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EDITORIALE
Pandemia, Sud e ripartenza
di Andrea Prete | presidente Confindustria Salerno
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Investimenti su digitale e banda ultralarga, infrastrutture materiali e immateriali, sburocratizzazione e vantaggi fiscali si rendono, oggi più che mai, indispensabili per recuperare quel gap di sviluppo non solo con il resto del Paese
Chi mostrava preoccupazione per il grande rientro di settembre - riapertura delle scuole in testa - non si sbagliava. La pandemia da Covid-19, dopo alcune settimane di tregua, ha ripreso a mordere con nuove impennate nei contagi, questa volta con numeri elevati anche al Sud. L’emergenza sanitaria crea allarme, certo, ma non di meno impensieriscono le ripercussioni dal segno meno sulla nostra economia. Secondo le stime contenute nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, che il Consiglio dei ministri ha nei giorni scorsi approvato, il Paese avrà una contrazione (9%) del Pil, che potrebbe essere addirittura del 10,5% nel caso di «scenario avverso di recrudescenza dell’epidemia». Tempi e modalità della ripresa restano quindi ancora molto incerti, mentre la domanda sia interna, sia internazionale di molti mercati continua a rallentare. Vero, non tutti i settori hanno subito eetti di uguale intensità e durata. Penso, ad esempio, alla filiera del turismo, duramente colpita. Molte attese erano state riposte nel recupero della stagione estiva, ma l’assenza di arrivi dall’estero ha pesato in modo deciso sui numeri finali, parecchio deludenti in molte regioni del Paese. Nella nostra, rendono l’idea della débâcle quelli relativi alle performance dell’aeroporto di Capodichino. Nel periodo gennaio-ottobre 2020, gli arrivi dall’estero sono stati 1.434mila, mentre nello stesso periodo lo scorso anno erano stati 6 milioni e 34mila. Tra cali e recuperi, quel che è certo è che per molte aziende sarà necessario ripensarsi, non solo nell’organizzazione, perché il contesto competitivo in cui si muoveranno sarà profondamente diverso da quello pre-Covid 19 e potrebbe cambiare ancora. Cosa accadrà è dicile dirlo perché, fino a quando l’incertezza sanitaria terrà il Paese sotto scacco, potremo dirci al sicuro solo con il vaccino. In più la proroga della Cig fino a dicembre, così come il blocco dei licenziamenti, impediscono al momento una reale e concreta conta dei danni che, ci auguriamo, non sia imponente per le nostre imprese e per i nostri lavoratori. L’Italia, dal punto di vista economico, non può di certo reggere l’urto da sola. Il momento richiede cooperazione a tutti i livelli e visione lunga, per non sprecare, o addirittura perdere, quei circa 209 miliardi di euro che arriveranno dall’Ue e che potrebbero finalmente cambiare anche il volto del nostro Mezzogiorno. Investimenti su digitale e banda ultralarga, infrastrutture materiali e immateriali, sburocratizzazione e vantaggi fiscali si rendono, oggi più che mai, indispensabili per recuperare quel gap di sviluppo con il resto del Paese.Dice bene il direttore di Bankitalia, Fabio Panetta, quando sottolinea che «pare necessario modificare la convenienza del fare impresa al Mezzogiorno». Al di là, quindi, di discutibili lotte di campanile, ben vengano provvedimenti come l’introduzione della fiscalità di vantaggio che riduce il carico contributivo del 30% per tutti i lavoratori al Sud e che renderà più conveniente lavorare e produrre nel Mezzogiorno.Nella stessa direzione, ci auguriamo si acceleri sul disegno di legge - di iniziativa dei deputati De Luca, Padoan e altri - che propone l'introduzione di un meccanismo di incentivazione fiscale per l’insediamento di società e holding nelle regioni del Sud Italia e, in particolare, nelle aree qualificate come ZES. La sua approvazione sarebbe l’occasione giusta perché il nostro territorio diventi finalmente un vero e proprio attrattore e acceleratore di investimenti, capaci di creare nuove connessioni anche tra le nostre attività produttive e i mercati internazionali, generando considerevoli flussi di indotto con altre imprese già presenti sul territorio. Piuttosto che criticare l’Olanda, stigmatizzata come nuovo paradiso fiscale per le multinazionali, lavoriamo per impararne la lezione e fare meglio.
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