Integrazione tra le Direttive Europee e strategie di difesa e adattamento Ing. Nicola BERNI Regione Umbria - Servizio Protezione Civile (Responsabile Sezione “Centro Funzionale”, membro Comitato Tecnico Autorità di Bacino del Fiume Arno) 1 dicembre 2014 - Workshop formativo “Obiettivi e approcci ai Contratti di Fiume in Toscana” – esperienze a confronto. Opera di Santa Maria del Fiore, Piazza San Giovanni 7, Firenze
Ennesima alluvione a Genova, 7-14 ottobre 2014 766 mm di pioggia cumulata!
Altre Alluvioni italiane recenti‌.
20/10/2011 Roma 130mm/3h
25/10/2011 Toscana Liguria 100mm/1h 270mm/8h
05/11/2011 Genova 120mm/1h 222mm/3h 400mm/2gg
Sardegna 2013‌
Alluvione grossetano e orvietano 10-12 novembre 2012 400 mm di pioggia cumulata!
Umbria: Fiume Paglia ad Orvieto Scalo
Novembre 2012: mappa piogge cumulate nell’intero evento riferite al bacino del F. Paglia ad Orvieto Scalo (Umbria, Toscana e Lazio)
12 novembre 2012 - Fiume Paglia ad Orvieto Scalo
12 novembre 2012 – T. Chiani e zona confluenza Chiani-Paglia e Paglia-Tevere
12-13 novembre 2012 - Fiume Nestore a Marsciano e media Valle del Tevere
12-13 novembre 2012 – Oasi di Alviano (Umbria)
Indice 1. 2. 3.
Rischio idraulico: quadro normativo ed assetto delle competenze; Strategie di mitigazione e adattamento: il Piano di Gestione (PGRA) ai sensi della Direttiva Alluvioni 2007/60/CE; Casi studio su organizzazione sistema di allerta, governo delle piene, pianificazione regionale (anche in riferimento ai CdF), resilienza popolazione.
Premessa 1/2 Perno della presentazione sarà la descrizione del costituendo “Piano di Gestione del Rischio Alluvioni” (PGRA), vera esemplificazione del «nuovo approccio», integrato e collegiale, che l’Europa chiede a tutti gli stati membri: “pianificato” (connessione tra attività nel tempo di pace e la gestione delle emergenze), “integrato” tra tematiche spesso trattate separatamente, come la qualità delle acque (Direttiva 2000/60/CE) e il rischio idraulico (Direttiva 2007/60/CE), “partecipato e condiviso” (consultazioni pubbliche, ecc..). In questo contesto, importante una giornata di dibattito sul tema: i “Contratti di Fiume” possono certamente rappresentare uno strumento privilegiato per l’ efficace coinvolgimento di tutti gli “stakeholder” pubblici e privati e quindi una fase partecipativa vera, non solo da espletarsi per adempiere ad una norma di legge.
Premessa 2/2 Il nostro paese infatti impone un “cambio di marcia” sull’efficacia di alcuni processi connessi alla mitigazione non strutturale del rischio idraulico, e soprattutto alla gestione del rischio residuo. A mio modo di vedere, nei CdF non solo toscani, questi argomenti dovrebbero essere trattati come centrali: non penso ci sia possibilità di sviluppo attorno ai contesti fluviali senza una configurazione di rischio sostenibile.
NB: Materiale presentazione tratto dal lavoro giornaliero di Dipartimento Nazionale Protezione Civile, Autorità di Bacino Arno e Tevere, Regione Umbria → loro siti web per informazioni varie
Il Rischio Definizione :
R=PxExV
(Relazione di Varnes)
R: Rischio (danno atteso riferito al costo sociale, di recupero e ristrutturazione dei beni materiali danneggiati dall'agente calamitoso); P: Pericolosità (probabilità di accadimento dell'evento di una certa intensità); E: Esposto (identificazione del valore sociale, economico, di persone, beni ed infrastrutture che ricadono nell'area soggetta al fenomeno); V: Vulnerabilità (percentuale del valore esposto che andrà perduto nel corso dell'evento).
La matrice multirischio
Rischio (R) = Pericolosità (P) x Danno (D) dove Danno (D) = Esposizione (E) x Vulnerabilità (V)
Maggiori calamità naturali Italiane (OFDA/CRED International Disaster Database)
E = sisma; T = Tsunami; F = Incendi; L = Frane; V = Vulcanico; FL = Alluvioni
Il rischio idrogeologico ed idraulico in Italia (Progetto AVI) Rischio (R) = PericolositĂ (P) x Danno (D) dove Danno (D) = Esposizione (E) x VulnerabilitĂ (V)
CNR-IRPI
Location of 2533 sites affected by landslide events with direct consequences to the population. Period 650-2008
CNR-IRPI
Location of 1836 sites affected by floods events with direct consequences to the population. Period 590-2008
Tipologie di alluvioni comuni nel centro Italia VarietĂ di fenomeni: debris flow, flash floods, rotte arginali su aree di bonifica, piene fluviali tipiche di medio grandi fiumi
Fiumi Umbria
Tempi di corrivazione Fiume (tratto umbro) Tevere Nera Paglia Chiascio Topino Timia Nestore Chiani Cerfone Assino Caina Carpina Genna Niccone
L (Km) 164 116 86 84 61 55 52 42 34 31 31 30 24 22
Bacino (km2) 5’280 1’360 1’275 1’962 1’240 609 743 424 320 176 242 132 91 152
Fiumi Umbria Fiume (tratto umbro) Tevere Tevere Tevere Tevere Tevere Chiascio Chiascio
Tempi di propagazione del colmo di piena Tempo propagazione colmo di tratto piena (ore circa) Diga Montedoglio – Diga Corbara (Umbria) 25 Diga di Montedoglio – S.Lucia (C.Castello) 6 S. Lucia – P.Felcino (Perugia) 9 P.Felcino – P.Nuovo (Torgiano) 4 P.Nuovo – M.Molino (Todi) 6 Diga di Casanuova – Petrignano d’Assisi 3 Petrignano d’Assisi - Torgiano 4
Cfr Fiume Po da Piacenza a Pontelagoscuro, con tempo propagazione della piena di oltre 60 ore.
Cambiamenti climatici? 2001 – 2003: Siccità Nov. 2005: Alluvione 2006 – 2008: Siccità Nov. 2008: Alluvione Gennaio 2010: Alluvione Dicembre 2010: Alluvione Estate 2012: Siccità Novembre 2012: Alluvione Novembre 2013: Alluvione
Azioni di mitigazione del rischio idrogeologico Schematizzazione «tradizionale»
AZIONI STRUTTURALI Realizzazione opere di messa in sicurezza per le aree sottoposte a rischio elevato Manutenzione delle opere di difesa
AZIONI NON STRUTTURALI Mappatura aree a rischio, pianificazione territoriale, ecc… Sistemi di previsione, monitoraggio strumentale in tempo reale, presidio territoriale, valutazione (dinamica) degli scenari di rischio e degli effetti al suolo attesi per le fasi di supporto alle decisioni, governo delle piene, informazione alla popolazione, primo intervento di contrasto, attuazione della pianificazione d’emergenza.
Quadro delle competenze nel settore Difesa del Suolo Nascita di una cultura ambientale dopo la tragedia del Vajont (1963) e le grandi alluvioni di Polesine (1951), Venezia e Firenze (1966). Dagli anni ’60 inizio ricerche su previsione e prevenzione rischio alluvionale (GNDCI-CNR). Alla fine degli anni ’80, necessità della difesa idraulica che assume valore costituzionale primario con la “storica” (per gli standard europei) Legge 183/89: conquista culturale basata su risultati di lavoro di 20 anni della “Commissione De Marchi”, concetti di bacino idrografico come ambito fisico ottimale per la gestione integrata del territorio, ecc.. Quadro compromesso e formalmente superato (con grandi contrasti e polemiche) dal D.Lgs. 152/2006 (esigenza di recepimento ed attuazione della Direttiva 2000/60/CE sulle acque) con nuovo centralismo azioni vs stato-regioni.
Quadro delle competenze nel settore Difesa del Suolo Dopo l’adozione dei piani stralcio per l’assetto idrogeologico (PAI), redatti ai sensi della legge 183, che contenevano l’individuazione e la perimetrazione delle aree a pericolosità idraulica e contestualmente prevedevano l’apposizione di misure di salvaguardia per le stesse aree, il PAI del bacino dell’Arno fu approvato con DPCM 6 maggio 2005. In realtà l'Autorità di bacino aveva già iniziato a studiare in maniera analitica i fenomeni alluvionali che interessano il sistema dell'Arno sin dai primi anni '90, allorché vennero identificati gli interventi ritenuti necessari per ridurre in maniera significativa il rischio di alluvione in tutto il bacino. Tali interventi sono indicati nel Piano Stralcio "rischio idraulico", che, a fronte di una complessa analisi modellistica tesa a ricostruire eventi significativi avvenuti nel passato, individuava le opere strategiche per impedire il ripetersi di alluvioni tipo quelle del 1966 e/o quelle del 1992. Il Piano Stralcio, emanato nel 1995 è stato definitivamente approvato con DPCM del 5 novembre 1999.
La direttiva alluvioni 2007/60/CE
per la prima volta si affronta argomento alluvioni 2000/60/CE → coordinamento transfrontaliero interno bacini idrografici
all’
attuazione in 3 fasi: 2011 – valutazione preliminare del rischio; 2013 – mappe della pericolosità e del rischio; 2015 – piani di gestione del rischio
Coordinamento bacini idrografici comuni
Istituisce un quadro per affrontare problematiche condivise e approcci comuni alla gestione del rischio alluvioni. Importanza dei bacini idrografici. Notevole flessibilità per Stati membri.
Il piano di gestione del rischio di alluvioni ai sensi della Direttiva 2007/60/CE recepita con D.Lgs 49/2010
AutoritĂ di bacino distrettuali
Regioni (in coordinamento tra loro)
nonchĂŠ con il DPC
Il piano di gestione del rischio di alluvioni ai sensi della Direttiva 2007/60/CE recepita con D.Lgs 49/2010 MINISTERO AMBIENTE/REGIONI/AUT. DI BACINO D.Lgs.152/2006
Testo unico sull’ambiente
R1: Rischio basso - Danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali.
R3: Rischio elevato - Possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, (…)
Tempo Differito
R4: Rischio molto elevato - Possibile perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, distruzione di attività socio-economiche.
DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE / REGIONI Dir.P.C.M. 27/02/2004: Sistema Allertamento Nazionale RETE DEI CENTRI FUNZIONALI
Tempo Reale
DICHIARAZIONE DEI LIVELLI DI CRITICITÀ ATTESI
PREANNUNCIO, MONITORAGGIO E SORVEGLIANZA DEGLI SCENARI DI RISCHIO
ALLERTAMENTO ED ATTIVAZIONE DELLA RISPOSTA OPERATIVA IN TEMPO REALE AI DIVERSI LIVELLI TERRITORIALI
METEROLOGICA IDROGEOLOGICA E IDRAULICA
Dir. 2007/60/CE → D.Lgs.49/2010
R2: Rischio moderato - Danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l'incolumità delle persone, (…)
Distretto dell’Appennino Centrale In attesa della definitiva operatività delle Autorità di Distretto di cui alla Direttiva Acque 2000/60, al momento non ancora costituite, i PGRA vengono predisposti alla scala delle cosiddette Unit of Mangement (UoM). Le UoM comunicate dal Ministero dell'Ambiente alla Commissione Europea, e quindi responsabili della redazione del piano, non sono altro che le Autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali già esistenti in Italia ai sensi della L. 183/89. L'Appennino Settentrionale ne conta 11 UoM.
Distretto dell’Appennino Settentrionale
Mappe di pericolosità e rischio idraulico La Direttiva Alluvioni prevede che per ogni UoM siano realizzate mappe della pericolosità e mappe del rischio da alluvioni. Le mappe della pericolosità da alluvione contengono la perimetrazione delle aree geografiche che potrebbero essere interessate da alluvioni secondo i seguenti scenari: a) scarsa probabilità di alluvioni o scenari di eventi estremi; b) media probabilità di alluvioni (tempo di ritorno probabile ≥ cento anni); c) elevata probabilità di alluvioni, se opportuno. Per ciascuno di questi scenari dovranno essere necessariamente indicati anche i seguenti elementi: 1) portata della piena; 2) profondità o livello delle acque; 3) se opportuno, velocità del flusso o flusso d'acqua considerato.
Mappe di pericolositĂ e rischio idraulico
Le mappe del rischio di alluvioni dovranno invece indicare le potenziali conseguenze negative derivanti dalle alluvioni (nell'ambito dei 3 scenari di tempo di ritorno indicati per le mappe della pericolosità ) espresse in termini di: a) numero indicativo degli abitanti potenzialmente interessati; b) tipo di attività economiche insistenti sull'area potenzialmente interessata; c) impianti industriali a rischio di incidente rilevante e impianti che rientrano nel registro integrato delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti (IPPC, E-PRTR) e aree protette; d) altre informazioni considerate utili dagli Stati membri, come l’ indicazione delle aree in cui possono verificarsi alluvioni con elevato volume di sedimenti trasportati e colate detritiche e informazioni su altre notevoli fonti di inquinamento.
