Provincia Medica n0

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Editoriale del Direttore

di gianfranco cavaliere

100 anni di storia

dell’OMCeO dell’Aquila. Pasteur (le vaccinazioni), R. Kock (il bacillo della TBC e il vibrione del colera), P. Erlich immunologo e fondatore della chemioterapia. Senza dimenticare i progressi della chirurgia con la scoperta dell’etere, del protossido d’azoto, del cloroformio e della cocaina. Già nell’ultimo ventennio del XIX secolo si erano costituite le prime associazioni professionali per difendersi dalla scarsa attenzione istituzionale, dalla esigua considerazione da parte di un popolo superstizioso ed ignorante ma soprattutto per porre all’attenzione dei Governi la questione sanitaria. Era questo un periodo in cui numerose malattie quali malaria, tifo, colera, sifilide, brucellosi, polmoniti, dissenteria affliggevano una popolazione povera, malnutrita e in condizioni igienico- abitative precarie. A dire il vero già nel 1888, con la riforma Crispi-Pagliani, si era avuto un primo e sostanziale riconoscimento alla professionalità del medico. Tale riforma, infatti, escludeva dalla categoria medica quanti non avevano conseguito una laurea o un diploma di abilitazione universitaria. Nel 1898 i medici costituirono una Federazione Nazionale cui aderirono anche diverse associazioni mediche a carattere sindacale e di tutela deontologica, per chiedere allo Stato, da una parte, il riconoscimento giuridico della loro professione come “unica competente” nella cura del malattie e nel mantenimento della salute e, dall’altra, l’istituzione di un Ordine come quello degli avvocati fondato fin dal 1874. Ma tutti i governi, temendo il potenziale potere “politico” dei medici chirurghi derivante dal loro stretto contatto con un popolo sempre più povero ed affamato, erano restii a tale riconoscimento. L’approvazione in via definitiva della legge 455 arriva solo il 10 luglio 1910 sotto la presidenza del Consiglio di Luigi Luzzati, dopo un lungo iter parlamentare. Tale legge, però, non prevedeva il riconoscimento della partecipazione dei medici alla politica sanitaria del Governo, vietava qualsiasi ingerenza dell’Ordine nei rapporti tra medici e Amministrazioni Comunali, causa all’epoca della maggior parte degli attriti, sia per l’assegnazione delle condotte mediche che per l’applicazione delle leggi sanitarie. L’intento era soprattutto quello di arginare la progressiva sindacalizzazione della classe medica. Furono altresì respinti tutti i tentativi tendenti a modificare l’articolo 3 della legge per il quale erano soggetti a disciplina dell’Ordine solo i medici che praticavano la libera professione. Da questa legge i medici condotti, colonne portanti dell’igiene pubblica, non

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Editoriale del Presidente

di maurizio ortu

100 anni di storia

dell’OMCeO dell’Aquila. Pasteur (le vaccinazioni), R. Kock (il bacillo della TBC e il vibrione del colera), P. Erlich immunologo e fondatore della chemioterapia. Senza dimenticare i progressi della chirurgia con la scoperta dell’etere, del protossido d’azoto, del cloroformio e della cocaina. Già nell’ultimo ventennio del XIX secolo si erano costituite le prime associazioni professionali per difendersi dalla scarsa attenzione istituzionale, dalla esigua considerazione da parte di un popolo superstizioso ed ignorante ma soprattutto per porre all’attenzione dei Governi la questione sanitaria. Era questo un periodo in cui numerose malattie quali malaria, tifo, colera, sifilide, brucellosi, polmoniti, dissenteria affliggevano una popolazione povera, malnutrita e in condizioni igienico- abitative precarie. A dire il vero già nel 1888, con la riforma Crispi-Pagliani, si era avuto un primo e sostanziale riconoscimento alla professionalità del medico. Tale riforma, infatti, escludeva dalla categoria medica quanti non avevano conseguito una laurea o un diploma di abilitazione universitaria. Nel 1898 i medici costituirono una Federazione Nazionale cui aderirono anche diverse associazioni mediche a carattere sindacale e di tutela deontologica, per chiedere allo Stato, da una parte, il riconoscimento giuridico della loro professione come “unica competente” nella cura del malattie e nel mantenimento della salute e, dall’altra, l’istituzione di un Ordine come quello degli avvocati fondato fin dal 1874. Ma tutti i governi, temendo il potenziale potere “politico” dei medici chirurghi derivante dal loro stretto contatto con un popolo sempre più povero ed affamato, erano restii a tale riconoscimento. L’approvazione in via definitiva della legge 455 arriva solo il 10 luglio 1910 sotto la presidenza del Consiglio di Luigi Luzzati, dopo un lungo iter parlamentare. Tale legge, però, non prevedeva il riconoscimento della partecipazione dei medici alla politica sanitaria del Governo, vietava qualsiasi ingerenza dell’Ordine nei rapporti tra medici e Amministrazioni Comunali, causa all’epoca della maggior parte degli attriti, sia per l’assegnazione delle condotte mediche che per l’applicazione delle leggi sanitarie. L’intento era soprattutto quello di arginare la progressiva sindacalizzazione della classe medica. Furono altresì respinti tutti i tentativi tendenti a modificare l’articolo 3 della legge per il quale erano soggetti a disciplina dell’Ordine solo i medici che praticavano la libera professione. Da questa legge i medici condotti, colonne portanti dell’igiene pubblica, non

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Nome Rubrica

Titolo di prova che

dovrebbe essere non lungo

L

Ure ea con exerit nullaortie diam, vendre dolorpercil il inim ip ex ea con hent ad min et. di nome del medico

Onum zzrit augue commy nonsed dolorer acipsum ipit adip ex etueros enim nostrud tatue duisisl endigna commy nullamc ommodigna aciliquis aliquam, quat praessequat atetummod exer si. Dolore elit venis atem zzrit venisit lumsan volore con velessent am quis nit at, verilisim do od magniam, sit, se do odip er sis nibh endreriusto odiamco nsequis molobor suscipit amet lobore conse molorper susto core ting et ver sed dolore ex ex exerat, sim niat. Ut lamet auguer ipsum niamcor aliquat lametum duipsustrud te er adit vullan ullutpat. Quat duis nulluptat, suscinis dunt ad molesequamet iriurem dolore ming el ute eugait iusci exer sum zzriure raesequis nismolorem zzrit prat wis nos am num vent ercipit iure doluptat. Ut niatue dolor se modolorpero consequis dolore magna feuis eraesti onsequisi. Ullan ut utat iure commy num ex et alisim doluptatin hendit autat. Ut adipsus cinibh el utatinc illaore mod et, si. Ad tet ad dolesed euis nibh exer susci tionulla feu facilit la faccum veliscilla facidunt vel dit ullan utpatetum vero enismod tis dolortincin vullum veliquisim ea faccum iustrud ea facin ute vel ex et iustis eratue molortis ercipit pratem ad eriustrud do commy num volore ea conse ent alismod eugueraesto et do commy nim accum nit eugue feum zzrit ut lute modiamet numsandre magna consequat iure do odipsum nulput inis elit praesse vulla commod tio consequat, quat iurem alit nisl inis nonsequ ipsusto do odiamet, sed dolor alisi. Andreet at, quamconsent iniam, volortisis dolorperos nisl dolore elissequipit praessi. Tue modolesequam voloborero ent nit iuscilla facipisl in velendio conumsa ndipis et autat. Dolorero dunt eui et ad er sum vel dit lan vulputpat alit erat, conulput alisl iliquat. Odipit augiam, se mod tinci bla feugait inim nulluptat, commy nostrud min hendipis augait ulputem illa consecte dolobore molorperat. Duisisi. Duis dolobore et ulla facillutpat. Lit non volore duipisim vent aliquatem irilit acil ut utpatet, quisi eum in ero od te vent utpat. Na feuisi. Henim velit velit augueri uscidunt ad magnibh er suscilit lorem er summodolum velenim

