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Sommario
Introduzione
Pag. 3
Cos‟è la musicoterapia?
Pag. 4
Improvvisazione musicoterapica
Pag. 5
L‟effetto Mozart secondo Tomatis
Pag. 7
L‟orecchio elettronico
Pag. 9
Il metodo Tomatis
Pag. 11
L‟effetto Mozart
Pag. 15
La musica come abilità cognitiva
Pag. 17
Il linguaggio musicale
Pag. 19
Biologia del pensiero musicale
Pag. 22
Musica e intelligenza-spazio temporale
Pag. 25
Conclusioni
Pag. 29
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Introduzione
E‟ difficile esprimere a parole molto di ciò che si svolge nella vita interiore dell‟uomo, e soprattutto quando si tratta di sentimenti spiacevoli oppure tabù come la rabbia, la paura, la vulnerabilità oppure la tristezza. Con la musica è diverso; riesce ad esprimere, in modo diretto e immediato, i sentimenti più profondi. Fin dall‟antichità la Musicoterapia trae vantaggio da questo potenziale. Nell‟ascolto di suoni, ritmi e melodie risuonanti dal silenzio, al contatto di ciò che suscitano nel suono attivo, emerge l‟uomo e incontra sé stesso. Sofferenze inespresse e nascoste possono essere toccate e avvertite, questo anche quando la loro verbalizzazione non è (ancora) possibile. Ne nasce uno spazio simbolico nel quale forze di autoguarigione
inattive vengono fatte emergere e possono essere rese fruttuose nel rapporto terapeutico. Il concetto di musica, in questo contesto, viene abbracciato in modo ampio: non vengono compresi soltanto determinati pezzi o stili musicali ma anche, a livello elementare, tutto ciò che risuona, sia che si tratti di suono, ritmo, melodia, rumore oppure anche silenzio. Alla base di qualsiasi attività musicoterapica si trova la libera improvvisazione, cioè la musica creata sul momento. Non si imparano le note, e neppure si tratta dell‟apprendimento di abilità strumentali. Il prodotto musicale finale, o meglio la sua qualità estetica, non sta in primo piano. Qui si espleta anche la distinzione fondamentale dell‟educazione musicale: non c‟è il giusto e lo sbagliato, il bello o il brutto nel senso obbiettivo. La relazione ludica con gli elementi musicali e il simbolismo di quest‟espressione individuale sono al centro dell‟attenzione. 3
Cos‟è la musicoterapia?
"La musica riusciva a entrare e a compiere miracoli anche nel suo mondo lontano, molto più lontano della luna." Paulo Coelho
Con il termine di Musicoterapia si definisce un‟ attività che comprende un ambito più ampio delle due singole discipline (Musica e Terapia). Tale rapporto costituisce di fatto una interazione tra due aree di ricerca esistenti 4
nell‟ambito culturale che “avvolgono” l‟esistenza di un soggetto nella sua totalità: un‟area a sfondo musicologico e un‟area a sfondo terapeutico. L‟interazione che ne scaturisce determina un‟area di intervento che si identifica nell‟itinerario “musicoterapico”. Il linguaggio materno prima e la comunicazione familiare dopo attivano diverse strategie di comunicazione in ogni bambino determinando, all‟interno della sua mente, un sistema acustico– culturale–musicale necessario alla comunicazione verbale. Il patrimonio delle sonorità ambientali e musica contribuisce così alla formazione e allo sviluppo del bambino in virtù di una adeguata struttura relazionale con il prossimo. Riuscire, quindi, a contestualizzare le dinamiche relazionali sotto il profilo sonoro musicale sottintende la possibilità da parte dell‟educatore di poter introdurre alcune variabili nel livello di “interesse” verso il fenomeno musica e quindi introdurre i cambiamenti nel comportamento del soggetto in trattamento.
“Improvvisazione”
Kandinsky
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Improvvisazione musicoterapica
L'improvvisazione (dal lat. Improvisus – inaspettato, inatteso) per sua natura costitutiva è qualcosa che principalmente accade e che poco si presta ad una classificazione. Oltremodo l'atto improvvisativo in sé è qualcosa d'evanescente, effimero e transitorio, che possiamo ben dire antitetico a una rigorosa teoria scientifica che, invece, è tanto più valida quanto più riesce a predire con esattezza l'evento oggetto d'indagine. Tutto questo potrebbe far pensare che l'improvvisazione in sé sia qualcosa che non si studia, perché semplicemente accade, e dunque non lascia traccia. Dato il carattere "istantaneo" dell'atto improvvisativo, diviene difficile e forse anche paradossale rintracciare materiali e studi che a esso si riferiscono. E‟ invece possibile trovare dei percorsi, delle esperienze consapevoli, quando l'improvvisazione acquista la peculiarità di un atto che specializza una forma. Allora l'improvvisazione è musicale, teatrale, anche pittorica: spesso un'accezione di una disciplina artistica o comunque di un ambito dove libertà e creatività sono fortemente richieste. Acquisisce un passato che la solleva dall'attimo per storicizzarsi e in questo senso può essere studiata e compresa, ma sempre in riferimento ad una disciplina che la contiene. A mio avviso non è possibile “inventarsi” artisti o professionisti in qualsiasi campo, se non si accetta di fondare le proprie aspirazioni sulla necessaria fatica che l‟applicazione ad imparare un‟arte presuppone per chiunque. Non esiste tra gli uomini genio che abbia una scienza o competenze tecnico-professionali infuse, come in teologia si può dire delle virtù morali. Anche i più “grandi”, come Mozart, Michelangelo, Dante, Platone, Aristotele, si applicarono con metodo ai rispettivi studi. Mozart conosceva benissimo la musica italiana, Händel il contrappunto, Dante studiò presso i padri francescani di Santa Croce in Firenze i classici latini, Platone stette per vent‟anni assieme a 6
Socrate, Aristotele seguì dai venti ai trentotto anni Platone, e così via. Un musicista, nel momento in cui improvvisa, grazie alla preparazione teorica e tecnica,
alla sensibilità e al gusto estetico, crea un qualche cosa di
