Sommario Sommario ................................................................................................................................................... 2 Premessa .................................................................................................................................................... 3 La dinamica pianistica di Attilio Brugnoli ................................................................................................... 5 Aproccio razionale ................................................................................................................................. 5 Attilio Brugnoli ....................................................................................................................................... 8 Funzione del braccio ............................................................................................................................ 10 Dinamica .............................................................................................................................................. 12 Agilità, velocità e moto ........................................................................................................................ 13 Intensità sonora in rapporto alle varie cause che possono produrla .................................................. 14 Tocco .................................................................................................................................................... 15 Rilassamento dei muscoli del braccio, della spalla, della mano e delle dita ....................................... 18 Formulazione di esercizi tecnici ........................................................................................................... 20 Tempo e ritmo ..................................................................................................................................... 21 Conclusioni ........................................................................................................................................... 22 Ciò che si richiede dal pianista ................................................................................................................. 23 Bibliografia ............................................................................................................................................... 25 Opere di Attilio Brugnoli ...................................................................................................................... 25 Composizioni .................................................................................................................................... 25 Scritti ................................................................................................................................................ 25 Letteratura secondaria..................................................................................................................... 25
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Premessa L‟insegnamento di uno strumento musicale e quindi del pianoforte è, a mio avviso, uno degli insegnamenti più difficili e delicati da attuare, sia per la complessità della materia, sia perché fortemente caratterizzato dalla figura dell‟insegnante. Il docente di strumento musicale, ancor oggi, sebbene sia in atto una notevole opera riformatrice di ammodernamento dei Conservatori, che tende a modificare il rapporto docente – discente, è fondamentale nella crescita musicale e psicologica dell‟allievo proprio perché ne accompagna l‟ evoluzione per lunghi e fondamentali anni. Al di là di tutte le tecniche formulate per agevolare l‟agilità delle dita e raffinare lo stile musicale, credo che il docente , con intuito e sensibilità personale, debba attingere alle risorse derivanti dalla sua esperienza, esaltare le qualità dei vari allievi ed offrire loro i mezzi indispensabili ad esprimere la propria natura. Soffermandoci sullo studio della metodologia pianistica e sulle tecniche adottate da grandi musicisti e didatti è d‟uopo sottolineare che la tecnica, che quasi sempre caratterizza il primo approccio allo strumento, è indispensabile allo studio, ma non deve essere inscindibile dalle personali caratteristiche e qualità di ogni allievo. Si dovrebbe, quindi, operare una sintesi e una selezione tra le tante possibilità che la didattica pianistica offre, allo scopo di far acquisire ad ogni allievo il dominio tecnico necessario specie ai fini interpretativi. Infatti la tecnica deve essere sempre al servizio del suono ed offrire quindi l‟opportunità all‟esecutore di controllare tutte le miriadi di
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sfumature che appunto il suono può avere, attraverso l‟agilità e la forza delle dita. Dopo tale premessa, il mio lavoro verterà su un‟analisi della dinamica pianistica di Attilio Brugnoli, autore appunto del trattato “ La dinamica pianistica” e delle cui premesse nascerà la scuola pianistica del secondo „900 del celebre didatta napoletano Vincenzo Vitale. Va ricordato che Attilio Brugnoli fu allievo di Florenzano Rossomandi che assieme a Alessandro Luongo e Giuseppe Martucci appartiene alla scuola di Beniamino Cesi.
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La dinamica pianistica di Attilio Brugnoli Aproccio razionale Lo scetticismo degli ambienti artistici verso i tentativi di analizzare aspetti specifici che conducono all‟accostamento solo apparentemente forzato tra arte e scienza ha spesso inficiato indagini concrete su un argomento che è alla base di una qualsiasi riproduzione musicale: l‟azione del suonare. In molti, ancora oggi, si chiedono a cosa possa servire un testo di fisiologia applicata al pianismo. Eppure la stessa storia del pianoforte è indice di una ricerca di adeguamento costante delle capacità fisiche e tecniche rispetto al complicarsi delle idee artistiche e, in taluni casi, suggerisce la protervia con cui il musicistavirtuoso ha tentato di dimostrare, con quelle capacità, il suo dominio sul mezzo- strumento.