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Onum zzrit augue commy nonsed dolorer acipsum ipit adip ex etueros enim nostrud tatue duisisl endigna commy nullamc ommodigna aciliquis aliquam, quat praessequat atetummod exer si. Dolore elit venis atem zzrit venisit lumsan volore con velessent am quis nit at, verilisim do od magniam, sit, se do odip er sis nibh endreriusto odiamco nsequis molobor suscipit amet lobore conse molorper susto core ting et ver sed dolore ex ex exerat, sim niat. Ut lamet auguer ipsum niamcor aliquat lametum duipsustrud te er adit vullan ullutpat. Quat duis nulluptat, suscinis dunt ad molesequamet iriurem dolore ming el ute eugait iusci exer sum zzriure raesequis nismolorem zzrit prat wis nos am num vent ercipit iure doluptat. Ut niatue dolor se modolorpero consequis dolore magna feuis eraesti onsequisi. Ullan ut utat iure commy num ex et alisim doluptatin hendit autat. Ut adipsus cinibh el utatinc illaore

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ulputem illa consecte dolobore molorperat. Duisisi. Duis dolobore et ulla facillutpat. Lit non volore duipisim vent aliquatem irilit acil ut utpatet, quisi eum in ero od te vent utpat. Na feuisi. Henim velit velit augueri uscidunt ad magnibh er suscilit lorem er summodolum velenim zzriliquis nonsed tet ad minibh ea facil eliquis dipit do odolenibh eugait laore magna augueros aut adiam irit utatet lor sumsandre minim iuscidunt alis augait dolum ea facing ercMagnit ut wis do odolobor sectetum zzriuscil utatuer illandre te delissi. Ud et et, quat alis ex et at augiam acillaoreet wisi tem dit, commy nim et ilit vel in ullutpatue ming er augiat. Ut lutation henis duis nit augait in eu faccumm olorem iuscip esendit nis diat. Dunt velessed tet alit ut in eummod tatue tio dolorti onsequat esse exerostrud minis enit autpat, vullam, veraestrud tem vel ute minis nim nonseniat, cor sim dunt lutpat. Ure consecte con velit vel

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Lo Speciale

100 anni di storia

dell’OMCeO dell’Aquila.

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La rubrica si propone di pubblicare, in stile semplice e rilassato, le esperienze, le emozioni, le motivazioni di medici “sportivi” intesi non come esercenti la professione in ambito sportivo ma come attori essi stessi di pratica sportiva, sia a livello agonistico che amatoriale, sia con impegno di tempo occasionale che costante al fine di condividere le sensazioni con i colleghi e divulgare le peculiarità del proprio sport preferito. di sergio placidi - vice presidente OMCeO L’Aquila

Il 10 Luglio 1910 è una data storica per i medici in quanto viene promulgata la legge 455 il cui articolo 1 recita: ”in ogni Provincia sono costituiti gli Ordini dei Medici Chirurghi, dei Veterinari e dei Farmacisti iscritti negli Albi corrispondenti”. Al Consiglio dell’ordine, composto da cinque o sette membri eletti a maggioranza, spetta il compito “di vigilare alla conservazione del decoro e dell’indipendenza dell’Ordine stesso, di reprimere in via disciplinare gli abusi e le mancanze di cui i sanitari liberi esercenti si rendano colpevoli e di interporsi, se richiesto nelle controversie fra sanitario e sanitario o

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fra sanitario e cliente, per ragioni di spese, di onorari o per altre questioni inerenti all’esercizio professionale, procurando la conciliazione della controversia e, in caso di non riuscito accordo, dando il proprio parere sulle controversie stesse”. La legge è un giusto riconoscimento a quella professione medica che nella seconda metà del 1800 aveva decisamente cambiato volto con le scoperte di grandissimi scienziati quali Darwin, C. Bernard (Introdution à l’etude de la mèdicine experimentale), I.P. Sommelweiss (Eziologia, concetto e profilassi della sepsi puerperale), R. Virchow (Cellularpathologie), L.


Le Pubblicazioni realizzate per i festeggiamenti del centenario

OrdIne deI MedIcI chIrurghI e deglI OdOntOIAtrI dellA PrOvIncIA dell’AquIlA

Questo volume viene pubblicato in occasione del Centenario dell’Istituzione degli Ordini Professionali. I l M ed i co e l ’ A r te

CENTO E PIU’ ANNI DI STORIA DELLA SANITà NELLA PROVINCIA DELL’AQUILA

CENTENARIO DELL’ISTITUZIONE DEGLI ORDINI DEI MEDICI

a cura di Bruno Sabatini e Giuseppe Azzarone

CENTO E PIù ANNI DI STORIA DELLA SANITà NELLA PROVINCIA DELL’AQUILA

Il Medico e l’Arte raccolta di scritti comparsi sul Bollettino ordinistico dal 1991 al 1996

Ordine dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della provincia dell’Aquila

ORDINE DEI MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI DELLA PROVINCIA DELL’AQUILA

Pasteur (le vaccinazioni), R. Kock (il bacillo della TBC e il vibrione del colera), P. Erlich immunologo e fondatore della chemioterapia. Senza dimenticare i progressi della chirurgia con la scoperta dell’etere, del protossido d’azoto, del cloroformio e della cocaina. Già nell’ultimo ventennio del XIX secolo si erano costituite le prime associazioni professionali per difendersi dalla scarsa attenzione istituzionale, dalla esigua considerazione da parte di un popolo superstizioso ed ignorante ma soprattutto per porre all’attenzione dei Governi la questione sanitaria. Era questo un periodo in cui numerose malattie quali malaria, tifo, colera, sifilide, brucellosi, polmoniti, dissenteria affliggevano una popolazione povera, malnutrita e in condizioni igienico- abitative precarie. A dire il vero già nel 1888, con la riforma Crispi-Pagliani, si era avuto un primo e sostanziale riconoscimento alla professionalità del medico. Tale riforma, infatti, escludeva dalla

Galateo del Medico L’Aquila 1824

In copertina: Pulsazioni e palpiti (Cm 121,5x151) di Teofilo Patini (1840-1906) nella collezione dell’Amministrazione Provinciale dell’Aquila