formalmente riconosciuto. Chi ascolta può “risentire certe forme”, emozionarsi ed eventualmente rispondere, dando vita ad un dialogo. Nell‟improvvisazione musicoterapica troviamo molti punti in comune con quella propriamente musicale (strumenti, forme, persone), ma esistono anche altre competenze (transfert –controtransfert, personale analisi sonora, fenomeni fonosimbolici), ugualmente importanti che ne connotano le premesse epistemologiche e gli obiettivi. L‟effetto Mozart secondo Tomatis
Il metodo Tomatis è una terapia ideata da un medico otorinolaringoiatra francese, Alfred Tomatis, che mise in evidenza le relazioni esistenti fra l'orecchio e varie funzioni dell'organismo, come ad esempio il linguaggio. Il metodo audiopsicofonologico ideato dal dott. Tomatis stabilisce che quando l'orecchio non ascolta in modo ottimale si hanno ripercussioni su tutto l'organismo. Attraverso questa metodologia terapeutica, utilizzando una macchina nota come "orecchio elettronico", che filtra la musica di Mozart, si apportano all'orecchio le frequenze acute che vanno a "ricaricare" la corteccia cerebrale. L'orecchio, infatti, ha il compito di portare energia al nostro cervello, come una dinamo che ricarica la batteria di un'auto. Tale apporto energetico è determinato quasi esclusivamente dalle frequenze acute; tali frequenze si trasformano in stimoli nervosi, a livello delle cellule ciliate della coclea (cellule del Corti), e provocano una dinamizzazione dell'attività corticale, che si tramuta in coscienza, concentrazione, memoria e volontà; dopo la terapia avviene un risveglio della coscienza e della vitalità. Inoltre la parte dell'orecchio interno detta "organo di equilibrio" tiene sotto controllo 7
tutti i muscoli del corpo; ecco perché una sana "energizzazione" agisce sulla tensione corporale, su eventuali contrazioni o rilassamenti del tono muscolare e quindi sulla postura. Osservando il sistema nervoso parasimpatico, possiamo anche comprendere il motivo per cui le frequenze acute agiscono positivamente in varie malattie psicosomatiche. Il nervo vago (sistema parasimpatico), tramite il nervo auricolare si inserisce sul timpano; il vago, anche detto "nervo dell'angoscia", risente di ogni situazione di stress o conflitti e reagisce determinando disturbi specifici a carico degli apparati o organi innervati (digerente, respiratorio, circolatorio, etc.). Le frequenze acute determinano una tensione del timpano prodotta dalla regolazione dei muscoli del martello e della staffa (muscoli della cassa del timpano). Il timpano teso al massimo, assicura un buon equilibrio neurovegetativo. Grazie al vago tutto si può organizzare armoniosamente o squilibrarsi: in quest'ultimo caso appaiono somatizzazioni varie: paura, ansia, angoscia. Un orecchio chiuso allenta la muscolatura del martello che non sollecita più la muscolatura della staffa; così la membrana del timpano allentata in un movimento ampio eccita il ramo auricolare del vago, con reazioni nella sfera vegetativa. La
microginnastica dell'orecchio permette al soggetto di stendere il suo timpano: così l'eccitazione del vago cessa e si verifica un rilassamento globale. La prima fase della terapia è rappresentata dal test di ascolto, il momento diagnostico, che viene effettuato attraverso un audiometro attraverso il quale vengono inviati al soggetto segnali sonori . In seguito ai dati ricevuti, vengono tracciate le curve dell'ascolto aereo e dell'ascolto osseo. In base al test e ad un colloquio, lo specialista personalizza il programma d'ascolto. Il test d'ascolto da un'immagine dell'aspetto mentale e corporale del soggetto. La base musicale del metodo Tomatis è la musica di Mozart che è ricca di alte frequenze e non è stancante. Si utilizzano anche in misura minore i canti gregoriani, che mettono in sintonia i ritmi cardiaci e respiratori. Il programma sonoro si prefigge lo scopo di far seguire al paziente una 8
progressione di ascolto ideale, simile a quella che avrebbe dovuto sviluppare dal momento del suo concepimento; la qualità del suo ascolto e di conseguenza la comunicazione con l'ambiente sono la risultante di tutto ciò che non è "filato liscio" da quel momento in poi. "Bisogna essere destroidi
fino alla sinistra" è quanto afferma e ripete Tomatis, a sostegno della ricerca dell'individuo ad essere destroide non solo nella mano o nel piede, ma anche nell'audizione, nella parola. Gli impulsi che partono dal cervello si ripercuotono per l'elaborazione di un suono a livello della laringe, grazie alla quale avviene la comunicazione. A questo livello c'è un'asimmetria: la semilaringe destra beneficia di un nervo ricorrente motore (ramo del vago) più corto di quella sinistra, per cui il tempo degli impulsi neuronici è differente. L'orecchio destro è quindi più vicino agli organi fonatori e al cervello di quello sinistro, il cervello destro ha una funzione di controllo e di integrazione, quello sinistro è esecutore. Per questo è importante che l'informazione sia ricevuta dall'orecchio destro, in quanto se è invece il sinistro a riceverla, sarà il cervello destro ad attuare l'esecuzione e quindi non potrà occuparsi adeguatamente del controllo. Col training si lateralizza progressivamente a destra, in questo modo, l'ascolto, passando da sinistra a destra, determina un miglioramento del rendimento cerebrale del soggetto ed un'armonizzazione generale. Se la laterizzazione è una scelta dell'individuo perché alcuni scelgono quella più difficile? La scelta, che è inconscia, è legata all'elaborazione del linguaggio del soggetto, il piccolo comunica già con sua madre e nella fase del balbettio non c'è ancora differenziazione degli orecchi, in seguito il bambino "incontra" il padre che è il vettore del linguaggio socializzato; per comprenderlo dovrà tendergli il giusto orecchio .Se le relazioni tra padre e bambino non sono buone, quest'ultimo ha probabilità di tendergli l'orecchio sinistro per tenersi l'interlocutore a distanza.
