Luoghi comuni provvisori. Strategie e progetti di animazione del territorio.

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LUOGHI PROVVISORI STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

Relatrice: Prof.ssa Arch. Francesca Leder Laureande: Maria Giovanna Govoni Cristiana Mattioli

Università degli Studi di Ferrara

Facoltà di Architettura «Biagio Rossetti»

Anno Accademico 2009-2010



A Bovisa e alla sua gente



INDICE

Abstract

1

La nostra esperienza

3

1_Luoghi comuni provvisori

6

Cenni al ruolo degli spazi pubblici nella storia Un tentativo di definizione Lo spazio pubblico come pratica di cittadinanza Lo spazio pubblico come spazio della comunità Luoghi comuni provvisori Il ruolo dell’arte nello spazio pubblico

8 9 10 13 14 15

2_Rigenerazione urbana Politiche urbane anni ’90 Riqualificazione e rigenerazione urbana La rigenerazione urbana in Europa In Italia Grandi eventi e rigenerazione urbana Rigenerazione urbana senza grandi eventi Riqualificazione, politiche e spazio pubblico: buone pratiche

20

3_Bovisa luogo comune

34

Periferie. Una definizione complessa

36

22 24 25 26 27 28 29


La periferia milanese e Bovisa La periferia tra problemi reali e stereotipi Progettare la periferia Rimettere i quartieri periferici al centro delle politiche

37 38 41 42

4_Evoluzione storica e trasformazioni Lo sviluppo della ferrovia Evoluzione storica dell’aggregato urbano: il quartiere Il polo industriale: Bovisa eccellenza nazionale Il declino post industriale e le trasformazioni

50

5_Progetti e masterplan 20 anni di progettazione e qualche realizzazione L’arrivo del Politecnico di Milano L’Accordo di Programma e la pianificazione della Goccia La delicata questione della bonifica Uno sviluppo per parti Nuovi contenuti per l’area degli ex Gasometri Bovisa, un laboratorio di processi di pianificazione

62 64 64 65 66 67 67 69

SCHEDE: Masterplan

72

6_In attesa

78

Le trasformazioni in atto Tipi di spazi e tempi della trasformazione

81 83

7_Il quartiere fra confini e memoria

90

Il quartiere come scala dell’intervento I confini del quartiere I confini amministrativi di Bovisa

92 93 94

52 53 55 57


I confini fisici e visivi del territorio I confini vissuti, fra memoria e percezione I confini del passato I confini di oggi

96 99

8_Identita’ e pratiche spaziali

106

Identità urbana Geografie d’uso e parti sociali Gli utenti stanziali

108 109

9_Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio La frammentarietà degli spazi e il sistema immateriale Il clima relazionale: le realtà artistico-culturali Strategia di progetto Il centro culturale diffuso

118 120 121 124 128

10_Centro culturale diffuso

130

Gli obiettivi del progetto Cronoprogramma: fasi e obiettivi specifici I luoghi comuni Il Fabbricone

132 132 133

I city users L’asse consolidato di via Candiani-via Lambruschini

Campus Off Il Dopolavoro

Il Posto

SCHEDE: Buone pratiche Centri Culturali

143

11_Attori e processo

156

Come relazionare i soggetti durante la trasformazione: il rapporto pubblico-privato a Milano

158


Zona Tortona/via Savona

La Fabbrica del Vapore

La Città della Moda

Organizzazione del territorio e lo studio delle parti sociali La città come laboratorio di progetti collettivi

Lo spazio pubblico e la desiderabilità dei luoghi Sfera pubblica, spazio pubblico e democrazia

Le politiche dal basso

Trasformazioni sociali e politiche urbane La pianificazione strategica e la mutevolezza del progetto Dalle pratiche alle politiche: la progettazione urbanistica a partire dai vissuti degli abitanti e dalla loro quotidianità La proposta di un modello

167 169

La relazione tra gli attori, le trasformazioni sociali, la mutevolezza del progetto

Gli attori principali La Fondazione

165

172

L’Agenzia di Sviluppo Locale Il mediatore

SCHEDE: Buone pratiche politiche virtuose e mediatori

178

12_Animare il territorio

188

Costruire cultura, produrre spazio pubblico Gli strumenti temporanei Cinque anni di sperimentazione in Bovisa: Il Fabbricone e Campus Off

190 190 192

SCHEDE: Buone pratiche strumenti temporanei

197

13_Un modello replicabile

210

Una strategia per Milano

212


Una pianificazione multidisciplinare per la cittĂ e il territorio Intervenire nella cittĂ media diffusa

217 220

SCHEDE: Buone pratiche strategie per la cultura diffusa

224

Conclusione e sviluppi

231

Appendice A

233

Gentrification

Appendice B

Interviste

Ringraziamenti Bibliografia Sitografia Elaborati grafici

247



ABSTRACT

Le città occidentali si trovano oggi ad uno stadio avanzato del processo di densificazione del proprio tessuto urbano, attuato da un lato attraverso progetti di riqualificazione di aree periferiche che hanno perso la loro funzione originaria, dall’altro da politiche di rivitalizzazione e rigenerazione di aree centrali e semicentrali. Non sempre queste trasformazioni a scala urbana tengono conto degli interessi e delle esigenze delle persone che già vivono gli spazi, compromettendo la vivibilità e la coesione sociale del quartiere stesso. Processi di gentrificazione o di specializzazione di interi comparti urbani diventano criticità, che necessitano poi di politiche sociali e interventi di recupero a posteriori. La rilevanza del cambiamento metropolitano individua proprio nell’attenzione per le pratiche di intervento destinate agli abitanti, così come nei comportamenti degli attori politici gli strumenti per pensare progetti e scenari futuri. La riscoperta di una dimensione creativa per ripensare le politiche urbane e una metodologia di indagine a partire dallo studio degli spazi della quotidianità possono diventare strumenti per invertire la tendenza ad allontanare le persone dai luoghi. La tesi si propone di studiare un importante quartiere di Milano, Bovisa, ex area industriale periferica a nord-ovest della città che, nonostante sia destinata a diventare polo scientifico e tecnologico, fatica a trovare la sua identità di quartiere. L’obiettivo della tesi è quello di definire scenari e azioni di intervento per affrontare in maniera creativa ed innovativa problematiche connesse alla vivibilità urbana, all’integrazione sociale, al recupero di siti e aree degradate, anche attraverso la programmazione e la progettazione di interventi e eventi temporanei che possano avviare processi a più lungo termine.

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LA NOSTRA ESPERIENZA Nell’arco temporale che da novembre 2009 arriva fino ad oggi abbiamo avuto la possibilità di entrare a far parte, inizialmente configurate come tirocinanti e da marzo come facenti parte dello staff vero e proprio, di esterni, un’associazione culturale senza scopo di lucro nata nel 1995 con lo scopo di valorizzare lo spazio pubblico attraverso proposte culturali che spaziano tra cinema, arte, design, architettura, cercando di risolvere i problemi legati alla città e allo spazio pubblico attraverso un approccio creativo, spesso ironico e non convenzionale, che rappresenta un’ulteriore forza propositiva per le soluzioni elaborate. A ottobre 2009 esterni vince un bando indetto dalla Fondazione Cariplo per la Valorizzazione della creatività giovanile in campo artistico e culturale, presentando il progetto del Laboratorio Creativo sullo Spazio Pubblico. Da marzo 2010 entrambe siamo entrate a far parte del laboratorio contribuendo attivamente alla definizione dei progetti. Il Laboratorio Creativo sullo Spazio Pubblico che esterni intende realizzare ha come obiettivo principale il sostegno e lo stimolo della creatività giovanile nel campo del design e della comunicazione, e più nello specifico nel campo del design pubblico e degli interventi nello spazio pubblico, mirando alla reinterpretazione e riqualificazione degli spazi urbani (come strade, piazze, aree dimesse, cantieri o vuoti urbani) come momento per elaborare risposte a bisogni collettivi. Nel concreto si tratta di trovare soluzioni a problemi specifici legati allo spazio pubblico attraverso modalità di progettazione sperimentali che hanno come principale valore la tutela della creatività. Il laboratorio, infatti, avrà lo scopo di creare le condizioni e gli stimoli necessari da un lato a raccogliere le proposte e le intuizioni dei giovani coinvolti nel laboratorio, dall’altro a tutelare il processo di produzione creativa dai tipici fattori di deterioramento dello slancio emotivo ed intellettuale, primo volano di creatività. Il Laboratorio Creativo sullo Spazio Pubblico è un progetto finalizzato all’ideazione e prototipazione di interventi di rigenerazione urbana. Un laboratorio permanente con un approccio multidisciplinare per la progettazione degli spazi pubblici, residuali, dismessi, trasformati, dimenticati, potenziali della città. 3


Riorganizzare la città significa definire nuove forme di urbanità tenendo conto del continuo mutare della società. Sociologi, architetti, urbanisti, artisti e designer impegnati insieme per ripensare lo spazio urbano con un punto di vista differente, mentre le città cambiano e i quartieri si trasformano. Il progetto, sostenuto dalla Fondazione Cariplo, vede tra i temi principali di ricerca i cantieri, l’ospitalità e le aree dismesse. Le azioni del primo anno del Laboratorio Creativo sullo Spazio Pubblico declinano le tematiche in altrettanti progetti concreti nella città di Milano: l’analisi delle relazioni fra quartiere e cantiere in Isola, area urbana storicamente connotata in completa trasformazione; un questionario sull’ospitalità milanese sottoposto a 1000 persone e offerte di accoglienza low cost come il bedsharing e l’ostello temporaneo; la rivitalizzazione dell’area di Bovisa Gasometri attraverso la programmazione culturale e l’azione della nuova sede dell’associazione. Partendo quindi dall’esperienza personale e attiva sul territorio si è deciso, attraverso la tesi, di continuare ad indagare più in profondità l’ambito milanese e in particolare uno dei due quartieri, Bovisa, già da parte nostra oggetto di indagine, studio, ricerca e progetto.

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luoghi comuni provvisori


Luoghi comuni provvisori

CENNI AL RUOLO DEGLI SPAZI PUBBLICI NELLA STORIA Si può dire che la città nasce con gli spazi pubblici: i luoghi nei quali stare insieme, commerciare, celebrare insieme i riti religiosi, svolgere attività comuni e utilizzare servizi comuni1. Ogni epoca così come ha prodotto un tipo di città (la città greca, medievale, fordista, post fordista), ha dato origine ad una sua versione di spazio pubblico, che ne qualifica la specificità: “è spazio che riflette direttamente lo stile di vita e la cultura dell’epoca e dunque è spazio mutevole nella sua qualità e nella sua collocazione materiale”2. Gli spazi pubblici, laddove sono identificati come spazi della vita collettiva, hanno rappresentato per lungo tempo il centro della città. Ogni società ha il suo centro, l’agorà per i greci, la piazza del mercato per la società medievale,“in cui il centro rappresenta di volta in volta la proiezione 8

Pianta dei Fori Imperiali, Roma

di interpretazioni del mondo, costruzioni sociali diverse, in cui la dimensione fisica e quella politica sono tuttavia sempre strettamente intrecciate”3. Potere e centralità sono associati, “la conquista del potere o partecipazione al potere significa appropriazione del centro cittadino”4. Nella città medioevale lo spazio pubblico risponde a precise esigenze funzionali e allo stesso tempo è carico di significati culturali e simbolici: primi fra tutti, senso di appartenenza e identità5. Identità culturale e senso di appartenenza, che affondano le loro radici nella società comunale. Dalla città greca alla città del

rinascimento le piazze hanno rivestito un ruolo decisivo: come luogo della politica in cui si tenevano riunioni e assemblee, come luogo con funzione religiosa per riti e processioni, come luogo del commercio e del consumo comune. Le piazze erano i fuochi dell’ordinamento della città. Le piazze e le strade che le connettevano costituivano l’ossatura della città. Le abitazioni e le botteghe ne costituivano il tessuto. Una città senza le sue piazze era inconcepibile come un corpo umano senza scheletro6. Con il Rinascimento il ruolo politico dello spazio pubblico comincia a declinare.

Piazza Anfiteatro, Lucca. Edificata sui resti dell’antico anfiteatro romano (II sec.) restaurata tra il 1830 e il 1839 da Lorenzo Nottolini.


Luoghi comuni provvisori Continuando con l’esempio delle piazze: le grandi piazze del XVIII secolo cessano di essere i luoghi della vita sociale, per diventare piuttosto complessi monumentali autonomi dove si svolgeva soprattutto attività di trasporto e transito. A questa ridefinizione dei luoghi corrisponde quella della folla, della popolazione della città, del popolo, a cui si associa una diminuzione dell’uso consueto di riunirsi. A partire dal Settecento riunirsi “divenne un’attività specialistica, concentrata in tre luoghi particolari: il caffè, il parco il teatro”7, che diventano il modello dello spazio pubblico “borghese”, in cui la sfera pubblica si costituisce inizialmente appunto come prerogativa borghese. “Questo passaggio, dalle riunioni in piazza ai caffè, salotti, club, è al tempo

Georges Seurat, Una domenica pomeriggio all’isola della GrandeJatte, olio su tela, 205 x 308 cm, 1886, Art Institute, Chicago

stesso un cambiamento fisico – da luoghi all’aperto (la piazza) a luoghi al chiuso (il club, il caffè) - e una trasformazione dello spazio pubblico democratico: le piazze, di proprietà di nessuno e accessibili a tutti, cessano di essere il centro della vita pubblica per diventare prerogativa degli scambi commerciali, del consumo o del divertimento e sono sostituite da edifici singoli, di proprietà dello stato o del privato, progettati da singoli individui secondo una singola visione e con poche zone completamente e liberamente accessibili a tutti”8.

UN TENTATIVO DI DEFINIZIONE Gli spazi pubblici hanno rappresentato per lungo tempo il “centro” della città: della vita collettiva, civica e politica. Oggi assistiamo al moltiplicarsi dei luoghi fisici della vita collettiva e degli spazi della formazione civica e culturale (libri, internet, dibattiti, ecc.). Contemporaneamente si manifestano l’erosione materiale e lo svuotamento dello spazio pubblico tradizionale. Che significato possiamo allora attribuire allo spazio pubblico contemporaneo? Definire lo spazio pubblico è molto complesso a causa della vastità semantica del termine “pubblico”. La letteratura tende a riproporre modelli di spazio pubblico

storici dell’antichità oppure a riferirsi per l’età contemporanea alla perdita del carattere “pubblico” dello spazio, che diventa sempre più esclusivo, sorvegliato, recintato, normato e privatizzato. Nel dibattito contemporaneo si tende quindi a descrivere lo spazio pubblico non in base alle sue diverse tipologie, ma piuttosto in base ai suoi significati: lo spazio della vita collettiva, lo spazio dove si produce “civiltà”, lo spazio di rappresentazione, lo spazio dove si produce sfera pubblica9. A questi spazi possono esserne aggiunti altri come lo spazio della comunicazione e dell’immagine, categoria onnipresente nelle nostre città. Boniburini sintetizza lo spazio pubblico nelle due macrosfere dello spazio intenzionale e dello spazio anarchico, non intenzionale. Riprendendo queste due definizioni e declinandole in spazio progettato e spazio

Torino, 1939. Un discorso del duce

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Luoghi comuni provvisori

Porto Antico, Genova

non progettato, spontaneo, si cercherà di individuare tipologie di spazi pubblici storici, fino ad arrivare a quello che oggi è spazio pubblico. Queste due grandi definizioni non sono legate a un momento storico preciso ma sono trasversali: ci sono spazi non progettati del passato e spazi progettati contemporanei e viceversa. Fra lo spazio progettato, si individuano i luoghi di rappresentanza o luoghi delle masse (sventramenti fascisti, grandi spazi per comizi e raduni), i luoghi monumentali con funzione estetica10, i luoghi di scambio (la piazza del mercato, il porto), i luoghi di aggregazione e di svago (parchi, parchi divertimento), i non-luoghi che si presentano come spazi pubblici “condensati” (centri commerciali, stazioni, aeroporti). Spazi non progettati sono, invece, quei luoghi inaspettati, non 10

necessariamente pensati per accogliere funzioni pubbliche ma che vengono “occupati” da pratiche sociali spontanee collettive: il terzo paesaggio11, gli spazi residuali, i common gardens, la strada, gli spazi privati… La letteratura che ha analizzato questi luoghi ha legato il concetto di spazio pubblico a quello di socializzazione12. Definizioni interessanti di spazio pubblico si ritrovano in gruppi multidisciplinari che comprendono architetti, urbanisti, artisti, antropologi e sociologi. Questi collettivi, che spesso realizzano interventi temporanei e lavorano con la popolazione, vedono lo spazio pubblico come il luogo dell’azione, il luogo di convivenza e interazione, il luogo creato dall’incontro delle diverse possibilità. “Whatever space and time mean, place and occasion mean more. For space in the image of man is place, and time in the

Centro Commerciale «Le 2 Torri», Stezzano (BG)

image of man is occasion”13. Lo spazio pubblico non progettato si lega alle pratiche delle popolazioni, agli usi inaspettati dei luoghi, ad azioni che giocano sulla poetica dei luoghi e stimolano nuove pratiche. Oggi lo spazio pubblico è dinamico e il progetto dello spazio pubblico deve, secondo questa tesi, partire dall’idea che qualsiasi cosa, potenzialmente, può diventare spazio pubblico poiché è l’uso che ne conferisce l’aggettivazione.

LO SPAZIO PUBBLICO COME PRATICA DI CITTADINANZA Lo spazio pubblico ha storicamente a che fare con l’esercizio di cittadinanza attiva e, in senso lato, con la partecipazione (non solo politica) che influisce sulle sorti della città. Una nozione di spazio pubblico può quindi declinarsi come quello ““spazio civico del bene comune” in contrapposizione allo spazio privato concernente gli interessi particolari”14. Lo spazio pubblico è, per noi, lo spazio dell’aggregazione e dell’incontro, uno spazio flessibile e polifunzionale; il carattere “pubblico” non è dato dalla proprietà dello spazio ma dall’uso pubblico che se ne può


Luoghi comuni provvisori fare. E’ necessario capire in quali modi, in quali sedi e con quali strumenti conoscitivi un cittadino può incidere sui processi decisionali in termini di riconoscimento di sé e dell’altro, di convivenza in uno stesso luogo. Si può reinventare un’idea di spazio pubblico in quanto luogo che porta a sintesi l’attuale complessità sociale? Ossia si può reinventare un’esperienza pubblica, in quanto luogo parziale dell’incontro, del confronto e della decisione? Per farlo è necessario reinventare forme di partecipazione e la città deve offrire le sedi adeguate. Fino a un recente passato a seconda di come le popolazioni si comportavano quotidianamente negli spazi pubblici è stato possibile capire quale tipo di città

Sciopero generale, Cagliari, anni ‘70

si andasse costruendo sotto il profilo sociale, culturale oltre che urbanistico. Oggi la società è in continua evoluzione e trasformazione e lo spazio pubblico non è più riconoscibile in spazi formalmente predefiniti, la città fatica a trovare un equilibrio fra la dimensione fisica degli spazi che propone e l’immaterialità delle relazioni. Secondo gli studiosi dello spazio pubblico15 esiste un forte collegamento tra spazi pubblici e cittadinanza. Per Lefebvre16, in particolare, esistono luoghi specifici in sistemi spaziali propri di ogni formazione sociale che garantiscono una relativa coesione proprio per le pratiche sociali che si sviluppano e che inglobano produzione e riproduzione. Ed è proprio il nesso tra le pratiche sociali e la fisicità dello stare nei luoghi che fa sì che gli spazi pubblici continuino a rivestire nella città una particolare importanza, ribadendo quindi che il concetto di spazio pubblico non può esclusivamente intendere un luogo fisico. Possiamo infatti riconoscere alcune pratiche spontanee che determinano la creazione di spazio pubblico, le modalità attraverso le quali gli spazi urbani sono usati, occupati, prodotti e ridefiniti dalle persone, al di là delle intenzioni progettuali degli architetti ed urbanisti e anche al di là dei regolamenti municipali e dei codici giuridici.

Le scalinate della New York Public Library all’ora di pranzo

Appropriazione Quando spazi convenzionali vengono adattati a molteplici usi in modi generalmente considerati accettabili. Un esempio è la New York Public Library, nel corso della giornata e particolarmente nell’ora di pranzo, la scalinata antistante viene utilizzata per sedersi, mangiare e chiacchierare; a Chinatown (New York) i marciapiedi sono utilizzati dai venditori ambulanti per la vendita dei prodotti ma si prestano anche per ampie relazioni sociali; a Little Italy (New York) i tavolini da caffè sono sistemati non solo sul marciapiede ma debordano anche sulla strada; le Creative Communities International sviluppano strumenti di riduzione del traffico automobilistico e di aumento delle relazioni sociali nelle strade, attraverso l’eliminazione dei segnali stradali che crea 11


Luoghi comuni provvisori le strade di Bangkok, così come tutti i luoghi accomunati dalla caratteristica di aver assunto il senso di luoghi di lutto o commemorazione (World Trade Center, New York).

World Trade Center Memorial

confusione e riduce l’impatto del traffico, spostamento delle attività quotidiane in strada con tavolini, divani..., eventi di street reclaiming con aumento delle attività in strada. Tensione Quando si genera un conflitto tra differenti gruppi per l’uso di uno spazio, oppure per differenti usi dello stesso spazio o ancora quando l’uso non è quello previsto da chi esercita la sua autorità su di esso. Tornano alla mente i mercati di strada in Messico, 12

Resistenza Quando le persone occupano o utilizzano spazi marginali, invisibili, poco conosciuti e frequentati dagli abitanti della città “per bene”, a scopo oppositivo e di sostegno alle comunità marginalizzate che ci vivono e per evitarne la distruzione da parte delle autorità pubbliche. Un’esperienza è quella di Stalker a Roma che ha messo in atto un’azione di sostegno a un gruppo di rifugiati curdi, che nel 1999 avevano trovato dimora al Campo Boario, ex-macello della città, con iniziative comuni come la creazione di un giardino, l’organizzazione di una cena multietnica, un workshop nell’ambito della Biennale dei giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo; il progetto Transborderline è basato sull’idea di attraversamento della città come atto affermativo della necessità di superamento delle barriere. Scoperta La scoperta attraverso la pratica del percorso erratico che consente di riconoscere una geografia all’interno del supposto caos delle periferie17. Sempre gli Stalker a Roma organizzano passeggiate

urbane alla scoperta di un complesso sistema di spazi pubblici che si possono attraversare senza soluzione di continuità, uno spazio pubblico a vocazione nomade che vive e si trasforma tanto velocemente da superare di fatto i tempi di progettazione delle amministrazioni pubbliche.

Pranzo al Campo Boario, Roma, Stalker, 1999


Luoghi comuni provvisori Oggi le pratiche sociali e urbane devono per forza fare i conti con dinamiche di trasformazione sociale e riorganizzazione urbana. I fenomeni di dispersione urbana, sotto il profilo territoriale, rinviano ai processi di consumo di suolo e del paesaggio; sotto il profilo sociale, invece, possono essere intesi non solo come sintomi di malessere rispetto alle condizioni di vita, ma soprattutto come le manifestazioni territoriali generalizzate dell’esito di un processo di individualizzazione. Lo spazio pubblico non soltanto è di difficile formazione sul piano urbanistico, ma non rientra neppure tra le esigenze delle popolazioni che si sono collocate in questi territori vasti, considerato che si tratta di soggetti mobili che per lo più li attraversano in automobile e che con questi territori rarefatti e con i loro abitanti hanno legami deboli e provvisori. Pensiamo a tutti gli utilizzatori dell’Università del Politecnico di Milano (studenti, professori, impiegati e lavoratori) che entrano ed escono dal quartiere Bovisa quotidianamente senza sostarvi oltre il periodo di lavoro o di frequentazione delle lezioni all’università. Le trasformazioni dei centri storici riguardano la perdita delle loro funzioni originarie, a partire da quelle abitative, dovuta al fatto che sono diventati luoghi di transito di beni e persone, sia per il loro alto livello di attrazione turistica sia

perchè sono prevalentemente centri finanziari, direzionali e commerciali. Si tratta di trasformazioni strutturali che hanno comportato l’allontanamento delle popolazioni che, fino a un passato recente, rispondevano a un’economia locale con attività economiche tradizionali e di servizi, e che di fatto grazie alla loro permanenza, costituivano l’anello di congiunzione tra i luoghi e le altre popolazioni instabili e provvisorie che vi si insediavano per brevi periodi. Al loro posto si sono insediate popolazioni cosiddette gentrificate, ma anche turisti, city users, stranieri e, nei quartieri universitari come Bovisa, studenti. Popolazioni molto diverse tra loro, tutte accomunate da una provvisorietà dello stare e che comunque esercitano un’alta

Chema Madoz, Sin titulo, 1998

capacità di influenza in termini di domanda di servizi, consumo, lavoro, svago e intrattenimento. Esistono quindi delle significative differenze determinate dalle comunità insediate, dai caratteri morfologici degli spazi, dalla loro peculiare collocazione nel territorio urbano, dalle strategie urbanistiche, architettoniche e politiche delle amministrazioni pubbliche, ma il compito che ha chi si fa carico della città e della sua progettazione e di garantire, laddove esiste, il potenziale carattere di spazio pubblico di un luogo.

LO SPAZIO PUBBLICO COME SPAZIO DELLA COMUNITà La qualità di un luogo non è una cosa, un oggetto; e neppure una somma di caratteristiche, o una semplice combinazione chimica. La qualità è una proprietà sistemica, relazionale. La differenza tra un approccio quantitativo e un approccio qualitativo non può consistere in un semplice cambiamento di parametri di progettazione, ma nella creazione di un diverso sistema di generazione degli spazi della comunità. La perdita di qualità dei luoghi è quindi legata al deperimento delle comunità insediate: i due processi si sostengono mutuamente in modo negativo: luoghi 13


Luoghi comuni provvisori senza qualità, luoghi senza comunità, e viceversa. I nuovi quartieri arrivano nei territori con una grammatica standardizzata, fin dall’inizio indifferente ai luoghi esistenti: indifferente sia all’organizzazione fisica dei luoghi, sia ai gruppi umani esistenti. I vecchi tessuti sopravvivono invece come configurazioni spaziali morte, nelle quali non dimorano più comunità organiche e solidali: la loro bellezza rimane come puramente museale, semplicemente fisica, per il ricordo di un legame originario tra spazio e comunità che si è oggi spezzato. Spesso dove c’è comunità non c’è qualità degli spazi fisici, e inversamente, dove questa qualità esiste18, non c’è più tessuto vivo di solidarietà umana. Un’inversione di questo processo è perciò necessaria, e questa inversione è possibile prevalentemente alla scala locale, nella dimensione puntuale di rapporto tra spazio e società: qui è possibile ricostruire appunto un rapporto tra potere di chi abita e costruzione-ricostruzione della città. Potere di chi abita inteso come potere di decisione e di controllo sui destini della comunità insediata e sulla stessa morfologia dei luoghi, da non confondere con l’autocostruzione, che può solo essere una forma limite, peraltro molto problematica, di costruzione dello spazio da parte dell’abitante. Il progetto dello spazio pubblico non può 14

quindi considerare marginali tutti quegli elementi connessi alla realtà materiale e concreta su cui si dispiegano le esistenze individuali. Spesso, infatti, viene privilegiata una condizione risolutiva del progetto che rinuncia alla necessaria esplorazione di queste complessità per assegnare agli aspetti formali dello spazio un improbabile ruolo terapeutico19. La conoscenza dello spazio deve partire dalla riscoperta del senso comune, ovvero dalla convinzione che un agente qualunque che cerca di conoscere il proprio mondo non può mai porsi al di fuori di esso. La stessa azione progettuale deve mirare a far emergere di volta in volta dettagli pertinenti e rilevanti attraverso un “processo di

Le case di ringhiera del dormitorio studentesco dell’Università di Wuhan, nella provincia di Hubei in Cina, dove gli studenti si dividono tra lo studio e il bucato.

comprensione e di interpretazione che non può essere preso come un insieme di regole e assunzioni, dal momento che riguarda le nostre azioni e la nostra storia, considerate nella loro globalità”20. L’immersione di una società insediata in questa storia, l’impossibilità di porsi al di fuori di questo mondo per comprenderlo, fanno si che la rappresentazione del contesto spaziale della vita della comunità stessa non venga più concepita come un riflesso del tipo “stimolo-risposta”, ma come un modello che si costruisce nel corso dell’esperienza quotidiana.

LUOGHI COMUNI PROVVISORI “La battaglia contro la città omologata incomincia proprio con una furiosa lotta di distinzione e di differenziazione conoscitiva operata anche dentro il corpo della metropoli: distinzione tra luogo e luogo, tra uomini e uomini, tra donne e donne e vita, di formazioni seminali di nuova comunità e di nuova socialità, ricreazione di luoghi comuni, di luoghi per abitare.” Giancarlo Paba Ricreare luoghi comuni significa ricreare spazio pubblico, inteso come spazio condiviso e spazio della socialità e dell’incontro. Uno spazio in cui la comunità si riconosce e dove si può ritrovare un


Luoghi comuni provvisori senso comune a partire dall’utilizzo quotidiano. Riscoprire questa dimensione pubblica dello spazio in una città in continua trasformazione, tenendo conto di una società mutevole, significa intervenire da una parte rigenerando spazi inutilizzati o sottoutilizzati e, dall’altra, progettando spazi temporanei flessibili e variabili in relazione alle trasformazioni della città. Il progetto dello spazio pubblico è un progetto provvisorio. “Provvisorio non tanto nel senso di incompiuto o nel suo significato di ripiego ma piuttosto nella sua derivazione latina di provisus, participio passato di providere: provvedere a qualcosa che deve far fronte a un bisogno, preoccuparsi di dotare quel territorio in trasformazione di una struttura necessaria”21. Un progetto temporaneo che vada incontro alla comunità e ne interpreti i bisogni ridefinendoli di volta in volta, flessibile. Ma provvisorio anche perchè possa trovare senso quando gli strumenti urbanistici e i grandi progetti urbani prevedono tempi di realizzazione molto lunghi e non riescono ad incidere positivamente sul territorio, interponendosi in un arco temporale intermedio, che possa avere effetti immediati e innescare processi più a lungo termine in attesa delle trasformazioni.

