COOPERARE PER INNOVARE - Atti del convegno

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CONSORZIO INTEGRA ringrazia calorosamente tutti i relatori che hanno preso parte al seminario Cooperare per Innovare



INDICE PREFAZIONE

Giulia Alberti Responsabile Pianificazione ed Innovazione Consorzio Integra

INTRODUZIONE

Aldo Soldi Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Consorzio Integra

LA RIVOLUZIONE DIGITALE

Angelo Migliarini Vicepresidente Legacoop Produzione e Servizi

CAMBIARE L’ITALIA COOPERANDO Giancarlo Ferrari Direttore Legacoop Nazionale

COOPFOND E L’INNOVAZIONE

Alfredo Morabito Direttore Area Promozionale Attiva Coopfond

INNOVATION FACTORY

Massimiliano Scarpetta Presidente Innovation Factory

STRESS

Andrea Prota Università Federico II di Napoli Fabio De Astis Stress scarl Alberto Zinno Stress scarl

CAMBIARE L’ITALIA COOPERANDO Mauro Lusetti

Presidente Legacoop Nazionale

CENTRO STUDI CONSORZIO INTEGRA Marco Aurelio Brandolini

Direttore Commerciale Macroarea Sede Consorzio Integra, Responsabile Marketing e Centro Studi

MIND THE GAP - DA COOPTECNITAL A COOPTECH HABITECH

Vanni Rinaldi Presidente Cooptech

Francesco Cattaneo Direttore Generale Habitech

ICIE

Franco Tumino - Consigliere delegato per lo sviluppo ICIE

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Savoia Hotel Regency, Bologna 28 Giugno 2018 Cooperare per Innovare Seminario sull’innovazione tecnologica nel settore delle costruzioni, organizzato da Consorzio Integra

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PREFAZIONE Giulia Alberti Responsabile Pianificazione ed Innovazione Consorzio Integra

Nella giornata del 28 giugno 2018, Consorzio Integra in collaborazione con i distretti scientifici a cui aderisce ha organizzato a Bologna un seminario sull’innovazione tecnologica nel settore delle costruzioni. La giornata era stata inizialmente pensata come momento di incontro finalizzato a far conoscere ai nostri soci e partner le attività svolte dai distretti scientifici STRESS, unico con sede nel mezzogiorno che ha l’obiettivo di promuovere l’innovazione come elemento qualificante della filiera delle costruzioni, e Habitech, distretto trentino che promuove processi innovativi di efficientamento degli edifici. Viste però le numerose attività che Integra ha in corso nel campo dell’innovazione, si è colta l’opportunità di trasformarla in una occasione di dibattito sul tema dell’Innovazione in senso più ampio e di coinvolgere i principali partner con cui Integra sta operando. Come riportato anche nel bilancio di esercizio e report Integrato 2017 del consorzio: Nella visione di INTEGRA, la capacità di innovare ed innovarsi è prerogativa fondamentale per rispondere in modo competitivo a bisogni ed esigenze attuali e cogliere le opportunità di crescita. Una crescita graduale che punti allo sviluppo delle imprese socie nel rispetto dei principi di responsabilità etica, sociale ed ambientale. Innovazione come strumento di presidio del mercato. E Integra sostiene l’Innovazione ad ampio spettro, agendo secondo i consueti tre drivers: “Presidio innovativo del Mercato”, “Presidio innovativo della Normativa” e “Innovazione e Ricerca”, sempre in collaborazione con distretti scientifici, partner industriali, mondo universitario e della ricerca. Per quanto riguarda il presidio “innovativo” del mercato, questo ha per il consorzio lo scopo di individuare le opportune politiche commerciali nel breve e nel medio periodo, sia per Integra stessa che per le sue associate e a questo scopo Integra si è dotata di un osservatorio interno che sviluppa una dettagliata analisi dei bandi del mercato delle costruzioni e dei servizi, suddividendoli per tipologia, importo e area geografica, che recentemente è stato citato come fonte dell’analisi del mercato nell’allegato infrastrutture al DEF 2018, approvato lo scorso 27 aprile. Per quanto riguarda la partecipazione di Integra ai distretti scientifici, la nostra partecipazione a STRESS S.c.ar.l. – Sviluppo Tecnologie e Ricerca per l’Edilizia Sismicamente Sicura ed ecoSostenibile - è stata trasferita con il contratto di affitto del ramo d’azienda, perché ritenuta strategica e attinente al core business del Consorzio. STRESS è un consorzio senza scopo di lucro i cui soci appartengono a diversi campi e settori; vi sono infatti università, istituti di ricerca e importanti realtà imprenditoriali. Il suo obiettivo è quello di promuovere l’innovazione come elemento qualificante della complessa filiera delle costruzioni e oggetti di studio per il distretto sono, ad esempio, il costruito storico, le città del futuro, le reti infrastrutturali. In logica di sostenibilità, indicatori chiave per valutare le trasformazioni urbane sono considerati la qualità della vita e il benessere dei cittadini. Nell’ambito della propria partecipazione al distretto, Integra ha contribuito alla realizzazione del progetto PROVACI (PROtezione sismica e VAlorizzazione di Complessi di Interesse culturale) e nello speci6


fico dell’intervento di riqualificazione del monastero di Ocre, in provincia dell’Aquila, danneggiato dal sisma del 2009, i cui lavori sono stati assegnati alla consorziata CMSA. L’intervento, che è stato illustrato nel corso del seminario, ha comportato una complessa e completa fase di rilievo geometrico del danno apportato dal sisma del 2009 nonchè di analisi dei materiali costruttivi; ha poi riguardato il rinforzo e la messa in sicurezza delle parti strutturali dell’edificio, oltre all’installazione di sensori per il monitoraggio strutturale. Integra ha inoltre contribuito, sempre tramite assegnazione alla propria consorziata CMSA, alla realizzazione del progetto METRICS (MEessa in sicurezza e valorizzazione del paTRImonio costruito sito in Centro Storico), tramite la redazione di una approfondita casistica degli interventi di restauro effettuati sulle facciate della Reggia di Caserta. Nell’ambito del Programma Operativo Nazionale «Ricerca e Innovazione» 2014-2020 (Decreto direttoriale 13 luglio 2017, n. 1735 del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – MIUR), INTEGRA ha inoltre partecipato con STRESS e per conto di alcune sue associate, a 3 progetti di ricerca con i distretti Stress, cui hanno partecipato, fra gli altri, importanti partners quali Mapei, il Politecnico di Torino, l’Università di Bologna, l’Università Federico II di Napoli. Progetto PROCULT Strumenti per la conservazione, la PROtezione, la gestione e valorizzazione del patrimonio CULTurale Area di specializzazione: Cultural Heritage Keyword: Recupero e conservazione degli edifici storici, materiali e prodotti per le costruzioni, building information modeling, internet of things, realtà virtuale e realtà aumentata. Progetto OCCUPANT sOluzioni e teCnologie per il Comfort degli IndividUi all’interno di sPAzi coNfinaTi Area di specializzazione: Tecnologie per gli ambienti di vita Keyword: Spazi confinati, risparmio energetico, benessere, efficienza energetica, salute, monitoraggio, sostenibilità, qualità della vita. Progetto INSIST Strumenti per la conservazione, la protezione, il Sistema di monitoraggio INtelligente per la SIcurezza delle infraSTrutture urbane. Area di specializzazione: Smart, Secure and Inclusive Communities. Nel corso del 2017 Integra ha poi perfezionato l’adesione ad Habitech. Il distretto trentino promuove e coordina processi innovativi di efficientamento degli edifici e dei patrimoni immobiliari attraverso diverse attività specialistiche e la sua mission è la trasformazione del mercato dell’edilizia e dell’energia nella direzione della sostenibilità, quale leva strategica per l’innovazione e lo sviluppo. Il concetto di sostenibilità ambientale è l’elemento centrale dell’attività di Habitech e la strategia perseguita è quella della trasformazione dei processi e della qualità dei prodotti mediante l’introduzione di sistemi di misura e certificazione ambientale. In quest’ottica Habitech è promotore e fondatore del Green Building Council Italia e ha introdotto in Italia la certificazione LEED e la certificazione ARCA per il legno. Con Habitech Integra a partecipato al già citato progetto di ricerca OCCUPANT e ha siglato nel corso del 2017 due protocolli di intesa, uno con l’obiettivo di promuovere, nell’ambito dei processi edilizi e presso i propri contatti potenzialmente interessati, servizi di sostenibilità Integrati quali ad esempio studi di fattibilità tecnico/economica, due diligence di sostenibilità, implementazione di processi di certificazione e/o di valutazione di sostenibilità, analisi di impatto ambientale nel ciclo di vita, e l’al-

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tro, siglato congiuntamente a STRESS, con l’obiettivo di realizzare un “programma di cooperazione finalizzato alla diffusione di buone pratiche per il settore delle costruzioni ed in particolare la sperimentazione congiunta di linee di azione finalizzate allo sviluppo di nuove attività, individuando aree di opportunità nelle filiere di riferimento, sia della ricerca industriale sia delle costruzioni, favorendo percorsi di trasferimento tecnologico e lo sviluppo di attività di connessione fra il sistema della ricerca e dell’innovazione delle regioni di appartenenza, anche realizzando percorsi di consulenza tecnica e accompagnamento progettuale.” Integra a inizio 2018 ha partecipato, per conto della sua associata CMSA, al bando pubblicato dall’Università Federico II di Napoli per la selezione di partner privati nel partenariato pubblico privato finalizzato alla costituzione del Competence Center Industria 4.0. Integra ha superato positivamente la selezione ed è stato indicato, come unico soggetto nell’ambito delle costruzioni, fra le 30 grandi realtà imprenditoriali con cui il pool di università campane e pugliesi ha presentato domanda al MISE di finanziamento del citato Competence Center. La domanda è stata accolta e sono in corso i primi incontri tecnici tra il Ministero e i promotori per la progettazione degli interventi. In questo ambito sta operando anche Legacoop Nazionale che, tramite il suo progetto della piattaforma PICo 4.0, si propone, tra l’altro, di sviluppare e trasferire il know-how tecnologico attraverso i contatti con i centri di ricerca e con i Competence Center, così da diffondere l’attività di trasferimento tecnologico ed innovazione presso le imprese cooperative. Integra partecipa al Competence Center Industria 4.0 e ha inoltre dato la sua disponibilità a partecipare al progetto PICo al quale sta dando già da ora, per il tramite della sua associata Innovation Factory coop, il necessario ausilio nella fase di start up. Nel corso del 2016 e del 2017 Integra ha inoltre partecipato a interventi per la promozione dell’innovazione sostenuti e realizzati da Coopfond. Si tratta di attività tramite le quali Coopfond intende promuovere il rapporto tra la cooperazione esistente, la ricerca scientifica e gli sviluppi di industria 4.0. Tre sono gli interventi che ci hanno visto coinvolti: Dream Academy Spazio di ricerca e prototipazione dedicato all’innovazione ed alle tecnologie di fabbricazione digitale di Città della Scienza con MIUR. Integra si è aggiudicata, per il tramite del suo socio Innovation Factory Coop, una borsa di studio nell’ambito Cultural Heritage. Futuro Remoto Integra ha collaborato alla realizzazione, tramite l’esposizione della propria attività, dello stand COOPERAZIONE 4.0 alla manifestazione di diffusione della cultura scientifica e tecnologica, organizzata a Napoli dalla Fondazione IDIS Città della Scienza. Going Digital Percorso formativo nazionale, in collaborazione con Legacoop Bologna e la Bologna Business School dell’Università di Bologna, sulla digital transformation cui Integra ha aderito promuovendo la partecipazione al corso di un giovane neolaureato in “Culture digitali e della comunicazione”, segnalato da Innovation Factory Coop. Il candidato è stato ammesso al corso e, grazie al punteggio conseguito in fase di selezione, INTEGRA ha acquisito il diritto al riconoscimento di una borsa di studio che rimborsa parzialmente il costo di iscrizione.

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Molti dei citati progetti sono stati sviluppati per il tramite o con la collaborazione della cooperativa associata a Integra Innovation Factory Coop. Si tratta di una giovane cooperativa che ha aderito al consorzio nel corso del 2017 e che è composta da professionisti con competenze eterogenee, provenienti dal mondo dell’industria, della ricerca e della consulenza su progetti di livello nazionale ed europeo, con lo scopo di presidiare il trasferimento tecnologico verso realtà industriali. Con loro e Habitech il consorzio, nell’ambito del Programma Operativo Nazionale «Ricerca e Innovazione» 2014-2020 ha partecipato al progetto denominato SCRIGNO Satellite Cultural Resources and heritage monitoring with Integrated Ground seNsors for Integrated Operations Area di specializzazione: Cultural Heritage Il progetto SCRIGNO intende mettere in campo una serie di attività di ricerca e sviluppo per individuare un nuovo modello per l’analisi del rischio e la tutela del patrimonio artistico culturale, con particolare riferimento a quello archeologico, attraverso l’uso di sistemi di supporto alle decisioni e di allertamento precoce. Inoltre, con l’ausilio di Innovation Factory, stiamo sviluppando, all’interno del consorzio Cooptech, un progetto nell’ambito della sensoristica e del monitoraggio continuo e multitemporale del territorio tramite l’analisi di dati satellitari. I possibili ambiti di applicazione del progetto spaziano dall’agricoltura al monitoraggio infrastrutturale, passando per l’urban e il disaster management. Integra ha quindi favorito il networking tra Innovation Factory e alcune realtà attive nel campo dell’agricoltura al fine di agevolare possibili applicazioni concrete della piattaforma di monitoraggio. Cooptech (già Cooptecnital) è una realtà consortile di cui Integra è socio dal 2016. Costituito da 14 soci, fra cui Coop Alleanza 3.0, Coop Italia, Unipol e Coopfond, si pone come mission quella di individuare, con il supporto dei soci ed in base alle loro esigenze, possibili aree di intervento innovative nelle quali far nascere start up. Infine Integra collabora con l’Istituto Cooperativo per l’Innovazione (ICIE) che, dal 1972, opera per promuovere l’innovazione accompagnando le imprese nella ricerca e nel trasferimento tecnologico. In partnership con ICIE, Integra ha partecipato a due bandi Invitalia, coinvolgendo, sia come assegnatari di Integra che come partner, diversi soci del consorzio, a vario titolo interessati agli oggetti della ricerca. Il primo era inerente la redazione di uno studio di fattibilità nell’ambito dell’economia circolare mirato al recupero degli scarti in edilizia e il secondo, di cui siamo risultati aggiudicatari e che è attualmente in corso di esecuzione, per la redazione di uno studio di fattibilità nell’ambito dell’economia circolare mirato al riciclo delle plastiche miste.

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INTRODUZIONE Aldo Soldi Presidente del Consiglio di Sorveglianza di Consorzio Integra

Buongiorno a tutti, mi propongo di fare alcune brevi considerazioni per aprire i lavori di questa importante iniziativa. La prima considerazione è che ovunque si fa un gran parlare di innovazione con il pericolo che diventi una parola stanca: si evoca in ogni contesto, si raccomanda, si chiede e rischia di diventare uno slogan vuoto. Oggi, in questo convegno e seminario, proviamo invece a mettere in campo della concretezza, parliamo di esperienze, proviamo ad indicare delle strade. Non generici appelli rispetto al bisogno ma un pezzo vero di innovazione, fatto di cose, di persone, di idee, di iniziative. La seconda considerazione è che se 10 anni di crisi non ci avessero abbastanza intristito, proprio ieri all’assemblea di CCFS il professor Lo Cicero ha illustrato i contributi dei diversi settori produttivi all’andamento del PIL dell’economia italiana e le costruzioni si confermano come l’ultimo dei settori. È solo una conferma, non una novità, ma deve far riflettere e portarci a dire con chiarezza che, se questo settore vuole riprendere e uscire dalla crisi profonda, ha sicuramente bisogno di innovazione. Da sola non basta, ma è essenziale. Innovazione da intendersi lungo tutta la filiera, dalla progettazione ai materiali, dalla realizzazione alla manutenzione, se vogliamo che sia incisiva ed economicamente significativa. Un’innovazione non neutrale e fine a se stessa: nelle parti seminariali dei lavori odierni si farà riferimento ai concetti di sostenibilità e di sicurezza, concetti che ci aiutano a individuare anche quella che potrebbe essere definita una via cooperativa all’innovazione nel settore. Un altro elemento che ritengo opportuno sottolineare è che l’innovazione è fatta di studio, di comportamenti, di esperimenti e di contaminazione, per questo è molto importante che oggi intervengano diverse voci interne ed esterne alla cooperazione. È però da evidenziare il fatto che, all’interno del mondo cooperativo, non c’era ancora stata un’occasione nella quale una parte importante di attori che lavorano attorno a questi temi si trovassero insieme, in una stessa occasione di discussione. E’ un fatto questo che dà un valore in più all’iniziativa perché l’innovazione si fa soprattutto così, aprendo le porte, confrontandoci, dialogando. Vorrei fare un’ultima considerazione: è il Consorzio Integra che organizza quest’iniziativa, e questo indica un modo che ci piace di fare consorzio, cioè molto di più che lo strumento attraverso il quale le cooperative si aggiudicano dei lavori (attività sacrosanta e decisamente fondamentale) ma in grado di fornire alle cooperative associate anche sapere, servizi, stimoli, relazioni. In linea con quello che noi facciamo oggi, ad esempio, anche gli amici del Consorzio Nazionale dei Servizi lavorano molto sul terreno dell’innovazione. È un modo nuovo di fare consorzio che francamente a noi pare importante, è un modo per rinnovare anche il ruolo dei consorzi e per contribuire una volta di più a dare un senso concreto alla parola innovazione.

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LA RIVOLUZIONE DIGITALE Angelo Migliarini Vicepresidente Legacoop Produzione e Servizi

“La quarta rivoluzione industriale” o se preferiamo dire la “Rivoluzione digitale” è un prisma con tante facce e un nucleo di articolate, sofisticate complessità”. Senza avventurarmi in “brevi cenni sull’universo” cercherò di ripercorrere sinteticamente le tracce di un percorso che, partendo dalla esperienza Toscana, ha avuto come primo scopo quello di far uscire il tema dal dibattito accademico riportandolo sul terreno delle imprese e dei loro bisogni. Quello di creare le condizioni favorevoli affinché i nostri settori e le nostre imprese si facessero trovare pronte ad accogliere ogni pertinente opportunità nella convinzione che le leve dell’innovazione, della ricerca e dello sviluppo rappresentassero un driver irrinunciabile sul quale investire (I4.0 ha attratto 80 miliardi di investimenti nel 2017: dati Confindustria) e senza il quale precipiterebbe la nostra capacita’ di competere su significative quote di mercato. È il passo dei tempi e inciderà (già incide) profondamente sui modelli di business, sui modelli della rappresentanza, sullo stesso modello d’impresa cooperativa, sui contenuti e sui modelli formativi, sul lavoro, sui tempi di vita di persone, prodotti e servizi, sulle relazioni sociali, perfino sulle scelte politiche. È tale la pervasività da essere già oltre il “B to B “, siamo al “B to citizen” perché il cambiamento feroce in cui siamo precipitati spingerà le imprese, le famiglie, ognuno di noi, a investire su una formazione meno legata ad elementi vocazionale e più ancorata ai nuovi scenari del mondo del lavoro. Non a caso si parla di Industria, Impresa, lavoro, mondo 4.0 perché, ciò che all’apparenza si presenta come una rivoluzione tecnologico-manifatturiera in realtà, com’è avvenuto per ogni rivoluzione, impatta sulla stessa organizzazione sociale sulle nuove urgenze, sulle nuove evidenze. Industria 4.0 sono le modalità di lavoro che hanno i settori che sono inseriti nelle catene globali del valore che non prevedono né confini né frontiere, modalità che si nutrono di dialogo tra culture, lingue e paesi diversi, un dialogo affidato alle macchine ma soprattutto alla sapiente regia dell’uomo. Impresa 4.0 vuol dire essere pronti per I 4.0, formati a quel che ci aspetta dentro questo nuovo processo produttivo, per non avere un paese divaricato tra una élite di imprese, lavoratori e rappresentanze che navigano, usano software e algoritmi con destrezza e poi tutti gli altri, relegati ai margini, spiaggiati e inermi: poveri lavori per povera gente, figli di un Dio minore (come spesso veniamo percepiti). Abbiamo lavorato con l’obiettivo di potenziare e rinnovare i nostri settori, rendendoli “early adopter” (un adottatore precoce) delle nuove tecnologie, un hub in grado di attrarre investimenti e talenti. Lavoriamo, in maniera complementare, per promuovere attività di formazione e aggiornamento permanente per i nostri soci. L’introduzione di tecnologia avanzata, è perfino banale, ha bisogno di chi sia in grado di utilizzarla adeguatamente, magari moltiplicandone il potenziale. Abbiamo la responsabilità di favorire la partecipazione dei nostri soci all’attività di formazione e di aggiornamento permanente (life-long learning), ad una formazione mirata e pertinente. “Nuove competenze per rimanere competitivi sul mercato” deve essere il primo tema dei cooperatori che hanno il lavoro come principale scambio mutualistico. A maggiori competenze maggior remunerazione il secondo: remunerare correttamente il lavoro è tra le nostre missioni identitarie.

