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Livio Marcaletti

Livio Marcaletti

Il giuramento alla tedesca, ovvero Das Gelübde di Saverio Mercadante (Vienna 1841)

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Nei primi decenni del diciannovesimo secolo, il teatro di corte di Vienna (detto Kärtnertortheater perché situato nei pressi della Porta Carinzia che portava a sud)1 proponeva stagioni che mescolavano opera italiana e tedesca. Dopo il congresso di Vienna, la riacquisizione di alcuni Stati italiani da parte dellʼimpero austriaco restituiva alla musica italiana una posizione di spicco allʼinterno della politica culturale viennese, dopo che nellʼepoca napoleonica gli artisti italiani erano stati considerati pericolosamente vicini allʼimperatore francese.2 La scelta della corte di privilegiare lʼopera italiana a scapito del tedesco fu però contestata da piú parti come una strana eccezione delle terre germanofone:

La città imperiale di Vienna è la sola in Germania alla quale, per cosí dire, spetti il possesso di unʼopera italiana, dal momento che lo Stato austriaco possiede province italiane tanto estese; altrove ciò costituirebbe una sorta di mortificazione della nazionalità. Seppure le belle arti non siano niente piú che una bagatella nella vita politica, nemmeno in termini di bagatelle gli italiani dovrebbero essere preferiti ai tedeschi. È finito il tempo in cui i cantanti italiani erano spietatamente considerati parte integrante del decoro e dello splendore di una corte al pari di turchi e nani.3

1 Nelle locandine teatrali dalla fine degli anni Venti dellʼOttocento era chiamato «Teatro della

Porta Carinthia» (vedi ClemeNS HÖSlINGer, Geschichte der Oper in Wien, a cura di Dominique

Meyer et al., Wien, Molden Verlag, I, p. 211) 2 ClAudIo VelluTINI, Rossiniʼs operas in Vienna and the politics of translation, 1816-1822, in

Gioachino Rossini 1868-2018. La musica e il mondo, a cura di Ilaria Narici, Emilio Sala, Emanuele Senici, Benjamin Walton, Pesaro, Fondazione Rossini, 2018 (Saggi e fonti, 5), pp. 337-356. 3 «Wiener Theater-Zeitung», 29 marzo 1817, p. 452 (dove non specificato altrimenti, le traduzioni in italiano sono dellʼautore dellʼarticolo): «[N]ur der Kaiserstadt Wien allein in Deutschland gebühre es gleichsam, noch eine italienische Oper zu besitzen; da der österreichische Staat

Tale eccezione era senzʼaltro ad ascrivere alla secolare predilezione per lʼopera italiana che la corte asburgica coltivava dai tempi di Leopoldo I. Al di là dei gusti personali dei singoli imperatori (Francesco I non era certo un grande ammiratore dellʼopera italiana), la riaffermazione dellʼopera italiana dopo il Congresso di Vienna rappresentava simbolicamente la restaurazione del potere imperiale.4 La febbre rossiniana imperante negli anni Venti, con la gestione del Teatro di Porta Carinzia da parte di Domenico Barbaja, non costituiva certo lo sfondo ideale per un rilancio dellʼopera tedesca. Nondimeno, Barbaja stesso istituí un apposito comitato per lʼopera tedesca,5 che alternava picchi qualitativi – si pensi al Freischütz di Carl Maria von Weber (1822) – e momenti deludenti, come lʼaccoglienza fredda riservata lʼanno seguente a Euryanthe dello stesso Weber, sonoramente bocciata da Franz Grillparzer come unʼopera che poteva piacere solo a «malati di mente», «sciocchi», o ancora a «eruditi, ladri di strada e assassini».6

La stagione tedesca non ospitava solamente opere originariamente scritte in tedesco, ma anche traduzioni di opere italiane e soprattutto francesi. Queste ultime, che non avevano altrimenti altro spazio nel cartellone del Teatro di Porta Carinzia,7 dominarono il periodo di gestione dellʼimpresario francese Louis Duport tra il 1830 e il 1836. Questo interregno ʼfilofranceseʼ, che occupava uno spazio lasciato libero dallʼeliminazione della stagione italiana,8 vide la messinscena in traduzione tedesca di melodrammi francesi di Rossini (Moses, Die Bestürmung von Corinth), Herold (Zampa), Meyerbeer (Robert der Teufel), Auber (Die Ballnacht), Halévy (Die Judin), Cherubini (Medea), e Spontini (Fernand Cortez). A Duport succedettero i due impresari italiani Balocchino e Merelli, che riportarono in auge lʼopera italiana.9 Su un centinaio di produzioni della gestione Balocchino-Merelli, circa la metà erano opere italiane (in lingua originale o in traduzione), a cui si sommano una trentina di opere tedesche e quattordici francesi.10

Il ruolo che lʼoperato di Saverio Mercadante giocò nelle stagioni operistiche del

so große italienische Provinzen hat. An jedem andern Ort scheine es gewissermaßen eine

Kränkung der Nationalität. Die schönen Künste sind freylich nur der Scherz im politischen

Leben, aber auch im Scherz sollten die Italiener den Deutschen nicht vorgezogen werden. Die

Zeit ist vorüber, in welcher italienische Sänger, wie Hoftürken und Hofzwerge unnachläßlich zum anständigen Glanze gehörten». Vedi VelluTINI, Rossiniʼs operas in Vienna cit., p. 343. 4 VelluTINI, Rossiniʼs operas in Vienna cit., p. 344. 5 FrANZ HAdAmoVSky, Wien: Theatergeschichte, Wien, Dachsverlag, 2. Auflage, 1994, pp. 343-344. 6 HÖSlINGer, Geschichte der Oper in Wien cit., p. 212. 7 mICHAel JAHN, Die Wiener Hofoper von 1836 bis 1848: Die Ära Balocchino/Merelli, Wien, Verlag der Apfel, 2004, p. 15. 8 HÖSlINGer, Geschichte der Oper in Wien cit., p. 213. 9 JAHN, Die Wiener Hofoper von 1836 bis 1848 cit., p. 11. 10 HAdAmoWSky, Wien: Theatergeschichte cit., pp. 362-3.

