coordinatrioce del progetto Gabry Ghidini impaginazione e progetto grafico Marco G. Palladino - Associazione Culturale ColChiDeA copertina Alessandro Primerano disegni a pagg. 50-53 Alessandro Primerano disegni a pagg. 59, 80 Marta Comini decori in carta Saida gruppo di lavoro Amal, Blandine, Gabriella B., Gabry, Julienne, Lilyana, Marisa, Mimosa, Ophelia, Saida, Zebenay. pubblicato a dicembre 2011
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Parlare in lingue diverse è INTELLIGENZA. Parlare con il cuore è ancora PIU’ BELLO. In questo mondo sentirsi tutti uniti comunicando con una stessa lingua è UN MIRACOLO! Il nostro gruppo formato da persone provenienti da diversi paesi, può proclamare questi valori: C A I M E G
(Camerum, Costa d’Avorio) (Albania) (Italia) (Marocco) (Etiopia) (Ghana)
Collaborazione Amore Intelligenza Miracolo Emancipazione Gioia
Mimoza
indice
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il nostro gruppo... presentazione... testimonianze... 13 Dentro il mio cuore 15 Il mio paese inizia a cambiare 17 L’Immigrazione 19 Il mio vestito 20 Paradiso in Terra? 22 Là non c’era stabilità favole e racconti... 25 Il Viaggio in Città 26 Marionda e Gioconda 27 Una Mamma e le sue due Figlie 28 Una storia africana 29 Storia dal Marocco 30 Che cosa può portare a fare la paura 31 Il Perdono 32 La Tartaruga e il Porco 34 Mamma capra e i suoi figli 35 La storia dell’uomo misero e della Morte 36 Pokuwa 37 Storia (vera) di due ragazzi fiabe... 39 Haina e Lroul 40 L’Uomo povero e il Signore Ricco 41 Il Principe innamorato 42 Storie raccontate dalle nonne nella famiglia di Saida la nostra fiaba... 45 Raggio di Sole leggende... 55 Gohà 57 Rozafa 58 Le “Cörna” di Giobelèo proverbi... 61 Proverbi in dialetto lumezzanese e italiano 62 Proverbi in albanese e italiano 63 Proverbi in arabo e italiano viaggi... 65 Un bel pomeriggio in una bella città che si chiama Mantova 66 Una capanna e una storia fantastica 68 Mantova, che meraviglia! 69 A Mantova 71 Gita a Sirmione 72 Ho visto tante belle cose... 73 “Effetto magico” riflessioni... bibliografia
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il nostro gruppo...
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Profili LILYANA: nasce a Lezhe in Albania 46 anni fa. Vive a Lumezzane dal 2001. Sposata e mamma di due figli. In Albania si è laureata in Economia e commercio e svolgeva il lavoro di economista. Ha seguito il marito in Italia; ora è casalinga in cerca di un lavoro. MARISA: nasce a Brescia 57 anni fa. Vive a Lumezzane da sempre. Sposata e mamma di due figlie. Insegna L2 ad adulti e bambini. OPHELIA: nasce a Takoradi in Ghana 21 anni fa. Vive con i genitori a Lumezzane dal 2009. Frequenta il 3° anno all’Istituto professionale P. Levi indirizzo “Servizi Socio-Sanitari”. SAIDA: nasce ad Oujdain in Marocco 43 anni fa. Vive a Lumezzane dal 2005. Sposata e mamma di una bimba. In Marocco si è diplomata all’istituto alberghiero ed ha svolto il lavoro di cuoca e maître di sala per 13 anni. Ha seguito il marito in Italia; ora è casalinga in cerca di un lavoro. GABRIELLA B: nasce a Castel d’Ario in provincia di Mantova 63 anni fa. Vive a Lumezzane da 35 anni. Sposata, mamma di due figlie e nonna di tre nipotini. Ha svolto il lavoro di insegnante alla scuola primaria; ora è in pensione. MIMOZA: nasce a Vlore in Albania 39 anni fa. Vive a Lumezzane dal 2008. Sposata e mamma di due bimbi. In Albania si è diplomata alla scuola superiore con indirizzo di tecnologia e chimica alimentare; ha lavorato in pasticceria per parecchi anni. Ha seguito il marito in Italia; ora lavora presso un’impresa di pulizie
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aziendali. JULIENNE: nasce in un villaggio del Camerun 35 anni fa, lì era “Principessa “figlia del “Re” del villaggio. Ha vissuto a Lumezzane fino a sei mesi fa ora pare abbia seguito il marito in Germania alla ricerca di un lavoro. Sposata e mamma di tre bambini, rimasti con i nonni materni in Camerun. Nel suo paese si è laureata in Economia e commercio. Ora è casalinga in cerca di un lavoro che le permetta il ricongiungimento familiare. ZEBENAY: nasce ad Harer in Etiopia 27 anni fa. Vive a Lumezzane dal 2007. Sposata e “quasi” mamma di un bimbo. In Etiopia ha frequentato la scuola per diventare parrucchiera ed ha lavorato in un negozio per alcuni anni. E’ in Italia da sola e svolge il lavoro di badante. AMAL: Nasce a Casablanca in Marocco 36 anni fa. Vive a Lumezzane dal 1998. Sposata e mamma di tre figli. In Marocco ha frequentato tre anni di scuola superiore e poi ha seguito, giovanissima, il marito in Italia; ora è casalinga. BLANDINE nasce in Costa D’Avorio 38 anni fa. Vive a Lumezzane dal 2001. Sposata e mamma di un figlio. In Costa D’Avorio ha frequentato l’università di Economia e commercio. E’ arrivata in Italia per cercare un’ occupazione ed ha lavorato in fabbrica per alcuni anni. Ha frequentato in Italia il corso OSS (Operatore Socio Sanitario); ora è casalinga in cerca di un lavoro inerente al titolo acquisito. GABRY: nasce a Lumezzane 45 anni fa. Ha vissuto a Lumezzane fino al 2003. E’ mamma di quattro figli. Diplomata presso lo IAL di Brescia lavora come educatrice dal 1996 presso la cooperativa “Il Mosaico” di Lumezzane.
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Fuori onda... Gabry E’ molto seria sul lavoro, è lo “zucchero” che ha unito tutte noi, lei dice: “Prima mangiamo, poi lavoriamo, il cibo serve a riscaldarci un po’”. Gabriella B. E’ come una madre per tutti noi. Per vivere questa vita dobbiamo imparare da lei. Marisa Segue con molta attenzione le favole che raccontiamo e se per caso si parla della storia di Eugeny a San Bernardo ride molto con Mimoza. Julienne Calma, riflessiva, accetta sempre le proposte degli altri. Amal Bella, le piace tanto scattare foto, ha raccontato a Marisa che ne ha fatte anche in ospedale… Zebenay Racconta che vuole guadagnare i soldi per tornare nel suo paese. Mimoza Non posso parlare di me stessa. Dico solo una cosa: - Mi piace sfidare la vita. e a voi dico: - Siete meravigliose! Liliana E’ molto generosa ed ha dimostrato la sua generosità quel giorno quando ha detto a Julienne: “Vieni a casa mia che ti insegno come si prepara il pane!” Blandine Persona seria ma… se la stuzzichi… ride come una pazza!!! Saida E’ davvero una brava cuoca!!! Ha nostalgia del lavoro che ha lasciato quando viveva in Marocco. Ophelia E’ la più giovane di tutte noi: è la rosa del gruppo! Mimoza
presentazione...
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Presentazione L’incontro tra questo gruppo di donne straniere ed italiane nasce all’interno del progetto “INFOPONTI” promosso dal Sistema Bibliotecario della Valle Trompia dove, quasi casualmente, mi sono trovata ad essere l’educatrice con il compito di costituire il gruppo e di esserne poi la “conduttrice” per circa due mesi, il venerdì in Biblioteca a Lumezzane, dalle 16.30 alle 18.30. L’ obiettivo del gruppo in “INFOPONTI”, coerentemente con un’idea di biblioteca come luogo di incontro con l’altro e di valorizzazione delle risorse e delle diversità culturali, era quello di “creare un’occasione straordinaria di conoscenza culturale, recupero della memoria individuale e collettiva, narrazione del sé e di rappresentazione di aspetti specifici della propria cultura d’origine, confronto e scambio culturale…” Le donne del gruppo decidono però di proseguire gli incontri ogni 15 giorni presso la Cooperativa “Il Mosaico” per poter continuare questo percorso, ritenendolo un momento piacevole ed importante, un’occasione per poter raccontare esperienze differenti di vita, di desideri, di aspirazioni, di tristezza, di solitudine ma anche storie di gioia e di amicizia. E’ da qui che nasce l’idea di pubblicare la nostra esperienza di gruppo. Questo libretto raccoglie un po’ tutti i materiali prodotti in questi mesi di cammino fatto insieme : ci sono storie, leggende, proverbi, testimonianze di vita e le nostre gite fatte in luoghi mai visitati dalla maggior parte del gruppo. Vi è anche una fiaba inventata dal gruppo che ha come titolo “Raggio di Sole”. Ogni donna si è divertita ad aggiungere un pezzo di storia stimolata dall’esperienza vissuta durante una nostra gita in montagna in un giorno piovoso d’autunno. Vorrei cogliere qui l’occasione per poter ringraziare tutte le partecipanti di questo gruppo e dire loro che oggi mi sento molto più ricca di esperienze, di affetto e di amicizia. Grazie davvero. Gabry
testimonianze...