Pericolosità idraulica nel Bacino dell’Arno
Mappa della pericolosità idraulica redatta ai sensi della Direttiva 2007/60/CE del bacino dell’Arno
Il rischio ai sensi del d.lgs. 49/2010
Il Sistema nazionale di Protezione Civile Legge 225/1992 PREVISIONE: Attività dirette alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla individuazione dei rischi e alla individuazione delle zone soggette a rischio. PREVENZIONE: Attività volte ad evitare o ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni a seguito di un evento.
SOCCORSO: Tutti gli interventi diretti ad assicurare alle popolazioni colpite ogni forma di prima assistenza .
SUPERAMENTO EMERGENZA: Tutte le attività volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita
Il Sistema nazionale di Protezione Civile Legge 225/1992 Le Strutture Operative Nazionali: (art. 11 L. 225 /92) ✓ Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ✓ Forze Armate ✓ Forze di Polizia (GdF) ✓ Corpo Forestale dello Stato ✓ Gruppi Nazionali di Ricerca Scientifica ✓ Croce Rossa Italiana ✓ Strutture del Serv. Sanitario Nazionale ✓ Organizzazioni di Volontariato ✓ Corpo Nazionale Soccorso Alpino
Amministrazioni Componenti (art. 6 L. 225 /92) ✓ Ministeri ✓ Regioni ✓ Province ✓ Prefetture ✓ Comuni ✓ Comunità Montane ✓ Aziende private ✓ Ordini professionali
Legge n. 225 del 24 febbraio 1992 e s.m. e i.: Servizio Nazionale della Protezione Civile 3-bis. Sistema di allerta nazionale per il rischio meteo-idrogeologico e idraulico. 1. Nell'ambito delle attività di protezione civile, il sistema di allerta statale e regionale è costituito dagli strumenti, dai metodi e dalle modalità stabiliti per sviluppare e per acquisire la conoscenza, le informazioni e le valutazioni, in tempo reale, relative al preannuncio, all'insorgenza e all'evoluzione dei rischi conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2 al fine di allertare e di attivare il Servizio nazionale della protezione civile ai diversi livelli territoriali. 2. Nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, il governo e la gestione del sistema di allerta nazionale sono assicurati dal Dipartimento della protezione civile e dalle regioni, attraverso la rete dei Centri funzionali di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 febbraio 2004, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 59 dell'11 marzo 2004, dal Servizio meteorologico nazionale distribuito di cui al comma 4 del presente articolo, dalle reti strumentali di monitoraggio e di sorveglianza e dai presidi territoriali di cui al decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, e al decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 dicembre 2000, n. 365, nonché dai centri di competenza e da ogni altro soggetto chiamato a concorrere funzionalmente e operativamente a tali reti. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definiti i principi per l'individuazione e il funzionamento dei centri di competenza. 3. Sulla base dei livelli di rischio, anche previsti, di cui al comma 1, ogni regione provvede a determinare le procedure e le modalità di allertamento del proprio sistema di protezione civile ai diversi livelli di competenza territoriale ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401 (…)
Sistema di Allerta nazionale di Protezione Civile, quindi.. Strumenti, metodi e modalità stabiliti per sviluppare e acquisire conoscenza, informazioni e valutazioni, in tempo reale, relative al preannuncio, all’ insorgenza e all’evoluzione dei fenomeni che possono determinare eventi rilevanti per l’incolumità delle persone al fine di allertare e attivare il Sistema di Protezione Civile ai diversi livelli territoriali. Il Sistema di Allerta nazionale, richiamato dall’Art. 3 bis della L. 225/92 così come aggiornata dalla L.100/12 si configura come una delle attività di prevenzione non strutturale, ed è composto da una competenza e responsabilità Stato/Regioni (rete di uffici chiamati Centri Funzionali), dal Servizio Meteorologico Nazionale Distribuito (ancora non istituito, purtroppo), dalle reti strumentali di monitoraggio idro-pluviometrico e di sorveglianza diretta (presidi territoriali), nonché dai Centri di Competenza e da ogni altro soggetto chiamato a concorrere funzionalemnte e operativamente a tali reti. Le Autorità di Bacino sono Centri di Competenza, come CNR, alcune Università, ASI, ecc..
TEMPO REALE
TEMPO DIFFERITO
attività, anche straordinarie e temporanee, che concorrono a garantire azioni urgenti ed indifferibili finalizzate alla tutela dell’integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell’ ambiente dai danni derivanti da eventi pericolosi …
attività ordinarie di pianificazione e di programmazione di interventi che garantiscano condizioni permanenti ed omogenee per la promozione, la conservazione ed il recupero di condizioni ambientali e territoriali conformi agli interessi della collettività ed alla qualità della vita…
STRUTTURE DI PROTEZIONE CIVILE
STRUTTURE DI DIFESA DEL SUOLO, TUTELA DELL’AMBIENTE E DEL TERRITORIO
TEMPO REALE
Previsione meteo
Monitoraggio al suolo
TEMPO DIFFERITO
Produzione delle informazioni di base utili per l’implementazione dei modelli (cartografia tematica, banche dati geografiche, ecc..)
Stima dei deflussi in alveo e/o degli effetti dei fenomeni franosi con acquisizione dati e aggiornamento dei parametri
Sviluppo di modelli di dettaglio a scala di bacino: - modelli idrologici ed idraulici; - modelli di stabilità dei versanti.
Valutazione preliminare dell’evoluzione degli scenari
Valutazione della vulnerabilità dei beni esposti
Analisi quantitativa degli elementi a rischio
Analisi di dettaglio del rischio idrogeologico ed idraulico
I Centri Funzionali ”… la gestione del sistema di allerta nazionale è assicurata dal Dipartimento della protezione civile, dalle Regioni e dalle Province autonome attraverso la Rete dei Centri Funzionali, nonché le strutture regionali ed i centri di competenza chiamati a concorrere funzionalmente ed operativamente a tale rete …” (punto 1 della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 Febbraio 2004)
Effettuano attività di previsione Collaborano nelle:
Attività di sorveglianza, vigilanza e contrasto
Attività di prima gestione emergenziale dell’evento
•Individuazione dell’evento •Valutazione del rischio indotto •Monitoraggio strumentale e previsione dell’evento e degli effetti a brevissimo termine •Attività di vigilanza non strumentale •Interventi di contrasto per la riduzione del rischio in tempo reale
• Informazione della popolazione • Attuazione della pianificazione d’ emergenza
I Centri Funzionali ❖ Soggetti statali o regionali unitariamente diretti e coordinati; ❖ Responsabilità civile e penale della valutazione del livello di criticità dei rischi; ❖ Piena attuazione Legge Bassanini che, insieme a modifica al Titolo V, rende la Regione attore fondamentale
✓ Raccolgono e condividono dati (strumentali e non) ✓ Elaborano analisi in tempo reale ✓ Si assumono la responsabilità di tali informazioni e valutazioni tramite emissione e diffusione Avvisi e Bollettini FASE PREVISIONALE FASE DI MONITORAGGIO E SORVEGLIANZA IN TEMPO REALE DEGLI EVENTI E VALUTAZIONE EFFETTI SUL TERRITORIO
I Centri di Competenza Enti, Agenzie, Dipartimenti universitari, Istituti e Centri di Ricerca, soggetti privati preposti a produrre servizi, sviluppo tecnologico, prodotti operativi ed approfondimento delle conoscenze attraverso un’attività di ricerca applicata
Emissione stati di allerta Regioni
Previsioni meteo condivise Stato-Regioni
Previsione effetti sul territorio Stato Regioni
Norme di comportamento Popolazione
Attuazione piani emergenza Enti locali
Sistema allertamento nazionale distribuito statale e regionale
Quadro delle competenze nel settore Sistemi di Allerta nazionali di Protezione Civile Strutturazione e condivisione di un linguaggio comune per l’ allertamento relativo al rischio idrogeologico e idraulico, come base per un’attivazione omogenea dei sistemi di protezione civile territoriali, nel rispetto della filiera attuale delle competenze e responsabilità che, ai sensi della vigente normativa, vede assegnati: • al sistema Dpc-Regioni/Province Autonome la previsione meteorologica; • al sistema Dpc-Regioni/Province Autonome la valutazione delle criticità idrogeologiche e idrauliche attese o in atto; • alle Regioni e alle Province Autonome l’adozione e l’emissione dei messaggi che individuano fasi/stati/livelli di allerta; • di norma, ai sistemi territoriali di protezione civile (Regioni, Prefetture, Province e Comuni) l’attivazione delle misure di prevenzione e gestione dell’emergenza, fermo restando il coordinamento da parte del Dpc per eventi di livello nazionale (tipo C); • al Sindaco l’informazione alla popolazione.
Sistema di Allerta nazionale di Protezione Civile - note Sistema ad oggi estremamente eterogeneo e che necessita di revisione ed omogeneizzazione delle procedure, soprattutto nelle modalità di comunicazione al territorio delle allerte (in corso). L’aspetto più critico si è rivelato infatti essere la connessione tra sistema di allertamento ed attivazione delle fasi operative previste dai piani di emergenza ai diversi livelli territoriali, che prevedono modalità e tempi di attivazione molto disomogenei. L’elemento centrale nella previsione è la «pianificazione»! (L.225/92) Gli scenari di pericolosità e rischio, infatti, il monitoraggio dei fenomeni, anche in tempo reale, non costituiscono che uno degli strumenti di gestione dei piani di emergenza locali.
Meteo
Idrogeologic o
Idraulic
Sistema di Allerta nazionale di Protezione Civile - note Anche nel recente fatto di Genova, si è caricato sul sistema di allertamento (che giornalmente, da 10 anni, rappresenta un tassello fondamentale del sistema a tutela della vita umana in Italia) un peso di responsabilità e aspettative eccessive, a volte perdendo di vista il contesto territoriale nel quale gli eventi sono avvenuti (fiumi tombati per chilometri, sezioni idrauliche ristrette, ecc…). La rete dei Centri Funzionali va completata, certo, ma deve trovare soprattutto un affinamento contestuale degli strumenti di pianificazione a livello territoriale. Sono queli piani, infatti, che traducono in azioni l’ allerta, organizzando misure sempre più efficaci e aderenti ai territori. Il Piano di Protezione Civile Comunale costituisce il pilastro fondamentale della politica di gestione del rischio (con L.100/12 obbligatorio). Ovviamente deve essere reso noto alla popolazione e continuamente aggiornato e verificato con esercitazioni periodiche. Altro pilastro e l’informazione alla popolazione per il rafforzamento della resilienza dei cittadini, ovvero della loro capacità di auto proteggersi.
Gruppo di Lavoro Stato-Regioni su Omogeneizzazione Messaggi di Allerta
LE PROBLEMATICHE Il lavoro è finalizzato all’individuazione di una connessione tra le valutazioni di criticità e l’attivazione delle Fasi di Allertamento, nonché a rendere coerenti le azioni conseguenti alla dichiarazione di criticità, almeno in termini di flusso di comunicazioni tra i vari soggetti istituzionali. Le problematiche si possono sintetizzare nella presenza di significative eterogeneità, da Regione a Regione, per quanto riguarda: ✓ Terminologia; ✓ Approcci nello stabilire la correlazione Criticità/Allertamento; ✓ Tempistiche allertamento e modalità di flussi di comunicazione tra i soggetti istituzionali; ✓ Modalità di informazione alla popolazione.
LA PROPOSTA DI OMOGENEIZZAZIONE IN CORSO DI DISCUSSIONE
Criticità Assente
VERDE
Criticità Ordinaria GIALLO
Criticità Moderata ARANCIO NE
Criticità Elevata ROSSO
LA PROPOSTA
LA PROPOSTA
LA PROPOSTA
4) Uniformare la denominazione delle fasi operative, intese come sintesi delle azioni di prevenzione e gestione dell’emergenza che i sistemi territoriali mettono in campo in considerazione dell’allerta, con la successione di termini attenzione/preallarme/allarme, peraltro ampiamente usata e consolidata nei vari sistemi di PC . Ovviamente, a tale attività andrà affiancata la ridefinizione del ventaglio di azioni previste per ciascuna fase . La correlazione tra fase operativa e allerte non sarà automatica.
Dal punto di vista del cittadino • Quotidianamente, sul sito DPC, mappa codici colore previsti sull’intero territorio per le 24 ore successive e norme autoprotezione generali (Comunicati stampa, tg e radio nazionali) • Dal proprio comune, informazioni specifiche su situazioni critiche ed azioni Il sistema proposto rispetta la normativa vigente, bilancia la responsabilità della fase di valutazione e quella della fase di decisione, e migliora la comunicazione del messaggio ai cittadini, (fonte unica a livello nazionale, canali definiti, linguaggio omogeneo).
Quadro delle competenze MINISTERO DELL’AMBIENTE / AUTORITA’ DI BACINO D.Lgs.152/2006
Codice dell’Ambiente
R1: Low Risk (low social and economic damages). R2: Medium Risk (low damage to buildings, infrastructures and cultural heritage without the involvement of persons). R3: High Risk (Possible damage to persons, buildings and infrastuctures with interruption of socialeconomic activities and relevant damages to the environment). R4: Very High Risk (Possible loss of human lives, serious damages to buildinds, infrustructure, environment and destruction of social-econimic activities).