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L'orecchio elettronico
L'audiopsicofonologia utilizza l'orecchio elettronico che è un apparecchio costituito da un amplificatore, da filtri e da un gioco di bilance elettroniche. L'orecchio elettronico modifica il messaggio sonoro offrendo due canali possibili verso le cuffie: il primo canale mette sotto tensione i muscoli del martello e della staffa; II secondo canale provoca il loro allentamento; in questo modo si provoca un movimento di tensione e distensione dei muscoli dell'orecchio medio e quindi una micro ginnastica. Il metodo Tomatis è un metodo innovativo che può risolvere, in maniera soddisfacente, vari disturbi psicologici e psicosomatici. E‟ comunque molto efficace anche nei problemi di apprendimento, di mancanza di concentrazione ed è anche d'aiuto a bambini e adolescenti con difficoltà scolari. Grazie all'energia che l'orecchio apporta al cervello, il pensiero è molto attivato e quindi anche le facoltà creative sono ampliate. Altre applicazioni particolari: a) Educatori: dall'insegnante al genitore, migliorando il proprio benessere, si comunica in maniera più soddisfacente e produttiva. b) Managers: hanno bisogno di alte qualità sia a livello fisico che mentale; hanno bisogno di avere una macchina nervosa agile, impeccabile e rapida. Una corteccia che invecchia fa sì che i processi mentali si sclerotizzino, la memoria diminuisca come anche la concentrazione. L'energia apportata dalla dinamizzazione dell'attività corticale con l'uso del metodo Tomatis determina forza energetica, creatività, eliminazione dello stress ed ampliamento della coscienza.
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c) Insegnamento lingue straniere: è possibile, con il metodo Tomatis, restringere o estendere a volontà la "banda passante" o banda di selettività specifica che è responsabile dell'apprendimento più o meno ottimale di una lingua: per esempio l'orecchio francese oscilla tra 1000 e 2000 Herz mentre quello italiano tra 2000 e 4000 Herz. Con l'orecchio elettronico è possibile sbloccare l'orecchio e creare la ricettività che gli manca. d) Musicisti e cantanti: per cantare o suonare uno strumento è importante mettersi in ascolto con se stessi o col suono prodotto dallo strumento, al fine di controllarli meglio, un miglioramento dell'ascolto da parte di un soggetto gli permette di avere una più ampia padronanza della sua voce o del suo strumento.
Alfred Tomatis
Il metodo Tomatis
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Dalle ricerche sul rapporto strettissimo tra facoltà d‟ascolto e psicologia, dalla messa a punto di un metodo di terapia sperimentale finalizzata alla rieducazione delle potenzialità auditive può darsi un nuovo e sistematico approccio didattico basato sull‟ascolto? L‟ “ascolto” inteso come funzione fondante di tutta la dinamica del linguaggio quindi della comunicazione, viene sublimato dallo studioso Tomatis alla condizione di facoltà primaria, la sola capace di consentire all‟uomo una crescita equilibrata in sintonia con la vita. A partire dalle sue competenze di medico otorinolaringoiatra, attraverso pionieristiche ricerche sul campo relative al rapporto udito-fonazione ha elaborato una singolare tecnica di rieducazione audio-vocale, oggi nota come “ metodo Tomatis”. Lo studioso approda alla definizione di tale metodo dopo aver constatato che i problemi relativi alla corretta articolazione del linguaggio e della vocalizzazione in genere sono attribuibili in molti casi alle carenze di un processo di condizionamento audio-vocale inadeguato o, in qualche maniera, disturbato. Il raffinato processo di apprendimento dell‟uso della voce si evolve per gradi fin dal concepimento e secondo Tomatis è fortemente veicolato dall‟orecchio. La funzionalità dell‟apparato uditivo in stretta connessione con gli organi preposti alla fonazione, mentre disciplina l‟intera attività sensoriale, condiziona la presa di coscienza di sé e della propria corporeità. Questa breve premessa è anche il punto d‟arrivo della teorizzazione elaborata da Tomatis in relazione alla questione dell‟ascolto che egli considera prioritaria ed essenziale. L‟approccio pedagogico all‟ascolto appare ben diverso, come Tomatis stesso sottolinea, dal percorso terapeutico psicoanalitico teso unicamente a cercare di smontare le rigide forme delle costruzioni umane “rafforzate da millenni di incomprensione da cui l‟ascolto si è trovato letteralmente escluso”. L‟applicazione pratica del metodo Tomatis si propone essenzialmente di risvegliare l‟ascolto: il percorso guidato, ma non passivamente seguito, verso il recupero dell‟ascolto “ha per 12
principale obbiettivo la scoperta della presenza dell‟altro, della presenza effettiva di ciò che è altro da sé”. Grazie alla ritrovata e rinnovata facoltà di ascoltare “tutto ciò che un essere umano può raccogliere e tradurre in linguaggio verbale attraverso il sistema nervoso, si ritroverà libero dai filtri frapposti dalle vicende affettive e arricchito di tutta l‟esperienza personale”. Dunque insegnare o rieducare l‟ascolto “può diventare un apprendimento come gli altri” , tanto più efficace se effettuato, con l‟aiuto di sistemi sempre più avanzati, grazie ai progressi dell‟elettronica : sistemi che tengano conto da una parte dei meccanismi dell‟orecchio e dall‟altra dell‟elaborazione dei suoni compiuta dall‟apparato uditivo fin dal concepimento. Non intendiamo qui entrare nel merito della dettagliata descrizione anatomica dell‟orecchio: ci basta sottolineare con Tomatis che l‟integrazione funzionale delle sue parti essenziali “ vestibolare” e “cocleare” (la prima preposta all‟equilibrio, la seconda deputata al riconoscimento dei suoni), la sua capillare innervazione a tutti i livelli del midollo spinale, ne fanno l‟organo privilegiato all‟ascolto. Ma, a prescindere dalla buona funzionalità dell‟orecchio, il processo di condizionamento audio-vocale, che prende avvio fin dallo stadio intrauterino, non sempre si evolve in modo del tutto lineare. Influenze di ordine affettivo, le interferenze sociali, l‟insieme delle pressioni esterne, possono alterare il normale funzionamento degli organi sensoriali e produrre nella percezione sonora, sfasature tali da ostacolare o falsare ogni possibilità d‟ascolto reale. Accedere alla dimensione vera e profonda dell‟ascolto è possibile soltanto attraverso la rimozione degli ostacoli che limitano o impediscono la presa di coscienza di sé, mediata dall‟acquisizione del linguaggio. A quanti esprimono obiezioni e critiche riguardo alla didattica dell‟ascolto di Tomatis, ritenendola quanto meno empirica, egli oppone il riscontro positivo della sua applicazione, in una notevole quantità di situazioni diverse più o meno complesse: i risultati ottenuti ne dimostrano l‟efficacia. Il metodo di rieducazione adottato si avvale principalmente dell‟ “Orecchio Elettronico”, 13
uno strumento particolare messo a punto da Tomatis a partire dalla sua ricerca analitica relativa al funzionamento dell‟apparato audio-fonatorio. L‟ “Orecchio Elettronico” attraverso un sistema di bilanciamento e filtraggio dei suoni, utilizza tecniche di carattere audio-fonologico capaci di modificare la ricezione del mondo sonoro e in particolare del linguaggio. La calibrata somministrazione di “suoni filtrati” elettronicamente sembra in grado di produrre un vero e proprio “parto sonoro” al quale fa seguito non solo il recupero graduale delle selezionare
