UNIONE EUROPEA
REGIONE MARCHE
PSR MARCHE 2007-2013
PACCHETTO QUALITA’. IN ARRIVO NUOVI STRUMENTI PER VALORIZZARE I PRODOTTI AGRICOLI. La definizione di qualità non è, né può essere, univoca, in quanto è ormai noto che essa deve essere definita rispetto alla capacità di un dato bene o servizio di soddisfare i bisogni, espressi o latenti, dei consumatori e/o dei clienti. Data la forte sensibilità dei consumatori finali, in particolare rispetto a talune delle caratteristiche qualitative, c’è una considerazione del tutto particolare rispetto ai prodotti alimentari: si pensi ai contenuti nutrizionali e salutistici degli alimenti, oltre ai più noti aspetti igienici e di sicurezza sanitaria, solo per fare alcuni esempi. Ciò perché, nel tempo, la società ha aumentato notevolmente le sue richieste di qualità all’agricoltura, sotto il profilo: Alimentare, chiedendo sempre più di produrre alimenti con caratteristiche positive, Sociale, applicando le nuove concezioni di multifunzionalità, Ambientale, prevedendo l’uso razionale e la valorizzazione delle risorse naturali. In questo contesto, la qualità del prodotto alimentare, richiesta dal consumatore, può essere definita in una serie di modalità, riassumibili nelle cinque “ S”; Sensi ( qualità organolettica): gusto, sapore, profumo, vista; Servizio (qualità industriale‐commerciale): preparazione, confezione, conservazione, ecc..; Sicurezza ( qualità igienico‐sanitaria): igiene alimentare, assenza di sostanze nocive; Salute (qualità come salubrità): caratteristiche dietetiche e nutrizionali; Storia (qualità tipica): zona di produzione, prodotto agricolo, composizione, metodi di produzione, ecc..; si tratta di elementi riconducibili all’origine del prodotto, che è possibile valorizzare, in termini di valore aggiunto, attraverso una chiara ed adeguata etichettatura obbligatoria degli alimenti ( freschi e trasformati). La qualità igienico‐sanitaria ( sicurezza alimentare) è garantita dalla legislazione in materia e da un adeguato sistema di controlli. Essa è oggi governata da una molteplicità di standard, nel cui ambito i principi HACCP rivestono certamente un ruolo di rilievo. La relativa certificazione di conformità, ove esistente, si configura come vera e propria certificazione obbligatoria. I principi del sistema HACCP sono stati introdotti in Europa inizialmente con la direttiva 43/93/CEE ( recepita in Italia con il decreto legislativo D. Lgs 155/97), che prevedeva l’obbligo di applicazione del protocollo HACCP per tutti gli operatori del settore alimentari, poi sostituita con il Reg. CE 852/2004, entrato in vigore dal 01/01/2006,che all’art. 5 par. 3
chiarisce che si applica agli operatori del settore alimentare che intervengono nelle fasi della produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti successiva alla produzione primaria. Di conseguenza nel D. Lgs 193/07 viene de finitamente abrogato il D. Lgs. 155/97 e vengono decretate le sanzioni per inadempienza al Reg. CE 852/04. Alle esigenze di tipicità, tradizione, abitudine dei consumatori, il legislatore ha risposto con l’emanazione dei regolamenti Comunitari in materia di prodotti a Denominazione di Origine protetta ( DOP), Indicazione Geografica protetta ( IGP), Specialità Tradizionale Garantita ( STG), e, con riferimenti ai vini, Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate ( in Italia DOC, DOCG IGT, che oggi rientrano anch’essi tra le DOP e IGP dopo la modifica introdotta nella OCM vino dal Reg. Ce 479/2008. Alle domande di tutela dell’ambiente e di sviluppo sostenibile, provenienti dal mercato, si è data una risposta con l’introduzione del sistema di produzione biologica, anch’esso definito da apposito Regolamento Comunitario, e in parte anche con la produzione integrata (PI), anche se definita, per ora, sulla base di disciplinari assai diversi nel contesto sia nazionale che europeo. Con l’introduzione dei prodotti DOP e IGp e delle produzioni da agricoltura biologica si sono creati dei “ marchi di qualità” regolamentati, a cui il produttore accede per