0
1 0 /2
Tempo differito
9 4 . gs
→
D.L
DIP. NAZIONALE PROTEZIONE /CE CIVILE / REGIONI Dir.P.C.M. 27/02/2004
0 0 .2
0 6 / 7
Dir Tempo reale
Rete Nazionale dei CENTRI FUNZIONALI
Ordinary Criticity (flooding of basements, temporary and punctual traffic problems near small watershed due to surface runoff phenomena, accidental loss of life) Moderate Criticity (temporary and punctual traffic problems, damages to individual buildings or to small towns affected by slopes instability, damages to agricultural activities, industrial and residential areas situated in floodplains, accidental loss of life and possible widespread damage to people) High Criticity (damages to agricultural activities, industrial and residential areas situated near rivers and streams, damage or destruction of towns, possible loss of life or serious injury to people)
Recepimento Direttiva Alluvioni 2007/60/CE: D.Lgs. n°49 del 23 febbraio 2010 ■
Aspetti che riguardano le Regioni e le Province Autonome: ➢
Art.3 c.2 “Le regioni, in coordinamento tra loro e con il Dipartimento Nazionale della protezione civile, provvedono, ai sensi della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 febbraio 2004, e successive modificazioni, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 59 dell'11 marzo 2004, per il distretto idrografico di riferimento, alla predisposizione ed all'attuazione del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico ai fini di protezione civile, secondo quanto stabilito all'articolo 7, comma 3, lettera b).
➢
Art.7 c.3 “b) le regioni, in coordinamento tra loro, nonche' con il Dipartimento nazionale della protezione civile, predispongono, ai sensi della normativa vigente e secondo quanto stabilito al comma 5, la parte dei piani di gestione per il distretto idrografico di riferimento relativa al sistema di allertamento, nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico ai fini di protezione civile, di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 27 febbraio 2004, con particolare riferimento al governo delle piene.
(ART.7 c.2: attuazione “prioritaria” di interventi non strutturali)
PGRA: L’approccio Il Piano di Gestione previsto dall'UE, infatti, ha proprio lo scopo di individuare, una volta definite le pericolosità e gli elementi esposti a rischio, le azioni necessarie per affrontare e gestire tale rischio. Si parla di gestione dell'evento e ciò implica un notevole cambio di impostazione rispetto anche al recente passato: management, in inglese, significa “acts of getting people together to accomplish desired goals and objectives efficiently and effectively”. È evidente che, se applichiamo il concetto di gestione alla difesa dal rischio alluvioni, cambiano, almeno in parte, alcuni concetti fondamentali fino ad adesso ritenuti basilari. Innanzi tutto si gestisce sia la fase del “tempo differito” (prima dell’evento), che la fase del “tempo reale” (durante l’evento) in un'unica catena di analisi ed azioni conseguenti. Questo concetto in Italia è stato introdotto nel 2004 con la Direttiva dei Centri Funzionali (che vedremo dopo) ma qui il discorso si allarga ulteriormente: il rischio si affronta efficacemente solo ricorrendo simultaneamente a misure di prevenzione, protezione, preparazione e risposta/ripristino.
PGRA: criteri di base
Il confronto avuto tra le Regioni e l’Adb Arno è servito ad elaborare dei criteri minimi, omogenei alla scala del distretto, sui quali impostare, da parte di ogni singola unità di gestione, le eventuali attività da sviluppare con particolare riferimento alla redazione delle mappe di pericolosità e rischio. I criteri di base esplicitati negli incontri, validi alla scala distrettuale sono i seguenti: 1) valorizzazione del lavoro già svolto per la definizione della pericolosità nei PAI: le aree definite nei PAI rappresentano il livello minimo sufficiente sul quale, se ritenuto necessario, dalle autorità e Regioni competenti territorialmente e alla scala del singolo bacino e/o della unità di gestione, procedere per l’eventuale perimetrazione di nuove aree; i criteri con cui sono state definite le classi di pericolosità dei PAI (mediante modello idraulico, criterio geomorfologico, storicoinventariale) sono validi, sulla base delle determinazioni svolte dalle autorità e Regioni competenti territorialmente, anche per la redazione delle mappe di pericolosità (e successivamente rischio) per il Piano di gestione; alla scala del singolo bacino ed in base alle caratteristiche di quest’ultimo, se ritenuto necessario, si può provvedere ad eventuali aggiornamenti o sviluppi; Distretto;
PGRA: criteri di base 2) adeguamento delle mappe di pericolosità ai requisiti del d .lgs. 49/2010 e della direttiva 2007/60/CE: per adeguamento minimo necessario si intendono le eventuali operazioni di adeguamento delle classi di pericolosità definite nei PAI (vedi punto precedente) ai requisiti richiesti e la realizzazione ex-novo delle mappe di rischio; 3) definizione di eventuali nuove aree (non presenti nei PAI) per cui procedere alla definizione della pericolosità e del rischio: i criteri di definizione delle eventuali nuove aree devono essere coerenti alla scala del singolo bacino con le aree già oggetto di perimetrazione nei PAI (vedi punto 1); stante l’estrema eterogeneità, sia in termini fisiografici che di risposta idraulica, dei bacini del distretto, non appare possibile definire dei criteri tecnici di scelta omogenei, validi per tutti, per l'eventuale definizione di nuove aree da mappare; tali criteri dovranno essere identificati alla scala locale in base alle peculiarità di ogni bacino (fisiche, idrologiche, etc.) anche in considerazione della presenza di popolazione ed insediamenti a rischio; 4) fermo restando quanto stabilito al punto di cui sopra per la definizione delle aree a pericolosità: si ritiene invece che per la determinazione del rischio sia possibile definire criteri di base omogenei e validi per l’intero distretto.
PGRA: Il complesso schema delle norme È opportuno fare presente che la competenza alla redazione dei PGRA, ai sensi del decreto di recepimento d. lgs. 49/2010, è ulteriormente ripartita tra due soggetti: • il sistema delle Autorità di Bacino suddetto (nazionali, regionali e interregionali di cui alla l. 183/89) che è il soggetto competente per la definizione delle mappe di pericolosità, per la definizione degli elementi a rischio e per l'individuazione delle misure di piano concernenti la prevenzione e la protezione; • il sistema della Protezione Civile (Dipartimento Nazionale, Regioni) che è competente per la definizione delle misure concernenti la fase di preallarme e di evento. Questa ripartizione deriva dalla normativa italiana che stabilisce le rispettive competenze in materia di difesa del suolo e protezione civile. Dalle mappe al piano: un passaggio reso complicato dai rapporti tra: • elevato numero di unit of management (56) per 8 distretti • requisiti richiesti dalla direttiva “alluvioni” • requisiti richiesti dal decreto legislativo di recepimento 49/2010 • indicazioni contenute nel decreto legislativo 219/2010 • procedure di VAS • Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) e gestione alluvioni in ottica
Schema PGRA Pertanto, seguendo le indicazioni della Guidance, lo schema concordato a livello di distretto per la predisposizione delle proposte di piano è il seguente: • definizione degli obiettivi generali che si intendono perseguire; • individuazione di misure generali che si intendono applicare per il raggiungimento degli obiettivi generali definiti; ciò viene svolto in pieno coordinamento con le UoM del distretto al fine di indicare obiettivi e misure generali comuni e condivise alla scala del distretto idrografico; • individuazione di porzioni di bacino (aree omogenee) nelle quali attuare le strategie e le misure specifiche che si ritengono più opportune, per tipologia di evento e per peculiarità socio/culturali/ambientali/economiche, al fine di perseguire gli obiettivi generali; • definizione degli obiettivi da raggiungere in ogni area omogenea in base alla vocazione dell'area (derivante dalla tipologia e distribuzione degli elementi a rischio); • definizione azioni di prevenzione, protezione e preparazione (misure specifiche) da attivare per ogni area omogenea; condivisione e coordinamento delle azioni da svolgere in fase di evento (di competenza del sistema di Protezione Civile) con le azioni precedenti; • contributi avuti della partecipazione del pubblico alla predisposizione del Piano attraverso il confronto continuo e diretto con gli stakeholder anche nelle eventuali fasi successive di rianalisi che saranno necessarie; • definizione del quadro giuridico di riferimento per il coordinamento e l'integrazione
Per la predisposizione del PGRA, il documento di riferimento è la “Guidance for Reporting under the Floods Directive (2007/60/EC)”, n. 29 del 14 ottobre 2013. In essa sono contenute le specifiche con cui si deve procedere e rappresenta pertanto il documento guida con cui è stata predisposta questa proposta di piano. Nella Guidance confluiscono le esperienze svolte in vari bacini sperimentali, tra i quali il bacino del fiume Lee in Irlanda, particolarmente preso a modello in fase di coordinamento distrettuale, sia per la chiarezza di rappresentazione che per l'affinità dei problemi da affrontare. Nella Guidance sono esplicitati i dati e le informazioni che il piano deve contenere e i requisiti che esso dovrà soddisfare. La Guidance distingue la fase di individuazione degli obiettivi e delle misure generali, validi alla scala di distretto/bacino, con la fase di applicazione specifica. Definisce chiaramente la tipologia di misure distinguendo tra non strutturali e strutturali (prevenzione, protezione, preparazione, etc.), oltre ad indicare l'importanza di operare in stretta relazione con la direttiva “acque”. Guidance for Reporting under the Floods Directive (n.29) • rappresenta la guida per la stesura del piano • indica cosa si deve produrre e su quali dati si deve operare • fornisce informazioni in merito ai formati dei dati geografici per mappe e database • indica le tipologie di misure generali da applicare nel piano dividendole in quattro categorie principali •ripartisce inoltre le misure in non strutturali e strutturali
Connessione tra Direttive Europee Acque e Alluvioni Il concetto di gestione nei temi inerenti al ciclo delle acque, sia negli aspetti di ordinarietà che negli estremi (ad esempio le piene e le magre dei corsi d'acqua) è uno degli argomenti più importanti che ha affrontato l'Unione Europea. Con la Direttiva 2000/60 infatti l'Europa compie la scelta innovativa di affrontare e trattare il governo della risorsa idrica nella propria totalità e attraverso il superamento della storica tripartizione che ha caratterizzato da sempre questo settore (tutela delle acque, difesa dalle acque e gestione della risorsa idrica), al fine di ricondurlo ad un’unica cornice normativa di riferimento. La gestione deve essere svolta alla scala del distretto idrografico (che può essere sia un bacino unico che un insieme di bacini); tale gestione deve essere a capo di un soggetto unico ovvero l'Autorità di distretto. La successiva direttiva 2007/60/CE relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni, integra la direttiva acque in materia di gestione del rischio di alluvioni, questione non presente in maniera esplicita tra i principali obiettivi della direttiva precedente. In seguito all'emanazione della direttiva “alluvioni”, tutti gli stati dell'Unione Europea si sono messi all'opera per adempiere a quanto prescritto. In Italia sono stati individuati otto distretti idrografici (d.lgs. 152/2006) che coprono l'intero territorio nazionale.
Un requisito fondamentale di cui l’AdB ha tenuto conto per la realizzazione del database geografico e quindi la realizzazione delle mappe, è quello di mantenere la coerenza tra direttiva "acque" e direttiva "alluvioni". Tale coerenza non può essere solo di tipo giuridico-amministrativo, ma anche di tipo tecnico, non ultimo proprio per l'organizzazione e la rappresentazione dei dati: tutto l’ impianto definito dalla direttiva “acque”, è rappresentato dal corpo idrico. Questo elemento è, in sintesi, il tratto elementare minimo, con caratteristiche omogenee, su cui valutare le pressioni, stabilire gli impatti, definire lo stato di qualità chimica, ecologica ed ambientale, inquadrare gli obiettivi, delineare gli interventi e monitorarne l’efficacia. Rappresenta l’elemento su cui è concentrata tutta l’azione pianificatoria e programmatica per far sì che sia raggiunto, mantenuto o migliorato lo stato di qualità buono. Essendo nella visione europea la direttiva “alluvioni” emanazione diretta della direttiva “acque” – per le quali viene infatti concepito un allineamento temporale negli adempimenti, definendo la coincidenza di scadenze temporali tra il primo aggiornamento del Piano di Gestione delle Acque e la prima emanazione del Piano di Gestione delle Alluvioni - è evidente allo stato dei fatti un vicendevole scambio di azioni causa-effetto circa le problematiche rischio idraulico e qualità della risorsa riconducibili al medesimo corpo idrico.
PGRA Arno: bacino pilota dell’Ombrone Pistoiese L’AdB Arno ha scelto di procedere alla fase di realizzazione delle mappe di pericolosità e rischio, partendo dalla individuazione di un bacino pilota su cui applicare le metodologie individuate (sia di tipo modellistico ex-novo, che di trasposizione dei dati esistenti di pericolosità e rischio dei PAI secondo i requisiti richiesti dalla direttiva), e quindi, successivamente, estenderle all’intero bacino dell’Arno. Come bacino pilota è stato individuato quello dell'Ombrone Pistoiese.
