Il mito degli Anni '60.

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Il Mito degli Anni '60

L.Pignotti, collage, 1968

a cura di Claudio Cerritelli


Il mito degli anni ‘60

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Il mito degli anni ‘60

Il Mito degli Anni '60 IL RESPIRO INNOVATIVO DELLE GALLERIE a cura di Claudio Cerritelli

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Il mito degli anni ‘60

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Il mito degli anni ‘60 Nel corso degli Anni '60

Persistenze del passato e nuopve linee di ricerca Attraverso il coinvolgimento delle gallerie attive a Milano dagli anni Sessanta, e di quelle che successivamente hanno dedicato la loro attenzione all’arte di quel decennio, questo percorso di immagini pone in risalto la compresenza tra valori consolidati e nuovi linguaggi creativi. La profonda vocazione sperimentale degli anni sessanta riflette e -in molti casi- anticipa i mutamenti del gusto e dello stile di vita che caratterizzano il volto di questo mitico decennio, con una molteplicità di tendenze, movimenti e gruppi sorretta dalla capacità di individuare i valori emergenti, senza trascurare quelli persistenti del periodo appena precedente. Il percorso iconografico proposto, pur non essendo esaustivo della complessa situazione artistica degli anni Sessanta, documenta una vasta aerea di ricerche contraddistinte da nuove idee, materiali e modalità operative. Ciò avviene attraverso forme di espressione che oscillano dai riferimenti alla scienza della visione fino alla dimensione antropologica dell’artista totale, utopia necessaria per rifondare radicalmente il rapporto tra uomo natura e ambiente. In questa prospettiva possono essere letti gli eventi più significativi di questo decennio, dall’interesse verso i linguaggi dei mass-media alle ricerche cinetiche e tecno-visuali, dai nuovi modi di astrazione aniconica agli esempi di nuova figurazione, dall’interpretazione soggettiva dei linguaggi sociali all’esplorazione di materiali plastici in relazione all’ambiente. L’articolazione delle immagini divise per sezioni – senza seguire il consueto vincolo della ripartizione dei Gruppi- offre il senso di un confronto interno ai diversi linguaggi, secondo affinità e contrasti, analogie e differenze, con un criterio che fa interagire le poetiche individuali, ben sapendo che all’interno di una stessa tendenza si avvertono diversi orientamenti creativi. La pittura dei cosiddetti astratti e informali sembra far storia a sé, tanto da essere considerata ai margini del dibattito, non a caso si teorizza il suo superamento, addirittura la sua sparizione (La morte del quadro, Dopo l’informale, Oltre la pittura). D’altro lato, il recupero della figurabilità è tensione comunicativa che riannoda i fili con la visione realista e surrealista, per innestarvi l’iconismo della cultura pop, non solo americana, ma anche inglese, con quel senso di critica distanza dagli stereotipi di massa che caratterizza l’arte italiana. In tal senso, nel percorso di immagini proposto si tratta di delineare una lettura diramata e policentrica che consente di aggregare una molteplicità d idee visive

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Il mito degli anni ‘60 calibrate sulla dialettica tra generazioni diverse, senza mai escludere gli artisti che si sono mossi al di fuori delle tendenze. Tale prospettiva restituisce la complessità degli anni Sessanta, l’analisi critica del passato e l’esigenza di rinnovamento del concetto di opera, attraverso dinamiche comunicative e interazioni i linguistiche che si impongono in modo talmente forte da influenzare l’arte dei decenni successivi. *Alle spalle degli avvenimenti artistici degli anni sessanta sta la tradizione dell’avanguardia storica con tutte le teorie e le pratiche ne costruiscono il complesso profilo di ricerca e il profondo interesse verso la sperimentazione. Dopo la stagione dell’Informale, l’artista tenta di superare la posizione di pura soggettività cui è legata l’immagine degli anni Cinquanta, la dimensione comunicativa dell’opera- quadro viene messa in crisi, l’esaurirsi di tale identità è invocata da più parti, per quanto pittura e scultura continuino a perseverare su questo modello di ricerca. Diversi sono i segnali di apertura e di trasformazione legati ai linguaggi in grado di dilatare l’orizzonte percettivo dello spettatore e di coinvolgerlo con l’uso di nuove tecnologie operative. L’identità dei gruppi che si formano in Italia tra il 1960 e il 1965 (Gruppo T a Milano, Gruppo N a Padova, Gruppo Uno a Roma) è disseminata in diverse posizioni teoriche e metodologiche. Gli obiettivi possono variare nella loro articolazione linguistica, tuttavia c’è un orientamento essenziale, la funzione comunicativa dell’arte, che permette di leggere la molteplicità di queste ricerche all’interno di una linea teorica e programmatica che ne determina l’impatto con il pubblico e la società. Il ruolo di questi artisti non vuole più esprimere una sensibilità soggettiva (perseguita per esempio dal Gruppo del Cenobio -1962/63- come sintesi segnica della scrittura pittorica) ma intende comunicare un progetto conoscitivo in sintonia con le attitudini scientifiche dei fenomeni della percezione. Il fruitore è messo in grado di svelare i fondamenti della percezione ovvero i meccanismi individuali e sociali, le dinamiche visive accertate nel loro funzionamento ambientale. Di fronte a una società modellata dall’informazione, si tratta di attuare un progetto di reintegrazione tra individuo e ambiente, tra soggetto linguistico e contesto ideologico, attraverso una rigorosa metodologia creativa. L’analisi delle strutture percettive si pone come azione politica dell’arte in grado di attuare nuove ipotesi di partecipazione collettiva.

