Il Cammino Fogazzaro Roi nel borgo di Piovene Rocchette
Tra Santorso e Piovene Rocchette La strada da Santorso a Piovene costeggia le ultime propaggini del monte Summano, è molto piacevole e corre tra prati ondulati e muretti a secco. Arrivati alle prime case siete nel territorio di Piovene Rocchette e la strada prosegue in ambito urbano. Quando finisce la strada, alla vostra destra trovate un rotonda, siamo nella zona chiamata Bivio, dove le due strade statali che portano ad Asiago e a Trento si incrociano e affiancano. Girate a sinistra lungo via Libertà, strada molto larga che ha preso il posto della strada ferrata Schio-Rocchette, in esercizio dal 1885 al 1949.
350
O
PIAZZA FORZIANA
C 300
A 282.9
406.3
276.9
270.3
finestra decorata casa Piovene Borriero
280.0
capitello della Contrà de Sòra
397.5
268.6
274.1
263.7
265.8
VIA CASTEL MANDUCA
342.0
corte dei Chioccarello
10
284.7
354.8
268.0
273.9
276.3
286.2
414.3
265.4
267.2
capitello di S. Prosdocimo
Madonna con Bambino
262.2
325.5 293.4 262.1
9
389.2
fontana di sopra
chiesetta dei SS. Vito Modesto e Crescenzia
8
309.7
birreria Vècia 274.6
259.7 293.5
PIOVENE
6
7
396.2
chiesa di S. Maria in Aracoeli e Ospizio
261.0
casa dell’Abate Mozzi 259.4
319.6 256.6
5
EN TO VIA
VIA DELLE FONTI
263.5
TR
276.8
268.0
antica pittura 258.0
258.9
capitello di via delle Fonti
299.7
285.2
E
N
T
O
N
ex convento di suore
353.7
4
279.7
255.0
261.1
villino Verlato
291.9
antica locanda 298.7
312.3
296.1 257.4
villa Fraccaroli 372.6
261.4 258.4
3 capitello dei Meli
256.2
256.0
252.3
2 stemma conti Capra
L I B E R T À
323.1
255.9
251.7 250.9
254.4
villa Xilo 335.5
260.4
affresco del 1513
30 0
252.5
377.5 256.3
VIA DEL MONTE
QUARTIERE
A. DE GASPERI
248.4 248.2
249.5
248.7
250.1
247.8
248.6
di grande interesse storico artistico 246.9
0
35
1
252.2
A
R
E
di interesse storico artistico
248.4 252.4
V I A
fontana della Guarda
da vedere 246.1
245.3
247.0
trattorie birrerie bar caffetterie 243.0
gelaterie
244.2
1
La warda o Guarda Costeggiate questa larga strada per qualche decina di metri finché, sulla sinistra, incontrate vicolo del Monte. Fate un breve tratto in salita, svoltate a sinistra e trovate subito una vecchia fontana incassata sul monte. Si tratta della fontana della Guarda1. La fontana è un manufatto ragguardevole risalente al 1634 come si evince da una data scolpita sul fronte assieme ad una croce. E’ composta di un blocco unico di pietra dura conosciuta come pietra di Piovene. Impossibile da trasportare, deve essere dunque stata scavata sul posto. Infatti alle pendici del monte dietro le case sulla sinistra della fontana si trovano le vecchie cave dei “Moreti”, famiglia di scalpellini che avevano una lunga tradizione di lapicidi. La fontana raccoglie una delle poche sorgenti del monte Summano nel territorio di Piovene. L’acqua esce da un lungo condotto che nasce nelle viscere del monte. Osservate la canaletta scolpita, i ferri lavorati e ribattuti all’interno dei fori. Fontana della Guarda (approfondimento). Il toponimo “Guarda”, di origine longobarda (ward), indica un posto di guardia, soprelevato, destinato al controllo del territorio; in particolare qui, poco sopra, sorgeva Castel Pelluca, forse un antico castelliere. La fonte è segnata in un documento del 1605 conservato nella sede municipale, che testimonia con precisione i terreni che venivano irrigati dall’acqua che vi sgorgava, comunicante attraverso una canaletta artificaile con una grotta naturale (Buso della Guarda). La fontana che vediamo oggi, restaurata dalla Comunità Montana Leogra Timonchio nel 2004, è probabilmente il frutto di un accodo tra i “Governatori del Comune della Villa di PIovene” e un forestiero che con la realizzazione di quest’opera a favore della comunità poteva condividere i benefici di pascolar e boscar, fare fieno e tagliare l’erba, che erano destinati ai comunisti originarji. Don Egidio Mozzi, storico piovenese dell’ottocento, ci informa che il prospetto della fontana della Guarda si dice fatto ed eseguito da un Chioccarello, tagliapietra, in