IL RUOLO DELL’ARTE NELLO SPAZIO PUBBLICO “L’azione conforma lo spazio e si conforma nello spazio.” C.Cellamare Serena Vicari Haddock in un libro recentemente edito dal Mulino (La città contemporanea, 2004) considera incontestabile che la cultura sia un fatto urbano. La città, osserva, è cultura sotto tre profili. Perchè contiene tesori d’arte ed eredità del passato. Perchè vi si producono eventi culturali e vi si recano in massa i fruitori di cultura, nei teatri, nei musei, nelle università. Perchè, infine, nelle città si crea più che altrove la cultura in senso antropologico: non solo i manufatti artistici, ma anche le idee, i valori, le abitudini. Questo accade soprattutto grazie alla molteplicità delle interazioni che avvengono e per l’eterogeneità dell’ambiente: nelle città “…avviene il confronto tra orientamenti diversi e si genera una spinta dinamica che porta le forme culturali a trasformarsi e a evolvere verso nuove sintesi”22. Queste considerazioni ci portano a valutare come essenziale il metodo dell’approccio culturale ai temi urbani come chiave di conoscenza, di relazioni, di interpretazione, e in definitiva di progetto. Riconoscere le pratiche sociali della

Christo and Jeanne-Claude, The Gates, Central Park, New York City, 1979-2005

quotidianità, codificarle e sostenerle, significa colmare un vuoto e affiancare con nuovi strumenti una prassi urbanistica purtroppo sempre più tecnicistica. Ed è qui che entra in gioco l’arte pubblica, per la sua capacità di essere effimera, ma allo stesso tempo capace di determinare aggregazione sociale e radicamento culturale, fino quasi a diventare - attraverso la sua pratica nella città - essa stessa progetto di rigenerazione urbana. L’arte come uso temporaneo di un luogo, come pratica reiterata nel tempo, può essere infatti volano per creare nuove reti e sinergie e il ruolo di un terzo attore che sappia cogliere in maniera strategica le opportunità che il territorio e le sue realtà offrono diventa determinante. Il gesto artistico può assumere una valenza sociale quando innesca processi di 15


Luoghi comuni provvisori rigenerazione, proponendo all’osservatore e all’abitante nuove e più ampie prospettive di interazione con lo spazio e con le dinamiche abitative che quello spazio sottende23. L’arte come pratica, che pone l’accento

Janser Sandra ed Elisabeth Koller, Ready, steady, go!, Graz, Austria, 2010

16

sulla dimensione del fare e del fare insieme assumendo la città come campo. L’impostazione teorica porta gli artisti a lavorare entro un luogo, un contesto specifico, confrontandosi con la quotidianità e la dimensione dell’ordinario, con l’obiettivo ricorrente di costruire spazi d’incontro e socialità accettandone la transitorietà e verificandone la tenuta nella prassi24. L’arte non solo lavora nello spazio pubblico, ma in una certa misura, lo costruisce. Questo spazio può essere materiale e fisico, ma anche immateriale ed astratto. In entrambi i casi questa varietà di definizioni non deriva dalla mera volontà di catalogare fenomeni in atto, quanto piuttosto dalla necessità di voler descrivere la molteplicità di situazioni in cui l’arte entra in relazione con l’ambiente urbano, con le sue trasformazioni, con le politiche e gli attori che l’animano. L’arte nello spazio pubblico è in questo caso l’esito di un processo di interazione tra attori diversi, in parte legato all’arte, che vede la partecipazione sia delle istituzioni pubbliche sia dei singoli abitanti che si attivano per la soluzione creativa di un problema. L’arte nello spazio pubblico non è l’obiettivo dell’azione, è semmai l’esito o un dispositivo per far si che scaturiscano altri effetti. Il ruolo dell’artista in questa prospettiva

risulta sempre più legato alla sua capacità di interazione, scambio e presidio di qualità e quindi non coincide con quello “di ‘facilitatore’ che spesso si assegna al tecnico all’interno di processi di progettazione partecipata. E’ piuttosto un ruolo politico”25. Possiamo quindi dire che l’arte in questa accezione è uno degli strumenti capaci di interpretare un bisogno, di esplicitarlo e, attraverso un’azione, di provare a delineare soluzioni possibili al problema. L’arte, in relazione ai “fatti” e alle trasformazioni urbane, sembra sempre più essere anche nello spazio pubblico, ma prima di tutto pubblica per il significato sociale e gli effetti che riesce ad avere su una pluralità di soggetti. L’esito di un’operazione artistica, di un’installazione, di una performance non è un dato definito a priori, dipende soprattutto dall’interazione di diversi fattori e dal processo. Uno dei prodotti impliciti che si cerca di ottenere attraverso il coinvolgimento degli artisti è in definitiva, la costruzione di uno spazio pubblico costituito attraverso la partecipazione e il coinvolgimento. L’attenzione delle amministrazioni pubbliche verso le espressioni artistiche e la dimensione creativa si è negli ultimi anni accresciuta26 e sempre più spesso si pone l’attenzione sulla rete come progetto di territorio.


Luoghi comuni provvisori Lo spazio pubblico è quindi il luogo di interazione tra diversi soggetti e attori sul territorio, siano essi pubblici o privati. E’ bene però precisare che il contenuto di questi progetti ha valore solo se i singoli episodi (festival, mostre, produzioni...) sono pensati nel lungo periodo e messi in rete per creare un sistema di collaborazione stabile sottintendendo quindi una visione strategica complessiva per l’intera città. Spesso, come nota Anna Detheridge27, l’arte pubblica è fagocitata dalla stessa burocrazia amministrativa, è voluta e installata in quanto conferma di ideologie dominanti, piazzata in luoghi rappresentativi per significare non l’unità di una comunità, ma idee dettate dall’alto28. In conclusione, dunque, progettare lo spazio pubblico significa considerarlo come una realtà culturale a cui appartiene una dimensione sociale, mutevole e dinamica. L’obiettivo è reinterpretare, ridisegnare, ripensare lo spazio come momento per elaborare risposte a bisogni collettivi e nel concreto trovare soluzioni a problemi specifici legati allo spazio pubblico, attraverso modalità di progettazione sperimentali che hanno come principale valore la creatività, mettendo appunto prassi, metodologie e strumenti operativi nuovi, declinabili di volta in volta in funzione della realizzazione di interventi che saranno sempre diversi.

NOTE 1

Salzano, 2009

2

Bettin Lattes, 1997

3

Marson, 2008

4

Magnier, 1997

5

Baldeschi, 1993

6

Salzano, 2009

7

Sennett, 2006 (1974)

8

Parkinson, 2006

9

Boniburini, 2010, in Bottini F. (a cura di), Spazio pubblico – declino, difesa, riconquista, Ediesse, Roma, 2010

10

in riferimento agli slarghi di Sitte, si rimanda al testo di riferimento: C. Sitte, L’arte di costruire le città, Jaca Book, Milano, 1996 (1981) (edizione originale Der Stadte Bau nach seinen Kunstlerschen Grundsatzen, Vienna, 1889; esemplata sull’edizione francese, aggiornata e comprensiva dei disegni originali, L’art de batir les villes, L’Equerre, Paris, 1980). 11

Clement G., Manifesto del terzo paesaggio, Quodlibet, 2005

12

Jacobs J., Culture in Action. New Public Art in Chicago, Bay Press, Chicago, 1995

13

Cit. Aldo Van Eyck

14

Innerarity, 2008

15

si fa riferimento alle opere e agli scritti dei seguenti autori: Benjamin, Simmel, Mumford, Lefebvre, Jacobs, Amin, Sennet e Zukin 16

Lefebvre H., La produzione dello spazio, Mozzi Editore, Milano, 1976

17

Careri, 2006

18

nella forma di spazio antico, prevalentemente

19

Maciocco, 2009

20

Varela, 1987

21

Pierluigi Cerri in merito all’intervento architettonico della Triennale Bovisa

22

Haddock, 2004

23

Pezzoni in Territorio, n. 53, 2010

24

Pioselli 2007

25

Cognetti in Territorio, n. 53, 2010

26

pensiamo agli eventi e alle manifestazioni culturali capaci di attirare pubblico, turisti e nuovi abitanti. Si veda anche come esempio il progetto promosso dalla Provincia di Milano InContemporanea www incontemporanea.it e il contributo di Gabi Scardi

17


Luoghi comuni provvisori in Territorio, n.53 dal titolo Arte e trasformazione urbana, InContemporanea e altri progetti come esempio di strategia operativa sul territorio, 2010 27 28

Detheridge in Territorio, n. 53, 2010

Si rifiuta dunque la modalità di inserimento a posteriori dell’arte all’interno di un progetto architettonico già strutturato, come previsto ad esempio dai Percent for Art programs negli Stati Uniti (Kwon, 2003) o in Italia la legge del 2 per cento, come se l’arte fosse tutt’al più la ciliegina sulla torta.

18




rigenerazione urbana


Rigenerazione urbana

POLITICHE URBANE ANNI ’90 Proviamo in questo capitolo, attraverso l’esame delle dinamiche sociali, delle scelte politiche e urbanistiche che regolano le trasformazioni urbane, a rileggere la storia recente legata alla formulazione delle politiche urbane rivolte alla città e ai suoi abitanti nella loro quotidianità. La stagione di politiche urbane in Italia, che si è consolidata nella seconda metà degli anni ’90 e si è pienamente dispiegata nella prima fase del decennio che si sta chiudendo, ha visto una forte accelerazione delle iniziative sperimentali nell’ambito delle politiche urbane e territoriali. In questo periodo, programmi locali e interventi “integrati” hanno invaso quasi tutti i campi della pianificazione a scala urbana e territoriale, avvicinando contenuti e stili propri dei settori economico, edilizio e infrastrutturale. Si tratta di programmi innovativi di provenienza europea1, dei successivi più evoluti programmi integrati2, degli strumenti 22

della programmazione negoziata che hanno definito le modalità della concertazione locale3 e di organizzazione territoriale del Quadro comunitario di sostegno che organizza gli investimenti strutturali di origine europea. Bandi di programmi diversi si sono susseguiti freneticamente e probabilmente si susseguiranno ancora negli anni a venire. Ma che in alcuni casi di un fallimento si tratti, è sotto gli occhi di tutti. Quello che è mancato, come ha evidenziato Fabrizio Barca4 trattando delle politiche di sviluppo regionale, è un vero investimento politico e culturale, capace di sorreggere e alimentare una innovazione di strumenti e dispositivi che, al di là dei limiti propri, è stata largamente insufficiente a garantire alle politiche integrate per le città e i territori il necessario sostegno. In secondo luogo, questa progressiva perdita di centralità nell’agenda pubblica si è accompagnata a una manifesta incapacità delle politiche di affrontare e trattare efficacemente i principali problemi urbani. Si definisce quindi una nuova

questione urbana5. E’ sintomatico che proprio il terreno sul quale si è maggiormente concentrata l’innovazione delle politiche urbane italiane, ossia quello della rigenerazione urbana, evidenzi oggi una situazione di maggiore criticità anche nelle città (innanzitutto nel Mezzogiorno) che nella seconda metà degli anni ’90 sembravano avere imboccato un sentiero virtuoso6. A partire dal secondo dopoguerra non sono mancate politiche settoriali esplicitamente concentrate nelle aree urbane (si pensi, per fare solo un esempio, alla politica della casa). E’ dunque mancata nel nostro Paese, sia dal punto di vista dei dispostivi istituzionali messi in campo, sia sotto il profilo della costruzione del problema, la consapevolezza della specificità e insieme della ineludibile multidimensionalità dei problemi urbani, consapevolezza che in altri contesti europei e nord-americani data almeno agli anni ’60 del XX secolo e diventa oggetto di strategie e programmi


Rigenerazione urbana a diversa scala, oltre che di specifici strumenti istituzionali e di governo7. In ogni caso, l’istituzionalizzazione di un ambito nazionale di politiche per le città è come noto molto tardiva. L’istituzione nel 1987 del Ministero per i problemi delle aree urbane (affidato all’ex Sindaco di Milano Carlo Tognoli), se può essere convenzionalmente considerato il punto di partenza di un processo di istituzionalizzazione di un campo specifico di politiche urbane esplicite, finisce presto per esaurire la sua forza propulsiva. Il Ministero, in quanto tale, dura solo fino al 1993, e svolge un ruolo limitato ad alcune, seppure importanti, iniziative8. Il Dipartimento per le aree urbane, incardinato nella residenza del Consiglio, dura alcuni anni di più, ma non gioca un ruolo davvero centrale nel processo di costruzione di un nuovo ambito di politiche urbane che si struttura negli anni ’90 con altri protagonisti9. A questi attori si accompagnano fin da subito le Amministrazioni locali (innanzitutto i Comuni, ma anche le Province e le Comunità montane), oltre che i loro organi di rappresentanza (ANCI e UPI), che trovano una arena rilevante nella Conferenza Stato – Città e Autonomie Locali istituita nel 1996. Diverso è il ruolo delle Regioni, meno significativo nella prima fase del rilancio delle politiche

urbane integrate e poi più rilevante a partire dai primi anni 2000, anche in relazione alla progressiva regionalizzazione delle pratiche di programmazione negoziata nazionale e comunitaria. Accanto a queste politiche integrate e “speciali”, a partire dagli anni ’90 sono state messe in campo politiche istituzionali che, direttamente o indirettamente, hanno mirato a creare condizioni di efficacia ed efficienza per affrontare i problemi urbani: dalla Legge 142/1990 alla Legge 81/1993; dalle riforme cosiddette “Bassanini” all’istituzionalizzazione con la Legge finanziaria del 1996 degli strumenti di programmazione negoziata; fino alla Riforma del Titolo V della Costituzione10. Esiste dunque un nesso tra il cambiamento del ciclo politico e l’introduzione di un nuovo ciclo di politiche urbane che si definisce a partire almeno da tre questioni: la leadership politica; l’innovazione istituzionale e amministrativa; la costruzione di una nuova agenda urbana. Basti in questa sede osservare che almeno a partire dai primi anni 2000 la spinta propulsiva delle politiche urbane integrate sembra progressivamente affievolirsi. Tre esempi per tutti. Sul fronte delle politiche di riqualificazione urbana e coesione sociale, se i primi progetti Urban, nel periodo di programmazione 1994/1999, erano stati per molte città italiane un elemento importante

Progetto cortili, URBAN II, Torino, Mirafiori Nord

Piazza Livio Bianco, URBAN II, Torino, Mirafiori Nord

Parco lineare Corso Tazzoli, URBAN II, Torino Mirafiori Nord

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Rigenerazione urbana di una più ampia strategia urbana di rilancio e rigenerazione11, i dieci programmi Urban di seconda generazione finanziati dall’Unione Europea e anche i venti più piccoli programmi Urban Italia finanziati dal Ministero delle Infrastrutture sono stati assai meno rilevanti e in molti casi si sono rivelati dei veri e propri fallimenti12. Nell’ambito delle politiche di sviluppo locale, i Progetti Integrati Territoriali (PIT) realizzati nelle aree urbane del mezzogiorno con le risorse del FESR hanno rappresentato in quasi tutte le regioni, nel periodo di programmazione 2000/2006, uno dei più evidenti fallimenti della strategia del DPS, con un livello estremamente basso di integrazione effettiva all’interno dei progetti stessi e con altre politiche settoriali e integrate nelle stesse aree urbane. Non è un caso che l’avvio, nella nuova stagione di programmazione 2007/2013, di progetti integrati per le aree urbane si stia rivelando ancora più lento e inadeguato, in un contesto di evidente perdita di fiducia da parte degli attori economici e sociali. Infine, nel campo delle politiche integrate per il lavoro, la formazione e l’occupabilità in contesti urbani, le tristi vicende dell’uso sconsiderato delle risorse del Fondo Sociale Europeo hanno mostrato, dopo una fase di sperimentazione e innovazione anche interessante, i limiti dell’approccio integrato e “speciale” ai temi del welfare. 24

RIQUALIFICAZIONE E RIGENERAZIONE URBANA La differenza tra i due vocaboli non è solo terminologica: sono azioni infatti che corrispondono a tradizioni fortemente differenti che hanno un robusto passato distinto e forse un futuro intrecciato. Riqualificazione urbana significa sostanzialmente una partnership per lo sviluppo locale urbano. L’intervento riguarda aree e parti di città e del sistema economico. Sono iniziative che la congiuntura economica e politica degli ultimi vent’anni ha promosso ampiamente in tutta Europa, con casi famosi di vecchie città industriali del secolo scorso, minerarie, portuali, che si riconvertono e cambiano radicalmente base economica. Interventi di partnership perchè la trasformazione avviene non per opera esclusiva dell’agente pubblico ma attraverso il coinvolgimento del capitale privato. Negli interventi di rigenerazione urbana l’aspetto della partnership per lo sviluppo urbano è ugualmente presente ma le azioni di inclusione sociale assumono maggiore importanza. Azioni che devono rispondere ad una domanda che è emersa nel corso degli anni Ottanta in diversi paesi, una risposta pubblica ad un problema di frattura sociale, di rottura del legame sociale. Questi sono i termini forti, ma sono

La Mina, periferia di Barcellona

Banlieu, periferia di Parigi

Secondigliano, periferia di Napoli


Rigenerazione urbana soprattutto quelli usati in paesi come la Francia dove queste politiche sono state concepite. Dunque se la riqualificazione pone l’accento sulla partnership per lo sviluppo, la rigenerazione subordina la partnership ad un’azione di inclusione sociale specifica.

LA RIGENERAZIONE URBANA IN EUROPA Il ciclo di innovazione delle politiche urbane, per essere compreso nella sua genesi e nel suo sostanziale fallimento, deve essere collocato in un ciclo politico europeo, nel quale è possibile leggere la convergenza tra l’Italia e altri Paesi europei nella ricostruzione del problema urbano. In vari paesi europei sono state intraprese a più riprese azioni di riqualificazione urbana sui quartieri sfavoriti giocati sulle dimensioni immobiliare e urbanistica oppure su finalità sociali e assistenziali, più spesso - almeno di recente - sulla combinazione delle due. I primi interventi erano in realtà per lo più operazioni di pulizia: rimozione chirurgica degli insediamenti poveri e ricostruzione. Per lungo tempo, infatti, il degrado urbano è stato assunto come un problema igienico. Fin dall’Ottocento il risanamento urbano era stato prevalentemente concepito in termini di demolizione e diradamento, anche di quella che oggi viene considerata edilizia

storica da proteggere. Ma più precisamente i principi di risanamento sono stati generalizzati nei quartieri poveri, di scarso o nullo pregio e di concentrazione invece del disagio sociale grave. Questi ambiti non sono però quegli antichi, ma piuttosto i figli di un’epoca e di una cultura “moderne”. In particolare, nei primi trent’anni di questo secolo sono state poste le basi per la formulazione di un potente paradigma - il “movimento moderno” - che ha legittimato una piena libertà d’azione nell’ambiente costruito, ampiamente dispiegatosi nella costruzione di nuovi quartieri e nuove città a partire dal primo ma soprattutto dal secondo dopoguerra13. Il punto essenziale è la constatazione che, all’apice della sua potenza, l’urbanistica moderna ha prodotto ambienti fisici non meno “malati” di quelli ereditati dell’urbanistica storica in opposizione alla quale la disciplina è sorta nell’Ottocento e si è definita nei primi trent’anni di questo secolo. Le promesse non sono state mantenute. Perdura il degrado urbano censurato dai critici della rivoluzione industriale, si producono gli slums più velocemente di quanto non si riesca a distruggerli, il circolo vizioso della povertà trattiene le popolazioni nelle periferie per generazioni. Non solo, l’urbanistica è battuta proprio sul terreno della competenza progettuale: i quartieri modello dell’edilizia moderna moltiplicano gli effetti

incresciosi della povertà e del disagio, accentuando segregazione sociale e l’anomia degli abitanti. Questo punto è essenziale per capire dove si colloca la questione. Le nuove politiche sembrano atte a dare risposta a questo grande, vistoso problema. L’orientamento “locale” delle nuove politiche, in particolare, affronta il deficit dell’approccio modernista, per sua natura generalizzatore e universale. E’ per questo motivo che il tipo di approccio risulta essere di successo laddove sono state applicate in modo più massiccio le politiche moderne per la città, in altri paesi più che in Italia. Alle demolizioni hanno fatto seguito i programmi di “rigenerazione” statunitensi degli anni Sessanta che sono considerati i capostipiti14 degli interventi di riqualificazione di ambienti urbani degradati (ripresi soprattutto in Gran Bretagna). Interventi di promozione economica e di miglioramento fisico ed edilizio erano studiati congiuntamente: i programmi assistenziali venivano orientati al sostegno di gruppi sociali sfavoriti in aree ben definite, per lo più coincidenti con l’area centrale delle agglomerazioni urbane; l’iniziale impostazione centralistica e dirigista veniva progressivamente mitigata da un orientamento favorevole allo sviluppo di iniziative comunitarie promosse in associazione da enti locali e associazioni del terzo settore 25


Rigenerazione urbana sono un elemento tipico della grande città statunitense e, in particolare, delle sue aree centrali. Ciononostante, nei programmi pensati all’epoca sono sviluppate alcune delle intuizioni che ritroviamo oggi nelle politiche urbane orientate alla riqualificazione dell’ambiente urbano.

Commmunity Garden, Bologna

(community group). Negli Stati Uniti l’azione riformatrice è stata di sovente il risultato dell’incontro tra programmi promossi dal governo federale, da un lato, e da iniziative condotte da organismi e attivisti di base - grassroot movement - dall’altro. I programmi di “rigenerazione urbana” sono così nati dalla constatazione della grande frattura che divideva, al cuore stesso delle metropoli (americane e nord europee), la popolazione povera dal resto della “grande società”. L’esperienza americana differisce profondamente da quella europea, soprattutto per la composizione sociale dei quartieri sfavoriti: la concentrazione spaziale, la segregazione sociale, la connotazione etnica, la povertà economica, la presenza criminale tendono a sovrapporsi dando origine ad aree omogenee, a ghetti veri e propri. I ghetti 26

Uno degli elementi costitutivi del modello è la finalità del miglioramento dell’ambiente fisico. Il riferimento “urbano” si unisce cioè alla metodologia dell’azione integrata alla scala di quartiere. Ma con la precisazione che è necessario l’incontro tra le due tradizioni distinte dell’azione sociale, con le sue strutture assistenziali pubbliche locali, volontarie e centrali, e della riqualificazione fisica. Nell’accezione diffusa nei paesi europei, azioni integrate indicano una modalità dell’azione pubblica innovativa rispetto alla tradizione redistributiva e assistenziale delle socialdemocrazie. Azioni interistituzionali e non settoriali, azioni multidisciplinari e non lineari che rispondono a problemi complessi al fine di contrastare situazioni governate da cause molteplici. Nelle città infatti, si manifesta un fenomeno nuovo. La crisi occupazionale e sociale si mescola ad altri fattori, culturali ed etnici, definendo quella che possiamo chiamare “crisi urbana”.

IN ITALIA Introdurre il tema delle azioni integrate è fondamentale per capire il rilievo che assumono le politiche urbane italiane degli anni Novanta. La specificità delle politiche italiane si ritrova nella forte differenziazione territoriale e l’accentuata autonomia locale. Nella versione europea infatti la simbiosi tra politiche urbane (contenuto) e azione integrata (metodo) è giustificata dal presupposto che la frattura sociale e i processi di esclusione siano concentrati nello spazio e si manifestino in distinte enclaves. Ma l’Italia in quegli anni era quella di Tangentopoli e il tentativo di ridare autorevolezza ai governi locali fu attuato attraverso il meccanismo dell’elezione diretta dei Sindaci, nel 199315, al cuore della intensa crisi del sistema politico e istituzionale italiano. E’ una legge importante che, modificando radicalmente il meccanismo elettorale a livello locale, prima basato sul dominio assoluto dei partiti, attribuisce ai sindaci il massimo grado di legittimazione popolare, irrobustendone il ruolo, aumentandone la responsabilità personale e favorendo una maggiore personalizzazione della leadership. Con il conferimento di maggiori prerogative al sindaco e alla giunta, la


Rigenerazione urbana riforma ha garantito una maggior stabilità all’esecutivo, riducendo nel contempo le competenze generali del consiglio sulle decisioni dell’amministrazione. Il nesso tra ciclo di policy e ciclo politico nelle città italiane può essere compreso con maggiore chiarezza in relazione a tre diverse dimensioni. La prima è quella dell’imprenditorialità urbana. Le nuove politiche urbane, nei casi più interessanti, sono promosse e sostenute con forza da nuovi imprenditori politici. Le nuove politiche urbane sono fortemente centrate su una leadership strategica. In grandi aree urbane esse diventano un tassello significativo di una nuova immagine della città, spesso assumendo il

L’arco olimpico di Torino è il simbolo dei XX Giochi olimpici invernali. Il complesso architettonico è formato da una passerella pedonale lunga 400 metri che unisce il villaggio olimpico e il centro direzionale del Lingotto, sorretta da un arco rosso alto 69 metri e lungo 55.

profilo di politiche simboliche; in contesti più piccoli esse assumono il ruolo di flagship projects. Più in generale, le nuove politiche urbane rivestono in molte situazioni una rilevanza strategica, sovente in relazione a tentativi di riposizionamento della città nella competizione urbana. L’assenza di una leadership sicura e affidabile e l’affievolirsi progressivo dell’imprenditorialità politica degli amministratori ha indebolito proprio le politiche urbane più innovative, facendo riemergere logiche tradizionali e altrettanto tradizionali politiche settoriali. Il carattere strategico di alcune delle nuove politiche urbane è venuto meno, e con esso la loro natura sperimentale ed “eccezionale” ha via via perso legittimazione. A fronte dell’assenza di vere politiche nazionali per le città e del progressivo contrarsi delle risorse a disposizione dei Comuni e degli enti locali, anche per garantire servizi ordinari, la fase più recente si caratterizza dunque per il crescente prevalere di una logica “decisionista”, che si declina di volta in volta nell’attenzione all’evento e all’occasione (G8, Giubileo, Olimpiadi, Expo). Dunque, la logica dell’eccezione appare largamente in contrasto con quella delle nuove politiche urbane, che hanno bisogno di radicamento, di cura, di partecipazione per manifestare pienamente la loro efficacia: quello che sembra emergere è la grande difficoltà

Il Porto Olimpico di Barcellona, riqualificazione del waterfront in occasione dei Giochi Olimpici, 1992

del governo urbano nel dare continuità e rendere ordinarie azioni sperimentali e intersettoriali, a fronte dei cambiamenti continui di contesto, dei cicli elettorali, della sostituzione di alcuni attori chiave.

GRANDI EVENTI E RIGENERAZIONE URBANA La riqualificazione urbana accompagna spesso la pianificazione di un evento: se questo è davvero grande, richiede adeguamenti strutturali, infrastrutture e servizi. Parte considerevole degli investimenti è indirizzata a opere pubbliche (impiantistica sportiva, villaggi media e atleti), mentre altri finanziamenti riguardano l’organizzazione dell’evento; l’evento fa 27


Rigenerazione urbana scattare altre opere (metropolitane, nuovi musei, ferrovie, ponti) la cui realizzazione, favorita dalla nomination, non sarebbe stata altrimenti realizzabile, o avrebbe registrato notevoli ritardi. Ci sono casi nei quali la città non viene riqualificata, come Atlanta nel 1996, e casi opposti, di grandi interventi, come Barcellona 1992 o, per logistica e infrastrutture, Atene 2004, con i ring intorno al Partenone. In linea di massima, giusto o meno che sia, solo un grande evento coagula enormi interessi, fa scattare energie e decisioni, attiva l’allocazione di grandi risorse, che altrimenti non verrebbero indirizzate su una data area, e magari non verrebbero neppure distribuite su un territorio più vasto: passante ferroviario e metropolitana di Torino hanno avuto una “accelerazione” altrimenti impensabile; la Diagonal e le opere sulle aree dismesse di Barcellona non si sarebbero realizzate senza i Giochi olimpici del 1992; il recupero del Porto Antico di Genova non sarebbe partito negli anni ‘80 senza l’Esposizione Colombiana del 1992; Valencia non avrebbe costruito la nuova Marina e altre opere senza la America’s Cup del 2007. Sono proprio questi eventi che d’altro canto sviluppano processi di gentrification, che determinano tra i molteplici effetti l’attrazione di nuovi ceti nell’area riqualificata, che sostituiscono gruppi e categorie che non possono permettersi 28

alti costi per affitti e servizi. Casi di gentrification si verificano in molte realtà, da Barcellona ad Atlanta, da Genova a Valencia.

RIGENERAZIONE URBANA SENZA GRANDI EVENTI Ci sono altresì molti esempi di rigenerazione urbana attuati senza ricorrere necessariamente ai grandi eventi. I casi di Bilbao e di Baltimora, ad esempio, dimostrano che una città può cambiare, e uscire dalla crisi economica anche senza i grandi eventi. Baltimora ha affidato alla iniziativa privata la riqualificazione del waterfront, e questa ha comportato benefici allargati a tutta la città. Bilbao ha scelto una strada diversa, puntando sulle opere degli archistar per delocalizzare le vecchie industrie lungo il fiume, e creare nuove avveniristiche strutture, intorno al Guggenheim Museum. Naturalmente, il vero problema è che il grande evento da solo non serve, ma va inserito in un processo costruito nel tempo, coinvolgendo il “capitale sociale”, prevedendo un’attenta e continua strategia di citymarketing e di promozione degli eventi, partecipando alla competizione internazionale. Questa strategia consente di mirare ad un sempre migliore riposizionamento della città, e

Waterfront gardens, progetto di riqualificazione urbana sul lungofiume della Garonna, Bordeaux

Atelier Corajoud, Miroir d’eau, lungofiume della Garonna davanti al Palazzo della Borsa, Bordeaux

avviare un ciclo virtuoso tra riqualificazione urbana, maggiore attrattività dei luoghi, diversificazione crescente dell’economia e dell’offerta turistica, culturale e di tempo libero.