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Per essere considerati un early adopter è essenziale che si crei un contesto regolamentare e culturale adeguato che costituisca la cornice ideale all’applicazione delle tecnologie abilitanti. Da qui l’interesse e l’impegno per la rete Pico che nasce per creare un ponte tra l’innovazione, in senso largo, e l’attività aziendale. Da qui l’interesse di Integra, dei nostri 2 consorzi per questi temi , temi che peraltro valorizzano le potenzialità e l’abilità di esser tessitori di reti che favoriscono politiche di networking capaci mettere a valore talenti, persone e imprese all’uomo; lo scopo di comporre efficace risposta ai mercati. Non sarà semplicissimo, il nostro paese, il nostro stesso sistema d’imprese, ha ampi margini di miglioramento. Se guardiamo ad un indicatore standard come l’investimento in R&S in percentuale al Pil, il nostro paese è ancora decisamente indietro (1,3%) nei confronti della media europea (2%) e ancor di più se il confronto riguarda l’obiettivo europeo (3% entro il 2020). La riflessione di scenario sul quadro delle competenze in Italia è altrettanto preoccupante. Il rapporto “Strategia per le competenze dell”OCSE Italia del 2017” parla di basso livello di competenze, di disallineamento tra domanda e offerta di skills, di incapacità a far fronte alle nuove richieste di imprese e mercati ( 300.000 posti di lavoro che non trovano le giuste professionalità: dati di Confindustria nazionale). Siamo all’ultimo posto per investimenti in formazione all’interno delle imprese. L’Italia è in cerca di un nuovo equilibrio, di un nuovo “posizionamento”, di un nuovo modello di sviluppo. Il modello socio-economico della Prima Repubblica è stato quello di un paese a vocazione prevalentemente manifatturiera, con un numero limitato di grandi imprese, una presenza inizialmente molto forte della “mano pubblica” nell’economia e un tessuto progressivamente crescente di piccole e medie imprese. Competevamo sia sul prezzo sia sulla qualità. Il nostro miracolo economico si basava su un modello di business fatto di costi di produzione bassi, alta competenza della manodopera, creatività e capacità innovativa. È così che siamo riusciti ad affermare il “made in Italy” e a diventare la quinta potenza economica mondiale. Poi la cortina di ferro si è sgretolata ed è arrivato, impetuoso, il vento della globalizzazione, intensificato dalla rivoluzione digitale. L’economia si è finanziarizzata, la scala dimensionale è tornata a contare. Così, il nostro benessere è stato attaccato dall’alto e dal basso. L’ingresso sul mercato di nuovi player, asiatici in primo luogo, non ci rende più competitivi sul prezzo, mentre l’economia della tecno-conoscenza, i “kombinat” economico - finanziario - tecnologici, paragonabili a piccoli stati, condizionano i modelli di business e le politiche industriali nazionali. Anche se restiamo una delle prime dieci economie del mondo, è chiaro che dobbiamo pensare “sistemicamente” al ruolo, alla vocazione da dare al nostro paese nella competizione mondiale. Questo ruolo, a mio parere, dovrebbe fondarsi su alcuni caposaldi che rappresentano il condensato della nostra storia. Essere una società solidale e collaborativa, non soltanto competitiva e conflittuale, essere un’economia che mette al centro della propria azione il concetto di innovazione: una sorta di attualizzata età rinascimentale. Forma e sostanza cooperativa promuovono la combinazione alchemica tra l’intelligenza collettiva, l’imprenditorialità collaborativa e la visione strategica propria dell’impresa intergenerazionale. Per essere conseguenti dobbiamo farci promotori di una cultura diffusa dell’innovazione nel nostro sistema economico e formativo. Passare dai grandi proclami generali alla micro-iniziative di prossimità iniziando dalle best practice, e dai centri di eccellenza. C’è un Italia che compete e una che va a rotoli, in mezzo, imprese ipossiche, non proprio asfittiche, con una evidente difficoltà a respirare, vivono il day by day, hanno i costi delle grandi ma non i margini delle grandi.

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Anche una parte rilevante del nostro sistema imprenditoriale soffre e fatica a chiudere il conto economico, sta sul mercato con una visione prospettica di corto periodo. Naviga nello stesso mare/mercato di tutte le imprese italiane, attraversa settori dolorosamente straziati dalla decrescita, dentro procedure di evidenza pubblica che, tradendo il “codice degli appalti”, aprono alla deregolamentazione, attraversa mercati privati nei quali proliferano, ogni giorno di più, filiere insane che, abbassando tariffe e corrispettivi, si consegnano ad imprese poco legali (logistica, pulizie, ecc) o più semplicemente dentro a mercati maturi che perdono redditività. Queste imprese hanno bisogno di una rappresentanza che faciliti i processi, che arricchisca il patto associativo di occasioni di business, di elementi che creano valore e sviluppo. Sono nati con questi intenti i protocolli d’intesa sottoscritti con Scuola Normale (2015) e Sant’Anna (2017), e l’iniziativa pisana del 20 Aprile scorso - “Il mestiere di innovare” – non è altro che la conseguenza di un lavoro iniziato quando ancora non si parlava di I4.0. Volevamo, vogliamo, costruire un corridoio di competenze ispirato a desideri di concretezza, un corridoio nel quale il “fuoco” stesse “nell’applicazione dell’innovazione”, nella efficace connessione tra i principali “corner dell’innovazione”: una ricerca di base che diventa ricerca applicata, che si diffonde su settori e territori unitamente alle tecnologie abilitanti in grado di arricchire l’offerta di prodotti e servizi, di incidere sulla produttività e sulla competitività delle nostre imprese cooperative. Non c’è impresa che non sia ghiotta e curiosa di conoscere soluzioni che vadano ad impattare e migliorare il nervo scoperto della produttività, ad elevare la competitività, a rilanciarsi nelle difficoltà attraverso la scoperta o l’ampliamento dei loro modelli di business. Non ritengo improprio paragonare tutto questo ad un vero e proprio “Piano Industriale cooperativo”, un piano che metta al centro fertilizzazione all’innovazione, formazione e nuove competenze, nuovi modelli di governance. E accanto a tutto questo, è perfino banale, il tema della finanza perché l’innovazione, l’internazionalizzazione, le riconversioni, l’espansione verso mercati più complessi e a più alta tecnologia non nascono sotto i cavoli, prevedono, pretendono investimenti rilevanti e tutti siamo consapevoli dei limiti della nostra forma d’impresa. La struttura associativa ha il dovere, oltre alla necessità, di accompagnare le imprese durante questa navigazione. Lo farà attraverso lo strumento del DIH, lo farà attraverso i rapporti costruiti con i Competence center, attraverso un serrato programma di formazione. Pico, questo è il nome con cui si presenta il nostro DIH, ha evitato a tutte le nostre imprese l’imbarazzo dell’horror vacui, dell’assenza di uno strumento dedicato che avrebbe sancito la sottovalutazione inaccettabile del cambiamento in atto. Il road show sui territori è quasi pronto. La rete Pico avrà per “Nodi” i “Centri d’eccellenza”, i “Punti di erogazione Territoriale” e i Pid del sistema camerale con cui Lega ha firmato un protocollo d’intesa. Regole d’ingaggio, requisiti minimi, schemi di convenzione sono parte dell’intervento di Giancarlo Ferrari. Dentro a questo frenetico “passo dei tempi”, immersi in una competizione nella quale il più veloce divora il più lento e “piccolo non è più bello”, non servono alibi, servono piuttosto velocità, coraggio e visione. Grazie

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CAMBIARE L’ITALIA COOPERANDO Giancarlo Ferrari Direttore Legacoop Nazionale

Io vorrei raccontarvi come abbiamo interpretato – a livello associativo – il tema da voi proposto come titolo al convegno odierno “Cooperare per innovare”: noi lo abbiamo declinato in quattro progetti d’innovazione associativa a disposizione delle nostre imprese. Uno di questi progetti si chiama “Cambiare l’Italia cooperando”… e ricorda molto il titolo del convegno di oggi. È questo il progetto per il Paese dell’Alleanza delle cooperative italiane. Da dove siamo partiti: • gli anni della crisi hanno profondamente cambiato il modo di essere dei mercati, delle persone e quindi anche della cooperazione; basti pensare che, dal punto di vista associativo, negli ultimi dieci anni abbiamo avuto un ricambio di oltre il 50% delle imprese aderenti; oggi abbiamo imprese che interpretano problematiche e approcci al mercato molto diversi dal passato; • la trasformazione digitale cambia consumi, abitudini, bisogni modi di produrre e offerta di servizi e prodotti; questo richiede competenze, capacità e stili imprenditoriali assolutamente nuovi; a me piace dire che in questa nuova fase l’innovazione rischia di non essere un vantaggio di per sé ma semplicemente una condizione permanente, assoluta e necessaria di competitività dell’impresa. Pensate che il tema della dimensione di impresa assume un significato completamente diverso dal passato. Oggi probabilmente le imprese anziché essere piccole o grosse debbono essere grandi, di pensiero, di creatività, di saper fare… insomma ricche d’innovazione. Cambia il tema dell’internazionalizzazione delle imprese, noi dal punto di vista associativo eravamo abituati a pensare che le imprese, arrivate ad un punto di maturità della propria capacità di produzione di servizi o prodotti, come misura per il proprio sviluppo ulteriore potevano pensare a come internazionalizzarsi; oggi stiamo gestendo fasi di startup d’imprese che sono già internazionalizzate: hanno il sito in inglese, scambiano prodotti e servizi su mercati internazionali attraverso l’e-commerce ed internet; e noi cosa gli diciamo?? Che è troppo presto per farlo?? Insomma, questo per dire che il tema dell’innovazione e dell’adeguatezza riguarda tutti, anche le associazioni di rappresentanza e la propria capacità di essere utili alla crescita delle imprese associate. Infine una riflessione a cui attribuisco grande importanza per guardare al futuro. Può sembrare una cosa banale, ma io la giudico complicatissima per le conseguenze che induce. Oggi ogni impresa si sta ponendo il tema di come meglio sviluppare il proprio core business, come meglio produrre, ottimizzare costi e prodotti, tutte attività che si allineano sul COME meglio produrre ciò che so fare; ma sempre di più - anche per effetto della rivoluzione digitale – dovremo interrogarci su COSA produrre. È questa la grande novità che spinge all’innovazione e alla profilazione di nuove figure ed attitudini imprenditoriali. È un cambio di paradigma indotto dal nuovo scenario competitivo della rivoluzione digitale. A fronte di questo scenario noi abbiamo scelto di provare a reagire, accettare la sfida del cambiamento e dell’innovazione. Lo stiamo facendo provando ad interpretare quattro progetti che ora – sommariamente – vi sintetizzo (Slide 1).

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Come vi dicevo la prima è “Cambiare l’Italia cooperando”, cioè pensare ad un nuovo modo di essere associazione di rappresentanza di interessi e provando a ribaltare una logica nel confronto con la politica e con le istituzioni dove il più delle volte le istituzioni e i partiti ci chiedevano se stavamo con loro. Noi vogliamo partire da una nostra progettualità, frutto del lavoro e della capacità delle nostre associate e rappresentare così le nostre ragioni, fino a chiedere alle istituzioni e ai partiti, se loro, stanno con noi! Se sono al fianco di un’Italia che produce, che cambia, che è in grado di fare innovazione, e vuole costruisce un futuro per questo paese. Noi non vogliamo essere percepiti “solo” per la nostra capacità di sviluppare PIL, di correre a realizzare una parte della produzione industriale del paese, ma vogliamo essere percepiti anche come quegl’imprenditori capaci di produrre quel benessere diffuso che generiamo nelle comunità in cui siamo inseriti. Noi vorremmo essere, sempre più, questa cosa, e abbiamo scelto cinque paradigmi per misurare il livello della progettualità del nostro sistema cooperativo, che sono la sostenibilità, l’innovazione, la qualità del lavoro, la legalità e la cura delle persone. (Slide 2) Alla stessa maniera per sostenere questo processo associativo stiamo pensando ad una funzione di formazione manageriale cooperativa continua, per noi sono tre parole che devono stare insieme, sempre, tutte e tre. Il terzo progetto riguarda la capacità di costruire piattaforme in grado di fornire on-line i servizi alle nostre associate, abbattere il differenziale che si crea - in termini di fruibilità dei servizi - a seconda del luogo di esistenza delle nostre imprese. Il progetto significa un livello minimo di servizi per tutti come garanzia di un patto associativo tra noi e le imprese. Infine il progetto PICo 4.0 che è il progetto di transizione digitale cooperativo. Ci siamo accorti che non partiamo da zero, abbiamo in giro per il territorio molto di più di quanto non ci immaginassimo. Il nostro Centro Studi sviluppa, ormai da qualche anno, un’analisi congiunturale sugli andamenti previsionali delle nostre associate. Abbiamo inserito, lo scorso anno nella rilevazione, alcune domande per testare la propensione all’innovazione delle nostre cooperative. Ebbene due anni fa la propensione a sviluppare progetti d’innovazione digitale (o l’accesso ai voucher per la formazione promossi dal MiSE) riguardava non più del 7% delle nostre imprese. Ad aprile 2018 siamo arrivati al 20%. Quindi c’è qualcosa che si sta muovendo con grande rapidità. Abbiamo fatto una mappatura del paese e ci siamo sentiti un po’ meno soli in questa avventura; ma tutto questo aumenta e accelera la necessità di poter disporre di una rete, di una piattaforma, di un luogo in cui poter scambiare esperienze e fornire servizi qualificati; per noi tutto questo sarà la rete Pico 4.0: i Punti di Innovazione COperativa. Abbiamo ottenuto il riconoscimento del nostro lavoro attraverso l’accreditamento di PICo 4.0 come Digital Innovation Hub Cooperativo, presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Di che cosa si occuperà, nello specifico? Fondamentalmente di tre cose: la prima è formazione, divulgazione e fertilizzazione della cultura digitale presso le nostre imprese; la seconda è attività di sviluppo e trasferimento tecnologico attraverso i contatti con i centri di ricerca ed i competence center selezionati dal MISe attraverso la gara appena conclusasi il mese scorso; quindi un lavoro che permetta “di scaricare a terra” e diffondere attività di trasferimento tecnologico ed innovazione presso le nostre imprese. Ma noi abbiamo bisogno di fare una terza cosa, che nessun altro farà: lo sviluppo della transizione digitale cooperativa; non possiamo certo aspettarcela – senza chiederla - ad un centro di ricerca e quindi questa è la nostra particolarità (Slide 3). Costruiremo questa rete attraverso un punto centrale – che sarà un laboratorio in cui produrre servizi e definire coordinate per le strategie di intervento; ma soprattutto dovremo avere grande radicamento sul territorio attraverso centri di eccellenza (i nostri contatti con i centri di ricerca) e attraverso punti di erogazione. Infine, la settimana scorsa abbiamo siglato con Unioncamere una convenzione nazionale che ci permetterà di aumentare la capillarità di diffusione e di contatto con le cooperative sulle tematiche della transizione digitale: in ogni camera di commercio sarà possibile fare il test di maturità digitale per le nostre cooperative e quindi esse potranno così accedere all’utilizzo dei voucher formativi e delle altre risorse economiche pubbliche disponibili riguardo (Slide 4). C’è molto lavoro che ci aspetta.

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Voglio farvi un ultimo esempio. Da uno studio con Unioncamere abbiamo rilevato che tra le circa 40.000 imprese cooperative aderenti all’Alleanza delle Cooperative Italiane, ve ne sono almeno 200 che hanno a tutti gli effetti le condizioni, sia di struttura aziendale, sia di uffici sviluppo e ricerca, sia di competenze interne, che di possibilità di investimento, risorse, per affrontare la transizione digitale senza particolari problematicità. Il problema è che non tutte e 200 si stanno ponendo il tema (sic!) e, problema ancor maggiore, noi abbiamo il dovere di garantire un’occasione, una chance alle altre 39.800. Questa è la nostra sfida ed il lavoro che ci aspetta.

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COOPFOND E L’INNOVAZIONE Alfredo Morabito Direttore Area Promozione Attiva Coopfond e Coordinatore nazionale Progetto Coopstartup

L’INNOVAZIONE Con il termine innovazione si possono intendere molte cose, per questo è corretto cercare di definirlo per evitare equivoci. Ci si può riferire alla letteratura internazionale o a singoli e parziali provvedimenti legislativi. Noi abbiamo preferito utilizzare le definizioni del “Glossario ISTAT” (https://www.istat.it/it/ metodi-e-strumenti/glossario) che sono punto di riferimento per le rilevazioni nazionali sulle imprese e sono derivanti dalle definizioni internazionali. Afferma il Glossario Istat: “Innovazioni tecnologiche - Tutti i prodotti, servizi o processi introdotti dall’impresa che possono essere considerati nuovi o significativamente migliorati rispetto a quelli precedentemente disponibili, in termini di caratteristiche tecniche e funzionali, prestazioni, facilità d’uso eccetera. Un’innovazione tecnologica si realizza nel momento della sua introduzione sul mercato (innovazione di prodotto o servizio) o del suo utilizzo in un processo produttivo (innovazione di processo). Le innovazioni di prodotto e di processo non devono necessariamente consistere in prodotti, servizi o processi totalmente nuovi; è, infatti, sufficiente che risultino nuovi per l’impresa che li introduce1. Innovazioni non tecnologiche - Sono innovazioni non necessariamente legate all’utilizzo di nuove tecnologie. Si dividono in innovazioni organizzative e innovazioni di marketing (si vedano le voci corrispondenti).2” Con un’ulteriore sintesi nella “Guida per le startup cooperative” del Progetto Coopstartup (http://www. coopstartup.it/guida-per-startup-coopstartup-cooperative-e-decalogo/) l’abbiamo così descritta: “L’innovazione può assumere forme diverse, potendo spaziare:

 dall’introduzione o adattamento di una soluzione nuova ad un contesto tradizionale (sviluppo di un processo/prodotto “nuovo” - più efficace, più economico, di nicchia - rivolto ad un mercato esistente),

 all’innovazione radicale, quella cioè che rivoluziona un prodotto o un processo e crea un mercato (sviluppo di un processo/prodotto “nuovo” - che incorpora vere e proprie innovazioni - rivolto ad un mercato che ancora non esiste).”

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INTERVENTO FINANZIARIO DI COOPFOND Il Fondo mutualistico di promozione e sviluppo di Legacoop, Coopfond (www.coopfond.it), ha predisposto alcuni prodotti specifici a supporto delle cooperative che intendono investire in innovazione e un progetto di supporto (non solo finanziario) per favorire la nascita di startup cooperative. Per il sostegno agli investimenti in innovazione delle cooperative sono previsti interventi nel capitale di rischio senza apporti aggiuntivi da parte dei soci e con possibile estensione a dieci anni della way-out (fino a un massimo € 750 mila col limite di copertura del 25% dell’intervento complessivo) e condizioni agevolative sui tassi applicati ai finanziamenti. I progetti delle cooperative vengono sottoposti ad istruttoria (secondo le ordinarie procedure del Fondo) e, di concerto con i responsabili dell’impresa, si studia la migliore forma di supporto che avrà una durata variabile dai 5 ai 10 anni. Per le startup cooperative nate dal Progetto Coopstartup (www.coopstartup.it) e per le cooperative iscritte alla sezione startup innovative del registro delle Camere di Commercio è previsto il conferimento di capitale per un importo fino al 175% del capitale sottoscritto dai soci cooperatori (massimo € 50 mila per cooperative del Progetto Coopstartup, € 100 mila per le startup innovative). Ai fini del computo del capitale si può tenere conto dei conferimenti d’opera sottoscritti dai soli soci cooperatori, del 50% dei conferimenti effettuati da partner commerciali, potenziali clienti, consulenti, love capital e crowdfunding. Coopfond può incrementare fino al 200% del capitale sottoscritto dai soci cooperatori, a fronte di finanziamenti a medio-lungo termine erogati alla cooperativa beneficiaria da parte di banche o altri intermediari finanziari. Possono, per ultimo, essere erogati contributi a fondo perduto per le spese di avviamento e per la predisposizione di adeguati piani industriali.

INTERVENTI PER LA PROMOZIONE DELL’INNOVAZIONE Con queste attività Coopfond intende promuovere il rapporto tra la cooperazione esistente, la ricerca scientifica e gli sviluppi di industria 4.0, dimostrando, tra l’altro, come la cooperazione è una forma di impresa idonea alla produzione e diffusione dell’innovazione in quanto già lo fa. Quattro gli interventi realizzati nel corso del 2017: Dream Academy3 Spazio di ricerca e prototipazione dedicato all’innovazione ed alle tecnologie di fabbricazione digitale di Città della Scienza con MIUR. Ambiti industriali Biomedicale, Design e Fashion, Architettura e Manifattura avanzata, Beni Culturali e Installazioni Museali. Coopfond per la partecipazione al programma ha assegnato 7 borse di studio ad altrettante cooperative. Futuro Remoto Coopfond è stato presente con uno stand COOPERAZIONE 4.0 alla manifestazione di diffusione della cultura scientifica e tecnologica, organizzata a Napoli dalla Fondazione IDIS Città della Scienza. Hanno partecipato ai seminari specialistici, ai B2R (incontri tra imprese e operatori della ricerca) e all’esposizione con proprie attività di ricerca 23 cooperative, il Progetto Coopstartup e Generazioni Legacoop. Going Digital Percorso formativo nazionale, in collaborazione con Legacoop Bologna e la Bologna Business School dell’Università di Bologna, sulla digital transformation rivolto a collaboratori delle cooperative Legacoop. Sono state assegnate da Coopfond 12 borse di studio per i partecipanti proposti dalle cooperative. L’iniziativa è ancora in corso.

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Progetto Coopstartup IL PROGETTO COOPSTARTUP Mi soffermo, visto il ruolo specifico che ricopro in Coopfond, sul Progetto Coopstartup, nato in modo partecipato nel maggio del 2013 grazie a un gruppo di progetto che ha raggiunto le 130 persone dalle 30 iniziali, finalizzato a “sperimentare nuovi processi di promozione cooperativa accompagnando lo sviluppo di idee imprenditoriali, promosse in prevalenza da giovani, da realizzare in forma cooperativa, capaci di favorire la crescita dell’occupazione e della produttività, introducendo innovazione tecnologica, organizzativa e sociale”. Dopo uno studio dei casi in essere e della letteratura internazionale sull’argomento, abbiamo individuato due modelli possibili di sviluppo di startup: un primo, che abbiamo definito “modello Silicon Valley”, promuove sostanzialmente le “startup prodotto”: imprese che nascono a partire da un prodotto/servizio innovativo a prescindere da un modello organizzativo; hanno come scopo quello di essere quotate e/o vendute per ottenere il massimo rendimento; la loro funzione obiettivo è quella di realizzare la massima utilità economica nel breve periodo. Un secondo, che abbiamo definito “modello/processo Coopstartup”, promuove le “startup organizzazione”: imprese che nascono da un gruppo di persone che propone un prodotto/servizio innovativo basandosi su un modello organizzativo; hanno come scopo la durata, la sostenibilità del progetto e la gestione del controllo da parte dei promotori ed eventualmente di altri che si aggiungono successivamente; la loro funzione obiettivo è la valorizzazione di attività, lavoro e professionalità nel medio-lungo periodo. Sono entrambi modelli legittimi e utili, ma con differenti finalizzazioni. Il primo, a nostro avviso, non trova nel modello cooperativo la forma giusta per essere realizzato, mentre il secondo ha nella forma cooperativa una delle soluzioni più efficaci ed efficienti. Anche queste considerazioni ci hanno fatto implementare il progetto, creare una strumentazione complessa (dalla piattaforma di gestione dei bandi e per l’erogazione della formazione online, a un’attenzione particolare per la comunicazione attraverso il sito web e i social) che è stata messa a disposizione di coloro che hanno ritenuto di sperimentare il progetto. Un certo numero di coloro che lo hanno già concluso ha manifestato l’intenzione di ripeterlo e questo, come si direbbe in marketing, ne conferma almeno in parte la validità. Dal sito Coopstartup è possibile leggere e scaricare la carta d’identità del Progetto http://www.coopstartup.it/wp-content/uploads/2014/06/CartaIdentitaCoopstartupGiugno18.pdf Sono state anche molte le sollecitazioni che sono arrivate dall’estero, sia da ambienti cooperativi che da quelli della ricerca, per cui abbiamo realizzato anche un sito in inglese http://www.coopstartup.it/en/. Il processo Abbiamo quindi progettato e sperimentato un processo dinamico (si evolve con la realizzazione dei successivi progetti territoriali e settoriali) sintetizzato nella diapositiva che evidenzia le differenti fasi.