scelta volontaria,ma per i quali i criteri normativi di riferimento ed i procedimenti di valutazione della conformità/certificazione sono definiti da regole obbligatorie. Tali certificazioni regolamentate vengono rilasciate da Organismi appositamente autorizzati dall’Autorità competente. Nell’ambito della certificazione di prodotto, particolarmente importanza riveste la cosiddetta certificazione di rintracciabilità di filiera che si configura, di fatto, come certificazione di processo, che garantisce la rintracciabilità del prodotto alimentare i tutti i passaggi del processo produttivo ed è anch’essa effettuata da competenti Organismi di Certificazione di parte terza. A completamento e integrazione delle forme, più o meno dirette, di assicurazione della qualità ( certificazione) dei prodotti agro‐alimentari sopra richiamate, si sono affermate, sia pur in gradi diversi, anche forme indirette di assicurazione, rappresentate dalla certificazione dei sistemi di gestione, che pure rivestono considerevole importanza per la produzione agricola e l’industria agro‐alimentare in genere, quali la certificazione di sistema di gestione per la qualità (SGQ) (regolata dalla Norma ISO 14001:2004) e la certificazione dei sistemi di gestione ambientale (SGA) (regolata dalla norma ISO 14001:2004). LE FRODI ALIMENTARI La crisi economica non è certo l’unico problema dell’agroalimentare italiano. Un altro problema, enorme, è quello delle contraffazioni alimentari. E’ un problema di sicurezza alimentare, ma anche una gravissima tara dl punto di vista economico. L’Italia è leader europea per le segnalazioni di cibi contaminati e per le agromafie, che ad oggi hanno un volume d’affari di 12,5 miliardi di euro e Coldiretti dichiara che la contraffazione alimentare pesa in Italia per 164 milioni di euro al giorno e
con una seria lotta alla pirateria alimentare si potrebbero creare fino a 300.000 nuovi posti di lavoro. La questione, prima di tutto, si pone sul piano della sicurezza alimentare e dei diritti dei consumatori, tra olio ammuffito venduto come extravergine, pessimo olio straniero venduto come Made in Italy, prosciutti di importazione venduti a caro prezzo con marchio tricolore, mozzarelle blu, mozzarelle italiane ma prodotte con latte straniero, funghi italiani in realtà cinesi, pesce fresco italiano in realtà cinese e decongelato, e innumerevoli altre frodi che di recente, in occasione della Pasqua, hanno portato al sequestro di 3.000 Kg di prodotti alimentari. Il problema è anche economico, infatti, mentre in Italia nel 2011, hanno chiuso 50.000 aziende agricole piegate dalla crisi, nel frattempo il fatturato dal falso made in Italy ha raggiunto soltanto nell’agroalimentare i 60 miliardi, e le agromafie sono a 12,5 miliardi di euro di volume d’affari. In pratica la contraffazione alimentare complessivamente costa all’Italia 164 milioni di euro al giorno e da una seria lotta alla contraffazione potrebbero derivare fino a 300.000 nuovi posti di lavoro. Eppure l’andazzo continua. Di recente, per contrastare il fenomeno del falso Made in Italy, sono state avanzate diverse proposte di legge più restrittive sulle etichette. LE CONTRAFFAZIONI Le contraffazioni e le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale sono fenomeni che hanno inflitto danni enormi all’immagine del nostro Paese, alla sua competitività industriale e alla sua capacità di attrarre investimenti nei settori maggiormente innovativi. Ciò ha comportato una riduzione della capacità di creare nuovi posto di lavoro, di assicurare adeguate condizioni di sicurezza e di ridurre il potere delle organizzazioni criminali che detengono il monopolio di una vera e propria “ filiera del falso”. Uno dei fenomeni più preoccupanti è quello della vendita all’estero di prodotti, prevalentemente agroalimentari, attraverso l’utilizzo di nomi, slogan, colori che richiamano le principali caratteristiche esteriori dei prodotti Made in Italy. I principali mercati di sbocco per tali prodotti risultano essere prevalentemente Paesi del Continente