Rigenerazione urbana

RIQUALIFICAZIONE, POLITICHE E SPAZIO PUBBLICO: BUONE PRATICHE Si vogliono qui riportare alcuni suggerimenti di nuove pratiche che possono essere applicate a differenti contesti, non dimenticando che il territorio è un sistema, che il governo delle sue trasformazioni spetta alla mano pubblica, e che perciò, è essenziale riportare gli spazi pubblici all’interno della pianificazione; anzi, porli al suo centro. Una città è definita non soltanto dalla dimensione demografica e dalla densità insediativa, ma anche dall’eterogeneità degli abitanti che ne costituiscono il tessuto sociale16. Riprendendo Salzano, possiamo affermare che lo spazio pubblico è proprio la cerniera che tiene stretti la società e la città e che proprio quest’ultima nasce con gli spazi pubblici17. Possiamo rintracciare in alcune esperienze pionieristiche europee alcune buone pratiche riguardanti le politiche urbanistiche pubbliche a favore della rigenerazione urbana e degli spazi pubblici con un approccio strategico e lungimirante. Politiche urbane britanniche Promosse dall’ultimo governo laburista, a partire dal documento Towards an Urban Reinassance, hanno come obiettivo di

fondo quello di rendere tutti gli spazi pubblici più sicuri, più accessibili, più sostenibili rendendo la città nel suo complesso più vivibile18. Lo spazio pubblico ritorna così nelle agende politiche nazionali. Aree metropolitane francesi Le Communautés Urbaines hanno introdotto nei piani di area vasta (SCOT) una Charte des Espaces Publics che ne definisce localizzazione, destinazione funzionale e soprattutto sancisce gli impegni da parte dell’amministrazione. Gli spazi pubblici vengono valorizzati non soltanto nelle aree più centrali, ma anche nei quartieri degradati della periferia e nelle aree immediatamente contigue alle stazioni del trasporto pubblico su ferro19. Politiche urbanistiche di Monaco di Baviera Monaco: “città compatta, urbana, verde”, con la “mixofilia che sostanzia i progetti”. Questo lo slogan per rilanciare l’immagine della città, tenendo conto che intensificare significa anche realizzare un progetto di metropoli e una cultura diffusa capace di accettare il “compromesso della coesistenza” e di rafforzare la tolleranza20. Si assiste qui al superamento della logica per progetti attraverso un approccio sistemico che si propone di intervenire sulla qualità complessiva della trama degli spazi pubblici e degli spazi aperti dell’intera regione urbana (“intensificazione urbana”).

Partenariato pubblico-privato in Francia La SEM21(Societé d’Economie Mixte), costituisce il principale strumento per la riqualificazione urbana, la valorizzazione degli spazi pubblici, la realizzazione di progetti ad elevata mixité. Nelle SEM lo strumento urbanistico utilizzato per il progetto urbano è la ZAC22 (Zone d’Aménagement Concertée), ovvero un’area vasta generalmente centrale o semicentrale, di grande superficie, spesso dismessa o sottoutilizzata, nella quale il progetto può anche definire un mix funzionale in deroga al piano urbanistico vigente: a condizione che tutto ciò avvenga sotto la regia e il controllo dell’amministrazione, con procedura trasparente e che sia subordinato a un quadro coerente territoriale predisposto dal piano di area vasta (SCOT – Schéma de la Cohérence Territoriale). Grandi assi della mobilità di Parigi La Città di Parigi nel 2001 ridefinisce le strategie urbanistiche per i grandi assi della mobilità. Gli obiettivi, coerenti con quelli coniugati alla scala urbana dallo Schéma Directeur dell’Ile-de-France approvato nel 200723 sono: dedicare maggior spazio pubblico alla mobilità dolce e pedonale scoraggiando l’uso dell’automobile, valorizzare il verde pubblico, il paesaggio, e il patrimonio architettonico, ridurre l’inquinamento e rafforzare la vita locale24. 29


Rigenerazione urbana Portland, Oregon Pioneer Square diventa lo spazio pubblico della convivenza da quando il sindaco Neil Goldschmidt a partire dal 1975 annulla il piano parcheggi e pedonalizza la piazza.Tom Mccall Waterfront Park è invece una realizzazione coeva, nel centro città, del tratto centrale di un’autostrada urbana dismessa riconvertita a un parco grazie a una lungimirante decisione dell’amministrazione locale. Queste due esperienze mostrano come lo spazio pubblico nella città americana e la riconquista alla città di spazi pubblici in precedenza sfigurati dal traffico automobilistico possano trovare esiti positivi se accompagnati da una volontà di rinnovamento.

Pioneer Square, Portland, Oregon

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Legge n.10/2005 e il Servizio spazi pubblici del Grand Lyon La legge “Pour l’égalité des droits et des chances, la partecipation et la citoyenneté des personnes handicapées” rende obbligatoria la possibilità di partecipare alla vita della città da parte di tutti i cittadini: devono pertanto essere resi accessibili ai diversamente abili tutti gli edifici pubblici nuovi ed esistenti e l’intera rete degli spazi collettivi della città. Il Servizio spazi pubblici “Grand Lyon”, in ottemperanza alla legge, definisce uno schema che detta i criteri per la realizzazione di una “ville accessible, ville sans barriéres”, identificando gli itinerari d’accesso agli spazi pubblici sia centrali che periferici e le opere da realizzare25. Communauté Urbaine, Lione

E’ l’ente metropolitano cui sono attribuite ampie competenze di pianificazione; dal 1989 al Service Espace Public spetta l’elaborazione dei piani (Plan vert, Plan Bleu, Plan Couleurs, Plan Lumiére). “Faire comme en centre ville” è il motto della CU di Lione che invita a un uguale trattamento degli spazi pubblici del centro, della periferia e dei comuni di cintura. Il Service Espace Public, inoltre, definisce un unico vocabolario nell’intera area metropolitana relativo ai materiali, colori, lastricati, asfalti, insegne, illuminazione, fermate del trasporto pubblico, essenze arboree26. E’ indubbio quindi che una delle necessità prioritarie è che lo spazio pubblico merita una struttura tecnica dedicata.


Rigenerazione urbana

NOTE 1

Urban per la rigenerazione urbana, Leader per la riqualificazione delle aree agricole

2

Programmi di recupero e riqualificazione urbana, Contratti di quartiere

3

Patti territoriali, Contratti d’area

4

Barca, 2006

5

Secchi, 2010

6

Belli, 2007

7

Cochrane, 2007

8

Piano parcheggi, Disegno di legge su Roma capitale, Mondiali di calcio di Italia ‘90

9

la Direzione generale per lo sviluppo del territorio, Dicoter, incardinata nel Ministero dei lavori Pubblici e poi delle Infrastrutture; il Ministero del Tesoro, Bilancio e Programmazione, e poi dell’Economia, anche attraverso il ruolo del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione, DPS, oggi incardinato nel Ministero per lo Sviluppo Economico; il CIPE; più tardi anche il Ministero dell’Interno, in particolare sui temi della sicurezza) 10

la Legge 142/1990 detta i princìpi dell’ordinamento dei comuni e delle province e ne determina le funzioni riguardanti l’autonomia e i rapporti tra le regioni e gli enti locali. Inoltre regola la partecipazione attiva dei cittadini e tra gli strumenti di attuazione è regolamentato l’accordo di programma; la Legge 81/1993 riguarda l’elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale; la riforma “Bassanini” sul decentramento amministrativo e la sussidiarietà. 11

Palermo, 2002

12

Per il periodo 1994-1999 è stata introdotta una specifica iniziativa comunitaria URBAN che ha interessato 118 siti di tutti i 15 Stati membri e ha beneficiato di un contributo comunitario di circa 950 milioni di euro. L’iniziativa si prefiggeva di affrontare il problema del degrado urbano secondo una impostazione olistica, nell’ambito della quale URBAN ha consolidato gli insegnamenti tratti dalle innovazioni sperimentate nei progetti pilota urbani, aprendo la strada ad una impostazione più mirata per affrontare le disparità urbane nell’ambito dei programmi generali dei fondi strutturali. La seconda generazione di programmi noti come “URBAN II” interessa il periodo dal 2001 al 2006. Nell’ambito dell’iniziativa della Comunità Europea “Urban II” ottantanove città italiane hanno elaborato, nel 2000, programmi di rivitalizzazione economica e sociale al fine di promuovere uno sviluppo urbano sostenibile. Solo le prime dieci città risultanti dalla graduatoria hanno ottenuto il finanziamento europeo di circa 23 milioni di euro. La legge 388/2000 art.145 comma 86 ha istituito una nuova iniziativa denominata “URBAN ITALIA” ed ha ammesso ad un finanziamento nazionale, pari a circa cinque milioni di euro, le città classificate dall’undicesimo al trentesimo posto. 13

epoche sovente definite “gloriose” nelle storie nazionali per l’immenso sforzo profuso nella costruzione materiale di milioni di alloggi 14

Ocde, 1996

15

La Legge 81/1993 riguarda l’elezione diretta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale

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Rigenerazione urbana 16

Simmel, Scuola di Chicago, Luis Wirth, Urbanism a way of life, 1938

17

Salzano, 2010

18

Urban Task Force, 1999; Urban Green Spaces Taskforce, 2002

19

IAURIF, 2009

20

Lofland, 1993

21

La SEM opera come una società privata, ma la partecipazione delle amministrazioni pubbliche locali (compresa tra il 51% e l’85% del capitale) garantisce che in seno al consiglio di amministrazione si possa esercitare un preciso controllo di compatibilità del progetto con le linee strategiche del piano urbanistico comunale (e di quello di area vasta laddove esista) e la tutela degli interessi della collettività. 22

La procedura della ZAC invece è un modello negoziale che, affinato nel tempo, riesce a garantire alla collettività, in termini di valorizzazione e realizzazione di nuovi spazi pubblici e servizi, vantaggi rispetto alla più tradizionale lottizzazione.

32

23

IAURIF, 2007

24

APUR, 2002

25

Agence d’Urbanisme, 2009

26

Hatzfeld, 2006; Spoldi, 2009




bOVISA LUOGO COMUNE


Bovisa luogo comune

PERIFERIE. UNA DEFINIZIONE COMPLESSA Storicamente le periferie sono state definite come luoghi distanti dal centro, al limite della città. Al loro interno gli abitanti costituiscono gruppi sociali vulnerabili, l’identità del luogo è bassa o inesistente, le strutture abitative sono degradate, i servizi assenti o insufficienti, la capacità di cambiamento e di miglioramento prossima allo zero. E’ quindi possibile in maniera intuitiva attribuire alle periferie una connotazione strettamente geografica-urbanistica legata alla dimensione spaziale, dove proprio la perifericità geografica risulta essere causa di problemi sociali ed economici. In questo senso si declina la periferia come un’entità statica e resistente alle trasformazioni, come un elemento dato e incontrovertibile: la periferia è destinata a rimanere periferia e il centro a rimanere centro. La periferia in realtà attraversata da flussi economici e produttivi, è lo spazio 36

di comunicazione tra il centro e altri centri: qualcosa vi si produce ma nulla vi rimane, se non le problematiche legate alle persone, alle difficoltà abitative, alle difficoltà di adattamento delle vaste ondate migratorie che vengono da altre periferie. La città avrebbe nel centro il motore ordinato e capace dell’innovazione e del cambiamento. E’ una prospettiva gerarchica questa che subordina la periferia al centro, nata nel cuore della modernità e portata a compimento con la città industriale, con la città fordista ed è ancora una prospettiva che appiattisce le periferie a una presunta loro uguaglianza nel tempo e soprattutto nello spazio. Questa lettura, vedendo nelle periferie solo un’uniformità di forme urbane e problemi sociali, denota una incapacità di cogliere i territori nelle loro caratteristiche specifiche, nel loro essere fatti di attori e soggetti, oltre che di elementi spaziali e fisici; inoltre fa si che le politiche di intervento, oltre alle immagini mentali, risultino tutte uguali tra loro e soprattutto banali e banalizzanti.

Il dibattito teorico sulla periferia giunge poi ad un ampliamento del concetto, mirante a comprendere “oggetti” sociali non necessariamente collocati in zone geograficamente periferiche, spiega bene Silvia Mugnano1. All’immaginario indifferenziato e unitario della periferia collocata distante dal centro cittadino sembra contrapporsi ad oggi un territorio cittadino in cui la distanza tra periferia e centro si riduce; il centro penetra in alcune zone considerate periferiche e a sua volta si radicano situazioni di disagio sociale e abitativo anche nelle zone più centrali. La città che si diffonde nel suo periurbano comporta l’inclusione “fisica” di aree che fino a trent’anni fa si trovavano praticamente circondate dalla campagna (Comasina, Calvairate-Molise o San Siro, la stessa Isola). Fenomeno ancora più recente è il caso delle aree dismesse, la cui ri-allocazione delle funzioni sta comportando una ri-centralizzazione di queste all’interno del tessuto cittadino (Bovisa, Lambrate, Bicocca).


Bovisa luogo comune Negli anni settanta, con la fine dell’era fordista e l’avvento della società dei servizi, si comincia quindi a parlare di una lontananza che prescinde dal rapporto fisico di dipendenza con il centro, e che associa il termine periferia a valutazioni qualitative correlate alla scarsa efficienza del sistema urbano2. Il riferimento al parametro qualitativo consente di incorporare nel dibattito il concetto di periferia sociale, ossia l’idea che fenomeni di deprivazione territoriale non siano prerogativa solo di aree topograficamente periferiche, ma anche di quartieri centrali e ovunque l’effetto urbano si faccia negativo3. Riprendendo Magnaghi4 possiamo dunque definire la periferia come sistema locale complesso.

LA PERIFERIA MILANESE E BOVISA In contrasto con le tendenze che identificano la periferia con il degrado, la ricerca intende evidenziare la possibilità di riconoscere a tali luoghi una propria identità e, dunque, un ruolo all’interno del processo di sviluppo delle aree metropolitane. La periferia viene vista come risorsa, e non soltanto come area a cui prestare assistenza. Se sotto il profilo amministrativo, Milano non ha mai praticamente cambiato i suoi confini comunali da oltre cent’anni, le varie zone della città hanno certamente modificato la loro morfologia e anche la loro gerarchia. Milano si è espansa “per assorbimento”, prima con l’inclusione dei

Corpi Santi (Ponte Lambro, Comasina ecc.) poi delle cascine (quarto Cagnino, Stadera ecc.) e delle residenze estive (per esempio Villa Litta-Affori e Bicocca degli Arcimboldi). La trasformazione di Milano negli ultimi anni è avvenuta in maniera diffusa e omogenea su tutto il territorio e in tutte le direzioni: dal centro storico alle nuove centralità urbane che si sono venute a creare o che si stanno realizzando sulle estese aree industriali dismesse. E ora la periferia di Milano potremmo collocarla in un’area diffusa che circonda tutta la città. Partendo dal presupposto che non esista un’unica tipologia di periferia e che queste non siano tutte uguali, si individuano in maniera convenzionale, riprendendo la definizione di John Foot5, quanto meno due tipologie di periferie: quella vecchia (lontano dalla città, il quartiere operaio legato alle fabbriche, con un’identità precisa e un elementare nucleo di servizi) e quella nuova (il quartiere monofunzionale strettamente dipendente dalla città, caratteristico del secondo dopoguerra e della speculazione edilizia). Bovisa si pone a metà di queste due definizioni: da una parte la Bovisa del “vecchio” quartiere di periferia, che fino al 1880 era un paese, sviluppatasi con l’inizio della prima rivoluzione industriale italiana. Delimitata dalle ferrovie, è stata 37


Bovisa luogo comune la culla naturale dell’industria pesante. Un tempo sinonimo di quartiere operaio e di zona “rossa”, la Bovisa era associata all’industria manifatturiera. Durante il boom economico poi le industrie crebbero rapidamente, particolarmente nel settore chimico ed elettromeccanico, meta di migliaia di pendolari che vi si recavano quotidianamente o che vi si trasferivano in modo permanente. Ha sempre mantenuto così uno stretto legame tra il lavoro nel quartiere e la popolazione della zona. Nonostante i periodi di cambiamento frenetici, il quartiere ha mantenuto la sua comunità, il suo isolamento dal centro della città e la sua atmosfera di paese. Dall’altro, la Bovisa del declino postindustriale che vede la massiccia dismissione delle aree industriali che mantenevano vivo e attivo il quartiere, non solo in termini di produzione industriale, ma anche a livello di vita sociale e di quartiere, con il conseguente spopolamento, la presenza di edifici abbandonati e la creazione di vuoti urbani, e i paralleli progetti di riqualificazione della zona a polo tecnologico e universitario, il cosiddetto terziario produttivo e in questo senso monofunzionale, che tutt’ora non riesce ad essere traino per una effettiva rigenerazione urbana. Se la caratteristica funzione della periferia del secondo dopoguerra era quella di costruire uno spazio di minor valore 38

fondiario, in cui poter collocare le grandi infrastrutture, i grandi impianti produttivi, per la ricerca e la formazione, in cui ha trovato posto a livello nazionale ben il 73% delle abitazioni6, il rischio oggi, per le prospettive di rigenerazione delle ex aree industriali, è che queste risultino sempre più legate a una scommessa economica che a un miglioramento della qualità della vita e del tessuto urbano.

LA PERIFERIA TRA PROBLEMI REALI E STEREOTIPI Una volta un giornalista mi ha chiesto: “Possiamo dire che Quarto Oggiaro è il Bronx di Milano?”. “No” le ho risposto. “Non lo possiamo dire. E poi non vedo perchè lo si debba dire!” La gente spesso parla per luoghi comuni. Quarto Oggiaro in questo senso, è un luogo fisico perfetto da trasformare in luogo comune. Il luogo comune tipico sui luoghi fisici è: periferia = marginalità. Si prende una condizione geografica (la periferia) e le si sovrappone pedissequi una condizione sociale (la marginalità). Gianni Biondillo, Metropoli per principianti, Le Fenici Rosse, Parma 2008 Immagini di periferie milanesi: sovraffollamento, degrado...


Bovisa luogo comune

La periferia di Gabriele Basilico.

Campo nomadi nella periferia di Roma.

Individuare i problemi della periferia significa decretarne il fallimento non in senso architettonico né urbanistico, ma un fallimento di tipo politico, culturale e sociale. Si deve quindi cominciare a considerare la periferia non come una non-città ma come un qualcosa di diverso con regole diverse e per fare questo è necessario abbandonare il modello egemonico della città antica e quindi storica per riuscire a riconoscerne le trasformazioni. Parlare di “buone periferie” è una contraddizione in termini:“Dove le cose funzionano non si parla di periferie. Appena una zona è nominata periferia ha già assunto una condizione negativa: è un’area che è a fianco di qualcosa, è fuori da qualcosa. Nel passato c’erano le mura, si era dentro o fuori, oggi c’è un muro ideale costruito dalla mancanza di servizi”7. La periferia viene spesso rappresentata come “l’altra città, in cui valgono più le assenze che le presenze, non sa ostentare servizi culturali o attrazioni di qualche genere, […] non sa vantare valori naturalistici o apprezzabili spazi pubblici; pur essendo un agglomerato urbano, non si conosce né riconosce come tale, pare ovunque identica, solitamente non si ricorda, si rimuove piuttosto, […] vi manca sempre qualcosa o meglio non presenta quasi nulla oltre a un persistente stato di degrado, traffici particolari, rifiuti in eccesso e violenza gratuita”8. Sentimenti

e percezioni, questi, che vengono vieppiù legittimati e “drammatizzati” dall’uso della stampa; media in generale, narrativa e una consolidata filmografia ne fanno degli stereotipi sociali. Non si vuole infatti certo dire che il tema ad esempio della sicurezza sia costruito esclusivamente e direttamente attraverso l’azione dei media. E’ indubbio che, soprattutto alla fine degli anni sessanta e gli anni ottanta, i quartieri periferici divennero terreno ideale per l’insediamento di attività illecite della malavita organizzata, pensiamo alla Stadera che Silvotti9 definisce come grande supermercato della droga, completo di magazzini, punti di vendita, casse, uscite di emergenza (in caso di visite delle forze dell’ordine), centri di primo intervento per le emergenze (magazzini di armi e munizioni). Tuttavia non si può certo negare la facile evocazione dell’appellativo di Bronx, di città Far West che spesso accompagna le periferie. Ad esempio, si ricorda per Bovisa, il caso dell’assasinio di Maria D’Amelio, detta Mary, 17 anni, violentata e uccisa in un capannone abbandonato vicino alla stazione la sera dell’ 8 novembre 1987 e le cui vicende protratte dalla stampa fino ai giorni nostri contribuiscono ad aumentare la percezione di Bovisa come quartiere pericoloso. Da alcune interviste, condotte per una 39


Bovisa luogo comune ricerca eseguita per Euromilano10 e coordinata da Vittorio Emanuele Parisi e da Enrico Maria Tacchi11, emerge come gli abitanti non vedano nella sicurezza un problema così rilevante della propria zona, ma, piuttosto, sottolineano come il degrado visivo che caratterizza alcune zone del quartiere comunichi una sensazione di assenza d’ordine e di controllo, portando la gente a sentirsi più esposta, come se il disordine fisico divenisse agli occhi degli intervistati indicatore di carenza di prevenzione. Sembra pesare in ogni caso la presenza di immigrati clandestini nelle aree dismesse. Parlando invece della scarsa qualità dell’ambiente costruito (tipologie edilizie, standard abitativi e igienico sanitari...), le immagini che subito ci tornano alle mente in riferimento alla periferia sono quelle del bosco della Sterpaia, fra Piombino e Follonica, di Punta Perotti, delle Torri del Villaggio Coppola... insomma quelle dell’abusivismo e della speculazione edilizia residenziale. A Bovisa invece, il problema non sembra legarsi all’ambito residenziale, per cui tutto sommato permane un edilizia popolare storica, legata al passato operaio del quartiere e che conserva ancora quei rapporti spaziali che agevolano le relazioni. Si individuano, inoltre, due casi innovativi di edilizia sostenibile come la Casa Ecologica di via Candiani e la prima esperienza italiana di Cohousing, in via Durando. Il 40

problema sembra piuttosto legarsi agli edifici ex-industriali dismessi, in stato di abbandono soprattutto nell’area della “Goccia”12, ma anche all’interno dell’area residenziale. Sono forse le dinamiche di esclusione sociale13 ad accentuare lo stereotipo più negativo sulla periferia, ovvero la scarsa integrazione con la città in termini di distanza dal centro, la mancanza di collegamenti, unitamente alla monofunzionalità che definisce la periferia come spazio urbano debole e al quale si associa un senso di disagio non solo economico ma anche socio-relazionale. A Bovisa permangono elementi di separazione quali la ferrovia e le strade a scorrimento veloce che risultano barriere, confini o limiti a seconda che il fruitore sia l’abitante, lo studente, il lavoratore o l’utente occasionale. E’ infatti il fruitore occasionale, che non vedendo legata la propria mobilità ad orari lavorativi, viene penalizzato all’accesso al quartiere che, invece, è garantito in prevalenza nelle fasce orarie diurne. Possiamo infatti dire che il problema dell’accessibilità e quindi fruibilità del quartiere Bovisa non è strettamente legato alla lontananza dal centro14 quanto piuttosto alla difficoltà di accedervi in alcune fasce orarie - quelle serali e notturne -, pregiudicando la vitalità del quartiere e la presenza di alcune tipologie di utenti, come ad esempio gli

studenti che non vivono direttamente nel quartiere o i giovani abitanti residenti in Bovisa. Possiamo dire quindi che l’effetto dell’esclusione è in alcuni casi al tempo stesso fattore di esclusione. Non si va in Bovisa non perchè è effettivamente lontana, ma perchè piuttosto la si pensa irraggiungibile. Da un lato, la concentrazione del disagio, unita alla scarsa dotazione di risorse dei quartieri periferici, favorisce la riproduzione dell’esclusione sociale. Sono quelli che vengono definiti come neighborhood effects15. Nel contempo, l’identificazione negativa che si accompagna a questi quartieri si trasforma in vera e propria stigmatizzazione territoriale, divenendo un handicap che il soggetto deve ogni volta superare, instaurando così in circolo vizioso tra marginalità sociale, visibilità del disagio e ostilità del resto della città. Tra gli esempi possiamo citare il quartiere di Scampia a Napoli dove la localizzazione territoriale conta di più agli occhi dell’individuo esterno al quartiere che all’effettivo abitante, con effetti discriminatori ad esempio al momento della ricerca di un lavoro o della casa16. Altro problema ricorrente nella trattazione delle periferie è la povertà urbanistica, ovvero la cattiva dotazione di servizi o meglio, se pensiamo a Bovisa, la cattiva distribuzione dei servizi oltre che, in alcuni


Bovisa luogo comune casi, la vera e propria mancanza. L’arrivo infatti della nuova sede del Politecnico ha fatto da attrattore ad alcuni servizi per gli studenti, legati alla pausa pranzo e allo svolgimento didattico del loro percorso accademico. Le attività commerciali ed i servizi si sono distribuiti sul territorio in maniera non omogenea, concentrandosi su un’unica strada, Via Candiani, per intercettare il flusso dalla stazione alla Facoltà. Osservando orari di apertura che limitano il servizio giornalmente in alcune fasce orarie, o stagionalmente legandosi alle vacanza universitarie, negano di fatto il proprio servizio al resto del quartiere. Stereotipo che nel caso della Bovisa si conferma come problema certamente reale è la fragilità dell’ambiente fisico, ovvero l’inquinamento dovuto alle produzioni industriali precedenti la dismissione17 e ai vuoti urbani che le ex aree industriali oggi dismesse e, in alcuni casi abbattute, hanno lasciato, diventando al contempo aree potenziali ma anche di degrado. In definitiva le periferie sembrano subire quei processi di “surplus di penalizzazione”18 e questo non fa altro che peggiorare, oggettivamente e soggettivamente, la qualità della vita in un contesto già caratterizzato da una molteplicità di criticità. La stigmatizzazione sociale di alcune zone infatti, facendo risaltare esclusivamente status egemoni negativi con il continuo riferimento a

condizioni di vita difficili e l’enumerazione solo degli aspetti problematici, finisce per condizionare negativamente la vita del quartiere e delle persone che lo abitano.

PROGETTARE LA PERIFERIA Se la concentrazione del disagio nei quartieri più lontani dal centro è riscontrabile anche nel caso milanese, tuttavia l’associazione “quartieri periferici = maggiore problematicità” non è sempre verificata. A Milano, in particolare, l’esclusione sociale si polverizza infatti in porzioni di territorio, mostrando un modello di segregazione che non prende né la forma del ghetto– si pensi alle città statunitensi – né di grandi aree in crisi nella periferia metropolitana – come avviene nelle banlieues francesi – bensì di aree limitate, spesso a ridosso del centro o incapsulate in quartieri agiati. Le problematiche sociali e ambientali fanno di questi quartieri territori fragili con ridotte capacità di adattamento e apprendimento, qualità preziose e necessarie per affrontare le sfide e le sempre più rapide trasformazioni che investono la città contemporanea. Territori fragili che quindi necessitano di attenzione speciale e investimento da parte delle istituzioni e della società locale attraverso processi di riqualificazione e di rilancio.

Men at windows, Marco Pieri, Quarto Oggiaro, Milano.

Riqualificazione urbana a Tirana promossa dal sindaco Edi Rama.

Spielplatz-Marktplatz, Topotek1, Berlino.

41


Bovisa luogo comune Il rilancio delle aree periferiche dovrebbe partire proprio dal superamento della contrapposizione centro/periferia. Questa dicotomia risulta attualmente obsoleta: se si riuscisse a portare la città nei quartieri di edilizia popolare, le periferie potrebbero diventare il fulcro della città del domani e rappresentare un elemento di sviluppo di gran lunga superiore a quello del centro città. Contestualmente, in particolare nelle grandi aree industriali (Milano, Varese), la delocalizzazione e l’espansione della città hanno reso più indefiniti i confini con i Comuni di cintura, dando vita a quella che viene chiamata la “città diffusa”, caratterizzata più da flussi (di merci e di persone) che da confini fisici. Partendo da una critica al concetto di “città diffusa” e superando la classica dicotomia fra centro storico e periferia, si pone il problema della qualità dei sistemi territoriali esterni ai nuclei consolidati, cui viene riconosciuto un autonomo potenziale propulsivo di sviluppo economico e di “nuova urbanità” rispetto ai tradizionali centri metropolitani. Il modello spaziale più idoneo a rispondere alle nuove esigenze è sicuramente quello policentrico e reticolare, che agisce meglio su ambiti territoriali locali mediante un approccio complesso, ossia capace di utilizzare, nella maniera migliore, le strutture urbane esistenti e di coinvolgere i 42

diversi attori sociali (pubblici e privati). Si deve quindi cominciare a considerare la periferia non come una non-città, ma come un qualcosa di diverso con regole diverse e per fare questo è necessario abbandonare il modello egemonico della città antica e quindi storica per riuscire a riconoscerne le trasformazioni. Definiamo quindi una nuova immagine della periferia, abbandoniamo quindi lo stereotipo delle periferie come luogo pericoloso, della periferia come ex-città, come non-città, come area esterna alla città, perchè come dice Salzano19 la periferia non si rinnova se non si rinnova la città. E’ possibile dunque “urbanizzare” le periferie, renderle città? Questa è la grande scommessa dei prossimi decenni. La necessità quindi di una visione strategica che preveda un piano di riqualificazione delle periferie e la città come un organismo unitario, dove il ruolo delle periferie e delle aree dismesse diventa fondamentale rappresentando un’opportunità.