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Il Processo Coopstartup

I primi risultati Le sperimentazioni territoriali e settoriali sono state 12 e hanno interessato altrettante regioni con circa 4.000 partecipanti alle 126 presentazioni dei bandi. Sono stati presentati 890 progetti da 2.750 iscritti nella piattaforma Coopstartup, tra questi 560 sono risultati ammissibili, 170 selezionati per l’accompagnamento alla formulazione del business plan (con circa 360 ore di formazione in aula e l’assistenza diretta dei territoriali Legacoop). Alla fine 57 progetti sono risultati vincitori dando vita a 33 cooperative già costituite e 24 in fase di costituzione.

Formazio- BP Startup Presen- Parteci- Progetti Progetti Progetti ne in aula- selezioStartup in costituSperimentazioni Apertura Bando tazioni panti presentati Iscritti ammissibili incubati ore nati Vincitori costituite zione 60 18 3 24 17 3 3 0 CoopMeUp Lazio 1-31 mar 14 2 20 18 2 3 25 5 5 24 5 5 CoopMeUp Ferrara 7 apr - 16 mag 14 2 30 5 1 Coopstartup Puglia 4 sett -28 nov 14 20 400 150 453 85 12 96 12 4 3 16 ott 14-31 mar 0 3 37 120 7 7 48 7 3 Coopstartup FarmAbility 15 9 243 Coopstartup Marche 1 feb -31 mar 15 10 630 23 80 23 7 23 7 2 5 8 2 77 30 35 25 10 CoopLiguria Startup 7 apr - 31 lug 15 11 250 91 350 1 225 703 138 30 24 26 8 7 Coopstartup UnicoopTirreno 1 mag - 31 lug 15 30 1.050 12 gen -21 mar 16 13 763 168 406 86 25 24 16 7 7 0 Coopstartup Calabria 21 20 10 4 1 3 Coopstartup Romagna 15 mar - 15 lug 17 7 118 63 168 30 52 154 34 12 21 7 3 3 Coopstartup Emilia Ovest 18 mag - 30 set 17 11 110 Coopstartup Friuli Venezia Giulia 12 sett - 24 nov 17 11 335 55 231 55 17 40 9 3 1 2 Copstartup Bologna 19 mag-31 ott 18 TOTALE 126 3.949 887 2.750 558 169 356 157 57 34 23

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NOTE Innovazioni di prodotto - Consistono nell’introduzione sul mercato di prodotti o servizi nuovi (o significativamente migliorati) in termini di caratteristiche tecniche e funzionali, uso di materiali e componenti, prestazioni, facilità d’uso, eccetera, rispetto ai prodotti e servizi correntemente realizzati e offerti sul mercato dall’impresa. L’innovazione di prodotto o di servizio non deve necessariamente consistere in prodotti o servizi nuovi per il mercato in cui opera l’impresa; è infatti sufficiente che prodotti e servizi risultino nuovi per l’impresa che li introduce. L’innovazione di prodotto o di servizio può essere sviluppata dall’impresa stessa o da altre imprese o istituzioni. Sono esclusi: i prodotti modificati solo marginalmente; le modifiche di routine e le modifiche periodiche apportate a prodotti e servizi esistenti; le normali modifiche stagionali e altri cambiamenti ciclici (come per le linee di abbigliamento); la personalizzazione dei prodotti diretta a rispondere alle esigenze di specifici clienti; le variazioni nelle caratteristiche estetiche o nel design di un prodotto che non determinano alcuna modifica nelle caratteristiche tecniche e funzionali dello stesso; la semplice vendita di nuovi prodotti o servizi acquistati da altre imprese. Si annoverano fra le innovazioni tecnologiche. Innovazioni di processo - Sono modifiche, anche significative, nelle tecniche di produzione, nella dotazione di attrezzature o software oppure nell’organizzazione produttiva al fine di rendere l’attività aziendale economicamente più efficiente. Possono anche essere introdotte per migliorare gli standard di qualità, la flessibilità produttiva o per ridurre i pericoli di danni all’ambiente e i rischi d’incidenti sul lavoro. Le innovazioni di processo possono essere raggruppate in tre principali categorie: i processi di produzione tecnologicamente nuovi (o significativamente migliorati); i sistemi di logistica e i metodi di distribuzione o di fornitura all’esterno di prodotti o servizi tecnologicamente nuovi (o significativamente migliorati); altri processi tecnologicamente nuovi (o significativamente migliorati) che concernono la gestione degli acquisti, le attività di manutenzione e supporto, la gestione dei sistemi amministrativi e informatici, le attività contabili. Le innovazioni di processo escludono i processi modificati solo marginalmente; l’incremento delle capacità produttive mediante l’applicazione di sistemi di fabbricazione o di logistica molto simili a quelli già adottati. Si annoverano fra le innovazioni tecnologiche. (Glossario Istat) 1

Innovazioni organizzative - Sono le innovazioni che comportano mutamenti significativi nei processi di gestione aziendale (compresa l’introduzione di pratiche di gestione della conoscenza o knowledge management), nell’organizzazione del lavoro o nelle relazioni con l’esterno e sono finalizzate a migliorare la capacità innovativa o le prestazioni dell’impresa. In genere, le innovazioni organizzative danno luogo a miglioramenti congiunti in più fasi della catena produttiva e non sono necessariamente collegate a processi di innovazione tecnologica. Sono escluse fusioni o acquisizioni aziendali. Si annoverano fra le innovazioni non tecnologiche. Innovazioni di marketing - Consistono in modifiche significative nelle caratteristiche estetiche dei prodotti o nel confezionamento di prodotti e/o servizi, nell’introduzione di nuovi mezzi o tecniche di promozione pubblicitaria, nuove strategie di posizionamento di prodotti e servizi o nuove soluzioni di vendita, nuove politiche dei prezzi. Escludono le modifiche delle usuali pratiche di marketing e di quelle implementate per lanciare promozioni stagionali, l’affidamento della commercializzazione dei propri prodotti o servizi a soggetti esterni. Si annoverano fra le innovazioni non tecnologiche. (Glossario Istat)

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Soggetti e Progetti cooperativi presenti alla Dream Academy EXPERIENCE – BARI - Utilizzo della fabbricazione digitale per ricercare soluzioni innovative da applicare al processo di produzione di oggetti e mobili per facilitare la progettazione, il riadattamento e l’esecuzione. ICIE – ROMA - Favorire l’incontro tra le potenzialità del design digitale e gli attuali bisogni dell’industria delle costruzioni con attenzione a processi e materiali ecosostenibili. INTEGRA – BOLOGNA - Creazione di oggetti tramite la manifattura digitale che richiamino la storia e l’identità di un luogo da inserire nei percorsi turistici. ARCHEOLOGIA – FIRENZE - Creazione di componenti di arredamento tramite la manifattura digitale e l’utilizzo di materiali sostenibili per un utilizzo degli spazi più efficiente e confortevole. INNOVATION FACTORY – NAPOLI – Creazione di un oggetto tecnologico indossabile (braccialetto, collana, portachiavi, maglietta) capace di segnalare informazioni consone ai propri interessi (arte, cibo, lettura, tempo libero). DEDALUS – NAPOLI - Favorire l’incontro tra manifattura digitale e artigianato tradizionale con particolare attenzione a materiali, forme e tecniche di produzione. LE NUVOLE – NAPOLI - Trasformazione di architetture esistenti (non finite) per il loro riuso utilizzando tecniche di rappresentazione e modellazione avanzata. Soggetti e Progetti cooperativi presenti a Futuro Remoto 2017 3D4Uman (Catanzaro): Modellazione 3d per il settore biomedicale e per la progettazione architettonica; Archeologia (Firenze): Tecniche spettroscopiche e laser per scavi archeologici e conservazione dei beni culturali; Cefla e C-Led (Imola - BO): Grow Unit per coltivazione In-store con illuminazione a led; Coop Italia (Bologna): Analisi fingerprinting e sequenziamento del DNA per la prevenzione delle frodi alimentari; CoopCulture (Roma): Art Planner: una piattaforma digitale per fruire del patrimonio artistico-culturale; Doc Servizi (Verona): “Che spettacolo di lavoro!”: performance live e multimediale che racconta come cambia il mondo della musica e dello spettacolo; Ecoplanner (Roma): Il green life style nell’organizzazione degli eventi; Eticae (Frosinone): Stewardship per la gestione etica delle risorse;

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Experience (Bari): Concept innovativi di spazi e arredi; Formula Servizi (Forlì): Sanificazione senza detersivi e logistica robotizzata in ospedale; H2Boat (Genova): Un motore a idrogeno per natanti da diporto; ICIE (Roma): Sistemi di monitoraggio dei consumi energetici; Innovation Factory (Napoli): LifeKase- Memories for the future; Integra (Bologna): PROVACI: Tecnologie per la PROtezione sismica e la VAlorizzazione di Complessi di Interesse Culturale; Ippocratech (Catanzaro): Videocapillaroscopio portatile; Istituto Ramazzini (Bologna): Effetti dei dolcificanti artificiali e dei pesticidi sulla salute; La Biologica (Fano - PU): Uso della canapa a fini alimentari e di insetticida; Le Nuvole (Napoli): Teatro, arte e scienza per le nuove generazioni; L’innesto (Gaverina Terme - BG): WelfarePiu: una piattaforma web per il welfare aziendale con servizi da e per il territorio; Multicoopter Drone (Terni): Drone utilizzabile in spazi ristretti o pericolosi; Pazlab (Lecce): Interazione digitale tra pescatori e consumatori per “pesce a miglio zero”; Tobilì (Napoli): Catering etnico per l’integrazione dei migranti e il dialogo interculturale; Vascitour (Napoli): Turismo esperienziale nei bassi napoletani; Coopstartup (Coopfond Roma): L’innovazione la fa chi comprende le potenzialità della cooperazione; Generazioni Legacoop: “La cooperazione incontra i giovani”. Cooperative e società di interesse cooperativo che partecipano con proprie persone al percorso formativo Going Digital: CNS – Consorzio Nazionale Servizi, Consorzio Integra, Open Group, Redesign, Zerocento, Camst, CADIAI, Consorzio Agribologna, Unipol SAI Assicurazioni, Coop Alleanza 3.0.

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INNOVATION FACTORY Massimiliano Scarpetta Presidente Innovation Factory

Buongiorno a tutti, prima di tutto grazie per l’invito. Sono il dott. Scarpetta, presidente della cooperativa Innovation Factory, il nostro sarà un intervento in due tranche, nel senso che dopo una brevissima introduzione da parte mia lascerò la parola l’ing. Manente, l’amministratore della nostra cooperativa, che illustrerà nel dettaglio le nostre attività. Innovation Factory nasce dalla voglia di cooperare di una squadra di professionisti con competenze eterogenee. L’idea di base è stata quella di unire le esperienze di professionisti provenienti dal mondo dell’industria, della ricerca e della consulenza su progetti di livello nazionale ed europeo, per presidiare uno spazio che nella filiera articolata e complessa dell’innovazione può essere identificato come trasferimento tecnologico. In sintesi, la nostra cooperativa si pone come trait d’union tra il mondo dell’università, dell’accademia, che svolge in maniera istituzionale l’attività di ricerca e, allorquando quest’ultima producesse risultati che intercettano una gamma di fabbisogni di carattere imprenditoriale, cerchiamo di trasformare questi risultati in una soluzione, mettendo a disposizione le competenze presenti nel nostro laboratorio, in modo tale da favorire il trasferimento di queste tecnologie verso realtà industriali. L’esperienza ci insegna che spesso questo paradigma diventa difficile proprio perché i mondi della ricerca istituzionale e delle imprese difficilmente riescono a comunicare in maniera costruttiva. Non pretendiamo di poter esprimere un valore su qualsiasi tematica e per questo abbiamo focalizzato la nostra attenzione su tematiche vicine alle esperienze del nostro team, ovvero l’IoT, l’osservazione della terra, i Big Data, combinando l’eccellenza di carattere accademico su queste tematiche con le esigenze che nell’ambito delle attività del Consorzio Integra crediamo possano essere temi di prospettiva. In questa ottica crediamo molto nell’applicazione del machine learning e dell’intelligenza artificiale applicati a grandi moli di dati fortemente eterogenei, soprattutto con l’obiettivo di intervenire nelle fasi più critiche dei processi produttivi per semplificarne la gestione e consentire alle imprese di utilizzare le proprie risorse umane per attività a valore aggiunto. Uno degli elementi distintivi della nostra cooperativa risiede nella capacità di instaurare collaborazioni particolarmente produttive con startup, italiane o straniere, riuscendo il più delle volte ad inserire i loro prodotti/servizi innovativi all’interno della roadmap tecnologica o nel workflow operativo, di aziende più grandi o consorzi di aziende. Lascio quindi la parola all’ingegnere Manente, io sono a vostra disposizione per qualunque approfondimento alla fine dell’intervento, grazie. Buongiorno a tutti, sono Mauro Manente, e oggi rappresento Innovation Factory, Cooperativa napoletana nata da poco meno di un anno. Oggi sono qui per raccontarvi chi siamo e cosa facciamo. La nostra realtà nasce con l’intenzione di mettere a frutto l’esperienza di cinque professionisti che hanno deciso di cooperare per favorire lo sviluppo delle imprese nel mondo tecnologico, e lo facciamo utilizzando il concetto di trasferimento tecnologico come già anticipato. Questo non disdegnando ovviamente la possibilità di utilizzare il trasferimento tecnologico come strumento per accedere alla finanza da fondi pubblici o privati. Le nostre principali linee di attività possono essere individuate come “Innovation”, di carattere consulenziale, dove andiamo ad individuare i modelli di business adatti a quelle che sono le idee di innovazione tecnologica, “Ecosistemi Digitali” ovvero il gruppo di soluzioni digitali che sposano 24


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i paradigmi di industria 4.0 con quella che noi chiamiamo la Digital Value Chain, ovvero ciò che dà il valore ai dati che (quasi sempre) sono già presenti in azienda. In ultimo, non per importanza, c’è “Remote Sensing” la linea di attività alla quale abbiamo destinato non poche risorse, in particolare per lo sviluppo di un sistema di monitoraggio ambientale che abbiamo chiamato SIMOS (Smart Infrastructure Monitoring via Satellite) che sfrutta la combinazione tra sensori in sito e il patrimonio informativo delle immagini satellitari per fornire all’utente le informazioni di suo interesse nella maniera più semplice possibile, senza la necessità di possedere competenze specifiche in ambito di telerilevamento o, in generale, di remote sensing. In questo piccolo pezzo di vita della nostra cooperativa abbiamo anche fornito il nostro supporto per l’individuazione dei candidati per le iniziative Dream Academy e Going Digital e la loro supervisione. Andando un po’ più nel dettaglio delle attività presentate fino ad ora il nostro modello fondamentalmente sotto punto di vista della consulenza è quello di individuare, nella maniera più precisa possibile, quali sono le strategie e i modelli di business per arrivare da un’idea ad una soluzione passando per un’attività di ricerca delle fonti di finanziamento, ovvero delle risorse necessarie a passare dall’idea al mercato. Quello che facciamo quindi è una ricerca piuttosto mirata in funzione delle tematiche che vengono affrontate, un’analisi critica di quella che è l’idea confrontata sul potenziale dato di business che gli ideatori in linea di massima portano avanti. Mettiamo a fattor comune la nostra rete di partner nazionali ed internazionali che hanno un ruolo chiave soprattutto per le progettualità finanziate. Ci spingiamo fino alla scrittura della proposta di progetto. Arriviamo alla negoziazione sia in termini di partnership che di gestione della proprietà intellettuale, e abbiamo l’esperienza e gli strumenti per occuparci della gestione dei progetti e di quella che è la fase un po’ più di marketing della progettualità che, con un termine a volte infelice, nei nostri bandi nazionali viene chiamato disseminazione. Per quanto riguarda quelli che noi chiamiamo i Digital Ecosystems, fondamentalmente dalla nostra esperienza anzi, dall’esperienza di ognuno dei professionisti che operano in Innovation Factory, i dati che sono già presenti in azienda spesso non vengono sfruttati per dare una spinta importante al business. Abbiamo quindi imparato a dare valore a questi dati e anche ad individuare in che modo acquisire quelli non direttamente disponibili, sfruttando tecnologie molto più semplici ed accessibili sia in termini tecnologici che in termini di investimento. Questo per arrivare a definire come queste informazioni si possano trasformare in business, anche nella loro comunicazione verso i clienti, dando una preferenza alle applicazioni mobile che si sposano ottimamente con il concetto di visualizzazione di una gamma piuttosto ricca di dati. Un filone di attività, nell’ambito degli ecosistemi digitali, che riteniamo possa trovare particolare riscontro nel contesto del consorzio Integra è quello che noi chiamiamo Smart World, ovvero la capacità di coprire tutta la filiera di gestione dei dati, dalla selezione del sensore per acquisire una determinata informazione, alla scelta della tecnologia di indicizzazione e archiviazione, fino ad arrivare alla implementazione degli algoritmi di elaborazione (con o senza l’uso dell’intelligenza artificiale) e alla parte di visualizzazione che è un po’ il tema più complesso dove, una volta che i dati sono stati elaborati, è necessario che senza specifiche competenze sia possibile mostrare che cosa ho ottenuto dall’elaborazione di queste informazioni. In ultimo la componente di remote sensing che è la nostra attività più impegnativa anche in termini di impiego di risorse. L’obiettivo è quello di integrare le informazioni che è possibile rilevare sul campo con quelle che è possibile ricavare dall’elaborazione delle immagini dei satelliti di osservazione della terra. Ci è possibile realizzare questo genere di applicazioni mutuando sia le competenze sull’intelligenza artificiale acquisite nell’ambito “Digital Ecosystems” per elaborazione delle immagini satellitari che il principio di semplificare al massimo la presentazione delle informazioni, rendendo semplice ed intuitivo il risultato delle elaborazioni.

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Attraverso la piattaforma SIMOS intendiamo creare sia opportunità di innovazione nei processi aziendali che di business. Calando la nostra piattaforma SIMOS nel contesto dell’edilizia è possibile immaginare un vantaggio competitivo sia in fase di progettazione che in fase di realizzazione, e il vantaggio può essere maggiore nel momento in cui viene effettuata un’analisi ex post di un’opera è possibile ottenere le informazioni necessarie per formulare proposte in termini di manutenzione e restauro, senza necessariamente dover fare campagne di acquisizione dati in situ e sfruttando la possibilità di accedere alle immagini satellitari con periodicità anche piuttosto elevate, da 1 a 12 giorni. Inoltre, per come sta evolvendo il mondo dell’osservazione della terra, nei prossimi anni la quantità di satelliti in orbita e le tecnologie su di essi disponibili consentiranno di avvicinarsi molto al real time. L’utilizzo delle immagini satellitari ben si sposa anche con le analisi del passato, cosa che con la sensoristica a terra non è possibile. Le immagini satellitari vengono acquisite dalla fine degli anni 90, rendendo disponibile una quantità di informazioni che costituisce un patrimonio di assoluto pregio. Il funzionamento di SIMOS è molto semplice, vengono acquisite le informazioni, sia in termini di immagini satellitari che di dati provenienti da sensori a terra, vengono pre-lavorate per evitare di includere nella elaborazione anche informazioni non utili o deleterie, successivamente i dati vengono fusi e parte l’applicazione di algoritmi progettati e realizzati ad hoc per risolvere problemi specifici del dominio applicativo. Per ogni settore applicativo come, ad esempio, edilizia, agricoltura e infrastrutture critiche viene quindi individuata una singola applicazione verticale erogata attraverso la piattaforma SIMOS. Oggi i due campi di applicazione disponibili li abbiamo denominati “Urban”, dedicato al monitoraggio del territorio sotto il punto di vista delle infrastrutture, e “Farm”, dedicato all’agricoltura di precisione, campo nel quale l’Emilia-Romagna rappresenta un’eccellenza in Italia. Abbiamo portato avanti parallelamente questi due filoni perché probabilmente sono quelli che nell’immediato possono avere un riscontro competitivo maggiore. Abbiamo inoltre previsto la possibilità di integrare questa nostra soluzione con altri sistemi, per gestire i casi in cui le aziende abbiano già a disposizione applicativi dedicati all’acquisizione e alla gestione dei dati acquisiti nel corso processi produttivi e volessero estenderne le funzionalità integrando le tecnologie messe a disposizione dalla piattaforma SIMOS attraverso delle API dedicate.