americano, in particolare, Stati Uniti, Canada e Messico, ma anche in Europa la situazione ha assunto risvolti preoccupanti, se si considera che nell’Unione Europea il falso Made in Italy vale 21 miliardi contro i 13 dei prodotti originali. Tali fenomeni, oltre ai danni economici e all’immagine, pongono anche rischi per la salute dei consumatori. NUOVI STRUMENTI PER VALORIZZARE I PRODOTTI AGRICOLI La Commissione Europea ha formalmente adottato quattro proposte normative, riunite in quello che è stato definito il “ pacchetto qualità”, dopo un percorso di approfondimento durato alcuni anni e che ha visto la presentazione nel 2008 del “ Libro verde sulla qualità” e nel 2009 la “ Comunicazione al Parlamento Europeo e al Consiglio sulla politica di qualità dei prodotti agricoli”. I quattro progetti normativi del “ pacchetto qualità” consistono in:
Una proposta di regolamento sui regimi di qualità dei prodotti agricoli, volto a conferire coerenza e chiarezza ai regimi dell’Ue; Una proposta di modifica al Regolamento Ce 1234/2007 sugli standard di mercato, nell’ambito della Organizzazione Comune di Mercato (OCM); Una linea guida sull’etichettatura degli alimenti che utilizzano DOP e IGP come ingredienti; Una linea guida sugli schemi volontari di certificazione. Con la prima proposta di regolamento la Commissione intende consolidare in un unico testo e migliorare la disciplina dei sistemi di certificazione di qualità esistenti, tre sistemi complementari, quali: Denominazione d’origine ed indicazioni geografiche; Specialità tradizionali garantite; Menzioni di qualità facoltative, ossia quelle indicazioni facoltative di qualità che conferiscono informazioni utili per comunicare ed esaltare qualità specifiche degli alimenti, sempre più richieste dai consumatori, come per esempio “ allevati all’aperto” per i pollame o “ prima spremitura a freddo” per l’olio. In particolare, per le DOP e IGP è molto positivo che la Commissione abbia abbandonato l’idea iniziale di fonderle in una unica definizione e che abbia accolto il principio della “ protezione ex‐officio”, sollecitata da Coldiretti e riconosce agli Stati membri l’obbligo di mettere in atto azioni amministrative e giuridiche per prevenire o fermare l’uso improprio delle DOP e IGP. Questo importante strumento potrebbe evitare in futuro un altro “ caso Parmesan”, che, come si ricorderà, vide opposti la Commissione europea alla Germania e che si concluse con una vittoria a metà, nel senso che la sentenza della Corte di Giustizia del 2008, pur riconoscendo che il termine creava confusione con la Dop “ Parmigiano reggiano”, sancì che la legislazione non imponeva agli Stati Membri di intervenire d’ufficio per proteggere le denominazioni sul loro territorio. Anche per quanto riguarda le Specialità Tradizionali Garantite è positivo che la Commissione abbia desistito dal cancellarle, in quanto vengono mantenute, prevedendo alcune importanti modifiche, ossia la possibilità di registrare solo quelle che riguardano prodotti trasformati e con riserva di nome. Tuttavia viene previsto un periodo transitorio fino al 2017 per quelle senza riserva di nome, come è il caso della Pizza napoletana STG e della Mozzarella STG, registrate senza uso riservato di nome. Tra le indicazioni relative alle indicazioni geografiche risulta molto utile anche la prevista riduzione dei tempi per l’esame della domanda di registrazione da parte dei servizi comunitari. Inoltre, la Commissione europea ha predisposto una linea guida per l’utilizzo di Dop e Igp come ingredienti di altri prodotti, con il giusto obiettivo di difenderne la reputazione contro etichettature improprie tali da indurre in inganno circa la composizione del prodotto finale e arrecare danni alla reputazione delle indicazioni geografiche, obiettivo condiviso da Coldiretti, che si preoccupa di promuovere il