potenzialità di ascolto (accresciuta capacità di
di percepire e di analizzare i suoni) ma anche il sensibile
miglioramento della qualità della voce e della articolazione del linguaggio. Inoltre, poiché tutto il corpo, secondo Tomatis, partecipa di questa “ presa di coscienza dell‟ascolto” di cui l‟orecchio è soltanto l‟organo induttore, l‟accresciuta capacità di percezione degli stimoli sonori agisce sull‟immagine corporea e provoca la spontanea assunzione di una postura d‟ascolto ben definita, caratterizzata dalla verticalità. L‟Orecchio Elettronico sollecita un vero e proprio training-audiogeno fonatorio attraverso il quale è possibile riequilibrare la reciprocità funzionale dell‟ascolto e dell‟intero atteggiamento corporeo. Tendere l‟orecchio è anche disporsi all‟ascolto con tutto il corpo” afferma Tomatis. Allo stesso modo, attraverso una molteplice varietà di modalità espressive che coinvolgono la gestualità e la verbalizzazione, si comunica e si entra in relazione con l‟altro. E‟ nell‟ambito della dibattuta questione riguardante la lateralità, considerata sotto il profilo neurofisiologico, che Tomatis approda alla valorizzazione della “lateralità uditiva” (a suo parere del tutto trascurata nella sua specificità dalle scienze mediche) come strettamente connessa al sistema di articolazione del linguaggio. Dal momento che
l‟assenza o le carenze di un linguaggio adeguatamente
elaborato si accompagnano in larga misura al riscontro di un lateralità non o mal-definita, tanto più efficace può risultare una pratica rieducativa dell‟ascolto che, mentre agisce sulla destralità
uditiva,
è in grado di 14
ripristinare anche la destralità in senso lato. L‟esistenza di un orecchio direttivo e/o preferenziale, destinato ad eseguire delle funzioni di controllo più particolari e precise sulla percezione dei suoni, viene stabilita da Tomatis in seguito ad una importante ricerca condotta tra affermati professionisti della voce. Conoscere come funziona “l‟orecchio del cantante lirico”, in relazione ad una più o meno gradevole emissione vocale, consente allo studioso
deduzioni utili a confermare la sua
originaria intuizione. La
capacità di padroneggiare la propria voce sembra dipendere dalla rilevanza di questo specifico orecchio, quello destro, dotato di una dominanza acquisita in cui si inserisce la volontà; l‟orecchio sinistro non fa che seguire la direttiva e integrare l‟input ricevuto. Dunque secondo Tomatis è possibile controllare la qualità delle sonorità in entrata e in uscita, grazie al raffinato sistema di autoascolto consentito dalla lateralità destrorsa del nostro apparato uditivo. Approfondire il discorso sulla capacità dell‟orecchio di selezionare i suoni e di supportare l‟autocontrollo della fonazione ci condurrebbe senz‟altro dentro la complessa trattazione di nozioni specialistiche, attinenti l‟audiometria e i meccanismi che determinano i fenomeni acustici più in generale.
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L‟effetto Mozart
“Il nutrimento vocale che la madre fornisce al figlio è importante per lo sviluppo del bambino proprio come il suo latte.” Alfred Tomatis
Il potere della musica di Mozart si è imposto all‟attenzione pubblica in buona parte grazie a una ricerca innovativa condotta presso l‟Università della California all‟inizio degli anni Novanta. Al Centro di Neurobiologia dell‟apprendimento e della memoria di Irvine, un gruppo di studio si mise a osservare alcuni effetti della musica di Mozart su studenti universitari e bambini. Il dottore Frances H. Rauscher e suoi colleghi hanno condotto uno studio in cui trentasei studenti del dipartimento di Psicologia hanno totalizzato da otto a dieci punti in più del test dei Q1 spaziale (parte della scala di intelligenza Standford-Binet) dopo aver ascoltato dieci minuti della Sonata per due pianoforti in Do maggiore k 448. Nonostante l‟effetto sia durato solo dai dieci ai quindici minuti, il gruppo di Rauscher ha concluso che il rapporto fra musica e “ragionamento spaziale” è così forte che il semplice ascolto di musica può fare la differenza. Forse la musica di Mozart “riscalda il cervello”, ha detto il fisico teoretico Gordon Shaw a uno dei ricercatori dopo la divulgazione dei risultati. “Sospettiamo che la musica complessa faciliti certe operazioni neuronali coinvolte nelle attività alte del cervello, come la matematica e gli scacchi. La musica semplice e ripetitiva, invece, potrebbe avere l‟effetto opposto.” Il giorno dopo alla pubblicazione di queste scoperte, i negozi di musica di un‟importante città esaurirono le incisioni di Mozart. In uno studio successivo, gli scienziati hanno analizzato le basi neurologiche di questo potenziamento. L‟intelligenza spaziale venne sottoposta a un‟ulteriore prova: su uno schermo furono proiettate sedici figure astratte simili a pezzi di carta ripiegati, ciascuna per un minuto. 16
L‟esercizio intendeva verificare se i settantanove studenti fossero in grado di dire che forma avrebbero assunto i pezzi di carta una volta aperti. Per cinque giorni un gruppo ascoltò la sonata di Mozart, un altro il silenzio e un terzo musica di Philip Glass, una storia registrata su nastro e un brano da discoteca. I ricercatori riferirono che tutti e tre i gruppi migliorarono il loro punteggio fra il primo e il secondo giorno, ma la capacità del gruppo Mozart di riconoscere le forme aumentò del 62 % contro il 14% del gruppo senza musica e l‟11 % del gruppo misto. Il gruppo di Mozart continuò a realizzare il punteggio più alto anche nei giorni successivi, mentre gli altri non presentarono differenze significative. Per spiegare questo effetto, gli scienziati hanno ipotizzato che l‟ascolto di Mozart aiuti a “organizzare” i circuiti neuronali di alimentazione nella corteccia celebrale, soprattutto rafforzando i processi creativi dell‟emisfero destro associati al ragionamento spaziotemporale. L‟ascolto della musica, hanno concluso, agisce come “esercizio” per facilitare le operazioni di simmetria associate alla più alta funzione del cervello. In parole povere, può migliorare la concentrazione e aumentare la capacità di avere guizzi intuitivi. Nel suo studio più recente, la squadra di Rauscher e Shaw ha seguito trentaquattro bambini in età prescolare che ricevevano lezioni di pianoforte. Nel corso delle lezioni venivano loro insegnate le pause, la giusta coordinazione motoria, le tecniche per muovere correttamente le dita, la lettura a prima vista, le note musicali e l‟esecuzione a memoria. Dopo sei mesi tutti i bambini erano in grado di suonare semplici melodie di Mozart e Beethoven. Presentavano inoltre un miglioramento molto evidente (del 36% circa) negli esercizi spazio-temporali rispetto ai venti bambini che ricevevano lezioni di computer e ai ventiquattro bambini sottoposti ad altri stimoli. Mentre negli studi universitari i progressi svanivano dopo dieci o quindici minuti, nei bambini in età prescolare duravano almeno un giorno intero, il che costituiva “un aumento di tempo in percentuale superiore a cento”. In seguito agli studi svolti a Irvine, alcune 17
scuole private hanno adottato l‟uso di brani di Mozart come sottofondo musicale, riscontrando miglioramenti nell‟attenzione e nelle prestazioni degli allievi.