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CAMBIARE L’ITALIA COOPERANDO Mauro Lusetti Presidente Legacoop Nazionale

Non volevo far mancare il mio saluto, perché ritengo questo convegno e tutta l’attività di Integra su questi temi particolarmente importante. Nessuno dei presenti ha bisogno ovviamente di essere convinto che l’orientamento all’innovazione è l’approccio necessario per stare sul mercato con le nostre attività, e quindi il mio intervento è rivolto a sottolineare con una matita blu l’importanza di questa iniziativa, e la continuità con la quale il mondo cooperativo, e Integra in modo particolare, stia producendo cultura. La voglio prendere da questo punto di vista perché credo che il mondo cooperativo abbia vissuto nel 2014 e nel 2015 due emergenze che l’hanno messo in gravissima difficoltà; legalità e meritevolezza imprenditoriale. Avevamo e abbiamo bisogno di rispondere facendo i compiti a casa sul tema della legalità e riposizionando le attività delle nostre imprese cooperative in un contesto dove tutto cambia con una rapidità ai più sconosciuta. Abbiamo bisogno di una visione di medio-lungo periodo, abbiamo bisogno di produrre cultura cooperativa, produrre cultura che sia nelle condizioni di formare nuove classi dirigenti di cooperatori, produrre cultura e conoscenza del nuovo che viene avanti nel mondo economico e nel mondo sociale, abbiamo bisogno di produrre cultura per individuare le nuove vie di sviluppo delle nostre imprese cooperative, abbiamo bisogno di produrre cultura e conoscenza per dialogare e confrontarci in maniera nuova con le istituzioni. La modalità di rappresentare il nostro mondo, e i modi attraverso i quali la rappresentanza si rapportava con il mondo delle istituzioni non esistono più. Oltre a ciò vi è una crisi importante e profonda che tocca i corpi intermedi, nella relazione con i propri associati. La superficialità, non entrare nel merito delle questioni, non conoscerle, non farle proprie, non ci è permesso, oggi più che mai. Abbiamo bisogno di recuperare un rapporto con le comunità che ci ospitano e che sono parte integrante del nostro essere cooperativo. Nei paesi, nelle città, i nostri soci, i nostri lavoratori sono una parte importante della comunità, e quando una cooperativa chiude non è un’impresa che chiude, è un pezzo di società che viene meno, è una relazione che si interrompe. E su questo versante il senso vero della cooperazione in questi lunghi anni di crisi è stato incrinato da tante parti. Noi abbiamo bisogno di recuperare questo rapporto cambiando anche i linguaggi, il nostro modo di esprimerci, il nostro modo di rappresentarci, gli strumenti attraverso i quali noi affrontiamo questa questione. Due sere fa ho partecipato ad un dibattito che precedeva la presentazione di un film, sul massimo ribasso. Il massimo ribasso è uno di quei tumori che toccano tutta l’area lavoro della cooperazione, perché chiunque fa appalti pubblici ha a che fare con il tema del massimo ribasso. Per una cooperativa si crea una situazione di grande difficoltà, perché il massimo ribasso significa alla fine andare a toccare sempre i diritti dei lavoratori, i livelli contrattuali, le condizioni di lavoro degli stessi. Ora un conto è fare un convegno sul massimo ribasso dal punto di vista tecnico, per mettere nelle condizioni le istituzioni di apportare una serie di modifiche e questo è un livello dello scontro. Ma noi non ci possiamo permettere di avere solo ed esclusivamente una relazione con delle istituzioni perché il massimo ribasso tocca i lavoratori, tocca gli operai, tocca il tema delle condizioni delle persone, e se vogliamo vincere le sfide del cambiamento dobbiamo essere propositivi sul piano normativo e

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capaci di mobilitare le persone a sostegno delle proposte. Sembrerà strano ma quel film proiettato ha la capacità di far capire, con più di 100 convegni, che cosa significa massimo ribasso e che cosa significa fare una battaglia contro questo fenomeno. Quindi su questo versante noi abbiamo bisogno di avere questo profilo che è fatto di una conoscenza approfondita delle questioni ma che ci mette anche nelle condizioni di comunicare, con i linguaggi adeguati, a seconda dell’interlocutore che tocchiamo. Innovare è sempre stato un elemento per competere sempre... è una pre-condizione con la quale si sta sul mercato. Ciò che è cambiato profondamente rispetto al passato sono i tempi di innovazione, sono i tempi, sono le modalità con le quali quest’innovazione incide non solo nei metodi di produzione di fare impresa ma anche nelle relazioni sociali. Questa contemporaneità, dei cambiamenti è qualche cosa che ci mette a volte in difficoltà. È comunque una sfida questa che non possiamo evitare, soprattutto la cooperazione di lavoro non lo può evitare. Ciò che sta avvenendo è qualche cosa che può mettere la cooperazione di lavoro in una condizione dove viene relegata a gestire le situazioni dove si abbassa il costo del lavoro e quindi i diritti, nelle ristrutturazioni aziendali o nella pubblica amministrazione. Rifiutiamo decisamente questo ruolo e combattiamo decisamente le false cooperative che si accetta fino in fondo. La sfida di tenere insieme il capitale e il lavoro. Anche lavori umili come le pulizie possono essere affrontati nel contesto dell’innovazione tecnologica, mettendoci nella condizione di essere competitivi senza abbassare i diritti delle persone. Noi su questo versante non abbiamo altra strada, non vi sono delle alternative che possono permettersi le imprese private rischiando del loro. Quindi la sfida dell’innovazione continua in questo senso è assolutamente da sostenere. L’altra novità che vorrei sottolineare è che questo tema dell’innovazione, lo stiamo affrontando assieme, nessuno è geloso della propria intuizione, della propria attività. C’è uno sforzo corale, ancora oggi un attimo confuso, con ruoli importanti, da protagonisti, dei due consorzi che fanno capo all’associazione. Sappiamo molto bene che l’innovazione di per sé non è tutta buona e costa molto. È un percorso importante dove la quantità di denaro e di risorse investite solo in parte viene ripagato. Quindi uno sforzo che faccia economia scala è quanto mai indispensabile perché le risorse necessarie per affrontare queste tematiche sono ingenti. Quindi credo il tema, così come è stato impostato e come lo stiamo affrontando sia correttamente aggredito. Io finisco con la sottolineatura di un altro fattore importante. Ovviamente l’innovazione, deve avere come interlocutore le cooperative. Abbiamo passato un lunghissimo periodo della crisi dove la cooperazione edile è stata pesantemente colpita. Ci sono rimaste due grandi cooperative e poi una realtà estremamente ridotta rispetto passato, di medie e medie-piccole cooperative. Io credo che in questa direzione il lavoro che sta facendo l’associazione, insieme al consorzio, di rigenerazione di un tessuto imprenditoriale e cooperativo a livello nazionale che rigeneri una rete di cooperative in grado di utilizzare l’innovazione prodotta, in grado di far leva sull’innovazione prodotta per consolidare la propria attività sia altrettanto importante come il lavoro di ricerca e di sviluppo che si sta facendo. Io con questo e con ancora i complimenti per l’attività costante e continua che Integra sta facendo in questa direzione, affermando così un modello di consorzio al passo con il cambiamento in atto. Vi ringrazio per avermi ascoltato e vi auguro buon proseguimento dei lavori. Grazie.

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INNOVAZIONE, STRUMENTI E MODELLI PER LA SICUREZZA E LA SOSTENIBILITÀ DEL COSTRUITO Marco Iuorio

Fabio De Astis

Stress

Stress

Andrea Prota

Alberto Zinno

Stress

Responsabile Area Tecnica - STRESS S.c.ar.l

Marco Iuorio Stress è una società consortile nata con l’obiettivo specifico di integrare quelli che possono essere i driver di innovazione, gli interessi, e le “ambizioni tecnologiche” del mondo delle imprese e di tutta la filiera delle costruzioni, con le consolidate competenze e le “sollecitazioni scientifiche” che possono pervenire da Università ed enti di ricerca, facendo convergere le due anime nella realizzazione di dimostratori tecnologici con un duplice scopo: da un lato quello di validare le metodologie, tecnologie e le innovazioni sviluppate nell’ambito dei progetti di ricerca industriale condotti e, dall’altro, rappresentare uno strumento di divulgazione e promozione degli stessi nei confronti delle imprese, dei professionisti, della pubblica amministrazione e della filiera in generale. Nel 2012 STRESS è stata designata dal MIUR come distretto tecnologico per l’edilizia sostenibile. Con questo modello di integrazione la società opera sulle tematiche della sostenibilità, della sicurezza e della resilienza del costruito storico, delle città del futuro e delle reti infrastrutturali, dando centralità alle ricadute sui sistemi urbani e sociali, utilizzando un approccio che individua nella qualità della vita e nel benessere dei cittadini, gli indicatori di una gestione positiva delle trasformazioni urbane e dell’utilizzo di risorse naturali. Sono oggetto di focus specifici anche alcuni dei più attuali trend di innovazione quali: • l a funzionalizzazione dei materiali da costruzione che sono al centro dei processi di innovazione del settore e che, negli ultimi 30 anni, hanno contribuito a modificarne le prassi di cantiere e ancora di più quelle della progettazione con un’attenzione, oggi, molto forte sulla ricerca di nuove soluzioni per l’incremento della sostenibilità, la messa in sicurezza del costruito esistente e del suo efficientamento energetico; • l’impatto delle tecnologie digitali utili a integrare il progetto, la realizzazione, ma soprattutto la gestione delle opere edili ed infrastrutturali con le possibilità offerte dall’adozione delle smart technologies, come ad esempio l’analisi di “big data”, l’internet delle cose, la stampa 3D e l’automazione avanzata. Tecnologie in grado di fornire una grande opportunità nel processo di conoscenza di opere esistenti contribuendo con nuovi strumenti a studiare, monitorare, visualizzare, conservare, gestire e valorizzare il costruito esistente e in particolare quello storico; • una sempre maggiore attenzione verso modelli di gestione degli edifici e degli aggregati, con sistemi che puntano a facilitare il monitoraggio strutturale e del confort interno degli edifici; • tutto questo all’interno di un “ambiente costruito” al quale si richiede sempre più di associare l’aggettivo smart, che non deve significare solo disseminare una città di app e sensori, ma progettare con un approccio integrato attraverso un uso intelligente di tutte le tecnologie disponibili per la gestione della complessità in chiave sostenibile e resiliente.

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La ricetta individuata per rispondere a questi obiettivi è stata quella di costruire una compagine societaria costituita da soggetti funzionali allo scopo, ovvero un nucleo molto forte e incentrato intorno alle competenze dell’Università Federico II di Napoli e una serie di imprese che rappresentano tutta la filiera delle costruzioni, dalle società di ingegneria e dei servizi, alle imprese di costruzione, di cui il Consorzio Integra è sicuramente il rappresentante più importante, fino ai produttori di materiali. Nel tempo è stata poi consolidata una struttura di competenze interne, composta da tecnici e project manager, in grado di gestire le diverse progettualità in corso, favorire l’interazione con i soci e tra i soci e garantire una forte capacità promozionale per le azioni intraprese e per i risultati raggiunti.

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Andra Prota Stress è una società consortile nata con l’obiettivo specifico di integrare quelli che possono essere i driver di innovazione, gli interessi, e le “ambizioni tecnologiche” del mondo delle imprese e di tutta la filiera delle costruzioni, con le consolidate competenze e le “sollecitazioni scientifiche” che possono pervenire da Università ed enti di ricerca, facendo convergere le due anime nella realizzazione di dimostratori tecnologici con un duplice scopo: da un lato quello di validare le metodologie, tecnologie e le innovazioni sviluppate nell’ambito dei progetti di ricerca industriale condotti e, dall’altro, rappresentare uno strumento di divulgazione e promozione degli stessi nei confronti delle imprese, dei professionisti, della pubblica amministrazione e della filiera in generale. Nel 2012 STRESS è stata designata dal MIUR come distretto tecnologico per l’edilizia sostenibile. Con questo modello di integrazione la società opera sulle tematiche della sostenibilità, della sicurezza e della resilienza del costruito storico, delle città del futuro e delle reti infrastrutturali, dando centralità alle ricadute sui sistemi urbani e sociali, utilizzando un approccio che individua nella qualità della vita e nel benessere dei cittadini, gli indicatori di una gestione positiva delle trasformazioni urbane e dell’utilizzo di risorse naturali. Sono oggetto di focus specifici anche alcuni dei più attuali trend di innovazione quali: • l a funzionalizzazione dei materiali da costruzione che sono al centro dei processi di innovazione del settore e che, negli ultimi 30 anni, hanno contribuito a modificarne le prassi di cantiere e ancora di più quelle della progettazione con un’attenzione, oggi, molto forte sulla ricerca di nuove soluzioni per l’incremento della sostenibilità, la messa in sicurezza del costruito esistente e del suo efficientamento energetico; • l’impatto delle tecnologie digitali utili a integrare il progetto, la realizzazione, ma soprattutto la gestione delle opere edili ed infrastrutturali con le possibilità offerte dall’adozione delle smart technologies, come ad esempio l’analisi di “big data”, l’internet delle cose, la stampa 3D e l’automazione avanzata. Tecnologie in grado di fornire una grande opportunità nel processo di conoscenza di opere esistenti contribuendo con nuovi strumenti a studiare, monitorare, visualizzare, conservare, gestire e valorizzare il costruito esistente e in particolare quello storico; • una sempre maggiore attenzione verso modelli di gestione degli edifici e degli aggregati, con sistemi che puntano a facilitare il monitoraggio strutturale e del confort interno degli edifici; • tutto questo all’interno di un “ambiente costruito” al quale si richiede sempre più di associare l’aggettivo smart, che non deve significare solo disseminare una città di app e sensori, ma progettare con un approccio integrato attraverso un uso intelligente di tutte le tecnologie disponibili per la gestione della complessità in chiave sostenibile e resiliente.

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Fabio De Astis Buongiorno, io sono l’Architetto Fabio De Astis, faccio parte dell’unità sperimentazioni del consorzio STRESS. Mi occupo dal 2013 di aspetti legati alla geomatica per il rilevamento ed il trattamento dei dati ambientali, territoriali e per il costruito, e di progettazione BIM. Queste attività vengono svolte mediante l’ausilio di tecnologie avanzate per il rilievo, la diagnostica ed il monitoraggio, come Laser scanner 3D, Fotogrammetria digitale SFM, Sistemi di rilevamento dinamico MMS, Sistemi GPS, e metodologie integrate per il supporto alle attività di progettazione BIM, in particolare applicate al costruito esistente “as-built”, ed al costruito storico di pregio. Oggi vi mostrerò alcune attività che Stress ha svolto nell’applicazioni di queste metodologie e tecnologie avanzate. In particolare tre casi emblematici in cui processi, metodologie e tecnologie sono state integrate al meglio per supportare le attività di conoscenza necessarie allo sviluppo della progettazione di interventi di recupero, e riqualificazione del costruito esistente, storico di pregio e ambientale. Prima di mostrarvi questi lavori, parto da un dato: “In Italia lo stock di abitazioni ante ‘74, ovvero con oltre 40 anni di vita è superiore al 70%” (Fonte: ANCE, 26 settembre 2017). Questo evidenzia l’opportunità di un mercato della manutenzione, del recupero e della riqualificazione in Italia molto importante (Slide 2). Il progetto sul costruito esistente, e sul costruito storico di pregio non può prescindere dall’attuazione di processi e metodologie conoscitive approfondite del contesto e dei manufatti su cui interveniamo. Quando parliamo di BIM applicato all’esistente parliamo innanzitutto di un processo che fa di un modello 3D dettagliato il cardine attorno al quale ruotano le informazioni. È proprio sfruttando queste possibilità che l’enorme mole di informazioni geometriche e non geometriche, ricavate dalla conoscenza dell’esistente, possono trovare sistematizzazione e diventare oltre che strumento di progetto, soprattutto di gestione. Nell’ applicazione del BIM al costruito esistente sono in uso alcuni acronimi come HBIM, inteso come Historic Building Information Modeling (Slide 3-4). Il processo progettuale, in particolar modo sull’esistente, deve essere fondato su una conoscenza approfondita del manufatto. Se nella logica del BIM applicato alle nuove costruzioni individuiamo un processo ciclico, dalla programmazione dell’intervento (ideazione) alla sua dismissione (demolizione), nell’ approccio HBIM possiamo immaginare che a fronte di un dato momento iniziale di conoscenza approfondita del manufatto, nel quale si costruisce un primo modello geometrico-informativo dettagliato, questa implementazione dei dati non cessi, ma venga nel tempo arricchita dai dati provenienti dai successivi interventi di manutenzione che il bene subirà nel corso dell’intera sua esistenza (Slide 5). Il processo HBIM si configura prevalentemente attraverso tre macro step riassumibili in: acquisizione documentale informativa e geometrica, processamento e creazione modello dettagliato, eventualmente realty-based, e creazione del modello HBIM (Slide 5-6). Il rilievo geometrico riveste indubbiamente un ruolo principe nella fase di conoscenza. Tra le tecnologie a disposizione il Laser scanner è indubbiamente ad oggi lo strumento più veloce accurato e flessibile per avere una mappatura completa, oltre che dettagliatissima del bene in oggetto. Tra le tecnologie in possesso di stress a supporto delle attività di rilievo vi mostro due laser scanner 3D: il Faro 3D S120 ed il Riegl Vz400. Due Laser scanner che si differenziano per la tipologia di acquisizione laser, il primo più adatto alla scala dell’architettura ed il secondo ai contesti ambientali e territoriali. Altre due interessanti tecnologie di supporto alle attività di rilievo a disposizione di stress sono: il Mobile Mapping System per l’acquisizione di nuvole di punti 3D in dinamico, (laser scanner in movimento su veicolo) ed il sistema di fotogrammetria digitale 3D EYE. A supporto di queste tecnologie c’è chiaramente il corredo di strumentazione software per il processamento e l’elaborazione dei dati, in particolare quelle relative poi alla fase di assemblaggio delle informazioni in ambiente BIM e di supporto alla progettazione (Slide 8-12). E’ importante sottolineare che la caratterizzazione geometrica dei manufatti storici spesso risulta onerosa dal punto di vista delle conoscenze e dei processi da attuare. Nell’approccio BIM la traduzio-

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ne geometrica dei dati provenienti dai rilievi non è automatizzata, e la mancanza di librerie di oggetti disponibili rende il processo di “costruzione” del modello informativo articolato, lungo e complesso. I dati provenienti dalla nuvola di punti 3D devono quindi essere discretizzati e adattati mediante l’ausilio di più procedure e strumenti. Ma non vi è dubbio che le possibilità offerte dal BIM di unire a modellazioni avanzate database informativi risulta essere un approccio chiave nella gestione del patrimonio costruito (Slide 13-14). Il primo esempio che vi mostro, tratta il sistema di coperture lignee settecentesche del Gran Salone della Meridiana, presso il Museo Archeologico di Napoli, (MANN), attraverso l’utilizzo di metodologie integrate, si è realizzato, un modello HBIM - Historic Building Information Modeling, - reality based - per la mappatura dello stato di conservazione, la gestione dei dati, ed il supporto alle attività di manutenzione e valorizzazione (Slide 15). Sfruttare le potenzialità della tecnologia BIM, ci ha permesso di correlare l’imponente mole di dati, provenienti dalle indagini diagnostiche e dalle analisi visive, ai modelli, reality based, ottenuti dal processamento delle acquisizioni effettuate con tecnologia Laser Scanner 3D, e consentito di fornire, al MANN, un valido strumento di consultazione ed indagine (Slide 16-17-18). Il caso in oggetto, oltre a rappresentare un unicum sotto l’aspetto storico-artistico, per datazione e complessità, si presenta oggi caratterizzato da fenomeni di dissesto e danneggiamento, che ne hanno alterato l’aspetto ed il comportamento strutturale. Da qui, l’esigenza di rappresentare le strutture lignee attraverso modelli “fedeli” - reality based, da “tradurre” in ambiente BIM, mediante l’utilizzo di più software, per la codifica, il set dei parametri, l’esportazione verso formati “aperti”, e l’archiviazione condivisa (Slide 19). Una volta ottenuta la “traduzione” dei modelli in ambiente BIM, il lavoro successivo è stato quello di progettare ed organizzare la struttura di codifica ed identificazione dei dati, a partire dal singolo elemento e per tutti i sistemi di copertura presenti: capriate alte, basse e struttura in acciaio, da poter poi utilizzare come base dati per l’informatizzazione dei modelli. Il database informativo è stato strutturato in modo da garantire una chiara e logica lettura dei dati, e dei modelli ad essi associati, integrando,

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le necessità informatiche-operative del software di authoring BIM, con la struttura di codificazione e semantica progettata. Il modello informativo finale HBIM è il risultato di un complesso ed articolato lavoro di nidificazione. Nel tempo, il sistema HBIM fornito potrà essere aggiornato ed implementato alle nuove condizioni che si presenteranno. Verrà impiegata una piattaforma digitale di condivisione dei modelli e dei dati, su server FTPS dedicato, sia in formato proprietario che aperto. Attraverso i formati aperti, IFC, sarà garantita la visualizzazione 3D e la possibilità di interrogazione degli stessi per la lettura dei dati di analisi ed indagine associati. I dati saranno disponibili anche sotto forma di foglio di lavoro, opportunamente organizzati e pronti per l’eventuale implementazione ed aggiornamento. Inoltre, verranno messi a disposizione i rilievi eseguiti con tecnologia laser scanner 3D, mediante un sistema di navigazione e visualizzazione dei dati - web-based (Slide 20-21-22). Lo stesso approccio ha riguardato gli edifici ospitanti l’ex Dipartimento di Ingegneria Industriale, DII, dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Con la modellazione BIM del complesso di edifici ospitante la sezione navale dell’ex Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Napoli Federico II, si è ottenuto un modello parametrico ed informativo, dettagliato e fedele allo stato attuale, caratterizzato fino ad un LOD D, così come specificato nella UNI 11337-parte 4. Oltre al rilievo tradizionale e alle indagini di diagnostica strutturale, sono state utilizzate tecnologie innovative come il laser scanner 3D e la termografia. Il rilievo laser scanner 3D in situazioni di particolare complessità, come nel caso in oggetto, ha consentito l’abbattimento dei tempi di rilievo e restituzione e l’acquisizione in contemporanea di nuvole di punti 3D e foto a colori per le opportune verifiche geometriche (Slide 24-25). Grazie alla termografia infrarossa, invece, si è investigata la struttura laddove non si riuscivano ad ottenere informazioni utili con la scansione laser, ed in maniera non invasiva, è stato possibile determinare il posizionamento degli elementi strutturali principali, le orditure dei solai e la presenza di ponti termici. Sono inoltre state eseguite indagini diagnostiche sulle strutture in calcestruzzo armato, distruttive e non, ed endoscopie localizzate per avere maggiori informazioni sull’involucro (Slide 26-27). Tra le sfide affrontate nel corso della modellazione si annovera la parametrizzazione di elementi strutturali di notevole grandezza come, ad esempio, le travi reticolari metalliche, e la realizzazione di componenti architettonici ad hoc. Il modello BIM ottenuto, grazie all’imponente lavoro di indagini diagnostiche, è risultato un valido strumento di supporto alle attività di progettazione (Slide 28-29-30). Per il progetto di riqualificazione delle stazioni RFI “Easy Smart Station” lo spin off StressValue è stato incaricato di effettuare rilievi, di restituire i rispettivi modelli BIM all’as-built delle stazioni di Sant’An-

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timo - Sant’Arpino (NA), Gianturco (NA), e Casoria-Afragola (NA), nonché di coordinare e supportare tutto il processo progettuale BIM, anche in fase di cantiere a supporto della realizzazione degli interventi di riqualificazione. Nelle immagini che seguono alcune viste dei modelli allo stato di fatto e di progetto delle stazioni. Anche qui sono state avviate delle campagne di rilevamento con laser scanner, è stato messo a disposizione un accesso da remoto per visualizzare foto panoramiche a 360° delle stazioni e degli ambienti. Sono stati supportati i progettisti, architetti, strutturisti ed impiantisti nella fase di gestione e coordinamento dei modelli di progetto, di emissione del progetto definitivo ed esecutivo. Sono stati prodotti computi ed abachi per la verifica costi tempi in fase di esecuzione. I modelli saranno ulteriormente aggiornati all’as-built di cantiere e saranno forniti ad RFI in formato Open IFC (Slide 32-33-34). Altre attività importanti che ci hanno visto coinvolti in partnership con aziende come la Tecno In SPA ed istituti di ricerca come il CNR sono stati i rilievi con sistema MMS dell’area industriale di Assemini (CA), un area di 100 Ha rilevata con dettaglio centimetrico in soli 5 giorni, a supporto di attività di decomissioning, ed i rilievi ed i monitoraggi ambientali del centro storico di Frigento (AV) (Slide 35-38).