Teatro di Porta Carinzia fu tuttʼaltro che secondario, pur con alterne fortune. Il soggiorno del compositore di Altamura nel 1824 su invito di Barbaja non sortí gli effetti sperati. Al successo iniziale della ripresa di Elisa e Claudio (première 10 luglio 1824) fece seguito il fallimento di Doralice, scritta ad hoc per il teatro di corte e caduta dopo due sole rappresentazioni.11 Lʼinsuccesso non è certo da imputare alla qualità dellʼesecuzione, garantita dalla presenza di interpreti del calibro dei tenori Rubini e Donzelli: pubblico e critica giudicarono il libretto noioso e la musica mal strutturata e disomogenea («Sie ist voll Reminiscenzen, die Tonstücke sind sehr gedehnt und so zerrissen durch häufige Einschnitte, daß sich aller Effekt auslöset»).12 Non ebbe miglior sorte il melodramma giocoso Il podestà di Burgos (première 20 novembre 1824), su libretto di Calisto Bassi, considerato una «farsa triviale» in cui Mercadante avrebbe messo tutto in musica in parlando e non avrebbe sufficientemente curato lʼaspetto melodico.13

La stella di Mercadante a Vienna brillò piú fulgida nel decennio seguente, quando le cosiddette opere ʼriformateʼ ricevettero tuttʼaltra accoglienza da parte del pubblico viennese. Particolarmente celebrate furono Il Giuramento (1838), Elena da Feltre (1840), Il Bravo (1841), La Vestale (1842) e I Normanni a Parigi (1844). Al successo di queste opere potrebbe aver contribuito lʼatteggiamento severo di Mercadante nei confronti del canto fiorito, tenuto sotto controllo per evitare arbitri eccessivi da parte dei cantanti. Cosí si esprimeva il recensore della Allgemeine musikalische Zeitung in merito a unʼesecuzione de Il giuramento nel 1838:

Noi, amici tedeschi del teatro, siamo altamente grati al compositore che ci risparmia la solita comoda aria di bravura in una situazione drammaturgica di tale serietà. Egli non lascia affondare lo spirito della sua eroina tra i flutti di un profluvio di colorature e scale cromatiche, pur rischiando cosí che i suoi connazionali, deprecabilmente avidi di un vano titillamento dei sensi, gli rinfaccino di volersi rinnegare col sacrificio volontario del canto di coloratura. Proprio questa scelta giovò alla primadonna, la signora Schoberlechner dellʼOcca, che, rinunciando a bagatelle mistificatorie, riuscí perfettamente a risvegliare il sommo interesse del pubblico con lʼaiuto di unʼarte ben concepita e adeguatamente sostenuta dallʼarte mimica.14

11 mICHAel JAHN, «Di tanti palpiti…». Italiener in Wien, Wien, Verlag der Apfel, 2006 (Schriften zur Wiener Operngeschichte, 3), p. 127. 12 «Allgemeine Theaterzeitung und Unterhaltungsblatt für Freunde der Kunst, Literatur und des geselligen Lebens» XVII/115, 23 settembre 1824, p. 459 e sgg., vedi JAHN, «Di tanti palpiti…» cit., p. 129. 13 «Allgemeine musikalische Zeitung» XXVI, 23 dicembre 1824, col. 856, vedi JAHN, «Di tanti palpiti…» cit., p. 139. 14 «Allgemeine musikalische Zeitung» Xl, 1838, coll. 539 e sgg., vedi ClemeNS rISI, Auf dem Weg zu einem italienischen Musikdrama: Konzeption, Inszenierung und Rezeption des melodramma

Se negli anni Venti le opere di Mercadante furono sempre eseguite in italiano, nel decennio successivo iniziarono tentativi infelici di messinscena in lingua tedesca in un altro teatro viennese, il Theater in der Josefstadt, con Elise und Claudio (1833) e Die Normannen in Paris (1834). 15

Piú fortuna ebbe, nel Teatro di Porta Carinzia, la produzione tedesca de Il Giuramento del 1841, che fece seguito alle rappresentazioni in italiano del 1838 e nel 1840. Il cast di Das Gelübde (questo il titolo tedesco) era quasi integralmente germanofono, con lʼeccezione del tenore napoletano Giovanni Basadonna. Allievo di Andrea Nozzari, Basadonna si era affermato al San Carlo prima di spostarsi a Vienna e debuttare al Teatro di Porta Carinzia il 4 gennaio 1841 nella Norma in traduzione.16 Può sorprendere che un cantante italiano si specializzasse con successo nel repertorio di lingua tedesca,17 eppure la critica del tempo lo lodava per la sua pronuncia impeccabile, nonch lʼespressività e il gusto nellʼuso dellʼornamentazione. Unica pecca, la sua voce sembrava essere invecchiata anzitempo:

La sua esecuzione è sempre corretta, ricca di espressività ed efficacia drammatica; la pronuncia dellʼidioma straniero è estremamente pulita; gli abbellimenti apportati con parsimonia e sempre al posto giusto sono frutto del gusto piú puro e non sono mai in contraddizione con la situazione drammatica […] Se il tempo impietoso non avesse fatto valere le sue ragioni, e Basadonna – forse affaticato dalle sue imprese artistiche – non avesse parzialmente perso in tempi recentissimi il metallo della sua voce (ancora intatto in alcune corde del registro centrale), egli avrebbe senza ombra di dubbio un posto dʼonore tra tutti i tenori viventi e tra i rivali piú celebrati, come Rubini o Duprez, e forse li supererebbe addirittura in

vor 1850 bei Saverio Mercadante und Giovanni Pacini, Italienisches Musikdrama vor 1850, Tutzing,

Schneider, 2004 (Mainzer Studien zur Musikwissenschaft, 42), p. 254: «Wir teutsche Theaterfreunde wissen es dem Tondichter aufrichtig Dank, dass er uns in solch ernster Situazion mit einer gewöhnlichen, bequemen Bravour-Arie verschont und die Seele seiner Heldin nicht unter einem Schwalle von Rouladen und chromatischen Läufen entfliehen lässt; obwohl ihm vielleicht gerade eben diese freiwillige, selbstverläugnende Aufopferung von seinen, nach schnöder Sinnenlust geizenden Landsleuten zum unverzeihlichen Vorwurf gemacht werden dürfte. Auf die Prima Donna, Signora Schoberlechner dellʼOcca wirft es desgleichen das vortheilhafteste Licht, dass sie sich mit einer Aufgabe begnügte, welche, obschon des täuschend mystifizirenden Flittertandes entbehrend, dennoch vollkommen befähigt ist, bei richtiger