PGRA Arno: bacino pilota dell’Ombrone Pistoiese
1 1
2 Area 1 Porzione collinare montana del bacino Area 2 Porzione di fondovalle con insediamenti
L’area di esempio
1
1 2
Area 1 Misure: Di base Minime: n. 2 Non strutturali: n. 1, 2, 3, 5, 7, 8, 11 Strutturali: n. 1, 3, 5,
Aree di applicazione e pericolositĂ
AutoritĂ di Bacino del Fiume Arno
1 1
Area 2 Misure: Non strutturali: n. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10, 11
2
Le misure
Strutturali: n. 1, 2, 5, 6, 7, 8
PGRA: Gli obiettivi generali a scala di distretto a) obiettivi per la salute umana • riduzione dei rischi per la salute e la vita umana • mitigazione dei danni ai sistemi che assicurano la sussistenza (reti elettriche, idropotabili, etc.) e ai sistemi strategici (ospedali e strutture sanitarie, scuole) b) obiettivi per l'ambiente • riduzione degli effetti negativi e prevenzione degli effetti negativi permanenti dovuti ad inquinamento in caso di eventi alluvionali sui corpi idrici e nelle aree protette • mantenimento e, per quanto possibile, incremento della “naturalità” nei sistemi ambientali esistenti c) obiettivi per il patrimonio culturale • mitigazione dei possibili danni al patrimonio culturale esistente e al sistema del paesaggio d) obiettivi per le attività e economiche • mitigazione dei danni alla rete infrastrutturale primaria (ferrovie, autostrade, SGC, strade regionali) • mitigazione dei danni al sistema economico e produttivo • mitigazione dei danni ai sistemi che consentono il mantenimento delle attività economiche (reti elettriche, idropotabili, etc.)
PGRA: Le misure
Le categorie di misure definite nella Guidance descritte in dettaglio successivamente, sono: •attività di prevenzione •attività di protezione •attività di preparazione •attività di risposta e ripristino
PGRA: Le misure
Ăˆ opportuno rimarcare come, in questa fase di proposta dei piani, sia molto importante il contributo che può venire da tutti i soggetti (cittadini, enti, associazioni, imprese, etc.) interessati direttamente e indirettamente dal rischio alluvionale. Le osservazioni e i suggerimenti saranno valutati e, se ritenuti congruenti e validi, potranno confluire nel PGRA, la cui adozione definitiva, come noto, è prevista per la fine dicembre 2015. In questo contesto ben vengano iniziative quali i Contratti di Fiume a potenziare tutta questa fase.
PGRA: Le misure Il PGRA ha il compito di declinare gli obiettivi generali adattandoli al dettaglio nei singoli sistemi (bacini/sottobacini/aree omogenee) dove vengono appunto specificati e per i quali si individuano le misure per il loro raggiungimento. Le misure di dettaglio faranno riferimento al tipo di evento (source and mechanism of flooding), e al tipo di danno atteso secondo la tipologia di bene esposto (types of consequences) nell'area omogenea considerata.
PGRA: Le misure
PGRA: Le aree omogenee
PGRA: Le aree omogenee Per ogni area, mediante il lavoro già concluso con la redazione delle mappe e dei dati relativi, sono disponibili quindi le informazioni relative a popolazione, beni ambientali, beni culturali ed attività produttive. Mediante questi dati è possibile quindi stabilire tramite opportune caratteristiche, il “peso” di ogni area (o porzione di essa) rispetto alle categorie fondamentali indicate in direttiva. Gli indicatori al momento considerati sono: • distribuzione delle aree a pericolosità • popolazione in termini assoluti (numero e densità) e in termini relativi: questo permette di avere una identificazione generale alla scala dell'intera area ed, inoltre, consente di definire, mediante l'elaborazione dei dati sino alla scala della sezione censuaria, ulteriori sub-aree “a prevalenza urbana” e “a prevalenza rurale” secondo che la loro densità di popolazione sia al di sopra o al di sotto di una certa soglia di ab/kmq; gli indicatori sono elaborati relativamente all'intera area (solo numero abitanti e densità) e relativamente alle aree a pericolosità; • distribuzione di aree protette (SIC, ZPS, etc.): il dato viene elaborato come superficie totale di area protetta rispetto alla pericolosità idraulica e come rapporto tra area protetta e area allagata; • distribuzione di beni culturali: numero di elementi classificati rispetto alle aree a pericolosità; un ulteriore indicatore è il numero di elementi rispetto alle aree a prevalenza urbana e rurale;
PGRA: Le aree omogenee …distribuzione attività economiche: anche in questo caso il dato viene rapportato alle aree a pericolosità; presenza e distribuzione di elementi quali IPPC. Ulteriori possibili caratteristiche sono: la presenza/diffusione di sistemi a rete comprese le strade, presenza di aree a tutela paesaggistica, distribuzione opere idrauliche, stato e distribuzione dei corpi idrici. Per ogni area omogenea, e/o peculiare, le misure specifiche fanno capo a: • misure esistenti riguardanti prevenzione, preparazione ed evento (ad esempio atti di governo del territorio rivolti alla diminuzione del rischio o alla minor produzione di deflusso, piani di protezione civile in atto, sistemi di monitoraggio esistenti e/o in fase di implementazione, etc.); • misure esistenti di tipo strutturale, ed ovvero la fase di protezione, quali interventi in corso di realizzazione o finanziati, o in ogni caso oggetto di pianificazione e programmazione esistente (opere in corso di realizzazione e completamento, opere previste da atti amministrativi e accordi di programma che ne regolino attuazione e finanziamento); • misure specifiche ex-novo, che si ritengono necessarie a fini del raggiungimento dell'obiettivo generale per l'area in oggetto. Per ogni misura specifica si indicano i tempi e i modi che si prevedono per l'attuazione. Per ogni area omogenea e/o area peculiare all'interno della precedente, viene definito il tipo di risultato che si intende ottenere con l'applicazione delle misure. Se possibile viene anche indicato il risultato stimato che si otterrebbe attraverso l'applicazione parziale delle misure o di gruppi di misure.
PGRA parte B: il «tempo reale»
Competenze amministrative – Art.3, comma 2: Le regioni, in coordinamento tra loro e con il Dipartimento nazionale della protezione civile, provvedono, […] alla predisposizione ed all'attuazione del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico ai fini di protezione civile […]
Autorità di bacino distrettuali
3. Sulla base delle mappe di cui all'articolo 6: b) le regioni, in coordinamento tra loro, nonché con il Dipartimento nazionale della protezione civile, predispongono, ai sensi della normativa vigente e secondo quanto stabilito al comma 5, la parte dei piani di gestione per il distretto idrografico di riferimento relativa al sistema di allertamento, nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico ai fini di protezione civile […]
Regioni (in coordinamento tra loro)
nonché con il DPC
Distretti idrografici ai sensi della L. 152/2006 Regioni
I contenuti dei piani di gestione Per la parte di cui al comma 3, lettera b), i piani di gestione contengono una sintesi dei contenuti dei piani urgenti di emergenza predisposti ai sensi dell'articolo 67, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonchĂŠ della normativa previgente e tengono conto degli aspetti relativi alle attivitĂ di:
1
previsione, monitoraggio, sorveglianza ed allertamento posti in essere attraverso la rete dei centri funzionali;
2
presidio territoriale idraulico posto in essere attraverso adeguate strutture e soggetti regionali e provinciali;
3
4
regolazione dei deflussi posta in essere anche attraverso i piani di laminazione;
supporto all'attivazione dei piani urgenti di emergenza predisposti dagli organi di protezione civile ai sensi dell'articolo 67, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e della normativa previgente.
Il sistema di allertamento nazionale Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 27 febbraio 2004
Previsioni meteo condivise Stato-Regioni
Previsione effetti sul territorio Stato Regioni
EMISSIONE STATI DI ALLERTA REGIONI
Norme di comportamento
Attuazione piani emergenza
Popolazione
Enti locali
1
previsione, monitoraggio, sorveglianza ed allertamento posti in essere attraverso la rete dei centri funzionali Normative regionali sul sistema di allertamento. Definizione degli scenari in tempo reale Descrizione dei documenti di allertamento adottati a livello regionale in riferimento alla Dir.27/02/2004: Descrizione delle procedure di diramazione delle allerte a livello regionale Descrizione della sensoristica presente a livello regionale
1
previsione, monitoraggio, sorveglianza ed allertamento posti in essere attraverso la rete dei centri funzionali
Stato dell’arte della rete dei CF Dir.P.C.M.27/02/2004 + D.P.C.M.03/12/2008
Sintesi direttive regionali allertamento
11 CFD autonomi meteo+idro 4 CFD autonomi solo idro 2 CFD in fase di attivazione 5 CFD non autonomi
2
presidio territoriale idraulico posto in essere attraverso adeguate strutture e soggetti regionali e provinciali;
quadro normativo di riferimento Organizzazione dei presidi idraulici
AttivitĂ dei presidi idraulici Soggetti preposti al funzionamento dei presidi idraulici
2
presidio territoriale idraulico posto in essere attraverso adeguate strutture e soggetti regionali e provinciali; Inserimento nel piano di gestione di una sintesi sui presidi a livello di bacino
SCOPO monitoraggio e sorveglianza: rendere disponibili informazioni e/o previsioni a brevissimo termine che consentano sia di confermare gli scenari previsti, che di aggiornarli e/o di formularne di nuovi a seguito dell'evoluzione dell' evento in atto, potendo questo manifestarsi con dinamiche diverse da quelle prefigurate. Tramite: � raccolta, concentrazione e condivisione dei dati rilevati dalle diverse tipologie di sensori � notizie non strumentali reperite localmente la percezione puntuale del rischio tramite l’ osservazione diretta, soprattutto per avere riscontro degli effetti al suolo effettivamente verificatesi, rientrano tra i compiti dei presidi territoriali tecnici, adeguatamente promossi ed organizzati a livello regionale, provinciale e comunale.
PRESIDIO TERRITORIALE IDRAULICO rilevamento, a scadenze prestabilite, dei livelli idrici del corso d'acqua agli idrometri regolatori, se non altrimenti e funzionalmente organizzato da parte del Centro Funzionale decentrato, al fine di rilevare il livello di criticitĂ dell'evento di piena in atto osservazione e controllo dello stato delle arginature, se presenti, e ricognizione delle aree potenzialmente inondabili, soprattutto nei punti definiti preventivamente "idraulicamente critici", anche al fine di rilevare situazioni di impedimento al libero deflusso delle acque pronto intervento idraulico ai sensi del R.D. n. 523/1904 e primi interventi urgenti ai sensi della legge n. 225/1992, tra cui la rimozione degli ostacoli, anche causati da movimenti franosi, smottamenti spondali, accumuli detritici, che possono impedire il rapido defluire delle acque, la salvaguardia delle arginature e la messa in sicurezza delle opere idrauliche danneggiate
3
regolazione dei deflussi posta in essere anche attraverso i piani di laminazione
Elenco delle grandi dighe presenti nel bacino Sintesi delle considerazioni finali degli studi sull’influenza degli invasi Sintesi dei piani di laminazione Unità di comando e controllo istituite
3
regolazione dei deflussi posta in essere anche attraverso i piani di laminazione
Art.43, co.12, del c.d. “decreto Salva Italia” (D.L.201/2011 conv. L. 214/2011): dispone la revisione dei criteri per l'individuazione delle «fasi di allerta» da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti d'intesa con il Dipartimento della protezione civile al fine di aggiornare i documenti di protezione civile per le finalità di gestione del rischio idraulico a valle delle dighe
3
regolazione dei deflussi posta in essere anche attraverso i piani di laminazione Il “Documento di protezione civile” [distinto e propedeutico al “Piano di emergenza”] stabilisce per ciascuna diga (unitamente a prefissate informazioni di sintesi) le specifiche condizioni per l’attivazione del sistema di protezione civile e le comunicazioni e le procedure tecnico-amministrative da attuare: nel caso di eventi, temuti o in atto, coinvolgenti l'impianto di ritenuta o una sua parte e rilevanti ai fini della sicurezza della diga e dei territori di valle → “RISCHIO DIGA” cioè rischio idraulico indotto dalla diga, conseguente ad eventuali problemi di sicurezza della diga
nel caso di attivazione degli scarichi della diga stessa con portate per l’alveo di valle che possono comportare fenomeni di onda di piena e rischio di esondazione (“rischio idraulico a valle”) → “RISCHIO IDRAULICO A VALLE” cioè rischio idraulico non connesso a problemi di sicurezza della diga ma conseguente alle portate scaricate a valle, ancorché ridotte per laminazione
3
regolazione dei deflussi posta in essere anche attraverso i piani di laminazione
Indirizzi operativi per l’istituzione dell’Unità di Comando e Controllo del bacino del fiume Po ai fini del governo delle piene, nonché modifiche ed integrazioni alla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004 e successive modificazioni. Disposizioni inerenti l'attività di protezione civile nell'ambito dei bacini in cui siano presenti grandi dighe Modifiche Dir.27/02/2004
Tavoli Tecnici (con presenza AdB) per individuazione degli invasi utili alla laminazione
Tevere, Liri-Garigliano-Volturno, …
L’Unità di Comando e Controllo del fiume Po L’EVENTO ATTESO/IN ATTO COINVOLGE PIÙ REGIONI ▪
▪ ▪
gestito dall’ UNITA’ di COMANDO e CONTROLLO (UCC), autorità di protezione civile per il governo delle piene, che assume decisioni sulla base delle informazioni fornite dai CENTRI DI COORDINAMENTO TECNICO IDRAULICO con il supporto della SEGRETERIA TECNICA - scenari in atto e previsti
IL GOVERNO DELLE PIENE Dir.P.C.M.27/02/2004 D.L. 49/2010 – 2007/60/CE
Indirizzi operativi per l’istituzione dell’Unità di Comando e Controllo del bacino del fiume Po ai fini del governo delle piene in attuazione alla Dir.P.C.M. 27/02/2004, recante modifiche e integrazioni alla direttiva stessa. Il Centro regionale di coordinamento tecnico idraulico L’Unità di Comando e Controllo Il modello previsionale per l’asta principale del fiume Po I piani di laminazione
L’Unità di Comando e Controllo del fiume Po E’ il TAVOLO POLITICO – ISTITUZIONALE che coordina e assume decisioni, in quanto AUTORITA’ di PROTEZIONE CIVILE per il governo delle piene
Capo DPC
Min.Amb.