La musica come abilità cognitiva
L “effetto Mozart” riesce ad agire essenzialmente come tecnica psicologica nella modificazione di problemi emotivi e può modificare le varie patologie di cui è affetto l‟essere umano: è un‟eccellente tecnica di comunicazione ma anche un aiuto ad altre tecniche terapeutiche.
Prima di analizzare questo “effetto curativo musicale” bisogna conoscere quali processi psicologici si innescano nella mente musicale, che rapporto sussiste tra musica e linguaggio e quali localizzazioni cerebrali sono specifiche delle abilità musicali. Specificamente, i problemi psicologici insiti nella comprensione musicale, vanno affrontati in termini di processi cognitivi facendo riferimento all‟opera di John A. Sloboda, psicologo sperimentale: egli analizza
la
componente
cognitiva
insita
nella
comprensione
e
nell‟apprezzamento di un fatto musicale. La sua attenzione è rivolta alle ricerche empiriche: analizza ciò che gli individui riescono a compiere con la 18
musica e non quello che dicono di fare. Viene studiato il comportamento dei musicisti nella vita reale e non il comportamento che si verifica in situazioni artificiose di laboratorio. La psicologia dei processi cognitivi cerca di offrire un aiuto ai compositori per capire le basi mentali della loro attività: comprendere e spiegare caratteristiche fondamentali delle abilità musicali e dei meccanismi cognitivi insiti in esse. Il cognitivismo di Sloboda si riferisce ad una modellistica dei processi cognitivi in termini di rappresentazione delle conoscenze; sicuramente tale analisi rappresenta solo un‟introduzione alla psicologia dei processi cognitivi ma, la musica viene ad essere un pretesto per analizzare i processi cognitivi impiegati in tutti i settori in cui l‟uomo si trova a contatto con il mondo e, quindi, non solo nell‟ambito musicale. Si comprendono le strutture utilizzate per rappresentare la musica; tale processo di apprendimento è concepito in due fasi: prima fase è quella in cui si verifica l‟apprendimento, seconda fase e' quella in cui viene incoraggiata l‟aspirazione ad eccellere in una determinata abilità. Quindi, le abilità musicali si costruiscono sulla base di capacità e tendenze innate: troviamo prima un insieme comune di capacità primitive (nella nostra cultura occidentale, sino ai dieci anni di età, il processo dominante è quello dell‟acculturazione) poi subentra un bagaglio di esperienze che la cultura fornisce, con la crescita, ai bambini (infatti sono fondamentali, per lo sviluppo delle abilità musicali, sia l‟ambiente familiare che quello scolastico). Più i bambini sono esposti alla musica, prima di iniziare la scuola, e più profondamente uno stadio di codificazione neurale li accompagnerà per tutta la vita. Successivamente subentra l‟ influsso esercitato da un sistema cognitivo generale in trasformazione: la capacità di insegnare ad un bambino ad ascoltare, a prestare attenzione all‟inflessione e a contestualizzare suoni e parole è stata trascurata dalla società moderna; solo un ascolto attento e corretto consente di accedere allo “Effetto Mozart”. Jean Piaget, nella “La naissance de
intelligence chez l‟enfant”, asseriva che lo sviluppo cognitivo vada spiegato, in 19
parte, in termini di sequenza ordinata e strutture cognitive generali; il tipo di apprendimento di cui siamo capaci a tutte le età è dovuto al tipo di risorse cognitive che si posseggono, cioè le caratteristiche generali del nostro bagaglio intellettuale a quell‟età. Il bambino non è in grado di compiere azioni padroneggiando determinati concetti, perché non ha in sé alcune risorse cognitive per comprendere determinati enunciati. Bisogna stare attenti alla possibilità di scoprire delle sequenze invarianti di sviluppo musicale; queste sequenze non dovrebbero tanto spiegare gli aspetti più particolari del comportamento musicale, quanto i tipi di attività musicali che si dovrebbero riscontrare alle varie età, in virtù delle capacità cognitive generali che richiedono. L‟educazione vera e propria implica il fatto che l‟individuo, istruito, compia uno sforzo consapevole con lo scopo (scopo: condizione fondamentale dell‟apprendimento) di raggiungere degli obiettivi più elevati. E‟ anche vero che, l‟uomo è biologicamente predisposto ad eccellere in abilità cognitive specifiche: sussistono meccanismi per l‟acquisizione di queste abilità. Si può concludere affermando che, l‟educazione sembra contribuire ad un approfondimento delle conoscenze e ad un miglioramento dei risultati all‟interno di una certa abilità ma non abbia tanto delle implicazioni ampie per l‟intero sistema cognitivo.