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Alberto Zinno INTRODUZIONE E’ ormai universalmente, e realisticamente, riconosciuto che non ci può essere conservazione del patrimonio architettonico storico di un territorio senza una sua valorizzazione, ossia senza un suo uso appropriato: solo così la conservazione è portatrice di valori positivi, culturali e socio-economici, in quanto contribuisce a conservare e rafforzare l’identità culturale ed allo stesso tempo a conservare e possibilmente ad incrementare la qualità della vita ed il benessere economico della comunità che in tale territorio vive. Ciò significa naturalmente che non vi può essere conservazione senza creare le condizioni che ne consentano l’uso, e quindi prima di tutto senza che siano assicurati adeguati livelli di sicurezza strutturale, in particolare sismica. Nel presente lavoro verranno affrontate le tematiche di valutazione della sicurezza sismica di complessi storico-monumentali, generalmente segnati nella loro forma e nella loro materia da una evoluzione storica che ne ha determinato continui cambiamenti, con riferimento all’approccio metodologico utilizzato per il caso studio del Convento di Sant’Angelo d’ Ocre, profondamente danneggiato a seguito dello sciame sismico dell’aprile 2009 che ha interessato l’Abruzzo. Il percorso di messa in sicurezza di complessi storico-architettonici, frutto di successive trasformazioni ed evoluzioni temporali, non può prescindere da un’attenta e minuziosa conoscenza della fabbrica così come di una modellazione strutturale adeguata, al fine di valutare opportunamente le vulnerabilità specifiche dovute alla genesi articolata e non unitaria che li contraddistingue (sequenza costruttiva, danni ed interventi pregressi, etc.)

IL PERCORSO DELLA CONOSCENZA La conoscenza rappresenta la fase predominate delle analisi di vulnerabilità sismica, infatti è durante questa che fase si cerca, attraverso la raccolta di informazioni sia in maniera diretta che indiretta di capire qual è l’identità strutturale dell’aggregato. Di seguito sono riassunte le informazioni più significative raccolte durante il percorso metodologico di conoscenza effettuato secondo gli approcci riportati nelle Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni [1] e nelle Linee Guida Patrimonio Culturale [2] Evoluzione storica Convento di Sant’Angelo sorge su uno sperone roccioso del Monte Circolo, a picco sulla Valle dell’Aterno, sul confine tra i comuni di Ocre e di Fossa. Ad un primo sguardo, il convento si palesa come un organismo architettonico omogeneo ed unitario; in realtà è il risultato di una complessa stratificazione architettonica favorita dalla particolare conformazione del sito, decisamente suggestiva ed evocativa, e dalla presenza di una sorgente d’acqua. Il sito dove sorge il convento già in età medievale ospitava una chiesa, forse un romitorio, dedicata a san Michele Arcangelo. Solo a partire dal XII secolo, è attestato l’insediamento di una prima comunità monastica dell’Ordine Benedettino. Fu sul finire del XV secolo che il convento, ceduto ai Francescani Osservanti, acquistò la configurazione architettonica che ancora oggi è possibile cogliere. Nei secoli successivi, in particolare dopo il passaggio ai Francescani Riformati, l’edificio fu oggetto di numerosi lavori di ampliamento e rifacimento; gli ultimi significativi interventi, in ordine di tempo, sono le opere di consolidamento e restauro avvenute nel corso del XX secolo. Sulla base delle poche testimonianze d’archivio giunte sino a noi è stato possibile effettuare alcune ipotesi interpretative delle vicende costruttive del Convento, che supportate da una serie di saggi ed

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analisi diagnostiche ci hanno consentito di individuare quattro fasi principali nell’evoluzione del complesso architettonico (Slide 1). Rilievo materico strutturale Dall’analisi dei materiali e delle tecniche, si possono ricavare ulteriori informazioni sulla storia e l’evoluzione del complesso. Il rilievo riguardante gli elementi caratteristici delle strutture ha evidenziato un’elevata disomogeneità strutturale dell’edificio; ciò è giustificabile dai numerosi interventi subiti dal convento nei secoli. Il materiale utilizzato per gli elementi in elevazione è quasi sempre la pietra calcarea locale, tipica della zona appenninica abruzzese; sono comunque presenti alcune murature in laterizio. Più diversificata è invece la tipologia degli orizzontamenti. In particolare, è possibile distinguere al piano interrato, in corrispondenza delle cantine, una muratura disordinata a ciottoli di calcare di grandi dimensioni, dello spessore variabile tra 85 e 165 cm che sorregge orizzontamenti di tipo voltato, solitamente volte a crociera in mattoni di laterizio cotto e riempimento in materiale sciolto. La stessa tipologia muraria la ritroviamo al piano terra nell’ala orientale. Gli altri locali dei piani seminterrato e terra e dei livelli superiori sono stati, in gran parte, realizzati con murature disordinata a ciottoli di calcare di medie dimensioni. Murature in mattoni di laterizio a due teste e graticci in legno e pietra sono stati utilizzati al primo piano per definire le celle. Nei primi due livelli i locali presentano orizzontamenti voltati mentre al primo piano prevalgono solai in putrelle (IPE 120) e tavelloni in laterizio realizzati nella seconda metà del ‘900. Le celle sono coperte da finte volte ad incannucciata. Le coperture sono realizzate con tetti in legno con capriate e tegole in laterizio. La varietà degli orizzontamenti lungo l’altezza del manufatto è il risultato degli interventi strutturali subìti dal manufatto stesso in epoche passate e recenti. Gli orizzontamenti dei vari impalcati presentano un grado di ammorsamento con le pareti non sempre efficace. Per ciò che concerne gli ammorsamenti murari da una valutazione visiva emerge che i cantonali esterni sono stati realizzati con maggiore cura mediante l’impiego blocchi squadrati di calcare, mentre, in corrispondenza dell’intersezione tra pareti ortogonali, spesso troviamo dei tiranti, segno di interventi eseguiti in epoche diverse al fine di migliore questo particolare tipo di collegamento. La tipologia delle piattabande presenti è alquanto variabile a seguito dei numerosi interventi cui l’edificio è stato sottoposto nel corso dei secoli. Dunque, sono stati rilevati: architravi realizzati in legno, architravi in pietra calcarea, archivolti in pietra e mattoni, architravi in acciaio (dovuti ad interventi recenti). Di seguito (Slide 2) si riportano le principali indagini che hanno caratterizzato il percorso di conoscenza della struttura. Rilievo dello stato di danno, dei dissesti e del degrado Le lesioni nella muratura sono ferite che non vengono mai completamente cancellate. L’evento sismico può costituire una sorta di collaudo, ma rappresenta anche un parziale azzeramento della storia sismica; inoltre, in molti casi, si è di fronte a fabbriche che non hanno mai subito l’intensità massima attesa per il sito e quindi per molti edifici manca un vero collaudo. La costruzione dello scenario sismico relativo all’oggetto dello studio avviene mediante la sovrapposizione di tutte le informazioni raccolte nella fase conoscitiva, che qui vengono selezionate e criticamente suddivise in agenti positivi o negativi nei confronti della vulnerabilità sismica. La conoscenza puntuale delle modalità costruttive e della configurazione d’assieme si uniscono alle ulteriori informazioni che la lettura evolutiva ha fornito per analizzare gli effetti che il terremoto ha prodotto. Dal rilievo “critico del danno” è possibile analizzare quale sia stata la risposta globale dell’edificio al sisma. È difficile attraverso la sola analisi visiva risalire al meccanismo principale (meccanismo che si attiva per primo), ma in generale si può senz’altro affermare che la maggior parte dei meccanismi sono tra loro connessi. Un esempio è il ribaltamento della facciata della struttura che provoca la mancanza della zona di appoggio per lo scarico delle volte che si lesionano di conseguenza. A seguito del sisma si è riscontrata una maggiore vulnerabilità dell’aggregato per le pareti libere dello stesso, manifestando,

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Slide 1 Ipotesi evolutiva del convento: (a) Prima fase (VIII-XII sec.), (b) Seconda fase (XII-XV sec.), (c) Terza fase (XV-XVI sec.), (d) Quarta fase (XVII-XX sec.).

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Indagini effettuate: (a) Termografie, (b) Endoscopie, (c) Indagini visive, (d) Laser scanner; (e) soniche; (f) penetrometriche; (g) verifica del tiro delle catene; (h) geognostiche

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dunque, una crisi per meccanismi fuori dal piano piuttosto che nel piano. Le maggiori criticità sono emerse in corrispondenza della facciata della chiesa e della parete meridionale del convento. Queste sono state interessate dal cinematismo di ribaltamento fuori piano. La facciata della chiesa, aggiunta solo nel 1761, ha risentito di un cattivo ammorsamento con le pareti ortogonali. La parete del convento, invece, ha subito il cinematismo per effetto delle sue grandi dimensioni in altezza e lunghezza e per il contributo delle spinte delle volte. Diffuse lesioni nel soffitto, inoltre, sono state riscontrate nel maschio adiacente la scala ed in prossimità delle celle. In questo caso, in base alle ipotesi storiche formulate, tale paramento murario potrebbe essere caratterizzato da delle discontinuità interne, essendo perimetrale a due unità costruite in epoche successive e contigue. Di seguito (Slide 3) si riporta schematicamente la risposta del complesso all’azione sismica. Caratterizzazione dell’aggregato La strada da intraprendere per la modellazione di una struttura in aggregato è tortuosa e ricca di insidie. Sia la modellazione isolata che quella globale delle unità ha i propri vantaggi e svantaggi restituendo risultati che comunque non sono perfettamente aderenti al comportamento reale. Considerata la complessa stratificazione che caratterizza la struttura è stato opportuno suddividerla in più unità di analisi (Slide 4). Per ogni una di essa sarà condotto uno studio più approfondito dal punto di vista architettonico, strutturale e del danno. La singola unità d’analisi (UA) può contenere più unità strutturali. Tenendo in conto i parametri sintetici di classificazione dell’intero complesso architettonico, l’unità d’analisi è quella nella quale vengono definiti i possibili meccanismi di collasso sismico. Sono state individuate nove unità di analisi come mostrato nella rappresentazione grafica che segue: La definizione delle unità di analisi è stata effettuata considerando i seguenti aspetti: • • • • • •

omogeneità tipologica e strutturale; epoca di costruzione e di eventuale intervento; continuità delle strutture portanti; omogeneità delle quote degli orizzontamenti; compattezza delle sagome in pianta ed in elevazione; sviluppo sull’intera altezza.

VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA SISMICA L’analisi di vulnerabilità dell’opera ha riguardato sia i meccanismi fuori dal piano (per cui le strutture in muratura presentano elevata criticità) che quelli nel piano, una volta assicuratisi che non si sviluppino quelli di primo modo. Meccanismi locali L’applicazione del metodo di verifica presuppone, infatti, l’analisi dei meccanismi locali ritenuti significativi per la costruzione, che possono essere ipotizzati sulla base della conoscenza del comportamento sismico di strutture analoghe, già danneggiate dal terremoto, o individuati considerando la presenza di eventuali stati fessurativi, anche di natura non sismica. In particolare, sono stati analizzati i meccanismi di flessione verticale, ribaltamento del cantonale e ribaltamento composto, avendo potuto constatare in sito un buon grado di ammorsamento tra le pareti ortogonali. Ognuno di questi meccanismi considerati, tramite l’analisi limite dell’equilibrio, ha restituito per ogni parete un moltiplicatore di collasso: risulta evidente che al minimo di questi è associato il meccanismo che più probabilmente si attiverà sulla parete in esame. La verifica è stata condotta su tutte le pareti perimetrali dell’intero convento ed i risultati ottenuti hanno confermano il rilievo del danno, trovando accordo con lo stato di fatto. I moltiplicatori di collasso più bassi, infatti, si sono ottenuti per le pareti P1B e P14B e sul cantonale 8 sui quali risulta evidente l’attivazione dei meccanismi.

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Rilievo del quadro fessurativo del complesso – Piano primo

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Le unitĂ di analisi

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Meccanismi Globali Dalle informazioni raccolte durante la fase di conoscenza della struttura e dalle incertezze legate alla particolare tipologie di muratura aquilana caratterizzata da pietrame e ciottoli con tessitura caotica ed assenza di ammorsamento tra le pareti ortogonali, è difficile riuscire a prevedere il corretto modello matematico capace di interpretare il reale comportamento della struttura. Una delle problematiche degli aggregati riguarda proprio le interazioni reciproche a cui sono soggette le varie parti dell’aggregato. Dato l’elevato numero di fattori che influenzano il fenomeno, è difficile riuscire a definire quale sia l’effettivo grado di collegamento tra le tre unità, per cui ancora oggi ci sono notevoli incertezza su quale sia la soluzione corretta per modellare questo tipo di strutture. Per le ragioni suddette viene proposta una metodologia di analisi che consiste nelle valutazioni di vulnerabilità della struttura considerando le due configurazioni limite: • perfetta connessione tra le unità dell’aggregato (Aggregato); • assenza di connessione tra le unità dell’Aggregato (Isolata). In questo paragrafo verranno mostrati le differenze riscontrate tra i due modelli che prevedono le due diverse configurazioni limite descritte, e valutata la vulnerabilità della struttura utilizzando la configurazione che meglio interpreta il reale comportamento della struttura. Questa fase risulta necessaria per la corretta individuazione del modello di calcolo utilizzabile poi per la valutazione di un possibile progetto di adeguamento o miglioramento sismico. La verifica è stata svolta attraverso l’implementazione di un modello tridimensionali che schematizzano la struttura in muratura portante mediante un telaio equivalente tramite il software di calcolo 3Muri Professional S.T.A. DATA [3]. A valle delle analisi statiche non lineari, la stima della sicurezza sismica delle due configurazioni esaminate è stata espressa mediante l’indice di vulnerabilità meccanica IM, definito come il rapporto tra Du (spostamento capace del sistema) e Dmax (spostamento di domanda del sistema): IM1 è riferito all’unità in condizioni isolate, IM2 a quella in aggregato. Il rapporto tra IM2 e IM1 esprime quale delle due configurazioni analizzate restituisca l’indice di sicurezza più basso, quando il rapporto IM2/IM1 ha un valore maggiore dell’unità la configurazione unità isolata rappresenta una configurazione più cautelativa in caso contrario è l’unità in aggregato a esserlo.

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Individuazione delle pareti analizzate, verifica di sicurezza con fattore di struttura q

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Individuazione delle pareti analizzate, verifica di sicurezza con fattore di struttura q

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Anche la rappresentazione del collasso dei pannelli murari, ha mostrato le notevoli differenze tra le due configurazioni analizzate. Il diverso stato di danneggiamento riscontrato per le due configurazioni è frutto sia di un diverso meccanismo di collasso dell’intera struttura che dello spostamento ultimo raggiunto per i due casi analizzati. Confrontando le modalità di collasso con il rilievo del danno è stato inoltre possibile individuare quale delle due configurazioni avesse restituito quanto accaduto dalla realtà. Come è possibile notare dalle (Slide 6) le diverse unità che caratterizzano l’aggregato, assumono in alcune circostanze un comportamento corrispondente alla configurazione Isolata, in altre invece si comportano come quanto riscontrato nella configurazione in aggregato, si inoltre riscontrati dei casi in cui il reale comportamento della unità non veniva descritto da nessuna delle due configurazioni esaminate. In particolare in Slide 6 (a) la rottura del maschio murario riscontrata nel rilievo del danno dell’unità 1viene colta, seppur con un meccanismo differente, dalla configurazione unità Isolata, ciò tenderebbe a far pensare che il grado di ammorsamento dell’unità 1 è carente tale da far avere all’unità un comportamento differente dall’aggregato. La rottura di maschi e fasce riscontrate su di una parete dell’unità 2 Slide 6 (b), viene colta invece dalla configurazione in aggregato, anche in questo caso tale osservazione tenderebbe a far pensare che il comportamento dell’unità sia più simile a quello di perfetta aderenza con il resto della costruzione. Ci sono dei casi in cui Slide 6 (c), le rotture riscontrare durante la fase di rilievo non vengono colte da nessuna delle due configurazioni, in tal caso si suppone che le unità abbiano avuto un comportamento intermedio tra i due casi limite. Interventi di consolidamento La strategia di intervento di adeguamento sismico sono generalmente indirizzati a eliminare tutti i meccanismi di collasso di primo modo conferendo un comportamento scatolare, e tutti i meccanismi di collasso di piano in corrispondenza degli orizzontamenti, oltre che al miglioramento della capacità deformativa globale della struttura (aumento di duttilità). Una situazione di danno piuttosto frequente è quella del ribaltamento della parete esterna dell’edificio, dovuta all’azione del sisma, con o senza una spinta statica proveniente da strutture quali volte o tetti spingenti. Tali interventi, per questo motivo, sono mirati, prima di tutto, ad assicurare alla costruzione un soddisfacente comportamento d’assieme, mediante la realizzazione di un buon ammorsamento tra le pareti e di efficaci collegamenti dei solai alle pareti. Al fine di effettuare un intervento dimostratore di buone pratiche di intervento che possano prendere in considerazioni anche nuovi materiali, per il caso studio in esame si è attuato un intervento per il rafforzamento della facciata della chiesa annessa al Convento al fine di ridurre la vulnerabilità della parete nei confronti delle azioni fuori piano ad oggi contrastata con interventi di presidio temporanei applicati nell’immediato post sisma da parte della squadra dei Vigili del Fuoco di Isernia (Slide 7). Nel dettaglio gli interventi eseguiti sono stati finalizzati a: • Rinforzo estradossale delle volte – mediante un intervento di consolidamento mediante innovativi sistemi FRG (Fiber Reinforced Grout) e frenelli in muratura, precedentemente validati mediante test dinamici su tavola vibrante presso i laboratori dell’Università di Napoli Federico II [4]; • rinforzo delle pareti murarie e del loro grado di connessione. – mediante una stilatura dei giunti di malta e successive iniezioni armate attraverso innovativi sistemi di tubi in carbonio e successivo inserimento di catene metalliche per collegare la parete con elementi trasversali.

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Parete della chiesa oggetto degli interventi di consolidamento

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Interventi sulle volte Gli interventi previsti sono volti a ridurre le vulnerabilità di questi elementi strutturali agendo solo nella parte estradossale mediante una cappatura eseguita con rasatura armata con rete in FRG interposta. I sistemi di rinforzo in FRG permettono, a differenza dei tradizionali FRP, la sostituzione della matrice polimerica con un legante inorganico a reattività pozzolanica in grado di assicurare un’ottima compatibilità chimica ed elasto-meccanica con i supporti in muratura. Il sistema voltato è stato ulteriormente irrigidito mediante la costruzione di frenelli in muratura. Nel dettaglio le fasi esecutive dell’intervento (Figura 8) sono: • preparazione delle superfici ed eventuale chiusura di lesioni e regolarizzazione delle superfici con malta premiscelata ad elevata duttilità di colore chiaro (tipo Planitop HDM Restauro della MAPEI S.p.a.); • posa in opera di primo strato di rinforzo estradossale con rete in fibra di basalto (tipo Mapegrid b 250 della MAPEI S.p.a.) e malta premiscelata ad elevata duttilità di colore chiaro (tipo Planitop HDM Restauro della MAPEI S.p.a.) in uno spessore variabile tra 10-12 mm; • posa in opera di frenelli realizzati con mattoni pieni, per una larghezza di ca. 20 cm ed altezza tale da raggiungere la quota di estradosso dei cordoli in c.a. esistenti per la cella a ridosso della facciata principale, e la quota di chiave per le volte poste in corrispondenza della chiesa. I mattoni sono stati allettati con malta premiscelata in polvere da muratura resistente ai sali, esente da cemento, (tipo Mape-Antique Allettamento della MAPEI S.p.a.); • posa in opera di barre in barre pultruse in fibra di vetro (prodotte da ATP s.r.l.) strumentate con sensori continui in fibra ottica per monitorarne lo stato tensionale, sulle apposite scanalature realizzate in corrispondenza della superficie estradossale dei frenelli che insistono sulla facciata principale oggetto dell’intervento. Le barre sono fissate ai frenelli mediante stucco epossidico bicomponente (tipo MapeWrap 12 della MAPEI S.p.a.); • posa in opera di secondo strato di rinforzo estradossale con rete in fibra di basalto.

