RICERCA-ARCHEOLOGICA-PIGNATARO

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LA RICERCA ARCHEOLOGICA A PIGNATARO MAGGIORE Lo scavo del praedium di età romana, in località San Giorgio di Stanislao Raffaele Femiano

Collana: I Quaderni


incipit


Stanislao Raffaele Femiano

LA RICERCA ARCHEOLOGICA A PIGNATARO MAGGIORE Lo scavo del praedium di età romana, in località San Giorgio

Comunedipignataro.it


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Premessa Cales e la Campania settentrionale occupano, da circa centocinquanta anni, un ruolo importante nel quadro delle ricerche archeologiche sul popolamento etrusco, sannitico e romano della regione. In particolare, la ricerca si è concentrata finora su centri noti dalle fonti antiche e identificati sul terreno grazie alla sopravvivenza dei toponimi e della documentazione epigrafica. La zona in pianura tra il Volturno e Cales, solo di recente, per i lavori di costruzione della linea ferroviaria veloce, è stata interessata da estese ricerche che ne hanno chiarito l'assetto del territorio in età romana. Mentre, l'area che si sviluppa ai piedi delle prime colline calcaree del gruppo del Monte Maggiore, tra Val D'Assano, Calvi, Pignataro, Pastorano, Vitulazio, Bellona, Triflisco, non ha ricevuto dalla ricerca archeologica l'attenzione che merita. I materiali antichi noti, vi sono venuti alla luce per scoperte fortuite che poco informano sul popolamento antico d'età preromana e romana. In un contesto territoriale poco studiato, le ricerche archeologiche a Pignataro Maggiore costituiscono una novità importante. E' auspicabile che l'esperienza spinga a ulteriori ricerche sul terreno. Il Comune di Pignataro Maggiore, d'intesa con la Fondazione Campania Regione d'Europa e Mediterraneo, Ente di Ricerca e Alta Formazione - onlus - , ha deliberato l'Istituzione del Museo del Territorio, allo scopo di raccogliere la cultura materiale di età antica e medievale. Per arricchire il costituendo museo di evidenze archeologiche dell'Età del Bronzo Medio, molto rare in Italia, è auspicabile lo scavo del villaggio appenninico, ben conservato, ai piedi di Monte Calvento. In questa prospettiva, il Museo occuperà un ruolo preminente negli studi sull'Età del Bronzo in Italia. La Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, della Seconda Università degli Studi di Napoli, con sede a Santa Maria Capua Vetere, sta formando molti giovani campani in archeologia, museologia e studi artistici e storici. In un futuro a breve termine, gli li enti locali, in primo luogo i comuni, dovranno imparare a realizzare programmi di intervento e investimento delle risorse finanziarie regionali e comunitarie per offrire opportunità di lavoro alla professionalità dei nostri giovani nel campo dell'Economia dei Beni Culturali. Le categorie professionali, le


associazioni e le fondazioni cultrurali devono fare la propria parte e aggiungere, alle politiche di indirizzo programmatico delle amministrazioni, le competenze specifiche nel campo della valorizzazione culturale ed economica dei Beni di interesse archeologico e artistico. Nel panorama della Camapnia settentrionale, ancora poco attento ai rapporti tra gestione dei Beni Culturali e promozione del lavoro e delle economie di scala locale, i programmi di intervento dell'ente Comune di Pignataro Maggiore, d'intesa con la Fondazione Campania, costituiscono una prima esperienza in un settore di sviluppo che altrove occupa un ruolo importante nell'economia del territorio.