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In molti concordano che le vecchie e malsane abitudini basate sull‟immobilità della mano e sull‟uso delle sole dita articolate sulla tastiera, fossero la fonte di un generale stato di continua tensione di tutte le altre articolazioni del braccio. Ci fu l‟unanime affermazione che l‟irrigidimento delle braccia dovesse essere assolutamente evitato e che invece una corretta presa di coscienza dell‟assenza di contrazioni muscolari e della sensazione del peso- braccio fossero alla base dell‟unico approccio allo strumento, attraverso l‟uso naturale dell‟energia scaturita dalla forza di gravità. Nel XX secolo, grazie alle osservazioni e al confronto tra le sperimentazioni di una nutrita serie di didatti, si aprì con un ottimo presupposto pedagogico che nessun tipo di costrizione all‟immobilità fisica potesse essere valida per un sano pianista e che né la mano, né il polso potessero essere costretti a stare immobili, come gli insegnanti del secolo precedente imponevano a volte con massacranti e sadiche trovate. Deppe, Clark , Matthay e Breithaupt, improntarono dei manuali di pedagogia pianistica dove esponevano i primi tentativi di metodologia didattica condotti attraverso la sperimentazione sul corpo. Costoro, pionieri di una terra inesplorata, furono considerati ben presto pseudo razionalisti, per essersi avventurati in una disciplina scientifica privi di qualunque conoscenza approfondita in merito, ma bensì avvalendosi unicamente dei risultati scaturiti dall‟osservazione solo visiva delle proprie esperienze. Rudolphe- Maria Breithaupt, nell‟approntare il proprio manuale, pur prendendo atto che nel lavoro del pianoforte bisogna partire necessariamente dall‟aspetto psico-fisiologico, informa che si è avvalso esclusivamente dalla pratica musicale. Il suo metodo, che egli definisce del Gewichtspiel (termine che nell‟ edizione francese è tradotto con “ jeu des pesanteurs” e che in italiano corrisponde più o meno a “messa in azione del peso” o “gioco del peso” ) e quello di Matthay furono supportati dagli studi che il Dr. Steinhausen conduceva prima sulla fisiologia degli strumenti ad arco, poi su quella pianistica.
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Attilio Brugnoli, invece, arricchì la sua analisi con una serie serrata di dimostrazioni sul funzionamento di tutto l‟apparato articolare durante l‟azione pianistica ponendo l‟accento sul fatto che non potesse essere spiegato unicamente in base a ciò che si vede, ma a ciò che visivamente non può essere percepito, ovvero il funzionamento muscolare. Ma anche questi didatti, pur avendo avuto il merito di sollevare per primi il problema fisiologico dell‟esecuzione pianistica e di diffonderlo con i loro scritti, hanno agito poi nello stesso modo di quanti li avevano preceduti e che essi combattevano, mostrando quello che è generalmente il limite principale di ogni metodo, ovvero dettare una serie di regole, numerate in ordine di importanza, che erano per ognuno di essi esaustive. In tal senso è comprensibile la posizione di Alfredo Casella che, qualche decennio più tardi, confessa di avere scarsissima fiducia sull‟utilità dei metodi in generale. Essi stesso però non si sottrae dall‟approntarne uno dove, tra l‟altro, l‟esperienza degli studi sul rilassamento e sul razionalismo pedagogico non viene tenuta in considerazione, e sembra che si ritorni al metodo empirico, o piuttosto ai metodi di una generazione precedente a quella degli innovatori, quella di Cesi e Rossomandi.
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Attilio Brugnoli
Attilio Brugnoli, pianista e compositore italiano (Roma 07-09-1880 – Bolzano 10-07-1937), diplomatosi giovanissimo in pianoforte con Florenzano Rossomandi e in composizione
con P. Serrao al
Conservatorio di Napoli, vinse i concorsi di pianoforte nei Conservatorio di Parma ( 1907) di Firenze (1920) e di Roma (1923), dove succedette a Casella. Diede numerosi concerti in varie città italiane e straniere; fece parte del Quartetto Waldemar- Mayer; nel 1905 ottenne una mansione d‟onore al concorso di composizione “A. Rubistein”, svoltosi a Parigi. Fu apprezzato revisore di musiche pianistiche (soprattutto di Chopin) e acuto studioso di tecnica pianistica.
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Sposò la pianista E. Silla, sua allieva. Tra le sue composizioni ricordiamo un Concerto per pianoforte e orchestra op 2 (1902), un Concerto per violino e orchestra (1908), una Sonata per violino e pianoforte, op 5; tra i pezzi per pianoforte ci sono le “Scene Napoletane” ( 1909). Delle pubblicazioni citiamo ovviamente il pianistica”,
poi
il
“trattato
trattato “dinamica
sull‟insegnamento
razionale
pianoforte”, “ la musica pianistica italiana dalle origini al „900”.
