del Club alpino francese, per assistere ai corsi di salvataggio che i professori della Scuola di alpinismo di Praz de Chamonix tenevano per i volontari del Corpo francese. Non fu certo un’esperienza entusiasmante, quella; non vorrei fare qui alcun rimprovero all’organizzazione francese, ma mi parve di riscontrare una certa rilassatezza, una mancanza di forte impegno e
soprattutto una deficienza di spirito organizzativo, tipicamente latina; deficienze probabilmente inevitabili in un organismo agli inizi del suo sviluppo. Mi convinsi che nel campo dei soccorsi alpini le cose possono procedere bene solo se tutti siano animati da un grande entusiasmo, e questo deve essere ispirato soprattutto dall’opera fattiva e costante dei dirigenti. Fu in quell’occasione che strinsi amicizia con Buhi, il quale dette una prova formidabile del suo valore alpinistico scalando in piena bufera la Walker delle Jorasses. Fra gli invitati vi era il dr. Gerius, dirigente dei soccorsi alpini della Norvegia, un giovane eccellente sotto ogni riguardo, abile, colto. Al termine del corso ci recammo insieme nelle Dolomiti per compiere una serie di scalate in vari gruppi; rare volte mi accadde di trovarmi così a mio agio come con questo compagno di gita e di cordata. A questo punto ritenevo di avere esaurientemente completato la mia preparazione; già prima, mediante una fitta corrispondenza e l’attenta lettura di opuscoli e volumetti, oltre che con contratti personali, mi ero fatto una chiara idea delle diverse modalità di attuazione dei Soccorsi alpini nei vari Stati europei e americani. Si trattava ora di passare alla fase di realizzazione in Italia; poiché
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a questo scopo era necessaria la cooperazione di molti alpinisti e il rinvenimento di cospicui fondi, che il Club alpino centrale non poteva certamente fornire, pensai che la prima cosa da farsi fosse quella di convincere tutti quelli che in un modo o nell’altro erano interessati all’alpinismo della necessità estrema e dell’urgenza di allestire anche in Italia un servizio di soccorsi efficiente e ben organizzato. Non credo che abbiano giovato molto, a questo scopo, i pochi articoli che io scrissi allora (fra l’altro ricordo un magnifico tabellone che Buzzati compose sul Corriere d’Informazione con materiale da me inviatogli); l’opinione che il C.A.I. doveva creare un suo Corpo di soccorsi sorse, direi spontaneamente, un
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poco perché tale argomento cominciò ad entrare nei pensieri e nei discorsi di tutti coloro che seguivano l’attività del Consiglio centrale, ed un poco anche per il gran numero di incidenti alpinistici, che inevitabilmente aumentavano di anno in anno, proporzionalmente al crescente afflusso di alpinisti alle nostre montagne. Il primo ambiente ove con larghezza di mezzi e di vedute s’iniziò l’organizzazione dei soccorsi in grande stile fu la regione trentina; in seno alla S.A.T. operava un formidabile organizzatore, il dr. Stenico, che all’entusiasmo univa una profonda competenza dei soccorsi derivatagli, credo, dalla sua partecipazione all’attività della Croce rossa
Ciao Sandro… “Dio del cielo, Signore delle cime, un nostro amico hai chiesto alla montagna…”
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n nostro amico, uno dei nostri. La montagna, il Soccorso, la comunità intera, la famiglia, tutti noi siamo improvvisamente impoveriti da quella tragica domenica 5 gennaio 2003. Sandro non c’è più. Non c’è più l’uomo, l’amico, l’alpinista. Scrivere di lui è difficile ma allo stesso tempo facile, tanto è vivo il suo ricordo. La sua figura esemplare è nitidamente davanti ai miei occhi, alla mia
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mente. Nelle orecchie ancora mi rimbomba la telefonata della Centrale operativa: “Valanga in Val Grande, fate presto”. Le chiamate, le sirene, la corsa verso Vezza, le difficili comunicazioni con i superstiti, automatismi consolidati, consuetudine protocollata, necessaria, indispensabile. “Fate presto, fate presto. È il Sandro!” mi urlano al telefono. In un attimo il pensiero corre a quella macchina che qualche
italiana; assieme a lui preparammo il Regolamento del futuro Corpo del soccorso alpino, più tardi approvato dal Consiglio centrale. Provvedemmo al distintivo (disegnato da Alfonsi, l’illustratore della nuova guida del Berti), da assegnare ai volontari, progettammo l’equipaggiamento tipo con cui dotare le squadre di soccorso, e gettammo le prime basi su cui edificare un Corpo che si estendesse a tutta la catena Alpina. Si era entrati in piena fase di realizzazione. Ma i miei impegni di lavoro, sempre più pressanti, mi distoglievano ormai da ogni attività alpinistica; d’altro canto la competenza, l’abilità organizzatrice, l’interessamento del dr. Stenico, continuamente a
diretto contatto con le guide alpine e con i volontari del soccorso, erano tali che io poco potevo fare più che fiancheggiarlo; perciò proposi al Consiglio centrale di affidare a lui la direzione dei Soccorsi alpini. L’organizzazione del Soccorso alpino in Italia ha avuto in questi ultimi anni uno sviluppo rigoglioso, per cui ora esso regge degnamente il confronto con quello delle nazioni transalpine; merito, questo, pressoché esclusivo del dr. Stenico al quale, io credo, gli alpinisti italiani dovrebbero conferire un riconoscimento particolare. A me resta la soddisfazione di averlo assistito alla nascita, e di avergli dato, se così posso dire, la spinta iniziale.
ora prima si dirigeva verso la Val Grande, la valanga, la chiamata ... ma allora è lui, perché ... perché? “L’elicottero è in arrivo, state tranquilli, arriviamo”. Parole di speranza pronunciate tante volte, da lui, per gli altri ed ora, tragicamente, speranza di strappare lui al beffardo gioco del destino. Il fuoristrada non ce la fa, gli elicotteri arrivano, il verricello, il medico. “Non c’è più niente da fare, è morto”. No, non è possibile, non è possibile. Non ce l’abbiamo fatta. È strana la vita, imprevedibile. Abbiamo perso Sandro sulle sue montagne, a casa sua. L’elicottero atterra all’eliporto di Edolo, al suo eliporto, come se beffardamente il suo ultimo viaggio collegasse punti precisi della sua esistenza: montagne, luoghi e ambienti vissuti e percorsi innumerevoli volte. Una figura esemplare, come uomo, come alpinista, come soccorritore. Il Soccorso alpino bresciano, ma non solo, deve molto a Sandro, deve molto a quest’uomo che con abnegazione e forte spirito altruistico ha saputo far crescere questa bellissima associazione traghettandola
verso il terzo millennio in piena forma. Migliaia di persone lo hanno salutato nel suo ultimo viaggio terreno, dimostrando fattivamente il suo valore e sottolineando tragicamente la voragine apertasi con la sua dipartita. Delegato per innumerevoli anni, prima ancora e sempre volontario in prima linea, presidente del C.A.I. Edolo, amministratore comunale, gran lavoratore con compiti dirigenziali, un’esistenza dedicata prima agli altri e poi a se stesso. I ricordi si accavallano, si distribuiscono nel tempo, riportano alla memoria fatti ed episodi che meriterebbero di essere narrati tutti. Nello zaino del Soccorso alpino, ora più che mai, ci sono gli insegnamenti di Sandro, il suo ricordo, i suoi suggerimenti, la sua esperienza. “Su nel Paradiso lascialo andare per le Sue montagne...”. Grazie Sandro Valerio Zani Delegato V Zona Bresciana
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Calo dell’operatività e riconoscimento dell’essenzialità tecn ica degli uomini del CNSAS Daniele Chiappa
solo una mia considerazione o meglio, è un’opinione legata all’esperienza ormai trentennale che si è srotolata magicamente, per questa occasione, a mo’ di arcobaleno. E’ già da qualche anno che mi vengono poste domande interlocutorie in merito a quanto sta succedendo nel Soccorso alpino e le domande sono identiche, scostate temporalmente di qualche anno, sia che provengano dal nord Italia che dal centro e dal sud e si riferiscono al dove il C.N.S.A.S. stia andando”. Posso dire che la mia esperienza è simile a quella di poche altre centinaia di volontari, che nel breve arco di un decennio, o poco più, hanno osservato (sto parlando ovviamente di quelli un po’ vecchiotti) un progressivo calo operativo degli interventi di soccorso effettuati direttamente dalle squadre C.N.S.A.S. che, ancora alla fine degli anni Ottanta, mai avrebbero pensato ad una così rapida riduzione degli interventi di soccorso. Il cosiddetto calo operativo si è innescato successivamente all’attivazione, al miglioramento e alla distribuzione capillare delle centrali operative del
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Servizio sanitario di urgenza ed emergenza 118 e delle basi di elisoccorso medico, ad esse afferenti, dislocate sull’intero territorio nazionale. Attualmente (2003) si contano centrali operative sufficienti a coprire tutte le province italiane ed oltre quaranta basi di elisoccorso medico dipendenti dal Sistema sanitario nazionale. Ma allora, se il Soccorso alpino ha avuto un calo operativo, è colpa del 118! Non è così! Anche se una cosa è certa: questa mutazione dell’operatività generale del Soccorso sanitario ha inevitabilmente innescato scossoni e terremoti politici un po’ in tutte le associazioni di volontariato, dal socio assistenziale, al soccorso rotabile, al soccorso alpino e a tutte le altre aggregazioni che hanno sempre erogato soccorso negli ultimi cento anni, senza vincolo alcuno, poggiando sulla solida esperienza maturata in decenni di attività. Tutte, nessuna esclusa, nemmeno gli enti dello stato che hanno sempre erogato il soccorso d’intenzione ovvero quel soccorso fornito col cuore, senza alcun riferimento all’organigramma, senza alcuna linea da seguire, senza alcun sanitario al
seguito, senza una logica medica, basta salvare chi è in pericolo… !... !... !!! Roba da Buoni Samaritani con sandali e bastone e basta! Da queste argomentazioni, ahimè, il C.N.S.A.S. non ne era e non ne è escluso. Ma se da una parte il C.N.S.A.S. non opera più gli interventi che prima erano di suo esclusivo appannaggio (nel solo 2001 sono stati registrati 4.775 interventi dei quali 3.261 risolti grazie al solo elicottero) dall’altra l’approccio al ferito si è radicalmente modificato in ragione del fatto che su 3.261 interventi effettuati con il solo uso del mezzo ad ala rotante, un buon 85% è stato fornito direttamente dall’elisoccorso medico mentre per il rimanente 15% ci si è avvalsi di elicotteri militari erogati dalle diverse forze aeree dello Stato. E’ stata una metamorfosi violenta ed a senso unico poiché, dopo il D.P.R. del 27 marzo 1992, in relazione al quale la salute della persona non ammetteva divagazioni sul tema, ci si dovette adeguare. Fu un decreto chiarissimo e poco incline ad essere interpretato e letto da altre angolazioni. Tutte le chiamate di soccorso devono essere trasmesse alla Centrale operativa 118 che filtra l’allarme, valuta le