Inquadramento geo-topografico La cittadina di Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta, sorge in zona precollinare, di struttura geologicamente composita, con tufiti piroclastiche sovrapposte a formazioni calcaree preappenniniche. L'area si inserisce nel paesaggio geomorfologico della Pianura Campana, caratterizzata, per uno spessore di alcune migliaia di metri, da depositi marini e da deltizi di fiumi primitivi, intercalati con prodotti piroclastici e lavici provenienti da diversi centri eruttivi impostati lungo l'allineamento tettonico regionale che unisce i vulcani di Roccamonfina, Campi Flegrei, Somma-Vesuvio. In particolare, i tufi grigi compatti che caratterizzano il sottosuolo su cui sorge la cittadina, furono emessi da edifici vulcanici successivamente sprofondati e ricoperti dai depositi alluvionali della Piana Campana. Le antiche attività vulcaniche sono testimoniate dalle fosse crateriche lacustri del Lago di Falciano del Massico e del Lago delle Corree presso Vairano, che si trovano allineate lungo la faglia che segue parallela la dorsale meridionale del Monte Massico e del Massiccio di Roccamonfina. Anche le sorgenti idrominerali sparse nel territorio della Campania settentrionale, sia calde che fredde, rientrano tra le manifestazioni di vulcanismo minore prodotte da caldere vulcaniche molto profonde. Orosio, IV, 4, tramanda che, ancora in età storica, nel 276 a.C., si verificarono fenomeni vulcanici di una cerca importanza: “Nei pressi di Cales, si aprì improvvisamente una voragine nella terra e ne uscì una fiamma che, ardendo orribilmente per tre giorni, coprì di cenere il terreno per molti iugeri” Alle spalle del centro abitato, si innalzano le colline del Monte Calvento, propaggine, verso la Pianura Campana, del Massiccio del Monte Maggiore. L'area montuosa Preappenninica risale al Mesozoico, tra il Triassico e il Giurassico, ad un periodo tra i 250 e i 200 milioni di anni fa, e si formò per il lento sollevamento del fondo di un mare primitivo, come mostra la conformazione sedimentaria delle rocce di calcare dolomitico che inglobano fossili di organismi arcaici, come trilobiti, turritelle, phacos ed eupatangus.


Cenni storici Il nucleo abitato originario, dal quale si sviluppò l'agglomerato urbano di Pignataro Maggiore, è databile, sulla base delle fonti storiche, ad un periodo successivo alla fine del rischio islamico. Durante il IX secolo, le incursioni dei Saraceni flagellarono Campania e Meridione d'Italia, spingendo la popolazione in sedi d'altura, come, ad esempio nel nostro territorio, a Rocchetta e Giano Vetusto. Il rischio islamico ostacolò la costituzione di centri abitati in pianura e lo svolgimento delle attività economiche connesse con agricoltura, artigianato, commercio. L'agro meridionale del territorio comunale è caratterizzato dalla presenza della centuriatio di età romana, il sistema di strade e divisioni agrarie col quale Roma distribuì le terre di Cales, conquistata nel 335 a.C., ad una colonia di diritto latino, di 2500 uomini, tra veterani dell'esercito e turbolenta plebe dell'Urbe, con le rispettive famiglie, per un totale di circa 10.000 persone. Beloch, Campanien, sulla base di documenti epigrafici, identifica Pignataro Maggiore col Vicus Palatius. Alla luce della recente scoperta dell'esteso complesso palaziale di età romana, in località San Giorgio, l'ipotesi dello storico tedesco acquista la suggestione di una certa credibilità. Tuttavia, S. Femiano, Linee di storia, topografria e urbanistica dell'antica Cales, Maddaloni 1988, ha mostrato, con buoni argomenti, che le epigrafi rinvenute dal Novi, Iscrizioni, monumenti e vico, Napoli 1861, si riferiscono a Cales e non a Pignataro Maggiore. Giulio Minervini, Bullettino archeologico Napoletano, VII, pp.15-16, Napoli 1859, afferma: "Fu questa iscrizione rinvenuta tra Calvi e Pignataro, circa sei miglia di là da Capua". G. Novi, lo scopritore dell'epigrafe, non fornisce questa indicazione topografica. A leggerne il racconto della scoperta, risulta che l'epigrafe fu rinvenuta nell'area urbana di Cales. L'archeologo mostra di non conoscere l'estensione del perimetro cittadino. Inoltre, anche a causa dell'aspra polemica col Can. Iovino, di Camigliano, dal quale riteneva di essere stato usurpato dell'ambito ruolo di Ispettore alle Antichità Calene, volle credere e far credere che la nuova epigrafe: " rivelasse l'esistenza di un borgo, il Vicus Palatius, dipendente forse da Cales, ma ricco di monumenti e di arte, che per avventura potranno eclissare le memorie calene finora conosciute".