E’ possibile richiedere una copia dei volumi facendone richiesta alla segreteria dell’Ordine

categoria medica quanti non avevano conseguito una laurea o un diploma di abilitazione universitaria. Nel 1898 i medici costituirono una Federazione Nazionale cui aderirono anche diverse associazioni mediche a carattere sindacale e di tutela deontologica, per chiedere allo Stato, da una parte, il riconoscimento giuridico della loro professione come “unica competente” nella cura del malattie e nel mantenimento della salute e, dall’altra, l’istituzione di un Ordine come quello degli avvocati fondato fin dal 1874. Ma tutti i governi, temendo il potenziale potere “politico” dei medici chirurghi derivante dal loro stretto contatto con un popolo sempre più povero ed affamato, erano restii a tale riconoscimento. L’approvazione in via definitiva della legge 455 arriva solo il 10 luglio 1910 sotto la presidenza del Consiglio di Luigi Luzzati, dopo un lungo iter parlamentare. Tale legge, però, non prevedeva il riconoscimento della partecipazione

dei medici alla politica sanitaria del Governo, vietava qualsiasi ingerenza dell’Ordine nei rapporti tra medici e Amministrazioni Comunali, causa all’epoca della maggior parte degli attriti, sia per l’assegnazione delle condotte mediche che per l’applicazione delle leggi sanitarie. L’intento era soprattutto quello di arginare la progressiva sindacalizzazione della classe medica. Furono altresì respinti tutti i tentativi tendenti a modificare l’articolo 3 della legge per il quale erano soggetti a disciplina dell’Ordine solo i medici che praticavano la libera professione. Da questa legge i medici condotti, colonne portanti dell’igiene pubblica, non ottennero alcuna garanzia come il riconoscimento di uno stipendio uguale per tutti ed una stabilità del posto di lavoro. In quel periodo i medici condotti, soprattutto quelli che operavano in zone lontane dai grossi centri urbani e abitate da popolazioni povere e con tassi di mortalità del 20-30%, conducevano una vita ai limiti della

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Lo Speciale

sopravvivenza con dedizione totale alla professione. Infatti lo stipendio annuo di un medico che operava in una condotta variava da 1.700 a 2.300 lire circa, quando un pretore percepiva 8000 lire, un maresciallo dei carabinieri 4500 lire con in più l’alloggio e un ufficiale d’ordine postelegrafonico 4800 lire. Questo disagio “materiale e morale” dei medici comunali probabilmente è stato alla base dell’adesione quasi massiccia, già dal 1923, della loro associazione sindacale al fascismo che si presentava come un’organizzazione in difesa dei ceti medi, dei medici e di tutte le professioni liberali. La storia dell’Ordine dei Medici Chirurghi della Provincia dell’Aquila inizia il 9 maggio 1912 quando, in una stanza dell’allora Regia Prefettura, il Medico provinciale, dott. Biagio Vizioli, a nome del Prefetto Salvatore Colucci, insedia il primo Consiglio dell’Ordine dei Medici sotto la presidenza del prof. Gaetano Bellisari, direttore del manicomio provinciale S. Maria di Collemaggio. Oltre al Presidente fanno parte del Consiglio i dottori Pasquale Comparetti di Sulmona, Cesare Gasparri di Avezzano, Alberto Cortelli di Collepietro, Giuseppe Ortenzi di Pratola Peligna, Alfredo Raynaldi di Avezzano e Augusto Ciccomartino di Cittaducale. Viene inoltre nominato tesoriere il dott. Vincenzo Petrachini mentre il verbale di quella fondamentale seduta viene redatto dal segretario dott. Francesco Giammaria.

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Il consiglio, riunitosi per la prima volta il 3 luglio 1912, impone l’iscrizione all’Ordine di un primo nucleo di 164 medici, saliti a 187 a fine luglio dello stesso anno, decide di dotarsi di una sede sociale e di mettere allo studio una bozza di regolamento interno. Il tema centrale della riunione riguarda, però, l’adesione dell’Ordine aquilano alla protesta che in varie parti d’Italia gli Ordini muovono all’art. 3 della legge istitutiva 455 che ne limita fortemente i poteri e li esclude da eventuali vertenze tra sanitari e pubbliche amministrazioni. La prematura scomparsa del prof. Bellisari a soli 42 anni per una infezione contratta in laboratorio, pone il problema della successione che viene risolta in una riunione nella nuova sede di Corso Vittorio Emanuele n. 158, con l’elezione il 13 febbraio 1913 del dott. Alberto Cortelli. In questo primo periodo la preoccupazione dell’Ordine è quella di difendere la dignità e la professionalità della categoria e combattere il fenomeno dell’abusivismo con numerose segnalazioni alle Procure del Regno di persone che esercitano la professione di medico o di odontoiatra senza avere i titoli necessari. Dopo il terremoto del 13 gennaio 1915, che colpisce la conca del Fucino ma non risparmia nemmeno l’Aquila e che provoca 30.000 vittime di cui 17 medici, gli iscritti all’Albo sono 212. Con la dichiarazione della guerra all’Austria il 24 maggio del 1915 migliaia di medici vengono mobilitati e tra i richiamati sotto le armi figura

anche Pasquale Comparetti membro del Consiglio dell’Ordine dei medici della Provincia dell’Aquila. Durante i primi venti anni l’Ordine vive il suo periodo d’oro in cui è protagonista, assieme agli enti statali preposti, di grande battaglie: il giusto riconoscimento del ruolo del medico all’interno della società, la campagna per la diffusione dell’igiene specialmente tra gli strati sociali più umili, la definizione di criteri seri per il riconoscimento della qualifica di medico e di medico specialista etc. Ma come sempre avviene sono gli intrecci tra la macro e micro storia a determinare cambiamenti importanti e talvolta irreversibili. L’inarrestabile ascesa del fascismo destabilizza anche il normale percorso dell’Ordine dei medici all’Aquila come in tutta Italia. All’inizio il passaggio al regime fascista sembra non portare grossi scompensi ma, con il consolidamento di esso, nascono tutta una nuova serie di norme, nuovi enti e nuove figure istituzionali che incidono nella vita dell’ordine. La nascita del Sindacato Nazionale Fascista dei Medici, che dapprima si pone come organo con cui dividere le varie attività, con il passare degli anni coopta a sé tutte quelle che furono le prerogative dell’Ordine. Si arriva così, senza troppo clamore al marzo del 1935, altra data cruciale, in cui entra in vigore il Regio decreto n. 184 che stabilisce la soppressione degli Ordini dei Medici chirurghi, dei veterinari e dei farmacisti. Tutti gli Ordini sono commissariati e la nomina dei commissari è riservata ai prefetti e,


Pute mod dunt nonsecte euis dolor adit nostrud elenisit non eui tio odip eugiam, consenim dolortinisim nullum vullandio ex eugiam quis nulla commolo borercilis diamcorem ipit non vel ea faci endre feuilumsandre.

per delimitare il confine di competenza tra medicina ospedaliera e medicina territoriale. Nel 1968 sotto la presidenza del dott. Angelo Acitelli il Consiglio, ritenuta inadeguata la sede di via Verdi n. 21, decide di dotarsi di una nuova sede con l’acquisto di uno spazioso locale in via XX settembre n.10. Il 22 gennaio 1968 è un’altra giornata storica per l’inaugurazione dei primi