*Il problema dell’opera aperta indica un impegno teorico sostenuto dallo studioso Umberto Eco già dal 1958 e successivamente completato nel saggio “Opera aperta” (Bompiani 1962), con relative modificazioni nelle edizioni ulteriori. L’oggetto di questa ricerca si fon-

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Il mito degli anni ‘60 da sull’idea che l’opera d’arte è “una pluralità di significati che convivono in un solo significante”, una visione conoscitiva basata sulla dialettica tra forma compiuta e possibilità di essere interpretata in modi diversi, senza che la sua singolarità ne risulti alterata. Dal punto di vista del linguaggio visivo l’opera è un “oggetto dotato di proprietà strutturali definite, che permettano ma coordinano l’avvicendarsi delle interpretazioni, lo spostarsi delle prospettive”. Casualità, probabilità, indeterminazione, ambiguità, disordine, plurivalenza, sono alcuni termini fondamentali per identificare il carattere dinamico della nozione di opera aperta, la quale non è una categoria dogmatica e neppure una categoria critica ma- come sottolinea Eco- rappresenta un modello ipotetico, una direzione dell’arte contemporanea. Tale modello può essere applicato a molteplici situazioni operative, in tal senso il rapporto tra produzione-opera-fruizione può avere come punto comune ai diversi linguaggi l’idea di una struttura aperta, intesa come un sistema di relazioni fruitive e interpretative che presenta “similarità dal punto di vista delle modalità strutturali che consentono una consumazione plurivoca”. Un fatto importante è che lo spettatore collabora a fare l’opera, entra nella dimensione dinamica delle forme, secondo il proprio filtro culturale, producendo reazioni che amplificano l’orizzonte comunicativo dell’opera medesima. Nel campo delle arti visive, il discorso dell’opera aperta prende le mosse dall’analisi della categoria di informale, dove il lettore è sollecitato a leggere la costante variabilità strutturale della superficie pittorica. “L’informale pittorico – osserva Eco- potrebbe essere visto come l’anello terminale di una catena di esperimenti volti a introdurre un certo ‘movimento’ all’interno dell’opera”. In modo ancor più decisivo l’informale integra nella propria sensibilità il senso di discontinuità dei fenomeni legati all’impossibilità di un’immagine unitaria e univoca. In tal senso un’arte vitalistica, dinamica e matericamente gestuale non può che sollecitare una crescente lettura interpretativa delle sue aperture. La forma dell’opera aperta è infatti intesa come campo dove si sperimenta continuamente la molteplice identità dell’opera, “che è aperta proprio perché è opera”. L’intento perseguito dall’opera aperta è quello di sollecitare il maggior numero di impulsi immaginativi perseguendo un senso di ‘apertura’ come garanzia delle infinite possibilità che l’artista ha di coinvolgere il lettore attraverso molteplici livelli di fruizione intellettuale ed emotiva. La riflessione di Eco va oltre l’esemplificazione dell’Informale, in un testo dello stesso anno pubblicato nel catalogo sull’Arte programmata (Negozio Olivetti, Milano 1962) lo studioso analizza il campo di accadimenti dell’opera aperta dal punto di vista -apparentemente opposto- di una ricerca del movimento legata al metodo programmatico. Da un lato l’idea del caso e del disordine

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Il mito degli anni ‘60 legato all’informe, dall’altro un rigore matematico predisposto a recepire ed elaborare le dinamiche percettive della tecnologia. Si tratta di considerare la visione informale e quella programmata come campi creativi che non si escludono, sono momenti di un rapporto dialettico tra casualità e razionalità, duplice tensione a esplorare le forme in continuo divenire, essendo entrambe le ipotesi modi di vedere il mondo nell’evento del suo divenire, luogo dinamico d’incontro tra libertà e necessità.