Auffassung, unterstützt durch mimische Kunst, das höchste Interesse zu erwecken». 15 JAHN, «Di tanti palpiti…» cit., p. 140. 16 JAHN, Die Wiener Hofoper von 1836 bis 1848 cit., p. 161. 17 Non era dʼaltronde una novità assoluta che cantanti di madrelingua italiana prendessero parte alla stagione tedesca con ottimi risultati: si pensi tra gli altri a Giulio Radicchi, interprete di Florestan in Fidelio al Teatro di Porta Carinzia nel 1814, o a Giuseppe Siboni nel ruolo di

Licinio nella versione tedesca de La Vestale di Spontini del 1810. Vedi ClemeNS HÖSlINGer,

Geschichte der Oper in Wien cit., pp. 202-206.

termini di classica dignità.18

Lʼinvecchiamento precoce della voce di Basadonna potrebbe essere la ragione per alcune modifiche apportate allʼadattamento tedesco de Il Giuramento che saranno esaminate piú avanti. Tale adattamento riguarda però in prima linea il testo cantato, tradotto in una forma cantabile sulla musica originale, operazione estremamente complessa per il cui studio disponiamo fortunatamente di diverse fonti conservate nella Musiksammlung della Österreichische Nationalbibliothek.

Libretto e problemi di traduzione

La fonte piú ovvia in cui cercare il testo della traduzione è il libretto a stampa della produzione de Il Giuramento nella versione del 1841, che reca il seguente frontespizio:

Das Gelübde. | Oper in drei Aufzügen. | Aus dem Italienischen (il giuramento). | Für das k. k. Hoftheater nächst dem Kärnthnerthore frei bearbeitet. | Musik von Mercadante. | WIeN. | Gedruckt bei Anton Benko.19

Oltre a specificare che si tratta di unʼopera per il Teatro di Porta Carinzia, si afferma che si tratta di una traduzione «dallʼitaliano» («aus dem Italienischen») ma che questa è «liberamente rielaborata» («frei bearbeitet»). Una traduzione di unʼopera comporta sempre un processo di adattamento piú o meno sostanziale. Proprio per dirimere problemi terminologici relativi alla definizione dei diversi gradi di adattamento, il comparatista belga André Lefevere ha suggerito di adottare in questi casi il concetto di «riscrittura» («rewriting») quale comprensivo delle diverse sfumature che vanno tra una traduzione piuttosto fedele al testo di partenza fino a una modifica radicale dello stesso.20

18 «Allgemeine musikalische Zeitung» XVIII, 1841, col. 366: «Sein Vortrag ist streng korrekt, voll

Ausdruck und dramatischer Wirksamkeit; die Aussprache des fremdartigen Idioms höchst deutlich; seine sparsam und stets am rechten Orte angebrachten Verzierungen sind Früchten des reinsten Geschmacks und stehen niemals in Widerspruche mit der Situazion […] Hätte die schonungslos um sich greifende Zeit nicht ihr Recht geltend gemacht, und Basadonna vielleicht wohl auch durch angestrengte Kunstleistungen in jüngst verflossener Epoche den

Metallklang seines Stimmorgans nicht parziell eingebüsst, wofür selbst jetzt noch einige

Chorden der Mittelregion Bürgschaft leisten, - er müsste unbestritten unter allen lebenden

Tenoristen den Ehrenplatz einnehmen und gefeierte Rivalen, wie Rubini oder Duprez, in

Beziehung klassischer Gediegenheit sogar übertreffen». 19 Österreichische Nationalbibliothek, segnatura 987574-B muS mAG. 20 ANdré leFeVere, Translation, Rewriting and the Manipulation of Literary Fame, London et al.,

Routledge, 1992, p. 36: «the term rewriting absolves us of the necessity to draw borderlines between various forms of rewriting, such as “translation”, “adaptation”, “emulation”».

Limitandoci allʼambito ristretto delle traduzioni operistiche dallʼitaliano al tedesco nella Vienna della prima metà dellʼOttocento, è possibile verificare lʼesistenza di diverse tipologie di riscrittura. La traduzione in tedesco di opere rossiniane comportava nella norma la sostituzione dei recitativi semplici in dialoghi, secondo la tradizione del Singspiel tedesco, o addirittura la loro totale eliminazione. Le opere buffe, a causa del loro carattere troppo vicino alla farsa e troppo lontano dal tono morale e didattico dei Singspiele coevi, potevano essere soggette a sostanziali modifiche della trama ispirate a ragioni ideologiche. Notevole è il caso de Lʼitaliana in Algeri, con pesanti censure alla cavatina di Isabella del primo atto e al successivo duetto con Taddeo, rei di allusioni a costumi sessuali inaccettabili per la pruderie della Vienna postnapoleonica; per non menzionare la riscrittura completa del finale, orbato della scena dei «pappataci» (forsʼanche per la difficoltà di rendere il gioco di parole in tedesco, ma principalmente per il carattere farsesco della scena) e risolto con lʼarrivo di una nave inglese a salvare gli schiavi italiani.21

Queste modifiche sono parte dei problemi di traduzione culturale relativi allʼopera, che da questo punto di vista necessita unʼanalisi che tenga conto delle correlazioni tra i diversi elementi che costituiscono unʼesecuzione operistica: libretto, musica, messa in scena. Come evidenziato dallo studioso di teorie della traduzione Klaus Kaindl,

se la musica o la forma musicale del testo di partenza rappresenta un fenomeno specifico di una data cultura, un adattamento del testo parlato alle convenzioni operistiche della cultura di arrivo della traduzione che punti al mantenimento dello stile compositivo della cultura di partenza porta automaticamente a una differenza tra rappresentazione linguistica ed espressione musicale, differenza che porta a una rottura dellʼunità linguistico-musicale dellʼopera originale.22