Evidenze archeologiche l'EtĂ del Bronzo Il tenimento comunale di Pignataro Maggiore conserva interessanti testimonianze archeologiche e monumentali, che documentano le molteplici stratificazioni storiche di un territorio fertile e ben esposto ai collegamenti verso il mare e l'entroterra appenninico. Dell'EtĂ del Bronzo Medio, si conserva un villaggio fortificato. Le strutture murarie del recinto difensivo sono costituite di blocchi e ciottoli calcarei cementati con impasto di argilla e sabbia pozzolanica. L'area archeologica, posta alle falde del monte Calvento, in localitĂ Triella, restituisce mattoni d'argilla e cospicui frammenti ceramici di ampi contenitori in terracotta per la conservazione e cottura delle derrate alimentari. I materiali dimostrano lo stanziamento di un numeroso gruppo umano organizzato, dedito all'agricoltura e alla pastorizia. L'allevamento del bestiame e la pratica venatoria sono indicati dal rinvenimento di ossi di bovini, suini, volatili e cinghiali, che affiorano da fosse circolari di discarica. Le attivitĂ agricole sono suggerite dai cospicui frammenti di vasi di terracotta per la conservazione delle derrate alimentari. Frammenti di intonaco argilloso con l'impronta di rami e i mattoni d'argilla, informano sulla struttura delle abitazioni del villaggio. Su un muro circolare di base, alto circa 50 cm., erano infisse travi verticali che sostenevano il tetto e le pareti di rami intrecciati coperti d'argilla. Il pavimento era costituito di solidi mattoni, spessi circa cm.3, .


l'Età Romana L'Età Romana ha lasciato, nella zona precollinare, tre ville residenziali, nelle località San Giorgio, San Pasquale e Triella. Delle prime due si conservano notevoli strutture murarie affioranti dal terreno; la terza è individuata dalle fotografie aeree. La villa in migliore stato di conservazione, per dimesioni ed estensione delle opere murarie, è quella conservata in località San Giorgio. Durante i primi lavori di cura del patrimonio boschivo, relativi ai progetti di allestimento del Parco Ambientale Urbano, elaborati dalla Civica Amministrazione in carica, a monte della chiesa romanica intitolata al santo patrono della città, sono venute alla luce cospicue strutture murarie di una villa di età romana. L'area è costituita da un'estesa terrazza naturale precollinare, rivolta verso il paese e l'aperta pianura. Intensamente coltivata a uliveto un tempo, conserva ancora molti ulivi che mantengono al paesaggio il singolare carattere di luogo quieto, adatto ad un parco pubblico. Le strutture murarie affioranti della villa sono eseguite con differenti tecniche costruttive che coprono un ampio arco cronologico, tra il II sec. a.C. ed il I sec. d.C.: - opera isodomica, con blocchi squadrati di tufo uniti a secco; databile alla fine del II sec. a.C.; - opus quasi-reticulatum, con grossi caementa sgrossati e legati con malta pozzolanica; della fine del II-inizi I sec. a.C.; - opera isodomica a blocchi calcarei di piccole dimensioni, legati con malta cementizia; databile al I sec. a.C.. - opus signinum per il rivestimento delle cisterne; - opus latericium, del I sec. d.C. - cocciopesto per le pavimentazioni; secondo una tecnica nota per l'età repubblicana; - tessere di mosaico, litiche e di pasta vitrea colorata. Le fondamenta della chiesa romanica di San Giorgio poggiano sulle strutture della villa di età antica Blocchi tufacei e calcarei, tegole piane e mattoni, secondo l'uso, attestato durante il Medioevo, di recuperare materiali da costruzione, saccheggiando monumenti di età romana, risultano cavati dall’edificio antico. Le dimensioni della piccola basilica romanica fecero sì che i costruttori non distruggessero l'intero complesso palaziale di età romana. Anzi, molto verosimilmente, a giudicare dalla conformazione del suolo, le asperità della zona precollinare, occupata dalle strutture dell'antica villa, furono livellate con apporto di terreno vegetale. L'ampia platea ha tradizionalmte ospitato la fiera di San Vincenzo che, secondo l'antica