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Interventi di consolidamento delle volte

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Interventi di consolidamento della parete della Chiesa 55


Interventi sulla parete Gli interventi di recupero strutturale in esame mirano al ripristino delle proprietà meccaniche della muratura, attraverso delle iniezioni armate, e contestualmente a migliorare la connessione negli incroci murari, attraverso l’inserimento di tiranti metallici. Gli interventi sono stati eseguiti in corrispondenza della fascia longitudinale posta alla quota del solaio del sottotetto ed operando solo dal lato interno a meno di lavorazioni locali per l’inserimento dei tiranti. Nel dettaglio le fasi esecutive dell’intervento (Slide 9) sono: • p reparazione della muratura previa una scarnitura dei giunti murari eliminando le parti di malta friabili e distaccate, reintegrando eventuali conci murari con zeppe ed eseguendo, successivamente, la stilatura dei giunti con malta premiscelata ad elevata duttilità di colore chiaro (tipo Planitop HDM Restauro della MAPEI S.p.a.); • iniezioni di malta impiegando ugelli in fibra di carbonio che fungono, al termine delle operazioni, da elementi di cucitura della parete. Gli ugelli sono costituiti da barre cave in fibra di carbonio con diametro esterno 10mm ed interno 8mm (tipo CARBOTUBE della Mapei S.p.a.), che vengono alloggiati all’interno dei fori precedentemente creati (in numero di almeno 4 per mq di superficie con diametro compreso tra i 12 ed i 14 mm, disposti a quinconce a formare un reticolo rettangolare) e fissati alla muratura mediante malta anti ritiro tixotropica ad indurimento rapido (tipo Planitop 400 della MAPEI S.p.a.); • esecuzione delle iniezioni, mediante malta superfluida, volumetricamente stabile, confezionata con legante idraulico fillerizzato e speciali additivi ritenitori di acqua (tipo Mape-Antique F21 della MAPEI S.p.a.); • posa in opera di n.6 barre metalliche filettate M20 in acciaio inox AISI 306, di cui due alle estremità che si ancorano nella muratura ortogonale (Tipo P2) ed i restanti che si ancorano al cordolo di collegamento presente. Le barre di tipo P2 sono state inghisate mediante stucco epossidico bicomponente (tipo MapeWrap 12 della MAPEI S.p.a.); le barre di tipo P1 sono state fissate mediante piastre dotate di appositi alloggi circolari per l’inserimento di molle in acciaio inox, che consentono di assorbire gli sforzi localizzati dovuti ad azioni improvvise o dilatazione termiche delle barre. Conclusioni Il presente lavoro ha ripercorso l’approccio metodologico da seguire per l’analisi e la messa in sicurezza di un complesso storico-architettonico, generalmente caratterizzata da una stratificazione ed evoluzione della fabbrica che ne conferisce i caratteri tipici di una struttura in aggregato, attraverso il caso studio del Convento di Sant’Angelo d’ Ocre, profondamente danneggiato a seguito dello sciame sismico dell’aprile 2009 che ha interessato l’Abruzzo. Partendo da una approfondita fase della conoscenza, per far fronte alle incertezze legate alla modellazione strutturale delle strutture in aggregato ed alle relative analisi numeriche, la valutazione della vulnerabilità sismica dell’opera è stata approfondita sia con riferimento alle singole unità strutturali sia alla struttura nella sua interezza. Dato l’elevato numero di fattori che influenzano il fenomeno, è difficile riuscire a definire quale sia l’effettivo grado di collegamento tra le unità che compongono un aggregato, si è deciso di confrontare la diversa risposta sia in termini di forzante che in termini di spostamenti delle singole unità considerate sia perfettamente vincolate alle altre che interamente svincolate Da quanto esaminato risulta chiaro che per uno stesso aggregato non è possibile adottare una unica configurazione per poter descrivere il reale comportamento della struttura, l’adozione di una schematizzazione piuttosto che di un’altra potrebbe indurre il progettista a considerare capacità, spostamenti e livelli di danno che in realtà la struttura non raggiunge. Tale aspetto è di notevole importanza non solo per la fase di valutazione di sicurezza sismica, ma anche per la successiva di definizione degli interventi, infatti una diversa localizzazione riscontrata dal modello adottato degli elementi danneggiati,

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porterebbe un progettista a rinforzare degli elementi che in realtà non sarebbero interessati da crisi, ciò induce ad ottenere livelli di sicurezza post interventi in realtà mai raggiunti. Per questo tipo di strutture, quindi, la corretta individuazione del modello strutturale ottenuta da una esaustiva raccolta di informazioni durante la fase di conoscenza, rappresenta l’aspetto principale e l’unica strada per una corretta valutazione della sicurezza sismica. Successivamente si sono illustrati interventi di riparazione e rinforzo locale che siano in grado di ridurre le vulnerabilità degli elementi strutturali nei confronti dei meccanismi di Modo I (meccanismi locali), che rappresentano la maggiore criticità per le strutture storiche. Gli interventi progettati hanno previsto interventi specifici con l’uso di sistemi innovativi in FRG che presentano molteplici vantaggi rispetto alle soluzioni tradizionali quali: la semplicità e velocità di posa in opera; le elevate prestazioni in termini di leggerezza (nessuna incremento delle masse per l’edificio), di durabilità e di prestazioni meccaniche; l’elevata durabilità in quanto di acciaio; completa reversibilità dell’intervento, di particolare importanza nel caso di interventi su edifici di particolare interesse storico. Ringraziamenti Le attività descritte sono state finanziate nell’ambito del Progetto di Ricerca PROVACI - Tecnologie per la PROtezione sismica e la VAlorizzazione di Complessi di Interesse culturale, PON R&C 2007-2013 del MIUR Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Si desidera ringraziare i partner del progetto Provaci ed i soci di STRESS S.c.ar.l. che hanno preso parte alle attività, ed in particolare la Cooperativa Muratori Sterratori ed Affini C.M.S.A. che ha eseguito l’intervento dimostrativo. Si ringrazia, inoltre, il Prof. Andrea Prota, il Prof. Alberto Balsamo ed l’Ing. Claudio D’Ambra per il prezioso contributo tecnico-scientifico fornito.

Bibliografia [1] Decreto Ministeriale del 17/02/2018. Aggiornamento dell Norme Tecniche per le Costruzioni. G.U. n. 42 del 20/2/2008 - NTC2018; [2] Linee guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale allineate alle nuove Norme tecniche per le costruzioni (d.m. 14 gennaio 2008) circolare n. 26 del 2 dicembre del 2010; [3] 3Muri PROFESSIONAL Software Versione 10.0.0. S.T.A. Data s.r.l. [4] A. Prota; M. Pellecchia; G.P. Lignola; A. Zinno; A. Balsamo; I. Iovinella; G. Maddaloni. Valutazione sperimentale mediante prova su tavola vibrante dell'efficacia di interventi con sistemi FRG su volte in muratura. Ingenio 31 (2015) ISSN 2307-8928.;

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CENTRO STUDI CONSORZIO INTEGRA Marco Aurelio Brandolini Direttore Commerciale Macroarea Sede Consorzio Integra, Responsabile Marketing e Centro Studi

Per INTEGRA innovazione è anche, in riferimento al driver “mercato”, aver creato l’osservatorio sui bandi pubblici, sviluppatosi grazie alla lungimiranza del Presidente Vincenzo Onorato che ha individuato nel Centro Studi un fattore importantissimo di crescita per il consorzio. L’osservatorio, attraverso una analisi che redigiamo mensilmente, è infatti punto di riferimento, soprattutto per le politiche commerciali di breve e medio periodo, sia per il consorzio stesso sia per i soci e per gli stakeholder più in generale: i dati elaborati sono stati riportati da Edilizia e Territorio e richiamati nell’allegato infrastrutture del DEF 2018. Procediamo ora all’analisi dei dati di mercato, con le novità introdotte, dei primi cinque mesi nel 2018 rispetto ai primi cinque mesi degli anni precedenti. La crescita è trainata dal risultato delle Concessioni e PPP che fanno registrare un +197%. Il mercato costruzioni, che è quello che poi analizzeremo più nel dettaglio, registra un +4,9% (Slide 1). Se analizziamo i risultati con riferimento alle regioni registriamo il calo importante della Sardegna e del Piemonte/Valle d’Aosta. Dopo una partenza sprint con crescite importanti su base mensile in febbraio e marzo, si registra un -10% ad aprile e un -44% a maggio, facendo sì che il mercato sia più o meno in linea nella media con l’anno precedente (Slide 2). Questa slide del mercato costruzioni (Slide 3) mostra chiaramente dove eravamo e dove siamo. In giallo il triennio 2008-2010, pre-crisi, con un dato di mercato, nel 2008, superiore ai 23 miliardi di euro. Nel 2017, che per alcuni è stato l’anno della ripresa, abbiamo raggiunto solo 14,4 miliardi; consideriamo infatti i 15 miliardi una soglia minima di ripresa, dato comunque che è, rispetto ai 23 miliardi del 2008, in contrazione di circa il 35%. Negli ultimi quattro anni i bandi fino a 10 milioni hanno sempre rappresentato almeno il 50% del mercato; nel 2018 abbiamo registrato un calo della fascia dei bandi oltre i 50 milioni, che è passata dal 39% del 2017 al 24% del 2018 (Slide 4). Abbiamo successivamente diviso il mercato costruzioni in due macro-fasce, da 0 a 2 milioni e da 2 milioni in su. Il “correttivo” ha previsto infatti la possibile applicazione del criterio del prezzo più basso per lavori di importo pari o inferiore a 2 milioni: parliamo di circa 4.500 bandi nei primi cinque mesi del 2017 e di 4.800 nei primi cinque del 2018. Il mercato di nostro principale interesse è rappresentato dai bandi oltre i 2 milioni; il dato complessivo, complice il rallentamento degli ultimi due mesi, è coincidente con il dato dell’anno scorso (Slide 5). Veniamo poi alle specializzazioni di mercato, che è una delle novità introdotte. Le infrastrutture, grazie anche a quattro bandi di Autostrade per l’Italia, crescono come incidenza, passando dal 44% al 54%, cresce il restauro, che dal 2% dell’anno scorso raggiunge il 6% nel 2018. (Slide 6) Questa la suddivisione per stazioni appaltanti (Slide 7): c’è stata una riduzione dell’incidenza delle gare Territorio (Enti Locali e Regioni) rispetto ai dati del 2015 e del 2016, anni nei quali ammontava al 55%, attestandosi ad un 34% nel 2017 e ad un 39% nel 2018, risultando sempre l’aggregato principale. 58


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Di questo 39% poco più della metà è di competenza diretta dei Comuni. Il mercato servizi è composto da una moltitudine di servizi anche molto diversi tra loro, ad esempio servizio accoglienza, ecologia etc. In giallo, rosso, fucsia e grigio i servizi che noi chiamiamo core, ovvero quelli di interesse Integra. I servizi core sono tutti in crescita tranne la vigilanza e il portierato (Slide 8-9-10).

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MIND THE GAP - DA COOPTECNITAL A COOPTECH Vanni Rinaldi Presidente Cooptech

Sono da alcuni anni il responsabile dell’innovazione di Legacoop nazionale oltreché il presidente di Cooptech , quindi diciamo sono qui in doppia veste, e confesso che quando Integra gentilmente mi ha invitato ero un po’ preoccupato perché mi sembrava un po’ difficile per me inquadrare il tema dell’innovazione tecnologica nell’ingegneria e negli edifici. Poi ascoltando soprattutto gli interventi di questa mattina, mi sono rincuorato perché in definitiva quello di cui vi racconterò brevemente questa sera vi riguarda tutti direttamente perché non avete fatto altro che parlare tutta la giornata di dati, cioè qualunque intervento ha in qualche modo introdotto il tema dell’acquisizione del processamento di dati. E perché questo? Perché se per avere una nuova legge che ha creato innovazione tecnologica, come qualcuno ha ricordato, su le norme antisismiche purtroppo si dovette attendere un terremoto come quello dell’Irpinia, oggi noi invece assistiamo a qualche cosa che è analogo per impatto ad un terremoto, senza per fortuna i relativi danni, che è l’innovazione prodotta dall’economia dei dati. Cioè qualsiasi attività di natura economica oggi ingloba e proietta un valore ulteriore che è nato dai dati. Ad un certo punto con questo consorzio che allora si chiamava Cooptecnital, adesso ve la faccio breve ma è una storia molto lunga perché è nato negli anni 80 ed è il consorzio nazionale che Legacoop destinò per fare a quel tempo cooperazione allo sviluppo nei paesi che ne avevano bisogno, e trasferimento tecnologico, da qui la conoscenza con Integra che ne fa parte, è sorta l’esigenza di favorire l’innovazione tecnologica, per i suoi soci e in generale per il mondo che rappresentano. Abbiamo fatto un percorso che ha consentito di identificare un certo numero di temi, partendo dalle domande banali su quale tecnologia, a che cosa ci serve, e siamo sostanzialmente arrivati ad attivare una sorta di incubatore (Cooptech) che in nome e per conto dei propri soci ha incominciato ad immaginare come incrociare e quindi ridurre il gap che c’è nel mondo cooperativo tra appunto le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica e le nostre cooperative che, non ce lo dimentichiamo, sono in settori maturi, con molti dirigenti anziani, una cultura cooperativa in declino ahimè, sempre più in declino, e complessivamente operiamo in un paese che non innova. Infatti tutti qui voi oggi avete parlato di innovazione e la difficoltà con cui questa innovazione si fa strada. E quindi abbiamo pensato a questo incubatore per creare un ambiente cooperativo favorevole all’innovazione, tant’è che stamattina quando sono entrato a me veniva voglia di invertire il titolo del convegno. Cioè secondo me qui noi dobbiamo innovare per poter cooperare, se non facciamo innovazione noi credo che difficilmente potremo fare cooperazione. Abbiamo quindi identificato tre grandi temi, il primo è stato quello dei Big data, e una non irrilevante sotto categoria come la sensoristica e la robotica, perché ovviamente per acquisire dei dati c’è bisogno di un qualcosa che li raccolga. Questo qualcosa sono i sensori, sono poi successivamente macchine più evolute come i robot. Questi temi tagliano trasversalmente come vedete, i nostri soci e ovviamente riguardano differenti settori. Ecco questa è una delle prime caratteristiche che io credo sia molto importante, che è emersa nel lavoro di questi ormai quasi due anni e mezzo che abbiamo fatto all’interno di Cooptech e cioè che le tecnologie guidate dal digitale, quindi dai dati, sono trasversali. E questo cosa significa dal punto di vista del business? La prima cosa è che il business è trasversale il che significa che si aggregano soggetti differenti che 64


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prima non avrebbero mai collaborato, e che probabilmente da queste collaborazioni nascono valori che altrimenti non sarebbero mai emersi. Voi stessi quando stamattina avete raccontato la quantità di tecnologie che si usano oggi in edilizia: ebbene una parte di quelle tecnologie viene dal mondo medicale. Cioè il mondo dei dati fa un’operazione che è quella di riconnettere in maniera completamente diversa settori di impresa diversi. Questo per il mondo cooperativo non dovrebbe essere una cosa nuova, non dovrebbe essere una cosa difficile perché il mondo cooperativo da sempre opera in maniera orizzontale piuttosto che verticale. Abbiamo sviluppato grandi imprese e poi alla fine queste grandi imprese si sono andate specializzando, però oggi sono sfidate dal fatto di ritornare in qualche modo a modelli organizzativi differenti da quelli attuali ma forse più simili a quelli che erano nel passato. Ora i dati digitali per quello che ho detto prima sono in definitiva un’unità di misura, sono un linguaggio franco che va trasversalmente in qualunque settore dell’attività umana. Vanno considerati due aspetti a questo punto molto importanti, per i quali quest’anno in particolare, sta avvenendo un profondo cambiamento di cui vorrei rapidissimamente accennarvi perchè ha portato a delle iniziative che vorrei farvi vedere. Questo cambiamento è dovuto al fatto che fino al 25 maggio di quest’anno la proprietà di questi dati sostanzialmente risiedeva nelle aziende che mettevano a disposizione le tecnologie o le piattaforme, cioè nel momento in cui qualcuno di voi usa un software, di proprietà di una società piuttosto che di un altro, dovrà pagare una licenza, ovviamente però usandolo accresce il valore di quel software perché facendo girare quel software e aggiungendo i propri dati ne aumenta l’affidabilità. Questo avviene ad esempio nella medicina per quanto riguarda le macchine che servono a fare la laparoscopia. Ma l’unione europea il 25 maggio di quest’anno ha introdotto un regolamento, il GDPR, l’aggiornamento diciamo della privacy, che per la prima volta crea un’innovazione molto significativa, cioè crea un conflitto di interessi fra il consumatore, il cliente ma anche l’impresa, e il possessore dei dati, perché consente all’utente consumatore e all’impresa di poter ottenere copia di questi dati. Questo mette in capo all’individuo un diritto soggettivo di proprietà ma crea soprattutto un momento di grande discontinuità, un terremoto in un sistema di economia dei dati che fino ad oggi vedeva questi soggetti, che avevano la proprietà di questi software, accrescere la loro forza e la loro dimensione economica in maniera asimmetrica. Questo vale anche nel vostro mondo, nel mondo delle costruzioni perché, come dicevo prima, tutti questi soggetti imparano da voi, che usate queste tecnologie, migliorano queste tecnologie e vi vendono, esattamente come il telefonino, la versione successiva. Questa cosa, che tende a fare sì, come voi sapete bene, di ridurre il numero delle imprese che vi forniscono queste tecnologie e a dare un enorme potere, può cambiare. Dal 25 maggio esistono i presupposti perché ciò cambi. Questo deve, e vado rapidamente a chiudere, cambiare la prospettiva con cui noi guardiamo il sistema dell’innovazione, perché dobbiamo porci il problema, e questo abbiamo fatto nel consorzio per conto dei nostri soci di come gestire questi dati. Un primo progetto, che non ha ancora visto la luce perché la forma nella quale noi assistiamo questi progetti è quella di portarli fino al punto in cui la maturazione avviene decisa dal socio del consorzio, è quello dell’identità digitale SPID. Lo Stato italiano oggi consente di avere quello che è l’equivalente del codice fiscale in forma digitale, cioè un numero diciamo così, un algoritmo che consente l’accesso e l’identificazione certa della persona. Questa è una delle porte di entrata per qualsiasi business nel futuro di tipo digitale, cioè quando si faranno finalmente smart contratti on-line, e prima o poi si faranno on-line, ci sarà l’identificativo certo della persona. Un altro progetto che invece è partito nel mese di giugno di quest’anno, è un po’ il cuore delle cose che dicevo prima, cioè è un sistema che consentirà di gestire per chiunque i propri dati in una maniera semplice, facile, quelli che appunto dal 25 maggio sono a disposizione di ognuno di noi, sul proprio telefonino, diventando di fatto la prima banca per investire i propri dati personali, perché non solo permetterà

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e consentirà ad ognuno di noi di difendere i propri dati facendoli girare diciamo in maniera protetta, ma consentirà anche di investirli, esattamente come se fosse denaro, perché chiederà l’autorizzazione a chi ovviamente vorrà darla e quest’autorizzazione permetterà a chi l’ha data di ottenere un vantaggio di natura economica. Quindi quello che fino ad oggi è stato fatto in maniera nascosta, in maniera sostanzialmente non del tutto legale da parte dei grandi network, per esempio il social network, ma anche da sistemi di impresa, cioè l’acquisizione di dati non volontariamente concessi, o involontariamente concessi per il fatto che bisognava per forza farlo altrimenti l’uso di quella app non veniva autorizzato, o di quel software non veniva autorizzato, non sarà più così. Si potrà chiedere indietro una copia di quei dati e si potrà concederli a terzi, per esempio dei competitor di quel sistema. Questo mette in moto un meccanismo di economia dei dati molto significativo, pensate per esempio solamente al settore medico che cosa può significare concedere i nostri dati in maniera volontaria, come facciamo oggi attraverso decine e decine di device, che cosa significa per la nostra salute ovviamente metterli in mano a quelli che poi ci vendono le medicine a caro prezzo. Finisco perché uno degli ultimi progetti che abbiamo visto insieme, sempre dal punto di vista dell’innovazione, è un progetto che viene appunto da Integra e rientra invece più direttamente nel campo di vostra competenza perché appunto è un sistema che permetterà, attraverso un algoritmo a basso costo, in maniera facile, di ottenere valutazione di dati satellitare, che come sapete oggi, servono anche dal punto di vista storico per valutare il cambiamento che è avvenuto sui territori oltre che sugli edifici, perché siccome i satelliti girano ormai sulla nostra testa almeno dagli anni 60 hanno acquisito un’enorme quantità di dati storici che oggi si possono utilizzare e che speriamo di riuscire a far arrivare primo poi sul mercato. Grazie.