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Dentro il mio cuore
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ono arrivata in Italia un anno fa e abito a Lumezzane in via Faidana n° 2. Durante quest’anno non ho mai scambiato una parola di saluto con i miei vicini di casa. Ho chiesto a mio marito se è così questa vita europea e se prima che io venissi in Italia lui salutava i suoi vicini o no. Lui mi ha risposto che durante i nove anni che ha fatto li è sempre stato così. Ma questi vicini si salutano tra loro e ho cominciato a capire che l’immigrato vive con una sofferenza che non si può determinare. Un’altra cosa mi ha fatto venire la pelle d’oca; io e una mia amica straniera abbiamo avuto la fortuna di andare a lavorare in biblioteca per un breve periodo. Un giorno, durante il servizio, ho salutato una donna italiana e le ho chiesto se aveva bisogno di qualcosa. Ho avuto una sorpresa perché la donna ha aperto la sua borsa e ha preso il portafoglio per cercare dei soldi da darmi. Ho spiegato alla donna che ero in biblioteca per lavoro e non per chiedere soldi alla gente. Lei ha risposto che non aveva capito bene che cosa le avevo detto. Però se l’interlocutore non capisce bene la prima cosa da fare è dire che non si è capito bene. Ho pensato: “E’ perché la donna ha di fronte una persona straniera e quindi per lei è una persona bisognosa”. Alla fine lei mi ha chiesto se mi aveva offesa e io ho risposto di no ma mi sono fatta tante domande per le quali non ho trovato ancora una risposta. Ho chiesto “dentro il mio cuore” se una persona può andare in biblioteca per chiedere i soldi. Ho chiesto “dentro il mio cuore” se la donna avrebbe avuto lo stesso comportamento se avesse avuto di fronte una persona italiana. Ho chiesto “dentro il mio cuore” se una persona straniera, “nera” non può lavorare in biblioteca se ha le competenze per poterlo fare. Ho chiesto “dentro il mio cuore” se essere nera o straniera vuol dire sempre povertà e bisogno.
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Ho capito che l’immigrato è una persona che soffre e che soprattutto non è considerato come una persona vera. A partire da questo momento ho una speranza. So che sono immigrata, ma nonostante le difficoltà devo andare avanti e dare il meglio di me per l’integrazione. Julienne dal Camerun
Chanson d’un Immigré
Canzone di un Migrante
Unissons nos voix Uniamo le nostre voci Avant de nous quitter Prima di lasciarci Je vais parcourir d’autres lieux Andrò in altri luoghi La vie si belle et le monde est si beau La vita è bellissima e il mondo è bellisEntonnons ces derniers adieux simo Je vais par le monde en portant ma joie Intoniamo questi ultimi addii Et mes chansons pour le vojage Vado per il mondo portando la mia gioia Je chante l’amour E le mie canzoni per il viaggio Et je chante ma joie Canto l’amore e canto la mia gioia Je pars pour un tres long vojage Parto per un viaggio molto lungo Entonnons ces dernioers adieux Intoniamo questi ultimi addii
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Il mio paese inizia a cambiare
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uesta è la storia vera del mio paese. Questa cosa è successa nei primi anni di democrazia. Le generazioni che hanno conosciuto questo cambiamento non possono togliersi dal la mente quello che è successo durante questo periodo. Per descrivere questi anni non basta una parola, neanche un libro: ci vorrebbe tanto tempo. Dopo cinquant’anni di chiusura nel mio paese è arrivato il primo raggio di democrazia. Tutti volevano arrivare a questo raggio con la speranza di una vita migliore. Ragazzi, ragazze correvano molto velocemente per raggiungere questo sogno. Qualcuno è arrivato senza difficoltà, qualcun altro, giunto a metà del mare Adriatico, si è visto spezzare il sogno. Mi ricordo che in questo periodo la mia mamma si alzava di notte, vedeva il letto vuoto dei suoi figli e iniziava a piangere. Dove siete adesso? Cosa fate? Ti prego Dio, aiuta i miei figli. Il bambino che nasceva in questo periodo non aveva il suo papà vicino, che potesse dirgli: “Benvenuto in questo mondo!”. La terra piangeva per la sua giovinezza. Erano rimasti solo vecchi e vecchie. Un giorno è arrivata la prima telefonata: “Madre, madre, sto bene. Presto inizierò a lavorare. Qua mi sento molto meglio, la gente ha un gran cuore”. Poco a poco inizia a riscaldarsi il cuore della mamma. Nella sua casa arrivano i primi soldi risparmiati. La vita inizia a cambiare. I genitori orgogliosi dei loro figli iniziano a parlare tra loro circa le merci e i soldi che gli spediscono. Dopo due anni, quando gli emigrati sono tornati per la prima volta nel loro paese con il permesso hanno portato dagli altri paesi l’esperienza. Qualcuno per ricostruire una casa su modello italiano, qualcun altro un hotel sul modello tedesco. Così il mio paese inizia a cambiare. Qualcuno che non aveva il permesso tornava nel suo paese dopo tanti anni e trovava il figlio già cresciuto. Il bambino
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timido davanti a quest’uomo diceva alla sua mamma: “Madre, madre, chi è questo uomo che è venuto nella nostra casa?”. La mamma iniziava a raccontare che quell’uomo era il suo papà. Oggi tutto è cambiato. Le famiglie sono unite grazie alla legge italiana per il ricongiungimento famigliare. I figli possono crescere con l’affetto di tutti e due i genitori. Adesso che vivo in Italia, non vedo nessuna differenza fra i cittadini italiani e noi che siamo stranieri. Se tu hai voglia di comprare una casa sei libero come un cittadino italiano. Non manca niente per vivere in questo mondo. Ma dentro il mio spirito c’è una voce che mi parla. Questa è la voce del mio paese che mi chiede di contribuire per lui. Il mio desiderio più grande è che diventi uno stato davvero europeo. Mimoza dall’Albania
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L’Immigrazione
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’immigrazione è considerata come il fatto di lasciare il proprio paese di origine per un altro paese. È un fenomeno naturale che ha vantaggi e svantaggi. Infatti, numerose persone lasciano il loro paese per motivi economici, con la speranza di avere una vita migliore. Significa in questo caso che l’immigrato va a cercare un lavoro che gli permetta di guadagnare i soldi per mantenersi bene e mantenere anche la propria famiglia. Altre categorie di immigrati sono gli studenti e quelli che lasciano il loro paese per motivi politici o per la guerra. Quelli che partono per motivi di lavoro, al momento di lasciare il proprio paese sono sempre felici anche se lì hanno un lavoro perché sperano di trovarne un altro migliore. Quando arrivano nel paese di destinazione le cose non sono esattamente come pensavano perché è necessario un po’ di tempo per imparare la lingua prima di cercare lavoro. Trovare lavoro poi non è facile, soprattutto in questi momenti di crisi economica. Numerosi sono quelli che hanno lasciato una famiglia nel loro paese e sperano che tutto andrà bene in poco tempo però dopo un anno o due senza aver trovato lavoro si accorgono che è troppo difficile mantenere la loro famiglia ma anche ritornare nel loro paese. Qualche volta, nel paese di destinazione si trovano di fronte al problema del permesso di soggiorno e questo è un elemento molto importante nel continente europeo perché senza documenti è praticamente impossibile lavorare o viaggiare e a volte si ritrovano nel loro paese d’origine senza soldi o abiti perché sono stati espulsi. Nonostante tutto, quando c’è la possibilità di trovare un lavoro è meglio perché lo stipendio che si guadagna qui è “Più buono”. In Italia la sicurezza della gente è maggiore perché ci sono i mezzi altamente sofisticati per controllare la gente, per esempio i video di sorveglianza sulle strade. La polizia e i carabinieri sono sempre pronti ad intervenire quando sono chiamati al numero verde (112, 113).
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In Africa questa sicurezza è apparente perché non ci sono i mezzi e quando un cittadino è in difficoltà e chiama la polizia o i carabinieri, l’intervento non è immediato e gli assassini riescono a fuggire. In Italia il pronto soccorso è sempre pronto per intervenire quando c’è un malato e basta chiamare perché vengano a casa per portare il paziente in ospedale. Questo in Africa non esiste e quando c’è un incidente numerosa gente perde la vita perché manca il soccorso al momento giusto o quando qualcuno è troppo malato la famiglia deve trovare il mezzo per portare quest’ultimo all’ospedale. Questo significa che se la famiglia è troppo povera il malato muore prima che la famiglia riesca a trovare un taxi. Un altro punto è il problema dei soldi perché senza soldi in Africa non si possono pagare le cure mediche. In conclusione credo che l’immigrazione sia una buona cosa perché permette agli immigrati “fortunati” di avere una vita migliore; l’immigrazione permette inoltre agli immigrati di imparare un’altra lingua, un’altra cultura e conoscere nuove persone. Julienne
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Il mio vestito
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nche nel mio paese, come in tutti i paesi, c’ è la presenza di un particolare abbigliamento che testimonia la propria cultura. In particolare per noi donne c’è un abito (che oggi ho portato qui al gruppo per mostrarvelo), che noi donne indossiamo quando siamo felici, in situazioni di festa (compleanni, Ramadan, festa della pecora o il Natale del nostro profeta Mouhamed). Questi abiti sono molto belli, preziosi e costosi ma comunque chi decide di non volerli portare si può tranquillamente vestire con abiti moderni, come fate voi. Amal dal Marocco
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Paradiso in Terra?