* Con il propagarsi della Pop Art in Italia nel 1964, in verità già presente nel 1963 in alcune rassegne nazionali, l’immagine dei mass-media assume la dignità di linguaggio significante, esplicito, connesso alla scena della vita urbana e al sogno di una comunicazione popolare costruita sull’estetica della pubblicità, delle immagini sociali, delle icone che si ripetono meccanicamente. La divulgazione di questi codici costringe la cultura artistica europea a prendere posizione, con una sostanziale autonomia di elaborazione e di invenzione figurale. Se da un lato i caratteri della Pop Statunitense s’impongono in tutta la loro evidenza e carica formale (mitologia del fumetto, idea di serialità, la velocità della moderna percezione urbana), d’altro lato la ricerca visiva in Italia non riflette passivamente l’influenza della matrice pop. Il rapporto non avviene attraverso moduli ripetitivi e imitativi bensì all’interno di un’autonoma riflessione sui nuovi modelli comunicativi, sulle immagini divulgate, sul peso della pubblicità. Il ventaglio di possibilità comunicative è ampio e diversificato, si va dall’utopia dell’uomo reintegrato nel sistema dei rapporti oggettivi alla logica del gesto assurdo che produce scarti e deviazioni all’interno di quel medesimo sistema. Gli artisti attenti alle forme della Pop Art esprimono sempre una diversità dallo standard del linguaggio americano, essi vanno oltre il genere “popular”, difendendo un’esigenza di invenzione intesa come aderenza al proprio clima immaginativo. L’arte italiana insegue uno stato di grazia che punta sulla poeticità e sul lirismo dell’immagine, questa scelta risalta proprio a confronto con i modelli iconografici legati all’universo comunicativo dei mass-media.

*La prospettiva totale dei linguaggi d’avanguardia trova nelle esperienze della cosiddetta poesia visiva una convergenza delle arti come interazione di aree semantiche, iconiche, espressive diverse. Quest’ipotesi è basata sulla trasformazione segnica dei codici, sulla manipolazione dei modelli comunicativi di massa e –soprattutto- sull’ uso simultaneo non solo della parola e dell’immagine, ma anche della luce, del gesto, di ogni altro strumento

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Il mito degli anni ‘60 visibile del comunicare. Esemplare è l’azione innovativa del Gruppo 70, nato a Firenze nel 1963 con una specifica attenzione non solo al rapporto tra arte e comunicazione, ma specificamente intorno a quello tra arte e tecnologia. La Poesia Visiva dialoga con il linguaggio giornalistico e pubblicitario, scientifico e burocratico, sociologico e politico. Il problema è di trasformare le strutture comunicative della cultura generalizzata in un atto di rigenerazione che porti la poesia tradizionale a rinnovare la sua identità, rifondando il suo ruolo con metodologie antagoniste alla società tecnologica. Quest’avventura creativa indaga il grado estetico dei materiali di ogni genere, decifrando le strutture segniche e il senso comune delle immagini, proprio per riscattarle dal puro uso consumistico. Operazione ben diversa dall’enfatizzazione iconica della Pop art, al cui universo d’immagini si è talvolta cercato di affiancarla, pur sapendo che il modo di operare dei “poeti visivi” comporta una contaminazione dei linguaggi che rende visibile il loro duttile esperimento combinatorio più che il puro quoziente comunicativo delle immagini popolari. Il Gruppo 70 intende operare all’interno della cultura di massa, impegnandosi linguisticamente su questo terreno comunicazionale, alle prese con lo stesso pub­blico, con la finalità liberatoria di dilatare criticamente i medesimi problemi di lettura. Il concetto di “poesia” rovescia le sue mitologie, non è più la sfera dell’espressione riflessiva e privata, intima e interiore, ma si rivolge direttamente al lettore, anzi si propone di «cercare il pubblico», di coinvolgere il suo giudizio critico misurando le capacità reattive. Emerge una figura d’artista inteso come operatore di segni, simboli, immagini e parole giocate in un unico contesto visivo, un artista appunto in grado di operare una sottile guerriglia culturale nelle coscienze dei singoli individui con un comportamento strategico alternativo al sistema linguistico istituzionale. L’artista ha il compito di esercitare un rovesciamento delle regole che governano non solo la dimensione del linguaggio ma la condizione stessa dell’uomo, i rapporti interpersonali, il progetto di poterne mutare prospettiva. Egli è uno sperimentatore di energie sempre nuove, vuole avere un contatto con la complessità del mondo, con la realtà tecnologica, desidera umanizzare le tecniche e renderle funzionali alla critica del sistema comunicativo.