Nel caso di Das Gelübde non sono ravvisabili tentativi di riscrittura radicale ispirata a criteri politici o ideologici. Lo studio di questa traduzione è però esemplare dal punto di vista metrico. Ci si aspetterebbe infatti di trovare nel libretto una traduzione ritmica, che si adatti cioè alla musica originale dellʼopera italiana con eventuali piccoli aggiustamenti della lunghezza delle note, ad esempio dividendone una in due o raggruppandone due parigrado in una. Ciò comporta che il testo di

21 VelluTINI, Rossiniʼs operas in Vienna cit., pp. 347-350. 22 klAuS kAINdl, Oper als Textgestalt. Perspektiven einer interdisziplinären Übersetzungswissenschaft, Tübingen, Stauffenberg Verlag, 1995, p. 56: «Wenn Musik bzw. die musikalische

Gestaltung einer sprachlichen Vorlage ein kulturspezifisches Phänomen darstellt, so würde eine Anpassung des sprachlichen Textes an die zielkulturellen Operngestaltungskonventionen unter Beibehaltung des ausgangskulturellen Kompositionsstils automatisch zu einer Differenz zwischen sprachlicher Darstellung und musikalischem Ausdruck führen, durch welche die musikalisch-sprachliche Ganzheit des Originals aufgebrochen würde».

partenza e quello di arrivo debbano avere in comune una struttura metrica analoga, in cui le sillabe accentate siano il piú possibile sovrapponibili e corrispondano ai tempi forti della battuta o a picchi melodici, e questo ad onta delle profonde differenze prosodiche tra le due lingue. Una traduzione ritmica richiede perciò notevoli cambiamenti a livello lessicale e semantico per ottenere ad esempio una determinata lunghezza del verso o un medesimo schema di rime. Oltre al rapporto metrico-semantico tra testo di partenza e testo di arrivo, la traduzione deve tenere conto anche delle differenze culturali e di tradizioni nazionali operistiche, come già menzionato in riferimento agli adattamenti rossiniani.

In lingua tedesca ciò ha portato allo sviluppo di uno stile di traduzione operistica, il cosiddetto Operndeutsch, aspramente criticato nel ventesimo secolo da piú musicologi tedeschi, tra cui Siegfried Anheisser:

Il tedesco operistico (Operndeutsch) è una costruzione che aspira al rango di lingua tedesca, ma non ne è che la caricatura, con la sua ampollosità, le sue espressioni sgraziate e confuse, le sue soluzioni dʼemergenza insoddisfacenti, i suoi giri di parole e le sue strutture sintattiche intrecciate.23

Qualche decennio dopo, Kurt Honolka definiva nella sua Kulturgeschichte des Librettos (1979) lʼOperndeutsch un «sacrilegio» basato su «inversioni ridicole» e «orribile pseudo-poesia».24

Unʼalternativa alla traduzione ritmica che possa mantenere il piú fedelmente possibile gli aspetti stilistici, sintattici e semantici dellʼoriginale deve spesso rinunciare alla somiglianza metrico-prosodica, e quindi allʼeseguibilità sulla musica originale. È il caso delle traduzioni di sola lettura, che di norma accompagnano unʼesecuzione in lingua originale. Questo tipo di traduzioni, tradizionalmente stampate nei programmi di sala in vendita a teatro o sul mercato librario – molto noti in ambito germanofono sono per esempio i pratici volumetti in copertina gialla della casa editrice Reclam. In tempi recenti, il libretto stampato è sempre piú frequentemente sostituito dai piú tecnologici sopratitoli, proiettati vicino al palcoscenico (sopra o su entrambi i lati) o visualizzati in schermi elettronici di cui i piú moderni sedili dei teatri dʼopera possono essere dotati.

La tendenza piú recente delle traduzioni di servizio per una esecuzione in lingua

23 SIeGFrIed ANHeISSer, Für den deutschen Mozart. Das Ringen um gültige deutsche Sprachform der italienischen Opern Mozarts, «Die Schaubühne. Quellen und Forschungen zur Theatergeschichte», hrsg. von Carl Niessen, Emsdetten, Lechte XXVI, 1938, p. 140: «Das Operndeutsch ist ein Gebilde, das zwar beansprucht, als deutsche Sprache zu gelten, doch erscheint es mit seinem Schwilst, mit seiner unbeholfenen und verwaschenen Ausdrucksweise, seinen unbefriedigenden Notlösungen, den Wortverdrehungen und Verschachtelungen nur als ihr Zerrbild».

24 kurT HoNolkA, Kulturgeschichte des Librettos, Wilhelmshaven, Heinrichhofenʼs Verlag, 1979, p. 234.

originale è di impiegare una prosa piuttosto semplice, che in forma scritta può talora essere una traduzione linea per linea senza cercare di riprodurre qualsivoglia struttura metrica in versi. Le traduzioni per sopratitoli devono sottostare a ulteriori limitazioni legate alla sincronizzazione con il canto (particolarmente problematica nei pezzi dʼinsieme), allo spazio limitato sullo schermo, alla preparazione talora inadeguata dei traduttori. Ne risulta spesso una prosa modernizzante, povera e omogenizzante, che annulla le differenze di registro linguistico e ostacola la comprensione delle scene comiche.25

Nel caso specifico di Das Gelübde, lʼanonimo traduttore ottocentesco sembra aver agito in maniera non del tutto coerente. La traduzione stampata sul libretto è infatti, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, solo parzialmente ritmica. Si prenda a moʼ di esempio la prima aria dellʼopera, una delle piú note, la cavatina di Viscardo «Bella, adorata incognita», con la quale il cavaliere beneventano esprime il suo amore per Bianca, di cui egli va in traccia:

VISCArdo. Bella, adorata incognita, A me chi ti rapì? Il tuo Viscardo, misero! Te cerca da quel dì. Trovarti… rivederti Un solo istante ancora… Udir, io tʼamo… dirtelo! E morrò lieto allora. Privo di te, piú vivere Non posso omai così.

Si tratta di unʼaria in settenari misti (sdruccioli, piani e tronchi), che quindi presentano un diverso numero di sillabe ma con lʼultimo accento sempre sulla sesta sillaba. Il traduttore mantiene questa struttura sia dal punto di vista metrico che delle rime:

VISCArdo. Du meiner Sehnsucht fernes Bild, Ach wer entzog Dich mir?