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gni estate di ogni anno mi reco al mio paese come tutti gli immigrati che lasciano alle loro spalle le proprie famiglie d’origine ed il proprio paese per cercare una vita migliore. Resto un mese intero con i miei familiari e sono molto felice; non vorrei più ritornare in Italia, da sola. Anche se dovessi rimanere a lungo qui, in Italia, ritornerò comunque un giorno a vivere al mio paese, perché lì è molto bello. In Marocco dove abito io è meraviglioso… non ci sono differenze tra qui e lì, tranne il lavoro!!! Le persone che sono riuscite a laurearsi hanno più possibilità di trovare un buon lavoro: belle case, belle auto e buone scuole per i loro figli; le persone non laureate trovano invece lavori malpagati e quindi i soldi non bastano neppure per il necessario… Ogni volta che salivo sulla nave per andare in Spagna, vedevo tanti giovani tra i 18 e i 22 anni con tanti sogni, alla ricerca di possibilità migliori guardando all’Europa come al “Paradiso in Terra”… solo quando poi arrivano, trovano una realtà che è ben diversa da quella immaginata: niente paradiso, l’unica cosa che puoi sperare di trovare è un buon lavoro. Spesso non è un grande lavoro ma, anzi, è molto faticoso e con un piccolo stipendio che non basta neppure per pagare le spese d’affitto, le medicine e le varie bollette di luce e gas. Anche ritornare nel proprio paese poi diventa difficile perché i figli crescono e studiano in Italia e non è sempre facile insegnare a loro la lingua del nostro paese d’origine. Quindi per noi genitori, il sogno di ritornare nella propria terra si sposta sempre più in là nel tempo fino a quando i figli non avranno trovato una loro “buona” sistemazione. E mentre passa il tempo passa anche la nostra giovinezza ed allora, a volte, ritornare significa ritornare da vecchi, magari anche malati, aspettando che arrivi la morte. Il mio pensiero mi porta a dire che il destino di ogni immigrato sia
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soprattutto di sofferenza tra qui e là… mi sono anche posta una domanda: ma perché c’ è l’immigrazione?... I musulmani e gli africani vanno in Europa e gli europei sono andati negli Stati Uniti o in Canada; ognuno alla ricerca di un posto migliore, di una vita migliore… gli asiatici sono divisi tra l’Europa e l’America mentre gli israeliani sono diffusi in tutto il mondo… e mi sono anche chiesta: “Ma esiste un paese nel quale i suoi figli non pensano all’immigrazione?... Amal
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Là non c’era stabilità
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vevo appena finito l’università ed ho subito cominciato a lavorare in un’azienda statale di commercio come economista. Io amavo la mia professione ma non c’era stabilità. Anche mio marito lavorava in un reparto militare di aviazione come ingegnere ma anche lì non c’era stabilità. Poi abbiamo sentito, da alcuni parenti ed amici che erano emigrati nei paesi europei, che lì si trovavano bene perché c’era possibilità di un buon lavoro, sicuro. E’ così che anche mio marito ha deciso di partire. La mattina dell’otto giugno 1988 dopo aver abbracciato i nostri bambini, mio figlio di sei anni e mia figlia di quattro anni, è partito per l’Italia dove lo aspettava un suo amico a Bari. Per me è stato il peggior giorno della mia vita… Io, però, ho continuato a lavorare per mantenere i miei figli avendo sempre vicini i miei genitori. Mio marito ha cominciato una vita piena di sacrifici e poi finalmente si è trasferito al Nord, qui a Lumezzane, dove abitava mio fratello. Ha cominciato a cercare lavoro ma senza i documenti era molto difficile. Poi ha trovato un’ occupazione ed il suo datore di lavoro l’ha aiutato facendogli il contratto di lavoro, che gli è poi servito per richiedere il permesso di soggiorno. Siamo stati separati per tre lunghi anni ma poi abbiamo deciso di riunire la famiglia con il ricongiungimento familiare. Io mi sentivo tanto insicura perché non conoscevo la lingua italiana però avevo preso con me tanti libri che mi hanno aiutata. Poi pian piano io e i miei figli ci siamo abituati; qui ho trovato tante amiche albanesi ed italiane e per la verità oggi, Lumezzane, per me è diventato un po’ il mio “secondo paese”. Liljana
fotografie del viaggio a Sirmione
scatti di noi... 23
favole e racconti...
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Il Viaggio in Città
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gni estate alla fine dell’anno scolastico, andavo alla casa di mia nonna per passare alcuni giorni della mia vacanza con lei. Accanto alla sua casa, abitava una famiglia che si era trasferita dalla campagna alla città cercando una vita migliore. Questa famiglia era composta da genitori e cinque figli. Aveva venduto la sua casa e la sua terra in campagna per comprarne una in città. Il padre aveva poi costruito un tavolo di legno per il mercato dove andava a vendere verdura e frutta. La moglie lavorava sbrigando le pulizie. A casa la figlia maggiore, che aveva sedici anni, lavorava lavando i vestiti di tante famiglie. Tutti i soldi che guadagnavano servivano solo per mangiare. Anche il ragazzo di diciotto anni voleva lavorare, aveva cercato un lavoro, ma non l’aveva trovato. Non sapeva leggere né scrivere e per non rimanere a casa, aveva pensato di andare a vendere le sigarette nei quartieri vicino alla sua abitazione. Fu sfortunato perché incontrò un gruppo di ragazzi che fumavano, bevevano birra e lo spinsero a fare quello che facevano loro: rubavano automobili. Lui portava a casa tanti soldi e diceva ai suoi genitori che aveva tanti clienti che compravano le sigarette. I genitori gli credevano. Una volta arrivò a casa del ragazzo la polizia per interrogarlo dopo che i suoi amici avevano confessato che era lui ad aprire le automobili. Lo portarono in carcere e visse, in questo luogo, come in un incubo per un anno e mezzo. Tutta la famiglia perse le speranze di vivere tranquillamente in città e allora decisero di ritornare in campagna. Si accorsero di aver commesso un grande errore a cambiare ambiente e quando il figlio uscì dal carcere, li seguì per ritornare a vivere con loro. Cercarono insieme di dimenticare quella brutta esperienza che pur avevano fatto consapevolmente. Amal
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Marionda e Gioconda una storia che ricordo mi raccontava mia mamma
quand’ero piccina ue sorelle vivevano in un ambiente di montagna e la mamma chiedeva loro spesso aiuto. Mariona non era quasi mai disponibile; Gioconda invece era generosa e sempre disponibile a dare una mano a chi glielo chiedeva. La mamma un giorno chiede a Mariona di andare a comperare il pane. Lungo la strada incontra di volta in volta alcune persone: un vecchio che le chiede la carità, un’anziana che deve attraversare il ruscello, una vecchietta che trasporta un pesante carico. Mariona si mostra sempre seccata, non attenta ai bisogni di queste persone. Quando arriva a casa le accade un fatto molto strano: si vede ricoperta da una polverina nera come carbone.
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Un altro giorno spetta a Gioconda andare a fare la spesa per la mamma; la bambina lungo la strada incontra -come Mariona- alcune persone bisognose di aiuto. Lei si mostra però pronta ad aiutarle con gentilezza. Arrivata a casa, con meraviglia di tutti, appare rivestita da una polvere di stelle che la fa diventare più bella e più preziosa. Gabriella B. dall’Italia
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Una Mamma e le sue due Figlie una storia africana
’era una volta una mamma che si chiamava Pauline e aveva due figlie; la più grande si chiamava Genesì e la piccola Jeanne. Un giorno la mamma le mise alla prova per capire chi delle due sue figlie l’amasse di più. Lei si fece trovare addormentata fingendo di essere morta dopo aver preparato sul tavolo il cibo preferito dalle figlie. La più grande quando arrivò, mangiò subito il cibo senza pensare allo stato della sua mamma. La piccola pianse tutta la sera senza mangiare niente perché era veramente colpita dalla morte della sua mamma. La mamma avendo visto il comportamento diverso delle sue due figlie, si alzò e cacciò da casa Genesì, la maggiore. Lei se ne andò nella foresta e fu divorata dagli animali. Julienne
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Una storia africana
dalla Costa D’Avorio ’erano una volta due poveretti, uno messo peggio dell’altro. Un giorno uno dei due decise di togliersi la vita. Se ne andò lontano dal Villaggio per dieci chilometri. Si fermò e cominciò a spogliarsi: si tolse le scarpe, i pantaloni, la camicia e le mutande. Entrò nella foresta e legò una corda ad un albero. Nel momento in cui si legò la corda al collo, arrivò un altro uomo spogliato, con la mano davanti alle proprie nudità. Si avvicinò ai vestiti ed esclamò: “Oh Dio ho trovato dei vestiti!” Prese gli indumenti e li indossò. Il primo uomo gridò per riavere i suoi abiti, e pensò: “Non mi uccido più perché c’è qualcuno più povero di me, io almeno ho i miei vestiti”
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Questa storia spiega che la povertà è ingiusta: c’è sempre uno più povero dell’altro. Dobbiamo accontentarci di quello che abbiamo. Eugenj dalla Costa D’Avorio
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Storia dal Marocco
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a mia mamma mi ha raccontato, quando ero piccola, questa storia, che a me piace molto. C’era una volta, tanto tempo fa, una bellissima donna che si chiamava “Laila”. Ella era innamorata di un uomo da cui era ricambiata che si chiamava “Cais”. I genitori della ragazza non volevano però la nascita di questo amore. La poverina, poiché la sua famiglia rifiutava questa unione, si avvelenò. Quando Cais apprese la notizia, andò davanti alla tomba della sua amata e si tolse anche lui la vita. Questa storia sò che assomiglia molto alla storia italiana di Romeo e Giulietta Amal
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Che cosa può portare a fare la paura!
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uesta storia è accaduta il 25 Dicembre 2000. Si svolgeva una manifestazione in tutta la città di Abidjan perché avevano aumentato il prezzo della benzina. Dunque, durante questa manifestazione c’era anche uno sciopero dei mezzi pubblici. Un giovane impiegato stava tornando a casa dal lavoro attraversando la città. Era già tardi e c’era confusione dappertutto. A metà strada vide qualcuno che gli veniva incontro: ci fu un momento di paura: lui scartò di lato e lo sconosciuto fece altrettanto. Appena si spostarono dalla stessa parte, si scontrarono. Poco dopo l’impiegato fu preso dall’idea di aver di fronte un ladro. Subito si portò la mano alla tasca del suo pantalone…! Era scomparso il portafoglio. Con uno scoppio di rabbia raggiunse lo sconosciuto e gli chiese il portafoglio. L’uomo, spaventato, glielo consegnò (era però il suo) senza opporre resistenza. Quando il giovane impiegato arrivò a casa, la prima cosa che vide fu il suo portafoglio rimasto sul comodino. Lui stesso aveva compiuto una rapina inconsapevolmente. Blandine
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Il Perdono
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a decisione di preferire il perdono alla vendetta, la non-violenza alla violenza appartiene a se stessa. Una volta scoppiò una grande lotta tra due gruppi di diverse etnie. Uno si dichiarava più potente sull’altro e proprietario terriero: i componenti dei due gruppi si ammazzavano tra di loro. La tribù che aveva un grande potere combatteva la tribù più debole. Quella più debole fece prigioniero uno della tribù opposta. Lo legarono poi ad un albero e si prepararono ad ucciderlo. Un vecchio Krou della tribù dei deboli si avvicinò e disse: “Non ucciderlo, dallo a me!”. Il giovane prigioniero gli fu consegnato e il vecchio lo condusse nella sua campagna, gli diede da mangiare e un posto dove poter passare la notte. Al mattino il vecchio Krou ordinò al ragazzo di seguirlo. Camminarono a lungo e quando furono vicini al territorio dei suoi, il vecchio disse: “I tuoi compagni hanno ucciso mio figlio; io ti ho salvato la vita. Vai a raggiungere i tuoi compagni e continua insieme a loro ad uccidere i Krou”. Il ragazzo domandò stupefatto: “Perchè ti prendi gioco di me? So che i miei hanno ucciso tuo figlio, ora puoi vendicarti”. Il vecchio rispose: “Volevo ucciderti ma mi ricordai di mio figlio ed ebbi pietà di te. Ho parlato sul serio: vai con i tuoi compagni e continua, se vuoi, a uccidere i Krou”. E lo lasciò andare.