CENTO ANNI

quindi, sotto il totale controllo statale. Durante il ventennio fascista assistiamo alla nascita di nuovi organismi assistenziali e previdenziali che hanno segnato la storia sanitaria del nostro paese. Oltre agli enti quali INAIL, ENPAS ed INPS l’11 gennaio 1943 vede la nascita dell’Istituto Nazionale di Assicurazione contro le Malattie (INAM) e tutta una serie di enti minori con finalità di assistenza sanitaria per specifiche categorie di professionisti, commercianti, artigiani, coltivatori, dipendenti pubblici etc. Gli Ordini praticamente scompaiono in tutta l’Italia fino al 13 settembre 1946, quando con il ripristino delle istituzioni democratiche, viene approvato il DLCPS n. 233 su “Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina delle professioni stesse”. Tale decreto impone, inoltre, l’iscrizione automatica ed obbligatoria dei medici e degli odontoiatri all’ENPAM (Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza Medici) costituito nel 1937 come ente pubblico. Nel 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi con il D.P.R. n. 221 del 5 aprile 1950 rende esecutivo il precedente DLCPS n. 233 e l’Ordine dei Medici può finalmente ricominciare a lavorare. D’accordo con il Prefetto, l’assemblea che ha il compito di eleggere il nuovo Consiglio dell’Ordine si tiene il 15 luglio 1950 nell’aula consiliare del Comune. Da questa risultano eletti Salvatore Forti presidente, Pompeo Spennati segretario, Pasquale Ficara tesoriere, Giovanni Giordano, Giorgio De Sanctis, Marino Santacroce e Adolfo Croce consiglieri. Le attività dell’Ordine proseguono senza novità sostanziali per gli anni successivi. Gli argomenti più dibattuti sono il rapporto tra gli ordini e gli enti assistenziali e l’ormai decennale battaglia per il miglioramento delle condizioni economiche e sociali dei medici condotti. Alla fine del 1954 risultano iscritti all’albo 322 medici e comincia ad emergere il fenomeno della disoccupazione dei sanitari. Negli anni ’60 i dirigenti dei sindacati della medicina territoriale si sentono sempre meno rappresentati dai dirigenti degli Ordini e, sempre meno disposti a cedere alle imposizioni dei potenti enti mutualistici; procedono, pertanto, alla conquista dei vertici degli Ordini fino ad allora occupati, per prestigio, da personaggi del mondo accademico, da primari degli ospedali e da esponenti della politica. Dagli anni cinquanta agli anni novanta i sindacati della medicina territoriale ricorreranno a strumenti di lotta, mutuati dal mondo operaio, per il rinnovo e la difesa delle convenzioni e

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Lo Speciale

corsi universitari di medicina e chirurgia strenuamente voluti dal prof. Paride Stefanini. Anche se la nascita della nuova Facoltà è già una realtà, il riconoscimento ufficiale del “libero Istituto di Medicina e Chirurgia dell’Aquila” arriva solo il 25 giugno 1969, con il decreto n. 425 firmato dal Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Alla nascita della nuova Facoltà, oltre al prof. Stefanini, hanno contribuito in modo determinante il dott. Angelo Tozzi, direttore amministrativo ed il ministro Lorenzo Natali. Il 1978 è un anno importantissimo per l’Ordine aquilano e per i sanitari di tutta Italia perché, con la legge n. 833, una quindicina di Casse mutue tra grandi e piccole vengono abolite per la creazione del Sistema Sanitario Nazionale. I prodromi di questa riforma possono ricercarsi nel 1968 quando gli Ospedali e le cliniche, allora per lo più gestiti da enti di assistenza o benefici, vengono trasformati in “Enti Ospedalieri pubblici”. Ma l’accelerazione per la creazione del SSN viene fatta nel 1974 quando la legge n. 386 estingue i debiti ormai accumulati dai vari enti mutualistici nei confronti degli istituti ospedalieri, scioglie i consigli di amministrazione dei enti mutualistici e delega l’assistenza ospedaliera alle Regioni. Nel 1985 con legge n. 409 viene istituita la professione sanitaria di Odontoiatria con un proprio Albo professionale che affianca quello dei medici chirurghi e viene istituita la commissione degli iscritti all’Albo degli Odontoiatri. Tale Commissione denominata CAO è formata da un presidente e quattro consiglieri e due membri di essa sono eletti a far parte del Consiglio dell’Ordine. L’Ordine assumerà pertanto la denominazione di “Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della provincia dell’Aquila. Nel 2007 il consiglio delibera l’acquisto di una nuova sede più confacente alle aumentate esigenze degli iscritti che raggiungono il numero di 414 all’Albo degli odontoiatri e 2291 all’Albo dei Medici Chirurghi. Nella primavera del 2008 la sede dell’Ordine viene trasferita da via XX settembre n. 10 a via Giovanni Gronchi n. 16 sempre all’Aquila. La scelta si rivela molto fortunata in quanto, a seguito del

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devastante sisma che colpisce la città dell’Aquila, la nuova sede riporta solo lievi danni al contrario del precedente edificio che risulta inagibile trovandosi in una delle zone più danneggiate della città. L‘ultimo Consiglio presieduto dal dott. Maurizio Ortu, si trova a fronteggiare una delle più grandi emergenze dalla sua costituzione, quella conseguente al terremoto del 6 aprile 2009 che colpisce l’Aquila e il suo circondario. Il sisma che provoca 308 vittime, tra cui l’odontoiatra Dante Vecchioni, provoca ingentissimi danni alle abitazioni e agli edifici pubblici. Neanche l’edificio dell’Ospedale S. Salvatore, pur di recente costruzione, viene risparmiato ma per fortuna i danni non coinvolgono i ricoverati e gli operatori sanitari in servizio. Encomiabile il lavoro e lo spirito di abnegazione di tutti i medici da quelli ospedalieri che oltre all’evacuazione dell’ospedale devono far fronte all’assistenza ai numerosi feriti che arrivano al pronto soccorso spesso in condizioni disperate, ai medici e pediatri di famiglia che si prodigano nell’assistenza alla popolazione delle tendopoli sorte numerose per ospitare le migliaia di sfollati. Notevole anche l’impegno prodigato dal direttore dell’ordine dott.ssa Graziella Fischione, coadiuvata dalla dott.ssa Donatella Terpolilli e Tiziana Corrado, per gestire le numerosissime pratiche di accesso ai sussidi straordinari per le calamità naturali previsti dall’ENPAM. Numerose le iniziative di sostegno e di solidarietà degli altri Ordini dei medici italiani che si concretizzano in una generosa donazione che sarà utilizzata per la realizzazione di una struttura socio-sanitaria multifunzionale. Nonostante il durissimo colpo, l’attività dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia dell’Aquila prosegue tra gli stessi disagi della popolazione condividendo con quest’ultima la stessa irriducibile volontà di non arrendersi, volontà che ha guidato anche in quelle ore indimenticabili e drammatiche della Città dell’Aquila tutto il personale medico sanitario, fedele al giuramento: “perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo dalla sofferenza”.


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Il Medico e le Scienze Umane

Il Medico e le scienze umane

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La rubrica si propone di affrontare e discutere mediante contributi di colleghi e di esponenti del mondo scientifico e culturale multidisciplinare le problematiche del rapporto tra medicina attuale, tecnologica ed iperspecialistica, e le radici di scienza “umana” in senso “classico” recuperando ed integrando le peculiarità di pertinenza filosofica, etica, sociale, giuridica dell’arte/scienza medica al fine di migliorare il rapporto umano con il paziente ed il ruolo sociale del medico. di alfonso marrelli

Per contributi o interventi su questa rubrica scrivere a amarrelli@tin.it

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La condizione di medici all’inizio del terzo millennio comporta certamente una combinazione di elementi, alcuni certamente positivi, in quanto a progressi delle capacità diagnostiche e terapeutiche e, dunque, in ultima analisi, al potere di intervento sulla salute umana, scopo ultimo della professione, altri, in qualche misura, limitanti o modificanti il ruolo sociale del medico e la stessa coscienza professionale.


Uguerostio et, velit, quisi. Guer sequip elis ad dunt do dolorem dunt prat

vulla faccum ipisl digna feuis nibh ea consecte vero odolorper si.