obbedienza allo Statuto del Comune. Oltre alla data 1634, scolpita ai lati di una croce, compaiono le lettere CeD che potrebbero essere le iniziali dello scalpellino Chioccarello Dominicho uno dei 92 capifamiglia presenti in una convicinia del 1682, unico avente questo cognome. Se l’ipotesi è corretta si può concludere che la realizzazione dell’opera servì veramente a includere nella comunità piovenese uno dei numerosi forestieri che si erano trasferiti nella Villa di Piovene e che si disputavano l’utilizzo dei beni comuni Un tempo Piovene forniva un’ottima pietra da costruzione, la tradizione affonda nei secoli e probabilmente ai tempi romani, ne è testimonianza una lapide che si trova in piazza Papiria, vicina al duomo, ma che noi non visiteremo perché esterna al nostro cammino. La Pietra di Piovene servì al Palladio per realizzare le Logge della Basilica di Vicenza. Ma di questo parleremo poi quando incontreremo altre e più evidenti cave. Ora possiamo girarci e tornare indietro tenendo il monte sulla sinistra. Dove la strada si immette sulla strada principale osservate l’affresco al civico 168. E’ un affresco risalente al 1513 ed è probabilmente il più antico di tutte le immagini sacre di Piovene Rocchette. Rappresenta una Madonna con Bambino affiancata da San Prosdocimo con il Vangelo e Santa Giustina con la palma di prima martire padovana. Siamo ora tornati sulla strada principale, via Libertà.
2
VILLA XILO A sinistra, in fondo a un giardino, villa Xilo2. Si tratta di una costruzione neoclassica risalente alla metà dell’Ottocento. La facciata culminante in un timpano decorato è aperta al pianterreno con un portico retto da 6 colonne tuscaniche, basse, tozze e prive di base. Il capitello appare modellato dalla ruvida mano di un lapicida di provincia. A destra della villa una barchessa.
L’antica porta daziaria Proseguiamo lungo la strada. Sull’angolo con via Filzi il capitello dei Meli con nicchia centinata rappresentante la Madonna del Carmelo con San Sebastiano e San Rocco. Il Capitello è posto dove un tempo vi era la porta daziaria. Quella che oggi è via Libertà un tempo era via Maggiore, la principale strada di accesso a Piovene e alla valle dell’Astico. Carri, persone, bestiame ecc. passavano tutti di qui. Se vi girate indietro, la casa al civico 160 era un tempo l’osteria dei Meli (dal nome della famiglia che la gestiva) e il marciapiede antistante ospitava una pesa. Sulla facciata della casa di fronte al capitello appare lo stemma (ridipinto) dei conti Capra, nobile famiglia originaria di Carré che aveva in Piovene numerose proprietà.
3
villino fraccaroli Passiamo ora la cinta daziaria ed entriamo nell’antica Piovene. Subito a sinistra, nello squarcio di un vecchio muro in pietra vi appare uno dei luoghi più singolari: è chiamato il Castello degli spiriti per essere da tempo un rudere attraverso le cui finestre rumoreggia il vento. Si tratta in realtà di Villa Fraccaroli3. E’ opera dell’architetto Antonio Caregaro Negrin. L’edificio è strettamente collegato con Villa Verlato di origine quattrocentesca che si trova immediatamente al di là del muro di cinta. Villa Fraccaroli * è citata per la prima volta in un documento del 1853 dove viene definita “di stile lombardo” e non risulta ancora compiuta. Particolari le mensole zoomorfe che sostenevano il balcone del primo piano e le decorazioni floreali delle cornici delle finestre, tipiche dell’ecclettismo ottocentesco. Il palazzo non venne mai ultimato forse perché la proprietaria, Paolina Carlotta Fraccaroli, si trasferì ad Arzignano. Una parte del fabbricato venne resa abitabile ed è citata nei registri del catasto, tuttavia in un atto di compravendita del 1909 si dice “nella valutazione del prezzo fu tenuto conto della condizione di inabilità del fabbricato principale, da tanto tempo abbandonato perché incompiuto”. Infatti l’ala sinistra presenta solo il perimetro del basamento in pietra per cui l’edificio si presenta asimmetrico Durante la prima guerra mondiale l’edificio venne usato per scopi bellici.