RIMETTERE I QUARTIERI PERIFERICI AL CENTRO DELLE POLITICHE L’analisi della situazione milanese mostra le difficoltà causate dall’assenza di strategie

per il recupero delle aree periferiche. Se consideriamo il ritardo con cui il Comune di Milano ha deciso di approntare progetti integrati di riqualificazione, attraverso l’accesso ai programmi europei di rigenerazione, risulta comprensibile perchè i microinterventi realizzati in questi anni da vari soggetti, non solo pubblici20, se pure di per sé positivi, non siano stati sufficienti a innescare dinamiche di cambiamento. La sensazione di abbandono non rimanda solo e semplicemente alla presunta latitanza delle istituzioni, ma anche al loro agire secondo logiche spesso oscure. La sensazione di marginalità nel sistema cittadino è infatti ulteriormente rafforzata dal fatto che, anche quando si manifesta, l’intervento pubblico sembra seguire logiche proprie, lontane dalle esigenze dei cittadini e raramente rispondenti alle priorità localmente definite. L’aderenza alla situazione locale sembra essere un fattore chiave dell’efficacia e positività delle politiche. Piccoli interventi limitati territorialmente che permettono di operare sulle microsituazioni di disagio, possono costituire una sorta di volano per l’ulteriore miglioramento del quartiere se accompagnati da linee guida e strategie appropriate, prevedendo l’uso di strumenti esplorativi, che favoriscano l’individuazione delle caratteristiche, delle priorità e delle risorse delle diverse aree. In particolare, le ex-aree industriali


Bovisa luogo comune

E35

MALPENSA

A52 A51

RHO FIERA A4

BOVISA PORTA GARIBALDI

ORIO AL SERIO

RHO FIERA

LITA

NIGUARDA

POLITECNICO MARIO NEGRI

PORTA GENOVA

POLITECNICO

LINATE ROGOREDO A7 A1

decentrate della città assumono una nuova centralità nei progetti di rilancio urbano all’interno di un più ampio intervento di costruzione della città policentrica, in quanto luoghi più malleabili e trasformabili dal punto di vista fisico rispetto alla città consolidata. Queste aree stanno diventando teatro di un mutamento radicale nelle loro funzioni, trasformandosi da insediamenti industriali/residenze

operaie a quartieri che offrono, al resto della città, e anche alla regione nel suo complesso, opportunità legate sia alle attività di intrattenimento (teatri, musei, sale da concerto, cinema, parchi urbani) e di formazione, ricerca e sviluppo (università e centri di ricerca), sia all’insediamento di centri direzionali o fieristici (Polo fieristico Rho). Bovisa in questo senso non fa eccezione:

SAN RAFFAELE

CITTà STUDI

CENTRALE LAMBRATE

CADORNA

BICOCCA

STATALE NABA

IULM AO SAN PAOLO

la sua condizione strategica è dettata sia dalla sua posizione fisica all’interno del grande sistema metropolitano milanese sia perchè coinvolta in progetti di trasformazione urbana su larga scala che la pianificazione comunale reputa strategici per lo sviluppo dell’intera città. A livello infrastrutturale è collegata al centro dalle linee delle Ferrovie dello Stato e dal Passante ferroviario ed è stazione 43


Bovisa luogo comune

PARCO NORD MONTE STELLA

BOSCO IN CITTà

PARCO SEMPIONE PARCO DEL TRENNO

PARCO LAMBRO GIARDINI MONTANELLI IDROSCALO

PARCO DELLE RISAIE PARCO AGRICOLO SUD intermedia, inoltre, tra il polo fieristico e l’aeroporto di Malpensa. Le grandi funzioni urbane presenti nel quartiere che attraggono utenti e visitatori con un respiro che va oltre la dimensione locale, sono prevalentemente legate all’Università e alla ricerca21. E’ presente inoltre la sede distaccata della Triennale. Dal punto di vista del sistema paesistico 44

la posizione di Bovisa risulta strategica perchè andrebbe a chiudere quella cintura verde che circonda Milano assieme al Parco Nord, il Parco Lambro, l’Idroscalo, il Parco Sud, Il Paco del Trenno e il Parco delle Risaie. Gli obiettivi e le strategie per il futuro sviluppo del quartiere di Bovisa sono

rintracciabili all’interno dello strumento di progettazione e di pianificazione derritoriale adottato dal Comune di Milano denominato Piano di Governo del Territorio (PGT)22. Per Bovisa gli obiettivi principali per ripensare a una città attrattiva riguardano innanzitutto il riequilibrio di funzioni tra centro e periferia favorendo progetti intercomunali


Bovisa luogo comune e l’incentivazione della creatività e del terziario propulsivo, mantenendo e preservando l’identità di quartiere e degli ambiti monumentali e paesaggistici. Una città vivibile vedrà a Bovisa un nuovo grande parco urbano fruibile, connesso ai grandi sistemi ambientali esistenti, attraverso il rinnovamento fisico e funzionale di una parte del territorio oggi dismesso e contaminato dalle attività industriali preesistenti. L’obiettivo di una città efficiente invece punterà tutto sulle centralità di quartiere, sulla micropermeabilità del verde a scala locale e la mobilità lenta; una città da vivere senza limiti di tempo, tutto il giorno, tutta la settimana e tutto l’anno, incentivando attraverso il principio di sussidiarietà i servizi privati di pubblico interesse. Inoltre il PGT definisce Bovisa come uno degli ambiti di trasfomazione urbana (A. T. Bovisa, Farini, Lugano) assieme all’area comprendente l’ex scalo Farini, la cui vocazione sarà legata alla tecnologia e alla ricerca.

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Bovisa luogo comune

RAG

BOVISA FNM

GIO

VILLAPIZZONE FS

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CIRC

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ING

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LANCETTI

ATU area verde di progetto area verde esistente relazione e collegamento pista ciclabile di progetto stazione ferroviaria ferrovia strada principale esistente strada di progetto rete tramviaria di progetto

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L’ARCO DEI GIARDINI LOMBARDI PORTA GARIBALDI


Bovisa luogo comune

NOTE 1

Francesca Zajczyk, Barbara Borlini, Francesco Memo, Silvia Mugnano, Milano. quartieri periferici tra incertezza e trasformazione, Bruno Mondadori, 2005, p.22 2

Gambirasio G., Guiducci R., La Pietra U., Menghi R., Da periferie a città. Ricerche per la riqualificazione delle periferie, Monduzzi, Bologna 1990 3

Guiducci R., Periferie tra degrado e riqualificazione, Franco Angeli, Milano 1991

4

Magnaghi A., Il progetto locale, Bollati-Bordigheri, Torino 2000

5

John Foot, Milano dopo il miracolo, Feltrinelli, Milano 2003

6

L. Bellicini, R. Ingersoll, Periferia Italiana, Meltemi, Roma 2001

7

Gae Aulenti

8

D’Orsogna L., Il Bronx, storia di un quartiere “malfamato”, Bruno Mondadori, Milano 2003

9

Silvotti, nella prefazione di Milano-Stadera: abitare i luoghi delle differenze, Franco Angeli, Milano 1998 di A. Alietti et al

10

Euromilano S.p.A. è una società di promozione e sviluppo immobiliare attiva dal 1986. Attraverso attività di property management e real estate development, EuroMilano interviene in programmi di recupero e riqualificazione di aree metropolitane dismesse. Tra i progetti realizzati in Bovisa si ricordano Bovisa Politecnico, la Triennale Bovisa, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” e il Polo Televisivo Mediapason Telelombardia. 11

Parisi V. E., Tacchi E. M., Quarto Oggiaro, Bovisa, Dergano. Prospettive di riqualificazione della periferia di Milano, a cura di, Franco Angeli, 2003. Il volume raccoglie i principali risultati di una serie di ricerche sociali empiriche svolte nella periferia Nord di Milano tra il 1996 e il 2000. Tali ricerche si collocano nel quadro di una ricca attività di indagine scientifica promossa da Euromilano nella zona. Vittorio Emanuele Parisi è Professore di Sociologia del Territorio all’Università Cattolica; Enrico Maria Tacchi è Professore di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica. 12

enclave denominato ‘Goccia’ perchè compreso all’interno del laccio ferroviario e occupato dalle architetture delle storiche ”Officine del Gas”. 13

Tosi A., La casa, il rischio e l’esclusione, Franco Angeli, Milano 1994

14

con i mezzi pubblici per raggiungere Bovisa si impiegano ad esempio dalla stazione P.ta Garibaldi e da Piazza Cadorna 7 minuti, dalla Stazione Centrale 10 minuti e da P.ta Romana e Piazza XXIV Maggio 20 minuti. 15

W. Wilson, The truly disadvantaged: the inner city, the undreclass and Public Policy, National Accademy, Washington DC 1990 16

Wacquant L. J., Urban Outcast: stigma and division in the black American Ghetto and French Urban Periphery, in Journal of Urban and Regional Research, settembre 1993 17

si fa riferimento specifico all’area dei Gasometri

18

Lemert, Social Pathology: a sociopathic approach to the theory of sociopathic behaviour, McGraw-Hill, New York 1951

19

Edoardo Salzano, in F. Indovina, 1950-2000: l’Italia è cambiata, Franco Angeli Editore, Milano

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Bovisa luogo comune 20

Si pensi alle esperienze del Centro Sociale Barrios in Sant’Ambrogio e di Olinda nell’ex-ospedale psichiatrico Paolo Pini

21

Politecnico di Milano: Facoltà di Architettura, Facoltà di Ingegneria, Facoltà di Design. Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” 22

Il Piano di Governo del Territorio è l’insieme delle nuove regole che governeranno lo sviluppo urbano di Milano, sostituendosi ai piani regolatori del passato. Adottato il 13 luglio 2010, la data di approvazione è prevista per il 14 febbraio 2011. Il documento completo è scaricabile dal sito del Comune di Milano www.comune.milano.it

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evoluzione storica e trasformazioni


Evoluzione storica e trasformazioni

Ripercorrere la storia di Bovisa e conoscere le vicende che hanno portato il quartiere a definirsi nella sua struttura odierna, significa comprendere la sua evoluzione sia dal punto di vista formale che dal punto di vista sociale. Una storia che si intreccia con le evoluzioni di un altro quartiere storico, Dergano, e con quelle urbanistiche dell’intera città. La storia dei due quartieri urbani di Bovisa e di Dergano, così come la conosciamo ora, ha inizio con gli anni Ottanta del XIX secolo è in particolare legata a due elementi che ne hanno decretato lo sviluppo: la ferrovia e la fabbrica.

LO SVILUPPO DELLA FERROVIA Fino agli anni ‘80 del XIX secolo la linea ferroviaria FS attraversava Bovisa in un ramo ferroviario. La nascita delle Ferrovie Nord Milano, avvenuta nel 1879, ha come conseguenza quasi immediata la costruzione della Stazione Bovisa, che assume la duplice 52

funzione di ultima fermata milanese in direzione nord (dopo Piazzale Cadorna e Bullona) e di snodo prima dello sdoppiamento fra le due linee di MilanoSaronno e Milano-Seveso. In pochi anni quella che era ancora un’area suburbana costellata di strade, campi e cascine si trasforma in un polo industriale di rilievo nazionale. Nel 1884, con la costruzione degli scali merci di Via Farini e di Porta Romana, dello Scalo di smistamento del Sempione (poi smantellato) e della Stazione Ticinese, collegati alla Stazione Centrale e allo scalo merci di Porta Garibaldi, viene completata la rete ferroviaria che avvolge l’intera città. Al 1969 risale l’apertura della Stazione di Porta Garibaldi a cui fa seguito, nel 1997, l’apertura del Passante ferroviario che da Porta Venezia arriva a Porta Garibaldi e nel 1999 viene attivato il Malpensa Express, navetta veloce delle Ferrovie Nord tra Cadorna e l’aeroporto, con unica fermata intermedia a Bovisa. Nel 2002 viene aperta la stazione di Villapizzone all’interno del Progetto Passante Ferroviario.

I problemi causati al traffico ferroviario milanese, soprattutto locale e regionale, dalla presenza di numerose stazioni di testa, era molto sentito sin dall’inaugurazione della nuova Stazione Centrale (1931). L’idea di passante ferroviario, in modo più simile a come lo conosciamo oggi, viene ripresa negli anni sessanta, ma per vari motivi, tra cui la scarsità di fondi, i lavori inizieranno solo vent’anni dopo e si protrarranno per molto tempo. Si comincia nel 1984 con la stazione di Repubblica, in occasione dei lavori per la linea M3 della metropolitana. Le stazioni del passante dovevano diventare oltre che punti di snodo della mobilità e integrare l’intero sistema metropolitano, anche presidi dotati di servizi complementari. Il progetto odierno sulle stazioni del passante ferroviario riprende questa idea riconsiderandole come volano per un ulteriore sviluppo delle zone circostanti. Il servizio ferroviario suburbano è stato attivato il 12 dicembre 2004 con le prime 8 Linee S, in concomitanza con l’apertura


Evoluzione storica e trasformazioni

BOVISA

BOVISA

VILLAPIZZONE

BOVISA

BOVISA PORTA GARIBALDI

1800

1879

dell’ultima stazione mancante del passante ferroviario, Porta Vittoria. A marzo 2011 dovrebbero aprire le nuove stazioni di Milano Affori e Cesano Maderno collocate più a nord rispetto alle attuali per favorire gli interscambi rispettivamente con la linea M3 della metropolitana di Milano e con la futura fermata posta sulla linea Saronno–Seregno. Entro il 2015 dovrebbero essere create altre cinque stazioni urbane: Forlanini (S5, S6, S9), Tibaldi (S9), Canottieri Olona (S9), Zama (S9) e Dergano, in prossimità della futura fermata della metropolitana. La ferrovia è stata forse l’elemento determinante dello sviluppo di Bovisa e dei territori circostanti, favorendo l’insediamento delle industrie, soprattutto del settore chimico, e dei grandi impianti urbani, il gasometro. Nello stesso tempo, la ferrovia ha costituito una delle cause

1884 del declino rapido di questa parte della città provocando l’interruzione dei grandi tracciati di collegamento tra la città e la sua regione, delle strade per Como e Varese che costituivano da sempre le direttrici verso nord. Queste interruzioni hanno impedito che le infrastrutture assolvessero in maniera efficace al loro ruolo di assi di comunicazione e di movimento e insieme di elemento generatore della morfologia dei tessuti urbani. La questione penalizza ancora oggi il settore Nord-Ovest della città e tutta l’area di Bovisa, in particolare il territorio racchiuso nell’enclave degli exgasometri, la cosiddetta “Goccia”. La sfida della mobilità e del sistema viabilistico della zona è oggi una delle condizioni fondamentali per dare a quest’area un nuovo ruolo nel sistema urbano milanese. Bovisa, assieme allo

PORTA GARIBALDI

2002 Scalo Farini, completa l’intera cintura ferroviaria milanese, risultando strategica non solo a livello urbano, ma anche per l’intero sistema metropolitano. La ferrovia, elemento generatore, barriera al collegamento, si configura quindi come una delle più importanti opportunità per lo sviluppo.

EVOLUZIONE STORICA DELL’AGGREGATO URBANO: IL QUARTIERE L’obiettivo di questo excursus è evidenziare l’aggregato urbano storico e la sua sovrapposizione, nonché stretta relazione con il tessuto industriale che ha fatto di Bovisa uno dei poli dell’industria più importanti a livello nazionale. I principali elementi storici che hanno 53


Evoluzione storica e trasformazioni

1800

Cartografia storica: le origini rurali di Bovisa, le antiche strade di collegamento col territorio e le cascine.

54

contribuito allo sviluppo urbano dell’area si identificano con i tracciati storici delle antiche vie per Como e Varese. La carta storica presente in tavola1 evidenzia i nuclei originari di Bovisa, Dergano, Affori, Villapizzone e Quarto Oggiaro sorti in relazione agli edifici rurali e alle cascine che, insieme alle ville monumentali, hanno improntato il territorio agricolo. Il nome del quartiere odierno di Bovisa deriva infatti da una delle cascine poste lungo il tracciato

di via Varè-Bovisasca, un’area agricola a ridosso del borgo degli ortolani, fuori da Porta Tenaglia, sottoposta alla giurisdizione di una parrocchia milanese situata nell’attuale Piazza Lega Lombarda. Con il Piano Beruto (1889), che completa l’urbanizzazione della zona di via Farini e traccia la circonvallazione di viale Jenner, il tessuto urbano entra ormai a contatto con il territorio di Dergano e della Bovisa. Il Piano Albertini, Piano Regolatore del 1934, si fermerà infatti a viale Imbriani e a Piazza Bausan non proseguendo oltre perchè le aree costruite erano già sature. Questo spiega il tracciato da paese delle zone interne di Bovisa e di Dergano (via Durando, via Baldinucci, via Candiani), che ancora oggi incorporano alcune cascine. Oggi il quartiere storico è quello che si individua nella parte della Stazione verso via Varè, un tessuto denso e prevalentemente residenziale, che si sviluppa attorno a due piazze vissute (Piazza Bausan e Piazza Schiavone), un sistema di servizi ben radicato e una rete storica di associazioni locali e attività artigianali. Lo sviluppo successivo del quartiere Bovisa,nel corso degli ultimi due decenni del XIX secolo, così strettamente legato all’espansione industriale, la definisce come un nucleo che mantiene alcune caratteristiche che ancora oggi sono riconoscibili rispetto ai quartieri limitrofi.


Evoluzione storica e trasformazioni

IL POLO INDUSTRIALE: BOVISA ECCELLENZA NAZIONALE Il tessuto urbano dell’area a est della Stazione Bovisa negli ultimi anni dell’800 tende a saturarsi attraverso l’insediamento di fabbriche piccole e medie2. L’arrivo dello stabilimento industriale chimico farmaceutico della Carlo Erba in via Imbonati (1882) occupa infatti uno degli ultimi spazi in un tessuto insediativo già abbastanza fitto. Nel 1884, nell’area affacciata su viale Jenner tra via Guerzoni e via Livigno, iniziano i lavori per la costruzione dell’Ospedale dei Contagiosi “Agostino Bassi” formato da quattro padiglioni; sarà terminato otto anni dopo. Nel 1907 entra in funzione lo stabilimento delle distillerie Fratelli Branca, all’angolo tra via Resegone e viale Jenner, al confine con il quartiere Isola, che conclude di fatto il processo di trasformazione del vecchio paese di Dergano. Nell’area della Bovisa il processo di industrializzazione innescato dalla presenza della ferrovia non trova invece ostacoli, e può dispiegarsi in tutta la sua ampiezza. Nell’area immediatamente a ridosso della Stazione, provvista di ampi spazi e favorita dalle importanti economie esterne legate alla vicinanza alla via di trasporto, la crescita degli stabilimenti industriali è rapida. I primi ad insediarsi sono quelli dell’industria meccanica,

in particolare quelli della Montecatini, costruiti su via Bovisasca a ridosso del lato orientale della nuova stazione (1882), e la fabbrica Ceretti&Tanfani per la produzione di impianti di sollevamento e trasporto, in via Durando 18 (1894). Nel 1906, a ovest della Stazione delle Ferrovie Nord, viene terminata l’Officina del Gas (o “gasometro”), l’impianto più grande del paese per la produzione e distribuzione del gas e la lavorazione dei suoi sottoprodotti. La disponibilità di spazi e la vicinanza con lo Scalo Merci Farini sono all’origine anche di quello che può essere considerato il secondo tratto caratteristico della Bovisa industriale: lo sviluppo di un fitto tessuto di spedizionieri e poi di imprese di autotrasporto. Lo sviluppo dell’area prosegue ininterrotto per tutta la parte centrale del secolo, senza conoscere rallentamenti neppure in corrispondenza delle due guerre mondiali. Negli anni ‘30, accanto alle industrie meccaniche, fanno il loro ingresso impianti legati alla telefonia, come l’Alcatel. Nel frattempo a Dergano si assiste alla comparsa di quello che rimarrà l’unico stabilimento per l’industria alimentare nella futura Zona 7, lo stabilimento dell’Italcima, per la produzione di cioccolato in via Legnone (1936). Nel 1931 con l’arrivo dei laboratori della Scala3 in via Baldinucci 85, la zona diventa sede di un impianto di rilevanza cittadina legato alla produzione

Stabilimento della Montecatini.

Facciata dell’Armenia Film.

Pubblicità dell’Italcima, fabbrica di cioccolato.

55


Evoluzione storica e trasformazioni

SEVE SO

NO ON

SAR

1960

STAZION E

CADORNA

RHO

PO

RTA V

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ZIA

CENTRAL

E


Evoluzione storica e trasformazioni

Dergano Stabilimento chimico farmacologico

cinematografica insieme agli Studi dell’Armenia Film. Negli anni successivi la seconda guerra mondiale si svilupperà attorno alla Montecatini (nel frattempo divenuta Montedison) un vero e proprio polo chimico, con la Sirio (produzione di saponi) e la Ivi PPG (vernici) che vanno ad occupare anche i terreni rimasti liberi nell’area compresa fra la linea delle FNM e lo Scalo Farini, saturando definitivamente l’area.

Carlo Erba (1892) Ospedale dei contagiosi Agostino Bassi (1884)

Bovisa Montecatini (1882) Ceretti & Tanfani (1894) - impianti di sollevamento e trasporto Officina del Gas (1906) Alcatel (anni ‘30) - apparecchi elettrici per la telefonia Italcima (1936) - produzione di cioccolato Laboratori della Scala (1931) Polo Chimico (secondo dopoguerra) Edilmediolanum IVI PPG vernici Origoni Broggi - officine metallurgiche FBM - costruzioni meccaniche e caldareria Ronchi - autotrasporto AEDES Fratelli Livellara - cristalleria TENAX AEM Lavanna Sirio

Ceretti & Tanfani Armenia Film - produzioni cinematografiche

IL DECLINO POST INDUSTRIALE E LE TRASFORMAZIONI Le vicende successive sono note: ricostruzione post-bellica, “miracolo economico” (1950-1963), fallimento della pianificazione. A partire dagli anni Settanta4, le industrie vengono smantellate una a una: il quartiere perde la propria identità e il contatto con la vita sociale e culturale della città. La popolazione giovanile lascia il quartiere, ormai privo del pull factor, costituito, per operai e impiegati, dalla comodità del lavoro sotto casa. Si attua quello svuotamento che “appartiene alla dinamica della ‘distruzione creatrice’ propria del capitalismo”5. Questa dinamica prevede, però, dopo le fasi di suburbanizzazione e disurbanizzazione, quella di neourbanizzazione. È

proprio a quest’ultima pulsatile fase di rifunzionalizzazione, cominciata per Bovisa nel 1989 e ancora in corso, che intendiamo dedicare le osservazioni che seguono. Si tratta di una fase sorretta dalla volontà di conferire a Milano una struttura policentrica, organizzata per funzioni decentrate, innervata da una rete diffusa di servizi idonea a promuovere la riqualificazione della periferia. Vedremo come nuovi varchi si manifestano oggi negli ex-luoghi dell’abbandono, analizzeremo come e da parte di chi è stato avviato il recupero di quei luoghi, quali le effervescenze e i nodi. Le esigenze della città post-industriale impongono un generale ripensamento della città e del suo rapporto con il territorio. Lo strumento urbanistico vigente all’epoca della grande dismissione era il Piano Regolatore Generale, approvato nel 1953, e il primo requisito da tenere in considerazione nell’intervenire sulle aree dismesse era il superamento della generale astrazione6 del piano attraverso una progettazione dell’ambiente che lo qualifichi sia da un punto di vista ecologico che urbanistico-architettonico e sociale. Se fino a metà degli anni ‘80 il quartiere Bovisa era un “non-luogo”7 degradato, giunto al fondo della decadenza con la chiusura delle fabbriche durante gli anni Settanta, prodotto dell’inattività, agli inizi degli anni ‘90 numerosi progetti per il 57


Evoluzione storica e trasformazioni

SEVE SO

NO ON

SAR

1980

STAZION E

CADORNA

RHO

industrie attive edifici dismessi

58

PO

RTA V

ENE

ZIA

CENTRAL

E


Evoluzione storica e trasformazioni

1997

SEVE SO

NO ON

SAR

STAZION E

CENTRAL

E

RHO

CADORNA

recupero e la riqualificazione dell’area si sono susseguiti cercando di arrestare e tentando di invertire l’accennato fenomeno di declino urbano. Oggi il quartiere Bovisa è al centro di complesse dinamiche di trasformazione. Il progetto per l’area della Goccia nasce quindi come ipotesi di revisione del Piano Regolatore di Milano. Nell’ambito della politica dei Documenti Direttori8, finalizzati ad un aggiornamento del PRG vigente del 1978, il Comune di Milano chiede al Politecnico di stendere il progetto per la nuova sede del Politecnico, progetto finalizzato alla redazione, da parte del Comune, della Variante PolitecnicoBovisa del 1990. Gli indirizzi di politica territoriale, che l’Amministrazione comunale intende perseguire per le aree interessate da grandi trasformazioni funzionali e infrastrutturali, sono stati delineati nel Documento direttore per il Passante Ferroviario e ulteriormente precisati nel Documento direttore sulle Aree Industriali dismesse. Questi strumenti sono stati concepiti per adeguare il PRG vigente alle mutate esigenze urbanistiche. Il Documento direttore sulle Aree Industriali dismesse definisce una struttura policentrica dei grandi sistemi funzionali urbani, prevedendo importanti mutamenti nell’utilizzo delle risorse territoriali esistenti e la dotazione di spazi e funzioni

PO

RTA V

ENE

realizzazioni in cantiere

ZIA

Nuova stazione Bovisa Facoltà di ingegneria Passante ferroviario Telelombardia - Antenna 3

in progetto

Facoltà di Architettura e Design Dipartimenti di Architettura e Design

studi professionali

Sede ACI

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pubbliche nella periferia della città. Il recupero degli stabili inizia con l’insediamento di un reparto del Politecnico, che allora aveva sede soltanto in piazza L. da Vinci: nel 1989, la Facoltà di Architettura comincia a utilizzare un capannone dell’ex Fbm Costruzioni meccaniche, in via Lambruschini e via La Masa; nel 1994, si insedia nello stabilimento ristrutturato dell’ex Cerretti&Tanfani, in via Durando. Ad accelerare e consolidare il fenomeno sono stati poi alcuni importanti progetti infrastrutturali quali il rifacimento della Stazione Bovisa, il progetto Passante, che nel 1997 vede la creazione della “stazione di testa” del primo tratto Bovisa-P. ta Venezia, e la nuova linea ferroviaria per l’aeroporto Malpensa nel 1999. L’introduzione nel quartiere di servizi e attività di scala urbana, quali il trasferimento degli uffici del PRA da Piazza Piemonte in via Durando a metà degli anni ‘90 e lo spostamento di Telelombardia, rafforzano ulteriormente questa dinamica. Con il consolidamento degli insediamenti del Politecnico si assistette quindi a una graduale rivitalizzazione dell’area, legata, oltre che alle nuove popolazioni e ai nuovi usi, anche agli effetti indotti sulla crescita delle attività di supporto alla vita universitaria che vede una popolazione di circa 12.000 nuovi abitanti temporanei destinati a crescere9. 60

I progetti di trasformazione sono in continua evoluzione e alle nuove espansioni del Politecnico che cercano di conciliare le esigenze di decongestionamento della sede storica, si affiancano progetti di supporto alla vita degli studenti e del quartiere. Le vicende fin qui esposte pongono le basi per individuare Bovisa come area strategica per gli spazi fisici che l’eredità industriale le ha lasciato, per le trasformazioni che stanno cambiando i luoghi e la vocazione del quartiere, per come i nuovi insediamenti e le nuove popolazioni stiano mettendo a dura prova un quartiere con un’identità forte sedimentata nella storia ma che forse oggi comincia a vacillare.


NOTE 1

Tavola 02_EVOLUZIONE STORICA Un eccellenza in città, da quartiere operaio a polo universitario

2

Tavola 02_EVOLUZIONE STORICA Un eccellenza in città, da quartiere operaio a polo universitario. In tavola sono indicate le principali industrie che nel corso degli ultimi due anni del XIX secolo hanno reso Bovisa uno dei poli di maggior rilievo nazionale e che resistevano all’alba degli anni‘80, periodo in cui ha avuto inizio la fase di declino e di dismissione. 3

Falegnameria, deposito dei materiali di scena e magazzino per i costumi, ancora negli anni ‘50 e ‘60 il magazzino rappresentava una delle poche vere attrattive del quartiere conosciuta anche al di fuori di esso (ad esempio, era meta di “spedizioni” da parte dei ragazzi dell’Isola. 4

La produzione del gas dal carbone, iniziata nel 1905 nelle Officine della Bovisa, cessò nel 1969; da allora, la produzione del gas di città proseguì in un impianto basato su un più moderno processo chimico. Il definitivo svuotamento dei gasometri della Bovisa avvenne nel 1994. (G. Fiorese 2008) 5

Perulli, 2009

6

Le aree di Bovisa erano ancora considerate dallo zoning aree industriali e pertanto lo strumento PRG risultava inadeguato

7

Marc Augè, 1993

8

Documento direttore del Passante ferroviario del 1984; Documento direttore delle Aree dismesse del 1988-89

9

Cognetti, 2007

61



progetti e masterplan


Progetti e masterplan

20 ANNI DI PROGETTAZIONE E QUALCHE REALIZZAZIONE Come anticipato nel capitolo precedente, Bovisa, e soprattutto l’area degli ex Gasometri, chiamata comunemente “la Goccia”, è stata interessata da importanti realizzazioni che si collegano a una più ampia strategia di costruzione di un polo della scienza e della tecnica, polo di ricerca legato all’università e alla produzione, costruzione fisica della filiera scientifica. Accanto a questi progetti realizzati si susseguono però lunghe, e spesso problematiche e non attuate, fasi di pianificazione e progettazione dell’intera area urbana che coinvolgono di volta in volta attori diversi, pubblici e privati. Per capire l’attuale stato del processo, è opportuno, quindi, ripercorrerne le tappe salienti.

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L’ARRIVO DEL POLITECNICO DI MILANO Dopo la fase di dismissione industriale, Bovisa subisce un lento processo di abbandono e di degrado. Nel corso degli anni ’80, quando la città comincia a pensare alla riqualificazione delle sue ampie zone dismesse e alla costruzione di una città policentrica, l’attenzione del Politecnico di Milano1 cade su Bovisa che, grazie all’abbondanza di aree che avevano perso la loro vocazione industriale, si presenta come la candidata ideale per il decentramento del polo universitario. L’allargamento del Politecnico è una questione che Milano aveva già dovuto affrontare: nel 1969 il piano Hazon prevedeva già il raddoppiamento e la delocalizzazione di parte dei Dipartimenti a Gorgonzola, in aree agricole poste a ridosso della linea M2 della metropolitana, secondo un’idea di campus autosufficiente su modello americano. Altri ipotesi vennero prese in considerazione, tutte riguardanti aree ex industriali: quelle della Innocenti a Lambrate e quelle della Pirelli a Bicocca

(che verranno poi riconvertite nel polo universitario decentrato della Statale). Nel 1973 la Regione accoglie le esigenze di ampliamento dell’università redigendo un documento dal titolo “Proposte per un Piano dell’Università in Lombardia”. In controtendenza con queste previsioni, alcuni professori di progettazione architettonica e urbanistica del Politecnico iniziano ad interessarsi al quartiere Bovisa; all’interno dei corsi si ragiona su un possibile decentramento dell’università in questa parte di città, per costruire non un campus nel verde come a Gorgonzola, ma un campus urbano. L’anno decisivo è il 1987 quando il sindaco Pillitteri inserisce nel proprio programma la realizzazione di un nuovo polo del Politecnico nel quartiere Bovisa e il Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo esprime il suo interesse per tale possibilità (considerando anche che gran parte delle aree in questione erano di proprietà comunale). La funzione universitaria risponde perfettamente alle linee strategiche individuate da due Documenti Direttori fondamentali per il


Progetti e masterplan

I campus del Politecnico a Bovisa: la Masa e Durando.