La convoca La presiede
AIPo
Segreteria Tecnica
Centri Reg.Coord. Tecn.Idr. CFC
Pres. Regioni Le informazioni ai media vengono fornite ESCLUSIVAMENTE dall’UCC tramite opportuni comunicati stampa
SE L’EVENTO E’ TALE DA RENDERE NECESSARIA L’ISTITUZIONE DELLA DI.COMA.C.
Segreteria Tecnica CONTINUA AD OPERARE nella Funzione Tecnica della Di.Coma.C
4
supporto all'attivazione dei piani urgenti di emergenza predisposti dagli organi di protezione civile ai sensi dell'articolo 67, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006 e della normativa previgente.
descrizione della corrispondenza tra livelli di criticità previsti e/o in atto, livelli di allerta, e l’associazione di tali livelli con l’attivazione delle fasi operative a livello regionale descrizione di come il sistema di allertamento viene inserito nelle procedure di pianificazione di emergenza nell’ambito del rischio idraulico.
Pianificazione di emergenza: le competenze D.Lgs 112/98 ❑ ❑
sono attribuite alle province le funzioni relative… alla predisposizione dei piani di emergenza provinciali sulla base degli indirizzi regionali. sono attribuite ai comuni le funzioni relative… alla predisposizione dei piani di emergenza comunali e/o intercomunali sulla base degli indirizzi regionali.
L. 225/92 modificata dalla L. 100/2012 ❑ ❑ ❑
Il Comune approva con deliberazione consiliare, …., il piano di emergenza comunale …le Regioni possono approvare il piano regionale di protezione civile. Il Prefetto assume, coordinandosi con il Presidente della Giunta regionale, la direzione unitaria dei servizi di emergenza da attivare a livello provinciale coordinandoli con gli interventi dei Sindaci.
L. 401/2001 (art. 5 comma 2) Il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro dell'interno da lui delegato, predispone gli indirizzi operativi dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, nonché i programmi nazionali di soccorso e i piani per l'attuazione delle conseguenti misure di emergenza, di intesa con le regioni e gli enti locali.
FASI OPERATIVE: Attenzione Preallarme Allarme
Modello di processo tra Centro Funzionale e Uffici Territoriali di Governo per la gestione delle allerte - ABRUZZO
Sintesi dei contenuti dei piani urgenti di emergenza predisposti ai sensi dell'articolo 67, comma 5, del decreto legislativo n. 152 del 2006, nonché della normativa previgente
Ricognizione degli elementi fondamentali dei piani di emergenza dei diversi livelli territoriali: ▪riferimenti alle normative regionali inerenti la pianificazione di emergenza ▪individuazione di possibili scenari di riferimento e del relativo impatto sul territorio. ▪descrizione generale degli elementi del Sistema di protezione civile rilevanti ai fini della gestione di un evento idraulico ed alla definizione del modello di intervento. ▪Individuazione delle misure previste nella pianificazione per conseguire gli obiettivi generali e specifici della gestione dell’emergenza.
Pianificazione di emergenza: la struttura
per fronteggiare una situazione di emergenza (obiettivi)
STRATEGIE OPERATIVE
SCENARIO riguardante le aree interessate anche potenzialmente dal rischio
MODELLO DI INTERVENTO definisce il sistema di coordinamento e le attivazioni organizzate in fasi operative connesse ai livelli di allerta – correlate ai livelli di allertamento per rischio idraulico ed idrogeologico delle Direttive regionali
Pianificazione di emergenza: efficacia
Il piano di emergenza sarà efficace se la popolazione ha la percezione del rischio con cui deve convivere e ciò si raggiunge applicando, nelle comunità locali, i seguenti concetti:
Consapevolezza del rischio
Autoattivazione
RESILIENZA
Autoprotezione
Caratteristiche del territorio umbro • Superficie Regionale ~ 8500 km2 • Superficie bacino idrografico dell’Alto-Medio Tevere ~ 12700 km2 •95,1 % dell’Umbria nel bacino del Tevere •(Umbria 46,9 % del bacino stesso)
DIGA DI MONTEDOGLIO
• Topografia complessa prevalentemente collinare/monuosa, con quote dai 50 ai 2500 m s.l.m.
DIGA DI CASANUOVA
• Litologia: facies terrigene e depositi flyschioidi. • Uso del suolo: agricoltura/terre arate (53.6%), foreste (22.4 %), urbanizzato (2.8 %). • Precipitazioni: MA ~ 1000 mm. • Temperature: media annuale ~ 11° C. • Bacini artificiali (dighe di Montedoglio, Casanuova e Corbara).
DIGA DI CORBARA
Il rischio idraulico in Umbria (fonte Servizio regionale Risorse Idriche e Rischio Idraulico)
•
Le fasce di pericolosità idraulica lungo il reticolo idrografico principale (302 Km) e secondario (quasi 1000 km lineari studiati) occupano 426 Kmq, (5% superficie regionale).
•
Il 55% è classificata in fascia A, con tempi di ritorno di 50 anni.
•
Gli edifici nelle fasce di pericolosità del reticolo principale sono 7.956 (45% a prevalente destinazione abitativa) e 29.949 nel reticolo secondario (59% a prevalenza Reticolo Principale abitativa). Fascia A: 97.3 kmq; Fascia B: 44.2 kmq; Fascia C: 25.4 kmq Reticolo Secondario Fascia A: 127.1 kmq; Fascia B: 47.3 kmq; Fascia C: 86.1 kmq
Evento di piena novembre 2012 – Chiusi Scalo Fasce di pericolosità Aree allagabili Fosso Chianetta
Estratto “fasce fluviali - 1° lotto: F. Topino – Foligno” redatte dal Consorzio Bonificazione Umbra
Estratto “aree allagabili - 1° lotto: Fiume Topino – Foligno” redatte dal Consorzio Bonificazione Umbra
AZIONI STRUTTURALI - realizzazione delle opere di messa in sicurezza delle aree a grave rischio di esondazione
1a cassa a Molino dei Bagni Area: 11.5 ha Volume: 742.000 m3
Sistemazione T. Chiani a Orvieto: realizzazione di due casse di espansione, di nuove arginature e rifacimento del ponte. 2a cassa a Pian di Morrano Area: 60.0 ha Volume: 1.430.000 m3
Funzionamento delle casse durante l’evento di piena novembre 2012
Esempio di applicazione in Umbria di azioni strutturali e non strutturali per la mitigazione del rischio idraulico Torrente Chiani
Esempio di applicazione in Umbria di azioni strutturali e non strutturali per la mitigazione del rischio idraulico
Realizzazione T. Chiani 1째flood storage basin
Esempio di applicazione in Umbria di azioni strutturali e non strutturali per la mitigazione del rischio idraulico
Realizzazione
T. Chiani 1째flood storage basin
Esempio di applicazione in Umbria di azioni strutturali e non strutturali per la mitigazione del rischio idraulico Realizzazione T. Chiani 2째flood storage basin
Il Centro Funzionale della Regione Umbria Ottobre 2006: istituita nuova sezione presso Servizio Difesa del Suolo Marzo 2007: primo ufficio operativo presso il Centro Regionale di Protezione Civile (CRPC) di Foligno Dicembre 2007: adozione atti regionali propedeutici alla richiesta di attivazione formale da parte del DPC (DDGR 2312 e 2313/07) Dicembre 2008: Protocollo di Intesa DPC-RU (anche aspetti di governo delle piene) Febbraio 2010: attivazione formale CFD Umbria (D.P.G.R. 26/2010) → 13° Novembre 2010: passaggio sezione Centro Funzionale da Servizio regionale Risorse Idriche e Rischio Idraulico a quello Protezione Civile, attivazione CRPC
Previsione rischio idrogeologico-idraulico in Regione Umbria: situazione prima del 2006 RISCHIO IDRAULICO •Rete di monitoraggio idrometeorologico RT dal 1985 (400 misure correntometriche all’anno e 41 scale deflusso;
•Reperibilità di pochi funzionari (anche se esperti); •Apertura Idrografico e S.O. H24 in emergenza;
RISCHIO IDROGEOLOGICO •Monitoraggio strumentale solo in poche frane note e disponibilità di reti in tempo reale solo in pochissimi casi (e non gestiti da Regione); •Reperibilità di geologi del Servizio Geologico regionale per sopralluoghi post-evento su chiamata della S.O.; •Informazioni e dati disponibili su frane note poco fruibili per attività PC (carte non digitalizzate, no tematismi GIS);
•No procedure codificate; •No previsioni meteo quantitative (QPFs); •No sistemi di allertamento automatico basati sul superamento soglie; •No soglie idrometriche e pluviometriche su più livelli (solo soglie idrometriche sperimentali di incipiente esondazione);
No modelli numerici di “early warning”;
Regione Umbria: strumenti oggi disponibili per l’early warning rischio idrogeologico e idraulico ➢ Reti di Monitoraggio idrometeorologico “tradizionali” in tempo reale ➢ Sensori sperimentali (umidità suolo, velocità superficiale, portata, ecc…) ➢ Individuazione soglie e zone di allerta ➢ Sistemi automatici di segnalazione superamento soglie ➢ Procedure di allertamento ➢ Presidi Territoriali ➢ Modelli previsionali meteo quantitativi (QPFs) ➢ Immagini e dati radar e satellitari ➢ Modelli di preannuncio frane e alluvioni ➢ Scenari statici di pericolosità frane e alluvioni ➢ Scenari statici di rischio frane e alluvioni ➢ Produzione di scenari dinamici di rischio frane e alluvioni ➢ Sistemi di Supporto alle Decisioni (DSS) “web based” (Web-GIS)
Il Centro Funzionale della Regione Umbria
S
A I R O T
D.G.R. n째 2313 del 27/12/2007: requisiti di attivazione
A I R
SOGLIE PLUVIOMETRICHE PUNTUALI E AREALI
O T S
Per la definizione delle soglie pluviometriche puntuali e areali è stata adottata la procedura sviluppata nel progetto VAPI (Valutazione delle Piene in Italia) per il Compartimento Bologna-Pisa-Roma del CNR-GNDCI.
A I R
SOGLIE IDROMETRICHE
O T S
Attenzione: Criticità ordinaria utile attivazione dell’emergenza;
per la fase iniziale delle procedure di
Pre-Allarme: Criticità moderata corrispondente ad almeno 1 ora di anticipo prima del raggiungimento del successivo livello di pericolosità; Allarme: Elevata criticità (effettivo pericolo) inizio azioni di Protezione Civile. Tale livello consente di avere a disposizione circa 3 ore di anticipo prima dell’esondazione vera e propria.
SCENARI DI CRITICITA’ IDROGEOLOGICA – IDRAULICA 1/2
SCENARI DI CRITICITA’ IDROGEOLOGICA – IDRAULICA 2/2
Il Centro Funzionale Decentrato della Regione Umbria – Procedure operative
D.G.R. n. 2312/07 Allegato A - Disposizioni per la prima A I Rattuazione della Direttiva del P.C.M. del 27/02/2004 O T
S
Disciplinano le attività del C.F.D., tra cui: a.
l’emissione e la trasmissione degli avvisi regionali di condizioni meteorologiche avverse;
b.
l’adozione e trasmissione degli Avvisi di Criticità regionali, i corrispondenti livelli di allerta del sistema regionale della P.C., le modalità della loro adozione e trasmissione agli enti interessati;
Hanno avuto carattere sperimentale fino alla piena attivazione dell’area “idro” del CFD: a.
il D.P.C. assiste il C.F.D. nella parte meteo (fino al 2011 supporto anche del Consorzio Lamma di Firenze)
Il Centro Funzionale Decentrato della Regione Umbria – Procedure operative
D.G.R. n. 2312/07 Allegato B - Disposizioni per la prima A I Rattuazione della Direttiva del P.C.M. del 27/02/2004 O T
S
Oggetto delle procedure è la definizione delle modalità operative per la gestione del sistema di allerta regionale da parte del C.F.D. della Regione Umbria, per gli eventi naturali potenzialmente prevedibili, in modo particolare per quelli idraulici e idrogeologici. Le procedure è suddivisa in tre sezioni distinte, corrispondenti a tre livelli di attivazione del sistema di Protezione Civile: 1.