Antonio Caregaro Negrin (1821-1898). Figlio di un capomastro, si dedica presto al lavoro di cantiere, ma la passione e lo studio lo portano ben presto ad apprendere gli stili dell’architettura classica. Li padroneggia bene e sa districarsi tra stili diversi con quell’attitudine propria dell’eclettismo ottocentesco. Si occupa anche di giardini. E’ l’architetto ufficiale di Alessandro Rossi, e per lui progetterà il villaggio operaio di Schio e di Rocchette, numerose ville. Caregaro Negrin è uno dei massimi architetti vicentini del XIX secolo, membro dell’Accademia Olimpica. A Piovene il Caregaro Negrin progettò il villino Fraccaroli, rinnovò villa Carmignon poi Benetti (demolita), progettò villa Rossi Scotti a Rocchette (demolita), abitazioni per impiegati e capi operai, magazzino lane, opere queste sostituite dalla costruzione dell’attuale stabilimento del 1972.
4
casa verlato Si prosegua dunque lungo la strada e, da un bel portale lungo la via principale, si può accedere (è proprietà privata) nella corte adiacente da dove si può vedere la bella casa Verlato **, la più bella e antica villa ancora esistente a Piovene. E’ di origine quattrocentesca (un documento del 1544 parla di un fienile con 4 vani, casa, orto e cortile), ma fu oggetto di importanti lavori di sistemazione nel 1567, data che compare incisa accanto al nome del proprietario Francesco Verlato nell’architrave in pietra del camino al primo piano. Il piano terreno è caratterizzato da un porticato con 6 archi a tutto sesto sostenuti da sobrie colonne in pietra. La facciata è solo apparentemente simmetrica dato che il centro è nella terza arcata da sinistra. Il piano primo ha 4 finestre e una porta finestra centrale con terrazzino. Lo sfalsamento dei piani fa sì che il terrazzino non corrisponda al centro dell’arcata sottostante. “Il prospetto Principale, pur nella sua rusticità e nelle asimmetrie rilevabili nell’ordine inferiore, si riallaccia alla tipologia della casa rurale veneta del tardo quattrocento con il porticato che serviva a ricevere e mettere al riparo i prodotti della terra. Esempi analoghi a quello in esame si hanno nelle ville Corner Dall’Aglio ora Gabbianelli a Lughignano di Casale sul Sile e Loredan a Posmon (TV)”4. Il porticato aperto merita la richiesta di una visita per la decorazione che ruota attorno alle pareti. Davanti alle due porte d’ingresso lo stemma della famiglia Verlato: un ovale con fregi contenente 6 marasche alternati a festoni vegetali, che fanno riferimento all’uso rurale dell’edificio, e a scene della Genesi. Sul porticato si aprono tre vani retrostanti e comunicanti tra loro, anch’essi affrescati. La stanza rivolta a sud ovest, che doveva svolgere funzioni di rappresentanza, è affrescata con illusionistiche modanature architettoniche e cariatidi che inquadrano scene mitologiche, sullo stile delle coeve ville palladiane Godi Malinverni di Lugo o Villa Emo a Fanzolo di Vedelago. Purtroppo questi affreschi subirono numerose demolizioni in seguito alla costruzione del villino Fraccaroli a cui si può accedere proprio da questa stanza (l’ultima erede Verlato era infatti coniugata Fraccaroli) La barchessa a destra di casa Verlato, pur essendo di origine cinquecentesca, è stata pesantemente modificata negli anni ‘80 con riduzione di pendenza del tetto la cui originaria inclinazione si legge ancora sul fianco della casa.
5
Corti e sottoportici Torniamo dunque in strada e, di fronte all’ingresso della corte appena visitata, si trovano due belle colonne in pietra, esse conducono ad una corte privata che, a sua volta, si apre su altri cortili. Tra le facciate interne si potranno riconoscere poderosi davanzali in pietra di Piovene, archi parzialmente murati e si intravvedono le vestigia di una passata ricchezza. Si prosegua in salita, a fianco del civico 140 sulla sinistra appare una pietra miliare che segna i 26 chilometri dal capoluogo. Sulla destra, al civico 201, si noti il soffitto decorato delle travi del sottoportico: decorazione semplice, ma suggestiva che si estende alla fascia muraria sottostante. In fondo nel sottoportico, sulla destra, la rustica insegna di un’antica locanda. Se possibile (è proprietà privata) emergete dall’altra parte del portico. La contro facciata della casa è caratterizzata da un bel colonnato sorretto da tozzi e forti pilastri in pietra. La facciata di questa casa e di quella vicina sono in stile eclettico e risalgono al trapasso tra i secoli XIX e XX. Meritano di essere viste. Il civico 189 era bottega e conserva la traccia di decorazioni geometriche sul fronte strada. Si prosegua in salita finché, al civico 112 si apre a sinistra un palazzetto recentemente recuperato e ridipinto. Sopra il numero civico una bella ghianda in pietra. Il palazzetto in fondo alla corte sulla sinistra era un convento di suore, quello di fronte ha in centro alla facciata un tondo con immagine sacra. Si tratta di edificio risalente probabilmente al primo novecento. Proseguendo ancora qualche decina di metri siete arrivati in quella che i piovenesi chiamano Piazzetta. Un tempo, quando la misura di tutte le cose era l’uomo (e non l’auto), questa era considerata uno slargo di una certa ampiezza e vi si trovava un complesso di vasche, formato da una fontana con mascherone, un lavatoio e un abbeveratoio che si allungava verso il centro. E’ il momento di svoltare a sinistra verso Via delle Fonti.