L’entrata del campus Durando con la scritta Ceretti & Tanfani. Una delle nuove realizzazioni all’interno del polo universitario.

Facciata della Facoltà di Ingegneria a La Masa.

destino di Bovisa e, più in generale, delle periferie milanesi. Nel 1984 il Documento Direttore “Progetto Passante” propone la costruzione di una struttura di mobilità extracomunale su ferro, che colleghi al centro città sia zone urbane periferiche che il territorio nel suo complesso. Bovisa viene definita come “ambito di progetto prioritario” poiché si decide di ricostruire la stazione de Le Ferrovie Nord, all’epoca piccola stazione locale sul tracciato verso Saronno. Nel 1988 il Documento Direttore delle Aree Dismesse e sottoutilizzate individua in Bovisa un’area di trasformazione strategica. L’inserimento del Politecnico all’interno della Goccia richiede una Variante al Piano Regolatore Generale e il Comune di Milano decide di affidare la consulenza per la sua redazione a tre Dipartimenti del Politecnico (Diset, Dpa, Dst). La Variante BovisaPolitecnico del 1990 riprende le strategie insediative proposte dal Politecnico, il cui progetto è molto architettonico2, e stabilisce che un’area di 646.000 mq ospiti la nuova sede del Politecnico, oltre alla sede dell’AEM3, a edifici destinati alla residenza di 1758 abitanti e a funzioni terziarie. Il 50% dell’area è destinata a verde pubblico. Contemporaneamente, nel 1989, la Facoltà di Architettura si insedia all’interno di un capannone ceduto in comodato d’uso dalla ditta FBM in via La Masa, per diventarne proprietaria tre anni

dopo. Nel 1991 il Comune di Milano affida agli stessi tre Dipartimenti del Politecnico la redazione del Piano Particolareggiato per la Zona Speciale Z14 comprendente le aree destinate all’università e a funzioni terziarie e residenziali. Nel 1992 viene avviata la realizzazione di un nuovo insediamento del Politecnico in via Durando, su una parte dei fabbricati dell’area ex Ceretti & Tanfani per ospitare la Facoltà di Architettura e quella di Design. Il Politecnico entra quindi fisicamente all’interno del quartiere Bovisa, riconvertendo edifici appartenenti alla storia locale e industriale del quartiere. Nel 1994 la Facoltà di Architettura si insedia all’interno degli edifici e nell’anno successivo insedia alcuni uffici e archivi nello stabile Lepetit su via Cosenz.

L’ACCORDO DI PROGRAMMA E LA PIANIFICAZIONE DELLA GOCCIA Il 1997 è un anno cruciale, sia per l’insediamento della Facoltà di Ingegneria all’interno del Campus La Masa, nello stabilimento dell’ex FBM, di cui si è accennato, e nei capannoni della ex IVIPPG, sia per la sottoscrizione dell’Accordo di Programma fra Comune di Milano, Politecnico di Milano, Regione Lombardia, AEM, proprietaria di aree appartenenti alle ex Fabbriche del Gas. L’Accordo 65


Progetti e masterplan prevede il nuovo polo universitario, una biblioteca, il Polo operativo AEM, la realizzazione del Parco Ovest, interventi di edilizia residenziale, opere per la viabilità di accesso e interna all’area, la tramvia Bausan-Certosa, sottopassi e cavalcaferrovia per l’area. Ovviamente la condizione preliminare e, come vedremo vincolante, è la bonifica dell’area da parte del Comune di Milano. A seguito dell’Accordo di Programma il Politecnico pubblica un Bando di Concorso internazionale ad inviti - che esclude i docenti dell’Ateneo - per la progettazione del nuovo polo. Nella commissione, fra gli altri, ricordiamo la presenza di Paolo Portoghesi e Dominique Perrault. Fra i partecipanti, Gabetti-Isola, Mario Bellini, Pica Ciamarra, Leonardo Fiori. I vincitori ex aequo, proclamati l’anno successivo, sono Ishimoto Architectural & Engineering Firm e il raggruppamento composto da Serete Constructions, Studio Associato Brusa Pasqué, Antea. Il successivo progetto di sintesi, curato dall’Ufficio Tecnico del Politecnico, propone il recupero dei manufatti di archeologia industriale e prevede un polo universitario di 180.000 mq, affiancato al Museo del Presente4 all’interno dei Gasometri, alla biblioteca, a impianti sportivi, residenze e attività commerciali, oltre alle altre richieste contenute all’interno dell’Accordo. Parallelamente e grazie a un contributo 66

ministeriale ingente, il Politecnico prosegue le opere di ampliamento del campus in via Durando. Con il consolidamento degli insediamenti del Politecnico si assistette a una graduale rivitalizzazione del quartiere, legata, oltre che alle nuove popolazioni e ai nuovi usi, anche agli effetti indotti sulla crescita delle attività di supporto alla vita universitaria (copisterie, ristorazione) che vede una popolazione di circa 12.000 nuovi abitanti temporanei destinati a crescere5. L’introduzione nel quartiere di servizi e attività di scala urbana, quali il trasferimento degli uffici del PRA da Piazza Piemonte in via Durando a metà degli anni ‘90 e lo spostamento di Telelombardia, rafforzano ulteriormente la dinamica di sviluppo di Bovisa, supportata fortemente dalla costruzione di una nuova stazione di testa (Bovisa Politecnico) e della linea ferroviaria di collegamento all’aeroporto di Malpensa (1999) prima, e dalla costruzione della stazione ferroviaria di Villapizzone

Planimetria dell’Accordo di Programma del 1997.

La nuova stazione ferroviaria Bovisa-Politecnico.

poi (2002).

LA DELICATA QUESTIONE DELLA BONIFICA Se nel 1998, in ottemperanza a quanto affermato nell’Accordo, il Comune di Milano redige il Progetto Generale di Bonifica per

La sede di Telelombardia, importante landmark del territorio.


Progetti e masterplan l’area degli ex Gasometri, con supporto di AEM e del Politecnico, nel 2001 il TAR della Lombardia si pronuncia in merito ad alcuni ricorsi e blocca il bando di gara per la bonifica dell’area, avviando una lunga fase di arresto degli interventi di realizzazione, ancora oggi in corso. Sempre nel 2001 il Ministero dell’Ambiente inserisce Bovisa tra “i siti di interesse nazionale”, non riconoscendo valido il progetto di bonifica. Il riconoscimento del Ministero è senza dubbio positivo poiché permette di ottenere importanti sovvenzioni statali, non sufficienti tuttavia per l’intera opera di decontaminazione. L’anno successivo il Comune di Milano conferisce a Metropolitana Milanese SPA l’incarico per un nuovo progetto di bonifica, il quale prevede costi molto maggiori rispetto alle previsioni comunali. Non provvisto dei fondi sufficienti, il Comune non porta a termine il progetto, impedendo quindi la realizzazione delle opere previste dall’Accordo e dal progetto esecutivo. La sola forza pubblica non si dimostra capace di governare un grande progetto di riqualificazione e rifunzionalizzazione. L’errore è stato proprio quello di aver pensato a Bovisa come ad un’area pubblica che potesse ospitare funzioni prevalentemente pubbliche. Come si vedrà, l’intervento del privato risulterà la sola strada perseguibile per garantire fattibilità al progetto.

UNO SVILUPPO PER PARTI Poiché nessuna opera risulta avviata e le esigenze di sviluppo del Politecnico sono ancora insoddisfatte, nonostante gli interventi edilizi fin qui realizzati, su proposta del Rettore viene indetta nel 2003 una riunione del Collegio di Vigilanza dell’Accordo di Programma, dalla quale prende avvio la revisione del documento. Il Politecnico conferma tuttavia l’intenzione di espandersi all’interno del quartiere e, non potendo disporre in tempi brevi delle aree previsti nell’Accordo, decide di chiedere l’offerta di immobili nelle vicinanze dell’insediamento di via Lambruschini-La Masa tramite avviso pubblico su “Il Sole 24 Ore” e il “Corriere della Sera”. Tra le aree segnalate, vengono selezionate quelle delle fabbriche ex Origoni e ex Broggi, acquistate dal gruppo immobiliare Euromilano nel 20046. Nei nuovi complessi (50.000 mq) si prevede il trasferimento dei Dipartimenti di Energetica, di Meccanica e di Ingegneria Gestionale, oltre a spazi commerciali e una nuova biblioteca su 8 livelli. La fine lavori è prevista per il 20077. Il Politecnico amplia quindi i suoi spazi in base alle possibilità contingenti, senza tuttavia adottare una strategia di insieme. Gli edifici realizzati presentano grandi differenze stilistiche e non si giunge alla creazione di un vero e proprio campus su modello americano.

NUOVI CONTENUTI PER L’AREA DEGLI EX GASOMETRI Nonostante la battuta d’arresto delle opere di riqualificazione, il Comune di Milano continua a considerare strategica l’area di Bovisa e la utilizza come ambito di sperimentazione e laboratorio di urbanistica all’interno del programma europeo Proside. La Goccia è presentata come caso studio periferico e vari progetti internazionali vengono ideati, fra cui quello dello stesso Comune di Milano. Anche grazie a queste sollecitazioni, si consolida l’idea della creazione di un Polo Scientifico e Tecnologico di eccellenza, un polo di ricerca che ricrei la filiera dall’istruzione universitaria alla produzione avanzata e che si possa posizionare in una dimensione globale. Il Politecnico declina questa vocazione presentando un masterplan strategico dal titolo “Parco Scientifico e Città dei Giovani”, redatto da un gruppo di lavoro del Diap8 e sviluppato da tre Dipartimenti (Diap, Dpa e Best) (2006). Il nuovo insediamento del Politecnico è incentrato sulla costituzione dell’Istituto delle Tecnologie dell’Informazione. Il masterplan dello Science Park viene presentato all’Urban Center e porta alla sottoscrizione da parte del Comune di Milano e del Politecnico di un Protocollo di Intesa per riavviare il 67


Progetti e masterplan

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L’espansione della Facoltà di Ingegneria su via Lambruschini.

La tendo-struttura de La Triennale Bovisa, inaugurata nel 2006.

L’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri (2007).

progetto. Firmato nel 1997, l’Accordo di Programma si avvia alla sua conclusione naturale senza tuttavia aver portato a realizzazioni nell’area. Il Comune di Milano decide allora di riavviare il processo allargando il gruppo degli attori ai privati. Fra i partecipanti, che contano anche la Camera di Commercio e Le Ferrovie Nord, il soggetto sicuramente più importante è Euromilano, gruppo immobiliare con all’attivo altri importanti cantieri nella città (Cascina Merlata, Certosa). Euromilano è già proprietario di molte aree dismesse nella Goccia e nelle zone limitrofe. Il progetto di creazione del nuovo polo di ricerca passa innanzitutto per alcune importanti realizzazioni: la Triennale decide di uscire dai suoi spazi storici e intervenire in un quartiere periferico per

rigenerarne il tessuto sociale. Il presidente Rampello si interessa a Bovisa, area urbana in trasformazione, ben collegata al centro città e al territorio. E’ sua la proposta di una sede decentrata, un polo espositivo pensato come struttura provvisoria. Euromilano accetta la sfida e realizza, in soli 6 mesi, un edificio temporaneo, una non-architettura, pensata come supporto alla comunicazione e contenitore di eventi e esposizioni. La Triennale Bovisa inaugura nel 2006 e invade il quartiere attraverso operazioni di comunicazione ambientale, progetti di recupero urbano e di ridefinizione di una nuova immagine9. I primi tre anni di programmazione accolgono un grande successo, anche grazie all’importanza delle mostre allestite. Più di recente, l’architetto Pierluigi Cerri, già progettista della Triennale Bovisa,

realizza un ampliamento che accoglie il MUBA, Museo del Bambino, finanziato dalla Provincia. L’anno successivo arriva nel quartiere l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, prima localizzato nel vicino quartiere di Quarto Oggiaro, in una sede divenuta ormai troppo piccola. Dall’altra parte della stazione Bovisa si installa Telelombardia, polo della telecomunicazione milanese. Nonostante la mancanza di una vera e propria strategia d’insieme, la Goccia si avvia ad essere, nei fatti, un polo di ricerca urbano di grande importanza e richiamo. Nel 2008 Euromilano presenta il masterplan per la “Nuova Bovisa” 10, affidato ad OMA. L’evento di presentazione richiama l’attenzione dei media sull’area urbana, anche grazie alla presenza dell’archistar Rem Koolhaas. Dal


Progetti e masterplan

Scenari del progetto «Nuova Bovisa» dello studio OMA.

disegno “futurista” improntato sulla forma circolare, il progetto urbanistico prevede l’insediamento del Politecnico e di imprese di ricerca e produzione tecnologica, oltre a residenza, commercio e un parco pubblico. Il progetto si interessa in particolar modo dei collegamenti di questa area recintata dalla ferrovia e isolata col contesto: la stazione Bovisa viene girata per permettere un maggiore scambio col quartiere, un parco supera la ferrovia e si prolunga nel parco Testori di Villapizzone, il sottopasso che conduce a Quarto Oggiaro e al PRU Palizzi, nel frattempo realizzato, viene allargato per permettere il passaggio di pedoni, biciclette e tram. I Gasometri vengono mantenuti. Il Comune di Milano non approva il masterplan sotto il profilo infrastrutturale. Attualmente la proposta non è più attuale anche se restano valide le previsioni di insieme. A breve dovrebbe essere sottoscritto il Nuovo Accordo di Programma, anticipato da un Protocollo di Intesa al quale si è arrivati con numerosi tavoli tecnici fra le parti; i firmatari dovrebbero essere il Comune di Milano, il Politecnico di Milano, le Ferrovie Nord, A2A (al posto di AEM), Euromilano, Camera di Commercio e altri privati minoritari, fra cui Esselunga, che realizzerà un centro commerciale sull’area. Il nuovo progetto per Bovisa dovrà essere integrato alle previsione e agli obiettivi del

PGT, oltre che alle sue volumetrie e agli indici di edificabilità. Attraverso lo strumento della perequazione, il Comune cede le aree al privato che si occupa della bonifica e della realizzazione delle infrastrutture per poi ridarle al pubblico. Questo è lo stato attuale; mentre il Politecnico continua i suoi ampliamenti e nuove funzioni vengono inserite all’interno della Goccia (attualmente anche Expo2015 ha lì i suoi uffici), il quartiere sta a guardare e si modifica al suo interno. I nuovi arrivati, studenti e city users, si affiancano agli abitanti storici e agli immigrati, andando a definire problematiche di compatibilità di usi ma aprendo anche scenari di importanti trasformazioni sociali. Le aree dismesse e non ancora riprogettate, in particolare quelle molto ampie della Goccia, rappresentano davvero una grande potenzialità di sviluppo per un territorio che da periferia si avvia a diventare città.

BOVISA, UN LABORATORIO DI PROCESSI DI PIANIFICAZIONE Nonostante i problemi legati alla bonifica e i ritardi nella realizzazione delle opere, i progetti di pianificazione urbanistica e di riqualificazione sono interessanti perché riguardano molteplici interessi e molteplici attori. In particolare, il confronto dei tre masterplan, uno di quelli proposti durante 69


Progetti e masterplan il programma europeo Proside, quello del Politecnico per il Parco Scientifico e Città dei giovani e quello di OMA per la Nuova Bovisa, permette di analizzare nel dettaglio gli attori coinvolti nei processi e i loro rapporti. Nel primo caso è il Comune di Milano che candida l’area come caso studio e si fa quindi promotore del progetto di sviluppo. Il progetto preso in esame prevede, per la sua realizzazione, contribuiti europei (50%), statali (40% attraverso i fondi di rotazione ex Legge 183/87 gestiti dal Ministero delle Finanze) e comunali (10%). Il masterplan è affidato a due settori interni al Comune di Milano: il Settore Ambiente ed Energia e il Settore Piani e Programmi esecutivi per l’edilizia. Le successive fasi di realizzazione prevedono sia attori pubblici che privati e includono nel processo i maggiori stakeholders (Politecnico di Milano e AEM). L’impostazione è abbastanza tradizionale, a cascata dall’alto al basso, dal pubblico al privato, che realizza. Il rapporto fra Comune di Milano e Politecnico di Milano rappresenta un esempio di collaborazione fra istituzioni pubbliche. Come abbiamo visto, il Comune, in varie fasi, affida consulenze e incarichi all’università e ai suoi Dipartimenti; per quanto riguarda l’ultimo masterplan presentato, questo è redatto internamente e coinvolge i tre Dipartimenti: Dipartimento di Architettura e Pianificazione, Dipartimento di 70

Scienze e Tecnologie dell’Ambiente Costruito e Dipartimento di Progettazione dell’Architettura. Il risultato è un progetto di pianificazione strategica utile per il futuro Accordo di Programma. Nell’ultimo caso, Euromilano, gruppo immobiliare privato, si fa promotore del progetto di riqualificazione urbana e affida la redazione del masterplan ad un progettista esterno di fama internazionale. Lo stesso gruppo immobiliare poi si occupa di interventi già realizzati, richiamando quindi istituzioni sul territorio, e insieme alla Fondazione Politecnico, organizza e gestisce un’attività di marketing rivolta a aziende e imprese nazionali e estere per la promozione del progetti di polo scientifico e tecnologico. Nonostante alcuni strumenti di analisi locale (ricerca della ricercatrice del Diap Francesca Cognetti e indagine del tessuto sociale locale affidata da Euromilano all’università Cattolica), concertazione e partecipazione (Comitati di Zona promossi da Euromilano) e presentazione pubblica dei progetti (evento di lancio del masterplan di Koolhaas), i tre processi presentati, del tipo top-down, si interessano marginalmente delle condizioni preesistenti a livello locale e alle esigenze degli abitanti del quartiere Bovisa. La scala di interesse è sempre quella urbana e territoriale mentre poca attenzione viene posta nei confronti di quella di prossimità, gli impatti del cambiamento urbano non vengono

trattati in modo approfondito; tuttavia, a dieci anni dall’insediamento del Politecnico, le modificazioni fisiche e sociali all’interno del quartiere sono ben visibili e destano qualche perplessità in merito alla possibile gentrificazione dell’area e alla perdita di identità locale. Il Politecnico, inoltre, è stata certamente un’occasione di rigenerazione e rinascita del quartiere ma continua ad essere un recinto chiuso che poco dialoga con quello che ha intorno, che non costruisce sinergie interessanti con il territorio, che non promuove la scoperta di Bovisa negli studenti se non con alcuni corsi di progettazione architettonica. Nell’ottica di un nuovo Accordo di Programma l’università dovrebbe valutare attentamente le sue ricadute su Bovisa e rivedere il suo ruolo all’interno del processo, diventando davvero un attore strategico per lo sviluppo, non solo fisico ma anche culturale del quartiere.


Progetti e masterplan

NOTE 1

Allora presente con la sede centrale in Piazzale Leonardo (Città Studi), non più funzionale per un così elevato numero di studenti 2

Bottero M. (a cura di), Il progetto dell’ambiente urbano. Due aree ex industriali a confronto: King’s Cross a Londra e Bovisa a Milano, Politecnico di Milano, Città Studi, 1993 3

Azienda Energetica Municipale, oggi confluita, insieme ad altre aziende municipali, all’interno del gruppo A2A.

4

Il Museo del Presente, destinato ad occupare i due Gasometri e i loro immensi e suggestivi spazi interni, è pensato per accogliere le opere d’arte prodotte dopo il 1980. Il progetto è dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano che parallelamente, attraverso un concorso di idee vinto da Italo Rota, impegna l’Arengario situato in Piazza Duomo ad ospitare il Museo del Novecento, inaugurato pochi mesi fa (dicembre 2010). Il progetto per Bovisa viene presentato con forza sui quotidiani e viene allestita una mostra all’interno del PAC (Padiglione di Arte Contemporanea) ma sembra oggi essere sfumato. 5

Cognetti F., Bovisa in una goccia, Polipress, Milano, 2007

6

I complessi sono acquistati secondo modalità di acquisto di “bene futuro”, con finanziamento del Mutuo BancaIntesa. Il Politecnico acquista, oltre alle aree, le opere di bonifica, i progetti di demolizione-ricostruzione e di ristrutturazione e realizzazione. 7

Anche queste opere subiscono dei rallentamenti. L’area del nuovo polo del Politecnico è, per alcune parti, ancora in cantiere.

8

Il Diap si occupa anche di un’analisi approfondita delle realtà creative esistenti nel quartiere Bovisa attraverso una ricerca condotta da Francesca Cognetti (2006-2007) e sintetizzata in una pubblicazione. Il Politecnico assume il tema del locale e dell’apertura del campus alla città – forse non al quartiere – come caposaldo del suo radicamento. 9

Un progetto interessante è “Bovisa in Linea”. La Triennale invita i più famosi writers del panorama internazionale e chiede loro di dipingere su alcuni muri del quartiere, ad esempio quelli del sottopasso che porta alla Goccia. 10

www.nuovabovisa.com

71


Progetti e masterplan

SCHEDA N° 1: PROSIDE Il Comune di Milano ha proposto l’area di Bovisa Gasometri nel progetto europeo Proside, finanziato dal programma Interreg III B

ANNO: 2004-2006 SUPERFICIE AREA: 450.000 mq PROMOZIONE: pubblico SVILUPPO: partnership pubblico-privata REALIZZAZIONE: privato FUNZIONI PREVISTE: - residenza 50% - mixed use 32% - hotel 7% - centro intrattenimento 5% - imprese 4% - parco 3%

32% 50% 4% 3% 5%

7%

Il progetto di Bovisa Gasometri vuole raggiungere una progettazione integrata di tutte le sottoaree della “Goccia”. Il concept si basa sull’apertura dell’area verso le aree circostanti. L’area include due importanti poli di accesso nei pressi delle stazioni del Passante Bovisa e Villapizzone. Dal lato di Villapizzone un hotel e una residenza per gli studenti universitari, sfruttando il collegamento con l’aeroporto, la fiera e la città. Di fronte alla stazione di Bovisa è proposta una struttura a uso misto con funzioni che si possono integrare all’università e a un uso terziario. Questi punti di accesso sono collegati al cuore dell’area da assi pubblici di attrazione. Nella parte centrale si propone un uso residenziale, circondato e 72


Progetti e masterplan

protetto da edifici ad uso terziario e misto. L’alta percentuale di edifici residenziali incontra la domanda milanese e permette di raggiungere benefici economici che permettono di sostenere i costi di bonifica.

PROGRAMMA PROGETTUALE Sulla base di criteri come l’accessibilità, la prossimità ai quartieri storici, la vicinanza ai servizi, la tipologia di inquinamento delle aree e la distribuzione dei flussi, è stata ipotizzata la collocazione delle diverse funzioni. Residenze: saranno posizionate nella zona est, a completamento del quartiere Bovisa, e in prossimità della stazione ferroviaria. Aree commerciali: saranno situate vicino alle stazioni, in considerazione dei maggiori flussi, e saranno visibili dal cavalcavia Bacula. Laboratori della ricerca: per creare aree fertili per lo sviluppo, la ricerca e l’innovazione, saranno concentrate in un’unica zona, in modo da poter trarre un vantaggio dalla vicinanza fisica e dall’incontro delle diverse sinergie. Campus Universitario: la sua espansione è stata prevista in continuità con gli edifici universitari già esistenti per poterne condividere i servizi. www.proside.info 73


Progetti e masterplan

SCHEDA N° 2: CITTA’ PER I GIOVANI Il Politecnico di Milano propone progetti e masterplan per l’area della Goccia; un campus universitario e per i giovani

ANNO: 2006 SUPERFICIE AREA: 600.000 mq PROMOZIONE: pubblico SVILUPPO: pubblico REALIZZAZIONE: / FUNZIONI PREVISTE: - residenza 26% - piazza verde 14% - ricettivo 13% - terziario 12% - attività sportive 8% - parco scientifico 8% - Politecnico, Museo del Presente 8% - esercizi di vicinato 6% - produttivo 6%

6%6% 8% 26%

8% 8%

14%

12% 12%

Come già accennato nel capitolo, il Politecnico di Milano viene chiamato dal Comune a redigere una proposta per la variante Politecnico-Bovisa del 1990. Il progetto presentato ha un forte carattere architettonico e prevede l’inserimento del campus nell’area degli ex Gasometri. Due grosse fasce edilizie contrapposte (aule e laboratori) sono separate da un parco centrale, dove sono localizzate la biblioteca e una sala congressi. Il progetto prevede anche una quota di residenza, la sede dell’AEM e terziario produttivo. 74


Progetti e masterplan

Recentemente, dopo il fallimento dell’Accordo di Programma del 1997, il Politecnico ha deciso di ampliare le sue strutture acquistando edifici industriali private nelle vicinanze dei due poli già consolidati. La sua scommessa sull’area della Goccia viene comunque portata avanti attraverso la presentazione di un masterplan che ha l’obiettivo di fornire le linee guida per il nuovo Accordo di Programma. Il progetto prevede la costruzione di un polo scientifico e città per i giovani, nel quale siano quindi integrate le funzioni attrattive a scala urbana e le dotazioni in termini di servizi per le migliaia di studenti che frequentano il quartiere quotidianamente. Il progetto degli anni ‘80 viene ripreso nell’impostazione generale ma si abbandona la definizione edilizia dell’edificato. Le funzioni sono divise in fasce; una più prettamente riservata al Politecnico, adiacente al campus esistente; una con funzione di parco, centrale; una caratterizzata da un elevato mix funzionale e, infine, un’ultima, marginale all’area e adiacente al PRU Palizzi, destinata ad ospitare attività sportive e per il tempo libero. Filari alberati e fasce trattate a bosco corrono trasversalmente al sistema, definendo anche i percorsi ciclo-pedonali interni. Il più importante, al centro, è affiancato dal commercio e prevede il passaggio del tram che collegherà Bovisa a Certosa, attraversando interamente l’area. Territorio n°40, Franco Angeli, Milano, 2007 75


Progetti e masterplan

SCHEDA N째 3: NUOVA BOVISA OMA firma il masterplan di intervento promosso dal gruppo immobiliare Euromilano; il privato entra nel processo

76


Progetti e masterplan

ANNO: 2007-2008 SUPERFICIE AREA: 850.000 mq PROMOZIONE: privato SVILUPPO: aprtnership pubblico-privato REALIZZAZIONE: privato FUNZIONI PREVISTE: - residenza 36% - Politecnico 21% - parco 12% - imprese, lab. high tech 12% - servizi 8% - commerciale 8% - A2A 3%

LINEE GUIDA DEL PROGETTO

3% 36%

8% 8% 12%

21%

12%

L’intervento prevede la trasformazione di un’ampia area dismessa in un nuovo polo dedicato alla ricerca e all’innovazione, in grado di coniugare impresa e ricerca. Saranno realizzate nuove residenze, aree commerciali e laboratori di ricerca. Prevista anche l’espansione del Campus in continuità con gli altri edifici universitari. Ampi spazi verdi, piazze, percorsi pedonali e tramviari, senza recinzioni e barriere, apriranno la zona alla città, integrandola con i quartieri circostanti.