Blandine
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La Tartaruga e il Porco
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racconto africano
’era una volta una tartaruga che aveva chiesto in prestito del denaro al maiale: glielo avrebbe rimborsato dopo un mese. Quando la data del rimborso era scaduta, la tartaruga non aveva il denaro da restituire. Proprio in quel giorno il maiale arrivò per recuperare il suo denaro. La tartaruga quando lo vide, si trasformò in una pietra e sua moglie (la tartaruga femmina) l’usò per macinare il pepe. Il maiale la salutò, ma lei non rispose e il porco allora domandò: “Dov’è tuo marito?” Lei tacque e il maiale continuò: “Oggi non parli perché sai che sono venuto per recuperare il mio denaro”. Il maiale si arrabbiò, prese la pietra e la buttò nel campo. La moglie della tartaruga cominciò a piangere . La tartaruga (maschio) nel campo si trasformò nuovamente in animale: “Salve mio amico!” disse rivolgendosi al maiale. E domandò alla moglie perché piangesse. Lei rispose: “Perché il tuo amico ha buttato la mia pietra per macinare, nel campo”. La tartaruga chiese al suo amico se la cosa riferita, fosse vera. Il porco rispose che quando era arrivato, aveva salutato sua moglie e aveva anche chiesto dove lui fosse, ma lei non aveva risposto. La tartaruga allora ordinò al maiale: “Vai a cercare la pietra di mia moglie nel campo e poi vieni a prendere il tuo denaro!” Il maiale partì alla ricerca della pietra, scavò tutto il campo senza trovarla. Alla fine la tartaruga non rimborsò il denaro al maiale perché lui non trovò la pietra. E’ questa la ragione per cui, ancora oggi, il porco scava sempre la terra. Julienne
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Mamma capra e i suoi figli
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una storia albanese
amma capra è andata a fare la spesa e ha raccomandato ai suoi figli di non aprire la porta a nessuno. Il lupo vedendo la mamma allontanarsi bussa alla porta. Facendo la voce sottile come la loro mamma dice ai capretti: “Apritemi la porta, figli miei, sono la vostra mamma”. “E’ arrivata la nostra mamma” grida un capretto. Ma il capretto più piccolo, che è anche il più sveglio di tutti, capisce l’imbroglio e chiede al lupo: “Facci vedere la tua zampa”. Il lupo gli fa vedere la zampa ma il piccolo capretto capisce che non è mamma capra perchè lei ha le zampe bianche, mentre quella è nera. Allora il lupo va al mulino e si imbianca le zampe con la farina poi ritorna di nuovo alla casa dei capretti. “Apritemi la porta, sono la vostra mamma”. “Noi non abbiamo la chiave, entra dal camino” rispondono i capretti. Nel frattempo mettono una grande pentola piena di acqua bollente sul fuoco e il lupo ci cade dentro e muore. Mimoza
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La storia dell’uomo misero e della Morte
’era una volta un uomo troppo misero che andava tutti i giorni nella foresta a cercare legna da ardere. Lui non aveva da mangiare a sufficienza e la distanza fra la sua casa e la foresta era di cinquanta chilometri. Faceva tutto il percorso a piedi e al ritorno portava il pacco della legna sulla testa. Durante il tragitto doveva fermarsi a riposare tre o quattro volte e ogni volta implorava Dio di mandare la morte a prenderlo. Un giorno un uomo ricco aveva bisogno di legna da ardere e non sapeva dove trovarla subito. Nel villaggio l’uomo misero era l’unico che cercava legna da ardere e la conservava. Saputo ciò, il ricco si recò a casa del misero e comprò tutta la legna ad un prezzo ragionevole. La situazione dell’uomo misero cambiò e all’improvviso si ritrovò ricco. Ma quella sera la morte venne e bussò alla sua porta. L’uomo chiese chi era. La morte rispose: “Sono la morte, sei pronto a venir via con me?”. L’uomo disse: “Per favore, vattene. Non sapevo che la morte fosse così brutta, vai via. Proprio oggi che è finita la mia sofferenza tu vieni a cercarmi ma io non voglio più morire”. E la morte rispose: “Adesso non vuoi più morire. Sempre, quando qualcuno soffre invoca la morte e dimentica che la sua situazione potrebbe cambiare in qualsiasi momento. Tu devi capire che quando qualcuno muore è la fine di tutto, invece quando c’è la vita, c’è la speranza. Comunque, quando busso ad una porta, non ritorno a mani vuote per cui per forza devi venire con me”. Così il misero ebbe i soldi ma non li usò mai e non potè vivere momenti di felicità perché la morte se lo portò via. Se qualcuno ha dei momenti di difficoltà la morte non è una soluzione, perché domani tutto può cambiare e si può dimenticare la sofferenza. Julienne
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Pokuwa
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na ragazza di nome Pokuwa viveva con i suoi genitori. Era una signorina bellissima e, giunta in età di matrimonio, si innamorò di un giovane e comunicò ai genitori che voleva sposarlo. I suoi genitori le chiesero da dove veniva il suo innamorato ma lei non conosceva la sua città e neppure i suoi genitori. Allora i genitori di Pokuwa le consigliarono di non sposarlo ma lei era molto innamorata, anche perché questo giovane era bellissimo e ricchissimo. Finalmente lui le disse che voleva farle conoscere i suoi genitori e insieme si misero in viaggio verso la sua città. Ancora i genitori di Pokuwa le consigliarono in segreto di non andare con lui e di ricordarsi che “obbedienza è meglio di sacrificio” ma lei non ascoltò. Durante il viaggio arrivarono in una foresta e si fermarono. Scesi dalla macchina lei gli chiese dov’era la sua casa e lui rispose che bisognava camminare ancora molto per arrivare a casa sua. Successivamente lui le mise le mani sul collo e si trasformò in un serpente. Lei gli chiese di non ucciderla, lui acconsentì ma lei in cambio dovette raccontare cosa le era successo una volta ritornata in città. Svenne e quando si riprese ritornò nella sua città, raccontò cosa aveva visto ai suoi genitori i quali le risposero: “Hai capito che obbedienza è meglio di sacrificio”. Due mesi dopo Pokuwa si ammalò gravemente e morì. Ophelia dal Ghana
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Storia (vera) di due ragazzi
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il primo amore non si scorda mai
na mia amica molto molto bella era corteggiata da un ragazzo molto innamorato. Lei però non lo ricambiava: lui la corteggiava ma lei si arrabbiava tantissimo poiché sapeva che i suoi genitori non avrebbero approvato perché non volevano che lei si fidanzasse con uno qualunque. Questo ragazzo era figlio di un signore benestante, loro erano proprietari di una fabbrica. Un giorno la ragazza si recò a cercare lavoro proprio nella sua fabbrica; lo vide e raccontò tutto ai suoi genitori che finalmente le diedero la loro benedizione e le dissero che forse lui avrebbe davvero potuto renderla felice. Pian piano anche lei si innamorò e finalmente un giorno si sposarono ma non ebbero mai dei figli. Dopo qualche tempo lei purtroppo si ammalò e poco dopo morì. Per il giovane uomo questo fu un dolore davvero molto grande. Ma, passati alcuni anni lui incontrò un’altra donna; si risposò. Quando nacque la loro prima figlia lui volle darle il nome della sua prima moglie, perché anche se erano trascorsi molti anni lui l’amava ancora e non aveva mai smesso nemmeno per un giorno di pensare a lei. Io davvero credo sia vero che “il primo amore non si scorda mai! Zebenay
fiabe...