6
Via delle Fonti Al civico 5 il lacerto di un’antica pittura. E’ molto rovinata, vi si riconosce una Madonna con veste rossa e colletto azzurro e un bambino con veste bianca. I volti sono delicati. Irriconoscibile la scena per le forti lacune. Si prosegua in salita, qualche metro più avanti prima del civico 17 v’è un piccolo spazio tra le abitazioni. Entrate e, dove il passaggio si allarga, sulla destra vedete un capitello ottimamente conservato perché dipinto sulla parete di un ex forno. Si tratta del Capitello di via delle Fonti, posto sulla parete di un antico forno per pane. A sinistra della croce S. Stefano cui è dedicata la parrocchia di Piovene, a destra S. Girolamo del deserto patrono dei Girolimini; attorno alla croce tre figure femminili: la Madonna, Maria di Cleofa e Maddalena; sullo sfondo una città turrita, Gerusalemme. Proseguendo per via delle Fonti, sulla destra, un cancello affiancato dal relitto di una torre merlata. In fondo al cortile una casa decorata. Si tratta dell’abitazione di don Egidio Mozzi, storico dilettante vissuto nell’ottocento e testimone oculare di tante vicende, i suoi scritti sono fonte di preziose informazioni per gli storici. Ormai siamo arrivati alla piazza che un tempo era detta La cro∫ ara (crocicchio). Di fronte a voi un bel parco che un tempo era l’orto dei frati e ora si chiama Birreria vècia. Siamo qui nel centro del borgo antico e rurale di Piovene. Un tempo questa piazzetta era ricca d’acqua avendo un pozzo, una fontana circolare in pietra, un abbeveratoio e un lavatoio grande. L’acqua che tracimava scendeva lungo la strada che allora veniva anche chiamata via delle pòsse (pozze, pozzanghere). Questa fontana, assieme alla fontana de sòra e a quella della piazzetta formava l’acquedotto comunale cinquecentesco.
7
la riva dei frati, la chiesa, l’ospizio Il grande parco di fronte a voi, polmone verde della contrada, è di proprietà comunale, fu donato al comune nel 1902 dal senato Gaetano Rossi per celebrare i 25 anni da quando il padre (Alessandro) gli aveva affidato la gerenza del lanificio. Potete passare dal parco o salire direttamente le caratteristiche scalette in ciottolato. Nel parco vi è ora il locale chiamato birreria vècia, ma è edificio recente di qualche decennio fa; sul retro nasconde il Canevòn dei Frati, ovvero una grotta profonda e praticabile, utile ancor oggi come ghiacciaia naturale. Il muro e le abitazioni che costeggiano le scalette appartengono alle antiche proprietà dei Girolimini. Sotto il vòlto (notare la bella porta con poggiolo al centro) che collegava la proprietà con un passaggio soprelevato, un cancello dà accesso al cortile. A destra l’edificio che ospitava i padri e a sinistra la Chiesa5 di S. Maria in Aracoeli con l’ingresso originario, poi sostituito con la porta sulla strada. La Chiesa di Santa Maria in Aracoeli ** venne edificata nel 1592 come si legge sopra l’architrave della porta a sinistra del presbiterio, tuttavia è probabile una chiesa preesistente anche se molto modesta e “poco decente”. L’interno (prenotare la visita al n. 0445-550128) si presenta tutto affrescato e decorato. Bella la decorazione a fianco dell’arco trionfale che divide l’aula dal presbiterio: è rappresentata un’Annunciazione, la parte destra è illeggibile. Il soffitto è a cassettoni. Sopra l’antico ingresso una cantoria lignea donata, assieme al restauro della chiesa, dalla società “Francesco Zanella e Compagni” nell’ottobre del 1892 per celebrare solennemente i 300 anni dalla fondazione. Il presbiterio è coperto da una volta a crociera tutta affrescata così come lo sono le pareti. Sul soffitto sono rappresentati i padri della chiesa: S. Girolamo, S. Gregorio Magno, S. Agostino e S. Ambrogio; sulla parete di sinistra S. Girolamo nel deserto. L’altare è intarsiato con marmi neri e rossi e decorazioni in stucco. Sopra l’altare la Madonna della Cintura, di buona fattura, protettrice delle donne in gravidanza. Due portoncine in legno decorato conducono alla sagrestia che ospita una crocifissione. Se possibile, visitate il piccolo ripostiglio a fianco del presbiterio, è una stanzetta voltata tutta affrescata con una rustica crocifissione sulla parete di fondo. Il complesso dell’Ospizio*, nel XVI secolo, era composto da nove stanze: cucina, cantina, granaio, refettorio, sala con dormitorio, cantina e due stalle che dovevano servire sia per l’allevamento dei padri sia per le bestie che accompagnavano i pellegrini. Osservate le belle cornici in pietra che circondano le finestre.