PREVISIONE (prima dell’evento) – fase di allertamento;
2.
EVENTO IN CORSO (inizio del periodo di validità dell’Avviso di Criticità o all’ insorgere di fenomeni significativi non previsti) – fase di monitoraggio;
3.
POST EVENTO (al termine del periodo di validità dell’Avviso di Criticità e per le 48 ore successive o al termine delle condizioni di rischio) – fase di verifica e report;
-72 ore BOLLETTINO METEO REGIONALE
WEB
BOLLETTINO DI VIGILANZA METEOROLOGICA REGIONALE
WEB
NORMALITÁ
WEB
AVVISO METEO ASSENZA DI CRITICITÁ BOLLETTINO DI CRITICITA’ REGIONALE
WEB
Reperibilità regionale e Enti locali.
NO
ORDINARIA CRITICITÁ
WEB
SI
PRESIDI TERRITORIALI Vigilanza e Reperibilità squadre.
WEB
AVVISO DI CRITICITÁ
SI
C. F. D. Attivazione H24.
SUPERATA SOGLIA PRE-ALLARME
NO
Monitoraggio e sorveglianza, now casting.
PROTEZIONE CIVILE Allerta tutte le Componenti e le Strutture e invia sq. per il monitoraggio del territorio, Attivazione reperibile in Sala Op..
PRESIDI TERRITORIALI
Invio sq. per monitoraggio a vista aste fluviali e pendii in frana.
PRESIDI TERRITORIALI Reperibilità H24.
C. F. D. Vigilanza rinforzata del Reperibile come da disciplinare interno.
PROTEZIONE CIVILE Reperibilità telefonica dei funzionari regionali e di tutti i responsabili P.C. degli Enti locali.
PRESIDI TERRITORIALI Vigilanza eventi localizzati e rep. squadre.
-12 ore Inizio evento
SI SUPERATA SOGLIA ALLARME
ALLARME
Per il tramite della Prot.Civ. Regionale
PROTEZIONE CIVILE Reperibilità H24, con P.C. e telefono abilitati ad Internet.
PREVISIONE
SUP. SOGLIE MODERATA o/e ELEVATA
C. F. D. Reperibilità H24, con P.C. e telefono abilitati ad Internet.
NO
PREVISIONE EFFETTI AL SUOLO
SI
PROTEZIONE CIVILE
PRE-ALLARME
NO
C. F. D. Attività H24. Monitoraggio e sorveglianza, now casting.
PROTEZIONE CIVILE Apertura Sala Operativa, attività previste dai Piani di P.C..
PRESIDI TERRITORIALI Intensifica e rafforza le attività di controllo ed attiva il pronto intervento idraulico e i primi interventi urgenti.
NO
MONITORAG GIO
Monitor. e sorveglianza, now casting.
-24 ore
PRE-ALLERTA
C. F. D. Attivazione H24.
PREVISIONE FENOMENI SIGNIFICATIVI
SI
ADOZIONE DA PARTE DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE O DA UN SUO DELEGATO
LA SALA OP. REGIONALE P. C. TRASMETTE, TRAMITE FAX, AL C. F.D. E ALLE COMPONENTI E ALLE STRUTTURE INDIVIDUATE NELL’art. 16.
-D.P.C. – C. F. C.
AVVISI A:
IL C.F.D. TRASMETTE VIA FAX GLI
ATTENZIONE
O T S
-C.F.D. delle Regioni limitrofe
A I R
Fine evento
C. F. D.
PROTEZIONE CIVILE
PRESIDI TERRITORIALI
Fine attivazione H24.
Attività volte al ripristino della normalità.
Attività volte al ripristino dello Stato dell’arte.
Superata emergenza
DGR 2312/2007 PUO’ PARTECIPARE, A TALE ATTIVITA’ ANCHE IL
VOLONTARIATO
Ruolo Presidi Territoriali
PrevedibilitĂ degli eventi di piena, incertezza e precursori IntensitĂ Scala temporale Portate critiche per bacino idrografico
Dimensioni piccole
Dimensioni medie
Dimensioni grandi
S<10 Km2
10<S<1000 Km2
S>1000 Km2
(sistemi idrici urbani e reticolo minore/marginale, es. T. Scatorbia)
(reticolo secondario, es. F. Chiascio alla confluenza nel F.Topino)
(reticolo principale, es.F. Tevere ai ponti di Perugia)
Previsioni Meteorologiche (QPFs/satellite/radar)
Incertezza
Pluviometri
Idrometri
PrevedibilitĂ degli eventi di piena
A B
ACCURATEZZA
INCERTEZZA
t0 t1 t2
M. Idraulici (t. di routing)
M. Idrologici (t. di corrivazione)
M. Meteorologici (t. prev. meteo)
Modellistica idrologico-idraulica per la previsione delle piene Input
M. Idrologico
M. Idraulico
Mobidic
MISDc
Hec-HMS
StaFoM
Hec-RAS
River
Modellistica idrologico-idraulica per la previsione delle piene
MOBIDIC (Modello Idrologico Distribuito in continuo) Sviluppato nell’ambito di progetti congiunti di ricerca tra l’Università degli Studi di Firenze, l’ Autorità di bacino del Fiume Arno e il CF toscano e implementato per il territorio umbro con la collaborazione del CF toscano.
MOBIDIC è un modello idrologico distribuito fisicamente basato operante in continuo: - stima delle componenti idrologiche nel sistema suolo-vegetazione, nel sottosuolo e nei corpi idrici superficiali → bilanci idrici superficiali e sotterranei e le previsioni di piena.
ww w.
cf
um br
ia
.it
bilancio idrico + bilancio energetico
Indice sat. rel.
Evapotrasp.
Temp. terreno
Modellistica idrologico-idraulica per la previsione delle piene
MISDc (Modello Idrologico Semi-Distribuito in continuo) Sviluppato dal CNR-IRPI Perugia â&#x20AC;&#x201C; Gruppo di Idrologia
MatLab ÂŽ
INPUT P obs Parametri 6
br ia um cf
OUTPUT Qfor
ww w.
Dt calcolo ~ 1-2 min (ogni 20 min)
.it
INPUT P, T obs 20 gg Parametri 5
Modellistica idrologico-idraulica per la previsione delle piene
STAFOM (STAge FOrecasting Model) Sviluppato dal CNR-IRPI Perugia – Gruppo di Idrologia
STAFOM è un modello idrologico di routing basato sul metodo Muskingum per la previsione dei livelli idrometrici in tempo reale. INPUT Qu(tf) hd(tf) hd(tf), Qu(tf) arametri 5 Dt calcolo ~ 1-2 min (ogni 20 min)
monte
fu
.it a i r mb
w
.c ww
valle
MatLab ®
hd(tf+ Δt*)
Modellistica idrologico-idraulica per la previsione delle piene
HEC-HMS (USACE)
Software libero di simulazione idrologica, al cui interno sono implementate le principali formulazioni utilizzate nella pratica idrologica.
*.DSS
*.DSS
INPUT P obs Parametri 3
Dt calcolo ~ 1-2 min (ogni bacino) (ogni 30 min)
OUTPUT Q for
Modellistica idrologico-idraulica per la previsione delle piene
HEC-RAS (USACE) Software libero di simulazione idraulica. Modello idraulico in moto vario â&#x20AC;&#x201C; strutture idrauliche *.DSS *.DSS strutture idrauliche
INPUT Output HecHMS Parametri 1
profilo longitudinale sez. trasversale
Tratto da Gorgabuia a Monte Molino (160 km - 430 sezioni - oltre 40 strutture - Delta x=300 m ca)
Dt calcolo ~ 15 min (ogni 30 min)
OUTPUT h for, Q for
Modellistica idrologico-idraulica per la previsione delle piene
HEC-HMS + HEC-RAS (USACE) ia. it ww
w. cfu
m
br
Hec-HMS
Hec-RAS
Shapefile delle aree potenzialmente allagabili Aggiornato ogni 30 minuti
Piattaforma web: www.cfumbria.it
Dalla pericolosità al rischio:
Ecografico catastale
• attraverso la conoscenza dell’esposizione (presenza delle persone) e della vulnerabilità dei fabbricati; • sovrapponendo mappe di pericolosità con la cartografia del Sistema Informativo “Ecografico-Catastale” Il sistema “EcograficoCatastale”: combinazione dei dati dell’Agenzia del Territorio con quelli delle anagrafi comunali. Per la valutazione della vulnerabilità degli edifici soggetti a rischio idrogeologicoidraulico in corso collaborazione con Politecnico di Milano.
11-14 Novembre 2012 RISULTATI DEI MODELLI PREVISIONALI IN TEMPO REALE - ALLUVIONI
MISDC esondazioni
11-14 Novembre 2012 RISULTATI DEI MODELLI PREVISIONALI IN TEMPO REALE - ALLUVIONI
STAFOM Tevere
11-14 Novembre 2012 RISULTATI DEI MODELLI PREVISIONALI IN TEMPO REALE - ALLUVIONI
STAFOM Chiani
11-14 Novembre 2012 RISULTATI DEI MODELLI PREVISIONALI IN TEMPO REALE - ALLUVIONI
HEC-HMS+RAS Tevere
2) Piano di Laminazione del Bacino del F. Tevere Primo Piano di Laminazione del Tevere (ai sensi della Direttiva PCM, 27/02/2004 ) Scopo del piano: (redatto nel 2005 da DPCN, ABTevere, Regioni, gestori, RID, ed approvato, purtroppo, SOLO dalla Giunta regionale dell’Umbria con DGR 1102 del 28/06/2006 quindi NON COGENTE)
le condizioni ottimali di laminazione per l’ attenuazione delle inondazioni; b) le condizioni ottimali di gestione dei volumi in eccesso per vari scopi evitando problemi nell’asta a valle; Il piano prevede: 1) Laminazione statica (volumi di laminazione fissi) → Dighe di MONTEDOGLIO e CASANUOVA 2) Laminazione dinamica (scarico controllato della portata in funzione delle reali condizioni osservate e/o previste) → Diga di CORBARA
Diga di MONTEDOGLIO Fiume TEVERE h=54m, V=153 Mm3
a)
Diga di CASANUOVA Fiume CHIASCIO h=74m, V=200 Mm3
Diga di CORBARA Fiume TEVERE h=52m, V=192 Mm3
Aree Allagate Confluenza Chiani
Confl Chiani
Ponte Adunata
FASCE DI PERICOLOSITA’ IDRAULICA - CONFLUENZA
3) Casi studio. Nel bene: laminazione delle piene. Esempio alluvione novembre 2012 Durante lâ&#x20AC;&#x2122;evento la diga di Montedoglio ha invasato la quasi totalitĂ degli afflussi provenienti dal bacino di monte, invasando oltre 25 milioni di m3
Diga di Montedoglio sul Fiume Tevere
3) Casi studio. Nel bene: laminazione delle piene. Esempio alluvione novembre 2012 Diga di Casanuova sul F. Chiascio: sebbene ancora non in esercizio, regolazione dei deflussi con temporaneo innalzamento della quota di massimo invaso autorizzata e deflusso uscente a bocca tarata e portate inferiori ai 120 m3/s compatibili con la ricettivitĂ dellâ&#x20AC;&#x2122;alveo di valle.
Diga di Casanuova sul F. Chiascio
3) Casi studio. Nel bene: laminazione delle piene. Esempio alluvione novembre 2012 Analogamente, anche la diga di Corbara ha svolto il cruciale ruolo di immagazzinamento dei volumi entranti (dei complessivi 250 milioni di m3 transitati oltre 75 milioni di m3 quelli trattenuti) per consentire lo sfasamento dei colmi di piena a valle, specialmente con le eccezionali portate del F. Paglia.
Diga di Corbara sul Fiume Tevere
3) Casi studio. Nel bene: laminazione delle piene. Esempio alluvione 10-12 novembre 2013 440 mm di pioggia in 72 ore a Castelluccio di Norcia (estremo sud-est della regione), 330 mm a Gualdo Tadino
3) Casi studio. Nel bene: laminazione delle piene. Esempio alluvione 10-12 novembre 2013
Diga di Casanuova sul Chiascio
F. Chiascio (Umbria) 12 novembre 2013
3) Casi studio. Nel bene: laminazione delle piene. Esempio alluvione 10-12 novembre 2013 Anche la diga di Corbara ha svolto il cruciale ruolo di immagazzinamento dei volumi entranti (oltre 70 milioni di m3 Diga di Corbara sul quelli trattenuti) riducendo notevolmente i picchi delle portate Tevere transitanti a valle.