condizioni del o dei pazienti, definisce il target interventistico ed invia la migliore risorsa di soccorso disponibile. Si è già ampiamente detto che, nell’arco di un decennio (da tanto sono attive le Centrali 118), il C.N.S.A.S. si è impoverito di molti interventi di soccorso una volta risolti con mezzi militari e civili, misurando un’irrefrenabile caduta delle uscite di soccorso. Ma allora, al Soccorso alpino e speleologico cosa è rimasto? Prima di tutto va significato che l’interposizione delle équipe sanitarie dell’elisoccorso, nello scenario riferito alla montagna ha, se mi è concesso usare questi termini, scremato, filtrato, selezionato una parte di interventi di soccorso in montagna che di tecnicamente problematico avevano poco o nulla se non la lontananza da centri abitati o una morfologia sufficientemente disagiata, ma non impervia od ostile. Così facendo il sistema sanitario nazionale ha di fatto attenuato e contestualmente impoverito le statistiche del C.N.S.A.S., ma fin qui nulla di nuovo. Sembrerebbe, con questa affermazione, che il C.N.S.A.S. si sia incamminato in un viaggio
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senza ritorno verso la chiusura definitiva dell’associazione. Non è così… e purtroppo non sarà mai così! Il C.N.S.A.S. è ben conscio che il sistema di soccorso sanitario in ambiente montano è migliorato, come è altrettanto consapevole che per fare la differenza, rispetto ad altre organizzazioni che cercano di replicare lo stesso servizio, il C.N.S.A.S. deve puntare tutto sulla medicalizzazione dell’infortunato e sulla prevenzione degli incidenti. La prevenzione serve a chi ancora deve andare in montagna o in cavità, ma contestualmente la medicalizzazione del ferito è indispensabile per chi in montagna e in cavità c’è già andato e… gli è andata male! Parlare di intervento in montagna oggi, con più di quaranta basi di elisoccorso sanitario dislocate capillarmente sul territorio nazionale, significa che al C.N.S.A.S. resta, per il 95% dei casi, l’intervento notturno o con maltempo (cioè dove non arriva l’elicottero). Ma ancora vorrei spendere qualche parola sul senso filologico del C.N.S.A.S. per parlare dell’essenzialità tecnica delle squadre C.N.S.A.S.: o meglio delle estreme capacità tecniche, morali, di sentimento, che solo alpinisti preparati sanno regalare alla popolazione alpina. Parlo ovviamente degli uomini C.N.S.A.S. che non costano singolarmente nulla allo Stato e che sanno buttarsi a capofitto, per passione, in interventi di soccorso in montagna o cavità dalla risoluzione pazzesca… ma che sanno anche risolvere con facilità estrema e con il sorriso negli occhi. Questa considerazione si
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esaurisce, che lo si voglia o no, nell’unica evoluzione possibile della nostra capacità operativa che dovrà essere essenziale, tecnica e sanitaria diventando, all’atto dell’intervento, di eccellenza gestionale. Ma rendiamo onore alla storia… Negli anni cinquanta, non esistendo in Italia nulla di tutto quanto precedentemente ricordato, il Soccorso alpino interveniva, in realtà e nella sostanza, in tutte le operazioni di soccorso che gli venivano richieste. Utilizzava (non sempre) elicotteri delle varie forze armate e chi di queste era più vicina alle aree operative più interveniva… più interveniva meglio era riconosciuta dai suoi comandi… più queste entità erano visibili, maggiore era la loro collaborazione con il C.N.S.A.S., meglio erano produttive le attività formative ed entusiastica e capillare era la formazione aeronautica dei Volontari del soccorso alpino. Questa era una logica un po’ perversa, ma funzionava! Ed il Soccorso alpino, come quello speleologico, quando veniva chiamato, operava direttamente con le proprie squadre e i propri medici offrendo un servizio di soccorso completo e particolarmente specializzato, ma soprattutto in armonia con tutte le componenti operative. A quel tempo era impossibile valutare e pensare come si sarebbe evoluta (o involuta) l’operatività del soccorso in montagna e cavità con una centrale operativa 118 di mezzo (che non conosceva le realtà dell’ambiente montano) e quali modifiche storico-istituzionali avrebbe dovuto sopportare il C.N.S.A.S. e di come si sarebbe sviluppata la nuova operatività C.N.S.A.S.
nessuno poteva dire nulla. Ritenere, come qualche irriducibile benpensante del C.N.S.A.S. credeva, che le centrali operative del 118 e le basi di elisoccorso medico fossero in grado di sostituire l’intera attività costruita scientificamente in oltre cinquant’anni di storia dal C.N.S.A.S. era certamente esagerato ed imbecille. Sarebbe costato troppo e non ci sarebbe stato personale sufficientemente preparato, capace di muoversi in montagna. Nell’arco di qualche anno, e non senza conflitti politicooperativi (interni ed esterni al C.N.S.A.S.) le cose cambiarono; le basi di elisoccorso nacquero con una successione imprevedibile ed il soccorso alpino si vide soffiare quegli interventi che sino a qualche tempo prima erano di sua primaria competenza. A questo punto, considerata la validità del D.P.R. e della stabilizzazione delle centrali e delle poche basi di elisoccorso sanitario, si rivalutarono le competenze, si formarono gli operatori sanitari, si collocarono uomini preparati del C.N.S.A.S. a bordo dei mezzi del soccorso sanitario e si diede avvio ad un altro tipo di soccorso: l’elisoccorso in montagna. Si ricordano incontri, al limite del supplizio, con alcuni responsabili dei 118 e come di fatto fossero incoscienti, questi ultimi, quando dovevano decidere chi e cosa si doveva fare per l’emergenza sanitaria territoriale in montagna. Era chiaro: nessuno poteva dire al C.N.S.A.S. chi e cosa serviva per poter fare un buon soccorso in montagna e cavità anche se alla Centrale operativa del 118 spettava la responsabilità sanitaria dell’operazione. Successivamente vennero stabiliti accordi formali tra C.N.S.A.S. e 118 e la
convinzione che il Soccorso alpino sarebbe diventata una precisa e preziosa risorsa di questo organismo nazionale divenne caposaldo di assoluta importanza. Il C.N.S.A.S., per la tipologia dei suoi interventi, è portato ad essere un osservato speciale. Gli interventi sono sempre muscolosi, più o meno acrobatici ed anche se svolti in aree poco aggredibili dai media risultano essere argomenti da prima pagina e questo tema, quello della visibilità, non è da tutti compreso e non è sempre ben accetto dai detentori dell’emergenza. A tutt’oggi, dei direttori del 118 e delle basi regionali di elisoccorso medico, solo pochissimi elementi contrastano questa preziosa collaborazione e di questi soloni sembra che della Legge dello stato n. 74, 21 marzo 2001, poco importi alla rete territoriale del soccorso… e forse, non rendendosene conto, abusano della loro posizione oppure, sono gelosi di una competenza tecnicooperativa che caratterizza, de facto, solo ed esclusivamente il C.N.S.A.S. Le cose col tempo sono cambiate e checché se ne dica, il C.N.S.A.S. di molte regioni è sceso a valle, ha cercato con la lanterna i responsabili di questi importanti e cruciali settori e li ha informati, li ha coinvolti totalmente per far comprendere che la montagna esiste come esistono gli alpinisti, gli escursionisti ed i turisti in genere e come tutte le popolazioni è soggetta percentualmente ad avere bisogno del soccorso. Ancora oggi manca un passaggio molto importante e difficilmente trasferibile che è quello riferito al riconoscimento di ambiente impervio ed ostile anche sulle montagne del centro al sud e delle isole.
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Sembra una cosa folle ma, secondo precise affermazioni di fantomatiche organizzazioni di soccorso, sembrerebbe che da Perugia in giù esistano solo capanne e tribù solitarie ed isole ancora inesplorate. Non è così ed il C.N.S.A.S. sa che le problematiche territoriali sono diverse ed in alcuni casi si riscontrano situazioni veramente ingarbugliate alle quali solo dalla competenza del Soccorso alpino e
EMERGENCY ASSOCIAZIONE UMANITARIA ITALIANA PER LA CURA E LA RIABILITAZIONE DELLE VITTIME DELLE GUERRE E DELLE MINE ANTIUOMO
C.N.S.A.S. Vie Petrella 19 20124 Milano c.a. Presidente Armando Poli Milano, 6 marzo 2003 Gentile signor Poli, abbiamo ricevuto il contributo del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico di 15.000,00 euro e vorremmo ringraziarvi di cuore. Sappiamo che in questo modo avete voluto rispondere a un appello di Giovanni Cipollotti ed Ermanna Cunial per l’acquisto di apparecchiature destinate all’ospedale di Kabul. Si
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speleologico può esprimersi la soluzione definitiva. Avere a disposizione una risorsa preparata, esperta, conoscente del territorio ed assolutamente gratuita per ciò che riguarda la professionalità personale di ogni volontario e non volerne disporre non è irrazionale, è solo pazzesco! Chiudo questa considerazione, che vorrei fosse ritenuta un sintetico contributo allo stato dell’arte attuale del C.N.S.A.S. nel
tratta di una serie di ventilatori polmonari per la terapia intensiva che acquisteremo nei prossimi mesi, quando avremo risolto alcuni problemi legati alla fornitura di ossigeno al reparto. Le confermiamo comunque fin d’ora che il vostro finanziamento andrà a coprire i costi per quelle apparecchiature. Troverà in allegato una breve scheda della nostra attività a Kabul, anche se il programma è in continua espansione e ogni giorno ci sono novità sui progetti che stiamo attivando: nell’area di Kabul per esempio stiamo aprendo nuovi Centri sanitari per la medicina di base e avvieremo a breve un programma sociale a favore delle vedove di guerra e dei bambini delle scuole. Anche grazie al vostro contributo potremo migliorare la qualità della nostra assistenza alle vittime di guerra, tra le quali Emergency considera anche tutti coloro che a causa della guerra non hanno accesso a strutture sanitarie qualificate e gratuite. I miei più cordiali saluti. Alessandra Maggioli ufficio progetti
contesto dell’emergenza sanitaria territoriale, per significare che politicamente il Soccorso alpino non è stato solo capace di adeguarsi alle nuove filosofie ed alle moderne esigenze del soccorso aereo, ma è anche riuscito a fornire, nell’arco di cinquanta lunghi anni, personale preparato, specializzato e qualificato al soccorso sanitario in ambiente impervio ed ostile. E’ ovviamente una mia opinione, condivisibile o
meno, ma io la penso così. Ora tocca solo ai quadri dirigenti del Soccorso alpino e speleologico pianificare l’organizzazione interna in relazione a questa importante ed attuale realtà che, non va dimenticato, sarà soggetta a metamorfosi e potrà subire nuove modificazioni con l’approccio di autorevoli organizzazioni a sostegno e collaborazione del Soccorso alpino e speleologico italiano… laddove questi non riesce a garantire gli standard richiesti.