8
Il monte Summano e i Girolimini. Dal periodo dell’evangelizzazione cristiana, il monte Summano è sempre stato meta di pellegrinaggi. Si poteva accedere da Velo D’Astico, Schio, Santorso, ma la strada più frequentata è sempre stata quella che passava per Piovene. Sulla sommità del Monte fin dal medioevo è testimoniata la presenza di un convento (il primo documento che lo cita risale al 1305). Nei due secoli successivi lo stato del convento e dei religiosi conosce fortune alterne tra rischio di chiusura e rilancio. La vera svolta si ebbe nel 1452 con l’arrivo in zona della congregazione degli eremiti del beato Pietro Gambacorta da Pisa: i Girolimini (anche detti Girolamini). Costoro ressero e rilanciarono il convento. All’inizio officiavano nella minuscola chiesa dei SS. Vito Modesto e Crescenzia (vedi in seguito). Molti erano i pellegrini che frequentavano i luoghi di devozione provenienti da svariate comunità. Avevano bisogno di cibo e di un riparo per sé e per gli animali che spesso li accompagnavano. La strada per il Summano che passava per Piovene era la più agevole e frequentata. Qui, nel 1592 per i pellegrini, venne costruita la Chiesetta di Santa Maria in Aracoeli detta Chiesetta dell’Ospizio e l’Ospizio cinte da mura. Al posto dell’attuale parco vi era La riva dei Frati: orti, frutteto e quanto serviva al sostentamento dei religiosi, compreso qualche prato che doveva servire per gli animali che accompagnavano i pellegrini. I frati producevano olio ed erbe medicinali e aromatiche. Era ricovero per il riposo e le emergenze sanitarie della comunità di frati. Qui convivevano un paesaggio ortivo ben curato e la natura selvaggia: una rupe scoscesa e una grotta dalla quale sgorgava l’acqua. Dopo secoli di servizio (erano molto amati dalla popolazione tanto che in una lettera del 1656 il parroco di Piovene pretese dal superiore dei frati che non venisse celebrata la messa dai Gerolimini finché non fosse terminata quella nella chiesa parrocchiale) nel 1772 il Senato Veneto soppresse l’ordine monastico. Nel 1777 i frati abbandonarono Piovene e la cospicua proprietà venne acquistata dall’abate Giuseppe Pizzati, ex gesuita. La proprietà passò in seguito a Pietro Rossi che costruì la prima fabbrica di birra inaugurata nel 1868.
9
la fabbrica di birra Tornate ora indietro. Di fronte alla porta della chiesa un sottoportico conduce a una corte interna, ora parcheggio. Quell’edificio a destra e sinistra del passaggio è la prima fabbrica di birra di Piovene e del circondario6. Erano passati appena 2 anni dall’adesione del Veneto allo stato unitario che Pietro Rossi, mosso da spirito patriottico e imprenditoriale, acquista da Pietro Pizzati la proprietà chiamata Ospizio dei Gerolimini. L’acqua del monte «ora crescente ed ora mancante e sempre limpida, freschissima e leggera» viene incanalata e fatta arrivare alle vasche della nuova fabbrica di birra. Essa è costituita da un vasto ambiente diviso da un vòlto in pietra, ad un lato del quale si trovavano la caldaia ed i forni per la torrefazione dell’orzo, dall’altro la vasca per macerarlo, in mezzo il rinfrescatoio e, in un angolo, il deposito della legna. Nelle sottostanti cantine trovavano posto i tini per la fermentazione e la maturazione della birra, e l’orzo nella fase di germinazione controllata. Nei sovrastanti granai, che servivano come deposito dell’orzo, erano state ricavate due stanze ad uso dormitorio per l’addetto ai forni e per il mastro birraio. La produzione inizia il 14 gennaio 1869. Dieci anni dopo l’impresa passa a un commerciante bavarese che chiama un mastro birraio tedesco a sovrintendere alla produzione. Gli affari vanno bene e nel 1892 la fabbrica finanzia la costruzione della cantoria lignea posta nella dirimpettaia chiesa dell’Ospizio. Finita la produzione di birra l’edificio divenne parte macello comunale, parte latteria.