Il linguaggio musicale
La musica possiede la capacità di convogliare i suoi significati emotivi: ciò porta a pensare che la musica sia una sorta di linguaggio. Linguaggio e musica sono caratteristiche della specie umana e appaiono universali in tutti gli uomini; affermare tale universalità vuol dire che gli individui possiedono una 20
capacità generale di acquisire una competenza linguistica e musicale. Quindi, dato che la musica è, come il linguaggio , una attività umana, si può supporre che dall‟osservazione della sua struttura si riesca a dedurre qualcosa sulla natura della mente umana che riesce a produrla naturalmente e liberamente. Alcuni studiosi ritengono che le regole di una grammatica musicale siano i veri e propri procedimenti usati per generare musica. Ma la musica è in grado di esprimere emozioni e, quindi, di comunicare? Oppure, essendo una manifestazione artistica, non è capace di esprimere nulla? Tale diatriba, sin dai primi anni del „900, terminava definendo la musica un "non-linguaggio": nel linguaggio vengono articolate le parole per costruire frasi, mentre nella musica non è semplice identificare qualcosa che corrisponda ad una parola. Il superamento di queste posizioni si è avuto quando sono stati correttamente identificati i termini del problema: nel linguaggio esistono componenti minimali privi di significato (fonemi), che vengono utilizzati per creare componenti minimi che posseggono un significato (morfemi), i quali, a loro volta,
vengono
usati
per
formare
parole
e
frasi.
Nella musica si trovano le note che sono, in sé, prive di significato e che vengono usate per creare intervalli e accordi , cioè il materiale utilizzato per strutturare temi e frasi musicali. Si è dovuto attendere sino all‟avvento degli studi semiotici sui segni dei vari linguaggi (proprio Sloboda ha compiuto approfonditamente tali studi) per comprendere meglio le relazioni fra il linguaggio comune e l‟arte dei suoni:
sia la musica che il linguaggio sono sistemi di comunicazione universali fra gli uomini;
entrambi i linguaggi usano, fondamentalmente, lo stesso canale uditivovocale;
ambedue possono produrre un numero illimitato di frasi;
i bambini imparano tutti e due i linguaggi, esponendosi agli esempi prodotti dagli adulti; 21
esiste una forma scritta;
in entrambi i linguaggi è possibile distinguere una fonologia (componenti del linguaggio), una sintassi (le regole per combinare fra loro le componenti) e una semantica (attribuzione di significato ai prodotti del linguaggio).
Legame perpetuo tra musica e linguaggio può essere suggerito da un‟analisi della suddivisione del cervello: il piano temporale, situata nel lobo temporale della corteccia cerebrale è l‟area del cervello che sembra essere associata all‟elaborazione del linguaggio e sembra anche che “classifichi i suoni”. Non dobbiamo dimenticare che il fatto di vivere nel suono e, più precisamente, nel suono prodotto dal linguaggio, imprime sempre piccoli segni sul sistema nervoso periferico: a seconda delle parole utilizzate, del timbro generato, sarà interessata questa o quella parte del corpo; quindi possiamo considerare l‟immagine del corpo come conseguenza del linguaggio; accettando tale idea, si può sperare di rimodellare il corpo migliorando la parola. Inoltre, sappiamo che alcune espressioni verbali non hanno nulla in comune col significato della musica, ma vengono associate a moduli ritmici per aiutare la memorizzazione; ciò accade soprattutto nel caso di stili percussivi. Un esempio è costituito dai suonatori di tamburo africani, i quali correlano, appunto, le sillabe ad alcuni suoni emessi dai tamburi: questi suoni, prodotti da strumenti, permettono la trasmissione di messaggi “verbali” a notevole distanza. Ciò dimostra che, presso alcune culture, il linguaggio è imitato musicalmente. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che, come affermava Sloboda, le aree cerebrali responsabili della musica sembrano avere una sovrapposizione parziale, anche se incompleta, con quelle responsabili del linguaggio. La musica impiega un insieme distinto di risorse neurali. Dove sta la verità? l‟analogia linguistica non è né vera né falsa, si adatta parzialmente al suo oggetto. L‟elemento vero è la concezione in base a cui noi ci rappresentiamo nelle sequenze di elementi individuali, assegnando ad essi ruoli tematici in strutture astratte sottostanti, alcune delle quali presentano 22
somiglianze reciproche; ciò che determina o meno la vigilanza psicologica tra gli elementi è il loro reciproco rapporto entro queste strutture.
Biologia del pensiero musicale
Le componenti delle abilità musicali, come di ogni altra abilità cognitiva, hanno
precise
localizzazioni
cerebrali.
L‟orientamento biologico della psicologia cerca di spiegare il comportamento umano in termini di operazioni del cervello e del sistema nervoso che sono, a loro volta, influenzati dalla costituzione genetica dell‟organismo. Dobbiamo, prima di tutto, ricordare che ciò che apprendiamo sono le strutture utilizzate per rappresentare la musica: esiste sia una forma di acculturazione educativa, cioè un apprendimento che avviene a seconda della esposizione, durante l‟infanzia, ai normali prodotti musicali della nostra cultura, sia un‟educazione vera e propria che porta all‟acquisizione di abilità specializzate. Le influenze, sia biologiche che sociali, sono ovviamente comprese in una spiegazione completa della condotta umana. Quali, quindi, i fattori responsabili delle differenze culturali musicali? Esiste una base biologica per le origini della musica nella nostra specie? La composizione musicale ha una funzione biologica? Tali quesiti possono essere analizzati mettendo in evidenza le differenze che sussistono tra la cultura scritta e quella orale. Nella cultura orale, le uniche guide sono le conoscenze attuali e la memoria. Per molte persone, la scrittura viene ad essere fondamentale che la realtà è, sotto molti aspetti, mediata dalle loro notazioni; quel che può essere scritto e conservato è giusto e definitivo: nella cultura scritta, la memoria di una persona viene giudicata sulla base della registrazione scritta. Sfortunatamente, molte persone alfabetizzate ritengono che la vita o le conoscenze di una cultura che 23
si basa sulla scrittura siano, in un certo senso, superiori a quelle di una cultura orale; per contro, sarebbe più corretto sostenere che la cultura orale e quella alfabetizzata sono differenti. La nostra scrittura alfabetica può portare ad un impoverimento della comunicazione: non è in grado di preservare informazioni significative nel ritmo, intonazione, tono e gesti, mentre riesce a custodire le informazioni fonetiche. Nelle culture orali, la musica viene trasmessa da un individuo all‟altro ed è soggetta, come le conoscenze verbali, a variazioni nel tempo: all‟interno di una cultura orale una esecuzione, spesso, non è uguale a quella precedente. In una cultura orale è impossibile che si possa ottenere lo stesso tipo di conoscenze che si traggono da determinati brani, dopo ripetuti esami delle partiture, o ripetuti ascolti della stessa registrazione. Ma, nonostante tutte queste differenze, sussistono basi cognitive universali per la musica, che trascendono le singole culture? Anche se la tonalità non è assolutamente universale, i concetti di scala e di tonica, hanno
delle
analogie
formali
in
molte
culture.