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del
Funzione del braccio
Bisogna a tal riguardo tener conto di tre elementi: lo scheletro, che nel suo insieme costituisce le leve che agiscono a seconda della nostra volontà, i muscoli, che contraendosi imprimono il moto alle ossa; i nervi, che eccitando i muscoli ne determinano il raccorciamento. Tenendo conto di questi elementi possiamo renderci conto di tutti i gesti che ci è possibile imprimere ai nostri arti. La spalla è suscettibile di qualunque movimento, seppur limitato; può addirittura ruotare sul suo asse. La zona distale è mobile e serve da punto fisso per l‟articolazione dell‟ òmero. Il braccio ( òmero ) si articola all‟estremità prossimale fissa nella spalla, su cui fa leva. L‟altra estremità del braccio è costituita dall‟avambraccio. Il braccio ha movimenti estesissimi, vari e rapidi. La fine dell‟avambraccio serve da punto fisso per i movimenti del carpo: questo ha una quantità di articolazioni notevole; tale mobilità permette di imprimere alla abduzione, circumduzione e tutti gli intermedi. I metacarpi si articolano all‟estremità prossimale col carpo, che costituisce per essi il punto di leva: all‟estremità distale sono collegate le prime falangi delle dita. La mano nel suo insieme si flette ed estende sull‟avambraccio, può prendere tutte le posizioni intermedie e descrivere un largo movimento di circumduzione. Il pollice ha la sua articolazione naturale nella giuntura carpo-metacarpica, differendo in ciò dalle altre dita che hanno una disposizione diversa ed una falange in più: in questo modo può muoversi in tutte le direzioni. Le dita possono flettersi ed estendersi sui metacarpi, inclinarsi dentro e fuori, descrivere movimenti di circumduzione e impercettibili movimenti di rotazione.
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Ora che abbiamo esposto gli elementi essenziali riguardanti lâ€&#x;anatomia del braccio, possiamo studiare i suoi movimenti in rapporto allâ€&#x;atto del suonare.
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Dinamica
Brugnoli la definisce così: “E‟ la relazione che sussiste tra la forza, il moto e la materia del mobile: è dunque il ramo della scienza che maggiormente ci interessa, poiché dal possederla deriva la possibilità di esprimere le proprio sensazioni al pianoforte”.
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Agilità, velocità e moto
Poiché si confonde agilità con velocità, bisogna distinguere l‟una dall‟altra: è agile tutto quanto può muoversi o essere mosso agevolmente, facilmente: il moto è l‟effetto di un‟energia che imprime movimento ad un corpo. Ma perché l‟oggetto o il corpo umano possano muoversi con agilità è necessario che non vi siamo ostacoli che si oppongano al loro moto. La velocità è da considerarsi, invece, la rapidità nei movimenti, quindi, l‟agilità connessa alla cosiddetta “ indipendenza”, ossia la dissociazione muscolare, sono cause della velocità. Alla dissociazione muscolare concorre l‟azione dei nervi e non meno quella dei muscoli. L‟agilità è completa soltanto in chi può far funzionare, al momento opportuno, per la durata voluta e con la rapidità del pensiero, qualunque muscolo o complesso di muscoli atti a determinare, con l‟appropriato funzionamento dei tasti, un dato effetto tecnico o fonico. La bellezza del tocco, la sicurezza nell‟esecuzione e la velocità, sono connesse ad una stessa causa: la facoltà di disciplinare, dopo averle rese indipendenti le contrazioni muscolari. Bisogna aver cura di sviluppare contrazioni con intelligenza mirando allo scopo da raggiungere. L‟agilità contrattile, oltre che la rapidità e la coscienza dei gesti, va connessa ad una memoria muscolare.