25 Vedi HuGH mACdoNAld, Opera Translation in the 21st Century, «Librettoübersetzung. Interkulturalität im europäischen Musiktheater», a cura di Herbert Schneider e Rainer Schmusch,

Hildesheim, Olms, 2009, pp. 35-42 e ASTrId BerNICke, Die deutsche Übertitelung italienischer

Opern. Ein musikwissenschaftlicher Ansatz dargestellt am Beispiel von Giuseppe Verdis Aida,

Würzburg, Königshausen & Neumann, 2006, pp. 9-19. Recentemente si è posto lʼaccento anche sui vantaggi che le limitazioni tecniche dei sopratitoli possono comportare, riducendo già dal principio le possibilità di traduzione e rendendo quindi tale scelta piú agevole, vedi ANNA rędZIoCH-korkuZ, Constraints on Opera Surtitling: Hindrance or Help?, «Meta» 63/1, 2018, pp. 216-234.

Dich sucht umsonst mein Thränenblick, Mein Seufzer frägt nach Dir. Dich finden, wiedersehen –Wann werdʼ ich es erreichen? Sprichʼ nur die Wortʼ: Ich liebʼ Dich; Dann will ich gern erbleichen. Ach ohne Dich, Bianca,Blüht keine Freude mir.

(VISCArdo. Tu lontana immagine della mia nostalgia, Ah, chi ti rapí a me? Te cerca invano il mio sguardo pieno di lacrime, I miei sospiri chiedono di te. Trovarti, rivederti, Quando mi sarà possibile? Diʼ solo le parole: io tʼamo, E allora potrò spirar felice. Ah senza te, Bianca, non ho piú gioia al cor.)

Il traduttore riesce addirittura a riprodurre in maniera credibile i settenari sdruccioli, in particolare con lʼuso della parola proparossitona «Thränenblick» a chiusura del terzo verso. Certo, dal punto di vista semantico il testo cambia leggermente, attingendo prevalentemente al campo semantico del pianto («Thränenblick», «Seufzer») con una tinta larmoyante assente nellʼoriginale italiano. Per contro, la risoluzione alla morte in assenza dellʼamata Bianca (il cui nome è pronunciato peraltro solo nella traduzione tedesca) è piú evidente in italiano con «morrò» e «piú vivere / non posso», che è invece piú blando in tedesco con «erbleichen» (letteralmente «impallidire», eufemistico rispetto a «sterben», «morire») e «blüht keine Freude mir», che indica una vita senza gioia piú che unʼimpossibilità di vivere.

Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe però, in altri punti la traduzione non è ritmica. Si prenda ad esempio il coro iniziale dellʼopera, fatto interamente di settenari, perlopiú piani, talora sdruccioli o tronchi:

Coro. Odi: ogni intorno echeggiano Suoni giulivi e canti. Vedi sparir, succedersi Festevoli danzanti. Qui di piacer, di gioja Tutto è sorriso, ardor. Tra vaghi incanti è questa La reggia dellʼamor.

La traduzione nel libretto non imita la struttura metrica originale, che diviene talora irriconoscibile (tra parentesi il numero totale di sillabe):

CHor. Höret! (2) Gesang erschallet, von Hand zu Hand, (9) Es kreisen die Pokale. (7) Sehet! (2) Sie nahʼn und fleihʼn, (5) Tanzende Reihʼn in Saale. (7) Hier walten Liebʼ und Wonne, (7) Hier thronet edler Frauensinn. (8) (Coro: Ascoltate! Canti echeggiano, e da mano a mano si passano i calici. Guardate! Si avvicinano e si allontanano File danzanti nella sala. Qui regnano amore e gioia, Qui domina la leggerezza.)

Come è possibile cantare un tale testo sulla musica originale cucita ad hoc sui settenari? La partitura completa26 è priva di traduzione tedesca in questo punto, il che spinge a ipotizzare che essa rappresenti uno stadio di lavoro intermedio tra le esecuzioni in italiano del 1838/1840 e quella tedesca del 1841. Questo problema specifico può essere però risolto grazie alla partitura del maestro suggeritore,27 che riporta la traduzione tedesca per intero. Sia il testo italiano che quello tedesco vengono leggermente modificati: il primo verso italiano diviene «Odi: in ogni intorno | echeggiano» (versione confermata anche dalla partitura generale) in modo da aggiungere una sillaba e da avere una dialefe tra «intorno» e «echeggiano», mentre il testo tedesco viene riscritto come segue:

CHor. Höret! Gesang erschallet, von Hand zu Hand Kreisen die gold Pokalʼ Sehet! Sie nahʼn und fleihʼn Tanzende Reihʼn in Saale. Hier walten Liebʼ und Wonne, Hier thronet edler Frauensinn.

Questa nuova versificazione risulta anomala per il sistema metrico tedesco

26 Österreichische Nationalbibliothek, segnatura oA.3 muS mAG. 27 Österreichische Nationalbibliothek, segnatura oA.3/2 muS mAG.

basato su piedi analoghi a quelli classici: si possono intravedere versi che mescolano dattili e trochei (come il terzo e il quarto) o fatti di giambi (quinto e sesto). La priorità in questo caso non è però lʼassimilazione a modelli metrici tedeschi, ma il tentativo di ricalcare i versi italiani per adattare il nuovo testo alla musica originale. Il primo verso italiano cosí cambiato ha undici sillabe, ma non corrisponde in alcun modo a un endecasillabo tradizionale; consente però di sovrapporci il primo verso tedesco, che conta anchʼesso undici sillabe (con lʼultima accentata). Gli altri versi tedeschi, con una piccola modifica che consente di avere unʼaccentazione vicina allʼitaliano («Es kreisen die Pokale» diviene «Kreisen die gold Pokalʼ»), corrispondono ora a dei settenari; pur non essendo sempre della stessa natura dei settenari italiani (piani, sdruccioli, o tronchi), lʼadattamento ritmico della melodia originale è ora possibile con minimi aggiustamenti:

Figura 1: SAVERIO MERCADANTE, Das Gelübde 1841, I,1, «Höret, Gesang erschallet».