Inoltre, sembra che la suddivisione delle scale in gradi segua dei principi comuni
nella
maggior
parte
delle
culture.
Si è affermato che le componenti delle abilità musicali hanno precise localizzazioni cerebrali: alcune ricerche hanno portato alla conclusione che le funzioni intellettuali sarebbero localizzate in aree differenti del cervello.
La musica di Wolfgang Amadeus Mozart aiuta ad organizzare i circuiti neuronali di alimentazione nella corteccia cerebrale, soprattutto rafforzando i processi creativi dell‟emisfero destro associati al ragionamento
spazio-temporale.
Sembra possibile che le attività cerebrali di un individuo si dissolvano, lasciando intatto il suo intelletto musicale. Intervenendo sull‟emisfero 24
sinistro, si provocano disturbi del linguaggio; mentre si causano danni al canto, agendo sull‟emisfero destro. In realtà la musica racchiude sottoabilità logicamente indipendenti: non dobbiamo dimenticare che una regione di un emisfero cerebrale è qualcosa di molto ampio. Attraverso vari studi si è giunti alla conclusione che, anche se le lesioni all‟emisfero destro danneggiano quasi sempre le funzioni musicali, le lesioni all‟emisfero sinistro hanno quasi sempre gli stessi esiti. Quindi è semplicistico affermare che la musica si trova nell‟emisfero destro: le attività musicali sono dissociabili e soggette a danni specifici, come quelle del linguaggio. Significativa è l‟affermazione del musicologo tedesco H. Schenker, secondo cui a livello profondo, tutte le buone composizioni musicali, rivelano lo stesso tipo di struttura delle composizioni verbali, riuscendo a mostrare, almeno in parte, la natura affine delle intuizioni verbali e musicali. Non dobbiamo dimenticare, nell‟analisi biologica del pensiero musicale, il ruolo cardine svolto dall‟orecchio o, meglio, dalle orecchie: come l‟emisfero destro e quello sinistro operano in maniera diversa, così fa ciascuna delle orecchie. L‟orecchio destro è dominante perché è in grado di trasmettere gli impulsi uditivi ai centri del cervello che regolano il linguaggio in maniera più veloce di quello sinistro; gli impulsi nervosi che derivano dall‟orecchio destro raggiungono direttamente il cervello sinistro dove si trovano i centri del linguaggio, mentre gli impulsi nervosi dell‟orecchio sinistro, compiono un viaggio più lungo attraverso il cervello, che non possiede centri del linguaggio corrispondenti, e poi ritornano al cervello sinistro. Potremmo
definire
l‟orecchio il direttore d‟orchestra dell‟intero sistema nervoso. L‟orecchio integra le informazioni fornite dal suono
e
organizza
il
linguaggio.
Infatti il linguaggio, come elemento fondante dell‟umanità dell‟uomo, non può essere analizzato e studiato se non si
25
tiene presente il ruolo determinante svolto dall‟udito: è grazie all‟udito che è stato possibile all‟uomo, costruire il linguaggio. Anche Alfred Tomatis considera l‟orecchio l‟organo chiave nello sviluppo totale dell‟uomo: permette a tutto il corpo di diventare "un‟antenna ricettrice che vibra all‟unisono con la fonte del suono".L‟orecchio risulta essere fondamentale per comprendere l‟evoluzione dell‟uomo: rappresenta anche la chiave per capire come possa essere utilizzato l “effetto Mozart”. Ma l‟organo dell‟udito non presiede soltanto la facoltà di udire, ma anche la capacità di ascoltare; sappiamo che non occorre sentire per ascoltare, infatti parecchi musicisti famosi, del passato, erano sordi e, anche se non erano in grado di sentire con le orecchie, potevano percepire codici e schemi ritmici grazie a vibrazioni che percepivano con le mani e altre parti del corpo. Importante notare come la funzione dell‟ascolto sia direttamente collegata alla concentrazione della memoria, alle condizioni psicologiche, alla consapevolezza, alla comunicazione. La nostra società si preoccupa troppo dell‟intelligenza: esami di ammissione all‟Università, colloqui di lavoro privilegiano il pensiero lineare dell‟emisfero sinistro; tali abilità sono essenziali, ma possono non essere così basilari come la capacità di ascoltare e di
parlare.
Se sussiste l‟incapacità di saper ascoltare si può verificare l‟incapacità di progredire verso sofisticate tecniche di apprendimento. Sviluppare un ascolto corretto è il segreto per accedere all‟ “effetto Mozart”.
Musica e intelligenza spazio-temporale
L‟ “effetto Mozart” è in grado di far risaltare, migliorando, le abilità cognitive dell‟individuo, attraverso lo sviluppo del ragionamento spazio26
temporale. Dobbiamo prendere atto che, a prescindere dai gusti, la musica di Mozart rilassa, migliora la percezione spaziale e permette di esprimersi più chiaramente, comunicando sia col cuore che con la mente; inoltre le aree creative del cervello vengono stimolate dalla melodia e dal ritmo del grande compositore. Attraverso la musica mozartiana si può aiutare a sviluppare, a compensare, a restituire carenze dovute a danni: le parti indenni del cervello hanno riserve dalle quali l‟organismo può ricavare questi elementi sostitutivi. Inoltre, nel mondo contemporaneo la musica rappresenta un sistema di comunicazione ed un linguaggio di grandissima diffusione e, soprattutto, “music
is
a
window
into
higher
brain
function”.