Accessibilità Con lo scopo di compensare il limitato accesso alla zona, il progetto viabilistico dell’area prevede di mantenere l’entrata principale di Villapizzone e di costruire due nuovi accessi. Spazi pubblici e paesaggio Il sistema degli spazi verdi è garantito dalla progettazione di tre tipi diversi di aree: il parco pubblico, che comprende il Parco Testori, le aree incluse tra le rotonde, la ferrovia e il parco di Piazzale Lugano; il verde privato, previsto all’interno delle residenze, e il verde urbano, collocato lungo i percorsi pedonali che attraversano l’intera area. La stazione Milano-Bovisa/Politecnico La stazione, dato il suo attuale orientamento, fronteggia e taglia il quartiere Bovisa in due parti e impedisce il traffico pedonale, sottolineando la divisione imposta dalla linea ferroviaria. Per queste ragioni, il progetto prevede che la stazione sia connessa con le due aree, funzionando come ponte, e che gli spazi di accesso e uscita siano radicalmente trasformati. Unendo i due lati della ferrovia, il livello superiore della stazione diventerà uno spazio pubblico. www.nuovabovisa.com 77



In attesa


In attesa

ESO SEV

NO ON

SAR

2010

STAZION E

CADORNA

RHO

realizzati in cantiere in progetto studi professionali

80

PO

RTA V

ENE

ZIA

CENTRAL

E


In attesa

LE TRASFORMAZIONI IN ATTO Sebbene il progetto che lega il Politecnico di Milano al quartiere Bovisa veda l’Università come soggetto principale dello sviluppo urbano dell’area e polo catalizzatore di una nuova città della scienza e dei giovani, è bene soffermarsi su alcuni elementi che di fatto stanno rallentando il vero compimento di un progetto strategico di larga scala e la reale integrazione delle nuove funzioni nel quartiere, pur mantenendo notevoli potenzialità. La prima nota va in riferimento all’assenza di una visione strategica complessiva dell’intervento. Le trasformazioni in atto non sembrano attuarsi secondo una regia coordinata e assegnano alla Bovisa il carattere di “cantiere aperto” e vitale, anche se non strettamente programmato. Lo stato attuale, che vede ancora irrisolto il problema del recupero dell’enclave della Goccia, dà la sensazione che questa parte di territorio sia vista come unico grande

sistema e che invece il resto sia cresciuto senza una vera e propria idea unitaria, ma per parti aggiunte a seconda delle esigenze che via via si palesavano. “Il segno di queste trasformazioni è stato di tipo incrementale, per parti, per sostituzioni parziali. E così sta andando avanti anche oggi, con continui aggiustamenti che vedono la messa a punto di nuovi progetti, l’introduzione di ulteriori funzioni, la sperimentazione di attività innovative non solo in assenza di un disegno o di un piano complessivo ma escludendo la benché minima attenzione al contesto costruito esistente”1. A questo si aggiungono strumenti urbanistici di pianificazione come il Piano Regolatore Generale Comunale, inefficaci e inadeguati. In Bovisa si osserva una mancanza di strumenti e politiche urbane che possano contribuire a garantire un vero sviluppo dell’area, individuando il rapporto non solo spaziale del Politecnico con il territorio, bensi l’importanza sociale di riconoscere l’Università come funzione contribuente alla

riorganizzazione dell’intera area. Tra gli interventi che al 2010 risultano realizzati2 si ricorda il PRU Palizzi e alcuni grandi complessi legati al terziario, come il Bodio Center; in cantiere invece, gli ampliamenti delle sedi del Politecnico di Milano, il Maciachini Center e un grande complesso residenziale in via Cosenz. Le aree in progetto, prevalentemente quella dei gasometri e quelle a ridosso dalla linea ferroviaria e della stazione Bovisa/Politecnico, risultano a oggi vuoti urbani in attesa che si passi alla fase di progettazione successiva alla stesura del masterplan dell’area. Quest’attesa, dovuta ai tempi lunghi di progettazione, ha fatto proliferare nel frattempo una serie di realizzazioni da parte di privati che si sono fatti promotori e finanziatori di nuovi progetti nel quartiere. Accanto infatti ai progetti architettonici e alle trasformazioni più consistenti e visibili, si può notare come a Bovisa, dalla seconda metà degli anni ‘90, abbiano avuto luogo una serie di trasformazioni minute che hanno investito tutto il tessuto del quartiere. 81


In attesa

ESO SEV

NO ON

SAR STAZION E

RHO

area, edificio dismesso

spazi infrastruttura e ferrovia

tessuto storico, strade

tessuto storico, piazze

CADORNA

terrain vague, friches

aree verdi, giardini

aree verdi residuali

spazi monoutente

82

PO

RTA V

ENE

ZIA

CENTRAL

E


In attesa Cortili, piccoli capannoni abbandonati, magazzini in disuso, piccole fabbriche hanno cominciato ad ospitare una serie di attività legate alla cultura e alla produzione artistica. In alcuni casi molte di queste iniziative si sono sviluppate come indotto del Politecnico perchè legate a docenti e studenti di Architettura e Ingegneria, come ad esempio numerosi studi associati di architettura e design. Altri legati più al tema della residenza o ai servizi di supporto come location e set fotografici. Una notevole distribuzione di laboratori insediati all’interno dei cortili rafforza questa dimensione artistica del quartiere. Proprio l’intervento dei privati è un punto cruciale che di fatto sembra rivolgere l’attenzione prevalentemente (se non esclusivamente) ai valori fondiari delle aree nude piuttosto che a ciò che vi insiste sopra. E tutto ciò malgrado una certa vocazione sostenuta inizialmente dal Politecnico secondo la quale: “il sapere l’alta formazione, la creatività e i giovani vengono messi al centro del riutilizzo di una serie di aree dismesse di medie dimensioni che si trasformano, in via temporanea o stabile, in spazi per nuove popolazioni e funzioni sempre più legate alle idee, all’innovazione, alla diffusione dei saperi e alla cultura”3. Tra gli interventi in cantiere il progetto di più ampia rilevanza è Bovisa Tech, promosso dal Gruppo Immobiliare Ceccarelli. E’

prevista una grande isola pedonale di estensione complessiva di 30.000 mq tra le vie Baldinucci, Bovisasca, Cosenz e Don Minzoni e che avrà come fulcro la Facoltà di Architettura e Design del Politecnico.

TIPI DI SPAZI E TEMPI DELLA TRASFORMAZIONE La complessità dell’analisi del quartiere passa inevitabilmente per la molteplicità dei suoi spazi. L’individuare diverse tipologie di spazi, siano essi caratterizzati dalla presenza di edifici dismessi o siano terrains vagues, aree verdi attrezzate, aree di verde residuale, pone l’accento sulla diversità delle trasformazioni previste per le aree stesse. Questi spazi sono il prodotto delle trasformazioni della città contemporanea. Nell’era post-industriale, le trasformazioni economico-politiche a Milano, così come nelle maggiori città europee, hanno generato grandi aree dismesse, soprattutto industriali o infrastrutturali, molto spesso in zone centrali o ai margini del tessuto urbano edificato in espansione. Le successive politiche di espansione e di consolidamento del territorio si sono spesso concentrate su queste aree per l’insediamento di nuove e grandi funzioni urbane. A causa della loro estensione e dei lunghi e costosi processi di bonifica, questi

Bodio Center, viale Jenner.

Maciachini Center, viale Imbonati.

Il parco del PRU Palizzi, Quarto Oggiaro.

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In attesa

ESO SEV

NO ON

SAR STAZION E

area attiva

area ferma, monoutenza

CADORNA

RHO

area in attesa

area a sviluppo veloce

area in stato di degrado

84

PO

RTA V

ENE

ZIA

CENTRAL

E


In attesa interventi impiegano molti anni per essere progettati e infine realizzati. E’ necessario infatti chiarire che, se esistono trasformazioni previste da programmi di intervento e da progetti edilizi specifici, esistono anche trasformazioni che l’area subisce involontariamente nel corso del tempo o proprio a seguito di interventi che vanno a destabilizzare il tessuto esistente. Alcuni edifici dismessi ad esempio, vertono ora in uno stato di degrado; altri invece, riqualificati, subiscono un’accelerazione nella loro rimessa in gioco dal punto di vista dell’utilizzo e delle nuove utenze; ci sono aree che rimangono invariate in attesa di essere ripensate e riprogettate, altre sembrano arrestarsi e ripartire ritrovando se stesse attraverso un nuovo uso o nuove comunità che vi svolgono attività quotidiane. Sono questi i tempi della trasformazione a cui è necessario dare una risposta diversificata. Il progetto di riutilizzo temporaneo si definisce quindi a seconda del tipo di tempo della trasformazione una certa area ha in previsione o a seconda del tipo di accelerazione o arretramento che la stessa sta compiendo rispetto allo sviluppo dell’intero quartiere. I tempi di riuso devono quindi variare a seconda del tipo di spazio e il riutilizzo deve tenere conto del fatto che alcune aree necessitano di tempi di progetto oltre che di realizzazione; altri invece possono essere riattivati fin da subito; altri ancora possono

rigenerarsi per un periodo limitato alle trasformazioni future del quartiere. Gli strumenti sono vari, ognuno più adatto di un altro per raggiungere obiettivi specifici e rivolgersi a determinate utenze di volta in volta individuate come destinatari del progetto4.

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In attesa

TIPI DI SPAZI

TEMPI DI RIUSO

STRUMENTI

1 GIORNO

INSTALLAZIONE ARTISTICA

10 gIORNI

PERFORMANCE

3 MESI

EVENTO

6 MESI

WORKSHOP

12 MESI

PRATICA SOCIALE

3 ANNI

ARREDO INT / EST

5 ANNI

RECUPERO EDILIZIO

EDIFICIO DISMESSO

INFRASTRUTTURE

TESSUTO STORICO

PARCHI E GIARDINI

TERRAINS VAGUES

SPAZI MONOUTENTE

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In attesa

OBIETTIVI

UTENTI

INTERAZIONE, SOCIALIZZAZIONE ABITANTI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO STUDENTI CREAZIONE DI RETI LOCALI

CREAZIONE DI RETI EXTRALOCALI

CREATIVI / ARTISTI

ASSOCIAZIONI NO PROFIT DOTAZIONE DI SERVIZI ARTIGIANI / COMMERCIANTI VALORIZZAZIONE SPAZI APERTI CITTADINI / TURISTI URBANI CREAZIONE DI UN SISTEMA ISTITUZIONI SVILUPPO SOSTENIBILE

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In attesa

NOTE

88

1

Cognetti, 2007, p. 61

2

Tavola 04_IN ATTESA Luoghi possibili per un quartiere che cambia. Trasformazioni in atto.

3

Cognetti, 2007

4

Tavola 04_IN ATTESA Luoghi possibili per un quartiere che cambia. Tipi di spazi, tempi della trasformazione.




il quartiere fra confini e memoria


Il quartiere fra confini e memoria

IL QUARTIERE COME SCALA DELL’INTERVENTO Fin qui abbiamo parlato del quartiere Bovisa ripercorrendone la storia e le trasformazioni fisiche e sociali. Ora, nell’analizzarne l’identità e la componente sociale esistente, è necessario fare un passo oltre e concentrarsi sul significato di “quartiere”, andandone anche a stabilire dei limiti di indagine. Tutti abbiamo l’idea che la città sia composta da sottozone che chiamiamo quartieri e che si differenziano fra loro in base ai gruppi sociali che vi abitano o lo frequentano, alle tipologie architettoniche e al sistema urbano che li caratterizzano, al collegamento con il resto della città, ai costi della case e dei loro servizi. Il quartiere, inoltre, è spesso caratterizzato da funzioni prevalenti inserite nel tessuto urbano; la scala locale è spesso collegata a una dimensione di prossimità, dov’è più facile stabilire rapporti sociali e riconoscere 92

un’identità urbana legata alle comunità che lo costituiscono. Nelle rappresentazioni stigmatizzate si associa frequentemente il quartiere alle persone che lo abitano e che sono influenzate nelle loro prospettive di vita dal milieu sociale che hanno intorno. Il quartiere è dunque una scala di cui ogni cittadino ha esperienza ma, a livello scientifico, non è facile darne una definizione univoca e completa proprio a causa della sua multidimensionalità che chiama in causa diverse componenti, da quelle sociali a quelle spaziali, tanto che McKenzie notava come “probabilmente nessun’altra parola è usata in modo così approssimativo o in maniera così mutevole come il termine quartiere, e sono pochi i concetti più difficili da definire”1. A questa difficoltà si aggiunge il problema di dover circoscrivere un ambito cittadino che spesso non ha confini formali o riconosciuti in modo univoco - fatta eccezione per i confini amministrativi che spesso non rispondono al vissuto quotidiano degli abitanti - poiché trae la sua esistenza dalla percezione individuale

e collettiva di gruppi in relazione fra loro e con diversi criteri di organizzazione spaziale. Le definizioni di quartiere sono quindi molte e variegate ma è possibile rintracciare tre nodi principali: la ridotta estensione territoriale; l’interazione routinaria fra abitanti e un certo grado di organizzazione sociale; il tipo di funzioni ricoperte dal quartiere per la vita delle persone e del sistema urbano2. Il quartiere è stato studiato attraverso diversi approcci che ne sottolineano di volte in volta le caratteristiche e le loro variazioni attraverso modelli di analisi (è il caso dell’analisi dall’alto attraverso strumenti classici come lo status sociale, famigliare e etnico o la struttura abitativa); le componenti sociali e le relazioni/ reti informali e formali sviluppate dagli abitanti ponendosi in un’ottica dal basso; i processi di identificazione dell’individuo con esso e la formazione di meccanismi di appropriazione del territorio secondo un’ottica interna al quartiere. Un primo


Il quartiere fra confini e memoria prodotto in tal senso è sicuramente la definizione dei confini del quartiere a partire dal punto di vista degli abitanti, secondo le loro mappe mentali3. Alcuni studiosi4 propongono di studiare il quartiere proprio a partire dalla sua multidimensionalità, indagandone diversi aspetti e le loro combinazioni e variazioni nel tempo. In maniera alternativa altri5 preferiscono ricondurre la complessità all’unità partendo dal concetto di nozione di vita quotidiana. La vita quotidiana riguarda la totalità delle pratiche, delle relazioni, degli orizzonti di senso, degli ambienti in cui ognuno è ordinariamente coinvolto. Il quartiere sarebbe allora lo spazio-chiave della quotidianità urbana che contribuisce alla formazione dell’identità dei residenti, attraverso il quale essi accedono a risorse e servizi e ne fanno delle opportunità. Poiché i diversi territori hanno diverse capacità di costruirsi come terreno fertile per lo sviluppo delle competenze e aspirazioni individuali, sono le politiche urbane che devono assicurare qualità di vita per tutti. E’ proprio l’individuazione della centralità della dimensione del quartiere nella vita dei cittadini che motiva l’interesse e l’attenzione rivolta al locale. Come società locale, infatti, il quartiere si caratterizza come un’unità incompleta, in quanto sottoinsieme inserito in reti più

ampie (la città, il sistema metropolitano, il contesto regionale, nazionale e oltre), ma contraddistinta lo stesso da un’identità socialmente costruita e condivisa tra i soggetti locali (gli abitanti, le istituzioni e i servizi territoriali, i commercianti della zona, ecc.) e da una certa autonomia dagli altri livelli di organizzazione della città.

I CONFINI DEL QUARTIERE Intervenire alla scala locale del quartiere pone, come già accennato, il problema preliminare di definirne i confini per capire su quale territorio concentrare la propria attenzione, quale area utilizzare come campione per la realizzazione di interviste, dove osservare le dinamiche di relazione e le pratiche spontanee degli abitanti. La perimetrazione del quartiere risulterebbe abbastanza semplice se i confini fisici e visivi, quelli amministrativi e quelli vissuti dagli abitanti coincidessero ma, solitamente, questo non accade poiché il tema dei confini consente di unire la spazialità e la sfera sociale. Attraverso le relazioni, la memoria storica, le esperienze personali, le pratiche e i percorsi quotidiani gli abitanti e i fruitori sviluppano delle mappe mentali proprie non sempre coincidenti con le delimitazioni fisiche o politiche di un territorio. “Una città transumante, o metaforica, s’insinua 93


Il quartiere fra confini e memoria così nel testo chiaro di quella pianificata e leggibile.”6 Inoltre, partire dalle persone pone anche la questione se individui e gruppi sociali differenti (per età, occupazione, provenienza) esprimano una diversa visione del loro luogo di vita, coerentemente alle diverse reti di relazioni all’interno del quale sono inseriti. Ma che cos’è un confine? E come viene vissuto? Innanzitutto, il confine è lo spazio fra le cose, quello che “mettendo in contatto separa, o forse, separando mette in contatto, persone, cose, culture, identità, spazi fra loro differenti. Lo spazio di confine quindi, ma anche il confine come spazio.”7 I confini, perciò, modificano il paesaggio reale tanto quanto la mentalità e l’identità delle persone, in modo mutevole e variabile nel tempo perché “muoiono e risorgono, si spostano, si cancellano e riappaiono inaspettati.”8 L’analisi dei processi percettivi relativi ai luoghi e i meccanismi di orientamento spaziale interessano molte discipline che studiano le relazioni fra l’uomo e il suo ambiente; in ambito urbano, un importante riferimento è stato il lavoro di Kevin Lynch9 che ha introdotto il tema della leggibilità, ovvero di come il paesaggio urbano caratterizzato da una grande ricchezza di stimoli e sottoposto a continue 94

trasformazioni, possa essere organizzato in un sistema coerente dagli individui. La mappa mentale indica appunto la rappresentazione di un territorio costruita sulla base di processi di organizzazione dello spazio attuati attraverso meccanismi di codificazione e memorizzazione, a livello individuale ma anche collettivo. La sovrapposizione delle diverse mappe permetteva allo studioso di definire non solo i limiti delle aree urbane ma anche le loro articolazioni interne, i luoghi significativi e riconosciuti. Un altro studio pionieristico è quello di Lee (1968) che ricostruiva i confini dei quartieri chiedendo agli intervistati di tracciare, sulla carta urbana, una linea intorno a quello che essi consideravano il proprio quartiere10. Recentemente, facendo uso di tecnologie elettroniche, sono stati sviluppati softwares per la raccolta e l’elaborazione delle percezione e valutazioni sui luoghi del quartiere, che garantiscono maggiore sensibilità e aderenza alle rappresentazioni degli intervistati, difficilmente classificabili con strumenti formalizzati11. La definizione dei confini di un’area urbana pone anche problemi di inserimento del quartiere all’interno della più ampia scala della città e del territorio. Delimitare un confine significa anche decidere chi e cosa fanno parte di un quartiere e quali sono, invece, gli elementi esterni,

estranei. Un quartiere non è sempre caratterizzato dall’autosufficienza e deve quindi appoggiarsi ad altri contesti urbani, soprattutto per quanto riguarda la fornitura di servizi o di aree pubbliche. Spesso sono proprio i luoghi di aggregazione e i servizi più importanti - scuole, giardini, negozi, chiese, centri per il tempo libero - che determinano aree di relazioni che allargano i confini del quartiere e li rendono più fluidi. Inoltre, nella società contemporanea il quartiere riveste una, ma non l’unica, dimensione di relazioni; le persone che vivono la città hanno reti che non si limitano alla dimensione locale12 e non è detto che quelle legate alla prossimità siano quelle più profonde. L’aumento della mobilità individuale ha notevolmente modificato la territorializzazione degli individui anche se, in opposizione all’anonimia della città13, la sfera sociale locale viene oggi rivalutata.

I CONFINI AMMINISTRATIVI DI BOVISA Nel definire il confine del quartiere Bovisa è utile analizzare l’evoluzione dei confini amministrativi interni al Comune di Milano. Queste delimitazioni, spesso non coincidenti con le percezioni dei residenti, ne influenzano però la rappresentazione spaziale, tant’è vero che molti abitanti lamentano l’eccessivo allargamento delle zone di decentramento, che non


Il quartiere fra confini e memoria

rispondono più - altre volte invece si rifanno - alle origini storiche e alle relazioni esistenti fra parti di città. Una questione molto delicata, che verrà approfondita più avanti, è la distinzione fra i due quartieri di Bovisa e Dergano. Diversi per storia locale ma profondamente legati, il confine fra di essi è quello di più difficile definizione, sebbene sia presente nella memoria degli abitanti. Storicamente i due quartieri subiscono vicende amministrative diverse: Bovisa, di origini rurali, legata alla presenza delle cascine, era divisa fra i Corpi Santi14 e il Comune di Affori che comprendeva anche Dergano. Il Comune di Affori15, esterno alla città, fu annesso al territorio milanese nel 1923. Il Comune di Milano oggi è amministrativamente suddiviso in zone di decentramento (o circoscrizioni). Secondo

la vecchia suddivisione, che è stata mantenuta fino al 1999, le zone erano 20, ovviamente di dimensioni minori rispetto a quelle attuali e la Zona 7 si identificava grossomodo con quella porzione di territorio della periferia settentrionale compresa tra le due linee delle Ferrovie dello Stato dirette a nord-ovest verso Torino e Varese. La più diretta, uscendo dalla stazione Porta Garibaldi in direzione ovestnord-ovest, segnava il confine meridionale della zona verso il centro, l’area della fiera (allora compresa nella Zona 6) e la Zona 20. La seconda, proveniente dalla Stazione Centrale, dopo aver lambito i quartieri di Greco e di Prato Centenaro definiva il suo limite settentrionale, oltre il quale cominciavano il quartiere di Affori e la Zona 8. A ovest della vasta area occupata dal gasometro, questa seconda linea confluisce nel troncone principale, che raggiunge poi la Stazione Certosa e Rho. Poco prima

del punto di confluenza fra le due linee, il confine della Zona 7 si richiudeva su se stesso assumendo una caratteristica forma semicircolare, parallela all’andamento delle vie Chiasserini e Pacuvio. A est e sud est, la Zona 7 incontrava il suo limite nell’asse viario imperniato su piazzale Maciachini e formato da due delle direttrici stradali più antiche e importanti della città: l’asse di via Valassina e via Valtellina, che dal centro, attraverso Niguarda e Bruzzano, conduce a Cusano Milanino e a Desio; e quello che per l’attuale via Fermi porta alla statale dei Giovi, a Paderno Dugnano e Lambiate. La vecchia Zona 7 quindi individuava una porzione di territorio che includeva due diversi aggregati urbani: Bovisa e Dergano. La nuova suddivisione ha fatto sì che ognuna delle nuove zone, ad eccezione della Zona 1 (corrispondente alla parte 95


Il quartiere fra confini e memoria centrale della città), comprenda un’area che va dalla zona semicentrale all’estrema periferia. Tali nuove zone sono di dimensioni ben maggiori, per numero di abitanti e per superficie, alle precedenti e hanno determinato aree urbane che comprendono diversi nuclei suburbani, diversi tra di loro per origine e formazione. La nuova Zona 9 infatti comprende all’interni dei suoi confini non solo Bovisa e Dergano ma nelle immediate vicinanze anche Bovisasca, Affori, Niguarda, Prato Centenaro, il Villaggio dei Giornalisti, Montalbino e Maggiolina, Isola. Un ulteriore suddivisione della città avviene attraverso i NIL (Nuclei d’Identità Locale)16, unità minime di programmazione previste all’interno del Piano di Governo del Territorio (PGT) e che scompongono il territorio in 88 porzioni. Questi non si delineano come unità amministrative dai confini rigidi e astratti, ma come identità territoriali da potenziare e valorizzare attraverso la progettazione urbana. Bovisa si configura come un’entità a sé e in relazione ad altre limitrofe, ovvero Villapizzone, Ghisolfa, Isola, Dergano, Affori, Bovisasca, Quarto Oggiaro. Generalmente quindi, la delimitazione amministrativa riprende importanti elementi infrastrutturali che caratterizzano il territorio, soprattutto la ferrovia e le strade a 96

maggior scorrimento che, come si vedrà nel paragrafo successivo, rappresentano delle vere barriere fisiche e visive.

I CONFINI FISICI E VISIVI DEL TERRITORIO La visione dall’alto delle carte storiche e amministrative si accompagna alla scesa nel territorio, ai sopralluoghi in loco per definire quali sono i margini fisici e percettivi del quartiere. La nostra visione, non ancora influenzata dai racconti degli abitanti, coglie quindi i dati oggettivi, le altezze, le distanze, la visibilità che determinano un senso di chiusura e barriera. La tematica del confine non riguarda soltanto i confini esterni del quartiere ma anche quelli presenti al suo interno, barriere e delimitazioni che, a livello percettivo, incidono notevolmente sulla lettura dello spazio urbano. I campus del Politecnico sono un particolare tipo di confine interno poiché la loro destinazione d’uso specifica e la chiusura fisica delle aree le fanno percepire come recinti chiusi e introversi. I confini sono stati classificati in: - limite fisico e visivo: l’elemento fisico impedisce il passaggio dall’altra parte e la visibilità. Un esempio di questo tipo di confine è il terrapieno ferroviario, alto 5 m e ricoperto di vegetazione spontanea

(sezione BB’ della tavola). - limite fisico: l’elemento impedisce il solo attraversamento del confine. Esempio di questa tipologia sono la ferrovia a raso o ribassata (sezione AA’ della tavola) e la grande strada di scorrimento alberata con la corsia centrale riservata all’autobus e delimitata da protezioni (sezione DD’). - limite permeabile: non impedisce né l’attraversamento, né la visibilità ma alcune caratteristiche funzionali (strada ad alto scorrimento e trafficata) o fisiche (tessuto urbano ed edilizio differente) lo connotano come confine del quartiere (sezione CC’). Il confine, inoltre, non è necessariamente rappresentato da una linea ma può estendersi e comprendere “una fascia, una zona frastagliata”17, inspessendosi, come nel caso dell’area di via Cosenz, marginale al quartiere, poco caratterizzata e in trasformazione. Non sempre lo stesso elemento fisico rappresenta un confine a seconda che si entri o si esci dal quartiere. In questo senso anche gli accessi all’area sono importanti per definirne la permeabilità e le relazioni. I bordi del quartiere sono caratterizzati da manufatti, ma soprattutto da aree verdi (attrezzate o residuali) e terrains vagues che diventano importanti elementi strategici per andare ad intervenire su queste porzioni di territorio, creando connessioni fra il centro del quartiere e i bordi. Il tema dei margini e dei confini per


Il quartiere fra confini e memoria il quartiere di Bovisa è rilevante perché il quartiere si colloca a ridosso di altri quartieri, generalmente ben definiti e con una forte identità urbana. Essi sono organizzati, naturalmente, intorno alle centralità e, se osservati dal confine, presentano il retro dell’aggregato urbano, spesso poco interessante e non ben delineato. Nel caso di Bovisa, le aree verdi progettate e potenziali rappresentano un campo di azione interessante: piazzale Lugano su viale Jenner, il parco Testori a Villapizzone, il parco del PRU Palizzi ai bordi di Quarto Oggiaro, gli orti urbani a nord, i giardini dell’ex ospedale Bassi a sud. Un altro fenomeno interessante riguarda questo territorio: alcuni centri terziari importanti e non limitati alla scala locale sono costruiti su aree ex industriali, situate proprio sui confini: Bodio Center su viale Jenner, Maciachini Center su via Imbonati, Affori Center al di là del terrapieno ferroviario. Come il quartiere può dialogare con questi poli attrattori? Possono essi diventare dei nodi di scambio con gli altri quartieri e con la città? L’intervento sul margine diventa interessante se trasforma questo spazio fisico in opportunità di relazione interquartiere, in cerniera, interessando i suoi due versanti e potenziando elementi già presenti sul territorio, manufatti o aree verdi. L’atto progettuale può quindi “prendere ogni lembo di terreno inutilizzato

SEZIONE AA’

0.20

3.00 0.00

-1.00

7

8 8.00

SEZIONE BB’ 5.00 0.00

10

SEZIONE DD’

8.00

0.00 35 97


Il quartiere fra confini e memoria

4

5

LA COREA

AFFORI

EL MUNGUS

6 4

1

2

VILLAPIZZONE

CARLO ERBA

2 3 7

1

DERGANINO MILANO BRANCA 98

MACIACHINI


Il quartiere fra confini e memoria e inutilizzabile e, con un’azione volontaria, convertirlo in un piccolo pezzo di giardino o parco”18 o in occasioni di incontro e scambio fra diversità, convertendo il margine da spazio della segregazione e della chiusura a luogo dell’apertura, dell’avventura19.

I CONFINI VISSUTI, FRA MEMORIA E PERCEZIONE I limiti del quartiere sono in continua evoluzione, cambiano nel tempo dall’interno o dall’esterno. I confini sono instabili e questa incertezza si percepisce soprattutto nelle abitudini, nei costumi e nelle memorie delle persone che vivono il territorio. Dopo aver delineato quindi i confini “più sicuri” e riconosciuti, l’interesse si sposta alla componente sociale e indaga le percezioni e i vissuti degli abitanti e dei fruitori del luogo. La percezione della struttura di una città, di un quartiere, è un fatto complesso, ma soprattutto è un fatto collettivo, e pertanto deve essere studiato nei suoi aspetti collettivi, così come in quelli individuali. Possiamo quindi dire che la memoria si costruisce nel corso delle interazioni, degli scambi d’informazione con i membri del gruppo a cui si appartiene20, ma anche che la percezione spaziale deriva dalla reciproca trasmissione tra i vari gruppi di informazioni

ed esperienze relative al contesto. Nella zona oggetto di studio risulta quindi chiaro come le memorie collettivamente elaborate incidano sulla percezione degli abitanti non meno delle fruizioni quotidiane; e di questo d’ora in avanti si terrà conto. Grazie alle interviste e ai numerosi documenti di storia locale, è stato possibile definire, seppur non in modo esaustivo e conclusivo, due mappe mentali collettive: una rappresenta il quartiere storico, i suoi confini e i rapporti esterni, l’altra la percezione attuale del territorio. I diversi confini raccolti durante gli incontri (presentati a lato della tavola n° 5) sono stati sovrapposti e ne è stata estrapolata un’area comune, cioè quella porzione di territorio presente in tutti i punti di vista personali. Questo spazio non ha ovviamente valore statistico e non definisce il quartiere univocamente ma è interessante notare quali sono i luoghi interni ad esso: il centro storico del quartiere, organizzato intorno a Piazza Bausan e Piazza Schiavone, il nucleo residenziale storico e il campus del Politecnico su via Durando. I limiti di questo confine non si appoggiano a elementi fisici “pesanti” come la ferrovia, ma scelgono piuttosto strade secondarie e di circolazione interna al quartiere. Fra i limiti dell’area e i margini fisici esiste uno spazio marginale non ben definito, che ospita aree dismesse e non utilizzate, attività produttive, alloggi abusivi

e temporanei. Sempre presente, come vedremo, è la distinzione fra Bovisa e Dergano. Sebbene la fruizione quotidiana sembra non interessarsi a questa frontiera, nella mente delle persone essa è ben presente e la sua localizzazione è abbastanza definita (via Minzoni, via Maffucci).