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Haina e Lroul
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aina era una bellissima ragazza, magra, alta, con capelli neri lunghi fino ai piedi. Andava sempre al fiume a fare il bagno. Un giorno Lroul la vide, le piacque, fu amore a prima vista. Decise di rapirla e di portarla a casa sua. Di notte, per paura che Haina scappasse, dormiva con i suoi capelli arrotolati sotto il cuscino. Il fidanzato di Haina era cugino di Lroul, e da quando lei era scomparsa la cercava dappertutto, in ogni casa e questa ricerca durò dei mesi. Finalmente un giorno la trovò e le disse che dovevano scappare la notte stessa ma Haina rispose che non poteva perché Lroul dormiva sui suoi capelli. Pensarono che l’unico modo per scappare fosse tagliare i suoi capelli. Ma Haina sentì una voce che le chiedeva: “Vuoi scappare?”. Lei, terrorizzata, si guardò intorno e vide che chi aveva parlato era “la pentola”. La pentola le disse che se voleva scappare doveva fare “la henna” a tutte le pentole così loro non avrebbero detto nulla a Lroul. Lei fece come le aveva detto la pentola poi si tagliò i capelli e scappò con il suo fidanzato. Lroul sentì qualcuno che gli diceva di svegliarsi perché Haina era scappata con suo cugino. Era il “mehraz” a cui Haina aveva dimenticato di fare “la henna”. Lroul si svegliò in fretta e andò a cercarli. Non li trovò ma mentre girava per le strade vide due gufi che litigavano. Chiese loro se avevano visto Haina e loro gli indicarono la direzione che i due avevano preso. Lroul vi si diresse velocemente e li trovò seduti a riposare sotto un albero. Lroul aggredì il cugino ma in quel momento arrivò un toro che passando lì vicino, aveva sentito Haina piangere. Le chiese il motivo e lei disse che Lroul voleva uccidere il suo fidanzato. Subito il toro attaccò Lroul che diventò un corpo senza anima. I due innamorati ringraziarono il toro e tornarono a casa felici, contenti e sereni. Amal
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L’Uomo povero e il Signore ricco
’erano una volta un uomo povero e un signore ricco. L’uomo povero era sempre felice, la vita gli andava sempre bene. Il ricco signore che gli abitava vicino, lo guardava con un po’ di invidia. Lui era sempre triste, aveva tanti pensieri che non lo facevano dormire la notte. Viveva con la paura che i ladri lo derubassero e lo uccidessero.. Una volta andò a trovare l’uomo povero e gli disse: - “Tu che sei sempre felice vai ad abitare nella mia casa ed io entrerò nella tua”. L’uomo povero, in quella ricca casa, non riusciva a dormire e a furia di pensare (per le preoccupazioni) era diventato magro. Rivolgendosi allora all’uomo ricco disse: “Non sono contento di abitare nella tua casa, voglio tornare nella mia dove io sto bene!” E così vi tornò e lì visse felice. Zebenay dall’Etiopia
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Il Principe innamorato
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’era una volta un giovane principe che voleva sposarsi e un giorno mentre andava a pescare, decise di passare dalla grande piazza e vide un bellissima ragazza che chiedeva la carità. Aveva tutti i vestiti strappati, bucati, ma si innamorò ugualmente di lei. Le chiese di andare con lui al castello per presentarla ai suoi genitori, ma quando loro la videro dissero:”Non puoi sposare una ragazza come lei!” Alla fine però accettarono perché avevano un solo figlio e desideravano che fosse sempre felice. E così la ragazza e il principe si sposarono. Passarono quattro mesi e mentre lui tutte le mattine andava a pescare, lei andava a buttare i soldi dalle finestre. Poi si cambiava gli abiti indossando quelli “stracci” e si spettinava. Un giorno i guardiani la videro e riferirono la cosa al Principe. Lui rispose che erano bugiardi perché non contenti che lui avesse sposato una poveretta. Una guardia gli disse: “Se non mi credi, fingi di andare a pescare ed osserva quello che la Principessa fa’”. Il giorno dopo il Principe vide ciò che faceva la sua sposa e la pregò di non farlo più. Voglòio darti un’ altra possibilità. Lei per due mesi mantenne la promessa, ma poi ricominciò a mendicare. Il principe allora le disse: “Adesso basta. Ti lascio; tu sei abituata a chiedere la carità.”
La morale di questa fiaba è che ogni persona se ha una possibilità nella sua vita, la deve sfruttare per cambiare se stesso, perché le opportunità si danno una volta solo nella vita. Amal
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Storie raccontate dalle nonne nella famiglia di Saida
’era una volta un pastore che viveva con la sua famiglia allevando animali. Egli aveva avuto nella sua famiglia solo femmine e desiderava avere un maschio che portasse il suo nome. Allora decise di sposare un’altra donna. La prima moglie soffriva per questo e si sentiva minacciata, ma non poteva più dire niente. Dopo nove mesi la seconda moglie che si chiamava Henda, ebbe un bambino. Il giorno del parto, il padre e le sue figlie portarono gli animali in montagna per qualche giorno. La prima moglie provò grande gelosia, temeva che Henda fosse trattata meglio di lei; allora le venne in mente di sbarazzarsi del bambino: gli tagliò il suo piccolo dito e macchiò la bocca della mamma di sangue mentre lei dormiva. Poi mise il piccolo in una scatola e la portò al fiume dove fu trovato da una vecchia donna. Quando il marito tornò, la prima moglie urlava e piangeva dicendo che Henda aveva mangiato il suo bimbo. Il marito si arrabbiò con sé stesso, pensava di essere stato punito perché aveva dormito e mangiato con gli animali. Durante la notte, quando tutti si misero a letto, Henda si lamentò pensando al suo bambino. Passarono alcuni anni e il bambino diventò un forte e bel ragazzo, mentre sua mamma Henda continuava a vivere e mangiare con gli animali ed anche i suoi abiti erano fatti di pelle di animali. Un giorno il ragazzo litigò con i suoi amici perchè loro lo chiamarono “ figlio adottato”. A quel punto il ragazzo andò a chiedere informazioni alla vecchia che lo aveva adottato su quello che aveva sentito dire dai suoi amici. Lei gli raccontò che tanti anni prima c’era stata una mamma che aveva mangiato il figlio e di lui era rimasto solo un dito. Subito il ragazzo decise di andare a cercare la sua famiglia; prese il ca-
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vallo e il suo cane e partì. Il suo viaggio durò tanto perché ogni volta che lui arrivava in un villaggio e chiedeva alle persone qualche informazione, loro rispondevano sempre: -Vai avanti! Il ragazzo proseguì, e dopo qualche giorno trovò una donna che vestiva pelli di animali e che piangeva. Lui le chiese di raccontargli la sua storia. Quando il ragazzo sentì che la donna parlava di un bambino senza dito, lui le mostrò la sua mano. Gli disse anche che il suo bambino aveva una macchia dietro un orecchio e il ragazzo le mostrò la macchia. La mamma rimase sorpresa: prese suo figlio tra le braccia fra tante lacrime. Dopo tante emozioni, il ragazzo insieme alla sua mamma andò verso la casa del padre che scoprì la verità e rimase sconvolto. La prima moglie prese il posto di Henda e tutta la famiglia (il padre, il figlio, le sorelle, Henda e la vecchia donna) vissero insieme nella gioia. Saida dal Marocco
...la nostra fiaba...
Una gita in un pomeriggio d’autunno è stata l’occasione che ha dato inizio a...
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Raggio di Sole
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oglio raccontarvi una storia… Tanti anni fa, durante una piovosa giornata d’autunno dal cielo carico di nuvole minacciose, ho sentito il profumo della legna che ardeva in un caminetto. L’odore proveniva da una piccola e modesta casa di montagna. Vi abitava una famiglia di ladri povera e numerosa, composta da madre, padre e cinque figli. Il padre era un uomo piccolo e magro, brutto in volto, dal naso aquilino, tanto lungo che arrivava quasi a toccare il labbro superiore della bocca. Lo si poteva considerare il domestico di casa. La madre era una “donnona” forte ed autoritaria, grande quasi quattro volte il marito, che la temeva, dato che era molto cattiva e gli dava un forte pugno sulla testa ogni volta che voleva parlargli. Dei cinque figli quattro erano maschi e la più piccola era una femmina. Il primo dei fratelli si chiamava Pié Veloce, in quanto correva molto velocemente ogni volta che scappava con il bottino di qualche furto. Fisicamente assomigliava al padre: aveva brutti lineamenti del volto ed era basso e magro di corporatura. Il secondo si chiamava Volpe, in quanto era molto astuto e furbo: sapeva sempre quale fosse il posto giusto da derubare. A differenza del padre e di Pié Veloce, Volpe era alto e forte. Egli per i fratelli era fonte di fiducia e speranza, in quanto era molto legato a loro, in particolar modo alla sorellina. Il terzo fratello si chiamava Mano Lesta, perchè riusciva a scucire i portafogli dalle tasche della gente, senza che nessuno si accorgesse di nulla. Si credeva il migliore dei fratelli, poiché era quello che portava più soldi a casa. Il quarto figlio si chiamava Pirata Giocondo: era il più simpatico: aveva il compito di scovare il nascondiglio giusto per il bottino. Ed infine c’era la piccola e dolce Raggio di Sole: era una bambina magra e bellissima, dai capelli biondi, gli occhi azzurri, un piccolo nasino e due meravigliose labbra rosse come le fragole, che parevano disegnate da un pittore. Nonostante il suo aspetto aggraziato, era una bambina molto triste a causa del comportamento dei