10
La viA dell’angelo Salite le scalette fino in cima, non trascurate di leggere antiche date scolpite sugli architravi in pietra. In uno slargo a sinistra la grande Fontana di sopra. Si tratta di un complesso di vasche in lastre di pietra; è l’unica fontana rimasta delle tre fontane cinquecentesche. Caratteristico il mascherone dal quale esce l’acqua, si tratta di una pietra originale recuperata dalla fontana della Piazzetta. Il complesso delle fontanelle era tradizionalmente costituito dalla fontana vera e propria, vasca ovale e panciuta che qui manca, e da due grandi vasconi lunghi e stretti adibiti a abbeveratoio per le bestie e lavatoio, un tempo erano affollati centri di socialità. Ancor oggi l’acqua di questa fontana è apprezzata. Inizialmente si trovava sul ripiano soprastante dove oggi c’è la statua della Madonna, ma un abbassamento della falda ha imposto il riposizionamento della fontana che ha così trovato maggiore spazio. Finito il ciottolato e iniziato l’asfalto vi trovate lungo la via dell’Angelo, tradizionale strada che porta al monte. Voltatevi un attimo e, in alto sulla parete, un rustico dipinto parietale rappresentante, ancora una volta, la Madonna con il bambino. Scendete pochi passi e a sinistra trovate uno dei più bei capitelli di Piovene, il Capitello di San Prosdocimo. Su una parete tre nicchie ogivali, quella centrale ha due pilastrini e un arco a sesto acuto lobato che contiene l’immagine di San Prosdocimo che abbatte l’idolo del Summano. Le figure sono recenti, ma di buona fattura. Sono state eseguite da Francesco Turra purtroppo su supporto di conglomerato di legno, materiale di poca durata.
11
una deviazione Vi proponiamo una piccola deviazione dal cammino, scendete diritti per le scalette. Vi troverete su una balconata che dà sulla strada principale, via Maggiore ora via Libertà. Voltatevi e vedrete la bella chiesetta dei SS. Vito Modesto e Crescenzia *, tradizionalmente chiamata di S. Rita. La prima documentazione di una chiesa in quella località risale al 1262, ma l’origine è sicuramente precedente dato che una terribile alluvione del 1244 comportò la ricostruzione degli edifici della zona e quindi anche la chiesa che doveva essere preesistente. Fu ricostruita dal nobile Guido Piovene nel 1452, la consacrazione ad opera del vescovo di Padova risale al 1488. A partire dal 1569 la “giesiolla” (chiesetta) fu affidata ai padri Gerolimini. Si tenga presente che allora via Maggiore si trovava ad una quota più alta all’incrocio tra la strada principale e la via dell’Angelo. L’interno è composto da una semplice aula con tetto in capriate divisa dal presbiterio da una elegante apertura a serliana; interessante la pala dell’altare che rappresenta i patroni della chiesa. Bello il piccolo campanile con una curiosa copertura a quattro cuspidi.
12
via castel manduca Si torni ora sui propri passi, si superi il capitello di San Prosdocimo già visitato e si giri a destra per via Castel Manduca (contrà de sòra) che si sviluppa tra corti abbarbicate sul pendio. Ci si fermi a metà strada, all’incrocio con il vicolo Castel Manduca. In uno scorcio tra due muri, alta, si erge la casa più elevata del paese. Si tratta di un elegante palazzetto di fine ottocento, casa Rosa costruita da un mastro costruttore, Remigio Chioccarello, che aveva lavorato col Caregaro Negrin e ne aveva appreso alcune finezze costruttive. Dietro la casa su uno sperone non visibile da questa posizione, era ubicato l’antico castellaro, Castel Manduca che con Castel Pelluca formava posto di vedetta dal quale si controllava tutta la pianura. Castel Manduca è importante dal punto di vista archeologico quale insediamento fin dall’età del bronzo. Continuando a scendere, sulla destra si vedono gli orti e il retro delle case che si affacciano sulla via principale. Di fronte un sottoportico introduce alla Corte dei Chioccarello. Erano costoro una delle famiglie di scalpellini piovenesi, assieme ai Barbieri e ai Zironda. La loro presenza è annunciata da una piccola testina scolpita posta alta sopra la finestra del terzo piano a destra del portico. Passate il portico e girate a destra: ammirate, al civico 7 il bel portale lavorato a diamante inverso, testimone della sapienza degli scalpellini e della durezza della Pietra di Piovene. Tornate sulla strada e di fronte trovate il Capitello della Contrà de Sòra. Una bella e alta edicola. Anche questo è stato ridipinto dal Turra in tempi recenti, rappresenta la Madonna tra i SS. Stefano e Lorenzo. L’edificio che fronteggia la corte sulla sinistra con una loggia in legno è sede dell’antica Casa Comunale ovvero casa Piovene Borriero. Del complesso trecentesco rimane solo una parte recentemente ristrutturata. La facciata più interessante è quella lungo strada caratterizzata da una finestra decorata* riportante lo stemma dei conti Piovene. Siamo ora arrivati a piazza Forziana, un tempo snodo del trasporto delle pietre.
