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THERE IS NO ALTERNATIVE

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d’impresa

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Lo diceva Margaret e oggi vale anche per noi

Servono misure di politica industriale che, riequilibrando le competenze fra le diverse parti del mondo, evitino i rischi di monopoli di colossi mondiali che inglobano tutto il resto (pensiamo ad Amazon)

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Di fronte alle incertezze di questi tempi ci si chiede se alla globalizzazione ci possa essere una valida alternativa. In realtà, non c’è. Pompeo Della Posta, professore di Economia Politica alla Beijing Normal University, nel Guangdong, e autore del libro “The Economics of globalization” (Edizioni ETS), parte dall’acronimo usato da Margaret Thatcher: T.I.N.A – “There is no alternative”. E dice: «Quando i governi vogliono limitare la globalizzazione, riescono a farlo». Ma se il “There is no alternative” non è necessariamente verificato, non sempre si è verificata anche l’immagine della globalizzazione come una marea che riesce a sollevate tutte le barche nella quale «il guadagno dei più forti ha comunque ricadute positive anche sui più deboli (l’idea del trickle down): la globalizzazione ha lasciato fuori ampie zone del globo (l’Africa prima fra tutte) e se da un lato il commercio internazionale dà vantaggi sia ai Paesi che importano (si possono dedicare ad attività comparativamente più remunerative) sia a quelli che esportano, i perdenti ci sono comunque. Secondo gli economisti Dani Rodrik o Joseph Stiglitz si tratta di quelle persone che perdono il loro lavoro ora non più competitivo con i minori costi di cui è possibile beneficiare producendo all’estero».

Ripensare La Globalizzazione

La globalizzazione va ripensata: «Io e lei stiamo parlando su Teams ma avremmo potuto usare anche Zoom: entrambe queste piattaforme non sono prodotte in Europa. Servono misure di politica industriale che, riequilibrando le competenze fra le diverse parti del mondo, eviterebbero i rischi di monopoli di colossi mondiali che inglobano tutto il resto (pensiamo ad Amazon)», sottolinea il professore. Deglobalizzare vuol dire chiudersi, porre steccati, esaltare i sovranismi. Non si può limitare la globalizzazione in modo unilaterale: un Paese che impone dazi subirà ritorsioni dal Paese che li subisce. La soluzione ideale, non facile, è concertare le misure con le controparti in un contesto di dialogo e non di chiusura: «L’Europa l’ha fatto portando elementi positivi di concorrenza in un mercato più ampio. In un contesto che ha permesso alle imprese di migliorarsi e ai consumatori di beneficiare di una più corposa varietà di beni a prezzi più contenuti».

L’ANIMA DELLA PACE

Le imprese, anche quelle piccole e medie, con i loro interessi, relazioni e scambi amichevoli con gli altri Paesi rappresentano la migliore protezione contro qualsiasi degenerazione. Le Pmi dimostrano che il commercio internazionale è l’anima della prosperità economica e della pace. A queste imprese fa bene la globalizzazione perché sono proprio loro a giocare un ruolo centrale nelle esportazioni e nelle catene globali del valore. In Europa tredici milioni di posti di lavoro si devono alle Pmi che esportano fuori dall’Europa (quelle italiane nella Ue, ed è il numero maggiore, sono circa 120mila). Imprese che, contrariamente a quanto si possa pensare, sono dotate di contenuti digitali avanzati che permettono di aumentare la loro produttività.

Le imprese, anche quelle piccole e medie, con i loro interessi, relazioni e scambi amichevoli con gli altri Paesi rappresentano la migliore protezione contro qualsiasi degenerazione.

Le Pmi dimostrano che il commercio internazionale è l’anima della prosperità economica e della pace

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