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suoi famigliari: non voleva che per avere di che vivere, rubassero. …Eh si, perchè dovete sapere che, non molto tempo fa, la sua era una famiglia davvero speciale, serena e gioiosa: la mamma pensava a curare la casa, papà e i fratelli lavoravano nei campi. La loro malvagità era stata causata dal sortilegio che una vecchia strega, loro vicina di casa, aveva inflitto loro offrendogli “deliziosi” pasticcini stregati… Perfidia, questo era il suo nome, magra e rinsecchita, gobba e cattivissima!!! La sua cattiveria era dovuta all’invidia che provava nei confronti di questa famiglia; nessuno desiderava stare in sua compagnia perché lei era sempre cupa, arrabbiata ed avara di cuore… trascorreva le sue giornate sempre in solitudine e questo la faceva imbestialire… Nella casa di Raggio di Sole, invece, aleggiava sempre un’aria di festa; la semplicità e la serenità erano quelle cose che tenevano unita tutta la famiglia ed allo stesso tempo facevano stare bene tutti coloro che trascorrevano del tempo con loro. Fortunatamente la piccola Raggio di Sole non aveva subito l’effetto del triste incantesimo di Perfidia perché, mentre la sua famiglia si mangiava i pasticcini stregati, lei era nel bosco a raccogliere fragole, more e lamponi per guarnire la sua torta preferita: “la mitica crostata di frutti di bosco”… Una notte, durante il sonno, Raggio di Sole sentì una vocina dolce e rassicurante che la chiamava: “Raggio di Sole, Raggio di Sole!”; in sogno venne a farle visita una fata: era una bellissima donna, vestita di bianco, con in mano una bacchetta magica. “Piccola Raggio di Sole, non devi più essere triste!” le disse e continuò “Io so come mai tu stai così male, è a causa dei furti commessi dalla tua famiglia. Io sono venuta per aiutarti a trovare una soluzione, affinché la tua famiglia possa ritrovare la via del bene”. Raggio di Sole, stupita, chiese “Oh Fatina, come posso fare ad aiutare i miei fratelli?”, la fata rispose: “E’ tua madre che, vittima della stregoneria, li spinge a commettere i furti, credendo sia questo l’unico modo per tirare avanti e sopravvivere”. Presa dallo sconforto Raggio di Sole chiese come era possibile far cambiare idea alla madre. La Fatina
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rispose: “C’è un’unica soluzione per poter aiutare i tuoi fratelli a capire l’importanza di vivere nel bene e per far sì che tua madre non li esorti più a commettere dei reati. Esiste una fonte di acqua sacra che potrebbe trasformare tua madre nella donna di prima, buona e onesta, piena di passione e di amore, ma tu dovrai prima recuperare quest’acqua e poi riuscire a fargliela bere. Questa fonte è però difficile da scovare: si trova in una grotta su di una montagna ed è raggiungibile solo se si superano numerosi pericoli. Inoltre è abitata da un gigante da un occhio solo che sputa fuoco come il più terribile dei draghi. Tuttavia non disperare, il coraggio e l’amore possono sconfiggere il mostro e far sì che i tuoi fratelli riescano nell’impresa”. Raggio di Sole ebbe un sussulto dalla felicità. C’era la speranza che la sua famiglia potesse vivere nel bene e nell’onestà. Vedendola fiduciosa la Fatina le consigliò: “Raggio di Sole, piccola mia, vai da tuo fratello Volpe e mettilo al corrente di ciò che ti ho detto. Egli sarà disposto ad aiutarti in nome dell’amore e della fratellanza. Non dovete avere paura perché io sarò con voi dall’inizio alla fine dell’impresa”. Raggio di Sole, ringraziata la Fatina, corse da suo fratello Volpe e gli raccontò ciò che era successo. Senza esitare Volpe disse: “Io farei qualsiasi cosa per te, per il tuo bene, perciò farò ciò che ti ha detto la Fatina”. Egli radunò i tre fratelli e disse loro: “Raggio di Sole sta molto male a causa del nostro comportamento; non è più una bambina felice... Se continuiamo così rischiamo di perderla”. E detto questo spiegò loro il piano per guarire Raggio di Sole e seguire la via del bene. I fratelli, che tanto contenti non erano neppure loro, si dissero disponibili ad affrontare l’impresa e si misero in cammino verso la grotta dove c’era la fonte sacra. Quando giunsero ai piedi della montagna i quattro decisero di dividersi in due gruppi, due proseguirono verso est e due verso ovest. Mentre percorrevano un sentiero, Mano Lesta e Volpe furono sorpresi dal gigante di cui aveva parlato la Fatina. Era un mostro spaventoso, che usciva dall’antro una volta al mese in cerca di un umano da mangiare. I due si diedero alla fuga, ma sfortunatamente, il gigante sputa fuoco, riuscì a catturare Volpe. Lo aveva già portato alla bocca e stava per man-
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giarselo, quando Mano Lesta, grazie alla sua velocità e alla sua mira, riuscì a colpire il mostro alla mano con una freccia tirata da un arco magico e a mettere in salvo il fratello. I due scapparono, ma il gigante ciclopico li inseguì. Volpe escogitò un piano per sconfiggerlo: Mano Lesta si fermò di colpo e disse al gigante: “Ti devo parlare, ma nell’orecchio, alzami per favore!”. Il mostro prese Mano Lesta e se lo portò vicino all’orecchio. A quel punto Mano Lesta mirò con l’arco dritto nell’unico occhio del gigante e lo accecò. Il mostro si lasciò cadere accasciandosi a terra e Mano Lesta raggiunse Volpe. I due fratelli si diressero verso un anfratto nella montagna: doveva essere la grotta di cui aveva parlato la Fatina, in quanto vi era un pozzo da cui sgorgava dell’acqua sacra. Non appena furono entrati nella grotta gli si fece incontro Perfidia che chiese loro in tono minaccioso: “Chi vi ha dato il permesso di avvicinarvi alla mia acqua?” e detto questo usò i suoi poteri magici per dar vita ad un fuoco intorno al pozzo affinché nessuno potesse raggiungere l’acqua. Ma Mano Lesta, velocissimo, spinse la strega nel fuoco, che bruciò e morì in preda ai lamenti. Il fuoco si spense e Volpe e Mano Lesta riuscirono a prendere una borraccia di acqua sacra da portare alla madre. Sulla strada del ritorno incontrarono Pié Veloce. Pirata Giocondo non era con lui perchè durante la strada era caduto in un buco profondo,ricoperto in superficie da terra e foglie. Mano Lesta e Volpe diedero la borraccia a Pié Veloce perché corresse il più velocemente possibile a portare l’acqua fatata alla madre, mentre loro andarono a ripescare Pirata Giocondo caduto nel buco tondo. La Fatina del sogno di Raggio di Sole, li aiutò nell’impresa porgendo loro una bacchetta magica che subito si trasformò in una lunghissima corda che permise a Giocondo di risalire dal buco. Poi, la fatina fece un’altra magia regalando loro un tappeto magico che in un battibaleno li riportò tutti e tre a casa. Pié Veloce era arrivato da poco. Non appena li vide entrare, la madre, arrabbiatissima, chiese loro dove fossero stati tutto il giorno, dato che non li vedeva dal mattino. I fratelli risposero che con Volpe erano an-
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dati a cercare una casa da derubare per quella notte. Mentre la madre preparava la cena Pirata diede la borraccia dell’acqua sacra a Pié Veloce, che la versò nella brocca personale della madre. Non appena ella bevve un sorso di quella bevanda si trasformò dalla donna cattiva ed aggressiva che era, in una persona dolce generosa e persino più bella. La prima cosa che fece fu abbracciare Raggio di Sole e chiederle: “Piccola mia a cosa sono dovuti quell’espressione felice e quel sorriso che hai dato che da mesi non ti vedevo più sorridere e non ti sentivo più cantare?”. Raggio di Sole, piangendo di felicità raccontò alla madre tutto quanto era successo e la donna, pentita, chiese perdono ai figli e al marito per averli costretti a rubare e a fare del male promettendo loro che da quel giorno tutto sarebbe cambiato ed essi avrebbero vissuto nel bene e nell’onestà. Felici e pieni di speranza il padre e i quattro figli maschi seminarono il campo attorno alla casa e piantarono alberi da frutta. Con la vendita dei rigogliosi raccolti riuscirono a mangiare e a vivere dignitosamente e serenamente e gli abitanti del bosco, felici, ricominciarono a frequentare la loro casa. Raggio di Sole non fu più triste e finalmente, dopo tanto tempo di triste silenzio, ricominciò a cantare la sua canzoncina preferita con quella voce deliziosa che aveva ricevuto in dono alla nascita. Ancora una volta il bene ha vinto sul male.
50 Canzoncina di Raggio di Sole La cara Raggio di Sole è proprio un grande amore i suoi fratelli l’hanno aiutata e la sua famiglia è davvero cambiata tanti pericoli hanno superato e il maleficio hanno annullato prima c’era paura tra la gente ma ora gioia e serenità sono arrivati, finalmente.
disegno di Alessandro Primerano
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leggende...
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Gohà
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ohà è il protagonista delle favole del mondo arabo; è il personaggio comico più popolare del folklore arabo. La sua caratteristica è la “doppiezza”: a volte è ricco altre volte è povero, a volte è furbo altre volte è sciocco, a volte è onesto altre volte è disonesto… Gohà magrebino lo ritroviamo anche in Egitto e nelle storie ebree si chiama “Giochà” mentre in Sicilia lo incontriamo con il nome di “Giufà” ma lo possiamo trovare anche nelle fiabe spagnole, siriane ed irachene. I suoi racconti sono quindi diffusi nella narrativa popolare di tutto il mediterraneo; una delle sue più particolari caratteristiche è quella di riuscire sempre a salvarsi dai guai senza neppure sapere come ciò avvenga. In Albania lo troviamo come “Pianaageha”, in Turchia come “Nasreddine Hodga”, in Lombardia come “Meneghino”, in Marocco ed in Algeria come “Jha”. Viene anche ampiamente raccontato nelle opere di Giuseppe Pitrè, studioso di racconti della tradizione e del folklore siciliano, che riprende le storie popolari diffuse in varie parti dell’isola tra la fine dell’800 e l’inizio del 900 d.C.. Eroe scelto anche oggi da Italo Calvino per la sua raccolta di “Fiabe italiane”. Pur combinandone di tutti i colori, con “Gohà” sono cresciute e forse crescono ancora intere generazioni di bambini siciliani, calabresi, arabi, turchi, marocchini… Molte storie di “Giufà” ruotano attorno al cibo, al modo per ricercarlo e per come cucinarlo… ha la capacità di far ridere giocando con le parole. Di seguito vi voglio presentare un piccolo racconto di “Giufà”: Come ti chiami? Mi chiamo come mio padre.