13
cave di pietra Passata la piazza, si prosegua dritti in salita. Questa è una delle due zone di cava della Pietra di Piovene7. Un tempo questa piazza era affollata di persone dai vestiti bianchi di polvere, massi di pietra venivano staccati dal monte, lavorati, fatti scivolare su pali fino a piazza Forziana dove venivano caricati sui carri. Sulla sinistra, dietro le case, le antiche cave di pietra sono occultate dalla vegetazione. Finite le case c’è ancora la bottega dell’ultimo artigiano della pietra, abile scalpellino che ormai lavora solo per passione e abitudine. Uno slargo a sinistra annuncia la presenza della fornace da calce dei Barattoni. Un tempo la cava era entro il monte e una serie di carrelli su binari entravano e uscivano dalla galleria per scaricare il materiale sullo scivolo visibile a destra (attenzione!). La pietra, accumulata in questo vertiginoso scivolo, veniva estratta dal basso e caricata sul forno da calce (visibile dalla piazza). Poco oltre uno squarcio tra la vegetazione permette di vedere una bella villa in basso. Si tratta di Villa Cercenà, costruita in stile eclettico ai primi del ‘900 su disegno dell’ing. Letter in occasione del matrimonio Cercenà Chirotti. Il Cedro del Libano* a fianco della villa è albero monumentale, uno dei più bei monumenti vegetali della provincia. Si prosegua in salita, nel punto più alto si ha una panoramica di Rocchette. Dietro la chiesa, appena visibili, le casette ottocentesche del Quartiere Operaio*, un’opera di archeologia industriale tra le più interessanti d’Italia. Si trova fuori dal percorso, ma merita una visita a parte. Ora il sentiero comincia a scendere costeggiando il monte. Sulla destra si può valutare l’imponente massa della filatura più grande d’Europa, come fu definita al momento della costruzione, nel 1972. Oggi è semi utilizzata, paradigma dell’avvenuto passaggio all’epoca postindustriale. A metà discesa, uno squarcio sul monte ora coperto di alberi, segna la posizione di un’ultima cava di Pietra di Piovene, dava ghiaia e sabbia. La pietra di Piovene. E’ una pietra che i geologi definiscono Calcari grigi di Noriglio, una pietra sedimentaria risalente a 180 milioni di anni fa. In questa nostra area il mare era poco profondo, una zona lagunare o di estuario: la sedimentazione quindi è stata lenta e ha permesso la formazione di calcari dalla grana finissima, dalla colorazione bianca, bianco-avorio, rosata, alternati a livelli argillosi. La durezza e compattezza della pietra decretarono il suo successo. Nel ‘500 Andrea Palladio la scelse per le logge della Basilica di Vicenza. Gli scalpellini piovenesi vantavano una tradizione che si estese fino alla fine del novecento. Furono opera degli scalpellini di Piovene: i portali della Casa Rosada di Buenos Aires, la gradinata del Casinò di Montecarlo, i piloni del Sidney Harbour Bridge, la galleria del San Gottardo, il restauro di alcuni castelli della Val d’Aosta, ecc. Hanno lavorato in tutto il mondo i lapicidi piovenesi fino a questo dopoguerra. Poi l’estrazione tradizionale della Pietra e la lavorazione manuale sono uscite di mercato e la tradizione è diventata ricordo.