A Lelio
Dal 27 aprile al 3 maggio 2003 la 51° edizione del Filmfestival Internazionale della Montagna Esplorazione Avventura “Città di Trento”
Le opere si possono iscrivere entro il 28 febbraio 2003. In programma anche un omaggio speciale all’Everest e alla sua storia alpinistica nel cinquantenario della prima salita, un richiamo ai 140 anni di vita del Club alpino italiano e la 17° Rassegna internazionale Montagnalibri.
Non so da che parte incominciare, vorrei sottolineare quello che eri, quello che hai fatto ma mi mancano le parole. Chi ti ha conosciuto, ti porta dentro al cuore con una gioia intensa perché hai saputo regalare momenti indimenticabili a chi ti era accanto e con la tua prorompente personalità sei stato di esempio a molti giovani. Personalmente, tra colleghi, perché tra le tue tante attività legate alla montagna eri anche un cinofilo devo ringraziarti per la tua amicizia i tuoi consigli e la Sua disponibilità dimostrata nei miei confronti e in quelli della Scuola nazionale U.C.V. Oggi siamo tutti un po’ più poveri e tristi per la tua scomparsa, ma orgogliosi di aver condiviso con te momenti indelebili della nostra vita. Grazie Lelio Andrea Benazzo Ps. questo pensiero è rivolto a Lelio Granier venuto a mancare il 9/3/2003 a La Thuille.
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- Visti la legge e il regolamento di contabilità generale dello Stato; - Visto il decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, che approva il codice postale e delle telecomunicazioni; - Visti i decreti ministeriali 18 dicembre 1981 e 24 giugno 1982 che fissano i canoni dovuti per le concessioni radioelettriche ad uso privato ed il decreto ministeriale del 21 febbraio 1986 con cui si approvano le norme tecniche per l’impiego dello spettro radioelettrico nei collegamenti radiomobili privati; - Visto il decreto ministeriale 18 dicembre 1996, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 34/1997, concernente l’adeguamento dei canoni e delle quote supplementari delle concessioni in ponte radio; - Visto il decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 1995, n. 166; - Visto il decreto ministeriale 4 settembre 1996, n. 537; - Visto il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; - Vista la legge n. 249 del 31 luglio 1997; - Vista la legge 23 dicembre 1998, n. 448 ed in particolare l’art. 20 ai commi 5, 6 e 7; - Vista la legge 3 agosto 2001, n. 317; - Vista la legge n. 449 del 27 dicembre 1997 - art. 24, comma 16 relativa all’esenzione dal pagamento del canone radio per il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico del Club Alpino Italiano; - Visto il decreto del Presidente della Repubbllica 5 ottobre 2001, n. 447 recante “Regolamento in materia di licenza individuali e di autorizzazioni generali nel settore delle telecomunicazioni ad uso privato; - Vista la concessione rilasciata al Club Alpino Italiano Corpo Nazionale Soccorso Alpino con sede in Milano con determina direttoriale 31 dicembre 1992, registrata al Servizio di ragioneria centrale in data 15 novembre 1993 al nr. 2532 dell’entrata, e alla Corte dei conti il 6 dicembre 1993 Reg. 14F. 218 scaduta il 31 dicembre 2001 avente ad oggetto un ponte radio con la seguente consistenza: trenta collegamenti per l’intero territorio nazionale; - Vista la domanda con la quale l’Ente suddetto ha chiesto il rinnovo della concessione secondo la consistenza di cui sopra; - Visto l’atto repertorio n. 42660 redatto in data 18 gennaio 1995 dal dott. Mirella Palombo notaio in Milano, relativo alla costituzione di una Associazione denominata: Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico con sede in: Milano via Fonseca Pimentel, 7; - Vista la domanda con la quale il Club Alpino Italiano e l’Associazione da ultimo citata hanno chiesto contestualmente, la voltura della licenza individuale, alle stesse condizioni, confermando implicitamente la richiesta di rinnovo suddetta a favore del corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico; - Vista la dichiarazione datata 17 giugno 2002 con la quale il Club Alpino Italiano stesso ha precisato che il radiocollegamento
viene utilizzato esclusivamente dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico; - Considerato che il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico del Club Alpino Italiano in argomento, ai sensi della legge 27 dicembre 1997 sopra citata, è esonerato dal pagamento del canone radio, a decorrere dal 1° gennaio 1998; - Atteso che non si rinvengono motivi ostativi al rilascio del provvedimento di cui al dispositivo della presente determinazione; - Ritenuto necessario, conseguentemente sostituire con il presente provvedimento quello rilasciato in data 29 magio 2002; DETERMINA: Art. 1 - Al Club Alpino Italiano Corpo Nazionale Soccorso Alpino con sede in Milano è rilasciata una licenza individuale per l’impianto e l’esercizio di un ponte radio ad uso privato secondo la consistenza di cui alla determinazione direttoriale 31 dicembre 1992. Art. 2 - La licenza individuale decorre dal 1° gennaio 2002 e scadrà il 31 dicembre 2011 ed è subordinata al rispetto degli obblighi e vincoli previsti dalla normativa vigente. Art. 3 - Al Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico codice fiscale 10090520155 con sede legale in 20124 Milano via E. Fonseca Pimentel, 7 - è accordata, altresì, la voltura della licenza individuale di cui all’art. 1 del presente provvedimento. Art. 4 - La licenza individuale scadrà il 31 dicembre 2011. Art. 5 - La domanda di rinnovo dovrà essere presentata al Ministero delle Comunicazioni con sei mesi di anticipo rispetto alla scadenza. Art. 6 - Ai sensi dell’art. 72, comma 17, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, nelle premesse citate, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico del Club Alpino Italiano è esonerato dal pagamento del contributo per la licenza individuale di cui trattasi. Art. 7 - La licenza non può essere ceduta a terzi sotto qualsiasi forma, né parzialmente, né totalmente, senza l’assenso del Ministero. Il Ministero effettua controlli e verifiche sull’esercizio della licenza e sugli impianti, dovunque ubicati; il licenziatario è tenuto a dare in ogni momento libero accesso ai funzionari del Ministero muniti di apposita autorizzazione. Art. 8 - Resta salva la facoltà di rinunciare alla licenza, purché ne venga data notizia al Ministero entro il 30 novembre di ciascun anno; la rinuncia ha effetto dal primo gennaio dell’anno successivo. Art. 9 - Il presente provvedimento sostituisce quello rilasciato in data 29 maggio 2002. Roma, 26 luglio 2002 Il Direttore generale Dr.ssa Laura Aria
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SP E L EO SOCCORSO Commissione speleosubacquea
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Esercitazione nazionale Sorgente La Bobbia
Lecco 1-2 febbraio 2003
e esercitazioni nazionali della Com.sub., effettuate due volte (raramente tre) l’anno, hanno lo scopo di far raggiungere ai volontari un alto livello medio di preparazione in ogni aspetto dell’intervento di soccorso di speleologia subacquea. Gli obiettivi, in effetti, sono anche altri ma questo in particolare è forse il più importante e quello che si raggiunge soprattutto con l’operare tutti insieme in situazioni che richiedano attrezzature e tecniche che difficilmente possono essere adottate a livello di delegazione. In quest’ottica, ed in un crescendo di difficoltà, quest’ultima esercitazione ha voluto mettere volontari ed organizzazione di fronte ad uno degli aspetti più impegnativi per gli speleosubacquei: il raggiungimento e salvataggio di un supposto ferito all’interno di una grotta ed oltre tre sifoni. All’esercitazione hanno partecipato ben 19 tecnici volontari (circa il 70% dell’organico della Commissione) e si è svolta il 1° e il 2 dello scorso febbraio nella sorgente La Bobbia nel comune di Barzio (Lecco). I tre sifoni da superare non sono particolarmente difficili dal punto di vista tecnico ma le operazioni erano complicate da: • temperatura dell’acqua e dell’aria abbastanza basse; • un percorso aereo tra il primo sifone ed aprile 2003
NOTIZIE
il secondo decisamente scomodo da percorrere con tutta l’attrezzatura e senza appoggio logistico. Ad ogni tecnico, immediatamente prima dell’inizio del suo impegno in sifone, sono stati misurati alcuni parametri medici: pressione arteriosa, frequenza cardiaca, saturazione d’ossigeno, glicemia. La rilevazione della frequenza respiratoria che era stata programmata non è stata poi osservata per oggettive difficoltà pratiche. Ciò è stato fatto continuando un’iniziativa cominciata da qualche tempo e volta ad uno studio sullo stress cui è sottoposto uno speleosubacqueo in caso d’intervento di soccorso. I primi risultati si stanno rivelando molto interessanti (e non sempre positivi) e saranno oggetto di una comunicazione apposita successiva a cura del medico (anche lui tecnico volontario della Com.sub.) che sta lavorando sul tema (dott. Livio Russo). L’esercitazione è iniziata con l’immersione, alle 12:30 di sabato, del primo tecnico e preceduta dall’installazione e preparazione della parte logistica e da un briefing generale per chiarire e concordare gli scopi e le modalità dell’intervento. Come parte logistica esterna si è potuto contare su un tendone riscaldato al campo base vicino alla strada asfaltata, una tendina con luce e riscaldamento vicino all’imbocco della grotta, servizio navetta con auto dalla base logistica al campo base, attrezzatura con corde fisse in alcuni punti del sentiero d’avvicinamento scomodi da percorrere con carichi sulle spalle e sullo sherperaggio di non pochi volontari della IX Delegazione. Ottime le comunicazioni via telefono e radio. I tecnici speleosubacquei si sono susseguiti, nel loro ingresso ed uscita dalla grotta, secondo le esigenze della manovra e coordinati, dall’esterno, dal Coordinatore nazionale aiutato da due speleosubacquei della Commissione. La parte operativa dell’esercitazione si è conclusa con l’uscita dell’ultimo tecnico alle 00:45 di domenica mattina. Lo scopo dell’esercitazione è stato raggiunto in pieno ed in particolare, nel