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Come si chiama tuo padre? Si chiama come mio nonno. E come si chiama tuo nonno? Come me! E come ti chiami tu? Come mio nonno. E come ti chiamano per andare a mangiare? Non mi chiamano. Ci vado da solo. Amal
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Rozafa
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la leggenda del Castello di Scutari
na delle leggende più antiche dell’Albania è quella di Rozafa e del castello di Scutari. Tanto tempo fa in questo paese vivevano tre fratelli. I tre fratelli volevano costruire un castello ma le mura che alzavano di giorno crollavano la notte. Non sapevano cosa fare e decisero di chiedere consiglio a un vecchio saggio. Appresero dal vecchio saggio che, per avere mura forti e solide, dovevano sacrificare dentro il muro una donna. I fratelli fecero un accordo. Chi, tra le loro tre mogli, l’indomani sarebbe giunta con il pranzo doveva essere sacrificata per il bene della comunità. Giurarono di non parlare con nessuno. Il giuramento di assoluto silenzio però non venne mantenuto da due dei tre fratelli che raccontarono tutto alle rispettive mogli. Fu così che toccò a Rozafa, moglie del più giovane dei fratelli e madre di un bambino, portare l’indomani il pranzo. Il fratello piccolo le raccontò cosa aveva detto il vecchio saggio e l’accordo che avevano fatto tra loro i fratelli. La giovane accettò, per il bene di tutti, di sacrificarsi e di farsi murare viva all’interno del castello, ma espresse un desiderio: chiese che le lasciassero liberi un seno e un braccio; il seno per allattare il suo bambino e il braccio per poterlo accarezzare. Mimoza
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La “Cörna” di Giobelèo
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leggenda lumezzanese
ille e più storie si raccontavano su Giobelèo. Giobelèo viveva in una grande roccia che si erge solitaria nella catena del monte Ladino che sovrasta il paese di
Lumezzane. Viveva lassù, da solo e nessuno si era mai avvicinato alla sua dimora. Era un uomo grande e grosso, selvatico, peloso, barbuto e con i capelli lunghi. Mangiava quello che trovava nel bosco e scendeva poche volte in paese e sempre di notte per non farsi vedere. Una volta due contadini lo videro bere il latte in un contenitore che avevano lasciato vicino alla stalla ma Giobelèo, vedendoli, scappò via. Allora la sera dopo i due contadini prepararono una ciotola di latte e la misero sopra il davanzale e aspettarono. Giobelèo arrivò, trovò la ciotola, si guardò intorno , bevve e se ne andò. E così fece per parecchie sere. Una sera uno dei due contadini decise di farsi vedere e lo aspettò con la ciotola del latte in mano. Giobelèo, indeciso, prima tornò nel bosco ma poi si avvicinò alla fattoria. Prese la ciotola che nel frattempo il contadino aveva appoggiato a terra e sparì. Ma, piano piano, sera dopo sera l’uomo selvatico fece amicizia con il contadino e non ebbe più paura. Mia nonna mi raccontava di Giobelèo come fosse “l’uomo nero” e quando mi mostrava la roccia che si ergeva maestosa e che si poteva vedere da casa mia, una certa ansia mi pervadeva . Sentivo che da lassù lui poteva vedere e controllare tutto e avevo paura delle sue imprevedibili reazioni . Marisa dall’Italia
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proverbi...
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Proverbi in dialetto lumezzanese e italiano Galina ècia la fa bù bröt Gallina vecchia fa buon brodo (generalmente è riferito alla donna, che porta con sé esperienza e saggezza) El ben e ol mal che te fee al turna endree Il bene e il male che fai, ritorna indietro (nell’arco della vita ciò che hai fatto nel bene e nel male ti sarà reso) A ehèr tròp bù he deénta ön macù A essere troppo buoni, si diventa schiocchi (la troppa bontà spesso è scambiata per incapacità) A hbaglia’ he empara A sbagliare si impara (non temere di sbagliare, importante è fare esperienza dell’errore per non ripeterlo) L’èrba del vidhì l’è hèmper verda e la crèh piö en frèha L’erba del vicino è sempre più verde e cresce più in fretta (sinonimo di invidia)
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Proverbi in albanese e italiano Me mirë një mik se njëçiflik Chi trova un amico trova un tesoro. Me thuaj me kë rri të them se kush je. Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei. Pula e vjeter e bën lëngun e ëmbël. La gallina vecchia fa buon brodo. Marrëveshjeve të bërë miq të mirë. Patti chiari, amicizia lunga. Syri nuk sheh, zemra nuk ka dëm. Occhio non vede, cuore non duole. Kush ka lilies nuk vdes Chi ha figli non muore. Mimoza e Liljana
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Proverbi in arabo e italiano Fai il bene e gettalo nel mare.
Il tempo è come una spada, se non lo tagli ti ha già tagliato.
Se non sei un leone, ti mangiano i lupi.
Ogni cosa ha il suo limite
La salute è una corona sulla testa delle persone sane che la vedono solo i malati.
Chi ha figli, non muore.
viaggi...
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Un bel pomeriggio in una bella città che si chiama Mantova
abato 6 Novembre 2010 siamo andate a Mantova con il gruppo delle donne “dinamiche” di diverse culture e nazionalità della Cooperativa “Il Mosaico”. La partenza da Lumezzane era fissata alle ore 13.30 e siamo arrivate a Mantova quasi alle ore 15.00. Da subito, ho percepito che Mantova non è una città come le altre d’Italia. E’ una città antica dove si trovano palazzi e case, costruiti tanti anni prima della nascita di Gesù. La città è pianeggiante e non è faticoso camminare. Abbiamo infatti camminato quasi tre ore senza difficoltà. La strada che costeggia il lago è un luogo di passeggiate per molte persone e mi ricordo un lago del mio villaggio dove noi andavamo quando avevo 18 anni. Il palazzo Ducale è costruito con mattoni ed ancora oggi è in buono stato ed è grandissimo. Questo palazzo è diventato un museo. I gradini dell’entrata, sono molto grandi perché i principi quando uscivano di casa, usavano sempre i cavalli. I giardini del palazzo sono bellissimi con alberi che danno un bell’aspetto naturale con foglie gialle cadute in autunno. La Basilica di S. Andrea dà l’impressione di un “paradiso terrestre”: non ho mai visto una basilica come questa! Qui è conservato il prezioso sangue di Gesù Cristo, l’unico nel mondo. L’ambiente della città era un ambiente che abitualmente ho visto anche nel mio paese: artisti che cantano al bordo della strada per cercare denaro. Un anziano signore con i capelli grigi e gli occhiali mi ha impressionato molto con il suo modo di suonare l’armonica. Sulla strada ho visto tanta gente che andava e veniva. L’ambiente di Mantova, con il suo paesaggio pianeggiante e tranquillo, ti fa dimenticare un po’ lo stress. Julienne
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Una capanna e una storia fantastica
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ggi ci troviamo a San Bernardo. Qui è molto bello nonostante sia un pomeriggio piovoso di novembre. Tutti gli alberi sono “nudi”. Il loro corpo racconta il tempo passato. Le foglie cadute in terra hanno formato un tappeto argenteo. I cavalli chiacchierano tra loro del lavoro svolto durante la giornata. Le mucche con il loro sguardo sembra che dicano: - Benvenuti nella nostra terra! I conigli timidi si nascondono veloci. Il mio sguardo è rimasto, ad un certo punto, colpito da una casa bellissima, affiancata da una capanna molto vecchia. Ma quest’ultima mi è sembrato che avesse voglia di raccontare la sua storia. In quel momento mi si è avvicinato un vecchio con una barba lunga che mi chiede: “Figliola mia, cosa guardi con molta curiosità?” “Non lo so” dico io. Questa capanna sembra che mi dica qualcosa. Non riesco a leggere i pensieri che si nascondono tra i suoi legni. Il vecchio, allora, inizia a raccontare. “Tanti, tanti anni fa, in questa capanna ha vissuto una famiglia molto numerosa”. I figli che vi abitavano , erano molto pigri e non avevano voglia di lavorare. Il loro papà invece si affaticava da mattina a sera. La sua salute ogni giorno peggiorava, tanto da non riuscire ad andare a lavorare nei campi. Lui sentiva che la morte era molto vicina. Prima di morire si rivolse ai suoi figli dicendo: “Io nel campo ho nascosto una brocca piena d’oro”. Dopo la morte del loro padre, i figli iniziarono a cercare la brocca contenente il tesoro. Si misero a lavorare il campo scavando dappertutto con la speranza di trovare la brocca preziosa. Cercarono ovunque, ma non trovarono niente.
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I figli allora per poter vivere pensarono di seminare dei prodotti: con il raccolto delle loro produzioni, ogni anno, guadagnarono molto denaro e diventarono ricchi. La capanna, trasformata dai fratelli in una bellissima casa, disse: “Senza lavoro non si può vivere. Il lavoro è il solo che ti aiuta molto a realizzarti nella vita!â€? Mimoza
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Mantova, che meraviglia!
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vevo sentito ripetutamente da mia cognata e dalla mia amica, decine di storie su Mantova e su i suoi bellissimi monumenti. Non avevo mai avuto, però, l’opportunità di andare a visitarla e desideravo con tutto il cuore vederla. Finalmente è arrivato il momento per andarvi con un gruppo di donne straniere di diversi paesi, anche italiane. Avevano tutte, come me, la curiosità di conoscere questa città. Appena scese dal furgone, mi sono trovata davanti una magnifica città. Siamo andate a scoprire “questa meraviglia” che mi è piaciuta molto. Abbiamo conosciuto i grandi spazi dove viveva la famiglia Gonzaga. Abbiamo ammirato i loro castelli e i loro giardini: erano tutti incredibili. Io ero molto felice perché era la prima volta che mi trovavo con tante donne da sola e non accompagnata dalla mia famiglia. Ho provato un po’ di libertà. Ho ricordato subito gli anni passati quando ero stata una studentessa e andavo sempre con i miei amici alle gite. Abbiamo scattato tante foto che esprimono l’amicizia fra una comunità di diversi paesi. Ho scoperto la meravigliosa chiesa “Basilica di S. Andrea” dove è conservato il preziosissimo sangue di Gesù, è unico al mondo e si trova in Italia. Viene portato in processione ogni anno il venerdì santo. La cosa magnifica è stata trovare una guida turistica che ci ha fornito tante informazioni sulla cripta: una piccola chiesa, bellissima, sotterranea: era la prima volta che entravo in un luogo così particolare e mi è piaciuto tanto. Alla fine della visita alla città, abbiamo gustato una merenda albanese deliziosa ed anche il “Tiramisù”. E’ stata una gita così veramente importante per me, che non la dimenticherò mai. Amal
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A Mantova Quando sono venuta da te Sono rimasta senza parole. I tuoi palazzi raccontano la tua storia Le tue strade la tua antichitĂ . Le tue chiese fedeltĂ nel Dio Sei veramente bella, bella...
