Luglio/Agosto 2016 - C. Randieri, Managers e Industria 4.0 – Nuove sfide e figure professionali

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LEADERSHIP& MANAGEMENT

MANAGERS E INDUSTRIA 4.0 NUOVE SFIDE E FIGURE PROFESSIONALI

Cristian Randieri PhD

a diverso tempo si sente parlare di Industria 4.0 o della quarta rivoluzione industriale, per usare due espressioni oggi in voga tra gli economisti e gli esperti di teoria aziendale, per indicare la diffusione in tutta la filiera della produzione della digitalizzazione dell’industria mediante nuovi strumenti, tecnologie e tools per dati e analisi. Da cui il termine “Smart Manufacturing”. Mentre la prima rivoluzione industriale fu determinata nel ‘700 dall’invenzione della macchina a vapore, la seconda dall’utilizzo e la produzione dell’elettricità e la terza dall’avvento dell’informatica, la quarta si basa invece su un fe-

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nomeno ancor più complesso che parte dallo sviluppo dell’Internet of Things (l’Internet delle cose), cioè la capacità di connettere alla rete e di far dialogare tra loro molti oggetti reali, compresi quelli più sofisticati come i macchinari dell’industria. Si tratta di tecnologie che cambieranno il modo di progettare, costruire e distribuire qualsiasi prodotto facendo leva su un nuovo concetto di “digitalizzazione” che partendo dal concetto di “ meccatronica” (branca dell’ingegneria

VIGE UNA CERTA CURIOSITÀ CHE UNITA A UNA BUONA DOSE DI SCETTICISMO IL PIÙ DELLE VOLTE PUÒ SFOCIARE IN UNA REFRATTARIETÀ AL CAMBIAMENTO

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Cristian Randieri: Presidente & CEO di Intellisystem Technologies azienda che opera nel campo della Ricerca & Sviluppo di soluzioni innovative per l'industria. Laureto in Ingegneria Informatica ha conseguito il Dottorato in Ingegneria Informatica e delle Telecomunicazioni presso Università degli Studi di Catania. Per più di dieci anni è stato ricercatore scientifico presso l'Istituto Italiano di Fisica Nucleare (INFN). Ha vinto diverse borse di studio nel campo della fisica sperimentale che gli hanno permesso di partecipare ad esperimenti di fisica nucleare presso i più importanti centri di ricerca europei quali il CERN, l'ESRF, l'LNSINFS ed il KVI. Partecipando come relatore in diversi convegni nazionali ed esteri, attualmente vanta più di 150 pubblicazioni scientifiche e tecniche.

dell’automazione che studia il modo di far interagire tre discipline: la meccanica, l’elettronica, e l’informatica al fine di automatizzare i sistemi di produzione) si espanderà in tutta la catena industriale permettendo di analizzare, organizzare e gestire in modo automatico grandi quantità di informazioni, da cui il termine “big Data”. Dando per scontato che quelli appena citati sono tra i temi più caldi del momento e come tali sono sulla bocca di tutti gli operatori del mondo in-

sto nuovo fenomeno e i principali abilitatori tecnologici, anche attraverso la condivisione di “best practices” che evidenzino le opportunità offerte dalla trasformazione digitale sullo sviluppo del business. L’Industria 4.0 oggi non può prescindere da un investimento forte sui temi della ricerca e dell’innovazione. E’ fondamentale investire anche nel capitale umano puntando sulla competenza e la tecnica di figure professionali e manageriali formate, autonome e responsabili, che siano in grado di rafforzare la competitività delle imprese italiane. Diventa cru-

LO SVILUPPO DELLO “SMART MANUFACTURING” AVRÀ SICURAMENTE EFFETTI NELL’IMMEDIATO SUI LIVELLI OCCUPAZIONALI, PER VIA DI UNA NATURALE E PROGRESSIVA SOSTITUZIONE DELL’UOMO DA PARTE DELLE MACCHINE NELLO SVOLGIMENTO DI DIVERSE MANSIONI

dustriale, appare chiaro che vige una certa curiosità che unita a una buona dose di scetticismo il più delle volte può sfociare in una refrattarietà al cambiamento. Se in determinati ambiti produttivi, in particolare nelle grandi aziende, questi concetti sono ben noti e consolidati, nel tessuto economico italiano costituito da piccole e medie imprese non solo non sono chiari, ma soprattutto non vengono recepiti come opportunità. Occorre, quindi, sensibilizzare il tessuto imprenditoriale per far conoscere le caratteristiche fondamentali di que-

ciale la formazione digitale delle figure dirigenziali in azienda, nonché inserendo nelle organizzazioni di soggetti come i “digital enablers” in grado di diffondere le conoscenze e competenze digitali necessarie. Sul fronte occupazionale, lo sviluppo dello “Smart Manufacturing” avrà sicuramente effetti nell’immediato sui livelli occupazionali, per via di una naturale e progressiva sostituzione dell’uomo da parte delle macchine nello svolgimento di diverse mansioni. Dalla ricerca “The Future of the Jobs” presentata al World Economic Forum è emerso che, nei prossimi anni, fattori tecnologici e demografici influenzeranno profondamente l’evoluzione del lavoro. Alcuni