consuetudine di svolgere i traffici commerciali all'ombra dei santuari, vi si teneva due volte l'anno. L'intervento favorì la conservazione delle strutture murarie, per un'altezza che si può valutare in circa m. 1,50 e per un'estensione di oltre 1200 m.q.. Il luogo della villa, con le colline che riparano dai venti, fu scelto, sia per il clima temperato e la fertilità dei suoli vulcanici, anche per la presenza di una copiosa sorgente. Il fontanile è stato in uso fino a circa la metà del secolo scorso, per le necessità di una vicina fornace di cottura della calce. Di recente, grazie a testimonianze dirette, è stato individuato il punto in cui la sorgente sgorgava e la copertura muraria della polla di captazione dell'acqua. Tre importanti evidenze archeologiche qualificano la villa come praedium, come ampia struttura palaziale, di tipo residenziale e produttivo. Nei pressi della basilica di San Giorgio, si conserva un blocco calcareo squadrato, con una profonda e regolare incisione dalla caratteristica forma a P, che viene comunemente interpretata come l'iniziale di PIETRO. Un analogo blocco si conserva come elemento costruttivo in un palazzo poco distante. La tradizione popolare considera simili blocchi calcarei come pietre angolari delle chiese e il caratteristico incavo a forma di P si riferirebbe all'incarico attribuito da Gesù a Pietro di essere pietra portante della Chiesa. Lo scavo archeologico di antichi edifici a carattere produttivo ha chiarito la funzione di questi pesanti blocchi, come a Pompei e Roma. Nella villa romana di Pignataro Maggiore, come in quella poco distante di Francolise, parallelepipedi calcarei con incavo a forma di P costituivano la pesante base di ancoraggio della sucula, la vite lignea del torculum, il torchio per la premitura delle uve e delle ulive. I due blocchi calcarei dimostrano la presenza di almeno due frantoi oleari e documentano il carattere produttivo dell'insediamento. Il dato conferma che la zona di San Giorgio ha conservato fin da età romana una costante vocazione olivicola e indica le scelte botaniche future per il rimboschimento dell'area. Importanti dati archeologici osservati in superficie, suggeriscono che l'impianto produceva quantità notevoli di olio. Ai piedi della collina, lo scorticamento del suolo, per la bonifica dalle piante infestanti, ha riportato alla luce molti blocchi di laterizio refrattario, pertinenti ad una ampia fornace e cospicui frammenti di anfore per il trasporto del vino e dell'olio. La fabbricazione di contenitori di terracotta mostra che il predium, la villa residenziale del ricco proprietario, con annessa azienda agricola, produceva, confezionava ed


esportava importanti quantità d'olio. Sulla base delle testimonianze delle fonti storiche e di analoghe strutture antiche, ben documentate dagli scavi archeologici, possiamo ricostruire la struttura della villa romana di San Giorgio. Il complesso palaziale era costituito di due parti. La pars urbana, la parte residenziale, era occupata dall'abitazione privata del dominus, del padrone della villa. Gli ambienti erano ampi e confortevoli, con le molte comodità della vita agiata. In molti casi queste ampie aziende agricole erano concepite come piccole regge in cui il padrone viveva con la famiglia, la corte di clientes e un gran numero di schiavi. La pars rustica, la parte rurale, comprendeva i magazzini, gli alloggiamenti degli schiavi e la pars fructuaria, la parte produttiva vera e propria, costituita dai locali adibiti alla lavorazione dei prodotti agricoli ottenuti dalle colture che circondavano la villa. Gli impianti produttivi principali erano il torculum, il torchio per il vino; il trapètum, il trapeto o frantoio; il pistrinum, il mulino; la figlina, il laboratorio ceramico in cui si fabbricavano i vasi, e la fornax, la fornace per la cottura dei manufatti d'argilla.