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Intensità sonora in rapporto alle varie cause che possono produrla
Ricavare molta sonorità dallo strumento è indispensabile, in quanto, senza un certo grado di intensità sonora, non si possono ottenere effetti di un certo genere. Il problema di suonare forte si può risolvere impiegando una sinergia di muscoli e azione di peso. Dunque se noi sviluppiamo contrazioni muscolari contrarie all'azione del peso stesso, il peso della mano o del braccio non può esercitare l'influenza sul tasto in modo naturale. Un altro fattore importantissimo è costituito dalla velocità con cui si fa agire il peso sul tasto: un corpo cadendo dall'alto sviluppa una certa velocità, attratto dalla forza di gravità; se noi appoggiamo lentamente la mano sul tasto e poi ve la abbandoniamo sopra, il peso della mano influisce sul martelletto soltanto in rapporto alla velocità acquistata dal tasto nello spostarsi. Se invece facciamo cadere da diverse altezze lo stesso peso minimo, avremo tante diverse gradazioni di suono.
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Tocco
Il suono di ciascuno strumento possiede un timbro ben determinato che si differenzia grazie alle differenti qualità dei materiali impiegati, dagli spessori e dalla forma dello strumento stesso. L'intensità del suono è data dalla quantità d'aria messa in vibrazione dal corpo sonoro. Se la corda è percossa con maggiore energia essa oscillerà altrettante volte nello spazio, quindi sposterà una massa d'aria maggiore rispetto ad un modo di percuoterla delicatamente e dunque si produrrà un suono più intenso. In tutti i casi l'intensità è in rapporto con la velocità; ogni qualvolta si produca una variazione di intensità sonora si verifica una variazione del timbro; tale alterazione non è però sostanziale perché qualunque sia l'intensità di un suono ottenuto dallo stesso corpo sonoro, l'orecchio riconosce lo strumento che lo ha riprodotto. Per quanto riguarda il pianoforte la sgradevolezza del suono non dipende esclusivamente da questo fatto. Chi suona veramente bene ottiene sonorità esorbitanti senza che il suono sia sgradevole. Dunque la causa del brutto suono al pianoforte si deve attribuire al modo di mettere in moto il martelletto. Infatti uno studio sull'analisi fotografica del movimento di Helmholtz dimostra che, se il martelletto rimbalza troppo presto la corda vibrando lo raggiunge e lo rasenta a parecchie riprese mentre esso ricade, così il cattivo timbro in questo rapporto martelletto-corda è generato da una perdita di forza della corda resa in parte al martelletto durante i contatti nocivi che seguono; il bel timbro al contrario risulta da un solo contatto tra martelletto e corda. Ciò che Helmholtz attribuisce al timbro, si deve, invece, attribuire al tocco. «Dunque nel pianoforte la volontà del suonatore determina la bellezza del suono, purché il suonatore stesso sappia come procedere». Per ottenere sonorità varie ed espressive e quindi per ottenere varietà di tocco bisogna possedere i mezzi adeguati, ossia gli stessi impiegati
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per lo sviluppo di tutte le altre qualità: graduare le contrazioni muscolari sia per la quantità di energia da impiegare che la velocità con cui esse si determinano; abituare i muscoli a produrre esattamente il lavoro occorrente a rendere un determinato effetto fonico. Possiamo dedurre che il tocco ottenuto per azione del peso e del braccio, cui si accoppia l'azione muscolare delle dita per quel tanto che occorre a sostenere il peso e a spostarlo da un tasto all'altro producendo suoni di qualità costante (soggettiva), si può definire "tocco naturale". Fin ad ora abbiamo trattato solo l'attacco del suono e non la maniera di farlo cessare; ciò avviene per mezzo dello smorzatore, ossia di un pezzettino di feltro incollato su un talloncino di legno. La sua azione è perciò connessa a quella del tasto, dunque dal modo in cui smorza si può danneggiare o no il suono prodotto dalla corda. Vi sono diverse maniere per far funzionare lo smorzatore a seconda dell'effetto che si vuole produrre: 1) nel far cessare l'attività muscolare del dito funzionante non appena l'altro sia entrato in funzione; percorrendo in senso inverso lo sviluppo di energia muscolare atta al funzionamento del martelletto con tocco naturale otterremo la cessazione dolce del suono data dal movimento ascensionale del tasto con lentezza relativa al tempo impiegato dal tendine flessore per andare a riposo; 2) nell'allontanare dal tasto il dito funzionante a mezzo dell'attività graduata del tendine estensore; tale movimento determina un suono stroncato anziché smorzato. Sono appunto queste contrazioni che regolate a diverse velocità producono i suoni più vari dagli sfumati agli staccatissimi.