L’accelerazione dello sviluppo tecnologico ha reso il medico, quale detentore di strumenti di intervento sofisticati, “tecnocrate” della salute aumentandone la capacità di ottenere risultati ma disgregandone il ruolo “umanistico” e sociale tradizionale. Come emerso nel corso della discussione in occasione dell’interessantissimo convegno su Testamento Biologico e Disposizioni Anticipate di Trattamento organizzato dal nostro Ordine lo scorso 23 ottobre il potere tecnologico della medicina, pur assicurando migliori risultati nella lotta contro le “malattie” sembra allontanare il medico dal “malato” inteso come persona in senso classico e dunque non aggregato di organi e sistemi che vanno studiati separatamente ma “essere umano” nella sua interezza. Appare sempre più necessario superare il riduzionismo novecentesco (il corpo alla medicina e la mente alla psicologia) integrando saperi medici attuali con quelli antichi e tradizionali. Ciò che si deve assolutamente evitare è il rischio di passare dal Paternalismo Illuminato del medico dell’era pre-tecnologica al Paternalismo Burocratico dell’era attuale con il paradosso che a fronte degli indubbi successi della medicina tecnologica si assista al proliferare dei problemi di “malpractice relazionale” dovuti al deterioramento del rapporto umano con il paziente. Se la direzione da seguire è quella di favorire la rivoluzione che porta il rapporto medico-paziente a quello di

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una alleanza terapeutica tra soggetti di pari dignità sociale nella salvaguardia delle competenze e conoscenze scientifiche e tecniche del medico e delle necessità fisiche e psichiche del paziente appare indispensabile recuperare le radici storiche della professione medica, dalla sua origine, almeno per quanto riguarda il mondo occidentale, della medicina ippocratica, il rapporto con lo sviluppo delle scienze e del metodo scientifico e soprattutto la necessità di riprendere il dialogo con la filosofia. Citando il collega Francesco Bottaccioli (Filosofia per la medicina, medicina per la filosofia, ed. tecniche nuove): “l’intreccio tra filosofia e medicina segna gli inizi delle due discipline a Oriente ed Occidente. Medici e filosofi da 2500 anni e per diversi secoli hanno lavorato insieme. Talvolta le due figure si fondevano in un’unica persona, altre volte erano maestri e allievi l’uno dell’altro. Il dialogo è stato fitto perché la cura degli altri non poteva prescindere dalla cura di sé. Con l’Ottocento e l’avanzare della scienza, la filosofia è stata gradualmente esautorata sia sul piano epistemologico, sia come ricerca della saggezza e arte della vita, mentre la medicina ha preso un indirizzo riduzionistico ed iperspecialistico. Il risultato è che le due principali fonti di conoscenza dell’uomo hanno oggi collegamenti scarsi ed occasionali. Occorre invece riprendere un dialogo: alla medicina serve la riflessione filosofica sui fondamenti del proprio

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agire, mentre alla filosofia, proprio per uscire dalla sterilità del suo ghetto, serve la ripresa di contatto con una scienza umana per eccellenza qual è la medicina”. Non sembrino tali argomentazioni invito a coltivare erudite ed accademiche discussioni utili solo ad accattivarsi l’interesse di pochi “cultori della materia” a recuperare il ruolo, ormai perso, di saggi “maestri di vita”. L’interesse delle neuroscienze, ad esempio, favorite dal campo di studio sulle funzioni mentali, ad argomenti di Neurofilosofia, Neuroestetica (le cosiddette Neuroscienze Integrate) con il fiorire di società scientifiche, simposi e pubblicazioni rende conto della necessità non solo dei medici ma della comunità scientifica e della cultura in genere a riprendere tali filoni di studio. Ma anche i progressi della Genetica, le rivoluzioni nel campo delle Scienze della Riproduzione, i radicali cambiamenti nella definizione stessa di morte resi possibili dalla moderna Rianimazione, le possibilità ma anche le problematiche psicologiche e sociali relative ai Trapianti di Organo forniscono tanti e tali motivi di discussione etica, religiosa, giuridica da rendere impossibile le risposte da parte dei medici, attori principali di questi teatri, sulla base delle sole competenze tecniche se non radicate in un ambito culturale più ampio, umanistico appunto, che possa definirsi sintesi in divenire dell’universalità delle multiformi conoscenze acquisite dall’umanità.

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Testamento biologico e fine vita

Testamento biologico e fine vita

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un convegno per riflettere e crescere professionalmente, tra etica, giurisdizione e scienza medica di mauro bologna Ordinario di Patologia Generale Università degli Studi dell’Aquila Consigliere Ordine dei Medici Chirughi ed Odontoiatri L’Aquila

In data 23 ottobre scorso, come molti dei lettori di questo bollettino sapranno o ricorderanno per essere stati presenti, abbiamo avuto il grande onore di avere con noi all’Aquila, su invito del nostro Ordine Provinciale, una nutrita serie di relatori autorevoli che hanno discusso e ragionato su un tema estremamente attuale e dibattuto, nonche’ di grande rilievo per la professione medica. Il titolo del convegno da noi organizzato, con riconoscimento di crediti formativi ECM da parte del Ministero della Salute, e’ stato infatti: Testamento Biologico e Fine Vita -un contributo alle riflessioni medico-scientifiche, etiche e giuridiche, in preparazione della nuova legge che si discute in Parlamento-. Il convegno si è articolato su sessioni etico-filosofiche, giuridiche e medico-specialistiche. Un elenco dei nomi dei relatori giovera’ alla comprensione della portata dell’evento: Prof. Giovanni Maria FLICK - Presidente Emerito, Corte Costituzionale, Roma; Prof. Roberta DE MONTICELLI - Professore di Filosofia della persona, Università Vita Salute San Raffaele di Milano; Prof. Rocco RONCHI - Professore di Filosofia teoretica, Università degli Studi dell’Aquila; Dr. Giuseppe R. GRISTINA - U.O.Rianimazione - Dip. Emergenza Ospedale S.Camillo – C.Forlanini di Roma; Dr. Davide MAZZON - Direttore Dipartimento Chirurgico e UO Anestesia e Rianimazione Ospedale di Belluno; Dr Tullio POZONE - Direttore Dipartimento Emergenza ASL1 Avezzano, Sulmona, L’Aquila; Dr Roberto PIPERNO - UO Medicina Riabilitativa, Osp. Maggiore, Bologna; Dr. Aldo PAGNI - Presidente Emerito, Federazione Nazionale Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri - Firenze; Dr. Nicola VICECONTE - Dottore di Ricerca in Diritto Costituzionale, Roma; Assegnista Universita’ Piemonte Orientale.

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curatore scientifico del convegno.

Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della provincia dell’Aquila

IL TESTAMENTO BIOLOGICO E LA FINE DELLA VITA Un contributo alle riflessioni medico-scientifiche, etiche e giuridiche, in preparazione della nuova legge che si discute in Parlamento.

L’Aquila, 23 ottobre 2010 Auditorium Dompé - Via Campo di Pile

21-09-2010

10:52

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I medici sono in prima linea, su questo tema, e devono continuamente affinare da un lato le proprie conoscenze scientifiche e dall’altro le abilita’ di rapportarsi umanamente con i pazienti terminali e con i loro familiari e congiunti, fortemente coinvolti dal punto di vista emotivo. Un convegno di aggiornamento su questo tema si è proposto di riassumere e magari di sviluppare ulteriormente il corrente dibattito, alla vigilia della stesura di nuove disposizioni di legge in materia, attualmente all’esame del Parlamento italiano.