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di questi, quali la tecnologia del cloud (ovvero la remotizzazione delle informazioni digitali su sistemi distribuiti mediante l’utilizzo di internet) e la flessibilizzazione del lavoro, stanno influenzando le dinamiche già adesso e lo faranno ancora di più nei prossimi anni. L’effetto stimato prevede la creazione di 2 nuovi milioni di posti di lavoro, con la contemporanea scomparsa di 7, con un saldo nettamente negativo di oltre 5 milioni di posti di lavoro. Le stime riguardanti l’Italia riportano un pareggio (200mila posti creati e altrettanti persi), sicuramente meglio di altri Paesi europei come la Francia e la Germania. Si stima che le maggiori perdite si concentreranno nelle aree amministrative e della produzione: rispettivamente 4,8 e 1,6 milioni di posti persi. Secondo la ricerca compenseranno parzialmente queste perdite l’area finanziaria, il management e più in generale tutti i lavoratori impiegati nei settori denominati STEM, acronimo di Science, Technolo-

metterà a dura prova tutta una serie di posizioni di middle management, che rischiano di essere superate dai nuovi modelli organizzativi che faranno leva su di un nuovo stile di leadership orientato all’innovazione. La quarta rivoluzione industriale, così come promette capovolgimenti dell’organizzazione del lavoro e nelle competenze richieste per operai, impiegati, professionisti, avrà sicuramente un impatto sui livelli dirigenziali. I manager sono i potenziali protagonisti di Industry 4.0, sia come esperti funzionali che come esperti ICT dovranno mettersi in gioco con nuove competenze professionali fornendo una visione strategica, corredata da competenze di coaching e motivazionali e un’autorevolezza tecnica suffi-

L'IMPATTO DI INDUSTRIA 4.0 SULLE LEADERSHIP AZIENDALI METTERÀ A DURA PROVA TUTTA UNA SERIE DI POSIZIONI DI MIDDLE MANAGEMENT

gy, Engineering, Mathematics (matematica, informatica, scienze naturali, tecnologia). Cambieranno di conseguenza le competenze e le abilità professionali ricercate: nel 2020 il “problem solving manager” rimarrà la soft skill più ricercata, ma diventeranno più importanti il pensiero critico e la creatività. Con uno scenario in così rapida evoluzione dobbiamo essere pronti a cogliere i benefici di questa nuova rivoluzione poiché nel breve termine non si possono escludere saldi occupazionali negativi e nel medio-lungo termine non è assolutamente garantita una contrazione degli occupati in numero assoluto, considerato anche l’impatto nell’indotto, in particolar modo nel terziario avanzato. Dobbiamo imparare a cogliere a pieno i benefici della quarta rivoluzione industriale, attuando iniziative sistemiche per lo sviluppo dello Smart manufacturing e investendo sempre di più nella formazione e nella riqualificazione professionale dei lavoratori affinché possano padroneggiare le competenze digitali per le mansioni del futuro L’impatto di Industria 4.0 sulle leadership aziendali

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ciente per essere considerato anche dai più ostili all’innovazione. Un profilo molto difficile da trovare poiché le caratteristiche di verticalità della leadership di oggi, difficilmente passeranno a un’orizzontalità complessa da gestire del domani. Per guidare le imprese al salto culturale imposto da Industry 4.0 occorre, a mio avviso, una figura nuova il “Digital Trasformation Manager”, capace di accompagnare le PMI nel percorso di adeguamento al nuovo modello di sviluppo industriale facendo leva sulla formazione al fine di mutare i propri focus: dalle tradizionali “soft skills” allo sviluppo di competenze di project/program management, che sostengano la fase di implementazione dei nuovi processi imposti dalle tecnologie emergenti. Più in generale l’Industria 4.0 richiede competenze trasversali e flessibili, molto difficili da trovare, più rintraccia-


bili nelle capacità del singolo, che non nelle qualifiche formali, date da titoli di studi, certificazioni e posizioni gerarchiche. Per esempio, servirà un informatico non tanto certificato su una specifica piattaforma software, ma che abbia una forte esperienza su più fronti e sia disponibile ad adeguarsi alle nuove esigenze tecnologiche in modo naturale e flessibile. Tutto ciò è possibile solo se si predispone in tempo la riqualificazione della forza lavoro con programmi specifici sul digitale non solo in aula, ma anche on the job seguendo il modello del workshop interattivo, per esempio utilizzando le più moderne tecnologie che si basano sul concetto di “realtà aumentata”. Tutto ciò non è sufficiente se non si attua una pianificazione strategica della forza lavoro mappando le competenze del capitale umano e, con sistemi previsionali, proponendo soluzioni di mobilità interna, di formazione per colmare gap di competenze, di piani di sviluppo, di outsourcing e insourcing, a seconda dei bisogni e del personale presente all’interno dell’azienda. Secondo quanto sostiene The Boston Counsulting Group (BCG) nello studio “How Will Technology Transform the Industrial Workforce Through 2025?”, analizzando 23 aziende mani-

