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Introduzione a cura di Paologiovanni Maione
INTRODUZIONE
Il secondo numero dei «I Quaderni del San Pietro a Majella» nasce con il chiaro intento di allargare sempre più i domini d’indagine affidandosi a studiosi affermati e a giovani ricercatori, così come annunciato nel programma editoriale inaugurato lo scorso anno, in grado di dare il proprio contributo in ambiti disparati. Ancora una volta si confrontano metodologie e approcci destinati a stimolare il lettore conducendolo in affascinanti percorsi di ricerca che in quest’occasione considerano un arco cronologico abbastanza ampio.
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Dal Cinquecento al Novecento vengono indagati, con modalità originali, vari aspetti del fenomeno musicale e in molti casi la lettura interdisciplinare e la ricostruzione di vicende e fenomeni, attraverso fonti indirette di grande importanza, permettono un avvincente accostamento a materie dissimili.
La prima sezione si apre con due tributi alla tradizione musicale napoletana settecentesca, il primo indaga la famiglia dei poeti per musica Palomba mentre il secondo sonda il repertorio strumentale della seconda metà del secolo. Raffaele Mellace con abile maestria disegna lo scenario in cui si muovono Antonio e Giuseppe Palomba in un lasso di tempo molto vasto che va dal 1735 al 1825 rivelando mode e forme che sovrintendono la scrittura di questi abili artigiani della commedia musicale tra luci e ombre, successi e compatimenti, tradizione e innovazione.
Anthony R. DelDonna in quest’occasione continua la sua investigazione sulla letteratura strumentale, dopo gli esiti raccolti nel bel volume Instrumental Music in Late Eighteenth-Century Naples: Politics, Patronage and Artistic Culture (Cambridge University Press, 2020), l’autore accompagna il lettore a scoprire l’uso di questo genere presso il palazzo reale al tempo di Ferdinando IV e Maria Carolina d’Asburgo-Lorena tra diletto privato e reservate esibizioni.
I contributi successivi sono incentrati sul Novecento e se Attilio Cantore riscrive le interessanti vicende legate alla composizione e all’esecuzione del Quintetto di Castelnuovo-Tedesco destinato al secondo Festival Internazionale di Musica di Venezia, Patrizia Veroli si avventura in un ambito assai intrigante rappresentato dal musical esplorato tra “coreografia” e “regia” con rara sensibilità e con occhio vigile a sondare gli aspetti organizzativi nonché quelli scaturiti dal dibattito intorno al genere.
La sezione sulle tesi presentate dai nostri allievi, a conclusione dei loro percorsi triennali e biennali, è tutta sul Novecento. A Gustav Holst è votato l’intervento di Cosimo Abbate che tra cenni biografici, tesi a lumeggiare questo autore poco conosciuto in Italia se non per la partitura The Planets, e un’approfondita disamina delle composizioni per banda militare, dà un inedito spaccato del patrimonio musicale ispirato a questo organico nel corso del secolo breve.
Alba Brundo dal suo canto dissoda il patrimonio musicale per arpa di Benjamin Britten ricostruendo modalità compositive e delineando il tessuto sociale nel quale fiorisce: elemento assai intrigante è il rapporto che il musicista instaura con l’arpista Osian Ellis.
Suggestiva è la condotta del lavoro di Giuseppe Vastarella che in un approccio trasversale si occupa dei 24 Caprichos di Mario Castelnuovo-Tedesco confrontandoli con l’omonima opera ispiratrice di Goya.
Particolarmente ricca è l’ultima sezione che si apre con la prima parte di un impegnativo lavoro di ricerca condotto da Maurizio Rea sui Mandatorum custoditi presso l’Archivio di Stato di Napoli. Lo studioso espone, pertanto, un materiale ricco di informazioni, anche inedite, sulla Cappella Reale di Napoli in Età Moderna e nel prossimo numero ritornerà a scrivere su questo pregevole fondo commentandone il portato storico-scientifico.
Della collezione donata da Francesco Rodriguez, discendente della figlia di Mercadante Ismalia, alla Biblioteca del Conservatorio di San Pietro a Majella si occupa Cesare Corsi che realizza un approfondito studio della recente acquisizione e correda il suo saggio con una ricca e inedita appendice documentaria.
Sul Museo del San Pietro a Majella e sulle sue vicende è incentrato il dettagliato articolo di Chiara Macor che con rara sensibilità percorre l’accidentata vita di un luogo ancora alla ricerca di una sua collocazione o destinato a vivere in un’accezione completamente eccentrica all’interno di un contenitore la cui natura non è univoca, è luogo di formazione e all’istesso tempo spazio museale diffuso.
Dell’Archivio privato di Napoleone Cesi parla Lorenzo Corrado nel suo saggio che restituisce la fisionomia di questo fondo che raffigura appieno il mondo in cui visse il figlio del grande Beniamino. Come viene fatto notare Napoleone è «poco più giovane di Martucci» e «poco più anziano dei compositori» della “generazione dell’Ottanta” per cui diviene complesso collocarlo storicamente ma non iniziare a indagare un autore alla ricerca di una sua dimensione.
Chiude il «Quaderno» una rubrica di recensioni librarie incentrata su alcune novità editoriali.
Non resta che ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo numero, benché i rigori del tempo, con slancio e generosità: amici, colleghi e studenti hanno, con il loro contributo e la loro disponibilità, impreziosito il volume che si spera possa essere accolto favorevolmente.
La mia gratitudine va altresì al presidente Luigi Carbone e al direttore Carmine Santaniello che hanno sostenuto quest’impresa con grande generosità. Un ringraziamento speciale va all’amico e collega Antonio Caroccia che mi ha affiancato con entusiasmo e supportato nell’allestimento del volume.
Napoli, 31 luglio 2021
Paologiovanni Maione