corso del debriefing della domenica mattina, si è evidenziato quanto segue: 1. in caso di parte aerea post sifone è importante che tutti abbiano sempre materiale personale di confort (compatibilmente con la necessità di portare materiale di squadra) e l’imbracatura con attrezzi relativi; 2. necessità di nominare un capo-squadra nelle operazioni post-sifone. Tale figura deve anche porre particolare cura nel fornire informazioni esatte e puntuali alla direzione esterna dell’intervento; 3.la direzione esterna dell’intervento/esercitazione non può essere svolta da una sola persona; di conseguenza bisogna prevedere che uno o due dei volontari (referenti regionali?), a turno, rimangano all’esterno del sifone per collaborare con il Coordinatore (meglio se uno o tutti questi conoscono la grotta/sifoni in questione); 4. è opportuno in futuro curare una stretta collaborazione anche nella gestione delle operazioni con il delegato
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SP E L EO SOCCORSO della zona nella quale ci si trova; 5. sarà utile ed interessante, anche a fini di conoscenza generale e non solo operativi, conoscere il consumo d’aria d’ogni singolo volontario, a tal fine bisognerà prendere nota della quantità d’aria d’ogni singola bombola prima e dopo ciascuna immersione; 6. bisogna anche ricordare che il consumo d’aria durante un’immersione in un’operazione di soccorso (anche se simulata) può essere decisamente superiore a quello che si verifica, nello stesso sifone, in condizioni normali, bisogna tenerne conto in sede di programmazione e di scelta del tipo di bombole da usare. In conclusione un ringraziamento al Comune di Barzio che ci ha messo a disposizione la palestra comunale come base logistica e a tutta la IX Delegazione (presente con ben 17 volontari speleologi ed alpini) che ha collaborato in maniera fantastica all’esercitazione e, senza l’aiuto dei quali, nulla di ciò che è stato fatto sarebbe stato possibile. Prossimo impegno addestrativo nazionale ai primi di giugno. Claudio Giudici
Puglia
La Procura della Repubblica di Lecce richiede l’intervento dei tecnici speleologici del CNSAS per indagini su reati ambientali
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l Servizio regionale pugliese del C.N.S.A.S. nel mese di marzo ha collaborato con la Procura della Repubblica di Lecce, su richiesta dello stesso ente, nell’esecuzione di indagini relative a presunti reati ambientali. Si è trattato, in particolare, di effettuare delle ispezioni in ambienti ipogei
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(cisterne, condutture ecc.) in luoghi ove si ritiene siano stati versati liquami altamente inquinanti. Il compito del Soccorso è stato quello di garantire la sicurezza degli operatori di una ditta specializzata nei lavori in ambienti tossici. La presenza dei tecnici C.N.S.A.S. si è rivelata essenziale, in quanto è stato necessario provvedere al passaggio in sicurezza degli operatori attraverso tombini di minima dimensione (foto). La presenza di personale di varia professionalità (specialisti nella ripresa, nel rilievo, Vigili del fuoco, ecc.) è stata
quindi integrata dai nostri volontari speleologi attraverso l’uso di tecniche che, al momento, possiamo definire esclusive del C.N.S.A.S. Il territorio pugliese, al pari di altre regioni, è da tempo interessato da attività illegali a danno dell’ambiente (falde acquifere, grotte ecc.). Tali reati, spesso compiuti a livello praticamente industriale, con profitti vertiginosi e gestiti da persone socialmente molto pericolose, sono attivamente combattuti dagli organi giudiziari. Il C.N.S.A.S. pugliese collabora da diversi anni con le istituzioni preposte, e
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questa partecipazione è stata apprezzata in passato nel recupero di cadaveri di assassinati o nell’ispezione di siti dove tutti gli enti statali (N.O.E., V.V.F. ecc.) dichiaravano la loro inadeguatezza all’incarico prospettato. In questa tipologia di interventi, la direzione della delegazione pugliese ha avuto sempre l’accortezza di impiegare tecnici residenti in zone della Puglia diverse da quella in cui doveva essere effettuata l’operazione (facendo intervenire, ad esempio, volontari leccesi nel foggiano e viceversa), per evitare ritorsioni. Nel caso specifico dell’operazione di marzo, la tranquillità dei nostri tecnici è stata garantita, oltre che dall’anonimato, da una folta presenza di Carabinieri e Fiamme gialle sul luogo dell’intervento. Fabio Fiorito
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Friuli-Venezia Giulia
Cos’è un Rebreather?
l Rebreather è un apparato composto da un circuito respiratorio attraverso il quale il subacqueo inspira gas e verso il quale espira lo stesso gas. In tutti i
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Rebreathers moderni sono presenti alcuni componenti di base: un boccaglio connesso a due corrugati (uno per inspirare gas, l’altro per espirarlo); un sistema per immettere ossigeno nel circuito respiratorio; un sistema per la rimozione della CO2 dal circuito respiratorio; ed un sacco contropolmone sgonfiabile (per consentire la compensazione del volume, la miscelazione dei gas o per compensare la perdita d’ossigeno). L’ossigeno viene immesso nel circuito in sostituzione di quello metabolizzato dal subacqueo mentre l’anidride carbonica espirata viene
rimossa da un materiale sotto forma di bolle, i Rebreathers ne consentono un utilizzo più efficiente (il che si traduce in una maggiore durata data una certa quantità di gas) rispetto a quanto avviene in un sistema a circuito aperto. La dimensione del sacco contropolmone costituisce un fattore critico per quanto riguarda il design dei Rebreathers, infatti, deve essere sufficientemente capiente per ospitare l’intero volume di gas che il subacqueo deve inspirare ed espirare ad ogni singolo atto respiratorio. Molti Rebreathers vengono pertanto concepiti con due sacchi polmonari nel circuito respiratorio, uno per inspirare e l’altro per espirare. Visto che il sacco contropolmone si espande quando i polmoni del subacqueo si svuotano, il volume totale del gas rimane pressoché costante. Però, a differenza dei sistemi a circuito aperto, non si verifica una variazione d’assetto durante il ciclo respiratorio del subacqueo. Esistono tre tipologie base di Rebreathers: circuito chiuso ad ossigeno puro; circuito semi chiuso e circuito chiuso a miscele di gas. Ciascun tipo ha diverse limitazioni e capacità.
IANTD
BSAC
CMAS
ANDI
PADI
NAUI
TDI
Nitrox
Nitrox
Nitrox
Complete Safe Air User
Nitrox
Nitrox
Nitrox
Adv Nitrox & Extended Range (must have both)
Advanced Nitrox
Technical Safe Air User
Apprentice Tech Diver
Tech Nitrox Diver & (must have both)
Adv Nitrox & Decompression (must have both)
Technical Diver
N/A
N/A
Extended Range Exploration
Tech Deep Diver
Extended Range Diver
Extended Range
Normoxic Trimix
N/A
N/A
N/A
N/A
Trimix Diver I
Entry Level Trimix
Trimix
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Trimix Exploration
N/A
Trimix Diver II
Advanced Trimix
Advanced Nitrox
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La valutazione del rischio di valanga Strategie e metodi a confronto
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egli ultimi cinque anni l’attività scialpinistica è cresciuta in modo esponenziale. Nei fine settimana i parcheggi di fondo valle sono gremiti di automobili fino al punto in cui ci si chiede se la tanto agognata fuga dalla città sia veramente riuscita. A questo spostamento di masse il mercato dell’articolo sportivo ha saputo dare una risposta prontissima. Sci di generazione futuristica dal peso minimo, abbigliamento supertecnico, apparecchi per la ricerca dei travolti da valanga che permettono localizzazioni ultraveloci. Travolti da valanga? Si, lo scialpinismo fa inesorabilmente parte delle attività sportive di avventura; ovvero fa parte di quelle discipline in cui la sicurezza dipende direttamente dalle proprie capacità tecniche, dalla propria esperienza e dalla propria disponibilità alla rinuncia ed al rispetto dei limiti. Il rischio di venire sepolti da una valanga durante una escursione di scialpinismo non è assolutamente trascurabile e, durante i mesi invernali, le cronache dei giornali ne danno conferma
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Maurizio Lutzenberger guida alpina istruttore S.Na.Te. del CNSAS
puntualmente. In Austria, nello scorso inverno 137 sciatori sono stati travolti da una valanga, di cui 17 sono morti, 32 hanno riportato ferite ed 88 sono stati recuperati illesi. Un vero bollettino di guerra! Senza dubbio è difficile capire l’incidenza delle vittime sulla totalità delle persone che si avventurano in un modo o nell’altro al di fuori delle piste tracciate ma è certo che di fronte a simili cifre non è più possibile rimanere indifferenti soprattutto nel ruolo di prevenzione che riveste il Soccorso alpino. Gli stati d’oltre Alpe, già alcuni anni fa, si sono presi cura di sviluppare dei metodi più o meno empirici con lo scopo di orientare gli sciatori verso scelte di itinerario più sicure o che comunque comportino una sensibile riduzione del rischio. L’eterogeneità delle caratteristiche geometriche e meccaniche di un manto nevoso, la complessità dei moti eolici turbolenti nonché l’incertezza nell’evoluzione delle metamorfosi termiche nella neve fanno si che non sia assolutamente possibile fare una precisa valutazione di stabilità di un pendio ma
invitino piuttosto ad un approccio semiprobabilistico. Sebbene non si conosca con assoluta precisione il perché si verifichi un distacco di valanga, i fattori scatenanti fondamentali e le loro combinazioni sono per lo più noti. Sulla scorta di queste informazioni è possibile orientare le proprie scelte pratiche riducendo il rischio ad un livello accettabile. Il nocciolo del problema sta sostanzialmente nel definire una semplice procedura di analisi ponderata dei parametri fondamentali che influiscono sui meccanismi del distacco. già oltre dieci anni fa, lo svizzero Werner Munter ha ideato un metodo basato sulla riduzione del rischio e composto da due algoritmi decisionali definiti Filtro 3 x 3 - Metodo di Riduzione. Da questa idea, dal sapore forse un po’ troppo complesso ed analitico, sono state dedotte e sviluppate altre metodologie che, nel nome della semplicità, hanno sacrificato la considerazione
di alcuni parametri. Sono così nati Stop or go in Austria, Snow Card in Germania, Nivotest in Svizzera.