fatturiere tedesche si è posto il problema di valutare quali siano le nuove competenze richieste e come interagiscano fra loro tecnologie, uomini e macchine. Lo studio ha messo in risalto uno scenario che ci fa capire come la profonda trasformazione non riguarderà uno spodestamento del capitale umano ma piuttosto un’assistenza della tecnologia al lavoro dell’uomo grazie ai sistemi digitali che permetteranno l’ottimizzazione dei tempi di lavoro a favore di una drastica riduzione dei fermi macchina per i clienti. Con una proiezione di 10 anni lo studio presenta lo scenario su quello che sarà il bilanciamento tra ruoli e funzioni nel 2025. Per le aziende che adotteranno l’Industria 4.0 si prevede un incremento aggiuntivo di produttività dell’1% annuo e una crescita dei posti di lavoro del 5%, confrontata con l’attuale forza lavoro di 7milioni nelle aziende analizzate. Se da un lato è vero che si perderanno 610mila posti di lavoro nelle funzioni di assemblaggio e produzione con un maggiore uso di computerizzazione e automazione, tuttavia saranno necessari 910mila posti di lavoro in più legati a competenze IT, analytics e ricerca e sviluppo da un lato (210.000), e dall’altro nei ruoli resi necessari dalla crescita delle aziende. Si prevede che in Germania la richiesta di operatori informatici e di data integration raddoppierà: i data scientist, che sono la figura più nuova insieme ai robot coordinator, saranno quelli che cresceranno di più con 70.000 nuovi posti di lavoro seguiti da 40.000 operatori informatici. Infine, se in Germania ci sarà una perdita di posti di lavoro del 4% nella produzione (-

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120mila posti di lavori), e dell’8% nel controllo qualità (-20.000), tuttavia ci sarà anche una crescita del 7% nella manutenzione dei sistemi (10.000). Nonostante questi dati confortanti, risulterebbe che nel 2025 anche in Germania mancheranno 120.000 ingegneri informatici per rispondere alle nuove esigenze della Industria 4.0, con una richiesta di maggior coordinamento tra scuola, università e impresa. L’economia delle idee dovrà partire dalla formazione universitaria, formando gli studenti di oggi per farli diventare specialisti dell’innovazione nelle imprese, offrendogli tutti gli strumenti necessari per poter sfruttare al massimo questa occasione storica. Oggi purtroppo assistiamo al paradosso che da un lato vede la tecnologia sempre più matura ed in grado di supportare questa nuova rivoluzione industriale e dall’altro l’incapacità di molte aziende di sviluppare le competenze necessarie per pilotarne il cambiamento. Il successo sarà dettato dalla capacità di ogni singola azienda di acquisire le competenze necessarie ed indispensabili per non farsi travolgere dal cambiamento. Di conseguenza, le competenze andranno aggiornate costantemente avviando corsi di riconversione e riqualificazione laddove fosse necessario. A differenza delle rivoluzioni industriali precedenti, che hanno impiegato decenni a modificare gli assetti nel mercato del lavoro, l’Industria 4.0 avrà un impatto rapidissimo. Un modello di Industria 4.0, caratterizzato da un elevato grado di innovazione e sviluppo/trasferimento tecnologico, deve poter contare su capitale umano qualificato e investire sulle competenze.

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A livello universitario, è essenziale potenziare la formazione nelle materie STEM all’interno delle Università e individuare programmi e modalità per rendere maggiormente “attrattivi” questi insegnamenti agli studenti. Il modello universitario dovrebbe favorire l’aggregazione in rete degli studenti poiché rappresenta oggi l’unico mezzo in grado di sostenere il processo di digitalizzazione delle imprese manifatturiere grazie ad alcuni vantaggi specifici sui quali fare leva per formare i managers pronti a sostenere la sfida di Industria 4.0, tra cui: • La capacità di “fare massa critica” rimanendo sempre aggiornati sullo stato dell’arte della tecnologia al fine di migliorare le competenze acquisiste; • La possibilità di condividere standard, linee guida, strumenti mediante un linguaggio comune; • La condivisione delle risorse umane necessarie per adeguarsi ai nuovi standard; • L’opportunità di sviluppare soluzioni innovative nel campo dell’informatizzazione dei prodotti e dei processi specifici per la realizzazione del programma comune di rete; • La possibilità di sviluppare documentazione e formazione comune per il personale delle aziende della rete. ■


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