Sappiamo come l‟esperienza sonora, durante la prima fase della vita e come l‟uso dei linguaggi musicali, per la loro esperienza strutturante, stimolino l‟intelligenza e la personalità. La musica è un linguaggio non meno importante di quello visivo, corporeo o verbale, in grado di esprimere idee, concetti, sentimenti propri di ogni individuo. E‟ indispensabile fornire i bambini gli strumenti idonei per conoscere, sperimentare, analizzare con pensiero critico la realtà sonora e musicale, in cui sono inseriti. La mente infantile è dotata di “meccanismi” che la portano ad imitare l‟adulto e tali trasformazioni della mente dipendono dal modo diretto con cui interagiamo da piccoli col mondo che ci circonda, interazioni che non sono attività cognitive “pure” ma che prendono forma a partire da attività di base quale i movimenti, le sensazioni, le emozioni. Il bambino, come sostiene Shimchi
Suzuki, fondatore della “School for talent education” in Giappone, possiede un potenziale infinito. Proprio come i bambini imparano naturalmente la lingua materna, così la musica è altrettanto a diretto contatto con il cervello , quindi l‟educazione musicale può formare e modellare il cervello. Suzuki in “Nurtured by Love”, uno dei suoi principali scritti, sostiene che attraverso l‟imitazione si possa insegnare ai bambini che bisogna permettere alle abilità di espressione di maturare e sbocciare durante l‟infanzia; un‟educazione 27
musicale infantile precoce porta ad effetti significativamente positivi sul cervello e sull‟apprendimento. Il bambino vive in un mondo caratterizzato dalla presenza simultanea di stimoli sonori moderni, il cui disorganico sovrapporsi può comportare il rischio sia di una diminuzione della attenzione e dell‟interesse per il mondo dei suoni, sia di un atteggiamento di ricezione soltanto passiva. Non dobbiamo dimenticare che, ancora prima di nascere, il piccolo vive esperienze sonore - musicali, percependo, voci, rumori, suoni e musiche che provengono dall‟ambiente circostante. L‟orecchio del bambino, già a tre anni è sensibile alla dinamica, al colore timbrico, al riverbero ambientale e alla dislocazione delle sorgenti nello spazio. Nel numero di “Newsweek” del 19-02-96, venne pubblicato un servizio dal titolo “Your
child brain” (il cervello del tuo bambino) dove vennero riportati i risultati di numerosi studi compiuti in vari istituti di ricerca e Università americane, sulle modificazioni che si realizzano nel cervello di un bambino che sia precocemente avviato all‟uso dei linguaggi musicali. Di particolare interesse sono i risultati di ricerche compiute da Gordon Shaw, presso la Irvine University della California dove, a gruppi di bambini della scuola materna, sottoposti a test specifici per la determinazione del Quoziente Intellettivo, sono
state
impartite
lezioni
di
canto
e
di
piano.
Dopo sei mesi di insegnamento della tastiera del pianoforte, questi piccoli ottenevano
un miglioramento, un accrescimento straordinario del
ragionamento spaziale-temporale rispetto ad altri fanciulli che non avevano svolto attività musicali; inoltre l‟effetto ottenuto durava molti giorni e le implicazioni istruttive erano rilevanti. Gordon Shaw nel suo libro “Keeping
Mozart in Mind”, cita un esperimento pilota che è risultato essere particolarmente significativo per verificare l‟intelligenza in bambini in età prescolare: veniva presentato un puzzle da costruire ai bambini, i quali entro un determinato periodo di tempo dovevano ricomporlo; inoltre veniva richiesto loro di formare mentalmente l‟immagine dell‟oggetto completato e 28
di ruotare i pezzi del puzzle per confrontarli e accoppiarli. Tale performance venne facilitata mettendo insieme i pezzi secondo ordini ben definiti. Tale esperimento era servito per delineare la natura spazio-temporale dell‟esperimento. Il team dell‟Università della California, attraverso queste ricerche sperimentali, vuole cercare di ribadire che la musica è in grado di stimolare i modelli interni del cervello favorendone l‟impiego in ragionamenti complessi; Inoltre questi studiosi hanno dimostrato che esistono relazioni causa-effetto tra ascolto musicale e capacità di ragionamento. E‟ noto che gli apprendimenti più strutturati, cioè quelli che determinano la creazione dei circuiti cerebrali funzionali di base, sono tipici delle prime fasi dell‟esistenza. Gordon Shaw sostiene che, una condizione necessaria per comprendere l‟apprezzamento della musica da parte del bambino è riuscire ad ipotizzare che il repertorio di modelli impliciti e sequenze relative sia presente sin dalla nascita. Possiamo affermare che, nell‟evoluzione di un individuo, esistono dei periodi “caldi”, cioè dei larghissimi “ponti di apprendimento” tra l‟ambiente e l‟individuo e delle “finestre”, durante i quali si attivano processi di maturazione neurologica e mentale del tutto particolari. Caratteristiche di questo periodo sono:
rapidità con cui i processi cognitivi avvengono;
stabilità degli apprendimenti.
Ogni tipo di apprendimento ha una sua specifica finestra che occupa un periodo di tempo più o meno ampio, trascorso il quale la finestra si restringe enormemente e il processo di apprendimento si raffredda. Riuscire a rafforzare e ad accelerare l‟apprendimento e la memoria è stato sicuramente lo scopo dell‟opera e del metodo del Dottor Georgi Lozanov, psicologo bulgaro, il cui studio sulla suggestione (“Suggestopedia” il nome del suo metodo), tramite immagini e rilassamento ha creato una delle più valide metodologie mente-corpo; la sua tecnica è riuscita ad apportare innovazioni 29
creative nei programmi didattici in Europa. Un altro grande ricercatore, Zoltan Kodaly è del parere che l‟effetto della musica è così forte nella formazione della persona che ne influenza l‟intera personalità. La musica modella l‟intero carattere del bambino, rendendolo equilibrato, disciplinato, indipendente, creativo felice, in armonia, perciò, con i concetti educativi.
Conclusioni
La Musicoterapia è attualmente utilizzata in innumerevoli campi educativi e formativi in quanto viene sempre più riconosciuta la valenza della sua azione non solo nella prevenzione e nella riabilitazione, ma soprattutto nel processo di crescita e di sviluppo di soggetti in età evolutiva. Alcuni metodi, in particolare, si caratterizzano per taluni elementi specifici che, se integrati fra loro, ne permettono l‟efficace impiego anche in ambito scolastico, nel rispetto della dimensione didattica e valutativa degli apprendimenti e dell‟ordinarietà della vita scolastica. Attraverso l'intervento musicoterapico è possibile indurre cambiamenti a vari livelli: intrapsichico e interpersonale, ma anche comportamentale e fisiologico. La musicoterapia, come ogni intervento terapeutico, richiede l'integrazione di aspetti fondamentali quali teorie di riferimento, modalità applicative e di verifica che ne evidenzino la coerenza e l'efficacia.
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