Un caso ancora piú complesso è quello del recitativo in I,4. Trascrivendo il testo dalla partitura del maestro suggeritore, il testo italiano e tedesco vengono cosí modificati (le aggiunte sono sottolineate e le dialefi introdotte sono indicate con il segno | ):

VISCArdo. Brunoro… | o tu, lʼantico (7+1 per dialefe=8) Neglʼanni di mia gloria fido | amico, (11+1 per dialefe=12) Vieni al mio seno ancora. Torna fortuna (11+1=12) A sorridermi omai. BruNoro. Ed a me pur. (10=endecasillabo tronco) VISCArdo. E tu conosci… sai (7) Dunque | ove sta celato (7+1 per dialefe=8) Questʼidolo adorato, (7) Di cui mi sorprendesti (7) Lʼimmago qui a bacciar quando giungesti? (11)

VISCArdo. Brunoro, du Freund des Herzens, (8) Du meines Waffenruhmes treuer Gefährte, (12) Laß an mein Herz dich schließen, dich hab ich wieder! (12) Mir lacht das Glück aufʼs Neue. (7) BruNoro. Es lacht auch mir. VISCArdo. Du kennst sie also? Du (12) Weißt, wo sie verborgen weilet, (8) Die meinen Herzen theuer, (7) Die du – mich überraschend (7) Im Bilde küssen sahst, als wir uns fanden? (11)

Il processo di trasformazione sfrutta la flessibilità prosodica dellʼitaliano, il cui conteggio delle sillabe può essere spesso modificato grazie a processi fonologici cosiddetti di sandhi, come sinalefe, dialefe, sineresi e dieresi, elisioni, troncamenti ecc.28 Gli esempi qui apportati mostrano come uno studio approfondito della traduzione operistica non possa basarsi, almeno per questo ambito cronologico e geografico, solo sul confronto dei libretti, ma debba prendere in considerazione anche fonti musicali, sulle quali si tornerà piú avanti.

Indicazioni di regia

Il libretto conservato alla Biblioteca Nazionale di Vienna non è solo interessante per lo studio della traduzione linguistica del testo poetico, ma anche per quanto concerne la traduzione in forma scenica del dramma per musica. Lʼesemplare contiene infatti una copiosa messe di annotazioni manoscritte in Kurrentschrift29 riguardanti aspetti di messa in scena. Sulle note a margine del testo poetico stampato ritorneremo piú tardi. Le annotazioni piú interessanti sono invece presenti in un fascicolo di carte di grandezza inferiore a quella del libretto stampato e inserito intorno alla metà dello stesso. Le annotazioni concernono una pluralità di aspetti della mise en scène: la disposizione degli elementi scenografici sul palco e la descrizione delle scene; un elenco dei cantanti coinvolti nella produzione; una lista delle comparse e degli oggetti impiegati per ogni scena. Una sorta di ʼdisposizioni scenicheʼ che, certo non paragonabili a quelle stampate in quegli anni per i teatri francesi,30 costi-

28 elmAr SCHAFroTH, Sprache und Musik. Zur Analyse gesungener Sprachen anhand von Opernarien, <https://www.yumpu.com/de/document/read/6745106/sprache-und-musik-zur-analysegesungener-sprachen-anhand-von-> (ultima consultazione 25 giugno 2021), p. 11. 29 Ringrazio Andrea Sommer-Mathis per lʼaiuto fornitomi nella decifrazione di alcune annotazioni di non facile lettura.

30 Per una disamina sullʼuso odierno delle disposizioni sceniche per il Grand Opéra francese, vedi ArNold JACoBSHAGeN, Staging Grand Opéra – Historically Informed?, «Bild und Bewegung im Musiktheater. Interdisziplinäre Studien im Umfeld der Grand Opéra», a cura di Roman

tuivano la base del lavoro del direttore di scena di quei tempi, che poco aveva a che spartire con il moderno regista affermatosi nel Novecento. Nel Teatro di Porta Carinzia questo ruolo era perlopiú assolto da cantanti attempati, che si occupavano di controllare le entrate e le uscite dei cantanti, la corretta disposizione degli elementi scenici e in generale il regolare svolgimento della serata.31

Dai nomi dei cantanti si evince che risalivano alla produzione italiana del 1838 e, nel caso gli interpreti fossero nel frattempo cambiati, alla ripresa del 1840:

Manfred. Graf von Sirakusa | Sig. Cartagen[ov]a | R[onconi] Bianca. Seine Gemahlin | Brambilla Elaisa. Eine fremde Dame | Schoberlechner | U[nger] Viscardo, von Benevent | Pedrazzi | Mo[riani] Bruno, Secretair des Grafen | Bengrolini Isaura. Begleiterin der Bianca | Tuczek

Verso la fine del fascicolo aggiunto si trova anche in calce alla pagina una firma (Hoffmann) e una data, 27 marzo 1838. Se ne può desumere che queste ʼdisposizioni scenicheʼ fossero state redatte per la prima produzione italiana, successivamente reimpiegate per la ripresa del 1840 con le modifiche aggiunte dei nuovi nomi, e infine inserite nel libretto del 1841 per la versione tedesca. La loro struttura ripete in forma ciclica la successione di atti e scene per ogni sezione. Nella parte iniziale sono disegnati dei prospetti delle scene di ogni atto, come ad esempio la scena che apre lʼopera e che mostra il mare sullo sfondo con alcune barche, un giardino sulla destra, la casa di Elaisa sulla sinistra. In generale si indica per ogni scena la disposizione delle porte di uscita e la presenza di elementi scenografici rilevanti, come ad esempio il mausoleo nel cimitero del secondo atto. Segue poi una lista di tutte le comparse impiegate nellʼopera, lista che è poi ripresa separatamente per ogni scena in cui compaiono. Lʼultima sezione delle ʼdisposizioni scenicheʼ infatti, quella preponderante, è costituita da una descrizione scena per scena della scenografia, cambi di scena, personaggi e oggetti in scena, eventuali azioni dei cantanti che hanno una conseguenza negli spostamenti, nella produzione di particolari suoni ecc. Si prenda ad esempio la pagina relativa allʼapertura del primo atto:

Actus 1: Schirmnacht: /: Beleuchteter Garten, Links der Pallast, | mit Stuffen (beleuchtet) Rechts Alleen – | in Vordergrund Recht ein Pavillon. - | Im hintergrunde die Meeres Cüste: / |

La didascalia traduce quella presente nel libretto italiano stampato per Milano:

Brotbeck et al., Schliengen, Argus Verlag, 2018, pp. 241-262. 31 JAHN, Die Wiener Hofoper von 1836 bis 1848 cit., p. 54.