consumo delle Dop e Igp salvaguardando l’informazione trasparente al consumatore. La seconda proposta di regolamento è volta a semplificare l’adozione, da parte della Commissione, di norme di commercializzazione, inclusa la possibilità di estendere l’obbligo dell’indicazione in etichetta del luogo di produzione, in funzione delle specificità di ciascun settore agricolo. In tal senso, ai prodotti per i quali non esiste una norma di commercializzazione specifica verranno applicati i requisiti di base e si auspica che ci sia una effettiva estensione dell’indicazione del luogo di produzione, poiché ciò va incontro alle esigenze dei consumatori in materia di trasparenza. Infine, il pacchetto qualità prevede nuovi orientamenti sulle buone pratiche applicabili ai sistemi di certificazione volontaria, che potrebbe agevolare l’individuazione dei contenuti minimi per assicurare un buon sistema di qualità, credibile ed affidabile, considerato il notevole aumento che questi hanno avuto negli ultimi anni. In tal senso, il pacchetto qualità potrà costituire un primo passo verso la realizzazione di un settore agricolo più forte e più dinamico se sarà seguito da altre iniziative nelle quali sia assicurata la possibilità di comunicare al consumatore in modo trasparente gli elementi di istintività della qualità dei prodotti italiani, come da tempo sostiene Coldiretti: solo in questo modo sarà possibile, per le imprese agricole, combattere la crisi, la concorrenza mondiale e la concentrazione del potere contrattuale nel settore della distribuzione. L’ETICHETTAURA La legge n.4 del 3 febbraio 2011 reca disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari. In particolare, l’articolo 4 ha previsto che sia obbligatorio, nei limiti e secondo le procedure di cui al presente articolo,riportare nell’etichetta di tali prodotti, l’indicazione del luogo di origine o di provenienza e, in conformità alla normativa dell’Unione Europea, dell0eventuale utilizzazione di ingredienti in cui vi sia presenza di organismi geneticamente modificati in qualunque fase della catena alimentare, dal luogo di produzione iniziale fino al consumo finale. Già il latte fresco, la passata di pomodoro e la carne di pollo sono etichettati in Italia sulla base di norme nazionali che obbligano ad indicare l’origine con il consenso Dell’Unione Europea dalla quale arriva l’annuncio che sull’estensione dell’etichettatura a tutti i tipi di carne c’è già l’accordo tra i 27 paesi. Pertanto l’Italia è chiamata a svolgere un ruolo da apripista a livello comunitario per la leadership conquistata nella qualità e sicurezza alimentare delle produzioni. I tre precedenti prodotti già etichettati, quali: latte fresco, passata di pomodoro e carne di pollo e una maggiore sensibilità comunitaria sui temi di sicurezza con il via libera all’etichettatura della carne e soprattutto il rincorrersi di emergenze come l’ultima quella della diossina nelle uova e nel pollo sono ragioni valide per non cedere alle pressioni delle lobby interessate e per sostenere e applicare la legge nazionale, che è stata formulata nel pieno rispetto della normativa comunitaria. Oggi più che mai la
nostra legge nazionale rappresenta un punto a favore della civiltà e della democrazia, ma anche un chiaro monito alla Ue: quando forze sociali, consumatori e cittadini fanno squadra è possibile sconfiggere le lobby e far vincere la gente, ma soprattutto l’imprenditore agricolo. I CIBI CON L’ETICHETTA INDICANTE L’ORIGINE SULLE TAVOLE DEGLI ITALIANI Cibi con indicazione di provenienza Cibi senza indicazione di provenienza ‐carne di pollo e derivati ( norma ‐Pasta ‐Carne di maiale e salumi nazionale) ‐Carne di coniglio ‐carne bovina ‐Frutta e verdura trasformata ‐frutta e verdura fresche ‐Uova ‐derivati del pomodoro diversi da ‐Miele passata ‐Passata di pomodoro (norma ‐Formaggi nazionale) ‐Derivati di cereali ( pane e pasta) ‐Latte fresco ( norma nazionale) ‐Carne di pecora e agnello ‐Pesce ‐Latte a lunga conservazione. ‐Extravergine di oliva
Piano di sviluppo rurale 2007-2013 Misura: 1.1.1. Azione nel campo della formazione professionale e dell’informazione. Sottomisura: b) Attività informativa nel settore agricolo forestale con la partecipazione comunitariaDomanda n. 4592/2010