Filtro 3 x 3 Metodo di Riduzione. I tre fattori fondamentali che influiscono sul rischio: condizioni (nivologiche e meteo), morfologia del territorio ed il gruppo, vengono presi in analisi ripetutamente su tre livelli (filtri) successivi. 1° Filtro Progettazione a casa a livello regionale. 2° Filtro Valutazione locale, in valle prima di iniziare l’escursione. 3° Filtro Valutazione zonale, del singolo pendio. Come strumento di controllo, per i vari livelli, Munter propone il metodo di riduzione che ha lo scopo di definire dei limiti comportamentali globali. I limiti vengono espressi dalla seguente formula:
Rischio Potenziale Rischio = —————————————————— <= 1. accettabile Fattore di riduzione x Fattore di riduzione
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Note • Quando si denota un pericolo latente in tutte le esposizioni i fattori 4; 5; 6; 7 non sono utilizzabili. • Con pericolo Marcato e Forte la valutazione della pendenza si riferisce all’intero bacino in cui ci si trova. • Con pericolo Moderato la valutazione della pendenza si riferisce ad una fascia di 40
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forma matematica che, per quanto semplice, risulta ancora troppo complessa per poter essere utilizzata spontaneamente sul terreno, magari mentre si fa traccia. Base per la valutazione rimane comunque il bollettino valanghe indipendentemente dai limiti di affidabilità che esso può avere. Questo ha comunque comportato una maggiore attenzione da parte degli
Lawinen ISBN 3-00-002060-8
SnowCard Faktorencheck non conoscere = critico La SnowCard è un ologramma che, a seconda dell’inclinazione con cui viene tenuto, fa apparire due grafici distinti: Pendii con orientamento favorevole e pendii con orientamento critico. I due grafici
favorevole e ci si deve accontentare di leggere il grafico dedicato alle esposizioni critiche. Solo con l’acquisizione di informazioni aggiuntive è possibile spingere la valutazione in un ordine di approssimazione superiore. Il livello di rinuncia è facilmente confrontabile con il metodo di riduzione di Werner Munter. Ciò che differenzia notevolmente il metodo è la sua applicabilità per livello di esperienza e conoscenza. Il principiante, per esempio, non è autorizzato a correggere il
Fig. 1: Tabella del potenziale di rischio in funzione del grado di pericolo
Fig. 2: Tabella dei fattori di riduzione secondo Munter
m attorno alla traccia. L’idea originaria di Munter è senza dubbio positiva ed ha suscitato il senso critico anche dei più esperti. Chi ha provato ad utilizzare il metodo ha scoperto nuovi orizzonti di valutazione ma, qualche volta, considerati i limiti estremi, si è fatto venire anche qualche capello bianco. Va inoltre considerato che, a distanza di diversi anni da quando il metodo è stato pubblicato non ho ancora incontrato nessuno che lo adotti sistematicamente nella sua aprile 2003
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utenti verso il bollettino responsabilizzando e motivando dall’altra parte i tecnici che lo pubblicano. Nei primi anni dalla pubblicazione del libro di Werner Munter si sono potuti comunque analizzare incidenti che presentavano scenari dentro i limiti ma forse appartenevano semplicemente al rischio residuo. Il libro in lingua tedesca è senza dubbio una pubblicazione di riferimento. Werner Munter 3 x 3
presentano sull’asse delle ascisse il grado di pericolo proposto dal bollettino valanghe e su quello delle ordinate la pendenza del pendio che si vuole controllare. L’area del grafico propone, con una combinazione di colori verde - giallo – rosso, un’indicazione orientativa sul rischio residuo. Non disponendo di informazioni precise riguardo alle condizioni della neve o all’esposizione del pendio non si è autorizzati a considerare lo stesso come
grado di pericolo proposto dal bollettino mentre colui che ha la capacità di osservare meglio gli scenari invernali e di valutarne i significati può applicare delle correzioni al bollettino stesso e quindi di utilizzare l’ologramma in modo più preciso. A mio avviso questa impostazione risulta brillante, peccato che però il bollettino potrebbe anche essere localmente troppo basso e quindi da correggere verso l’alto. In questo caso solo l’esperto può aggiustare il tiro in modo corretto.
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Rimane comunque vero che anche l’esperto, quando si muove in posti a lui sconosciuti, ha in questo modo un approccio più cautelativo nei confronti delle condizioni locali. In generale, gli scenari invernali, propongono degli indicatori di rischio difficili da osservare e soprattutto da interpretare e che, nella maggior parte dei casi, impongono allo sciatore attento un atteggiamento di prudenza e di rinuncia. Paradossalmente accade che chi sa osservare ed interpretare si trova a rinunciare prima di chi passeggia alla cieca per i monti. La scelta di Martin Engler, ideatore della SnowCard, è stata proprio quella di porre al principiante dei limiti di partenza più severi che lo proteggano dalla sua ignoranza. La SnowCard è reperibile nelle principali librerie in Austria, Germania ed in Sudtirolo, corredata di un opuscolo molto interessante sulla strategia di valutazione dei fattori che influiscono sugli eventi valanghivi. Martin Engler SnowCard und Faktorencheck /
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• Con Grado 4 (Forte) considerando l’intero bacino delle valanghe spontanee.
Fig. 3: I due grafici della “Snowcard”:Esposizioni favorevoli (Sin.), sfavorevoli (Des.)
Sulzberg / 2001 ISBN 39807591-0-5 Lo stesso autore ha pubblicato, sempre in lingua tedesca un volume molto completo dal titolo: Lawinen – Erfahrung, Strategie, Entscheidung, Martin Engler, Jan Mersch ISBN 3-9807591-1-3
Stop or Go pericoloso per me? La strategia “Stop or Go” sviluppata in Austria dalle guide alpine Michael Larcher e Robert Purtscheller combina il metodo di riduzione di Munter (riferito alle sole pendenze: Check.1) con una
lista di controllo che fa riferimento a cinque indicatori fondamentali da osservare e valutare (Check. 2). Considerando i limiti posti dal primo filtro (Check.1) ci si chiede se il metodo non rischi di essere troppo difensivo. (Troppa prudenza rischia di non essere presa sul serio) In realtà a proposito dei filtri riguardanti la pendenza va considerato il fatto che la valutazione va fatta come già proposto dal Munter: • Con Grado 2 (Moderato) considerando una fascia di 20-40 m attorno alla traccia • Con Grado 3 (Marcato) considerando l’intero pendio.
Il secondo filtro (Check.2) viene impostato all’insegna del principio fondamentale del management del rischio: Riconoscere, valutare, agire. Il filtro vuole indurre lo sci alpinista all’osservazione di un numero volutamente ridotto di indicatori del rischio. Tra gli indicatori, come si può osservare nella tabella sono stati scelti solo quelli fondamentali e più facilmente riconoscibili. Se l’individuazione del rischio risulta in questo modo sufficientemente agevole, altrettanto non si può dire della valutazione necessaria sugli indicatori. Per esempio quale è la quantità critica di neve fresca? Quando gli accumuli eolici diventano veramente pericolosi? Sul retro della piccola scheda di STOP or GO vengono menzionati i comportamenti di sicurezza standard per lo sci alpinista raggruppati come segue: Progettazione • Meteo • Bollettino valanghe • Componenti il gruppo
Fig. 4: Il filtro delle pendenze di STOP or GO
Fig. 5: Il questionario degli indicatori di STOP or GO
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• Attrezzature di sicurezza Salita • Controllo A.R.Va. • Distanze di sicurezza (1030 m). • Scelta dell’itinerario corretta.
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• Mantenere l’orientamento. • Rimanere uniti. Discesa • Distanze di sicurezza 30 m. • Scendere singolarmente su pendenze superiori ai 35°. • Disposizioni chiare tra i
strumento didattico importante per chi si accosta per la prima volta alla materia ma non costituisce
una strategia di comportamento al pari delle precedenti. Può essere in qualche modo di aiuto
Fig.7 Il cartoncino-regolo NivoTest, uno strumento didattico.
quando non si disponga di un bollettino valanghe sufficientemente attendibile.
Limits limiti proposti dal DAV Summit Club
Fig.6 La carta di Stop or Go
componenti del gruppo. • Mantenere l’orientamento. • Rimanere uniti.
NivoTest un regolo calcolatore per la neve Il NivoTest è un piccolo regolo di carta con all’interno un disco rotante. Sulla copertina del regolo sono elencate 25 domande riguardanti le condizioni : • Del tempo. • Della neve. • Dell’attività valanghiva osservabile. aprile 2003
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• Dell’itinerario. • Del gruppo. Ad ogni domanda a cui si risponde positivamente viene attribuito un punteggio che va sommato agli altri e per mezzo del disco rotante, è possibile, attraverso delle Smileys, avere informazioni riguardo lo stato del rischio. Più alto risulta il punteggio totalizzato e tanto più preoccupate appariranno le Smileys sul retro del cartoncino. Questo metodo, ideato da Robert Bolognesi dell’S.L.F. di Davos rappresenta uno
Sulla scorta delle esperienze maturate in seguito ai gravi incidenti verificatisi negli ultimi anni a danno di gruppi accompagnati da guide alpine molto esperte e sulla amara realtà che un metodo di valutazione preciso ed infallibile non esisterà mai, la scuola di alpinismo del Club alpino tedesco D.A.V. Summit Club ha proposto dei limiti massimi entro i quali le loro guide devono mantenere il loro management. • Con grado di pericolo 2 (moderato) Si rinuncia a pendii di 40° e oltre nei settori Nord e su pendii raramente percorsi. • Con grado di pericolo 3 (marcato)
Si rinuncia a pendii di 40° e oltre in tutte le esposizioni, con eccezione di quelli frequentemente percorsi in prossimità delle piste. • Con grado di pericolo 4 (forte) Si rinuncia a pendii di 30° e oltre in tutte le esposizioni, con particolare attenzione alle probabili zone di accumulo di valanghe spontanee. Con una serie di dimostrazioni statistiche il Summit Club pone dei limiti alle proprie guide (Limiti peraltro proposti da ogni strategia esistente) forse più che per evitare altri incidenti, per paura dei giudici sempre più zelanti ed accaniti, non solo in fase penale nei confronti delle guide ma anche in fase civile nei confronti delle grandi organizzazioni. I limiti rimangono comunque una ulteriore conferma a riguardo della correlazione limite tra grado di pericolo e pendenza del terreno.
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Il grado di prudenza, una sintesi Dopo una sommaria analisi delle strategie di valutazione del rischio di valanga si percepisce immediatamente che i parametri fondamentali che vengono comunemente considerati sono:
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escursionisti a fare delle valutazioni correttive sul posto. Questo impone un opera didattica importante da parte di molte organizzazioni. I club alpini, le guide alpine, il Soccorso alpino, le scuole di alpinismo devono insegnare ad osservare ed interpretare quei segnali che la natura
invernale offre nei suoi scenari. Lo sciatore alpinista deve saper definire un grado di pericolo autonomamente sulla scorta delle proprie osservazioni prendendo come punto di partenza il bollettino ufficiale e tutte le informazioni reperibili da persone esperte e del posto.
• grado di pericolo; • pendenza del terreno; • esposizione del pendio; • composizione e comportamento del gruppo. Molti altri sono i fattori che in qualche modo andrebbero considerati ma per sviluppare una strategia efficace è assolutamente necessario rispettare la sinteticità fissando dei parametri prioritari che non superino il numero di quattro. Solo in modo sufficientemente sintetico è possibile effettuare ragionamenti correlati mantenendo il controllo su di un numero di variabili non eccessivo. Il metodo che vado ad esporre è stato da me ideato sulla traccia del Metodo di riduzione ed ha già trovato diversi riscontri positivi tra gli esperti del settore. Le giustificazioni di carattere numerico che mi hanno indotto a questa semplificazione vanno certamente fuori dalla portata di questo articolo per cui mi limiterò ad esporre i punti fondamentali del metodo.