Atto primo | Scena I. | Palazzo dʼElaisa, a sinistra, con scalinata. Lʼatrio, e i superiori appartamenti si scorgono disposti a festa notturna. Viali alla destra. Lʼavanti della scena presenta un padiglione. Nel fondo spiaggia del mare.

Nel caso della scena quinta del primo atto, che rappresenta le stanze di Bianca, la lista degli oggetti di scena è integrata da un disegno esplicativo:

Figura 2: rappresentazione grafica della disposizione degli oggetti in atto I,5.

Anche le sezioni che descrivono ciò che avviene sulla scena sembrano essere riprese quasi letteralmente dalle didascalie del libretto italiano (perlopiú assenti nel libretto stampato tedesco). A fine secondo atto, dopo il terzetto, Bianca beve il veleno:

/: Am Schluß trinkt Bianca Gift, | wirf das Flächschen weg, und fällt Elisa an den Stuffen des Grab= | mahls in die Arme. – Manfred | entfernt sich mit wilder freude:/

Ancora una volta, questa indicazione deriva direttamente dal libretto italiano:

(Bia. Bee dallʼampolla che le porse Ela., la gitta, freme, vacilla, e cade in braccio di Ela. sui gradini del monumento. Man. parte con gioia feroce).

I contenuti sono gli stessi, la traduzione tedesca è però piú secca e pragmatica: manca ad esempio il riferimento al fremere e vacillare, in tedesco Bianca cade direttamente nelle braccia di Elaisa. Le disposizioni sceniche tedesche contengono però qualche elemento in piú corrispondente a ciò che le maestranze teatrali dietro la scena devono compiere. Nella scena precedente, la scena 7 del secondo atto, deve sentirsi un «colpo duro» da fuori:

Scena 7. Vorige. Bianca B: S: Grabmahl Was? – der Tod! Che? Morde [sic] – Ah!

/: Harter Schlag, Thur B:S: auf (colpo pesante, si apre la porta sul lato dei bastioni)

La frase cantata dopo la quale deve essere sentito il colpo è scritta sia in traduzione tedesca che in originale italiano, benché con un errore, «morde» anziché «morte» (probabilmente per associazione con il tedesco «Mord» per «assassinio»).

Nella parte restante del libretto si trovano annotazioni fatte a matita a margine del testo poetico. Queste indicazioni sono perlopiú relative ad elementi come le entrate in scena dal lato sinistro o destro, rappresentate dalle sigle S. S. e B. S. («Stadtseite» e «Basteiseite»);32 i cambi di scena («Verwandlung») e lʼilluminazione («Tag» o «Nacht», giorno o notte); la lista degli stessi oggetti elencati nelle ʼdisposizioni scenicheʼ, qui integrate a margine del testo; non mancano indicazioni di carattere musicale con la presenza e i movimenti della banda in scena, indicazioni di forme musicali («terzetto») o di metri («6/8 Takt») o Sulla base di queste considerazioni si può concludere che questo esemplare era destinato a fornire tutte le indicazioni necessarie alla messinscena della versione tedesca del 1841, indicazioni non create ex novo ma basate sulla produzione in lingua italiana del 1838. Se la messinscena della stagione tedesca sembra quindi sostanzialmente riprendere fedelmente quella italiana, la musica presenta non poche differenze tra le produzioni italiane del 1838 e 1840 e quella tedesca del 1841.

Adattamento musicale: tagli, cambi di tonalità e di organico

Nella Österreichische Nationalbibliothek è conservata una partitura manoscritta in tre volumi, appartenente al fondo Opern-Archiv. Questa partitura sembra essere la base di partenza per lʼadattamento tedesco: essa contiene lʼintera musica eseguita nelle produzioni della stagione italiana, ma al testo italiano è sottoposto uno in tedesco e vi sono numerosi interventi in matita rossa o nera. Tale sostituzione comporta, comʼè uso, tutta una serie di aggiustamenti ritmici secondo i quali alcune note vengono divise in due per dar spazio a due sillabe o, al contrario, due note diverse vengono legate per portare la stessa sillaba.

Gli interventi piú frequenti sono tagli, a volte di poche battute, a volte di decine di battute. In parecchi casi ci sono dei ripensamenti, indicati con «gilt» («vale») scritto

32 Ringrazio Till Gerrit Waidelich per una comunicazione orale nellʼambito del convegno in cui mi ha informato della plausibile ipotesi secondo cui S. S. sarebbe «Stadtseite» (lato della città) e B. S. «Basteiseite» (lato dei bastioni). Lʼorientamento geografico del Teatro di Porta

Carinzia, situato nei pressi dellʼodierno Hotel Sacher nel centro di Vienna, sarebbe quindi stato impiegato per denotare il lato sinistro e destro della scena. Di norma venivano altrimenti impiegate altre convenzioni. La piú comune, di origine francese, era chiamare il lato destro della scena visto dalla platea «corte» (in francese cour) e il lato sinistro «giardino» (in francese jardin). In alcuni teatri italiani si usano ancora riferimenti urbanistici, come al Teatro alla

Scala con il lato Corte a sinistra e il lato Strada a destra.

a margine di una sezione cassata per ripristinarla. Unʼanalisi dettagliata di tutti i tagli, che necessiterebbe anche di un confronto con i tagli nel libretto, meriterebbe unʼanalisi a sé che esula dai limiti del presente contributo. Ci si limiterà qui alle altre tipologie di adattamento della musica, in particolare dellʼimpianto tonale e dellʼorganico. Per quanto riguarda il primo, si può sospettare che lʼabbassamento della tonalità delle arie cantate da Basadonna, il tenore interprete della parte di Viscardo, siano da ascrivere ai limiti vocali evidenziati nella sopracitata critica della «Allgemeine Musikalische Zeitung». Una voce tenorile invecchiata anzitempo poteva avere difficoltà nel registro acuto, difficoltà a cui si cercò probabilmente di venire incontro con una trasposizione di semitono. La trasposizione a cui si allude in occasione della prima aria, «Du meiner Sehnsucht fernes Bild» («Bella adorata incognita» nellʼoriginale italiana) inizia però a metà del recitativo precedente, e se presa alla lettera porterebbe a un improvviso e un poco bizzarro cambio di tonalità:

Figura 3: SAVERIO MERCADANTE, Das Gelübde 1841, I,1, «Du meiner Sehnsucht fernes Bild».