*Nel dibattito intorno alla definizione di Arte Povera prevale un’idea dell’operazione artistica che riscopre energie dimenticate, forze profonde che stanno sotto la superficie delle immagini quotidiane e che vanno riproposti all’attenzione come strumenti liberatori della società. La figura d’artista che emerge da questa concezione è caratterizzata da un forte

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Il mito degli anni ‘60 interesse verso i processi operativi dell’immagine creativa, dunque da una visibile distanza dalla percezione dell’oggetto concluso e definito. L’artista opera attraverso processualità manuali, artigianali, dunque povere, nel senso di un’appropriazione primaria dei materiali adoperati, de-culturalizzati e riportati verso un rapporto diretto. Situandosi nel processo di formalizzazione dell’oggetto l’artista non intende offrire alcuna informazione sulla natura dell’oggetto medesimo e neppure sui suoi meccanismi visivi, tende invece a spostare continuamente la ricerca aderendo alle forze profonde dell’esistenza, al recupero di materiali naturali e di oggetti concreti dell’orizzonte emotivo quotidiano. Tutto è vissuto all’interno di un’idea di tempo precario, legato all’istante, al luogo dell’evento e della sua materializzazione. “L’idea, l’evento, il fatto e l’azione visualizzati e materializzati sono infatti le focalizzazioni del rapporto di simultaneità fra idea ed immagine; conducono solamente ad un allargamento di esperienza circa quell’idea, quell’evento, quel fatto e quell’azione, non divagano con elementi ambigui e polisensi, sono la concretizzazione visuale di un fatto o di una legge naturali e umani”. (G. Celant,1968). La relatività di queste esperienze, la precarietà del tempo in cui si presentano e si consumano, l’instabilità della loro immagine fisica e mentale mette in azione una sfera di riferimenti che non si agganciano ad alcuna abitudine linguistica dimostrando che l’arte è esercizio irripetibile, simultaneo alla vita, presente nel flusso stesso dell’esistenza.

*Al di là di ogni mitologia, la data del 1968 può essere presa come simbolica fase di passaggio di un percorso dell’arte italiana che dichiara la propria continuità nell’ambito dei molteplici linguaggi emersi nella stagione sperimentale degli anni Sessanta. È bene tenere presente che l’identità politico-sociale del ’68 si espande in Italia soprattutto l’anno successivo, nel senso della sua consapevolezza più profonda, e questo vale anche per la ridefinizione del ruolo dell’arte come capacità di formulare ipotesi di effettiva incidenza nel sistema della cultura. Si tratta, dunque, di una data che non può essere presa come un netto spartiacque tra un prima e un poi, essendo un passaggio storico intriso di umori contraddittori che oscillano su complesse verifiche del concetto di arte. Al di là della pittura va sempre tenuto presente che intorno al 1967-68 la situazione artistica in Italia si caratterizza per la ricerca di nuove tecniche dell’immagine, un insieme di modelli creativi che assumono la tecnologia come valore in grado di esprimere un rapporto con il futuro.

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Il mito degli anni ‘60 La cosiddetta critica dello “specifico” artistico si afferma attraverso la tensione interdisciplinare dei linguaggi, la pittura – pur avvertendo elementi di crisi della sua identità storica – non rinuncia alle ragioni del proprio fare. Anzi, essa rafforza le motivazioni teoriche dell’agire sia come verifica delle componenti tecnico-operative, sia come approfondimento della visione interiore. Tuttavia, intorno al 1968, qualcosa s’incrina in questo ostinato riflettere sul proprio orizzonte di senso, ciò dipende dalla modificata situazione politico-culturale tesa a modificare in modo radicale la funzione e il ruolo dell’atto pittorico. La figura del pittore cede ideologicamente il passo a quella del ricercatore che pone il problema non solo del fare ma di far conoscere l’arte attraverso una dialettica e una didattica finalizzata alla partecipazione del pubblico. Ciò risponde all’esigenza di offrire strumenti di approfondimento e di lettura dell’arte, livelli di comprensione più duttili e criteri di conoscenza che non stravolgono la specifica natura dell’identità pittorica. Anzi, una simile mutazione d’orientamento avviene all’interno del proprio sistema di riferimento, come volontà di assumere soggettivamente il problema di una fruizione sociale dell’arte. Diversi artisti maturano una coscienza politica che implica la critica del sistema dell’arte e dei suoi meccanismi d’informazione, di divulgazione e di imposizione di nuovi valori estetici. Il desiderio è di allontanarsi dalla cultura ripetitiva dell’arte attraverso una qualificazione sempre più forte dell’insegnamento artistico, basato sull’utopia della ricerca come pratica del sapere sottratta al destino della mercificazione. Specifiche attenzioni sono rivolte alle problematiche percettive del colore e alle implicazioni psicologiche delle strutture formali, questioni che acquistano un peso rilevante, in quanto volutamente estranee alle problematiche del gusto e della moda.