Esse
possono
essere
sviluppate
nella
mano
o
nell'avambraccio producendo effetti svariati e quindi non elencabili. Matthay1 enumera quarantadue modi di attaccare il tasto, ossia quarantadue specie di tocco così distinte:
•
otto
specie per lo staccato di dito;
•
dieci
specie per il legato di dito;
•
sei
specie per lo staccato di mano;
1 Didatta della scuola inglese, ricollegata, sebbene indirettamente, alla scuola di Mozart.
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•
otto
specie per il tenuto di mano;
•
quattro
specie per lo staccato di braccio;
•
sei
specie per il tenuto di braccio.
Anche se sembra un'esagerazione questa cifra è irrisoria rispetto alla reale cifra infinitesimale (parliamo di miliardi di combinazioni diverse date dagli innumerevoli muscoli e dalle diverse operazioni che ognuno di essi può compiere).
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Rilassamento dei muscoli del braccio, della spalla, della mano e delle dita
Dimostrata l'importanza della dissociazione dei diversi muscoli, Brugnoli consiglia di disimpegnare anzitutto quelli della spalla; infatti, fisiologicamente, in assenza di contrazioni nella parte superiore del braccio è più facile disciplinare il lavoro delle dita e controllare più facilmente le contrazioni dei muscoli del braccio. Spesso, quando un allievo è abituato a suonare prima irrazionalmente, dopo un periodo d'allenamento razionale si verificano delle contrazioni di nuovo tipo generando dolore e stanchezza; ciò avviene in quanto i muscoli non ancora dissociati lavorano associati ad altri di cui non avrebbero bisogno limitando così l'agilità dell'arto, per il quale diminuivano il proprio lavoro. Per poter disciplinare le contrazioni muscolari è necessario ottenere dall'allievo la massima rilassatezza nei muscoli della spalla, specialmente, e del braccio, in genere. Durante il lavoro sarà bene che l'insegnante pur controllando le contrazioni muscolari dell'allievo, si astenga dal guidargli la mano o il braccio. Per cominciare l'insegnante, prendendo la mano dell'allievo ed esigendo che il braccio resti cadente dalla spalla, potrà controllare lo stato di inerzia di tutto il braccio imprimendo all'arto, quando l'allievo non possa prevederlo, i movimenti più svariati ai quali egli non dovrà fare opposizione alcuna. Successivamente l'esercizio si deve svolgere anche con l'avambraccio e lasciando la mano penzolante. Raggiunto lo scopo si procederà ad ottenere l'alternarsi dello stato di inerzia con quello d'attività nei muscoli del braccio. Adagiando l'avambraccio su di un tavolo si porti la mano al di fuori del tavolo lasciandola penzolare; si procederà per la dissociazione dei soli
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estensori della mano, che la porteranno in una posizione di contrazione sollevandola in alto.
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Formulazione di esercizi tecnici
Per allenarsi alla rapidità dei gesti ed agli spostamenti di accento ritmico giova avvalersi di criteri particolari attribuiti a Liszt, applicati però a questi esercizi di Brugnoli su quattro suoni. Dall'insieme di svariate combinazioni di esercizi, il Brugnoli arriva alla formulazione di un esercizio di quattro suoni con un disegno molto piÚ vasto che si potrà esercitare sia in progressione diatonica che cromatica, conservando sempre la diteggiatura iniziale: a)2-4-3-5/ 2-3-5-4/ 2-4-5-3/ 5-4-3-2/ 4-2-5-3/ 2-3-4-5; b)l-3-2-4/1-2- 4-3/ 1-3-4-2/ 4-3-2-1/ 3-1-4-2/12-3-4.
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Tempo e ritmo
Brugnoli si preoccupa di dare una spiegazione per queste due parole: il tempo è l'indicazione usata impropriamente per stabilire l'andamento più o meno celebre di una composizione; inoltre si può designare una parte di sonata o di sinfonia; o ancora suonare o cantare in misura; «c 'è da meravigliarsi che si dia alla parola tempo anche il significato di ritmo?». Il senso ritmico si manifesta inconsciamente in qualunque essere umano quando egli vuole esprimere un sentimento a mezzo della musica: quindi il ritmo è frutto dell'istinto, il tempo è figlio della ragione. Il ritmare infatti non è soltanto l'andare in tempo e nemmeno consiste nell'accentare. Tempo e ritmo sono dunque due elementi diversi l'uno dall'altro, per quanto essi siano inscindibili ed ugualmente essenziali all'arte dei suoni.