Il grado di pericolo Il grado di pericolo proposto dai bollettini nivometrici ha assunto negli ultimi anni una discreta attendibilità e può certamente essere utilizzato come dato di partenza per la progettazione dell’escursione. Vero è che comunque la rete di raccolta dei dati nivometrici ha ancora maglie troppo larghe e ciò deve costringere gli
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Fig. 8: Le prime osservazioni per verificare ed aggiustare il grado di pericolo
Le osservazioni sul posto e durante l’escursione che devono poter modificare lo stato emotivo di colui che si muove sul terreno, devono suscitare delle emozioni che
lo conducano ad una scelta ponderate. Lo sciatore alpinista deve essere libero e sovrano nelle sue valutazioni, responsabile unico delle proprie scelte.
Fig. 9: Lo sci alpinista deve essere in grado di verificare ed eventualmente correggere il grado di pericolo a livello locale
Il grado di prudenza Dopo aver definito ed aggiornato il grado di pericolo, non rimane che progettare un quadro delle peculiarità dell’itinerario che unitamente alle caratteristiche del gruppo si
Definendo una tabella di merito che dia un valore ponderato alle varie caratteristiche dell’itinerario sarà possibile riassumere tali caratteristiche in un valore globale che si definisce grado di prudenza.
affrontate solo a condizione di scegliere esposizioni favorevoli e/o gruppi piccoli. Per contro esposizioni sfavorevoli e gruppi più grandi si dovranno accontentare di pendenze più dolci. Un algoritmo semplice e di facile impiego che risulta poco più prudente del suo antenato Metodo di riduzione e ricalca sotto forma di spezzata la curva proposta dalla più moderna SnowCard che dal canto suo non tiene conto delle caratteristiche del gruppo. In particolare vanno fatte delle precisazioni importanti: • la pendenza va valutata in funzione del grado di pericolo come già proposto dal metodo di riduzione di Munter; • con pericolo Forte (4), caso frequente dopo copiose nevicate in cui si è raggiunta una quantità critica di neve fresca o semplicemente in caso di pioggia fino alle quote più alte, tutti i pendii presenteranno esposizioni critiche; • pendii percorsi regolarmente dopo ogni nevicata sono soggetti ad assestamenti meccanici continui e possono essere considerati favorevoli anche se rivolti a nord; • il gruppo viene considerato grande anche quando la gestione dello stesso risulta difficile come, per esempio, una competizione tacita tra i componenti.
possa contrapporre al grado di pericolo stesso. Si tratta in definitiva di coniare un parametro (Grado di prudenza) che dia un valore in termini di prudenza alle nostre scelte e che ricalchi nei casi limite gli stessi limiti posti dagli altri metodi.
Conclusioni
Analizzando le condizioni limite, divise grado di pericolo per grado di pericolo, si intuisce immediatamente l’interazione tra i vari parametri. Pendenze maggiori possono essere
Tutte queste strategie possono essere utilizzate solo come strumento di controllo e non possono avere la pretesa di escludere una certa quota di rischio residuo. Uno strumento di buona qualità deve poter soddisfare diverse esigenze. Deve poter essere utile a casa in fase di progettazione (Sulla scorta dei dati acquisiti dal Bollettino
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Fig. 10: Tabella riassuntiva dei parametri ponderali di prudenza
valanghe) e deve poter essere riutilizzato sul terreno sulla scorta di tutte le osservazioni possibili e quindi di una situazione aggiornata alla realtà locale. Il metodo deve poter essere di aiuto allo stesso modo sia al principiante che al più esperto, fungendo oltre che come strumento di verifica anche da promemoria, invitando all’osservazione ed alla valutazione degli indicatori
presenti. La corretta utilizzazione di questi strumenti, unitamente alla capacità nel riconoscere i segnali di pericolo e le pendenze dei versanti, consentono una riduzione del rischio ad un minimo accettabile; irrinunciabile condizione: mantenere sempre una responsabile disponibilità alla rinuncia ! gennaio ’03
Fig. 11: Tabella riassuntiva delle condizioni limite
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BILANCIO DI PREVISIONE 2003 Note Integrative Approvato dal Consiglio nazionale l’11 novembre 2002 Approvato dall’Assemblea dei Delegati del 30 novembre 2002 ENTRATE Come ogni anno sono rappresentate quasi esclusivamente da contributi erogati dallo Stato tramite il Club alpino italiano. Anche quest’anno non vi sono al momento certezze circa l’importo esatto dei vari contributi. Le cifre esatte saranno note solo con la definitiva approvazione della Legge finanziaria 2003 che normalmente avviene nel corso del mese di dicembre. Le previsioni non sono incoraggianti; il Disegno di legge presentato alla Commissione bilancio della Camera, per quanto ci riguarda prevede una riduzione di tutti i contributi parti al 2,5%. sul capitolo 2292 della tab. 03 del Ministero delle attività produttive che la Legge finanziaria 2002 prevedeva di 516.457,00 Euro è prevista un’ulteriore riduzione di 100.000,00 Euro circa; il Disegno di legge prevede infatti un importo pari a 413.166,00 Euro. Sia la presidenza generale del Club alpino italiano che il Consiglio nazionale C.N.S.A.S. si sono attivati nel tentativo di evitare le riduzioni previste dal Disegno di legge anche se, secondo qualcuno, le riduzioni previste potrebbero addirittura aumentare per sopravvenute esigenze di bilancio dello Stato. Ottimisticamente sono stati inseriti a bilancio gli stessi importi previsti dalla Legge finanziaria 2002 e quindi dal bilancio di previsione 2002. È chiaro che qualora una riduzione dei contributi fosse definitivamente approvata, il bilancio sarà rettificato in entrambe le partite attraverso lo strumento della variazione di bilancio. Le entrate prevedono inoltre un importo pari a 210.000,00 Euro, al quale andranno aggiunti gli utili maturati, derivante dallo smobilizzo di un investimento a suo tempo effettuato. È questa la ragione per cui il bilancio di previsione 2003 è sostanzialmente uguale al precedente pur non usufruendo del recupero della quota arretrata di cui alla Legge 21 marzo 2001, n. 74 della quale non beneficia naturalmente il bilancio di previsione 2003.
USCITE Pareggiano, come vuole la norma, le entrate. Potrebbero modificarsi al variare del capitolo relativo alle entrate, per le considerazioni fatte. Sulla base delle voci ipotizzate si evidenziano le cifre più significative e la loro collocazione: Oneri assicurativi Formazione Sede centrale
431.000,00 pari al 26,3% 378.000,00 pari al 23,1% 182.000,00 pari al 11,1% ____________________ 991.000,00
60,5%
Si confermano gli orientamenti espressi dall’Assemblea dei delegati che ha a suo tempo previsto uno sforzo economico significativo per la tutela e la formazione degli appartenenti al C.N.S.A.S. e per la Sede quale centro erogatore di servizi all’organizzazione. p. il Consiglio nazionale il Presidente Armando Poli 26
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ENTRATE Smobilizzo Carifondo Euro Più
210.000,00
Interessi attivi
0,00
Contributi ordinari C.A.I.
460.034,00
Contributo legge 162/92
242.863,00
Contributo legge 74/01
206.582,00
Contributo Legge finanziaria 2002
516.456,00
Contribtuo SR fondo di solidarietà
3.600,00
Contributo da terzi
0,00
Ricavi da vendite
0,00
Totale entrate
1.639.535,00
USCITE 1.0
Viaggi
134.000,00
2.0
Sede centrale
182.000,00
3.0
Assicurazioni
431.000,00
4.0
Imposte tasse
5.500,00
5.0
Acquisto materiale
6.0
Contributi SR
7.0
Attività promozionale
8.0
Fondo solidarietà
15.100,00
9.0
Editoria
50.000,00
10.0
Coordinamento speleologico
11.0
Scuola medici
40.000,00
12.0
Scuola tecnici
230.000,00
13.0
Scuola U.C.R.S.
46.000,00
14.0
Scuola U.C.V.
62.000,00
15.0
Fondo imprevisti
50.000,00
19.0
Progetti speciali
61.435,00
Totale entrate
0,00 30.000,00 202.500,00
100.000,00
1.639.535,00
Totale uscite Avanzo
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1.639.535,00 0,00
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BILANCIO DI PREVISIONE CNSAS 2003 USCITE Dettaglio 1.0
2.0
3.0
4.0
5.0
6.0 7.0
Viaggi
134.000,00 1.1.0 1.2.0 1.3.0 1.4.0 1.5.0
Direzione Consiglio e Videoc. C.I.S.A. / I.K.A.R. Convegni Congressi Viaggi Assemblea Varie
2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6 2.7 2.8 2.9 2.10 2.11 2.13 2.15 2.16 2.17
Personale Consulenza incaricato sede centrale Consulenza varie Materiale consumo Stampati e cancelleria Postali Telefoniche Distintivi Affitto sede Illuminazione Riscaldamento Spese di rappresentanza Varie Progetto Internet Mobili attrezzatura ufficio
3.1.0 3.1.1 3.2.0 3.3.0 3.4.0 3.5.0 3.6.0 3.7.0
Assicurazione volontari terra Assicurazione volontari volo Assicurazione sede Assicurazioni varie Assicurazione C. Legale Assicurazione RC Medici Assicurazione auto CN RC Ministero difesa
4.2.0 4.3.0 4.4.0
Imposte Spese bancarie Varie
5.1.0 5.2.0
Reintegro materiale di consumo Varie
6.1.0
Acquisto attrezzature Sr
7.1.0 7.2.0 7.3.0 7.5.0 7.7.0 7.8.0 7.9.0 7.11 7.12 7.13 7.14
Abbonamenti, riviste, libri Pubblicazione annuario Conferenze stampa Pubblicazione NOTIZIE CNSAS Abbonamento rassegna stampa Varie Video istituzionale 50° C.N.S.A.S. Manifestazioni Fiere e Convegni Attività di prevenzione Libretto / cartellina pres. C.N.S.A.S.
100.000,00 9.000,00 15.000,00 10.000,00 0,00
Sede centrale
182.000,00 50.000,00 38.000,00 40.000,00 2.000,00 6.000,00 8.000,00 7.700,00 3.000,00 9.300,00 0,00 0,00 5.000,00 1.000,00 9.000,00 3.000,00
Assicurazioni
431.000,00 342.000,00 37.000,00 0,00 0,00 20.000,00 28.400,00 1.100,00 2.500,00
Imposte tasse
5.500,00 4.000,00 1.500,00 0,00
Acquisto materiale
0,00 0,00 0,00
Contributo servizi reg.