Mimoza
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Gita a Sirmione
S
abato 17 Aprile 2011 abbiamo fatto una gita a Sirmione sul lago di Garda in provincia di Brescia. Eravamo in otto partecipanti; siamo partite col pulmino alle ore quindici e siamo arrivate verso le ore diciassette (abbiamo trovato traffico ed incontrato difficoltà di parcheggio). Abbiamo visto il lago con tante barche: erano bellissime. Il lago era di colore azzurro come il cielo e così abbiamo scattato tante foto. Mi ha interessato il Centro Benessere Termale Aquaria che include piscina, idromassaggi, docce aromacromatiche, percorso vascolare e palestra, sequenze di trattamenti termali ed estetici per la bellezza e la salute del corpo: ambiente unico e suggestivo per il relax anche della mente. In seguito abbiamo visto il castello con i colombi appoggiati sui balconi. Anche lì abbiamo scattato tante foto. Abbiamo riposato per quasi trenta minuti e mangiato la merenda. Il castello di Sirmione è detto “Castello Scaligero” ed è tra quelli meglio conservati e completi d’Italia. Poi abbiamo visto tanti alberghi e ristoranti dove le persone vanno a trascorrere periodi di riposo, di cure termali o di vacanza aumentando il turismo. Siamo ripartite da Sirmione verso le ore venti e siamo rientrate a Lumezzane alle ore ventuno e trenta. Ognuna è tornata a casa contenta perché insieme ci siamo divertite tanto. Ophelia
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Ho visto tante belle cose...
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ra un giorno molto bello di primavera, tranquillo con tanti raggi di sole coperti dalle nubi. Mi sono sentita in pace e felice perché andavo in gita con le persone che amo con tutto il mio cuore, con donne di tante nazionalità. Sentivo che erano persone appartenenti alla mia famiglia che riempiono una parte della mia solitudine. Ci siamo recate a Sirmione dove ha suscitato la mia curiosità un bellissimo castello che si trova circondato dall’acqua. Ha delle scale con molti gradini e porte giganti con catene di ferro che mostrano la “forza” degli anni passati e ho sentito la bellezza del luogo completo di tante finestre da dove si può scorgere l’acqua, solo l’acqua. Che panorama molto bello! Dà la sensazione della vita e ti fa sentire lontana dalla fatica quotidiana che anima gli umani. Mi piace tutta la tranquillità del lago con il colore grigio. C’erano anche case molto belle con balconi pieni di piante e fiori colorati; la bellezza dell’ambiente era data anche dai diversi colori delle case che parevano quelli dell’arcobaleno. Nell’aria si sentiva il profumo dello zolfo che proveniva dall’acqua benefica soprattutto per la pelle. Ho visto tante cose belle che non conoscevo. Ma la cosa che mi ha appassionato di più, è stata la nostra compagnia e la nostra solidarietà. Ci siamo raccolte intorno ad un tavolo e abbiamo gustato tutti i dolci dei diversi nostri paesi. E’ stato un giorno divertente e siamo tornate a casa felici e serene. Amal
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“Effetto magico”
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inalmente, dopo tanti mesi di freddo e di chiusura tra quattro mura, il caldo è tornato; la voglia di stare sotto il sole è forte e le persone possono muoversi con piacere. Anche noi donne del “Mosaico” abbiamo deciso di fare una gita approfittando del bel tempo. La nostra responsabile Gabry ci ha proposto di visitare un bel luogo che lei conosce ed ha già visitato. Questo è Sirmione con il suo famoso castello. La proposta mi è piaciuta perché in vita mia, mai prima avevo visto o visitato un castello. Quando siamo arrivate, io ho provato una sensazione piacevole: c’era una grande differenza tra questa località e Lumezzane dove io abito. A Sirmione tutto è organizzato: le costruzioni sono tutte sul piano, non ci sono tante salite, né tante scale. Il castello è molto bello; ha un’unica entrata e per entrarvi c’è un ponte sotto il quale scorre l’acqua. Vicino ci sono tanti negozi: vendono tante belle cose artigianali; vi sono pure gelaterie con tanti differenti gusti di gelato. Dopo aver ben camminato, abbiamo scelto un posto vicino al lago per riposare e fare una merenda composta da tanti tipi di pasticcini preparati da noi donne provenienti da diversi paesi insieme ad un bicchiere di thè caldo. La sera, a casa mia, ero stanca fisicamente, però mentalmente ero felice e tranquilla. La gita ha avuto “un effetto magico” ed ha cancellato tanti sentimenti di solitudine dentro di me. . Saida
riflessioni...
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Pensieri e Riflessioni Sono sempre stata curiosa di voler conoscere culture e tradizioni di altri paesi. Per questo ho preso al volo la proposta della mia amica Mimoza di partecipare agli incontri in cooperativa “Il Mosaico” con altre donne straniere ed italiane. Come il nome di questa cooperativa anche il nostro gruppo di donne mi sembra un mosaico di colori, culture e tradizioni di tanti paesi come l’Italia, l’Albania, il Marocco, il Ghana… In questi incontri mi sono arricchita mentalmente e spiritualmente: sono molto contenta di queste nuove amicizie. Liljana Ho percorso con voi un tratto di strada ed è stato bello! Tratti pianeggianti, fatti di momenti sereni, divertenti, con risate e racconti, gite e condivisione del cibo… Tratti in salita, fatti di discussioni su varie problematiche, scoprendo un uguale sentire e con la consapevolezza che di fronte alle difficoltà essere “insieme” è sempre una forza, che ti dà una marcia in più per continuare il cammino. E’ stato bello, andiamo avanti… Marisa Gli incontri tra donne di diversa provenienza sono stati arricchenti. Il dialogo, il confronto, il racconto di sé e delle proprie esperienze ha agevolato la conoscenza reciproca, la relazione, creando un clima amicale e distensivo. Insieme a voi mi sono trovata bene. Gabriella B.
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Fare parte di questo gruppo mi ha fatto tanto bene. I primi giorni qui in Italia sono stati molto pesanti per me, lontana dalla mia famiglia, dalle amiche, senza un lavoro e con un marito via da casa per tutto il giorno e che la sera, quando rientra, vuole dormire presto perché stanco del lavoro fatto. E così, a volte, la mia vita era disperata ed anche vuota. Fortunatamente questo gruppo per me è stato come una finestra aperta che ha fatto entrare aria fresca da respirare, mi ha dato la possibilità di fare tante cose e di sentirmi utile almeno un po’. Spero di poter continuare così… Grazie. Saida E’ stata un’esperienza molto bella quella vissuta in questo gruppo. La parola che mi esce dal cuore in questo momento è “Orgoglio”, perché è stato un grande orgoglio per me poter parlare con voi del mio paese… Non ho parole… Mimoza Quando sono entrata in questo gruppo mi sono sentita felice perché ho incontrato persone con culture diverse dalla mia ed ho visto però che sono come me, donne arrivate in Italia con lo stesso mio sogno: “Dare un futuro migliore alla propria famiglia”. Amal Divertimento!!! Abbiamo fatto gite in luoghi bellissimi: Lago di Garda, Mantova, San Bernardo… Ci conosciamo!!! Conosciamo le storie di tanti paesi, conosciamo il carattere di ognuna di noi: chi è più tranquilla, chi più irrascibile, chi è più gioiosa, chi più scontrosa…
Insieme abbiamo fatto tante cose nuove. Grazie!!!
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Ophelia Che grande gioia è stata per me frequentare il gruppo delle “carissime” donne. Tutto ciò che abbiamo vissuto mi rimarrà per sempre nel cuore. Baci baci a tutte Blandine
bibliografia
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Bibliografia suggerita Roba da Donne. Emancipazione e scrittura nei percorsi di autrici dal mondo, a cura di S. Camilotti, Roma, Mangrovie, 2009. D. Comberiati, La quarta sponda. Scrittrici in viaggio dall’Africa coloniale all’Italia di oggi, Roma, Caravan edizioni,2009. Pecore Nere. Racconti, a cura di F. Capitani e E. Coen, Roma-Bari, Laterza, 2005. Amori Bicolori. Racconti, a cura di F. Capitani e E.Coen, Roma-Bari, Laterza, 2008. B. Hirst, Blu Cina, Casale Monferrato (AL), Piemme,2005. C. De Caldas Brito, Amanda Olinda Azzurra e le altre, Roma, Oèdipus,2004. S. Ramzanali Fazel, Nuvole sull’Equatore. Gli italiani dimenticati. Una storia, Cuneo, Nerosubianco, 2010. I. Scego, Oltre Babilonia, Roma, Donzelli, 2008. C. Ali Farah, Madre piccola, Milano, Frassinelli, 2007. G. Ghermandi, Regina di fiori e di perle, Roma, Donzelli, 2007. F. Ahmed, Aukui, S. Giovanni in Pesinceto (BO), Eks&Tra, 2008. R. Ghazy, Sognando Palestina, Milano, Rizzoli, 2009. R. Ghazy, Oggi forse non ammazzo nessuno. Storie minime di una giovane musulmana stranamente non terrorista, Milano, Fabbri, 2007. S. Abdel Quader, Porto il velo, adoro i Queen. Nuove italiane crescono, Milano, Sonzogno, 2008. V. Chandra, Media chiara e noccioline, Roma, DeriveApprodi, 2001. G. Kuruvilla, E’ la vita, dolcezza, Milano, Baldini Castoldi Dalai, 2008. L. Waidia, Amiche per la pelle, Roma, Edizioni e/o, 2007. M. Sorina, Voglio un marito italiano, Vicenza, Il Punto d’Incontro, 2006. T. Jadreicic, I prigionieri di guerra, S.Giovanni in Persiceto (BO), Eks&Tra, 2007. D. Kovacevic, L’orecchio di Zora, S.Giovanni in Persiceto, (BO), Eks&Tra, 2007. E. Dones, Vergine Giurata, Milano, Feltrinelli, 2007. A. Ibrahimi, Rosso come una sposa, Torino, Einaudi, 2008. O. Vorpsi, Il paese dove non si muore mai, Torino, Einaudi, 2005.
Coop. Soc. Il Mosaico ONLUS con il contributo di
pubblicazione realizzata con la collaborazione dell’Associazione Culturale ColChiDeA www.colchidea.it