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Conclusioni
A conclusione di queste brevi considerazioni su alcuni dei principali metodi di tecnica pianistica, vorrei riportare una lettura scritta da Ferruccio Busoni all'inizio del 1910 che credo riassuma tutte le qualità che si richiedono ad un pianista per essere principalmente un musicista: egli afferma che la tecnica sicuramente è un prerequisito, ma non deve risiedere solo nelle dita, bensÏ anche nel cervello. Inoltre, secondo Busoni, un'artista deve avere intelligenza, cultura, carattere, sentimento, temperamento, fantasia ecc., ma, qualità essenziale, deve possedere "un'anima attraverso la quale sia passata una vita". F. Busoni
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Ciò che si richiede dal pianista Minnepolis, inizio del 1910 No, la tecnica non è e non sarà mai l'alfa e l'omega dell'arte pianistica, e nemmeno di qualunque altra. Tuttavia, com'è naturale, ai miei scolari predico: fatevi una tecnica, e di fondamenta solide. Per formare un grande artista si devono realizzare molteplici condizioni, e appunto perché questo è dato solo a pochi un vero genio costituisce una tale rarità. Una tecnica in sé e per sé perfetta la troviamo in tante pianole ben costruite. Eppure un grande pianista deve essere prima di tutto un forte tecnico; ma la tecnica, che poi dell'arte pianistica è solo una parte, non sta solo nelle dita e nei polsi, oppure nella forza e nella resistenza: la più grande tecnica risiede nel cervello, si compone di geometria, valutazione delle distanze e disposizione sapiente. Ma anche con ciò siamo appena al principio, perché alla vera tecnica appartiene anche il tocco e soprattutto l'uso del pedale. Al grande artista occorre inoltre intelligenza non comune, cultura, vasta educazione in tutte le discipline musicali e letterarie, e nelle questioni della vita umana. L'artista deve anche avere un carattere. Se una di queste qualità manca, la lacuna si manifesta in ogni frase che egli esegue. Si aggiungano sentimento, temperamento, fantasia, poesia, e infine quel magnetismo personale che alle volte rende capaci di portare allo stesso stato d'animo quattromila persone estranee, riunite per caso. Inoltre si esige ancora presenza di spirito, dominio sulle proprie sensazioni in condizioni di ambienti irritanti, capacità di tener desta l'attenzione del pubblico, e finalmente di dimenticare il pubblico nei «momenti psicologici». Dovremo ancora aggiungere il senso della forma, dello stile, la virtù del buon gusto e dell'originalità? Come elencare tutto ciò che si può
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richiedere? Ma prima di tutto si tenga presente una qualità essenziale: Colui per la cui anima non è passata una vita non dominerà mai il linguaggio dell' arte.
F.Busoni
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Bibliografia Opere di Attilio Brugnoli Composizioni
Concerto per pianoforte ed orchestra, opera seconda, 1905, pubbl. nel 1934 a Milano.
Tempo di concerto, Sonata per violino e pianoforte, opera quinta, 1905.
Scene napolitane per pianoforte, opera settima, 1909, pubbl. a Milano s.d.
Liriche per canto e pianoforte, Milano s.d. Scritti
Il tocco è qualità innata nel pianista?, in “Il pianoforte”, I 1920, n. 1, pp. 2–5.
Problemi di pedagogia pianistica, in ibid., n. 4, pp. 6–8.
La cerebralità e il paradossale nell'arte di F. Busoni, in ibid., II 1921, n. 6, pp. 172–175.
Dinamica pianistica. Trattato sull'insegnamento razionale del pianoforte e sulla motilità muscolare ne' suoi aspetti psico-fisiologici, Milano 1926 [revisione e aggiornamento di A. Lazzari, prefazione di E. Calace, Milano 1961]. Letteratura secondaria
Dizionario biografico degli italiani, voce "Brugnoli, Attilio" di S. Simonetti.
A. Longo, Medaglioni: Attilio Brugnoli, in "L'Arte pianistica nella vita e nella coltura musicale", V (1918), n. 3, p. 3.
A. Damerini, Attilio Brugnoli, in "Musica d'oggi", XIX (1937), n. 8-9, pp. 283–286.
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Luca Chiantore, Historia de la técnica pianística. Un estudio sobre los grandes compositores y el arte de la interpretación en busca de la UrTechnik, Madrid, 2001, Alianza Editorial.
Paolo Spagnolo - Giovanni Stelli, Pianosophia. Tecnica e arte, Napoli, 2008, Guida.
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