Claudio Cerritelli

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Avvertenza: Le immagini dlele opere pubblicate per gentile concessione delle gallerie private di Milano sono da considerarsi ad uso puramente documentativo come percorso iconografico scelto dal curatore di questo progetto culturale on-line

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DENTRO E OLTRE LA PITTURA, PER TRAMITI DIVERSI

Burri, Castellani, Dorazio, Fontana, Manzoni, Nigro, Novelli, Perilli, Scanavino, Turcato, Vedova

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Alberto Burri

Combustione 1960 Carta, acrilico e combustione su stoffa, 62x55,5 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

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Enrico Castellani

Dittico rosso 1963 tempera su tela estroflessa introflessa e sagomata, 152x157x20 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

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Piero Dorazio

Ideal I 1968 olio su tela, 170x125 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Lucio Fontana

Concetto spaziale 1961 olio e taglio su tela, 91x73 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

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Piero Manzoni

Achrome 1960 caolino su tela cucina a quadri, 35x30 cm

Courtesy Studio Gastaldelli

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Mario Nigro

Dallo spazio totale 1954: 4 colonne prismatiche a progressioni ritmiche simultanee (passaggio psicologico) 1966 tempera su tavola, 4 elementi di 284x28x28 cm ognuno

Courtesy Aarte Studio Invernizzi

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Gastone Novelli

I giocatori nascosti nel bosco 1965 tecnica mista su tela, 100x100 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

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Achille Perilli

Senza titolo 1964 olio su tela, 50x60 cm

Courtesy Progetto Elm

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Emilio Scanavino

Gesti incompiuti su una forma ad arco 1969 olio su tavola, 100x100 cm

Courtesy Galleria Arte92

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Giulio Turcato

Mosche cinesi 1960 olio e sabbia su tela, 97x146 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

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Emilio Vedova

Berlin 1963-1964 tecnica mista collage assemblage corda e ferro, 106x106 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

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ICONE DELLA RAPPRESENTAZIONE E NUOVE FIGURAZIONI

Adami, Alfano, Baj, Cagnone, Dangelo, Del Pezzo, Di Bello, La Pietra, Mondino, D. Mosconi, Pericoli, Pistoletto, Rotella, Schifano, Tadini

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Valerio Adami

H. Matisse che lavora a un carnet de dessins 1966 Acrilici su tela, 200x300 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Carlo Alfano

Senza Titolo 1961 Olio su tela, 70x44,5 cm

Courtesy Galleria Milano

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Enrico Baj

Generale nell’intimità 1961 Collage, ovatta, passamaneria, decorazioni su stoffa su tela, 180 x 220 cm Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Angelo Cagnone

Il grido 1967 olio su tela, 80x80 cm

Courtesy Galleria Arte 92

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Sergio Dangelo

Afrika 1965 olio su tela, 90x100 cm

Courtesy Galleria Morone

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Lucio Del Pezzo

Grande quadro d’oro 1964 acrilici e foglia d’oro su legno, 160 x 130 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Bruno Di Bello

Ritratto di Paul Klee 1969 tela fotografica, 280 x 200 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Ugo La Pietra

Le pre lunare 1964 olio e grafite su tela 100x100 cm

Courtesy Galleria ArteStudio

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Aldo Mondino

Senza titolo 1968 acrilico su tela, corda e palloncino in plastica, 230x70 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Davide Mosconi

Il sogno di Davide 1968 Lightbox foto e diapositiva, 60,5x60,5 cm

Courtesy Galleria Milano

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Tullio Pericoli

Figura e giornali 1966 olio su cartone intelato, 50x35 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Michelangelo Pistoletto

Scimmia in gabbia 1962-1973 serigrafia su acciaio inox lucidato a specchio, 100x70 cm

Courtesy Studio Guastalla

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Mimmo Rotella

Scotch Brand 1960 decollage su tela, 184 x 136 cm

Courtesy Fondazione Giogio Marconi

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Mario Schifano

Quadro per un avvenimento 1964 smalto, grafite su carta applicata su tela, 200 x 200 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Emilio Tadini

L’uomo dell’organizzazione 1968 acrilici su tela, 162 x 130 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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DINAMICHE VISUALI, STRUTTURE PRIMARIE E CAMPI PERCETTIVI