I CONFINI DEL PASSATO Come già accennato precedentemente, Bovisa e Dergano non hanno avuto lo stesso passato, sebbene parte di Bovisa fosse, come Dergano, compresa nel Comune di Affori. La storia dei borghi della zona, poi inglobati nell’espansione di Milano, affonda le sue radici molto indietro nel tempo, tanto che sono stati rinvenuti, nei cortili e nelle cascine, numerosi sarcofagi romani21. Nel 1932 il Comune di Affori perde la sua indipendenza e Bovisa e Dergano emergono nel panorama cittadino durante il periodo industriale. I due quartieri erano connotati da forti centralità, tuttora esistenti e riconosciute: piazza Bausan a Bovisa e piazza Dergano a Dergano. L’industrializzazione interessava maggiormente Bovisa che, come si è visto nel capitolo riguardante l’evoluzione storica, diventò sede di importanti fabbriche legate, soprattutto, alla chimica e alla meccanica. “Bovisa è identificata, almeno sul piano 99


Il quartiere fra confini e memoria storico, come quartiere compattamente operaio, dominato dalla presenza delle fabbriche, […], in cui la stessa identità di quartiere tende ad assumere connotazioni insieme di classe (quartiere operaio) e di partito (quartiere rosso) e a confondersi con questo”22. Dergano, più borghese e residenziale, sperimentò un intenso periodo socialista e comunitario, i cui punti di riferimento erano la sede del partito, ancora oggi presente in via Conte Verde, le numerose cooperative edilizie, che continuano la loro attività, le osterie e bocciofile, soprattutto su via Guerzoni (oggi ne sopravvivono solo 2). Le fabbriche facevano parte della vita individuale e collettiva, tanto che i cittadini si rivolgevano alla moglie del proprietario della Branca, unica industria ancora attiva sul territorio, per chiederle favori personali. Sebbene questi luoghi di produzione fossero esterni al quartiere - “La Carlo Erba era Affori e la Branca si trovava già sul territorio milanese”23 - molti abitanti vi lavoravano e costruivano perciò delle relazioni extraquartiere. L’Ospedale Bassi, costruito per il ricovero dei contagiosi, si situava al margine sud del quartiere, in una zona chiamata Derganino, che era considerata altro rispetto a Dergano. Il margine fra i due quartieri veniva a coincidere con alcuni campi agricoli non ancora cancellati dall’edificazione, “una terra di nessuno, una fascia di verde non costruita dove 100

c’erano orti e prati”24. Questo confine non impediva l’instaurarsi di legami fra i due quartieri che anzi, hanno sempre intrattenuto rapporti di forte reciprocità. Nonostante l’esistenza di questa divisione, alcuni territori “oltreconfine” venivano però associati al proprio quartiere, “L’Armenia Film era Bovisa anche se quel territorio era già Dergano”25. I confini locali si legavano anche alle sedi dei partiti - una, come già detto, a Dergano e l’altra a Bovisa, in via Mercantini - e alle parrocchie. In particolare Bovisa e Dergano appartenevano a due reti di relazione diverse che facevano capo alla parrocchia, quella di Santa Maria del Buon Consiglio a Bovisa e quella di San Nicola Vescovo a Dergano. Ancora prima esistevano altre due chiese, entrambe demolite26. Successivamente le parrocchie vennero ridotte e venne costruita una nuova chiesa, votata ai Santi Giovanni e Paolo, proprio sul confine fra i due quartieri, in via Catone. E la Goccia, l’area al di là della ferrovia? Per molti abitanti di Bovisa l’area degli ex Gasometri non fa parte del quartiere, anche perché legata alla parrocchia di Villapizzone. Nonostante questo, i rapporti e le relazioni fra le aree erano più facili rispetto ad oggi perché la vecchia stazione di Bovisa non era altro che un passaggio a livello dove un addetto azionava la sbarra e permetteva il passaggio delle auto e dei pedoni. Lo stesso valeva per

l’altro ramo della ferrovia, fra la Goccia e Villapizzone. L’asse di via Lambruschini-via Candiani si connotava allora come strada di collegamento e comunicazione fra Villapizzone, Bovisa e Dergano. Intorno alla piccola piazza presente lungo via Lambruschini erano state edificate alcune case, ancora oggi presenti e abitate, che costituivano un piccolo nucleo residenziale chiamato El Mungus. “Sulla piazzetta c’erano dei “trani”. Erano tutte industrie e c’erano tre case intorno alla piazzetta. Si parlava solo milanese ma il dialetto era diverso in base alle zone della città. Quello della Goccia aveva molte influenze pugliesi. Allora era sicuramente un quartiere di periferia.”27 Un altro nucleo abitativo particolare e legato all’immigrazione era costituito dalle case edificate intorno a via Varé, via Andreoli e via Candiani, ai margini del quartiere Bovisa. Le case erano abitate da persone poverissime, che vivevano spesso stipati in un’unica stanza. L’area prendeva il nome di corea28 poiché in quegli anni veniva combattuta proprio la guerra in Corea. Queste aree urbane erano presenti in tutta Milano, zone periferiche abitate da immigrati del sud venuti nella metropoli in cerca di lavoro e riscatto sociale29. Villapizzone, di cui si è accennato, è un quartiere che ha sempre fatto parte di zone amministrative diverse da quelle di Bovisa. Meglio collegato alla città, il borgo


Il quartiere fra confini e memoria costruito intorno alla chiesa di S.Martino rientrava all’interno dei Corpi Santi e si connotava per un maggior rapporto con la campagna. Gli sviluppi edilizi e urbanistici dell’area l’hanno connotata come un quartiere popolare, all’interno del quale sopravvivono forti rapporti comunitari. Oggi l’area è attraversata da importanti assi stradali che collegano la città all’autostrada. I rapporti con Bovisa sono sempre stati limitati e ostacolati dalla presenza della ferrovia e delle industrie pesanti localizzate nella Goccia. Un importante esperienza da segnalare è l’Istituto Pizzigoni, scuola elementare impostata sul rapporto fra studio e esperienza30, didattica e lavoro (artigianato e agricoltura). Una condizione di notevole interesse per la pianificazione urbana e la creazione di rapporti interquartiere è il fatto che, dal lato di Villapizzone, il retro del quartiere adicente alla ferrovia, sia connotato da importanti spazi verdi.

I CONFINI DI OGGI Molte componenti identitarie legate alla memoria storica di cui abbiamo appena parlato rimangono anche oggi, soprattutto nella mente delle persone che vivono nel quartiere da molti anni e che ne hanno visto le numerose trasformazioni, sociali, urbanistiche e funzionali. Oggi però definire

il quartiere vuol dire anche parlare con persone che non abitano lì ma lo vivono quotidianamente per motivi legati allo studio o al lavoro. L’arrivo del Politecnico è sicuramente il fattore che più a influito nel ridefinire i confini del quartiere Bovisa e i legami fra le sue diverse parti. L’università è stata l’occasione di rinascita del quartiere, abbandonato dalle industrie e degradato. Soprattutto il campus di Ingegneria ha portato nuovi usi e funzioni in un’area da sempre esterna, “la Goccia è sempre stata un recinto monofunzionale. Gli abitanti non avevano motivi per andarci se non perché ci lavoravano”31. L’isolamento di questa porzione di territorio è stato accentuato dalla costruzione della nuova stazione di Bovisa, stazione ponte che impedisce il passaggio viabilistico, e scoraggia quello pedonale. Se la piccola stazione provinciale preesistente accoglieva le tute blu provenienti dalla città ma soprattutto dall’hinterland, oggi la più moderna e capiente stazione di testa è frequentata soprattutto da studenti e lavoratori provenienti tanto da Milano quanto dal territorio. Nonostante la preesistenza di mezzi pubblici che collegavano Dergano e Bovisa al centro città, si pensi alla storica linea 82, il progetto Passante Ferroviario ha sicuramente incentivato la mobilità da e verso il quartiere, facendogli perdere parte della sua connotazione di periferia. La ferrovia, insieme al ponte della Ghisolfa,

oggi meglio conosciuto come cavalcavia Bacula, rappresentano una forte barriera per gli abitanti del quartiere che, raramente si spingono al di là di questi limiti, “Non sono mai andato a vedere la Triennale, la ferrovia è una barriera enorme”32. Le centralità del quartiere resistono come punti di riferimento, anche se riconosciuti e frequentati soprattutto dagli abitanti. Le parrocchie e i partiti hanno perso il loro peso e la loro influenza; se prima, insieme alle osterie e ai circoli, essi si connotavano come i maggiori luoghi dell’aggregazione, oggi restano solo la biblioteca, la Garibaldina Calcio e i giardini come spazi pubblici di incontro. Un confine esterno che non si è modificato, forse a causa della maggior permeabilità, è via Imbonati, interessata oggi dal commercio extracomunitario e da importanti interventi di riqualificazione, come il Maciachini Center. Il quartiere appare in definitiva meno chiuso su se stesso rispetto al passato, anche grazie alla maggior mobilità e complessità delle relazioni individuali e degli stili di vita. Un grande elemento di apertura è sicuramente la presenza di city users che, pur non frequentando molto il quartiere e avendone una conoscenza spesso superficiale, ne modificano l’immagine e l’identità. A proposito della maggior o minor conoscenza del contesto locale, le interviste hanno permesso 101


Il quartiere fra confini e memoria

AFFORI 4

POLITECNICO

LA GOCCIA

5

11

6

12

POLITECNICO

4 14 1

5

10

9

2

VILLAPIZZONE 8 3 13 6

MACIACHINI

102


Il quartiere fra confini e memoria di evidenziare la maggior estraneità degli studenti e dei professionisti che frequentano solo alcune parti limitate di Bovisa, non conoscono i luoghi della prossimità e spesso ignorano le realtà creative presenti sul territorio - fatto, questo, riscontrato anche negli abitanti -. L’inclusione della Goccia nel territorio di Bovisa è oggi facilitata dalle realizzazione effettuate (Politecnico, Mario Negri e Triennale) e, soprattutto, dalle aspettative che abitanti e utenti ripongono in queste aree dismesse, strategiche a una scala che va oltre il locale, “Una mia grande speranza è l’area dei Gasometri!”33 Come appare evidente, e come era stato già anticipato, i confini di un quartiere e quindi la sua definizione sono tutt’altro che evidenti e facilmente identificabili, soprattutto se si tiene presente la percezione e la memoria storica delle persone che utilizzano e frequentano quel territorio. Il tema spaziale si lega inevitabilmente a quello identitario, dato anche dall’instaurarsi di un senso di appartenenza locale. Negli sviluppi di questo studio, Bovisa e Dergano verranno considerati realtà unite, pur tenendo presente le loro differenze, e le azioni proposte interesseranno tanto questi due ambiti urbani quanto la Goccia e Villapizzone. La strategia che si proporrà è quella di agire all’interno del quartiere per porre le basi di un sistema che possa

integrarsi a progetti e previsioni più ampie e che, relazionandosi ai contesti limitrofi, possa inserirsi completamente nel tessuto cittadino complessivo. La storia locale e le percezioni individuali e collettive sono chiavi di lettura e riferimenti per il progetto, che non limitano il campo d’azione e senza i quali non è possibile ottenere risultati sociali e relazionali negli spazi pubblici. La specificità del quartiere deve essere mantenuta, arricchita e reinterpretata in una visione per il suo futuro, in “una vera e propria riprogettazione collettiva che adatta e riorienta in una direzione più consapevole quel determinato sistema di spazi”34.

103


Il quartiere fra confini e memoria

NOTE 1

McKenzie R.D., The Neighbourhood: a study in the city of Columbus, in The American Journal of Sociology, 1921-22, vol.2

2

Borlini B., Memo F., Il quartiere nella città contemporanea, Bruno Mondadori, Milano, 2008

3

Studi molto interessanti in merito alle mappe mentali sono stati avviati da Kevin Lynch in alcune città americane.

4

Galster G., On the nature of neighbourhood, in Urban Studies, 2001, vol.38

5

Healey P., Institutionalist theory, social exclusion and governance, in Madanipour J. et al., Social exclusion in European cities, Jessica, Londra, 2000 6

De Certeau M., L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma, 2010 (1990), pag. 146

7

Zanini P., Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali, Bruno Mondadori, Milano, 2000

8

Magris C., Come i pesci il mare…, in Frontiere supplemento a Nuovi Argomenti, AA.VV., 1991, n°38, pag.12

9

Lynch K., L’immagine della città, Marsilio Editori, Venezia, 2006 (1964)

10

Questo metodo, di semplice rilevamento e confronto, è quello scelto anche per le interviste realizzate per questo studio.

11

Applicando i principi della cosiddetta “logica sfumata” (fuzzy logic) al campo della informazione geografica, il Centro di Ricerca per l’analisi territoriale SAMIT-GIS dell’Università Bicocca sta sperimentando un nuovo strumento per la rilevazione e la manipolazione dei dati che permetta di cogliere l’esistenza di gradi diversi e sfumati di appartenenza dei luoghi a quello che le persone considerano il proprio quartiere, rilevando gli spazi di attività e le relazioni che entrano a far parte dell’esperienza sociale degli individui. 12

Kearns A. e Parkinson M., The significance of neighbourhood, in Urban Studies, 2001, vol.38. Nel tentativo di integrare le scale di articolazione del quartiere con le implicazione della crescente mobilità, frammentarietà e complessità di vita nella città, i due studiosi definiscono tre livelli di vicinanza: la home area, la locality e l’urban district. 13

Si vedano le opere di Simmel G.

14

Unione amministrativa delle cascine e dei borghi agricoli esterni alle cinta dei bastioni della città, decretata sotto l’impero austriaco e autonoma fino al 1873 quando fu inglobata dal Comune di Milano. 15

Dopo essere stato aggregato a Milano per un breve periodo (1808-1816), Affori, insieme ad altri territori limitrofi, tra i quali Dergano, formò il Comune di Affori e Uniti, denominato dal 1912 semplicemente Affori. La storia locale di Dergano è indissolubilmente legata a quella di Affori, mentre Bovisa appare separata e meno caratterizzata dal punto di vista identitario. 16

I NIL sono suddivisioni attuate dal PGT all’interno del Piano dei Servizi. I nuclei sono stati definiti partendo dalle identità locali e delle centralità di quartiere. Questo strumento sarà usato per la dotazione dei servizi e per gli interventi alla scala locale ma non viene considerato nella sua autonomia, essendo sempre in relazione coi territori (altri NIL) a lui adiacenti. 17

Zanini P., Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali, Bruno Mondadori, Milano, 2000, pag. 12

18

Mumford L., Patrick Geddes: un memorabile maestro, in ID., In difesa della città, a cura di Mazzoleni C., Testo&Immagine, Torino, 2001, pag.41 19

104

Simmel G., L’avventura, in ID., Saggi di cultura filosofica, Neri Pozza, Vicenza, 1998, pag.15


Il quartiere fra confini e memoria 20

Halbwachs M., La memoria collettiva, ed. it. a cura di P. Jedlowski, Unicopli, Milano, 1987 (1950)

21

Aldo Bartoli, storico locale, si è interessato a questi reperti storici, conservati anche grazie ad usi impropri (fioriere o lavatoi) e affronta l’argomento nel suo libro Album di Famiglia, RaccoltoEdizioni, Milano, 2009. 22

Parsi V.E. e Tacchi E. M. (a cura di), Quarto Oggiaro, Bovisa, Dergano. Prospettive di riqualificazione della periferia di Milano, Franco Angeli, Milano, 2003 23

Intervista a Aldo Bartoli, abitante storico di Dergano.

24

Ibidem, pag.41

25

Intervista a Alberto Manzoni, libraio e ex abitante di Bovisa.

26

Della chiesa di Bovisa resta il ricordo nel nome della trattoria che è stata costruita sullo stesso terreno: la storica Trattoria “Chiesa Vecchia”. 27

Intervista al Sig. Borra che ha scritto anche un libro a tal proposito dal titolo El Mungus.

28

Alasia F. e Montaldi D., Milano, Corea, Donzelli Editore, 2010 (1975)

29

Una di queste storie è raccontata da Luchino Visconti in Rocco e i suoi fratelli (1960), tratto dagli scritti di Testori. Nel film alcune scene ritraggono la Ghisolfa, limite del quartiere Bovisa, come un luogo ancora sospeso fra città e campagna. 30

Pizzigoni G., Linee fondamentali e programmi e altri scritti, La Scuola Editrice, Brescia, 1956

31

Intervista a Francesca Cognetti, ricercatrice del Diap del Politecnico di Milano.

32

Intervista a Adriano Colombo, dirigente della Garibaldina Calcio e abitante.

33

Intervista a Fabio Brighenti, dipendenti dell’Istituto Mario Negri e ex abitante.

34

Zanini P., Significati del confine. I limiti naturali, storici, mentali, Bruno Mondadori, Milano, 2000, pag. 35

105



IDENTITA’ E PRATICHE SPAZIALI


Identità e pratiche spaziali

IDENTITÀ URBANA Dall’evidente sovrapporsi di attori locali e esterni che si radicano nel territorio, o semplicemente lo usano, percependolo in modo differente e influenzando anche le mappe mentali degli altri gruppi sociali, ci si chiede allora quale sia l’identità specifica di Bovisa oggi. Un primo quadro di insieme consente di individuare più comunità compresenti nell’area che sembrano, però, non relazionarsi fra loro, non avere luoghi comuni di incontro e scambio, se non quelli di transito dove l’interazione si limita a un contatto superficiale o alla comune consapevolezza dell’esistenza dell’altro. Bovisa ha una struttura sociale complessa e composita e, per questo, ricca di potenzialità, dove abitanti storici più radicati alla scala locale sono affiancati da individui mobili e legati a reti allargate, anche internazionali. “Bovisa è un quartiere che non è ancora ben definito. Ci sono tante comunità e persone diverse: l’abitante storico milanese che vive in Bovisa da tre generazioni, l’immigrato, l’artigiano, lo 108

studente internazionale di design… Non tutti ne sono consapevoli però; è difficile conoscersi.”1 Se “il problema non è più quello di combattere il carattere multiplo dell’identità, ma quello di evitare che le molte anime che vi risiedono fuggano via, di vincere la loro costante tendenza alla dispersione”2, com’è possibile allora intervenire nella dimensione fisica e sociale per creare luoghi comuni dove le diversità possano esprimersi ed entrare in relazione per definire insieme una nuova comunità? L’identità, a ben vedere, appare proprio come “prodotto del processo di differenziazione”3, quindi la ricerca dell’identità comincia con la ricerca delle differenze, analisi che cercheremo qui di affrontare, pur consapevoli dell’impossibilità di rappresentare tutte le componenti sociali e della tendenza a un’omologazione delle individualità. Il riferimento alla storia locale e alla memoria, presente nel capitolo

precedente, è essenziale per la ricerca dell’identità locale perché “ognuno di noi ha una storia del proprio vissuto, un racconto interiore, la cui continuità, il cui senso è la nostra vita. Ognuno di noi costruisce e vive un racconto, e questo racconto è noi stessi, è la nostra identità.”4. Questa individualizzazione complica la definizione dell’identità, se non la si assume invece come “più identità locali che combinandosi finiscono per configurare l’intera comunità come una sorta di lealtà di conflitto, dove gradi diversi di appartenenza si scontrano, ma che all’occorrenza sanno anche coniugarsi tra loro”5. L’identità quindi non deve essere assunta come autodescrizione stabile e rigida, ma come polo dialogante di una rete di scambi e di relazioni. L’identità è radicata nel territorio secondo un concetto di territorializzazione6 poiché è proprio chiamandolo, organizzandolo e costruendolo che l’attore crea identità. Pertanto, secondo Magnaghi, il progetto deve prendere le mosse dal riconoscimento


Identità e pratiche spaziali dell’identità territoriale individuandone le peculiarità fisiche, i rapporti fra uomo e ambiente nel corso della storia, gli elementi di degrado e i soggetti portatori di innovazione. Partendo quindi da questo complesso sistema di elementi interconnessi fra loro e ponendo particolare attenzione alle pratiche7 quotidiane di fruizione degli individui e dei gruppi sociali, si cercherà di identificare le diverse identità presenti sul territorio e le relazioni e influenze esistenti fra di loro, chiedendosi anche quali siano i prodotti fisici e percettivi che i diversi gruppi hanno lasciato sul territorio.

GEOGRAFIE D’USO E PARTI SOCIALI “Bovisa appare oggi come un territorio dinamico, in cui diverse popolazioni vivono, abitano, attraversano il quartiere”8, un’area urbana che, da tradizionale periferia industriale, si allarga a relazioni più ampie verso Milano fino almeno all’area metropolitana. Per indagare i diversi gruppi sociali e le loro abitudini, è interessante analizzarne le caratteristiche, i modi di vita, gli orari di presenza nel quartiere e soprattutto le loro geografie d’uso, ovvero il loro modo di fruire del quartiere (percorsi, flussi, centralità, aree di residenza). Sulla base delle osservazioni dirette e

delle interviste, si è scelto di dividere la componente sociale in popolazioni. Alcune sono identificate come “stanziali”, radicate al territorio dall’abitare e dalle relazioni sociali di prossimità; altre ricadono invece nella grande categoria dei city users9, ovvero di quelle persone che si spostano quotidianamente all’interno della città o provengono dall’esterno, per utilizzarne i servizi, caratterizzandosi come consumatori temporanei: studenti, lavoratori pendolari, creativi e professionisti cosmopoliti, manager e ricercatori stranieri, turisti. Del primo gruppo fanno parte gli abitanti - non per forza storici -, gli immigrati - non sempre i “nuovi” e ultimi arrivati -, e i commercianti. All’interno del secondo individuiamo invece, gli studenti universitari, i professionisti10, per lo più di mestieri creativi e artistici, e i lavoratori, prima legati alla vocazione produttiva dell’area, oggi più a quella tecnologica, di ricerca e terziaria. Ogni popolazione ha una propria immagine del quartiere, costruita sulla base dei percorsi, dei luoghi di aggregazione, dei servizi più utilizzati, ovvero delle pratiche quotidiane. Queste immagini sono settoriali, parziali, rispecchiano gli spazi fisici più importanti per quel gruppo sociale; ciò non vuole sempre dire che il resto venga ignorato; semplicemente viene operata una selezione. E’ possibile così definire le geografie

d’uso delle diverse popolazioni e porle in relazione con le altre per identificare gli spazi pubblici esistenti e soprattutto i luoghi che presentano già le potenzialità per diventare luogo comune poiché già frequentati da popolazioni diverse o invece, quei luoghi che devono essere implementati o la cui funzione deve essere ridefinita per attirare determinati gruppi sociali. Gli abitanti occupano ovviamente le aree residenziali e usufruiscono dei negozi di vicinato e degli spazi pubblici quali i giardini, la biblioteca. Le loro centralità sono quelle storiche delle piazze. Questa popolazione è quella che conserva la memoria storica e porta avanti la tradizione, allargandosi però a nuove componenti provenienti dall’esterno e che esprimono nuove e differenti esigenze. Gli immigrati si collocano principalmente nella parte marginale a ridosso di via Varé e nelle strade commerciali di accesso al quartiere. Villapizzone è un quartiere con una forte mixité etnica. I commercianti sono presenti nelle aree a maggiore concentrazione di negozi: nelle piazze, lungo via Imbriani e via Imbonatie su via Candiani. Questi tre gruppi condividono spazi pubblici, identificati come le centralità storiche dei quartieri, oltre ai luoghi della mobilità pubblica. 109


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Identità e pratiche spaziali

Gli studenti sono per la maggior parte pendolari, sono quindi presenti nel quartiere solo di giorno, tanto da far dire a molti che “Il quartiere è morto dopo le 19! Gli studenti se ne vanno perché non ci sono locali serali per loro e i negozi chiudono. Le strade sono deserte la sera o nel fine settimana!”11, e non utilizzano interamente il quartiere. Essi arrivano per la maggior parte alla stazione Bovisa – o a quella di Villapizzone – e si recano lungo percorsi quasi obbligati all’interno dei campus. Le vie maggiormente interessate da questo flusso sono via Candiani e via Andreoli a destra della stazione, via Lambruschini a sinistra. La stazione separa nettamente gli studenti di Architettura e Design da quelli di Ingegneria. Solo questi ultimi oltrepassano la ferrovia per utilizzare gli spazi verdi del campus Durando - carenti in quello di La Masa - o per usufruire dei servizi di copisteria e dei bar. I professionisti sono stati richiamati a Bovisa dal basso prezzo degli immobili industriali, convertiti in atelier e loft, e dalla presenza di importanti istituzioni culturali come il Politecnico e la Triennale Bovisa. Molti di essi non negano di essere delusi da Bovisa, “mi aspettavo un quartiere più vivace” racconta Giorgio Martino, architetto e fondatore di Baubau’s, un esperimento di messa in rete delle attività artistiche locali. Altri amano l’atmosfera di paese

che si respira nel quartiere, caratterizzato da edifici bassi e da un’alta qualità della vita. Gli studi sono sparsi all’interno del quartiere, del tessuto storico e residenziale, ma non sono visibili, “si parla di tutti questi studi di design e architettura ma nessuno sa dove siano” afferma Mara, studentessa al Politecnico. Gli stessi abitanti non conoscono molte delle esperienze esistenti, forse perché i professionisti restano all’interno di circuiti urbani allargati ed élitari e non si integrano al quartiere, “c’è stato un periodo di feste in via Schiaffino, nei loft, ma erano private” racconta Giulia, abitante di Bovisa. L’unica occasione di scoperta e di dialogo reciproco è rappresentata dall’evento del Fuorisalone Bovisa che apre gli spazi creativi e crea percorsi interni al quartiere, soprattutto a Dergano. I lavoratori, infine, sono una categoria in rapida espansione. Poco legati al quartiere, se non durante la pausa pranzo, fra di essi resistono ancora figure produttive legate al passato industriale, come gli autotrasportatori che creano non pochi disagi ai residenti, mentre nuove professionalità legate al terziario e alla ricerca preannunciano la vocazione a polo scientifico del quartiere. Le aree frequentate dai lavoratori sono spesso marginali al quartiere o addirittura isolate come il triangolo a nord della stazione Bovisa. I tre gruppi che frequentano

temporaneamente il quartiere appaiono anche poco interessati ad esso; lamentano spesso la carenza di servizi e locali ma non conoscono gli spazi e i luoghi già esistenti. Sono quelli meno attivi nei confronti della scala del quartiere, concorrendo però pesantemente alla sua trasformazione fisica e sociale.

GLI UTENTI STANZIALI La composizione sociale dei residenti è più disomogenea rispetto al passato; gli abitanti storici, tendenzialmente anziani, vengono affiancati da una componente immigrata forte e molto visibile, che si colloca prevalentemente nel tessuto degradato e marginale puntando sul commercio, soprattutto sulla ristorazione. Gli immigrati sembrano inoltre utilizzare in modo intensivo e preponderante gli spazi pubblici del quartiere, andando a sostituire i fruitori tradizionali o affiancandosi ad essi12. Di fianco a questo fenomeno di mediolungo periodo13, che vede primi percorsi di integrazione attuati da associazioni no profit locali, come ad esempio La Tenda, e che si accompagna a occupazioni abusive anche allarmanti14, prendono oggi casa in Bovisa nuovi abitanti. Sono studenti che scelgono la zona per la vicinanza con il Politecnico, giovani single e coppie che vengono attratti dai prezzi più contenuti delle abitazioni ma 111


Identità e pratiche spaziali

anche da tipologie edilizie popolari, come le case di ringhiera, o “alla moda”, come i loft. Molti abitanti sono anche commercianti e artigiani che lavorano all’interno del quartiere. Le zone maggiormente 112

commerciali sono dei poli attrattori alla dimensione locale, ancora organizzata con servizi di vicinato, dov’è possibile instaurare rapporti di conoscenza personale fra negoziante e clienti. “Il mio negozio è il salotto di Dergano, le persone vengono qui

per chiacchierare e parlare del quartiere” racconta il sig. Gelati, storico calzolaio con la bottega a ridosso di piazza Dergano. Come già accennato, consistente è la presenza di attività commerciali e legate alla ristorazione a gestione straniera, soprattutto su via Imbonati e via Imbriani, tanto da far dire a Hella, scenografa del gruppo TIIS, che “Via Imbonati è una casbah, puoi trovare di tutto! E’ vivace, è bella…”. Questi luoghi diventano dei veri e propri centri di aggregazione per le comunità immigrate. La presenza di un alto numero di immigrati è visibile anche dai cartelli multilingue appesi alle entrate delle scuole di quartiere e dalla sezione di libri cinesi della biblioteca di via Baldinucci. “L’emeroteca è molto frequentata dagli stranieri; da qualche anno siamo obbligati a comprare quotidiani arabi e cinesi!” racconta il bibliotecario. Un altro aspetto del commercio di Bovisa riguarda il potenziamento e il proliferare degli esercizi complementari e di servizio alla didattica che si sono sviluppati ai piani bassi degli edifici residenziali lungo via Candiani e via Andreoli. Lungo queste strade, che sono quelle che collegano il Politecnico Durando alla stazione (maggiormente, e quasi esclusivamente, percorse da studenti) è possibile trovare soltanto copisterie e negozi di ristorazione take away. La specializzazione di quest’area, già marginale per la presenza di attività


Identità e pratiche spaziali produttive, ha definito un limite interno al quartiere che i residenti non hanno motivo di frequentare o di attraversare. La compresenza dei residenti e degli studenti, che sono numericamente uguali (12.000 residenti e circa 12.000 studenti che quotidianamente attraversano il quartiere), è caratterizzata dal distacco e dall’indifferenza. Gli studenti restano all’interno del recinto universitario ed escono solo durante la pausa pranzo o per servirsi delle copisterie, instaurando rapporti di fiducia con gli esercenti che consigliano e parlano coi ragazzi; “Le uniche persone che conosco in Bovisa sono studenti o i ragazzi che lavorano nelle copisterie. Nessuno conosce i negozi coi loro veri nomi, per capirsi, si dice “andiamo da Max”.”15.

I CITY USERS Come già accennato, gli studenti universitari sono una componente sociale significativa a Bovisa, che utilizzano, però, il territorio in modo limitato e strumentale ai loro bisogni. Ogni giorno migliaia di giovani si riversano nel quartiere e lo abbandonano, determinando fenomeni di affollamento durante la giornata e una sensazione di “vuoto” la sera, nel week end e nel periodo estivo. Essi

utilizzano in modo esclusivo le aree dei campus, che pure sono caratterizzati da spazi pubblici all’aperto che potrebbero essere interessanti anche per gli abitanti. Con il consolidarsi del Politecnico molti studenti decidono di cercare casa nel quartiere determinando i primi fenomeni di

gentrification. Gli affitti degli appartamenti adiacenti ai campus registrano costi paragonabili a quelli di aree più centrali e più pregiate della città. La loro presenza stanziale provoca anche l’emergere di una nuova domanda di servizi, in primo luogo di locali serali e di divertimento, che il 113


IdentitĂ e pratiche spaziali

ex Gasometri

Villapizzone

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Villapizzone FS

Triennale Bovisa

Politecnico di Milano

Politecnico di Milano

Mario Negri

Livellara orti operai

Bovisa FNM

Telelombardia

Politecnico di Milano

Piazza Bausan

Garibaldina Calcio

biblioteca giardini

giardini

parco Armenia Film


Identità e pratiche spaziali quartiere fatica a soddisfare. “Bovisa è un quartiere universitario; molti studenti vivono qui ma ci sono pochi locali dove andare la sera, c’è il Fermento che fa musica dal vivo e La Scighera, che però è un circolo ARCI. Spesso si sta in casa di amici o si va in centro.”16. Terminati gli studi, pochi di loro scelgono di restare nel quartiere e aprire attività o studi professionali anche se l’acceleratore di impresa del Politecnico incentiva queste forme di radicamento. Il loro rapporto con gli abitanti è limitato poiché, anche chi vive nel quartiere, non trascorre il tempo libero nei suoi spazi pubblici. Ci sono comunque segnali di interesse da parte dei residenti che vedono nel Politecnico e nella presenza degli studenti un’occasione di rigenerazione locale; “Gli studenti dovrebbero organizzarsi e definire i loro bisogni; noi siamo disponibili a dialogare con loro e ad aiutarli” affermano gli abitanti di Dergano presenti al circolo Risorgimento, sede del PD. Come gli studenti, anche i professionisti del mondo creativo sono legati alle maggiori istituzioni culturali presenti sul territorio, in primo luogo la Triennale Bovisa che ha contribuito alla riscoperta della Goccia portando circa “50/75 mila visitatori all’anno nei primi 3 anni di attività”17. La presenza di queste realtà locali è importante e spesso utilizzata dal marketing territoriale

per presentare Bovisa come “quartiere creativo”; nonostante ciò, esse faticano, spesso non sono nemmeno interessate, a radicarsi nel quartiere, stabilendo rapporti con le altre popolazioni presenti. Sono una componente frammentata, “non c’è una rete fra le realtà locali, sono tutte molte individualiste” afferma Angelo Magni, proprietario del Trinity Skate Park. L’unica occasione, già ricordata, è quella del Fuorisalone che però sembra ancora poco incisiva e di scarso impatto locale. E’ interessante invece notare come nei diversi siti internet delle realtà e delle associazioni venga riservata un’intera sezione a Bovisa, al suo passato operaio e alle sue trasformazioni. Ciò sembra far supporre che per i professionisti la localizzazione non è indifferente; essi hanno ben presente le potenzialità di sviluppo del quartiere e soprattutto dell’area degli ex Gasometri. Anche i lavoratori legati al terziario e alla ricerca nutrono grandi aspettative nei confronti dei progetti di trasformazione della Goccia. Proprio l’idea della creazione di un polo scientifico ha attirato a Bovisa grandi istituzioni come l’Istituto Mario Negri e Telelombardia. Per questa categoria sociale Bovisa è inserita principalmente in una scala metropolitana, non è vista come quartiere autonomo e spesso continua ad essere considerata periferia. L’idea della filiera produttiva e di ricerca si basa sulla

relazione fra studenti e lavoratori. Oggi questa componente è limitata ad alcune collaborazioni fra istituzioni per ricerche e tirocini, mentre i pochi locali di ristorazione presenti nella Goccia sono già caratterizzati dalla compresenza spontanea e non conflittuale di queste due popolazioni. Nei prossimi anni, grazie agli sviluppi dell’intervento di riqualificazione, questo aspetto potrebbe essere sicuramente potenziato.