Avendo personalmente curato gli aspetti scientifici del convegno, nonche’ avendovi contribuito con una relazione di sintesi che riferiva tra l’altro le opinioni di celebri scienziati ed autorita’ in materia, che non sono potute intervenire di persona pur avendole noi invitate, come il Prof. Umberto Veronesi, il Cardinale Carlo Maria Martini, il Prof. Angelo Panebianco, il Prof Giovanni Sartori, il Dr. Giuseppe Remuzzi ed altri, mi sono sentito in dovere di ringraziare, dopo l’evento, tutti i relatori per il significativo contributo che ciascuno di essi ha dato (sia direttamente che indirettamente) al suddetto convegno su Testamento Biologico e Fine Vita, esprimendo loro, inoltre, il grande apprezzamento che hanno espresso numerosi colleghi presenti in sala, sia durante che dopo l’evento medesimo. Il consenso pressoche’ unanime degli intervenuti, dai giuristi ai filosofi, dai medici del territorio ai medici specialisti di anestesia e rianimazione,

sul fatto che una cattiva legge sul testamento biologico possa produrre molti piu’ danni rispetto ad una “non legge specifica” (ovvero all’assenza di una “legge speciale”), ha permesso di focalizzare l’interesse di tutti sulla Legge fondamentale dello Stato, la Costituzione della Repubblica Italiana, che tutela gia’ nel modo migliore questi specifici aspetti della persona e del suo diritto alla salute.

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Gli scopi prefissati durante la pianificazione scientifica del convegno sono stati pienamente raggiunti e sono consistiti nell’affrontare, con il contributo di medici, studiosi di etica e giuristi, il difficile tema del confine estremamente sottile che separa la vita dalla morte, nelle mille sfumature che le condizioni cliniche offrono all’attenzione degli addetti ai lavori, ma soprattutto dei malati gravi e dei loro congiunti, nonché dei medici curanti.

In particolare si è richiamata l’attenzione,con squisite considerazioni giuridiche e precisi riscontri nelle problematiche quotidiane della pratica medica, sul contenuto altamente al passo con i tempi dell’articolo 32 della Costituzione stessa (TITOLO II : RAPPORTI ETICO-SOCIALI), che recita precisamente come segue : “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per

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Testamento biologico e fine vita

disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Grande interesse hanno riscosso inoltre le comunicazioni di contenuto piu’ medico-biologico su stato vegetativo ed assistenza anestesiologico-rianimatoria del paziente inconscio, con interessanti sviluppi in ambito di collaborazioni multicentriche nazionali sulla ricerca scientifica in materia. Proprio in seguito alle conclusioni del suddetto convegno, e’ intenzione del nostro Ordine Professionale dell’Aquila di inserire nel suo sito internet (www.ordinemediciaq. it) riferimenti espliciti agli articoli della Costituzione che tutelano la salute, anche in rapporto con quanto dibattuto nel convegno in oggetto, nonche’ di ospitare su queste pagine altri interventi di sintesi a firma dei relatori qui sopra ricordati che pregheremo di volerci inviare i loro contributi scritti in un rossimo futuro. Non posso esimermi dal ricordare in questa sede alcuni concetti salienti espressi durante la giornata di studio sul tema del testamento biologico (TB) e del fine vita (FV). Il rapporto medico-paziente è progressivamente cambiato nel tempo: oggi siamo nell’era dell’informazione; Oggi anche chi è curato ha un ruolo da svolgere: ci troviamo nell’epoca del dialogo e non più in quella della medicina paternalistica né in quella di un supertecnicismo vuoto; Ogni cittadino/a, figlio/a, padre/madre, compagno/a deve imparare a rapportarsi con l’informazione medica per sviluppare (sia in qualita’ di paziente che di familiare o di congiunto) un rapporto di fiducia, e non di dipendenza, con il suo medico, e soprattutto di partecipazione consapevole alle scelte possibili in ciascun caso. “il paziente informato e cosciente può partecipare alle scelte terapeutiche, che dovranno tener conto del suo progetto di vita e della globalità della sua persona” (U.Veronesi). Quello di partecipare alle scelte che riguardano la salute è un diritto inalienabile della persona e la formulazione di un testamento biologico individuale è una delle espressioni più importanti di questo diritto. (TB - Quaderni della FUV, n.2, feb 2007; www.fondazioneveronesi.it).

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E’ fuor di dubbio il fatto che i corsi di formazione e di aggiornamento dei medici, attualmente, non sviluppano a sufficienza questi argomenti. Anche per questo motivo ci siamo impegnati per aprire un dibattito locale nella nostra provincia, ma con ampi risvolti in campo nazionale. Quando si affrontano i temi di una malattia grave e della fine della vita, il disorientamento ed il carico di emotività possono generare confusione in chiunque sia coinvolto nella questione, pazienti, familiari e medici stessi. Il compito dei medici è anche quello di sgombrare il campo dagli equivoci e dalle paure e di spiegare il valore ed il significato dell’espressione delle volontà individuali per ognuno dei pazienti, in rapporto alle diverse condizioni del caso. Le conoscenze scientifiche del medico e le sue capacità di comunicazione vanno continuamente aggiornate ed affinate per svolgere al meglio un compito così impegnativo. L’adozione estesa del TB porterebbe anche ad una maggiore disponibilita’ di organi per i trapianti. La volonta’ di donazione, espressa in sede di stesura del TB, rappresenta un atto di grande civilta’, di altruismo, di generosita’ e di intelligenza. Secondo alcuni la donazione diventa addirittura un dovere civico (che sia silenzio assenso o consenso esplicito): non bisogna mai cessare di parlarne, per un’efficace educazione permanente del pubblico e degli addetti ai lavori. (Giuseppe Remuzzi, Corriere della Sera, 18 settembre 2010). Molti personaggi autorevoli (scienziati, medici, studiosi di varie discipline etico-sociali, giornalisti, sacerdoti) si sono espressi al riguardo: voglio qui riportare in sintesi alcuni dei loro interventi più significativi. Abbastanza comune, tra questi interventi, è il concetto di rifiuto sia dell’eutanasia che dell’accanimento terapeutico, con generale orientamento verso l’evitamento di una “iperregolamentazione” giuridica della material. Secondo alcuni esiste la persuasione che il rapporto con la malattia, con le cure e con la morte, appartenga ad uno spazio personale di cui la legge può prudentemente fissare i confini “esterni”, ma non i contenuti “interni”, che sono interamente affidati alle relazioni morali e professionali che


CENTO ANNI

di libertà del singolo sono limitati e delimitati dai diritti di libertà degli altri. Cioè io sono libero finché non invado e danneggio la libertà altrui (e viceversa). L’unico diritto di libertà assoluto, che spetta soltanto a me, perché è soltanto “solitario”, è il mio diritto di morire (di morte naturale) come scelgo. Ne’ Stato ne’ Chiesa possono impedirmi di esercitare questo diritto inalienabile” (Giovanni Sartori, Corsera, 16 settembre 2009).