3) Casi studio. Nel bene: laminazione delle piene. Esempio alluvione 10-12 novembre 2013
Istante e valori del primo scenario idrologico inviato dal CFD umbro a DPC,Regione Lazio e gestore diga (36 ore circa)
Diga di Corbara sul Tevere
Principali attivitĂ del presidio territoriale idraulico: - rilevamento, a scadenze prestabilite, dei livelli idrici del corso d'acqua agli idrometri regolatori al fine di rilevare il livello di criticitĂ dell'evento di piena in atto; - osservazione e controllo dello stato delle arginature, se presenti, e ricognizione delle aree potenzialmente inondabili, soprattutto nei punti definiti preventivamente "idraulicamente critici", anche al fine di rilevare situazioni di impedimento al libero deflusso delle acque; - pronto intervento idraulico ai sensi del R.D. n. 523/1904 e primi interventi urgenti ai sensi della legge n. 225/1992.
Organizzazione non sufficiente per il rispetto della Direttiva 2004.
Individuazione dei punti particolarmente critici all'interno delle Fasce A (circa 120) Collaborazione con Consorzi di Bonifica, ComunitĂ Montane/Unioni dei Comuni, Comuni, Volontari. .
EVENTI INTENSI E LOCALIZZATI
Presidi Territoriali Idraulici Provincia di Terni Piano di Emergenza Provinciale definizione modello di intervento
Scenari di rischio di riferimento
Protocollo di intesa per la definizione delle procedure da adottare nelle emergenze idrauliche
Protocollo di intesa tra Provincia di Terni e i Consorzi di Bonifica per lâ&#x20AC;&#x2122;organizzazione del presidio idraulico â&#x20AC;Ś per la suddivisione dei tratti di competenza e la definizione delle responsabilitĂ
Individuazione punti critici Formazione Volontariato per impiego a supporto dei presidi
Strutturazione dei Presidi Territoriali Idraulici Allegato D10 del Piano di Emergenza
PIANO DI EMERGENZA PROVINCIALE
Rischio idraulico
Rischio da frana
Rischio sismico
Approvato con DCP 127 del 18/07/05
Approvato con DCP 89 del 18/09/06
Approvato con DCP 79 del 17/09/07
Il Piano è costituito da: A)
uno scenario di rischio
B)
censimento risorse
C)
un Modello di intervento
Coinvolgimento delle strutture operative per la definizione del modello d’intervento Condivisione di procedure operative di intervento da attuare attraverso un protocollo d’intesa tra gli Enti ed i Soggetti coinvolti nella gestione dell’emergenza
STRUTTURA DEL PIANO Informazioni territoriali
Zone soggette a dissesto di versante/inondazione
Distribuzione degli elementi antropici
Scenario di evento
CARTOGRAFIA OPERATIVA QUADRO DELLE RISORSE DISPONIBILI
SCENARIO DI RISCHIO
MODELLO D’INTERVENTO ∙Struttura organizzativa ∙Procedure
STRUTTURA DEL PIANO PARTE GENERALE ➢ 3.1 Basi Informative Territoriali ➢ 3.2 Scenario di evento atteso ➢ 3.2.1 Aree inondabili (PAI, studi idraulici a supporto di PRG e per progettazione opere idrauliche …) ➢ 3.2.2 Tratti di corsi d’acqua storicamente esondati ➢ 3.2.3 Aree inondabili a seguito di collasso o ad errata manovra delle opere di scarico delle dighe di competenza del R.I.D. ➢ 3.3 Scenario di rischio ➢ 3.3.1 Insediamenti civili/Attività produttive ➢ 3.3.2 Rete delle infrastrutture di trasporto ➢ 3.3.3 Rete delle infrastrutture di servizio ➢ 3.4 Le Risorse - Le Banche Dati ➢ 3.5 Aree di emergenza ➢ 3.5.1 Aree di ammassamento ➢ 3.5.2 Aree di accoglienza ➢ 3.5.3 Aree di attesa
Scenario di rischio Sono stati individuati gli elementi presenti all’interno delle aree inondabili, gestiti attraverso un GIS, correlato ad un sistema di raccolta dati organizzato per funzioni di supporto •edifici e popolazione a rischio •attività produttive •scuole •strutture sanitarie •strutture ricettive •allevamenti zootecnici •edifici di culto •rete viaria
•lifelines (elettrodotti, gasdotti ed acquedotti) e relative infrastrutture
TAVOLA 1
STRUTTURA DEL PIANO MODELLO D’INTERVENTO ➢4.1 Struttura organizzativa ➢4.1.1 Sistema di Comando e Controllo ➢4.1.2 Centri Operativi ➢4.1.3 Le 14 Funzioni di Supporto ➢4.1.4 Indicatori di evento ➢ Reti di monitoraggio idro-pluviometrico ➢ Servizio di Sorveglianza ➢ Servizio di Vigilanza ➢4.1.5 Servizio di salvaguardia e soccorso alla popolazione ➢4.1.6 Comunicazioni ➢4.2 Procedure ➢4.2.1 Le fasi dell’intervento
Servizio di Sorveglianza • DPC trasmette l’avviso dell’approssimarsi di condizioni atmosferiche avverse alla Regione Umbria • C.F.D. rende disponibili informazioni e dati strumentali in tempo reale, nonché gli aggiornamenti sull’evoluzione meteo e i relativi effetti al suolo, tramite la pubblicazione sulle pagine web del sito dedicato (www.cfumbria.it), mediante il quale vengono emessi i Bollettini Meteo, di Vigilanza Meteorologica e di Criticità Regionale • Provvede inoltre all’attività di previsione del rischio idrogeologico ed idraulico nonché all’emissione, tramite la S.O.U.R., di Avvisi di Criticità regionale. Servizio di Vigilanza • 1) la vigilanza strumentale da parte del C.F.D., per l’analisi dei dati pluviometrici e idrometrici derivanti dalla propria rete di monitoraggio in telemisura circa l’evoluzione del fenomeno. • 2) la vigilanza diretta consiste in sopralluoghi nelle zone a rischio ossia nelle aree inondabili, in quelle potenzialmente in frana o potenzialmente in dissesto, di cui alla Tav.1 (dei rispettivi Piani), al fine di verificare l’innescarsi di eventuali fenomeni di criticità in atto. • La vigilanza diretta viene esercitata dai Presidi territoriali
PROCEDURE COMUNI
PRESIDI TERRITORIALI … cosa fanno Misurazioni livelli mediante: •misure su idrometri •segni su manufatti (pile ponti …) •segni su vegetazione •misure con aste graduate (installate nuove aste sul F. Nera) Frequenza del rilievo I rilievi sono cadenzati con intervalli costanti, ovvero eseguiti su indicazioni del reperibile della Provincia in base all’evoluzione meteo/idrologica Comunicazione dati rilevati Se possibile, oltre alla lettura dei livelli, vanno comunicate le seguenti altre indicazioni: •Allagamenti •Erosione Spondale Sx o Dx •Trasporto solido/legname •Fenomeni di rigurgito a monte di un’opera e/o in corrispondenza di una confluenza •Ostruzione parziale della capacità di deflusso a seguito di frane
Allegato D10
FLUSSO INFORMATIVO S.O.U.R.
C.F.D.
CONSORZI DI BONIFICA
COMUNI interessati
COMUNI*
PRESIDI IDRAULICI
PROVINCIA
Tutti i comuni hanno fornito un tel. di reperibilità (maggior parte Sindaco)
* Per i corsi d’acqua non monitorati da Provincia e Consorzi
ESEMPIO DELLA PROVINCIA DI TERNI PROTOCOLLO D’INTESA TRA LA PROVINCIA DI TERNI ED I CONSORZI DI BONIFICA OPERANTI NELL’AMBITO PROVINCIALE PER L’ORGANIZZAZIONE DEL PRESIDIO IDRAULICO E LA REALIZZAZIONE DI INTERVENTI SULLE ASTE DEI CORSI D’ACQUA APPARTENENTI AL DEMANIO IDRICO TRA la Provincia di Terni con sede in Terni, Via della Stazione 1 E il Consorzio di Bonifica Tevere-Nera con sede in Terni – (TR) E il Consorzio per la Bonifica della Val di Chiana Romana e Val di Paglia con Sede in Chiusi Stazione – (SI) SI CONVIENE E SI STIPULA QUANTO SEGUE Art. 1 La Provincia di Terni si avvale, di norma, dei Consorzi di Bonifica per l’esecuzione degli interventi lungo i corsi d’acqua secondari e minori. Sui corsi d’acqua principali di cui all’allegato I, la Provincia si riserva di intervenire direttamente a mezzo della propria struttura operativa o affidando, di volta in volta, specifici interventi ai Consorzi di Bonifica.
ESEMPIO DELLA PROVINCIA DI TERNI
Art. 3 Al fine di fronteggiare, le situazioni di emergenza e di pericolo connesse al rischio idraulico di cui alle disposizioni normative: R.D. 523/1904 “ Testo Unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie”; Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27.04.2004 “Indirizzi Operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale e regionale per il rischio idrogeologico ed idraulico ai fini della protezione civile”; Piano Provinciale di Protezione Civile Rischio Idraulico approvato con D.C.P. n°127 del 18.07.2005; D.G.R. 2312 del 27.12.07 “ Direttiva Regionale per l’allertamento dei rischi idrogeologico-idraulico e per la gestione delle relative emergenze”. l’attività di presidio idraulico nel territorio della Provincia di Terni viene effettuata secondo la suddivisione degli ambiti di competenza stabiliti nell’allegato II.
ESEMPIO DELLA PROVINCIA DI TERNI PROVINCIA DI TERNI (III CATEGORIE) Fiume Nera Fiume Velino Fiume Tevere Fosso di Rosciano Fosso Castiglione Fosso di Terria Fosso di Ancaiano Fosso di Monterivoso Fosso Tarquinio ed affluenti Schiglie e S.Andrea CONSORZIO PER LA BONIFICA DELLA VAL DI CHIANA ROMANA E VAL DI PAGLIA Fiume Paglia ( Comuni di Orvieto, Castel Viscardo ed Allerona) Fiume Chiani ( Comuni di Monteleone d’Orvieto, Fabro, Ficulle e Orvieto) Torrente Argento (Comuni di Fabro e Ficulle) Torrente Ripignolo (Comuni di Fabro) Torrente Fossato ( Comuni di Monteleone d’Orvieto e Fabro) Fossi S.Maria – Molinello (Comune di Monteleone d’Orvieto ) Fosso Carcaione (Comune di Orvieto) Fosso Rimarcale (Comune di Allerona) Fosso dei Frati (Comune di Orvieto) Torrente Romealla (Comune di Orvieto) Fosso Albergo La Nona (Comune di Orvieto) Fosso dell’Abbadia (Comune di Orvieto).
ESEMPIO DELLA PROVINCIA DI TERNI CONSORZIO DI BONIFICA TEVERE NERA Fosso Toano (Comune di Terni) Fossi Rivo, Calcinare e Brecciaiolo (Comune di Terni) Fosso Lagarello (Comune di Terni) Fossi Valenza e Vallecaprina (Comune di Terni) Fosso di Stroncone (Comuni di Terni e Stroncone) Fossi Collescipoli, Morgnano, Vallo e Carone (Comune di Terni) Fosso Fiaia (Comuni di Terni e Narni) Fosso Copparone (Comuni di Terni e Narni) Fosso Palazzetta (Comune di Narni) Torrenti Aia e Fara (Comuni di Stroncone e Narni) Fosso di Vasciano (Comuni di Stroncone e Narni) Torrente Caldaro e Fosso Bianco (Comuni di Narni, Sangemini e Montecastrilli) Torrente Calamone (Comune di Narni) Fosso Fiacchignano (Comune di Narni) Torrente Naja (Comuni di Sangemini, Montecastrilli e Acquasparta) Fosso Capo dâ&#x20AC;&#x2122;acqua (Comune di Acquasparta) Fosso di Massa Martana (Comune di Acquasparta) Torrente Rio Grande ( Comune di Montecchio, Avigliano Umbro, Montecastrilli e Amelia) Fosso di Silla (Comune di Amelia) Torrente Arnata (Comuni di Montecastrilli ed Avigliano Umbro) Fosso del Colle e Fosso del Canale (Comune di Avigliano Umbro) Fosso delle Carbonare (Comune di Montecastrilli).
Elenco punti di osservazione
… DOVE
â&#x20AC;Ś DOVE
Elenco
Mappe
PIANO COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE
Insieme coordinato delle misure da adottarsi in caso di eventi naturali o antropici che comportino rischi per la pubblica incolumità e definisce i ruoli degli organismi preposti alla Protezione Civile per azioni di soccorso, ha lo scopo di prevedere, prevenire, contrastare gli eventi calamitosi e tutelare la vita dei cittadini, dell’ambiente e dei beni.
PREVISIONE STUDI
PREVENZIONE
GESTIONE DELLE EMERGENZE
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
INTERVENTI DI SOCCORSO
COORDINAMENTO E FORMAZIONE
MONITORAGGIO
INTERVENTI DI MITIGAZIONE DEI RISCHI
COORDINAMENTO FUNZIONI
MONITORAGGI INDAGINI VALUTAZIONE TIPOLOGIE DI RISCHIO
INFORMAZIONE
OBIETTIVI DEL PIANO COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE Identificare i soggetti che compongono la struttura comunale di Protezione Civile.
Costituire un modello di intervento per definire le azioni e le strategie da adottare al fine di mitigare i rischi, attuare le operazioni di soccorso e di assistenza alle popolazioni colpite.
Identificare le aree di Protezione Civile.