Bemporad, Biggi, Carmi, Colombo, Costa, Dadamaino, Grignani, Mari, A. Marrocco, F. Mauri, Morandini, Paolini, Scheggi,Varisco

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Franco Bemporad

Superficie sensoriale 1962 Olio su tela, 70x100 cm

Courtesy Galleria Montrasio Arte

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Gastone Biggi

Continuo 70 1962 Olio tu tela, 85x110 cm

Courtesy Spazio Temporaneo

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Eugenio Carmi

72 tondi +4 1964 latta litografata 104x74, 5 cm

Courtesy Galleria San Carlo

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Gianni Colombo

Quadrati che si muovono 1967 acciaio ed animazione elettromeccanica 100 x 100 x 100 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Toni Costa

Dinamica visuale 1969 polietilene, 66x66 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Dadamaino

Senza Titolo 1960 plastica fustellata, 100x150 cm

Courtesy Aarte Studio Invernizzi

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Franco Grignani

Diacronica 2T 1965 olio su tela, 134x96 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Enzo Mari

Senza titolo 1968 serigrafia 5/13, 44x60 cm

Courtesy Galleria Milano

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Armando Marrocco

Intreccio di situazioni bianco 1968 66x66 cm

Courtesy Galleria Antonio Battaglia

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Fabio Mauri

Cinema e figura 1960 garza di tela su tela dipinta a tempera e olio su telaio in legno e metallo, 125x115 cm Courtesy Galleria Milano

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Marcello Morandini

Composizione 56 1969 struttura in legno laccato bianco e nero, 140x140x10 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Giulio Paolini

Senza Titolo 1963 tempera su tela grezza e su tela rovesciata, 40 x 80 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Paolo Scheggi

Intersuperficie, curva dall’azzurro 1966 acrilico su tela, 80x60x5 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Grazia Varisco

Variabile HG su AL 1964-1965 vetro alluminio legno gomma acrilico, 52x52x9 cm

Courtesy Galleria Milano

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SCULTURE, OGGETTI PLASTICI E SUPERFICI TATTILI

Berardinone, Calzolari, Cappello, Carrino, Cavaliere, Fabbri, Gastini, Pascali, Pierluca, A. Pomodoro, G. Pomodoro, Schiavocampo, Spagnulo, Squatriti, Uncini, N. Valentini

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Valentina Berardinone

Invasione 1965-1968 Legno e resina epidossica, 25x19x20 cm

Courtesy Galleria Milano

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Pierpaolo Calzolari

Senza titolo 1969-1970 tecnica mista su carta 71x101 cm

Courtesy Progetto Elm

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Carmelo Cappello

Continuita’ circolare 1968 diam 72 cm

Courtesy Spazio Temporaneo

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Nicola Carrino

Costruttivo 3 1963 Oggetti, legno e ferro verniciati, 190x90x22 cm

Courtesy Aarte Studio Invernizzi

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Alik Cavaliere

Uomo e natura 1964 - 1965 bronzo, 42,5x26x29 cm

Courtesy Galleria Milano

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Agenore Fabbri

Rilievo 1963 legno, 97x80 cm

Courtesy Arte Cortina

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Marco Gastini

Plexiglas 1969 pittura ad alta percentuale di metallo su plexiglass, 93x22,5 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Pino Pascali

Quattro bachi da setola 1968 materiale acrilico e supporto metallico, 90 cm cad

Courtesy Tornabuoni Arte

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Pierluca (Degli Innocenti)

Lacerazione V 1961 acciaio e alluminio, 85x103x26 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

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Arnaldo Pomodoro

La colonna del viaggiatore 1962 bronzo, 250x40 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Gio' Pomodoro

Superficie in tensione 1969-1970 fibra di vetro e poliestere colorato, 300x180x68 cm

Courtesy Galleria Montrasio

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Paolo Schiavocampo

Strappo 1968 legno verniciato, 95x160 cm

Courtesy Galleria Arte Studio

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Giuseppe Spagnulo

Progetto per black panther 1969-1970 ferro 115x114x20 cm

Courtesy Progetto Elm

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Fausta Squatriti

Equestre 1968 ferro cromato e ottone laccato alla nitro, 40x60x10 cm

Courtesy Archivio Squatriti

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Giuseppe Uncini

Finestra con ombra 1968 cemento e ferro, 210 x 150 x 320 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

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Nanni Valentini

Testa 7 1960 gres, 13x12x9 cm

Courtesy Galleria Milano

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PAROLE E IMMAGINI, CONCETTI E INTERAZIONI VERBO-VISIVE

Agnetti, Balestrini, Baruchello, Chiari, Desiato, V. Ferrari, Isgrò, La Rocca, Marcucci, Marchegiani, Miccini, Ori, Pignotti