Pute mod dunt nonsecte euis dolor adit nostrud elenisit non eui tio odip eugiam, consenim dolortinisim nullum vullandio ex eugiam quis nulla commolo borercilis diamcorem ipit non vel ea faci endre feuilumsandre.

legano il malato al suo medico ed ai suoi congiunti. 
(Angelo Panebianco, Corriere della Sera, 30 settembre 2009). Le situazioni estreme con cui si confrontano i medici sono fra loro diversissime: dal punto di vista clinico e dal punto di vista del rapporto con ciascun paziente, i suoi familiari, ecc. “L’altissima variabilità delle situazioni rende la legge uno strumento inadatto a regolamentare nel dettaglio i casi: una disposizione di legge che va bene per un caso non va bene per un altro. Da qui la necessità che sia lasciato spazio alla discrezionalità ed al giudizio del medico, in accordo col paziente o con i suoi familiari, sul caso singolo. Perché solo la conoscenza che essi hanno del caso singolo può permettere di fare le scelte più appropriate e di muoversi nel modo migliore nel terreno accidentato che separa l’eutanasia, da una parte, e

l’accanimento terapeutico, dall’altra”. (Angelo Panebianco, Corriere della Sera, 30 settembre 2009). Sempre secondo Panebianco, ma in modo del tutto condivisibile (a mio parere), occorre preservare una “zona grigia” contro le intrusioni dello Stato (e della Chiesa) anche per evitare la “iper-regolamentazione” di una materia squisitamente riconducibile al diritto del singolo alla propria salute. Occorre che la legge lasci alle persone spazi di autonomia e che scommetta sulla responsabilità di soggetti bene informati e competenti sul caso singolo. Accettando anche quelle possibilità di errore che, come sempre nelle umane cose, accompagnano la responsabilità e la libertà. Un’opinione piu’ netta, ma altrettanto condivisibile, e’ quella espressa da Giovanni Sartori, che dice: “i diritti

Altrettanto condivisibile ed illuminata trovo una dichiarazione del Cardinale Martini, il quale ha scritto che occorre collegare, nel momento estremo, la forza della medicina e il sapiente e prudente giudizio della persona, che si interroga sulla vita vegetativa, su quali sono i mezzi straordinari e quelli ordinari di cura sui casi estremi e di stabilire quando è dovere del medico non accanirsi e sapersi fermare, se non c’è più nulla da fare, anche se questo provoca frustrazioni e sconforto 
(Cardinale Carlo Maria Martini, Corsera 7 settembre 2009). Già oggi il TB può essere considerato valido in Italia sotto il profilo del diritto individuale della persona, tanto che i notai hanno istituito il già citato Registro Nazionale dei TB (www.notariato.it). E’ tuttavia in discussione una nuova legge che regolamenta la materia, già approvata ed emendata dal Senato (ddl Calabrò) con 150 favorevoli, 123 contrari e 3 astenuti, che e’ poi passata alla Camera dei Deputati (ottobre 2009). Il dibattito è tuttora aperto, con posizioni di maggioranza ed opposizione alquanto distanti, almeno su alcuni aspetti. Il nostro convegno ha contribuito al dibattito in corso ed e’ giunto, come

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Il medico e l’arte

Il medico e l’arte.

Le ragioni di una rubrica.

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“L’arte della medicina consiste nel comprendere l’umanità del paziente mentre la natura cura la malattia” François Voltaire di carlo di stanislao

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La medicina ha subito cambiamenti radicali. La progressiva specializzazione del sapere, l’utilizzo crescente di nuove tecnologie, le sfide dell’informatica hanno affinato i mezzi dell’agire medico, dilatandone le potenzialità. Ciò rende tuttavia incerti i confini della medicina e pone seri problemi etici nel rapporto tra medico e paziente e di identità nel medico stesso e nella sua professione. Bellissimi oggetti, figure mitologiche e leggendarie, saggi ed eroi, tutte immagini dell’antichità, affollavano le stanze di Freud, accanto a foto dei suoi maestri di scienza e di medicina e delle sue muse femminili. Entrare in queste stanze significa incontrare il “Parnaso” e la “Scuola di Atene” che Freud costruì per se stesso traendoli da una civiltà che interpretò così profondamente - e che egli stesso, forse più di chiunque altro, ha finito per rappresentare. Ce lo ricorda Simona Argentieri nel bel saggio, del 1990, “Freud e l’arte”, edito dal Pensiero Scientifico, saggio in cui si ricorda che grande è sempre stata la fascinazione dell’arte sui medici, poiché quella della medicina è arte umanistica, profondamente incline ed essere fascinata da quanto di meglio l’uomo possa esprimere e rappresentare. Dire che un medico, anche se oggi viene spacciato e confuso per tale, è uno scienziato è un errore pressoché universalmente condiviso. Considerare la medicina come una scienza esatta, basata unicamente su calcoli e parametri, tralasciando tutto quanto non è numericamente quantificabile una sensazione, un ricordo, il dolore, è stato il vulnus di questo scorcio di secolo, che ha distanziato fatalmente la medicina dall’uomo. E non importa se il corpo non è esattamente uguale a una macchina da riparare - con pezzi di ricambio e circuiti autoregolantisi, con tanto di codici procedurali a innesco automatico -, come tale deve essere trattato


per elevare la professione medica all’altare sacro delle scienze oggettive. Nel suo ultimo libro, Per una medicina umanistica. Apologia di una medicina che cura i malati come persone, Giorgio Israel racconta passaggio per passaggio come la medicina abbia mutato il suo approccio da qualitativo a quantitativo. Ovvero, come siamo arrivati a considerare asetticamente la malattia non più una rottura dell’armonia, una lotta tra le forze interne a un corpo, ma una variazione, in bene o in male, dei parametri che abbiamo fissato nel definire la salute, dell’equilibrio quantificato come tale. Con un profluvio di prefissi “ipo-” e “iper-” appiccicati al posto dei vecchi “a-” e “dis-”: alla fine siamo molto o poco di qualcosa, è tutta una questione di numeri. Quanto sei sano? Quanto sei cosciente? Così, per arrivare al sodo, una vita può essere numericamente valutata come degna di essere vissuta,oppure no. In principio fu Galileo Galilei, con il suo mondo strutturato in forma matematica, poi la svolta definitiva di Claude Bernard, fondatore della medicina scientifica moderna. In mezzo la progressiva riduzione di tutta la questione al modello della scienza del moto, la meccanica. Israel, prima che essere l’acerrimo nemico dei relativisti e degli scientisti assoluti, è un matematico. E nello snocciolare i limiti di un approccio oggettivista alla medicina non dimentica certo i progressi raggiunti, ma riconosce che se volessimo compilare tabelle che definiscano i parametri per valutare “la normalità”, l’equilibrio, la salute degli esseri umani di tutto il mondo, cadremmo vittime

dell’approssimazione a causa delle troppe variabili da considerare. L’unica via d’uscita? Una “cartografia 1:1”, la rappresentazione di ogni singola persona. Ovvero una gigantesca e complicatissima perdita di tempo. Ma l’approccio meccanicistico non ci ha semplicemente ridotti a marchingegni riparabili da remoto e valutabili in videoconferenza. La medicina, ci ricorda Israel, ha scordato completamente quello di cui, ad oggi, resta traccia soltanto nella lingua inglese, e cioè che esiste una differenza fra “illness” e “disease”, fra “la malattia del malato” e “la malattia del medico”. Ci si “sente” malati, al di là dell’essere riconosciuti tali da un protocollo. Nell’uomo parla

l’esperienza, la soggettività, spazzata via in gran parte dalla diagnostica moderna. Il rischio, con la medicina diventata ormai molecolare e concentrata sull’analisi delle singole componenti delle singole cellule, è quello del mondo dei tecno-orrori di Aldous Huxley, dove la scienza si trasforma in eugenetica basata sulla valutazione del rischio (infondata perché assolutamente imprecisa), spacciata per scientifica. Ed ecco allora, che recuperare l’arte, l’amore per il bello e l’umano, sarà il modo per tornare ad essere uomini fra gli