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IL MODELLO HABITECH: SOSTENIBILITÀ E INNOVAZIONE Francesco Cattaneo Direttore Generale Habitech

Buon pomeriggio a tutti. Habitech è il distretto tecnologico Trentino per l’energia e l’ambiente, ed è stato creato dalla Provincia di Trento nel 2007 proprio con per realizzare un centro che facesse innovazione nel campo dell’edilizia. La nostra missione infatti è la trasformazione del mercato dell’edilizia e dell’energia verso la sostenibilità attraverso servizi e processi innovativi. Noi siamo una società consortile a responsabilità limitata e senza scopo di lucro, con uno staff di 25 persone circa, un giro d’affari di circa 2 M€ in attività di consulenza. Siamo tra l’altro anche certificati Family Audit e B-Corporation. La grande forza di Habitech è il consorzio: 145 aziende, di cui 129 private e 16 pubbliche. La nostra ambizione è quella di diffondere i principi della sostenibilità: a noi non interessa particolarmente crescere di fatturato, di dimensioni, ma di avere impatto in un mercato difficile come quello dell’edilizia. Perciò sono molto contento di partecipare a questo seminario, il cui tema “Cooperare per innovare” è in assoluta sintonia con il nostro approccio. Habitech ha mosso i primi passi portando in Italia la certificazione di sostenibilità americana LEED, fondando il GBC Italia e fornendo servizi di consulenza nei processi di certificazione. Abbiamo progressivamente ampliato la gamma dei nostri servizi, occupandoci anche di altri protocolli come Breeam (inglese), Itaca, Well, Arc e la certificazione ARCA per gli edifici in legno. Recentemente abbiamo fatto un accordo anche con CasaClima, con la quale collaboriamo in processi di certificazione congiunta, attività di formazione, ecc.. Ma cos’è una certificazione di sostenibilità? In estrema sintesi, è un sistema volontario di certificazione di parte terza che valuta gli impatti ambientali di un processo edilizio. Quest’ultimo può essere non solo la costruzione di un nuovo edificio, ma anche una riqualificazione, o la gestione di un edificio esistente, o la realizzazione di un intero quartiere. Gli impatti analizzati includono l’interazione dell’edificio col territorio circostante, le risorse utilizzate quali acqua, energia, materiali, rifiuti, e il benessere degli occupanti (Slide 2). Questo (Slide 3) è uno dei nostri progetti più belli, la certificazione LEED Existing Building di Ca’ Foscari, sede dell’Università di Venezia. Qui (Slide 4) è rappresentato un mosaico di altri nostri progetti di certificazione, quali la fiera di Milano, il Chilometro Rosso di Italcementi, Fbk, la sede dell’Agenzia delle Nazioni Unite IFAD a Roma. Analizzando e misurando impatti ci siamo resi conto che essi interagiscono fortemente fra loro e che non si può affrontare un processo di riqualificazione se non in modo integrato. In queste diapositive è illustrato il nostro approccio ai processi di riqualificazione. (Slide 5-8) Riqualificare un edificio significa ridargli nuova vita, restituirgli il valore perduto nel corso degli anni Spesso noi siamo chiamati a occuparci della sola riqualificazione energetica, ma, ricollegandomi anche ai temi trattati dai colleghi del Consorzio Stress relativamente alle riqualificazioni sismiche ed energetiche, questo può essere un approccio limitante. In fase iniziale bisogna avere la mente aperta, bisogna cercare di ragionare in termini di valore: ogni intervento non proposto è un’occasione persa, quantomeno fino al prossimo ciclo di riqualificazione dell’edificio, tra molti anni. “Approccio integrato” significa quindi analizzare in modo approfondito l’edificio coinvolgendo fin dall’inizio tutte le competenze necessarie, individuare e confrontare tutti i possibili interventi di riqualifica70


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zione, compresi quelli apparentemente “meno convenienti”, e selezionare insieme con il Committente quelli che danno maggiore valore all’edificio. L’approccio integrato comporta tipicamente un aumento dei costi soft nelle fasi iniziali del processo rispetto ad un approccio tradizionale “sequenziale”, in cui le competenze vengono coinvolte in fasi successive: prima il solo architetto, poi lo strutturista, poi l’impiantista – e quasi mai il gestore. Questi costi hanno un impatto relativamente significativo nella fase iniziale ma quasi trascurabile nel ciclo complessivo del progetto. In compenso essi generano un “effetto leva”, portando a una significativa riduzione dei costi di riqualificazione, esercizio e manutenzione. Nel grafico (Slide 8) è illustrato questo effetto: i dati sono ricavati da un tipico processo di riqualificazione di un palazzo uffici. I costi sono espressi in €/m2 di superficie di progetto. Il maggior costo di consulenza in fase iniziale viene compensato con valori di almeno un ordine di grandezza superiore in tutte le fasi successive: costruzione, gestione, manutenzione, per non parlare del maggior valore dell’immobile. In sintesi: si spende un po’ di più nella fase in cui si spende poco, per spendere meno nelle fasi in cui si spende tanto. Passiamo ora a uno dei nostri cavalli di battaglia, l’analisi energetica. Per poter risparmiare energia occorre studiare in modo approfondito il processo che parte dalle sorgenti di energia fino agli utilizzatori finali. Nella diapositiva (Slide 9) è illustrata la “catena dei rendimenti” di un impianto di illuminazione a fluorescenza, partendo dalla fonte primaria (il barile di petrolio) fino all’effetto utile, costituito dalla luce che arriva sul tavolo di lavoro. Il rendimento complessivo è dell’1,8%! Più del 98% dell’energia viene sprecato nel corso del processo. E non è finita qui: se si tiene conto anche dei consumi per estrarre il combustibile, trasformarlo e portarlo fino alla centrale elettrica (tramite il coefficiente EROEI: Energy Return On Energy Invested), e degli sprechi dovuti alla mancata regolazione e ai comportamenti scorretti delle persone (che non spengono la luce quando non serve), il rendimento complessivo scende addirittura all’1%. Il margine di miglioramento è enorme, perché abbiamo la possibilità di agire su tutti gli elementi della catena. In sintesi, per fare bene un’analisi energetica finalizzata al risparmio, dobbiamo porci sempre almeno quattro domande: Quanto? Come? Quando? Perché? In altri termini, analizzare e possibilmente migliorare i fabbisogni, i rendimenti, le regolazioni e i comportamenti. Illustrerò ora il caso concreto di un condominio a Roma, che è stato riqualificato utilizzando l’approccio integrato di cui si è parlato prima. In particolare, questo intervento è stato seguito da Habitech in collaborazione con ReBuilding Network, una rete di imprese comprendente Schneider, iGuzzini, St. Gobain, ATAG e Harley Dikkinson con lo scopo di proporre metodi efficaci di riqualificazione degli immobili. In questa diapositiva (Slide 10) sono sinteticamente riportate le problematiche riscontrate sull’edificio, abbastanza comuni per questi tipi di immobili. La proprietà ci ha chiamato anche perché le cattive condizioni e le scarse prestazioni dell’edificio stavano spingendo via via molti inquilini ad andarsene, con una importante perdita di reddito. Sono stati raccolti i consumi energetici: è importante analizzare tutti i consumi, sia quelli delle parti comuni sia quelli dei singoli condomini, per l’efficacia dell’analisi. Sono stati quindi proposti diversi scenari di intervento, progressivamente più ampi, e sono stati determinati i relativi costi di investimento. Da notare che il primo scenario è cosiddetto di “riferimento”, perché comprende gli interventi da realizzare in ogni caso per riparare danni o sostituire componenti arrivati a fine vita. Il passo successivo è consistito nel determinare i risparmi energetici generati dai diversi scenari di intervento, sia in valore assoluto sia in percentuale: già qui si può vedere che gli interventi più ampi comportano dei risparmi molto elevati, dell’ordine del 70%. Il grafico a dispersione (Slide 11) riporta i tempi di ritorno degli interventi, tabulati rispetto al costo iniziale. Da notare come l’intervento con il tempo di ritorno più lungo è quello di riferimento, a dimostrazione che la sola riparazione dei danni è un costo ma non dà sostanziale beneficio, a differenza degli altri interventi.

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La scelta del Committente è stata quella dello scenario quasi più esteso. Oltre al beneficio diretto in termini di risparmio energetico, l’edificio ora ha un aspetto migliore e gli inquilini stanno tornando. Ecco l’”effetto leva” di cui si è parlato. Uno dei metodi più efficaci per fare riqualificazione energetica è l’attivazione di contratti a prestazione garantita (EPC = Energy Performance Contract), tipicamente affidati alle ESCo (Energy Service Company). Essi consentono infatti di ridurre o addirittura azzerare l’esposizione finanziaria del proprietario: l’impresa interviene con risorse proprie, riqualifica e gestisce per un numero di anni sufficiente a rientrare dal proprio investimento tramite i risparmi energetici. Nelle prossime diapositive sono illustrati i molti benefici dei contratti di tipo EPC. I costi energetici di un edificio possono essere interpretati come le rate di un mutuo, ma con due caratteristiche particolarmente negative: le rate sono a tasso variabile non noto, tendenzialmente in crescita, e il capitale non si estingue mai. Se analizziamo quindi su un arco di 30 anni i costi energetici, nel caso di “non riqualificazione” avremo rate annue via via crescenti (e che continueranno a crescere anche dopo i 30 anni). Il calcolo è fatto per un edificio tipico per uffici, con costi espressi in €/m2 (Slide 13). Ipotizziamo ora uno scenario con un contratto EPC a 15 anni, con interventi in grado di dimezzare i costi energetici. Per i primi 15 anni, l’utente ha pochi benefici (normalmente risparmia qualche punto percentuale sulla bolletta) perché i risparmi servono per finanziare i costi di primo intervento. Dopo i 15 anni, il beneficio è tutto per l’utente, che vedrà la sua bolletta dimezzarsi. In ogni caso, per i primi 15 anni la rata da variabile è diventata fissa per effetto del contratto con la ESCo (Slide 14). Nell’ipotesi di contratto EPC a 30 anni, con risparmio energetico del 100% (edificio a energia zero), il beneficio è ancora più evidente. Per 30 anni la rata è fissa, e comunque un po’ ridotta rispetto alla situazione di partenza: ma dopo 30 anni il “mutuo energetico” è estinto (Slide 15). Questa analisi fa capire come i contratti EPC più convenienti per gli utenti sono quelli di lungo periodo; ma il mercato – soprattutto quello italiano – è ancora molto restio ad applicarli, per le barriere evidenziate nella diapositiva. L’obiettivo che dobbiamo porci è quello di convincere i nostri Committenti che le soluzioni di lungo termine sono più vantaggiose e anche più sicure. Lascio ora la parola all’ing. Martino Gubert di Consorzio Lavoro e Ambiente che illustrerà un lavoro congiunto sviluppato da CLA e Habitech consistente nell’analisi comparativa di costi e prestazioni di uno studentato in provincia di Trento. Questo progetto è stato sviluppato per due motivi: uno perchè CLA è molto attiva nella gestione degli studentati (ad oggi ne gestiamo cinque), e uno perché il prossimo anno andremo a costruire uno studentato nostro, quindi tutte queste analisi saranno utili per definire i modelli predittivi per efficientare la nuova costruzione. L’edificio in questione è un complesso studentesco nella Provincia di Trento, le cui caratteristiche sono sintetizzate sulla diapositiva (Slide 16). Il progetto è stato suddiviso in due lotti nel 2008, un lotto che è quello della parte sinistra con colore arancione, è stato affidato in gestione ad un ente terzo, mentre la parte a destra, dove c’è il simbolo FCS che è una nostra controllata, è stato costruito e gestito da noi. Le caratteristiche dei due studentati sono praticamente uguali perché sono stati costruiti nello stesso periodo storico, con le stesse tipologie costruttive. Le dimensioni sono uno 20.000 m² e 15.000². Nel 2016 Habitech ha svolto un’analisi energetica sulla parte di Studentato di nostra competenza. Sono stati analizzate le dispersioni termiche, i consumi elettrici totali e quelli delle singole apparecchiature. Sulla base dei risultati delle analisi sono stati proposti degli interventi di efficientamento e ne sono stati calcolati costi, riparmi e tempi di ritorno. Quest’anno, a dieci anni dall’entrata in funzione dello studentato, è stata effettuata un’analisi comparativa delle due parti del complesso, prendendo in considerazione i costi di costruzione, di gestione e

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manutenzione, correlandoli anche con le percentuali di occupazione, mediante tecniche di LCCA (Life Cycle Cost Analysis). Per la parte di competenza di FCS, sono stati predisposti questi grafici che confrontano anno per anno i costi delle utenze e delle manutenzioni, suddivise tra ordinarie e straordinarie (Slide 17). Sono stati inoltre tabulati il valore dell’edificio (decrescente nel corso degli anni per effetto dell’invecchiamento dei componenti, tenendo opportunamente conto degli interventi di manutenzione straordinaria effettuati) e i costi cumulati di gestione; questo grafico consente di valutare il deprezzamento dell’immobile nel tempo, a fronte anche dei costi di gestione sostenuti (Slide 18). La stessa analisi è stata fatta sull’altra parte dello Studentato, tabulando prima i costi annui di gestione e manutenzione… e poi il valore dell’edificio con i relativi costi cumulati di gestione (Slide 19). Sono stati infine confrontati i valori calcolati per le due parti di Studentato; dato che essi hanno dimensioni e occupazione leggermente diversi, il confronto è stato fatto prima per m2 di superficie… (Slide 20)… e poi per occupante (Slide 21). E’ inoltre in corso una comparazione qualitativa delle due parti di Studentato, che riguarda i livelli di qualità di finiture, arredi, struttura, e prevede inoltre l’erogazione di un questionario tra gli occupanti. L’analisi qualitativa ha messo in evidenza alcune differenze di scelta che col tempo si sono fatte sentire, quali ad esempio gli arredi (di qualità migliore le poltroncine installate dall’altro operatore) o le pavimentazioni esterne (migliore quella realizzata da CLA). Imparare dagli errori: in prospettiva della realizzazione del nuovo studentato, verranno adottati bagni prefabbricati. Nello Studentato esistente l’impiego di alcuni materiali non idonei (cartongessi tra bagni e testaletto) ha comportato molti problemi di formazione di muffe e umidità. Il questionario per gli occupanti servirà per determinare il grado di soddisfazione e conoscenza del comfort ambientale e dei servizi offerti. Per il nuovo Studentato è stato sviluppato un modello previsionale per stimare i consumi e operare le scelte più corrette (Slide 23). Nella diapositiva il rendering del nuovo Studentato (Slide 24). Il modello previsionale analizza i consumi dello Studentato esistente e consente di stimare con molta precisione quelli del nuovo Studentato. L’analisi si sviluppa mediante un albero che parte dal contatore e arriva fino alle singole utenze: prima per l’esistente (Slide 25)… e poi per il nuovo progetto (Slide 26). Nella diapositiva un esempio di matrice con tutti i dettagli degli apparecchi di illuminazione utilizzati con le relative caratteristiche e i consumi elettrici (Slide 27). Mediante un’analisi dettagliata è possibile ricostruire i profili di consumo suddivisi per ogni utilizzatore, sia per l’energia elettrica sia per l’acqua (Slide 28). Applicando i profili di consumo alla soluzione prevista per il nuovo progetto, è possibile stimare i consumi di quest’ultimo in modo più preciso (Slide 29). I consumi stimati di energia elettrica e di acqua possono essere riportati su grafici con andamento mensile (Slide 30). I prossimi passi previsti consistono in un approfondimento progettuale in modo da migliorare i profili di decadimento nel tempo del valore dell’edificio, agendo sia sulla qualità dei componenti sia sui costi annui di gestione (Slide 31). Passo nuovamente la parola all’ing. Cattaneo per approfondire il tema del miglioramento dell’efficienza del processo edilizio (Slide 32). L’analisi parte da una stima di quanto è possibile risparmiare sul costo medio di costruzione intervenendo sulle tipologie di spreco più frequenti: le incertezze progettuali, lo scarso uso della prefabbricazione, le inefficienze nella logistica di cantiere, le varianti in corso d’opera (Slide 33). Non pensare per tempo a determinati approfondimenti progettuali comporta un aumento dei costi (Slide 34). In questo grande centro commerciale, è stato deciso di non collocare i gruppi frigoriferi sulla copertura, ma in un’area laterale, perché il progetto delle strutture era già stato completato e non si voleva modificarlo nella piccola area che sarebbe stata richiesta per installare i gruppi. Il risultato è stato che a fronte di un modesto “risparmio” per il mancato rinforzo di un tratto di solaio si è avuto un maggior costo ben più alto per gli impianti (tubazioni molto più lunghe) e un ancor più alto

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costo energetico annuo per le dispersioni energetiche lungo le tubazioni. Coinvolgere per tempo i progettisti degli impianti su questo argomento avrebbe comportato risparmi sia di costo iniziale sia di costo di gestione. La logistica di cantiere inefficiente è un’altra potenziale fonte di sprechi: in una ristrutturazione, si generano fino a 200 kg di rifiuti per m2 di superficie di progetto; una gestione disordinata può comportare costi addizionali di 30/40 €/m2. La raccolta ordinata e differenziata dei rifiuti riduce invece i costi della logistica e può addirittura diventare fonte di reddito (attraverso il riciclo) o quanto meno di abbattimento degli oneri di discarica. In un altro grande cantiere, i ventilconvettori sono stati montati da squadre diverse e con molte modalità diverse. Pensare prima a una soluzione di prefabbricazione di supporti e collegamenti avrebbe consentito di risparmiare, tra tempi di posa, messa a punto, sistemazione dei difetti, circa 2 ore a ventilconvettore: un risparmio potenziale di 120 000 € circa. La prefabbricazione consente sempre di ridurre i tempi (e quindi i costi) di montaggio e di aumentare la qualità. Spesso non viene fatta un’accurata messa a punto e sistemazione di tutti i difetti per la fretta di consegnare e utilizzare l’edificio appena costruito. Ciò comporta costi di sistemazione elevati, aumento dei costi di gestione e molti disagi per gli occupanti. Per “soft landing” si intendono le metodologie che accompagnano il delicato passaggio tra chi ha costruito e chi prende in gestione gli impianti, con lwo scopo proprio di ridurre questi costi e disagi. Il margine di miglioramento del processo edilizio è enorme. In questo grafico (Slide 35) sono confrontate le produttività nell’industria manifatturiera e in edilizia nell’arco di 50 anni. Mentre la prima è cresciuta di ben 2,5 volte, grazie all’ottimizzazione dei processi e l’uso delle tecnologie, la seconda è rimasta al palo. Ancora più impietoso è il confronto sul tempo non produttivo: esso è mediamente del 12% nel settore manifatturiero,e del 57% nel settore edilizio (Slide 36). Habitech sta portando in Italia un processo di industrializzazione della riqualificazione edilizia nato in Olanda e denominato Energiesprong. Esso si pone l’obiettivo di riqualificare unità residenziali su larga scala, con una grande uso della prefabbricazione, portandole a energia zero. Il processo è di tipo EPC, e pertanto senza addebito di costi all’utente finale. Il programma è stato già avviato in diversi stati europei (Francia, Gran Bretagna, Germania). Il lavoro di ottimizzazione del processo ha portato a risultati straordinari in termine di riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione, come illustrato nella diapositiva (Slide 37). La soluzione è in corso di applicazione su decine di migliaia di edifici residenziali di tutti i tipi, dalle case monofamiliari ai grandi condomini. Passiamo ora a un altro servizio offerto da Habitech: ARCA, la certificazione della qualità degli edifici costruiti con il legno. Il legno ha qualità formidabili: è un prodotto naturale, è resistente, rinnovabile e leggero. Con la tecnologia X-lam, ad esempio, si può costruire un edificio di 7 piani di altezza utilizzando la quantità di legno che i boschi del Trentino rigenerano in sole 5 ore: un impatto davvero modesto sulle risorse ambientali. Una parete in X-lam garantisce un migliore isolamento termico rispetto a una parete in mattoni: può quindi essere meno spessa e quindi far guadagnare volume utile a parità di sagoma esterna. Il legno, inoltre, non si limita a ridurre le emissioni di CO2, ma contribuisce addirittura a ridurre la quantità di quello già presente in atmosfera perché lo immagazzina nel processo di crescita. Grazie alla loro leggerezza, le strutture in legno trovano la loro applicazione ideale nelle aree a sismicità elevata. In un famoso test effettuato con la piattaforma Miky in Giappone, un edificio di 7 piani in legno è stato sottoposto a un’intensità di sisma pari a quello di Kobe del 1999 senza crollare (Slide 38) . Habitech gestisce, per conto della Provincia Autonoma di Trento, il processo di certificazione delle case in legno (ARCA). Il protocollo di certificazione misura una serie di parametri, mediante calcoli e test effettuati in cantiere, e assegna una categoria di certificazione che va da “green” a “silver”, “gold” e “platinum”. Alcuni edifici certificati ARCA: il nuovo Auditorium dell’Aquila… caratterizzato da ottime prestazioni termiche ed acustiche. Un asilo nido certificato “Platinum”… con ottime prestazioni di tenuta all’aria. Il test è stato ripetuto due volte; la seconda le prestazioni sono migliorate consitentemente grazie alla registrazione dei serra-

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menti. Per promuovere le costruzioni di qualità in legno, Habitech ha creato un vero e proprio network di cui fanno parte imprese di costruzione, produttori, professionisti. Infine, una carrellata sugli altri servizi sviluppati da Habitech. Odatech (Slide 39) è l’organismo che si occupa, nella Provincia di Trento, di abilitare i certificatori energetici e verificare i certificati energetici emessi, ed è gestito da Habitech per conto della Provincia. Ogni certificato emesso viene sottoposto a un iter di verifica che prevede due livelli. Il primo livello di verifica, di tipo formale, viene applicato a tutti i certificati; Il secondo, più sostanziale, applicato ai certificati risultati anomali a seguito delle verifiche di primo livello. “Zerouno” (Slide 40), è un servizio offerto ai propri utenti da Dolomiti Energia, il principale ente erogatore del Trentino, sviluppato da Habitech. Esso consiste nel dare indicazioni su ogni bolletta relativamente al livello di consumo dell’utente rispetto a parametri statistici appositamente calcolati. L’utente ha così modo di sapere se la sua bolletta rientra nella media dei consumi, se è “sprecone” o “risparmiatore”. L’obiettivo è di rendere più consapevoli gli utenti e, in prospettiva, di dargli modo di intervenire per ridurre i propri consumi. Il programma Greenmap (Slide 41) nasce sempre dalle esperienze e competenze sviluppate da Habitech nell’ambito delle certificazioni di sostenibilità, e ha per focus i prodotti in uso nell’edilizia. Il servizio consiste nel dare assistenza alle aziende manifatturiere che vogliono migliorare e mettere in evidenza le caratteristiche di sostenibilità dei propri prodotti. Tutti i prodotti mappati vengono poi caricati sul portale Greenmap, come supporto al mercato dell’edilizia sostenibile. Rebuild (Slide 42) è la convention creata e organizzata in collaborazione da RivaFiere Congressi e da Habitech e dedicata alla riqualificazione e gestione immobiliare. Ogni anno gli operatori del settore si ritrovano a Riva del Garda (in giugno) e a Milano (in ottobre) per lanciare uno sguardo sul futuro dell’edilizia. Molti dei processi innovativi sviluppati da Habitech sono nati o hanno mosso i primi passi grazie a Rebuild, come ad esempio Energiesprong. Nell’ultima parte della presentazione lanciamo uno sguardo sulle nuove tendenze di sviluppo in edilizia. Si può dire che la riqualificazione energetica – pur non essendo sempre applicato o solo in modo parziale – è un concetto ormai maturo, di cui si parla da molti anni. L’attenzione si sta ora spostando verso il miglioramento del benessere negli ambienti confinati, che siano i luoghi in cui abitiamo o quelli in cui lavoriamo. Il protocollo Well (Slide 43), nato da una costola dell’organizzazione americana che ha creato LEED, ha per obiettivo proprio la misura e la valorizzazione di tutti gli aspetti che rendono confortevoli gli ambienti interni: dalla qualità dell’aria, al comfort termico, visivo, acustico, alla qualità del cibo che mangiamo. Esso quindi si concentra sul nostro benessere psicofisico, e si pone quindi come un ulteriore passo avanti nell’ambito delle certificazioni di sostenibilità. L’importanza di questi aspetti è sottolineata da questo dato statistico: mediamente, ognuno di noi passa il 90% del suo tempo in ambienti confinati. La nostra salute dipende moltissimo dalla qualità di tali ambienti. L’attenzione si sposta dagli immobili alle persone: rendere confortevoli i luoghi di residenza e di lavoro ci fa stare meglio, e anche dal punto di vista economico ci fa rendere di più. Investire sul benessere ambientale è una “win-win situation”. Chiudiamo con un accenno a un progetto che ci sta molto a cuore, perché coinvolgerà in modo finalmente integrato e collaborativo tutte gli operatori e le istituzioni che operano sul nostro territorio. “Progetto Manifattura” (Slide 44) è il nome dello sviluppo immobiliare avviato dalla Provincia di Trento, tramite Trentino Sviluppo, nell’area retrostante la Manifattura Tabacchi di Rovereto. Esso è destinato a ospitare aziende, laboratori, e un acceleratore di start up del settore della sostenibilità. A questo progetto stanno collaborando tutti gli operatori del settore con le rispettive istituzioni (cooperazione, confindustria, artigiani, costruttori edili, ordini professionali), per dare un futuro all’edilizia. E Habitech fa parte a pieno titolo di questo progetto. Concludiamo riprendendo il tema del convegno. L’edilizia è in crisi, i problemi da risolvere per rilanciarla sono complessi, il mercato è difficile e molto articolato. Nessun operatore ce la può fare da solo: questo è il momento di mettere insieme le risorse, le competenze e le idee per fare un passo avanti, del quale beneficeremo tutti.