14
la vecchia ferrovia Il sentiero sbuca sulla strada asfaltata; seguite la segnaletica, attraversate la strada e imboccate il sentiero che è stato ricavato sulla sede dell’ex ferrovia Rocchette-Arsiero8. Il cammino qui è comodo e sicuro, segue le rive dell’Astico che scorre in un profonda gola un centinaio di metri sotto. Passate due brevi gallerie e, arrivati a fianco di un parcheggio, vale la pena di fare un’altra deviazione, l’ultima. Si giri per il parcheggio e, arrivati all’asfalto, si vada a sinistra. Lungo la strada, sulla destra il complesso della Birreria Nuova, nonostante il nome si tratta di una fabbrica per birra di antica tradizione (Birraria Real Summano) che risale al 1873, ma è stata ricostruita negli anni ’20 dopo le devastazioni della guerra. Un tempo la ferrovia correva a fianco dell’attuale strada e la birreria era una sosta prevista durante l’estate. Ancora oggi, soprattutto nelle calde giornate estive è frequentatissima. Se il gestore è disponibile, fatevi mostrare la antica caldaia in rame tedesca per la bollitura dell’orzo. Tornate ora alla strada abbandonata e avviatevi piacevolmente alla volta di Velo d’Astico. Le ferrovie nell’Alto Vicentino. Forse può sembrare strano, ma Rocchette un tempo era stazione ferroviaria di un certo peso: ivi si incrociavano ben 4 linee che provenivano da Schio, da Thiene, da Asiago e da Arsiero. Nel punto della sua massima larghezza (85 m) della sua area contava ben 11 binari preposti alla manutenzione dei mezzi, alla movimentazione dei vagoni e al trasbordo tra linee a scartamento normale e ridotto. La ferrovia arrivò a Rocchette nel 1884, con l’inaugurazione del tratto proveniente da Schio. L’anno dopo, nel marzo 1885, venne aperto anche il tratto fino ad Arsiero, risultavano così connessi gli stabilimenti lanieri di Schio, Torrebelvicino-Pievebelvicino, Rocchette e la Cartiera di Arsiero. L’antico tracciato della ferrovia seguiva la vecchia strada carrabile provinciale per Arsiero/Alta Valle dell’Astico ed utilizzava 2 gallerie, (la seconda galleria è quella dove oggi passa la strada la prima è murata). Allora la ferrovia passava davanti all’attuale Birreria Nuova dove era prevista una fermata nel periodo primaverile-estivo. Fu solo nel 1932 (ed inaugurata nel 1933) che si decise di ricostruire la linea passando dallo scartamento ridotto (0,95 metri) allo scartamento ordinario/normale (1,435 metri). La linea prese l’attuale tracciato con la costruzione di 3 nuove gallerie ed un ponte sul Rio dell’Orco, sopra il quale si passa dopo la seconda galleria.
15
Bibliografia 1 Renato Grotto, “La fontana della Guarda - Vicende di costume e di vita piovenese all’inizio del 1600”, edito dalla Comunità Montana Leogra-Timonchio 2004 2 Renato Cevese, “Ville della Provincia di Vicenza”, Rusconi 1982 3 Le notizie su Caregaro Negrin e le sue opere sono contenute nel libro di Bernardetta Ricatti “Antonio Caregaro Negrin - un architetto vicentino tra eclettismo e liberty”, Centro grafico editoriale, Padova 1980. Vedi anche la tesi di laurea di M. Sala L. Cavedon, PROGETTO PER IL RECUPERO DEL RUDERE DI PALAZZO FRACCAROLI E DI VILLA VERLATO A PIOVENE ROCCHETTE, rel. prof. arch. Patrizia Paganuzzi AA 1996-97, IUAV 4 Dalla Relazione storico artistica redatta per Conto del Ministero per i Beni culturali e ambientali in M. Sala L. Cavedon, cit. 5 Le notizie sull’Ospizio e sulla chiesa annessa sono ricavate dal libro di Renato Zironda “Dall’Eremo di Santa Maria del Summano al Santuario dell’Angelo”, edito a cura della Parrocchia di S. Stefano, Piovene Rocchette 2000. Vedi anche F. Toniolo R. Zironda, “La chiesa di S. Maria in Ara Coeli detta dell’Ospizio”, edito dal Comune di Piovene Rocchette 2002 6 Diana Sperotto, “Le fabbriche di birra di Piovene Rocchette”, pubblicata sul n. 5 di Sentieri Culturali, pubblicazione a cura della Comunità Montana Leogra Timonchio 2005 7 Diana Sperotto, “Le pietre, le cave, gli scalpellini di Piovene Rocchette”, in Sentieri culturali n. 3 edito dalla Comunità Montana Leogra Timonchio 8 Per le notizie sulla ferrovia abbiamo consultato le note di Romano Borriero, storico della Stazione di Rocchette dal 1885 al 1982.