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SANTI, POETI, NAVIGATORI E... PICCOLI IMPRENDITORI

Santi, poeti, navigatori e….

piccoli imprenditori

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Matteo Fontana Di dimensioni ridotte, con tante idee, perlopiù di proprietà familiare e a vocazione manifatturiera: di questo, secondo la professoressa Marina Puricelli, si nutre il saper fare italiano

www.impreseterritorio.org

Il dibattito e la discussione riguardo le dimensioni di un’azienda e la sua capacità di sviluppo ad esse collegate arriva da lontano, tra coloro che si schierano con “il piccolo è bello” e coloro invece che reputano necessario aumentare la grandezza di un’impresa perché essa possa essere davvero competitiva. Un dibattito che ha ripreso vigore con l’emergenza sanitaria e soprattutto in questa fase dove occorre guardare alla costruzione di nuovi modelli, che devono dimostrarsi vincenti in un mercato completamente sconvolto dalla pandemia. A schierarsi totalmente a favore della peculiarità e del valore dimostrato dalle Pmi italiane è la professoressa Ma-

rina Puricelli, varesina, direttore General Management Pmi Sda Bocconi.

«Il fare impresa all’italiana rappresenta un modello originale di sviluppo economico, che abbiamo solo noi e che rappresenta un unicum nel panorama internazionale e che è fondato proprio sulle piccole imprese» sottolinea la docente. Sono quattro le caratteristiche, che potremmo definire i pilastri di questo modello nel quale il sistema Varese si riconosce perfettamente: il primo è proprio la piccola dimensione, addirittura micro, delle aziende, la seconda è la presenza di una guida imprenditoriale, «perché siamo un popolo di santi, poeti, navigatori e imprenditori - osserva Puricelli – e non un Paese di manager e sono gli imprenditori ad avere le idee». Terzo pilastro la proprietà familiare e anche questo aspetto marca una discontinuità molto forte con altre realtà produttive come quelle anglosassoni ad esempio, quarto la vocazione manifatturiera, una peculiarità di cui l’artigianato è espressione. Di tutto questo si nutre il saper fare italiano. «Noi siamo questo – afferma la professoressa – la nostra economia è costituita da questo tipo di imprese e non da altre; se siamo nel G20 lo dobbiamo a questo modello di imprese che evidentemente non è poi così disastroso. Questo è quello che abbiamo e da qui dobbiamo partire, parlare di managerialità, di grandi dimensioni, di Borsa è utopia». Il direttore General Management Pmi Sda della Bocconi ricorre a un’efficace metafora. «Se arrivasse dagli Usa un urbanista e dicesse che le viuzze strette di Portofino o di San Gimignano non vanno bene perché ci vogliono grandi spa-

zi tipo Manhattan e quindi bisogna buttare giù tutto gli daremmo ascolto?» si chiede Puricelli. Non è questione di orgoglio italiano, sono i numeri e la storia a decretare vincente il modello italiano imperniato sulle Pmi, anche in tempi di Covid.

«La ricerca della qualità, della nicchia di mercato e del massimo servizio è tipico della piccola dimensione ed è la strategia giusta per affrontare la crisi rispetto al modello fordista» aggiunge la docente. Anche qui due esempi concreti rendono bene l’idea e riguardano due settori agli antipodi, quello tessile e quello turistico. Tra le tintorie a cavarsela meglio sono quelle piccole abituate a lavorare per piccoli lotti e a offrire al cliente un servizio veloce e flessibile; lo stesso vale nell’ambito dell’accoglienza, dove un hotel di piccole dimensioni, a gestione familiare, con poche camere, è più gestibile economicamente rispetto a un grande albergo.

«Il futuro dell’industria italiana è nel piccolo – sostiene Puricelli – questo ovviamente non vuol dire non pensare a un aumento dei fatturati. Il bravo imprenditore è quello che ha le idee e le realizza a prescindere da quello che gli dice il consulente e si assume dei rischi». L’attuale situazione di crisi potrebbe far maturare delle alleanze tra piccole imprese, ma forse più che alleanze è meglio parlare di fusioni. Le peculiarità del modello rappresentato dalle Pmi non sono ovviamente esenti da miglioramenti da apportare. Anche in campo imprenditoriale, la formazione assume un ruolo fondamentale, soprattutto dinanzi ai cambiamenti sempre più repentini dei modelli di riferimento. «I miglioramenti si possono fare anche senza quotarsi in Borsa o senza trasformarsi in una grande impresa e senza inseguire modelli che non saranno mai i nostri. Sono convinta che il Covid permetterà alle piccole imprese di esprimersi al meglio per la loro qualità, per la loro velocità, per il servizio offerto ai clienti, per la capacità di innovarsi – conclude la docente – la capacità di essere reattivi è vincente oggi più che mai».

Modello vincente o a rischio? «La ricerca della qualità, della nicchia di mercato e del massimo servizio è tipico della piccola dimensione ed è la strategia giusta per affrontare la crisi rispetto al modello fordista»

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