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Vincenzo Agnetti

Zero come falso limite al di fuori del tempo e dello spazio 1969 Bachelite incisa, 70x70 cm

Courtesy Galleria Milano

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Nanni Balestrini

La folla 1963 collage, 33,5x26 cm

Courtesy Galleria Milano

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Il mito degli anni ‘60

Gianfranco Baruchello

Oh, Miss Dory 1969 MTecnica mista su tela su tela, 50x50 cm

Courtesy Galleria Milano

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Il mito degli anni ‘60

Giuseppe Chiari

Un momento andante 1960 disegno a china su carta, 32,4x23,2 cm

Courtesy Galleria Milano

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Il mito degli anni ‘60

Giuseppe Desiato

Senza titolo 1963 tecnica mista, 50x35 cm

Courtesy Archivio Desiato

84


Il mito degli anni ‘60

Vincenzo Ferrari

Autoritratto senza alcun senso 1969 olio e tecnica mista su tela, 90x90 cm

Courtesy Galleria Milano

85


Il mito degli anni ‘60

Emilio Isgrò

Paolo e Francesca 1966 tela emulsionata, cm 75x110

Courtesy Studio Guastalla

86


Il mito degli anni ‘60

Ketty La Rocca

Top Secret 1965 collage, 45x30 cm

Courtesy Galleria Milano

87


Il mito degli anni ‘60

Lucia Marcucci

Gulp! 1967 tempera e polimaterico, 80x60 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

88


Il mito degli anni ‘60

Elio Marchegiani

Deus ex machina, grande occhio tecnologico di Dio 1965-1966 legno, faro auto, cellula fotoelettrica, plexiglas, alluminio anodizzato, materie plastiche, passamaneria, motore, molle, trasformatore, convertitore originale Courtesy Archivio Marchegiani

89


Il mito degli anni ‘60

Eugenio Miccini

Quidnam facerent 1969 tecnica mista su cartoncino, 40x52 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

90


Il mito degli anni ‘60

Luciano Ori

Trapezio isoscele 1964 collage plastificato su tavola, 70x50 cm Courtesy Tornabuoni Arte

91


Il mito degli anni ‘60

Lamberto Pignotti

Capolavori anonimi 1966 collage su cartone, 24x33 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

92


Il mito degli anni ‘60

93


Il mito degli anni ‘60

94


Il mito degli anni ‘60

DALLA MATERIA INFORMALE ALLE SINESTESIE DEL COLORE-SEGNO

Bendini, Crippa, Della Torre, Dova, A. Ferrari, Franceschini, Madella, Moreni, Music, C. Olivieri, Pulga, Raciti, Sordini, Vago, Verga, Vermi

95


Il mito degli anni ‘60

Vasco Bendini

Eva 1963 Olio su tela, 130x97 cm

Courtesy Galleria Arte92

96


Il mito degli anni ‘60

Roberto Crippa

Composizione 1963 tecnica mista e collage su tavola, 70x51 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

97


Il mito degli anni ‘60

Enrico Della Torre

Tra muri 1961 olio su tela, 90x100 cm

Courtesy Galleria Morone

98


Il mito degli anni ‘60

Gianni Dova

Tra luci e ombre 1967 olio su tela, 70x50 cm

Courtesy Tornabuoni Arte

99


Il mito degli anni ‘60

Agostino Ferrari

Pagina 1964 olio e tempera su cartone, 65x50 cm

Courtesy Galleria AarteStudio

100


Il mito degli anni ‘60

Edoardo Franceschini

Senza Titolo 1967 collage e tecnica mista su tela, 70x60 cm

Courtesy Galleria Arte92

101


Il mito degli anni ‘60

Gianni Madella

Trono 1969 olio e smalto su tela, 180x200 cm

Courtesy Galleria Morone

102


Il mito degli anni ‘60

Mattia Moreni

La capanna 1964 olio su tela, 200x110 cm

Courtesy Galleria Morone

103


Il mito degli anni ‘60

Anton Zoran Music

Paesaggio 1961 olio su tela, 80x100 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

104


Il mito degli anni ‘60

Claudio Olivieri

Senza titolo 1969 olio su tela, 150x200

Courtesy Galleria Morone

105


Il mito degli anni ‘60

Bruno Pulga

Tate, Pittura 8 1966 olio su tela, 92x73 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