30.000,00 30.000,00
Attività promozionale
202.500,00 500,00 5.000,00 0,00 27.000,00 0,00 0,00 15.000,00 100.000,00 25.000,00 20.000,00 10.000,00
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8.0
9.0
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Fondo di solidarietà 8.1.0 8.2.0
F. di solidarietà art. 28 R.G.C.N.S.A.S. F. di solidarietà art. 28 R.G.C.N.S.A.S.
15.100,00 11.500,00 3.600,00
9.7.0 9.4.0
Collana manuali tecnici Varie
50.000,00 0,00
10.1.0 10.2.0 10.3.0 10.4.0 10.5.0 10.6.0 10.7.0 10.8.0 10.10.0 10.10.14
Viaggi e riunioni Spese telefoniche Gestione coordinamento speleologico Stampa libretti recapiti Incontri tecnici Attività promozionale Attrezzature mediche Acquisto strumenti e materiale Varie Esercitazioni
34.000,00 6.000,00 10.000,00 3.000,00 6.000,00 3.000,00 2.000,00 3.000,00 0,00 33.000,00
11.1.0 11.2.0 11.3.0 11.4.0 11.5.0 11.7.0 11.8.0
Viaggi e riunioni Rimborsi gestione Scuola Attività formativa Acquisto materiali Consulenza docenti esterni Varie Pubblicazioni
5.000,00 2.000,00 15.000,00 5.000,00 2.00,00 0,00 11.000,00
12.1 12.2 12.3 12.4 12.5 12.6 12.8 12.9
Viaggi e riunioni Rimborsi gestione Scuola (telef.) Rimborso spese istruttori Acquisto materiali Consulenza docenti esterni Corsi nuovi istruttori / c.so naz. Aggiornamento istruttori Varie
13.1.0 13.2.0 13.3.0 13.4.0 13.5.0 13.6.0 13.7.0 13.8.0 13.9.0 13.11.0 13.12.0
Viaggi e riunioni Rimborso gestione scuola Rimborso spese istruttori Acquisto materiali Consulenza docenti esterni es. Corso nazionale Prove verifica Consulenza veterinaria Corso istruttori nazionali Varie Aggiornamento istruttori
7.500;00 2.000,00 1.000,00 1.000,00 500,00 27.000,00 3.000,00 2.000,00 0,00 0,00 2.000,00
14.1.0 14.2.0 14.3.0 14.4.0 14.5.0 14.6.0 14.7.0 14.8.0 14.9.0 14.11.0 14.12.0
Viaggi e riunioni Rimborso gestione Scuola Rimborso spese istruttori Acquisto materiali Consulenza docenti esterni Corso nazionale Prove verifica Consulenza veterinaria Corso istruttori nazionali Varie Aggiornamento istruttori
6.000,00 2.000,00 3.000,00 4.000,00 1.000,00 40.000,00 2.000,00 2.000,00 0,00 0,00 2.000,00
Editoria
50.000,00
10.0 Coordinamento speleo
100.000,00
11.0 Scuola medici
40.000,00
12.0 Scuola tecnici
230.000,00 7.000,00 5.000,00 175.000,00 15.000,00 5.000,00 15.000,00 8.000,00 0,00
13.0 Scuola U.C.R.S.
46.000,00
14.0 Scuola U.C.V.
62.000,00
15.0 Fondo Imprevisti
50.000,00 15.2.1.0 Fondo imprevisti 2003
50.000,00
19.1.1.0 Progetti speciali 2003
61.435,00
19.0 Progetti speciali
61.435,00
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37° Corso Unità cinofile da valanga San Domenico 23 - 31 gennaio 2003
S
an Domenico, 150 km da Milano (meno di due ore di automobile), si trova in Val Cairasca a 12 km da Varzo, località sita al centro della Valle Divedro. Varzo, a pochi km dalla Galleria del Sempione, è un abitato antichissimo, risalente al 2000 / 1500 a.Ch.n. I primi abitanti furono i Liguri, seguiti dai Celti e dai Leponzi (da cui Alpi Lepontine). Il nome Varzo prende origine dall’etimologia celtica del termine Vargo che significa Varco. Sulle piste da sci dell’Alpe Ciamporino (a circa 2.000 m s.l.m.), al confine del Parco naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Denero, si è svolto dal 23 al 31 gennaio 2003 il 37° Corso per Unità cinofile da valanga del
30
C.N.S.A.S. Al 37° Corso hanno partecipato proficuamente 19 Unità per la Classe A e 11 Unità per la Classe B. Complessivamente, al Corso, sono stati presenti ben sedici docenti. L’ottima organizzazione logistica è stata curata dalla delegazione della Valdossola del Soccorso alpino e speleologico del Piemonte. Alessio Fabbricatore
A
nche questa volta siamo arrivati alla fine di questo trentasettesimo Corso per U.C.V. Più stanchi degli anni precedenti, ma fondamentalmente più contenti. Infatti il 37° Corso ci ha permesso di verificare tra Istruttori i classici compiti fatti a casa, continuando il lavoro al pomeriggio con i cani degli Istruttori che dovevano frequentare i corsi. Da questo confronto ne sono nati momenti di grande interesse legati all’eventuale applicazione o meno di tecniche particolari per aumentare le motivazioni, ma soprattutto si è evidenziata la linea comune nell’insegnamento che ha visto gli Istruttori presenti concordi nell’effettuare i vari passaggi didattici per ottenere i risultati prefissati con una gestione impeccabile delle varie situazioni. Alcuni dati di questo corso: 23 iscritti per la Classe A, 14 iscritti per la Classe B. Il numero
Andrea Benazzo Direttore Scuola UCV
contenuto delle Classi B ci ha permesso di aumentare la soglia di difficoltà rispetto agli anni precedenti, infatti a rotazione le U.C.V. in questione venivano chiamate in una zona diversa da quella solita di lavoro e fatte lavorare su un terreno morfologicamente diverso da quello dei campi approntati per l’occorrenza. Si è sfruttato un canalone vergine, dove con l’aiuto di alcuni istruttori U.C.V. e Sna.Te. si sono ricreate le condizioni più simili ad un intervento reale, con difficoltà di movimentazione dovuta alla presenza della neve non battuta (quindi obbligo di attrezzatura idonea) e di interpretazione da parte del conduttore per quanto riguarda la gestione della ricerca. L’inserimento di queste difficoltà ha senz’altro sconcertato i conduttori nei primi momenti, ma nei giorni successivi ha fatto si che la fiducia nel proprio cane aumentasse con risultati
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37° Corso Unità cinofile da valanga San Domenico 23 - 31 gennaio 2003
Classe A 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19
Benazzo Andrea Bertolin Luigi Cerise Stefano Costamagna Fabio Darman Alessandro Dell’Anna Diego Gaduni Pierluigi Ghedini Matteo Girardon Ivan Greppi Mauro Gusmeroli Mauro Jorioz Lorenzo Morlini Lorenzo Perlotti Paolo Rial Oscar Sartoris Eleonora Tabacchi Gianluca Vettorello Lorenzo Waldner Andreas
soddisfacenti per tutti. L’insuccesso di una prova durante un corso è per il conduttore motivo di sfiducia ed abbattimento, con conseguenza di perdita di fiducia nel proprio cane, errore gravissimo, anche perché nella totalità degli insuccessi la colpa è da ricercare nelle negligenze del conduttore. Per cui proporre in esercitazione situazioni simili fa ragionare il conduttore sul comportamento da tenere di fronte ad un evento di tali caratteristiche mettendo in discussione la gestione vera e propria dell’operato. Non ci stancheremo mai di ribadire che la maggior parte degli insuccessi (soprattutto nelle prime fasi dell’addestramento) è riconducibile all’errore aprile 2003
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Paco Rod Yanez Jumper Shark Black Ato Spike Aiguille Jason Blink Nichy Black Zac Skay Gil Kuma Troll Teo
Piemonte Valle d’Aosta Valle d’Aosta Piemonte Veneto Lombardia Lombardia Alto Adige Trentino Piemonte Lombardia Valle d’Aosta Lombardia Lombardia Valle d’Aosta Piemonte Lombardia Piemonte Alto Adige
umano, in quanto l’esperienza maturata non è sufficiente a far scattare un autocritica sul lavoro svolto ed è perciò meglio dare la colpa dell’eventuale insuccesso al cane, che ricercare l’errore nei nostri schemi operativi od interpretativi sul comportamento del nostro ... collega a quattro zampe. È importante saper trarre degli aspetti positivi anche da esperienze per noi ritenute negative, in quanto l’evidenziazione degli errori commessi ci servirà come monito per non ricaderci in un prossimo futuro. Anche durante questo corso siamo riusciti, come lo scorso anno, a portare le U.C.V. ad esercitarsi nell’uso del mezzo aereo con l’impiego del gancio baricentrico. Le
Classe B 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
Carrara Franz Croci Mario Demetz Anja Deromedi Massimo Ferrari Paolo Fuselli Osvaldo Giordanino Ugo Graziano Giorgio Maccario Aldo Paulmichl Edmund Seymand Eugenio
Fog Darko Tarkan Lars Basco Red Hiro Jack Uran Leiko Joe
Lombardia Valle d’Aosta Alto Adige Trentino Lombardia Piemonte Piemonte Piemonte Piemonte Alto Adige Piemonte
Docenti 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16
Benazzo Andrea Bertolin Luigi Chareun Ferruccio Giacomelli Franco Gonnet Renato Maffezzini Sergio Miconi Attilio Mozzi Daniele Negro Donato Polatti Giorgio Prola Cristina Sgarbi Corrado Tarizzo Cristina Torresani Sergio Zanelli Rocco Roberto Zappa Maurizio
condizioni meteo della giornata scelta per tale esercitazione hanno aggiunto una difficoltà in più all’evento, facendolo diventare un po’ più realistico rispetto ad una normale routine di addestramento. Va detto che il meteo durante questo corso non ci ha favorito molto, in quanto abbiamo avuto svariate giornate di vento e precipitazioni nevose, che da un lato ci hanno permesso però di verificare le risposte che i cani davano anche con condizioni avverse. Quindi non tutto il male ... Parere favorevole anche per questo 37° Corso U.C.V. che rispetto ai precedenti ha segnato un punto a favore della Scuola U.C.V. ma questa è un’altra storia che vedrà il suo fiorire nei
Direttore Scuola Istruttore nazionale Istruttore nazionale Vice Direttore tecnico Direttore classi A Istruttore nazionale Istruttore nazionale Istruttore nazionale Istruttore nazionale Istruttore nazionale Aineva Medico veterinario Docente Istruttore nazionale Direttore classi B Istruttore nazionale
corsi futuri. Come sempre, da quando siamo a San Domenico, va detto che l’organizzazione messaci a disposizione della Delegazione ossolana è quanto mai efficiente e attenta a tutti i problemi che un corso di questo tipo può avere durante il suo percorso, è doveroso quindi rivolgere un ringraziamento particolare a tutti i volontari della Delegazione che anche quest’anno si sono impegnati affinché tutto filasse per il migliore dei modi, un ringraziamento oltre al suo delegato Felice Darioli anche al responsabile degli impianti di San Domenico che con la sua disponibilità ha reso possibile l’attuazione di questa trentasettesima edizione.