DESCRIVE UN MODELLO DI INTERVENTO IN CASO DI CALAMITAâ&#x20AC;&#x2122;
SOGGETTI CHIAMATI AD INTERVENIRE
AZIONI DA SVOLGERE
In linea con la pianificazione proposta dal Dipartimento della Protezione Civile e con i livelli istituzionali superiori.
SISTEMA COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE STAFF DEL SINDACO SINDACO •Assessore di Protezione Civile In fase di emergenza assume la direzione e il coordinamento dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione,provvede agli interventi necessari dandone immediata comunicazione al Prefetto e al Presidente della Giunta regionale. Quando la calamità non può essere fronteggiata con i mezzi a disposizione del Comune, chiede l’intervento di altre forze e strutture al Prefetto che adotta i provvedimenti di competenza.
• Direttore Generale • Responsabile del Settore Territorio
Ambiente
e
• Comandante della Polizia Municipale
Supporta il Sindaco e il Responsabile di Protezione Civile nei programmi di previsione, prevenzione e pianificazione nonché in fase di emergenza
RESPONSABILE DEL PIANO DI PROTEZIONE CIVILE In emergenza valuta la gravità della situazione e decide se dare il via alla procedura d’intervento,informa la Prefettura, la Provincia e la Regione sull’evento e sulla procedura d’intervento da attuare, attiva il COC convocando i responsabili delle singole funzioni in fase di preallarme, allarme e gestione dell’emergenza, attiva l’ufficio di relazioni con il pubblico.
Centro Operativo Comunale (C.O.C.)
CENTRO OPERATIVO COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE
(C.O.C.)
SALA OPERATIVA ▪Funzioni di supporto ▪Segreteria ▪U.Coord. Uff. Dec.
UFFICIO RELAZIONI CON IL PUBBLICO • Addetti alle informazioni
SITUAZIONE ORDINARIA Il COC si compone esclusivamente della Sala Operativa SEDE: Palazzina Pian di Massiano – Str. S.Lucia 2 DIRIGENTE di U.O. RESPONSABILE Rif.Uff. Protezione Civile:
SALA STAMPA • Addetti stampa
SITUAZIONE DI EMERGENZA Il COC è suddiviso in SALA OPERATIVA, UFFICIO RELAZIONI CON IL PUBBLICO, SALA STAMPA SEDE: località Pian di Massiano Str. S.Lucia 2
CARATTERISTICHE DELLA SEDE: ▪ È un sito territorialmente sicuro ▪ Si trova vicino ad importanti vie di collegamento ▪ Dispone di sufficienti parcheggi ▪ Si trova vicino al campo sportivo per l’eventuale atterraggio di elicotteri ▪ È raggiungibile attraverso il raccordo Perugia- Bettolle - uscita Perugia M.Alta
MODELLO DI INTERVENTO PREALLARME
GESTIONE DELL’EMERGENZA
Riguarda i rischi prevedibili e scatta quando particolari condizioni atmosferiche inducono a ipotizzare che l’evento potrebbe accadere. La decisione di entrare in questa fase è affidata al Responsabile di Protezione Civile che consultandosi con il Coordinamento Comunale di Protezione Civile valuta la gravità dell’ informazione contenuta nell’avviso e la possibilità che l’evento possa volgere al peggio anche sulla base di precedenti storici o esperienze recenti.
Si passa a questa fase non appena arrivano i dati della prima ricognizione; l’obiettivo è assicurare il soccorso alla popolazione ecensire i danni subiti.
EVENTO
ALLARME Dovrebbe essere preceduto dalla fase di preallarme ma non sono da escludere casi in cui non sia possibile prevedere una fase che consenta di predisporre preventivamente gli interventi adeguati. A seconda della portata dell’ evento del numero di persone coinvolte e dell’ estensione del territorio colpito devono essere immediatamente informati Prefettura Dipartimento di Protezione Civile Provincia Regione ARPA Vigili del fuoco Carabinieri Guardia di Finanza Corpo forestale dello stato
Polizia di Stato Comunità montana Comuni vicini Gesenu Sogegas Cesap Telecom ENEL U. S. L.
POLIZIA MUNICIPALE
Verifica la notizia Registra la segnalazione dell’evento
PRONTO INTERVENTO
Verifica la portata dell’ evento e le dimensioni dell’area colpita
RESPONSABILE DI PROTEZIONE CIVILE
COORDINAMENTO COMUNALE DI PROTEZIONE CIVILE
SINDACO PROVINCIA PREFETTURA REGIONE
C.O.C.
PROCEDURA DI INTERVENTO
FUNZIONI DI SUPPORTO La struttura comunale di Protezione Civile che si attiva in emergenza rappresenta un’organizzazione straordinaria che non coincide con la struttura organica ordinaria del Comune. Pertanto i responsabili indicati per le funzioni di supporto non sempre svolgeranno in emergenza le stesse attività che svolgono in via ordinaria. FUNZIONE 1
Tecnico scientifica – Pianificazione
FUNZIONE 2
Sanità e Assistenza Sociale
FUNZIONE 3
Volontariato
FUNZIONE 4
Materiali e Mezzi
FUNZIONE 5
Servizi Essenziali
FUNZIONE 6
Censimento danni
FUNZIONE 7
Strutture Operative e Viabilità
FUNZIONE 8
Telecomunicazioni
FUNZIONE 9 FUNZIONE 10
Assistenza alla popolazione Unità di Coordinamento degli Uffici Decentrati
AZIONI PER L’INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE CONNESSA AL RISCHIO IDRAULICO
L’efficacia delle attività di protezione civile è strettamente connessa alla capacità di informare la popolazione esposta ai potenziali rischi, in maniera adeguata all’evolversi dei fenomeni in atto. E’stato adottato dal Comune un sistema per rendere maggiormente efficaci le azioni di prevenzione in situazioni di rischio. Il sistema risponde a quanto stabilito dal Decreto Legislativo n. 195 del 19.8.2005: … in caso di minaccia imminente per la salute umana e per l’ambiente, causata da attività umane o dovuta a cause naturali, le autorità pubbliche, nell’espletamento delle attività di protezione civile previste dalla legge 225 del 24.2.1992, diffondono senza indugio le informazioni detenute che permettono, a chiunque possa esserne colpito, di adottare misure atte a prevenire o alleviare i danni derivanti da tale minaccia.
INFORMAZIONE ALLA POPOLAZIONE
PERIMETRAZIONE DELLE AREE A RISCHIO IDRAULICO LUNGO IL FIUME TEVERE
Nelle diverse fasi saranno utilizzati i sistemi informativi attivati dall’Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP): - messaggi telefonici ed SMS a telefoni fissi e cellulari delle famiglie residenti nelle aree a rischio e ai titolari di negozi e attività commerciali presenti nelle stesse aree. cartelloni elettronici a messaggio variabile, già dislocati nelle diverse parti della città - pannelli elettronici al plasma, presenti in alcune farmacie AFAS e nei distretti della USL - aggiornamento in tempo reale del sito internet del Comune, nel quale saranno riportati i messaggi relativi all’evolversi del fenomeno e le linee guida che definiscono i comportamenti da adottare prima, durante e Da La Bruna a Ponte Pattoli dopo l’evento.
PROGREDIRE DELL’EVENTO – MODALITA’ OPERATIVE
➢ Attivazione del presidio territoriale e controlli a vista delle aree più a rischio tramite volontariato, polizia municipale, polizia provinciale, tecnici comunali. ➢ Distribuzione dei sacchetti di sabbia nelle aree a rischio di alluvionamento. ➢ Preparazione di ulteriore sacchetti di sabbia e distribuzione presso la sede di P. C. in prossimità del Tevere (frazione di Ponte Pattoli). ➢ Informazione alla popolazione tramite: 1. Telegiornale regionale 2. Sms nelle aree a rischio 3. Sito internet comunale e altri sistemi elettronici 4. Altoparlanti montati su auto ➢
Rapporti costanti con Regione – Provincia – Prefettura –Vigili del Fuoco ATTIVAZIONE FUNZIONI DI SUPPORTO NECESSARIE / VALUTAZIONE ATTIVAZIONE C.O.C.
Programmazione fondi strutturali 2007-2013
“POR-FESR (Programma Operativo Regionale finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) 2007-2013”: uno dei principali strumenti per la promozione e il sostegno dello sviluppo economico e per la valorizzazione regionale. Asse II “Ambiente e prevenzione dei rischi”: - Attività a1 “Piani e interventi per la prevenzione dei rischi naturali”; - Attività a2 “Piani e interventi per la prevenzione dei rischi tecnologici e per la gestione ambientale d’area”.
€ 9'712'643 per il settennio
Programmazione fondi strutturali 2007-2013
I fondi stanziati hanno consentito di approfondire la conoscenza dei rischi naturali presenti in Umbria e le misure di prevenzione: 1. il rischio sismico; 2. il rischio meteo-idrogeologico e idraulico, articolato nelle tipologie: alluvioni, frane, dighe e invasi, idrico (siccità ); 3. il rischio incendi (boschivi e di interfaccia); Attività specifiche condotte su aspetto dei beni culturali (ricadute dei vari rischi cui è esposto il vasto patrimonio architettonico e storicoartistico presente in Umbria) e tentativo di pervenire ad un Sistema Informativo Unificato di supporto al Centro Regionale di Protezione Civile, anche grazie al Piano Telematico regionale che prevede la connessione in fibra ottica tra CRPC e altri nodi regionali. Predisposizione del Piano Regionale di Prevenzione Multirischio.
Piano coordinato di prevenzione multirischio L. 100/2012: percorso per la realizzazione del Piano Regionale di Protezione Civile articolato in tre diversi ambiti di attivitĂ . In Umbria scelto di procedere cosĂŹ: 1.Piano Regionale Coordinato di Prevenzione Multirischio che riguarda la parte della conoscenza dei rischi e degli indirizzi per la pianificazione; 2.Piano Operativo Regionale di Emergenza che comprende gli aspetti operativi di competenza regionale; 3.Piano Fondo Regionale ove sono esplicate le attivitĂ di natura finanziaria da mettere in atto in fase emergenziale.
Piano coordinato di prevenzione multirischio Il Piano affronta sia i rischi naturali che quelli antropici, con un’articolazione che vede trattati, per ognuna delle tipologie di rischio considerate, tre sezioni tematiche: 1. Riferimenti normativi, piani e programmi 2. Previsione 3. Prevenzione TEMI CONCLUSIVI DEL PIANO: • Coordinamento tra strumenti urbanistici e piani di protezione civile • Disseminazione, informazione e educazione della popolazione alla convivenza con i rischi
Piano coordinato di prevenzione multirischio
Marzo 2014
I Contratti di Fiume in Umbria In Umbria, in linea con quanto riportato nel Piano Regionale di Prevenzione Multirischio di marzo 2014, prende avvio nel 2007 il Gruppo di lavoro "Valorizzazione dei bacini fluviali attraverso la promozione dei Contratti di fiume", promosso dal Forum di Agenda 21 dell'Alta Umbria (capofila il Comune di Umbertide). Attualmente sono in corso di sviluppo i seguenti processi: Contratto di Fiume per il Nera, tra il Ponte di Allende (nel Comune di Terni) e l'oasi faunistica di San Liberato (nel Comune di Narni), con un processo promosso dalla Provincia di Terni; Contratto di Fiume per il Clitunno (Sorgenti e primo tratto fluviale), promosso dalla Provincia di Perugia, i Comuni di Trevi e di Campello, nato a seguito di un evento calamitoso14; Contratto di fiume per il Tevere Alta Umbria, dai confini regionali con la Toscana a nord, fino all'oasi di Alviano a sud, promosso dai Comuni di Umbertide e di Perugia. Contratto di fiume per il bacino del Paglia Chiani e media Valle del Tevere umbro, dal sottobacino Paglia Chiani fino alla confluenza con il Tevere sotto il lago di Corbara e fino al confine del Comune di Penna in Teverina. Infine, lâ&#x20AC;&#x2122;Umbria ha aderito alla Carta Nazionale dei Contratti di Fiume con DGR 147/2014.
EXAMPLES: FLOOD DAMAGE ASSESSMENT
Data collection: sources #1 → Surveys among local authorities (mesoscale): • Direct/ indirect damage to infrastructures and agriculture; • Emergency costs. # 2 → Field surveys (microscale): • Direct damage to residential buildings; • Direct damage to industrial buildings.
Meso-scale analysis Streets/roads closed
zoom
EXAMPLES: FLOOD DAMAGE ASSESSMENT
Flood november 2012 damage scenario: Electricity interruption: meso scale Num. clients Num. hours interruption
For each municipality, reported total number of electrical consumers without service and total number of hours of service interruption.
Field survey form(s): results
Ponticelli site (CittĂ della Pieve municipality)
damaged for a total of 900,000 Riverine flood areas computed for correct urban planning
Microscale damage scenario: example of Ponticelli (flood nov. 2012)
Description of damage: micro scale Num. flooded levels Days of interruption
Duration of presence of water in Ponticelli
Grazie per lâ&#x20AC;&#x2122;attenzione! www.cfumbria.it nberni@regione.umbria.it centrofunzionale@regione.umbria.it