Note sull’autore Stanislao Raffaele Femiano è Archeologo; è specializzato in Archeologia etrusca e italica. Partecipa a missioni archeologiche in Italia e all'estero. E' docente a contratto in Archeologia Classica per il Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica. E' docente di Italiano e Latino. Svolge una costante attività di studio e ricerca in Archeologia Classica e Lingua e Letteratura Italiana e Latina, che riferisce con opere monografiche e articoli pubblicati su Riviste Specializzate. E' Storico e Critico d'Arte. Cura la pubblicazione di cataloghi d'arte per i maggiori artisti figurativi italiani.


Alcune delle sue Pubblicazioni: • Femiano, Stanislao Raffaele, Linee di storia, topografia ed urbanistica dell’antica Cales, Maddaloni, 1987; • Femiano, Stanislao Raffaele, Oratoria Romana, in Codice, n 2, secondo trimestre 2000, pp. 20e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, La scrittura: storia ed evoluzione, in Codice, n 3, terzo trimestre 2000, pp. 1 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, Le commedie di Plauto - la figura del servo, in Codice, n 3, terzo trimestre 2000, pp. 46 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, Il latino dei cristiani,origini ed evoluzione, in Codice, n 3, terzo trimestre 2000, pp. 73 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, La questione dell'emisfero cerebtale destro: ipotesi di ricerca, in Codice, n 2, terzo trimestre 2001, in Codice, n 2, terzo trimestre 2001, pp. 1 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, L’immaginazione nella produzione poetica ed artistica, in Codice, n 3, terzo trimestre 2001, pp. 15 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, Il Mito della Caverna, sombolo del pensiero di Platone , in Codice, n 3, primo trimestre 2002, pp. 19 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, Letteratura ed arte. I centri cerebrali dell’esperienza estetica ed edonica, in Codice, n 1, primo trimestre 2004, pp. 1 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, La mediazione dell’arte tra mondo e uomo. Oggi la letteratura e l’arte servono ancora la ricerca della verità?, in Codice, n 1, primo trimestre 2004, pp. 20 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, La religione romana: le fonti scritte su sacrifici, vittime e interpretazioni dei sacerdoti, in Codice, n 2, secondo trimestre 2004, pp. 63 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, La dimensione sacra nel lessico religioso romano, in Codice, n 5, terzo trimestre 2005, pp. 51 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, Seneca (De providentia) e leopardi (La ginestra). L’esperienza umana del male e della sofferenza, in Codice, n 5, terzo trimestre 2005, pp. 83 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, Caio Giulio Cesare, I successi militari contro i Galli. Analisi delle fonti scritte, in Codice, n 1, secondo trimestre 2005, pp. 1 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, Alesia – settembre52 a.C..La Battaglia che aprì a Cesare nuovi scenari politici, in Codice, n 3, terzo trimestre 2006, pp. 14 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, Giove capitolino e la nascita dello spazio romano. Spazio urbano e territorio alla luce delle fonti scritte e delle evidenze archeologiche, in Codice, n 1, primo trimestre 2007, pp. 3 e ss. • Femiano, Stanislao Raffaele, La via Appia ritrovata, in Le Muse • Femiano, Stanislao Raffaele, Nicola Borrelli, Archeologo, in Le Muse • Femiano, Stanislao Raffaele, Capua etrusca e la protostoria della Campania antica, in Le Muse • Femiano, Stanislao Raffaele, I Miliarii CXX, in La via Appia attraverso i secoli, Istituto Geografico Editoriale Italiano, 2002


Sommario Premessa ..........................................................................................................5 Inquadramento geo-topografico.......................................................................7 Cenni storici .....................................................................................................8 Evidenze archeologiche ...................................................................................9 l'Età del Bronzo.............................................................................................9 l'Età Romana ...............................................................................................10 Note sull’autore..............................................................................................13 Alcune delle sue Pubblicazioni:..................................................................14 Sommario.......................................................................................................15


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