106


Il mito degli anni ‘60

Mario Raciti

Faro nero 1968 olio su tela, 100x150 cm

Courtesy Galleria Morone

107


Il mito degli anni ‘60

Ettore Sordini

Senza titolo 1962 tempera e grafite su tela, 45x45 cm

Courtesy Galleria ArteStudio

108


Il mito degli anni ‘60

Valentino Vago

m315 1969 olio su tela, 65x81 cm

Courtesy Galleria Morone

109


Il mito degli anni ‘60

Angelo Verga

Senza titolo 1964 tempera grafite e pastello su carta, 50x35 cm

Courtesy Galleria ArteStudio

110


Il mito degli anni ‘60

Arturo Vermi

Lavagna 1961 olio su tela, 100x69,5 cm

Courtesy Galleria ArteStudio

111


Il mito degli anni ‘60

112


Il mito degli anni ‘60

FIGURAZIONI ORGANICHE, RACCONTI E SITUAZIONI DEL REALE

Ceretti, Cremonini, Ferroni, Guerreschi, Merisi, L. Mosconi, Recalcati, Romagnoni, Somarè, Vaglieri,

113


Il mito degli anni ‘60

Mino Ceretti

Figurazione organica 1964 olio su tela, 100x80 cm

Courtesy Montrasio Arte

114


Il mito degli anni ‘60

Leonardo Cremonini

Passeggiata al Belvedere 1960-1961 olio su tela, 115x190 cm

Courtesy Montrasio Arte

115


Il mito degli anni ‘60

Gianfranco Ferroni

Racconto di situazione 1963 - 1965 olio su tela, 184x144 cm

Courtesy Montrasio Arte

116


Il mito degli anni ‘60

Giuseppe Guerreschi

Joan Baez 1963 olio su tela, 100x100 cm

Courtesy Montrasio Arte

117


Il mito degli anni ‘60

Fabrizio Merisi

Testa 1969 tempera e matite su carta, 49x42 cm

Courtesy Spazio Temporaneo

118


Il mito degli anni ‘60

Ludovico Mosconi

Le regole dell’amore 1968-1969 olio su tela, 195x130 cm

Courtesy Montrasio Arte

119


Il mito degli anni ‘60

Antonio Recalcati

Impronta 1960 olio su tela, 100x80 cm

Courtesy Montrasio Arte

120


Il mito degli anni ‘60

Bepi Romagnoni

Senza Titolo 1960 matita su carta, 50x70 cm

Courtesy Arte Cortina

121


Il mito degli anni ‘60

Sandro Somarè

Rapporto 1965 tempera su tela, 50x50 cm

Courtesy Galleria Milano

122


Il mito degli anni ‘60

Tino Vaglieri

Interno Esterno 1963 olio su tela, 60x50 cm

Courtesy Arte Cortina

123


Il mito degli anni ‘60

124


Il mito degli anni ‘60

ASTRAZIONI ANICONICHE E FORME COSTRUTTIVE

Arico’, Barbanti, Bonfanti, Ciussi, Gentili, Griffa, Guarneri, Minoli, Nangeroni, G. Olivieri, Pardi

125


Il mito degli anni ‘60

Rodolfo Aricò

Struttura 1967 Olio su tela, 262x200 cm

Courtesy Aarte Studio Invernizzi

126


Il mito degli anni ‘60

Giuliano Barbanti

SS113 1968 Olio su tela, 220x292 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

127


Il mito degli anni ‘60

Arturo Bonfanti

A.2.331 1968 Olio su tela, 65x81 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

128


Il mito degli anni ‘60

Carlo Ciussi

IL 1965 olio su tela, 80x65,5 cm

Courtesy Aarte Studio Invernizzi

129


Il mito degli anni ‘60

Pietro Gentili

Immagine assoluta 1965 acrilico su tela, 72x81 cm

Courtesy Aarte Studio Invernizzi

130


Il mito degli anni ‘60

Giorgio Griffa

Senza titolo 1969 acrilico su tela, 97x100 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

131


Il mito degli anni ‘60

Riccardo Guarneri

Al centro 1962 acrilico e matita colorata su tela, 100x70 cm

Courtesy Aarte Studio Invernizzi

132


Il mito degli anni ‘60

Paolo Minoli

Simulazione 1969 acrilici su tela, 80x80 cm

Courtesy Galleria Arte Studio

133


Il mito degli anni ‘60

Carlo Nangeroni

Percorsi 1967 acrilico e rilievo su tavola, 105x90 cm

Courtesy Lorenzelli Arte

134


Il mito degli anni ‘60

Giorgio Olivieri

Finestra 1960 olio su tela, 100x80 cm

Courtesy Galleria Arte Studio

135


Il mito degli anni ‘60

Gianfranco Pardi

Soffitto 1967 smalto su legno e alluminio, 120 x 100 cm

Courtesy Fondazione Giorgio Marconi

136


Il mito degli anni ‘60

137



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