uomini, capaci di contatti e confidenze ed equilibri e ragionamenti da cui la ricerca del bello non sia aliena. Non c’è professione più squisitamente, più compiutamente umanistica della Medicina, per l’imprescindibile necessità per ogni medico, secondo quanto già dichiarato da Ippocrate 2500 anni fa, di curare non solo attraverso i farmaci ma anche attraverso le parole. Il rapporto di fiducia che ci deve essere tra medico e paziente si fonda proprio, a monte, sul dialogo, sull’empatia, perfino sulla “simpatia” riguardo alla specifica malattia. Un medico che sa parlare ed in questo si fa aiutare dalla propria cultura umanistica, rende un servizio migliore al paziente. Ed è migliore il medico che sa anche cogliere l’umano e quindi il bello, in un quadro, una scultura, una traccia urbanistica, una forma architettonica, un film, una fotografia. Queste le ragioni della rubrica che, naturalmente, è aperta al contributo di ciascuno di voi iscritti. Ad ornare questa premessa un quadro, poco noto, di Pablo Picasso, intitolato “Scienza e carità”, dipinto dal grande spagnolo nel 1997, quando aveva solo 16 anni ed oggi conservato nel museo di Barcellona. Nell’opera, come è evidente, è più l’umana carità che la scienza a sostenere il malato giacente nel letto ed è un gesto umano e non da scienziato quello del medico, che scruta nella sua umanità per rintracciarvi risposte guaritorie e di speranza. A ben guardare, nel dipinto ben si amalgama la “scienza” del medico che sta tastando il polso della malata e la “carità” della suora che, contemporaneamente, accudisce l’ammalata ed il suo bambino, ma è

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Il medico e lo sport

Il medico e lo sport.

Le ragioni di una rubrica.

L Per contributi o interventi su questa rubrica scrivere a amarrelli@tin.it

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La rubrica si propone di pubblicare, in stile semplice e rilassato, le esperienze, le emozioni, le motivazioni di medici “sportivi” intesi non come esercenti la professione in ambito sportivo ma come attori essi stessi di pratica sportiva, sia a livello agonistico che amatoriale, sia con impegno di tempo occasionale che costante al fine di condividere le sensazioni con i colleghi e divulgare le peculiarità del proprio sport preferito. di Alfonso Marrelli

Il termine “medico sportivo” evoca comunemente nell’opinione pubblica, ma anche tra colleghi, il concetto di medico specialista in medicina dello sport dedito ad offrire la propria competenza professionale nell’ambito di attività sportive, agonistiche o amatoriali svolte da altri. Fermo restando la sussistenza scientifica e l’utilità sociale di tale disciplina specialistica delle Medicina il termine di medico sportivo definisce anche una moltitudine di colleghi che a vari livelli, talora di tutto rilievo,

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praticano una quantità di sport ricavandone soddisfazione personale e, spesso, anche risultati notevoli. Un dato di fatto è che la percentuale di medici che praticano sport è maggiore di quanto comunemente si pensi, soprattutto in confronto ad altre professioni intellettuali ed a dispetto di quanti reputano i medici più inclini a consigliare attività fisica ai pazienti che a svolgerla in prima persona. Andando un po’ più a fondo nell’argomento le motivazioni che possono spingere il

medico alla pratica sportiva possono essere molteplici ed articolate. In termini di tempo libero la nostra professione non favorisce certo la pratica degli sport, soprattutto di quelli che richiedono spostamenti in ambienti particolari. Ma è pur vero che di solito chi meno tempo ha più hobby e sport coltiva. Ma, soprattutto lo stress psicologico della nostra professione, il contatto continuo con la sofferenza, la coscienza della precarietà della vita e della fragilità fisica innescano un meccanismo


Boxino con curiosità amarrelli@tin.itUptat nis nim at la commod tem incilla ndigna feugiam dolortie voloreet ad tat. Ver sectet eummod ex et landigna feum zzriure modolut vulla adip exercin cipsustissis eugiam zzrilisim veriure doloborem veliquis enit lum ad dolorpe raesto dolobore commy num quatie modigna aut lutatue feu facilla facil ut adipsuscing eugiamet nummy nim dolent adit in velestrud ea aut iliquipsum zzrillaore et veliqui tie magnibh eros adiamcon veniat ip endrem dipit lan ut nosting enis ad dipsum volore min ex etuerci llamet atummy nullaor sit dit dit, vulla consequis acipit wis nit, volendio delit illam, commodo lummolore doluptat ercidunt nonsectem zzriurem ad te molessequi eugiam quamet nis dolesequate dolore faccum erci tin endip eugait praesto delisis del exer ipiscilis adipit lum zzriusto odiamcorpero ex enismolum deliquam, vulla adip euis nullam dunt lan henis er si. Niam, vel illan henibh ero conseniatet erLoreet, velenibh esequisim quismolendre mod digna core molore vel ip eros non eugait adipiscidunt nonsequam velesequis nulluptatem diatet wismodolorem doloboreet praesse quatie min utem ea feu faccum in ver iusto commodit veliquatue feu feugiam, sequi el eros alis am vel diametue consectem augait, veniat, vel ut augait volenim aliquis nullam zzrit ad tat duisi.

inconscio che rende conto della necessità di rigenerarsi nella pratica di uno sport sia sotto l’aspetto fisico che psichico. Spesso quando il medico agisce nello sport dimentica le raccomandazioni che usa fornire ai propri pazienti, diventa atleta o comune dilettante, si estranea per un po’ dalle preoccupazioni e dai risentimenti emotivi che la professione alimenta e per questo utilizza lo sport quale catarsi fisica e psichica. Molti medici, dunque, anche nel nostro ambito territoriale, praticano attività sportive, alcune legate al territorio (sci, alpinismo, ciclismo), altre più “esotiche” (attività subacquee, vela, surf), molte di squadra (calcio, rugby), molte individuali e performanti (nuoto, corsa) alcune classiche (golf, tennis), tutte con impegno e dedizione. In questa rubrica il giornale dell’Ordine dei Medici della Provincia dell’Aquila, nelle vesti della rinnovata “Provincia Medica Aquilana” vuole proporsi come sito di raccolta di contributi personali di medici che raccontino le motivazioni,

le peculiarità, le difficoltà e le soddisfazioni del loro sport preferito, illustrandone gli aspetti interessanti, i vantaggi sia sul piano del benessere fico che emotivo, gli ambienti, le compagnie, le attrezzature, le possibilità di pratica nel nostro territorio, gli eventi amatoriali ed agonistici ed anche gli aspetti medici fisiologici ed eventualmente patogeni con consigli per ottenerne i massimi benefici. Sono certo che molti colleghi che conosco come cultori di sci alpino e nordico, di alpinismo, di ciclismo, di maratona, di tennis, di golf, di rugby, di calcio e di tanti altre attività ricreative, si sentiranno spronati a scrivere, una volta tanto, non di argomenti tecnici inerenti la loro disciplina professionale, ma della loro passione, spesso nascosta, quasi come se fosse elemento di vergogna nell’ambito di una irreprensibile attività professionale priva di svaghi. Penso che come ogni altro professionista un medico sereno, grazie anche all’appagamento derivante dall’esercizio di una propria passione sportiva, riesca non solo ad essere più efficiente nella propria attività professionale ma anche meglio disposto al rapporto umano ed agli aspetti psicologici ed emotivi del proprio lavoro. Infine dai contributi, si spera numerosi, sull’argomento potrebbero nascere gli spunti per l’organizzazione di un convegno sul tema del medico/atleta.

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