Le cancellazioni lasciano intuire che la trasposizione dovesse inizialmente aver luogo allʼinizio del recitativo e fosse poi stata spostata qualche battuta piú avanti, costringendo però a muovere improvvisamente in regioni affini a do diesis minore per mezzo dellʼaccordo di settima diminuita precedente.

Anche lʼaria del secondo atto «Fu celeste quel contento» e il recitativo precedente «Compita è omai la giusta» sono abbassati di mezzo tono, ma fin dal principio perché la scena inizia direttamente col recitativo, mentre nel primo atto si arrivava da un coro la cui tonalità non poteva evidentemente essere cambiata.

I cambi di tonalità dovettero creare in alcuni casi veri e propri grattacapi allʼarrangiatore: nel caso dellʼaria di Bianca «Or là sullʼonda» (I,6), scritta in sol maggiore, sono indicate in matita rossa diverse tonalità (fa, sol, la bemolle), con una scritta «rimane tutto» («bleibt Alles») che lascia intuire una decisione finale a favore della tonalità originale, benché in contraddizione con lʼannotazione «1/2 Ton tiefer» («mezzo tono sotto») in matita sul recitativo precedente.

Altri interventi strutturali possono riguardare la sostituzione di uno strumento solista con un altro. Nella sopracitata aria di Viscardo dal primo atto «Bella adorata, incognita», il terzo violoncello dovrebbe suonare il solo iniziale della melodia ripresa dal tenore. Nella partitura viennese sta scritto in italiano e in inchiostro nero «N. B. viola invece del 3. violoncello», confermata dalla parola viola in matita rossa. Ciò significherebbe che già nella versione italiana del 1838 o del 1840 questa sostituzione sarebbe stata adottata e confermata poi nella revisione tedesca.

Un caso diverso è quello del corno inglese, che nel terzo atto è accostato con la voce di Elaisa già nel recitativo accompagnato e aria «Là posa, bella ancora», «Ma negli estremi istanti», e di nuovo nella scena finale con la sua morte. Nella Filosofia della musica, Raimondo Bucheron cita questo come esempio di impiego estremamente felice del corno inglese: «Ad Elaïsa spirante manca a poco a poco la voce; ma lʼaffetto non tace, ed il maestro lo personificò in quella cara melodia di corno inglese, la quale non poteva essere né meglio scelta, né affidata ad istromento piú acconcio».33 Anche un recensore della «Allgemeine musikalische Zeitung» esaltava il solo di corno inglese come uno dei «momenti clou» («Glanzpunkte») nella scena finale dellʼopera (III,2): il corno inglese esegue una «melodia lamentosa» che «avvolge per cosí dire la voce rotta» di Elaisa morente.34 La scelta del corno inglese è quindi salutata da piú parti come una scelta musicalmente e drammaturgicamente molto efficace. Stupisce quindi ancor piú che lʼadattamento tedesco del 1841 preveda lʼuso dellʼoboe in luogo del corno inglese, come testimoniano le annotazioni in matita rossa nella partitura. Per quale ragione si opti per un accostamento piú tradizionale della voce morente allʼoboe, non è dato saperlo dalla sola partitura.

33 rAImoNdo BuCHeroN, Filosofia della musica o estetica applicata a questʼarte, Milano, Regio

Stabilimento Nazionale e Privilegiato di Giovanni Ricordi, 1842, p. 97. 34 «Allgemeine Musikalische Zeitung» Xl, 1838, coll. 539 e seguenti. Vedi anche ClemeNS rISI,

Auf dem Weg zu einem italienischen Musikdrama cit., p. 133.

Possiamo ipotizzare solo ragioni contingenti, come lʼassenza di un cornista inglese per quella produzione, o il gusto personale del direttore.

In conclusione, il presente contributo mostra, attraverso il caso di studio di Das Gelübde di Mercadante solamente la punta dellʼiceberg di un vasto campo di studi tuttora da scoprire, quello delle traduzioni operistiche nella Vienna ottocentesca. Spesso lasciate in secondo piano, forsʼanche a causa della cattiva fama del cosidetto Operndeutsch, il loro studio si gioverebbe senzʼaltro di uno sguardo interdisciplinare che coinvolgesse studi operistici, storia della prassi esecutiva e dellʼinterpretazione, ma anche librettologia, comparatistica e translation studies. Lo studio approfondito della partitura viennese, congiunto con quello della partitura per il maestro suggeritore e il libretto, potrebbe portare a risultati di notevole interesse anche per quanto concerne la prassi esecutiva, dal momento che molte altre annotazioni in rosso riguardano tempo e altri aspetti interpretativi. Per derivarne elementi utili a certificare una differenza di prassi esecutiva tra la stagione italiana e quella tedesca, o forsʼanche solo differenze individuali nellʼinterpretazione tra direttore e direttore, sarebbe necessario approntare unʼedizione critica della partitura. A questo si potrebbe aggiungere una ricerca sugli schizzi o altro materiale preparato dai due scenografi che in quegli anni lavoravano al Teatro di Porta Carinzia, gli italiani Antonio De Pian e Carlo Brioschi,35 per poter immaginare la messa in scena della produzione tedesca del 1841 sulla base delle indicazioni nel libretto conservato alla Österreichische Nationalbibliothek, e illuminare cosí un capitolo ancora oscuro della storia dellʼopera viennese.

35 HAdAmoWSky, Wien: Theatergeschichte cit., pp. 370-371.

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