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Statistiche interventi 2002 SUDDIVISIONE PER SERVIZIO REG. - PROV. Piemonte Alto Adige Lombardia Trentino Emilia Romagna Valle dâ&#x20AC;&#x2122;Aosta Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Toscana Abruzzo Lazio Marche Calabria Sardegna Sicilia Molise Basilicata Umbria Puglia Totale
1007 838 663 518 457 455 354 135 126 94 73 56 32 29 13 8 7 5 3 1 4874
20,7% 17,2% 13,6% 10,6% 9,4% 9,3% 7,3% 2,8% 2,6% 1,9% 1,5% 1,1% 0,7% 0,6% 0,3% 0,2% 0,1% 0,1% 0,1% 0,0%
VARIAZIONI 2002 VERSO 2001 2002
2001
Var % vs. 2001
4.874
4.775
2,1%
23.986
21.764
10,2%
5.298
5.076
6,9%
nr. Interventi Soccorritori impiegati Persone soccorse Morti
427
8,1
378
13,0%
Feriti
3.434
64,8%
3.506
-2,1%
Illesi
1.371
25,9
1.142
20,1%
66
1,2
50
32,0%
363
6,9
397
-8,6%
Interventi non soci CAI
4.935
93,1
4.679
5,5%
Interventi con elicottero
3.180
65,2
3.261
2,5%
Interventi con U.C.R.S.
107
0,2
54
98,1%
29
0,05
76
61,8%
Dispersi Interventi soci CAI
Interventi con U.C.V.
32
%
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L
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Uno stand modulare itinerante Roberto Frasca
a necessità di dare maggior visibilità all’attività che il C.N.S.A.S. svolge da anni con indiscutibile efficienza, ma anche con assoluta modestia e discrezione, nasce dall’amara constatazione che oggi chi sa mettersi in mostra, vantando con clamore competenze che di fatto non possiede, riesce ad ottenere maggior credito di chi agisce in silenzio da anni. Che la nostra sia la civiltà dell’immagine lo dimostra il mondo commerciale, politico e sociale. Non intendo in questa sede aprire un dibattito sulla valutazione sociologica o morale di tale fenomeno: prendo solo atto di una situazione che coinvolge tutti coloro che operano nel pubblico e devono fare i conti con la quotidiana ricerca di risorse e mezzi indispensabili per il proprio funzionamento. La nostra organizzazione, pur rifuggendo dallo sterile esibizionismo e dall’inutile vanagloria, oggi non può più accettare il fatto che l’opinione pubblica sia quotidianamente bombardata da un’informazione fuorviante, che mostra soggetti anche istituzionali che, senza avere alle spalle una storia, un’esperienza e una quotidianità operativa specifica, si arrogano il diritto di essere i titolari di quell’attività di soccorso in montagna, in grotta e su terreno impervio, che il C.N.S.A.S. svolge ormai da cinquant’anni con aprile 2003
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indiscutibile competenza. Tale situazione ci spinge, da un lato, ad insistere sul miglioramento costante dei livelli operativi, nella convinzione che il valore di un’attività risiede in primo luogo nei fatti concreti, ma dall’altro ci stimola a non ignorare l’importanza di una giusta visibilità e di ciò che effettivamente si realizza, per non essere sopravanzati da chi sa vendere meglio la propria immagine. Un’esigenza questa, emersa già nel dibattito e nei documenti del Congresso di Castelnovo Monti e divenuta oggetto di uno dei punti programmatici dell’attuale Consiglio nazionale: lo sviluppo della stampa sociale, la sensibilizzazione dei mass-media, la realizzazione di un filmato istituzionale, la partecipazione ad importanti eventi pubblici, la colorazione dei mezzi e l’uniformità dell’abbigliamento sono tutti momenti di quella ricerca di visibilità a livello nazionale che sta coinvolgendo la Struttura centrale e tutti i Servizi regionali. Al fine di garantire, nelle attività di tipo congressuale ed espositivo, una presenza istituzionale omogenea e d’elevato profilo in ogni regione, il Consiglio nazionale ha sentito l’esigenza di dotare il C.N.S.A.S. di uno stand modulare capace di rappresentare il Corpo nelle varie mostre ed esposizioni alle quali fosse invitato e che, al tempo stesso, sia
espressione di presentazione coordinata delle sue molteplici attività operative, didattiche ed organizzative. Grazie all’esperienza maturata all’interno del Servizio regionale della Lombardia e attraverso una serie di scambi collaborativi con la Toscana, l’Emilia Romagna e la Sardegna si è potuto creare un apposito gruppo di lavoro che si facesse carico d’individuare soluzioni semplici, ma al tempo stesso articolate, che potessero adattarsi ad arredare spazi espositivi non necessariamente standardizzati. Per l’elemento di base si è deciso di adottare un modulo che presentasse, contemporaneamente, caratteristiche di versatilità, di componibilità e di semplice assemblabilità. La scelta è caduta su una struttura in tubolari d’alluminio tipo gazebo di m 4x4, dotata di copertura piramidale e quattro pareti mobili in tessuto impermeabile, tale da poter essere collocato anche all’esterno. Inoltre i tubolari d’alluminio sono tali da poter sostenere anche il peso di attrezzature o eventuali manichini appesi. La dotazione di tre elementi di questo tipo, assemblabili secondo diverse configurazioni, consente di soddisfare le diverse tipologie da adottare, di volta in volta, per le varie articolazioni di arredo legate alle necessità spazioespositive. Utilizzando il modulo 4x4 è possibile
costituire rapidamente un ambiente che va da mq 16 a mq 64 ed oltre, in grado di soddisfare le più svariate esigenze: • uno spazio reception per fornire informazioni, distribuire depliants e un angolo conversazione con adeguate poltroncine personalizzate; • uno spazio di proiezione con schermo, videoproiettore, computer e impianto stereo; • uno spazio mostra con numerosi pannelli fotografici; • uno spazio simulazioni con possibilità di mostrare tutti i tipi di attrezzature, dal cavalletto Cevedale al Palo pescante, dalle barelle speleologiche alla barella portantina, mediante l’utilizzo di manichini; • uno spazio per esporre un mezzo fuoristrada attrezzato o strutturare un castello in tubi di acciaio per ulteriori simulazioni. Si potrebbe continuare facendo un elenco dettagliato e preciso di tutto il materiale disponibile, ma ritengo che in questa sede sia più opportuno continuare la descrizione delle caratteristiche generali del modulo espositivo, rimandando ad una fase successiva al completamento della fase sperimentale, la diffusione di una specifica circolare ai Servizi regionali. Mi preme solamente sottolineare la completezza delle dotazioni utili a soddisfare ogni esigenza di arredo spazio-espositiva, che comprendono oltre ai già citati gazebi, ai supporti informatici, ai pannelli fotografici e alle scritte, anche tutti i complementi d’arredo e tecnici come gli estintori e i quadri elettrici e cinque manichini completamente vestiti e attrezzati (uno speleologico), con tutte le dotazioni operative di tipo individuale
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vuotati, possono essere anche utilizzati come ulteriori elementi di arredo per lo stand. Il furgone così allestito assolve anche la funzione di magazzinaggio di tutto il materiale. Nonostante l’esperienza già acquisita, la realizzazione di tutto il sistema dello stand modulare itinerante ha richiesto mesi d’impegno continuo e si è resa possibile solo grazie all’efficienza, alla disponibilità ed alla capacità dei ragazzi del gruppo di lavoro che si è autocostituito con la volontà di far fare bella figura al C.N.S.A.S. e composto principalmente da lombardi, poi da sardi, da emiliani, da marchigiani e da toscani. Si spera che col tempo il gruppo di lavoro aumenti di numero e che la sua disponibilità e capillarità nazionale possa offrire la stessa passione forte fornita dai ragazzi che l’hanno iniziata. A loro va il
ringraziamento di tutti noi. Non dobbiamo poi dimenticare gli sponsor che senza voler toccare con mano, prima di erogare la propria disponibilità, hanno creduto in questa nostra iniziativa e ci hanno dato il loro contributo. Finita la preparazione inizia ora il periodo della sperimentazione e dopo Arezzo, Ancona, Poggio Renatico, Verona, Cagliari e Bolzano occorre testare altre possibilità di partecipazione per ottimizzare le risorse che il Consiglio nazionale ha reso disponibili. I ragazzi del gruppo di lavoro si trasformano quindi in un team espositivo in grado di portare sul territorio lo stand C.N.S.A.S., montarlo, allestirlo e al termine dell’evento espositivo revisionarlo e immagazzinarlo per il successivo utilizzo. Se necessario e richiesto possono anche svolgere una funzione di presidio dello
stand, in appoggio al personale del Servizio regionale, durante tutto il periodo espositivo per illustrare le attrezzature e le tecniche connesse. Occorre che tutti i Servizi regionali si mobilitino per individuare le principali occasioni espositive alle quali si ritiene opportuno intervenire, in modo da richiedere lo stand modulare con almeno due mesi di anticipo rispetto alla data prevista e concordare con la Sede centrale o l’incaricato del sistema espositivo le modalità di partecipazione. Al termine dell’anno si concluderà la sperimentazione e sarà possibile stilare un bilancio per poi pianificare in maniera organica le partecipazioni del 2004, che dovranno essere mirate soprattutto alla valorizzazione del cinquantenario del C.N.S.A.S.
foto di Jurko Lapanja
e di squadra. Una volta individuata, realizzata e portata a compimento la struttura di base, gli elementi espositivi e gli arredi, si è dovuto affrontare il problema successivo, cioè rendere tutto il sistema non solo modulare e completo, ma anche itinerante e pronto all’uso per essere a disposizione di tutti i Servizi regionali indistintamente. Il problema della mobilità è stato risolto con l’acquisizione di un furgone Daily di m 7 di lunghezza in grado di contenere anche i pali di alluminio più lunghi, colorato in giallo fluorescente con riga rossa e grafica C.N.S.A.S. L’interno è stato accuratamente predisposto per ospitare oltre ai tre gazebi anche cinque casse contenenti i manichini già montati e vestiti e sei contenitori con tutti gli altri elementi che costituiscono la dotazione del sistema espositivo che, una volta
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37° Corso Unità cinofile da valanga San Domenico
foto di Alessio Fabbricatore
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