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ICIE Franco Tumino Consigliere delegato per lo sviluppo ICIE

ICIE è un acronimo che sta per Istituto Cooperativo per l’Innovazione, è sostanzialmente una cooperativa di secondo grado, i cui soci sono consorzi e cooperative, e non persone fisiche, appartenenti attualmente al settore delle Costruzioni, della Progettazione e Ingegneria, dell’Industria, della Grande Distribuzione, dei Servizi e delle Cooperazione Sociale. La mission di ICIE è di promuovere verso le cooperative, socie e non, la cultura e lo sviluppo dell’innovazione per la ideazione, progettazione e realizzazione nel mercato di nuovi prodotti, nuovi servizi e nuovi processi. Dal 1972, anno della sua costituzione, promuove l’innovazione accompagnando le imprese nella ricerca e nel trasferimento tecnologico, mettendole in relazione con le principali Università e Centri di Ricerca nazionali (ad es. CNR e ENEA) ed internazionali e le Pubbliche Amministrazioni e supportandole nel reperimento e nell’utilizzo delle specifiche agevolazioni pubbliche, degli incentivi e delle detrazioni fiscali, resi disponibili sia da bandi per la ricerca agevolata e sia dal Credito di Imposta per attività di R&S. Supporta anche le Pubbliche Amministrazioni nella introduzione delle innovazioni nelle funzioni per esse principali, quali il loro comportamento di acquisto, nella governance, nella valorizzazione e nell’accrescimento della resilienza dei territori ad eventi calamitosi, nelle politiche di coesione sociale e di integrazione. Realizza quindi attività di servizio nelle quali trasferisce le conoscenze e le esperienze maturate nell’ambito dei progetti di ricerca e sviluppo sperimentale. In queste slide introduttive del nostro company profile troverete anche l’elenco dei nostri attuali soci, che tendono a crescere tuttora un po’ nel numero e come settori di appartenenza perché, la caduta delle attività tradizionali nel settore delle costruzioni e la crescita del comparto dei servizi hanno portato anche ICIE dall’inizio del 2016 a puntare ad un suo riposizionamento più intersettoriale. Tra i nostri soci di oggi non a caso vi sono, oltre a quelli “storici” delle costruzioni, del manifatturiero legato all’edilizia ed alle opere pubbliche, al settore della progettazione ed ingegneria, anche soggetti dei servizi che per esempio hanno nel core business attività di supporto agli edifici ed alla città come il Facility o altri soggetti come ad esempio la Coop che pur non essendo un soggetto dell’edilizia però possiede un grande patrimonio di supermercati, di magazzini di supporto alla logistica ed opera in una logica di sistema integrato e di responsabilità sociale; associati ai quali dunque, pur non appartenendo essi al settore delle costruzioni ed affini, tuttavia possiamo rivolgere attività di servizio e di ricerca il cui background si basa su nostre tradizionali competenze. Quindi i “mestieri” che facciamo sono essenzialmente di due tipologie. Come primo, cerchiamo di sviluppare l’innovazione anche attraverso il ricorso a progetti di Ricerca e Sviluppo Sperimentale, supportando le imprese cooperative nell’individuare con chiarezza, ove tale consapevolezza sia carente, il loro fabbisogno di Innovazione, anche in relazione ai competitor, e le accompagniamo in questo percorso monitorando lo stato dell’innovazione nel loro comparto in Italia e all’estero, e quindi sul piano della ricerca applicata e dello sviluppo sperimentale portandole ad introdurre in azienda processi, servizi e prodotti innovativi. Sulla base dei riscontri e dei risultati dell’analisi effettuata sul loro fabbisogno di innovazione, formuliamo proposte di progetti di innovazione, almeno nella dimensione strategica scelta dalla impresa medesima ovvero in forma singola od in forma di partenariato di Ricerca. Come seconda azione, eroghiamo, da soli e/o con partner specializzati, analogamente peraltro al nostro 86


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modo di operare nella mission principale, altri servizi, a monte e a valle dell’attività di ricerca e della innovazione in generale. A monte perché spesso l’impresa percepisce di aver bisogno di innovare, per esempio perché è consapevole di operare in un mercato saturo, come diceva stamattina Migliarini, ma non le è facile comprendere in quale direzione farlo, quindi c’è un lavoro a monte della scelta, se innovare sui processi, se sui prodotti, se sui mercati e così via. Sempre in questo secondo ambito vi è inoltre un lavoro a valle dell’attività di Ricerca e Sviluppo realizzata, che consiste nell’introdurre all’interno della attività quotidiana dell’impresa, come anche della Pubblica Amministrazione, i risultati che sono scaturiti dalla ricerca propria o altrui, se appropriabile. Vale la pena dire anche che nei settori nei quali non abbiamo specializzazione verticali delle nostre risorse, però abbiamo, dopo quarantasei anni di vita, un forte knoh how di processo e siamo comunque in grado di esercitare un ruolo di promotore e gestore del processo dell’attività di ricerca e innovazione, come pure di quella di servizio, cioè siamo in grado di monitorare l’andamento della ricerca, di presidiare ciò che richiede il mercato, di individuare i partner giusti per le attività di interesse, sappiamo definire il progetto di ricerca in modo che ne sia riconosciuto il valore e sia giudicato vincente. Entrando nel merito delle competenze possedute, tra quelle di interesse della giornata di oggi, una delle principali aree di specializzazione possedute è l’efficienza energetica e lo sviluppo sostenibile, questione che rappresenta una sfida fondamentale per le collettività, e che rimarrà per lungo tempo di interesse per tutte le nostre cooperative, anche in presenza di costi bassi del petrolio, in quanto gli obiettivi che ci si propone di raggiungere, si veda la Cop21 di Parigi, non sono più collegati solo alla riduzione dei consumi ma più in generale alla riduzione delle emissione in atmosfera, al combattere il cambiamento climatico, a perseguire uno sviluppo sostenibile ed al rispetto dell’ambiente terreste e marino. La corretta pianificazione e la valutazione dell’impatto attraverso nuovi strumenti di analisi (es Life Cycle Assessment e Life Cycle Costing) consentono alle stazioni appaltanti di bandire gare in cui si evidenzia il costo finale di un intervento e non solo quello iniziale, incorporando quindi anche tutti i costi di gestione, che intervengono dopo la conclusione dell’intervento, fino alla conclusione del ciclo di vita, che incorpora anche il valore della demolizione selettiva e del recupero e riciclo dei materiali in ottica di Circular Economy. Un’altra area di specializzazione è rappresentata da soluzioni per la popolazione che invecchia, e quindi la tematica collegata ai nuovi servizi per gli anziani, che emergono a fronte del decadimento intellettuale e materiale che interviene con il progredire dell’età è una delle grandi sfide del nostro paese e comporta anche la realizzazione di edifici accessibili integrati con soluzioni di ambient intelligent e l’uso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione in grado di attivare anche servizi innovativi di supporto anche all’anziano in condizioni di autonomia. Queste due tematiche si integrano anche a percorsi innovativi collegati alla rigenerazione urbana. Qui a Bologna siamo stati selezionati dalla Amministrazione Comunale, insieme a cooperative sociali, per un progetto risultato vincitore all’interno del programma Comunitario denominato UIA Urban Innovative Action relativo alla riqualificazione e realizzazione condivisa e partecipata del Complesso di Villa Salus quale nuova polarità per la inclusione sociale, culturale ed economica dei migranti e richiedenti asilo. Il progetto persegue una combinazione inedita di nuove funzioni quali l’housing e la residenzialità temporanea, la ricettività, spazi per l’arte e l’artigianato creativo e servizi per il vicinato ed il territorio. Operiamo poi sui Beni Culturali, su cui ci stiamo impegnando molto, in particolare focalizzandoci anche nella valorizzazione e fruizione, oltre che nel restauro e nella tutela, soprattutto dei beni cosiddetti minori, antica e irrisolta questione nel nostro Paese. Inoltre abbiamo una sezione di attività relativa al miglioramento e alla compliance aziendale con servizi per lo sviluppo organizzativo e la conformità aziendale dei sistemi di gestione. Oltre ad essi stiamo supportando processi di riposizionamento competitivo e di supporto all’analisi di nuovi mercati. Non è utile infatti promuovere solo l’innovazione, le necessità aziendali possono essere altrove, occorre talvolta aiutare l’azienda a leggersi, a leggere i mercati in cui opera, i suoi competitor e conseguentemente a fare delle scelte, e spesso emerge che non è l’innovazione tecnologica che manca, ma è invece quella

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di processo e/o di mercato per cui abbiamo aggiunto da un po’ di tempo a questa parte questo servizio che riteniamo innovativo e di potenziale grande interesse per le imprese. Inoltre vi sono dei rischi che occorre individuare e che derivano da una insufficiente compliance, supportando l’azienda nella sua eliminazione. ICIE è attento anche alla ricerca i cui risultati vanno generalizzati: per questo ha promosso a suo tempo la costituzione del Consorzio RI.COS, un Organismo di Ricerca che gestisce il Laboratorio LarcoIcos accreditato presso la regione Emilia Romagna all’interno della Rete Alta Tecnologia – Piattaforma delle Costruzioni e ne ha esteso la operatività all’intero territorio nazionale; come primo risultato RI.COS è stato recentemente accreditato nel Distretto dei Beni Culturali del Lazio. In Lazio ed in Campania ICIE collabora con il Consorzio TRE ed il Consorzio STRESS, ed in Puglia con la rete RITMA e ricerca anche nelle altre regioni partnership stabili. Ci pare utile riportare a questo punto una selezione di alcuni dei progetti realizzati da ICIE in collaborazione con cooperative, Imprese, Università e Centri di Ricerca pubblici e privati a livello regionale, nazionale ed europeo. Questi progetti dimostrano le differenti modalità operative con le quali interveniamo nel supportare le aziende nello sviluppo di attività di Ricerca agevolate con contributi pubblici. Il primo che illustriamo è un progetto di ricerca collaborativo tra PMI e Grandi Imprese che abbiamo vinto recentemente in Regione Lombardia all’interno del bando Smart Living. Il progetto, denominato Ecological Construction Oriented – BIM, che vede ns partner due primarie cooperative, una delle costruzioni ed una dei servizi, propone la realizzazione di una Piattaforma Tecnologica di Content e Business Process management in grado di orchestrare applicazioni e workflow e dati provenienti da diversi campi ed applicazioni. Sarà sperimentata in tre ambienti operativi (Design, Build, Operate) ed in relazione alle 7 dimensioni dell’approccio BIM abilitando una Smart Supplay Chain. Un altro progetto, in ambito economia circolare, è rappresentato dal recente appalto di servizio del MISE-INVITALIA vinto in RTI proprio con il Consorzio Integra e con Idealservice, relativo ad uno studio di fattibilità per promuovere ed allungare la filiera delle plastiche miste. Recentemente, sempre sulla tematica del recupero e riuso delle plastiche abbiamo poi presentato, sul programma LIFE, con Coop Italia ed Inres, un progetto relativo alla riduzione della dispersione delle plastiche nell’ambiente sotto due differenti fronti: una estensione territoriale ad altri bacini del mediterraneo del progetto Marine Litter attuato per ora nella provincia di Livorno, con il coinvolgimento delle OOPP di pescatori fornitori del sistema Coop: il progetto prevede il recupero, lo stoccaggio e lo smaltimento delle plastiche raccolte nel mare. Altra azione prevista nel progetto consiste nell’attivare una catena virtuosa di produzione, utilizzo e recupero delle plastiche clear relative alle bottiglie per acqua minerale e le vaschette per ortofrutta. L’interesse del settore costruzioni sta anche nel riutilizzo delle materie prime seconde che ne scaturiscono. Il progetto RIGERS Rigenerazione delle città edifici e reti intelligenti é un progetto di Smart Cities finanziato dal MIUR che si concluderà alla fine di quest’anno. Avviato nel 2014, con un valore elevato di costi e con un forte partenariato, ha previsto. oltre al coinvolgimento di CMC e di Sacmi. anche la partecipazione del CNR e della Università di Bologna con tre suoi dipartimenti. I risultati attesi dal progetto consistono nella definizione di un sistema integrato per la rigenerazione sostenibile delle città che con tecnologie ICT consente di raggiungere obiettivi concreti di aumento dell’efficienza energetica basato su una serie di moduli applicativi di diagnosi integrata energetica sismica e ambientale e di una piattaforma interoperabile cooperativa in grado di gestire efficacemente i dati relativi alla consistenza, al funzionamento ed ai consumi degli edifici e delle reti in ottica di Smart Cities. A seguire, su una tematica analoga, vi é il progetto SIDE Sistema Integrato di Diagnosi Energetica, che ha teso alla definizione di una serie di tecnologie per la rilevazione dei consumi e dei dati ambientali ed alla messa a punto di un contenitore di dati per l’archivio locale ed in remoto di tutti i dati significativi e relativi agli edifici monitorati. Il progetto Sofia-Smart Object for intelligent application, realizzato all’interno di un grande partena-

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riato di ricerca nel programma EU-ARTEMIS JU, ha a sua volta sperimentato soluzioni innovative di smart space e IOT, ovvero attrezzando un ambiente fisico con smart object ed una piattaforma interoperabile Smart M3 per favorire lo scambio di informazioni tra oggetti e sistemi distribuiti nell’ambiente composta da reti di sensori wireless, computer indossabili, RFID ed applicazioni capaci di monitorare ed interagire direttamente in ambienti caratterizzati da complesse funzioni. Il CCC partner del progetto ha sperimentato una vision di smart maintenance all’interno del complesso della Sede Unica del Comune di Bologna, ottimizzando processi manutentivi su guasto, mettendo in relazione in tempo reale spazi smart, dispositivi e applicazioni a servizio del processo manutentivo. Il progetto ACCUS Adaptive Cooperative Control Urban and Systems, sviluppato in Italia, è una porzione di un progetto più ampio, sviluppato all’interno della EU ARTEMIS JU, relativo alla sviluppo di una piattaforma di integrazione, basata su smart M3, e di una architettura per il controllo adattabile e cooperativo ed algoritmi corrispondenti applicabili agli edifici intelligenti, alla smart mobility ed alla pubblica illuminazione. Quelli che riportiamo ora velocemente sono alcuni progetti realizzati in collaborazione con alcune imprese singole che hanno partecipato a bandi di ricerca regionale. In questo caso abbiamo supporto le imprese nella identificazione di attività di ricerca e nella preparazione, gestione e sviluppo delle attività stesse come servizio di supporto alla innovazione. Il primo, denominato EFFICIENSEE – soluzioni e tecnologie integrate per la gestione di sistemi complessi di Energy management, è stato realizzato da Xdatanet, una società partecipata di CPL Concordia. Il progetto prevede un sistema innovativo per la gestione e la sicurezza degli edifici esistenti che integra varie tecnologie ICT per gestire tutto ciò che c’è in un edificio, non solo le persone, rilevando in ciascun momento quante persone sono presenti, i consumi energetici e tutto ciò che ha a che fare con la sicurezza. Uno dei sistemi di IPS guida automaticamente il soccorritore e/o i vigili del fuoco nel punto dove intervenire, preparandolo lungo il percorso su qual è la situazione che troverà e in che modo dovrà intervenire. Il secondo, SICS-Sistema integrato di Cantiere Smart 4.0 realizzato dalla CMC, ha messo a punto e sperimentato in un cantiere la integrazione di differenti tecnologie per la gestione operative di alcune funzioni di rilievo. Sono state definite quattro azioni relative alla rilevazione delle presenze delle imprese subappaltatrici ed al posizionamento delle singole persone nel cantiere, la movimentazione delle forniture ed i trasporti intelligenti, la gestione smart della documentazione di cantiere, gli strumenti e gli attrezzi di cantiere smart, attuando di fatto una prima azione relativa al Piano nazionale Impresa 4.0. ICIE, come indicato precedentemente, è socio del Consorzio STRESS: siamo molto contenti di esserlo, è un ambiente stimolante, un ambiente consortile dinamico ed abbiamo fatto la nostra parte per il successo di alcuni progetti, come quelli che sono stati illustrati nella mattinata. In particolare abbiamo partecipato ai seguenti progetti: PROVACI, che ha affrontato il tema combinato della protezione sismica e della valorizzazione del costruito storico attraverso lo sviluppo di tecniche e metodologie integrate di tutela e di valorizzazione dei beni di interesse storico-artistico; METROPOLIS è un programma di ricerca per migliorare la resilienza dei sistemi urbani, con un approccio innovativo finalizzato alla gestione ed alla mitigazione dei rischi antropici e naturali; STRIT ha affrontato la sicurezza delle infrastrutture di trasporto attraverso soluzioni ottimizzate di adeguamento strutturale della protezione dei beni e delle opere d’arte in un’ottica multi-scala e multi-livello. La applicazione di questi ritrovati consentirà alle PPAA che vorranno adottare in futuro soluzioni analoghe, di agire sul territorio con una maggiore consapevolezza e con soluzioni di intervento ottimizzate. Le vicende che continuamente sono sotto i nostri occhi evidenziano infatti che occorre impegnarsi, oltre che nell’attività di ricerca, anche nell’implementare la capacità concreta di intervento per la messa in sicurezza e la valorizzazione del nostro territorio. Vorrei concludere con qualche cenno sui nostri servizi a supporto della innovazione di prodotto, servizio, processo che mettiamo a disposizione per le imprese che vogliono affrontare questi percorsi innovativi di R&S.

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Il primo consiste nella assistenza tecnica per la individuazione dei percorsi più idonei per utilizzare i disposti del DL 145/2013 relativo al Credito di Imposta per attività di R&S. In relazione a questo servizio ICIE offre un supporto tecnico, nella valutazione di ammissibilità al beneficio fiscale, delle singole attività svolte dalle imprese, nella preparazione documentale dei risultati di ricerca ottenuti che devono avere un aspetto di originalità in relazione allo stato dell’arte. È correlato a questa attività anche il supporto amministrativo nella individuazione e predisposizione di tutte le documentazioni corrette che sono necessarie alla giustificazione dei costi sostenuti e, per le competenze possedute, se richiesto, anche il supporto tecnico per affiancare il personale interno nelle attività vere e proprie di R&S. Questo servizio di supporto al credito di imposta sta ottenendo un forte riscontro da parte delle imprese, anche molte grandi cooperative del comparto costruzioni, dei servizi e del sociale, non avevano avvertenza, e moltissime tuttora probabilmente ancora non la hanno, della potenzialità e dei vantaggi di questo strumento che consente di avviare da subito azioni di R&S senza dover attendere che escano bandi di agevolazione sui contenuti ricercati. Il secondo servizio consiste nel mettere a disposizione delle imprese che partecipano a gare di appalto e/o concessione alcuni risultati innovativi di ricerca sviluppata per aumentare la qualità tecnica della offerta proposta. In questa attività abbiamo maturato significative competenze ed i nostri colleghi sono in grado di sviluppare direttamente la redazione di parti della offerta tecnica particolarmente nel settore del Facility, Manutenzione e dell’Efficientamento Energetico. È un servizio a valle dei risultati della ricerca, che consiste nell’aiutare l’impresa a inserire innovazioni nella redazione di parti particolarmente significative dell’offerta tecnica, acquisendo un punteggio elevato nelle gare svolte con il metodo prezzo/qualità e poi naturalmente supportarla, in caso di aggiudicazione, nella realizzazione effettiva di quell’innovazione proposta nell’offerta tecnica. Diva è un acronimo, è uno strumento di Decision support systm for Improve Value of the Asset che stiamo derivando da un programma di ricerca ancora in corso in cui si sono però già raggiunti alcuni risultati intermedi. È uno strumento di diagnosi multilivello e multiscala per la rigenerazione del patrimonio sotto il profilo energetico, di sicurezza sismica e di comfort, nonché dei rischi da incendio, basata su una piattaforma georeferenziata. Il sistema raccoglie numerosissimi dati relativi ai consumi e alla loro consistenza e produce un’analisi individuando se il bene immobile è a posto, cioè se è performante dal punto di vista dei costi energetici, sotto il profilo sismico, se il comfort è adeguato, etc., oppure se è necessario intervenire, e supporta la decisione sul tipo di intervento, aiutando ad individuare quali sono le migliori soluzioni a confronto, anche sotto il profilo del rapporto costi - benefici. È uno strumento di supporto integrato che per il momento riteniamo non abbia concorrenti in grado di gestire questo insieme di dati e noi lo consideriamo molto utile per fornire uno strumento innovativo di gestioni patrimoniali in appalto ed in concessione. L’ultimo che presento in ordine è un servizio a monte: come accennato nella prima parte dell’intervento, non si può dare per scontato che un’impresa abbia bisogno di innovazione e di quale tipo di innovazione, quindi occorre approfondire tali aspetti e poi occorre supportarla nel mettersi al riparo da rischi, un’azienda, seppure innovativa, può subire per altre ragioni delle perdite di competitività sul mercato all’interno del quale è posizionata. Il nostro servizio innovativo di supporto aziendale consente di valutare il riposizionamento competitivo dell’impresa, supporta l’analisi di nuovi mercati e la attività di Compliance. Grazie dell’attenzione.

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RASSEGNA STAMPA Cooperare per Innovare Seminario sull’innovazione tecnologica nel settore delle costruzioni, organizzato da Consorzio Integra

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