L’ASSE CONSOLIDATO DI VIA CANDIANIVIA LAMBRUSCHINI Le geografie d’uso e la presenza di diverse popolazioni in aree diverse del quartiere ha portato a importanti e vistose trasformazioni fisiche, economiche e sociali, come la concentrazione dei servizi complementari all’università su alcune vie del quartiere. In particolare, la localizzazione delle nuove funzioni urbane presenti nel quartiere e il potenziamento della mobilità su ferro, ha generato flussi consistenti lungo le vie Candiani e Lambruschini, consolidando un asse che già storicamente veniva usato come via privilegiata di comunicazione interquartiere. Percorrendo l’asse è possibile individuare tutte le più recenti realizzazioni: la stazione di Villapizzone, la Triennale Bovisa, il Campus di Ingegneria del Politecnico, l’Istituto di ricerche 115


Identità e pratiche spaziali farmacologiche Mario Negri, la stazione Bovisa, la sede di Telelombardia, il campus di Architettura. Oltre a queste attività di traino, che aprono il territorio a flussi extralocali (non a caso si posizionano vicino alle fermate del Passante), l’asse consolidato è adiacente a numerosi spazi pubblici e servizi propri del quartiere e appartenenti alla sua storia: il centro di Villapizzone, i Gasometri - vero landamark dell’area -, piazza Bausan poco più a sud, la biblioteca e i giardini di via Baldinucci, la Garibaldina Calcio e i giardini su via Candiani, i giardini dell’Armenia Film. Intervenire su questo asse diventa essenziale per potenziare alcuni spazi pubblici esistenti, ripristinare relazioni fra i quartieri, qualificare spazi privi di identità come i parcheggi adiacenti la stazione Bovisa e soprattutto rompere la monodirezionalità dei flussi, agevolando quindi una maggiore integrazione e interazione fra le geografie d’uso delle diverse popolazioni. Gli abitanti non dovrebbero più considerare questo asse come limite del quartiere, ma trovare motivi per percorrerlo e attraversarlo. In questo senso l’azione non deve essere limitata a questa porzione di territorio, ma investire anche quelle aree marginali che necessitano di attrattori, aree nelle quali è possibile reinterpretare la storia locale, lavorando sul recupero di alcuni edifici industriali dismessi, e inserirvi servizi di cui 116

Bovisa e i quartieri limitrofi sono privi. I fenomeni di cambiamento fin qui trattati, ma anche quelli di consolidamento, di deterritorializzazione e il perdurare delle pratiche tradizionali ci portano a dire che Bovisa sembra vivere oggi uno stato di “continuo mutamento e al tempo stesso di processi di radicamento, di incessante metamorfosi e al tempo stesso di una qualche stabilità genetico-organizzativa”18. Diventa allora interessante chiedersi come, in questa fase di delicata costruzione di una nuova identità in cui i grandi operatori e i temi della cultura sono al centro della trasformazione, si possa orientare un progetto in grado di governare i mutamenti esistenti e generarne dei nuovi. Per esempio, alcune tematiche importanti da trattare sono19: il ruolo del Politecnico quale attore strategico della trasformazione che deve aprire maggiormente i campus al quartiere; l’importanza delle diverse scale del progetto e la creazione di un intreccio fra grandi trasformazioni a scala urbana e tessuto della vita quotidiana per permettere al progetto di dar voce alla complessità sociale; la dimensione del quartiere come scala delle reti relazionali locali che costituiscono un punto di riferimento di identità e appartenenza e che possono aprirsi alla dimensione globale. Temi quali insicurezza urbana, declino degli spazi pubblici, affievolirsi delle relazioni sociali, possono essere messi al centro di un

progetto che vede il quartiere come esito di una visione “associativa e progettuale, fondata su una chiara consapevolezza del carattere “non naturale” del quartiere, del significato progettuale dell’azione locale e della natura volontaristica della cooperazione di quartiere.”20.


NOTE 1

Intervista a Giada, scenografa del gruppo TIIS e abitante di Bovisa.

2

Lévi-Strauss C. (a cura di), L’identità, Sellerio, Palermo, 1980

3

Paba G., Luoghi comuni. La città come laboratorio di progetti collettivi, Franco Angeli, Milano, 1998

4

Sacks O., L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Adelphi, Milano, 1986

5

Pazzagli R., Problemi di ricerca sull’identità di un centro della Valdinievole: la comunità di Buggiano nell’età moderna, in Ricerche storiche, n°2, 1991 6

Magnaghi A., Per una nuova carta urbanistica, in Il territorio dell’abitare. Lo sviluppo locale come alternativa strategica, Franco Angeli, Milano, 1990 7

De Certeau M., L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma, 2010 (1990)

8

Cognetti F., Bovisa in una goccia, Polipress, Milano, 2007, pag. 101

9

Martinotti G., Metropoli. La nuova morfologia sociale della città, Il Mulino, Bologna, 1993

10

Non utilizziamo volontariamente il termine “creativi” perché troppo indefinito; a noi non interessa in questa sede analizzare la classe creativa proposta da Florida, che comprende ad esempio anche avvocati, ma i professionisti di settori creativi come l’architettura, il design, l’arte, la moda. 11

Intervista a Flavio di Protosign, ex abitante di Bovisa. Molti altri intervistati riportano la stessa impressione e gli studenti lamentano la mancanza di locali con orario di apertura prolungato. 12

Molti intervistati parlano della presenza degli immigrati nei giardini e soprattutto in piazza Bausan e Schiavone, dove la loro presenza si affianca a quella dei residenti anziani del quartiere. 13

Bovisa è sempre stata una zona, forse per la sua collocazione periferica e per il carattere industriale, ad alta concentrazione di immigrati. Prima gli italiani del sud, poi i magrebini e gli albanesi, oggi i cinesi. 14

La zona a lato della stazione Bovisa ha ospitato, per un paio di anni, uno dei maggiori campi rom della città.

15

Intervista a Mara Boscaro, studentessa di Design della Moda presso il Politecnico Bovisa.

16

Intervista a Evelyn Leveghi, studentessa di design e abitante in Bovisa da 5 anni.

17

Intervista a Davide Rampello, presidente della Triennale.

18

Lanzani A., Granata E., e al. (a cura di), Esperienze e paesaggi dell’abitare. Itinerari nella regione urbana milanese, Abitare Segesta, Milano, 2006. All’interno dello stesso volume le trasformazioni di Bovisa sono comparate a quelle del grande intervento di creazione del polo universitario di Bicocca. 19

Cognetti F., Bovisa in una goccia, Polipress, Milano, 2007

20

Tosi A., Quartiere, in Territorio, n°19, Franco Angeli, 2001, pag.21

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strategie: sistemi relazionali del/nel territorio


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio

LA FRAMMENTARIETÀ DEGLI SPAZI E IL SISTEMA IMMATERIALE L’analisi approfondita del quartiere ha dimostrato come esistano più sistemi sovrapposti. Il primo è dato dagli spazi fisici che si connotano diversamente per tipologia, forma e localizzazione, determinando una molteplicità di luoghi all’interno del tessuto del quartiere. Spazi che vengono fruiti e utilizzati da utenti differenti, in momenti diversi della giornata e in modi che variano a seconda delle necessità quotidiane, oltre che da preferenze che si possono rintracciare solo nella memoria storica del quartiere. Il quadro che emerge è frammentario e variegato: gli spazi si intersecano alle geografie d’uso, le utenze ridefiniscono gli spazi, alcuni luoghi rimangono appannaggio solo di una parte della comunità. Il secondo sistema individuato è di tipo immateriale ed è costituito dalle reti relazionali presenti sul territorio. 120

La presenza sul territorio di diverse istituzioni pubbliche e private di un certo livello ha contribuito a creare una rete solida tra gli attori presenti. Una delle collaborazioni che si rinnovano di anno in anno, infatti, è quella tra il Politecnico di Milano e la Triennale Bovisa che sostengono il Fuori Salone Bovisa con iniziative all’interno del quartiere, incentivando la delocalizzazione dell’evento fuori dal circuito esclusivo del centro storico. Altro appuntamento di rilievo riguarda gli OpenDays organizzati in diverse occasioni per la riscoperta del quartiere. Si ricordano quelli organizzati da EuroMilano in occasione della presentazione del progetto Nuova Bovisa, a cui hanno partecipato anche Triennale Bovisa, Politecnico di Milano e l’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, con un calendario ricco di eventi aperti al pubblico1. Anche la relazione tra Politecnico di Milano e l’Istituto “Mario Negri” è consolidata attraverso la possibilità che l’Istituto dà agli studenti del Politecnico di svolgere per alcuni mesi un periodo

formativo di stage all’interno delle sue strutture. Allo stesso modo, grazie alla presenza sul territorio di una pluralità di artisti, associazioni culturali, professionisti e creativi, si è sviluppato un circuito di collaborazioni e relazioni locali abbastanza allargato. Ciò nonostante, la poca coscienza della presenza di un così alto numero di esperienze creative all’interno del quartiere e la difficoltà di creare relazioni stabili che vadano al di là dell’evento temporaneo, fa sì che la rete locale delle relazioni sia potenzialmente un opportunità di gran lunga maggiore di quella esistente. Un esempio per tutti è l’esperienza di DOC (Dergano Officine Creative)2 che, in concomitanza con l’evento del Fuori Salone, organizza un circuito di eventi alternativo all’interno del quartiere coinvolgendo una serie di realtà locali3. E’ bene notare inoltre, che le collaborazioni tra realtà locali viene spesso messa in secondo piano rispetto alle relazioni che le singole associazioni o artisti rivolgono


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio all’esterno del quartiere, non riconoscendo di fatto un sostegno di tipo sociale ed economico sufficiente nelle istituzioni presenti sul territorio. Si evince quindi come non manchino potenzialmente le relazioni all’interno del quartiere, ma a come queste appartengano a diversi livelli relazionali che non si intrecciano, necessitando quindi di un elemento cardine che si ponga come mediatore individuandone bisogni, prospettive e potenzialità. Il progetto, quindi, prevede strategicamente una risposta a entrambe le problematiche enunciate proponendo non solo un intervento di tipo fisico che risponda alla riqualificazione e alla creazione del sistema degli spazi pubblici, ma anche azioni sociali per la rigenerazione urbana dell’intero quartiere, attraverso la promozione di luoghi d’aggregazione che incentivino l’incontro e la socialità al fine di ricomporre una rete di relazioni trasversali e stabili.

IL CLIMA RELAZIONALE: LE REALTÀ ARTISTICO-CULTURALI Di seguito un breve excursus di alcune realtà artistico-culturali significative del quartiere.

La Triennale Bovisa Inaugurata nel 2006, si situa su un’area di proprietà dell’immobiliare Euromilano con una tendo-struttura temporanea. Lo spazio è interamente dedicato all’arte contemporanea, è aperto di giorno e di sera con una serie di eventi ed iniziative legate ai giovani, mostre, rassegne cinematografiche, attività culturali e sociali. Lo spazio della Triennale Bovisa è di oltre 1400 mq destinati ad esposizioni ed eventi, cui si aggiungono altri 500 mq per il bookshop, la ristorazione e i servizi per il pubblico. Il progetto architettonico è costituito da una costruzione molto leggera, pensata e realizzata per garantire la massima flessibilità funzionale e semplicità di esercizio. Per quanto riguarda l’aspetto comunicativo, La Triennale ha investito molte energie promuovendo diversi strumenti diretti al quartiere e alla città. Una serie di artefatti rispondenti a diverse funzioni, come quella dell’orientamento, informazione e diffusione, hanno sviluppato un progetto di segnaletica per dare forza al marchio TBVS; il progetto “Bovisa in linea”, iniziativa rivolta ai writers milanesi e che ha visto trasformare i muri di cinta che circondano la Triennale. Nonostante la serie di iniziative e campagne di comunicazione, la Triennale Bovisa rimane un episodio ancora slegato dal territorio, che fatica a diventare vero

attrattore e catalizzatore delle attività del quartiere e per la città. Le iniziative sono sporadiche e non riescono ad attirare un pubblico consistente, la programmazione non si rivolge quasi mai al quartiere restando legata ad eventi che non nascono direttamente sul territorio e che vedono in Bovisa la sede staccata della Triennale Cadorna. Il tratto più negativo è l’intermittenza di queste attività che vivono tempi e flussi differenti spesso dettati da eventi attrattivi, feste e happening. Cantiere Bovisa E’ una delle prime realtà creative arrivate nel quartiere. E’ costituita da una location con set fotografici e cinematografici, una parte di studi e uffici, residenza al piano superiore e cortile che spesso viene utilizzato per eventi e feste. Il capannone industriale di 450 mq che la ospita è uno spazio flessibile e versatile, adatto a trasformarsi a seconda dei progetti e delle richieste. Material Connexion Aperto nel 2005, è un centro di documentazione e ricerca a supporto del lavoro di architetti, ingegneri e designer per quello che riguarda l’uso e la sperimentazione di diversi materiali. Ospita l’archivio e gli uffici, che sono anche ubicati all’interno della Triennale di Milano, 121


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio architetti che lavora al riciclo di materiali e all’uso di materiali ecocompatibili per la costruzione di arredi e di oggetti. L’idea è quella di creare una propria struttura che affianchi l’attività professionale, la ricerca indipendente nel campo del design e la didattica presso il Politecnico. Material Connexion

oltre che a sedi di livello internazionale. Svolge un importantissimo servizio anche per gli studenti, ai quali viene dedicata un’attenzione particolare. De Made E’ una casa di produzione specializzata nel settore filmati pubblicitari, documentari e videoclip. La struttura si sviluppa su circa 2000 mq tra uffici e studi completamente attrezzati. De Made svolge un costante lavoro di ricerca a sostegno dei nuovi talenti presenti sul mercato nazionale e internazionale, mettendo a disposizione la propria struttura come vero e proprio laboratorio creativo. Negli ultimi anni sono stati accorpati gli studi di posa con gli uffici di rappresentanza e produzione (su progetto dello studio Zanuso). A4A design Tra i numerosi studi di giovani emerge A4A design, spazio aperto in Bovisa circa nel 2001, composto da un gruppo di 122

di uno spazio dove lavorare, momenti di contaminazione, sostegno e confronto. Gravitano attorno alla struttura una trentina di artisti in maniera stabile e una compagnia teatrale.

The Bag Art Factory Il progetto The Bag Art Factory nasce nel 2003 dalla volontà di un gruppo di giovani artisti di occuparsi del riutilizzo di una piccola area dismessa (la ex Ronchi) e del proprietario dell’area che, in attesa di trasformazione certa, ha concesso la gestione a titolo gratuito. Oggi la loro sede si è trasferita all’interno degli spazi del Trinity Skate Park. Le necessità che stanno alla base del progetto sono semplici: si cerca di creare una realtà artistica dove il confronto gomito a gomito permetta agli artisti stessi, oltre che la disponibilità

Base B Bovisa E’ un progetto di occupazione temporanea nato nel 2005 con l’intento di riutilizzare un edificio dismesso di piccole dimensioni di proprietà di Euromilano. Nelle palazzine sono stati collocati studi e uffici di piccole dimensioni destinati a giovani professionisti, in locazione a costi contenuti. Ad oggi è sede degli uffici di Expo 2015. I numeri: 4300 mq di un ex-magazzino edile, 20 moduli di uffici attrezzati per studi professionali, 2 capannoni i con tre spazi espositivi e un grande cortile all’aperto. I capannoni vengono utilizzati come location per attività culturali e sociali: presentazioni, feste, attività aperte al pubblico.

The Bag Art Factory

Base B, Metri quadri creativi


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio In occasione del Milano Film Festival e del Salone del Mobile 2007 sono stati collocati all’interno di questa strutture alloggi temporanei realizzati con materiali di riciclo, per circa due settimane. L’allestimento curato da esterni ha permesso di ospitare e di realizzare una compresenza artistica di circa 400 giovani provenienti da varie parti del mondo, ospitati tra Base B e il Politecnico. Il rifacimento della facciata è frutto di un lavoro collettivo ideato dall’artista messicano Raymundo Sesma. Lo spazio è in concessione e gestito dall’associazione culturale Zona Bovisa. Trinity Skate Park Nato nel 2007. Primo spazio di questo tipo a Milano, si sviluppa attorno a un capannone ristrutturato di 1200 mq, con piste da skate, shop e bar al coperto.

Trinity Skate Park

E’ aperto dal pomeriggio fino a notte. La fruizione delle strutture può essere libera oppure tramite corsi ed esibizioni. La struttura ospita anche accoglienza temporanea, attraverso la disponibilità di una ventina di posti letto. Circolo Arci ‘La Scighera’ E’ un centro culturale che ruota attorno a un capannone industriale di circa 500 mq che sorge in Via Candiani.L’area è fisicamente suddivisa in quattro zone: un bar-caffetteria, un’area palco destinata a concerti e spettacoli teatrali, una libreriamediateca che vede l’allestimento di mostre ed esposizioni e un grande soppalco che, oltre a fare da sede all’emittente Radio Bandita, ospita corsi e seminari. Officina dei Giovani Il 30 giugno 2009 apre l’Officina dei Giovani gestita dall’onlus Amico Charly, 12.000 metri quadri completamente attrezzati grazie a un investimento complessivo di oltre 4 milioni di euro (uno dei quali erogato dalla Regione Lombardia). Biblioteca Rionale Dergano-Bovisa e il Libraccio Libreria di quartiere con una vasta lista di titoli; di rilievo la sezione di libri in lingua cinese che comprende circa 1.200 volumi. Il Libraccio invece è una libreria a supporto dell’Università, ma anche di servizio

Biblioteca di quartiere, Dergano

al quartiere. Offre un ampia gamma di libri specializzati in architettura, grafica e design, ma anche libri di più comune diffusione. Spazio di qualità a cui è prestata particolare attenzione ai più piccoli. A ricordarci invece l’origine del quartiere operaio e della sua vocazione all’associazionismo legato alla fabbrica, ancor oggi sopravvivono alcuni centri di aggregazione riconoscibili come storici, per lo più iniziative del privato sociale profondamente radicate in questa zona, come la Croce Viola e la Cooperativa edificatrice, entrambe di Dergano. Dal 1999, la cooperativa sociale La fabbrica di Olinda sviluppa diverse attività, che vanno dalla gestione di un barristorante all’elaborazione di percorsi di inserimento lavorativo. Attive nel sociale 123


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio sono pure il Centro Culturale Multietnico La Tenda e l’associazione Luca Rossi per l’educazione alla pace e all’amicizia tra i popoli. Il vecchio clima sociale del quartiere sopravvive tra piazza Bausan, via Mercantini e via Ricotti, dove si trova una sede sindacale e la cooperativa familiare Bovisa, soprattutto per la popolazione over 50.

STRATEGIA DI PROGETTO

visto il primo asse è quello consolidato, un tempo strada di connessione fra Bovisa e Villapizzone, poi limite fra il quartiere residenziale e quello produttivo, ora interessato dai maggiori flussi di studenti e city users anche a causa della riconversione e rifunzionalizzazione di edifici limitrofi a tale direttrice (Politecnico, Triennale Bovisa) e della presenza delle due stazioni ferroviarie. 2_Asse consolidato Considerando l’asse strategico come

Definire una strategia di progetto significa innanzitutto fare delle scelte. Significa individuare una strategia a lungo termine evidenziandone i passaggi intermedi, definendo le priorità e gli obiettivi principali. La strategia del progetto si articola dunque per fasi successive che determinano di volta in volta l’elemento fondamentale su cui la proposta progettuale andrà ad incidere.

2

1

1_Asse del sistema Nel territorio preso in esame sono individuati due assi: uno è quello di via Lambruschini-Candiani, interno e trasversale al quartiere; l’altro è quello individuato dal PGT come linea strategica di riconnessione tramite il sistema ambientale, tangenziale al quartiere e fondamentale per lo sviluppo futuro dell’area degli ex Gasometri. Come si è 124

esterne al quartiere residenziale, vissuto e caratterizzato da servizi di vicinato. Queste strade rispondono alla nicchia di mercato degli universitari e non offrono attrattive per gli abitanti, che non le percorrono o attraversano. La parte a nord resta, infatti, produttiva o non ben definita negli usi.

direttrice già pianificata e in sviluppo, di cui attualmente è stata realizzata soltanto la parte terminale del parco del PRU Palizzi, l’attenzione è rivolta all’asse consolidato, spazio in trasformazione e luogo strategico per un intervento di ricucitura all’interno del quartiere. Attualmente via Lambruschini e, soprattutto, via Candiani sono percepite come limiti poichè

3_Assi da sviluppare L’intervento sull’asse e sugli spazi pubblici ad esso limitrofi appare fondamentale per aprire i nuclei residenziali verso l’esterno, mettendoli in relazione con le altre parti del quartiere, l’università, gli edifici industriali riconvertiti a nuovi usi e funzioni. Gli spazi devono essere messi a sistema per poter consentire a tutti gli utenti di vivere il quartiere nel complesso, spostandosi al suo interno, scoprendo zone non conosciute perchè non di passaggio abituale. Ovviamente l’intervento dovrà


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio occuparsi delle funzioni da assegnare a questi spazi, pensate per attirare diversi gruppi di persone e comunità.

immateriale, ponendosi come obiettivo quello di diminuire il divario tra i livelli differenti e distanti dell’intero sistema relazionale esistente.

farmacologiche Mario Negri, Telelombardia e alcuni centri terziari localizzati sui margini. Parallelamente il quartiere ha visto il diffondersi e il proliferare di associazioni e realtà creative, alcune legate al quartiere, altre attirate dai cambiamenti in atto. La diversa scala di interessi non permette a questi due sistemi di dialogare o collaborare.

3

4_Catalizzatori urbani Ci sono aree più estese del territorio che devono essere potenziate e rifunzionalizzate per poter attrarre sia gli abitanti del quartiere e le persone che lo frequentano che utenti esterni, provenienti dalla città, dal territorio o inseriti in reti globali. Queste aree, per la maggior parte dismesse, diventano nodi strategici per la connessione fra quartiere e aree limitrofe, fra quartiere e città. Inserire degli attrattori nelle aree produttive a ridosso dei margini del quartiere permetterebbe di dotare di nuovi servizi l’area e di creare un sistema esteso di relazioni, non limitate alla dimensione di prossimità.

4

Relazioni attuali Nel quartiere esistono già grandi istituzioni, arrivate negli ultimi 20 anni grazie alla disponibilità di edifici industriali da riconvertire: il Politecnico in primo luogo, la Triennale Bovisa, l’Istituto di ricerche

Relazioni potenziali La strategia messa in atto per quanto riguarda il sistema immateriale di relazioni presenti sul territorio propone la creazione, o l’inserimento, di un terzo elemento intermedio ai primi due. Questo dovrebbe relazionarsi sia con le istituzioni che con le realtà locali, agevolare la collaborazione degli elementi interni a questi due sistemi e promuovere il dialogo e la cooperazione fra le due scale, mobilitando attori adeguati a seconda dei progetti proposti.

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Parallelamente la strategia si concentra per tutte le fasi del progetto sul sistema 125


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio

centro culturale centralitĂ locale spazio pubblico di intervento area trasformata dal progetto area di influenza area esistente interessata percorso di intervento relazione prioritaria relazione secondaria

Relazioni fisiche e aree interessate

126


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio ECOMUSEO NIGUARDA CONSORZIO CASCINE MILANESI

PARCO NORD PARCO TROTTER

EUROMILANO AFFORI CENTER

TRINITY SKATE PARK THE BAG ART FACTORY POLITECNICO COHOUSING POLITECNICO BASE B VILLAPIZZONE FS PARROCCHIA

LA SCIGHERA BIBLIOTECA LA TENDA

BOVISA FNM

TRIENNALE BVS POLITECNICO CONDOMINIO

CIRCOLO BOVISA TELELOMBARDIA

MADE

CIRCOLO RISORGIMENTO

ARTE E NATURA MACIACHINI CENTER

DERGANO OFFICINE CREATIVE

TIIS

MARIO NEGRI

centro culturale istituzione realtà culturale locale relazione di progetto relazione istituzionale relazione locale promozione progetto collaborazioni/ relazioni esterne

AGRARIA MILANO FILM FESTIVAL

BODIO CENTER

CIRCUITO CINEMA CITTADINI

CENTRI CULTURALI CITTADINI ESPERIENZE EUROPEE

Sistema relazionale attivato

127


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio

IL CENTRO CULTURALE DIFFUSO In questa sezione si vuole evidenziare l’alternativa del centro culturale come strategia di progetto di rigenerazione e valorizzazione urbana a partire dalla presenza di una realtà creativa e culturale in grado di traghettare nel quartiere altri soggetti simili, aumentare il valore dell’area, richiamare nuovi investitori e capitali, coordinare le potenzialità esistenti. Il centro culturale come soluzione progettuale si pone infatti all’interno del dibattito internazionale sul profondo cambiamento dei sistemi di organizzazione della vita sociale. La sfera pubblica4, ossia l’insieme delle iniziative finalizzate a trattare istanze collettive, chiede di essere rinnovata nei contenuti e nei meccanismi organizzativi. E’ indubbio infatti che la produzione di beni pubblici oggi non può essere considerata una competenza esclusiva dello Stato, così come il fatto che una delle condizioni di efficacia delle politiche pubbliche sia il partenariato di progetto e cioè la partecipazione allargata e la ricerca di sinergia tra diversi attori (istituzionali, privati, sociali, politici, economici,…) non solo nell’ideazione ma anche nella realizzazione degli interventi. Il centro culturale che non è solamente spazio per la cultura, ma anche e 128

soprattutto presidio sul territorio per tutte le realtà presenti nel quartiere e può allo stesso tempo essere punto di riferimento per la città.

la capacità di apprendere le differenze e le somiglianze, che la multiculturalità può essere interpretata come un’occasione anziché come un rischio.

La proposta di un centro culturale diffuso parte dalla volontà di ricostruire attraverso i molteplici spazi, rintracciati e riconosciuti all’interno del quartiere come potenziali, un sistema di spazi pubblici. Quattro poli localizzati fisicamente sul territorio mettono in rete gli spazi ripensandoli, costruendoli, riattivandoli e ridefinendo relazioni fisiche e spaziali tra le aree interessate. La ricucitura del tessuto attraverso la creazione di luoghi comuni, della comunità, la loro riconversione in spazi pubblici, avviene non soltanto attraverso la costruzione fisica della spazio ma anche attraverso la riattivazione del sistema relazionale. Lo spazio pubblico è una realtà culturale in trasformazione, intimamente relazionata con la storicità stessa della cultura. Nel progetto dello spazio pubblico è importante comprendere questo fatto quando si pensa alle possibilità della città contemporanea. Luoghi comuni come spazi di mediazione e di riferimento per agevolare il dialogo e la cooperazione tra i diversi attori e le differenti comunità per un recupero della connotazione etica della legittimazione sociale dello spazio pubblico. E’ proprio a partire dai luoghi dell’abitare e del vivere quotidiano che si costruisce

Nei capitoli successivi si presenteranno il progetto dei luoghi comuni, gli interventi, le azioni e le nuove pratiche che possono essere applicate a differenti contesti, non dimenticando che il territorio è un sistema, che il governo delle sue trasformazioni spetta alla mano pubblica, e che perciò è essenziale riportare gli spazi pubblici all’interno della pianificazione: anzi, porli al suo centro5.


Strategie: sistemi relazionali del/nel territorio

NOTE 1

Quartiere generale della manifestazione era l’ area di gasometri, dove è stata allestita l’esposizione dedicata al progetto di Rem Koolhaas, che ha illustrato le linee guida delle scelte urbanistiche per il masterplan. La riscoperta della Bovisa iniziava dalla stazione, da dove sono partite le visite guidate, in bici o con i bus Atm, di gruppi di 25 persone. Tappe dell’ itinerario sono state la Triennale Bovisa, con la mostra “Guido Crepax - Valentina, la forma del tempo”, la Galleria del Vento e i laboratori di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico, l’Istituto Mario Negri, il centro di ricerca e biologia molecolare più avanzato d’ Europa, e gli studi di Telelombardia. 2

L’Associazione D.O.C. ha come obiettivo quello di formare e diffondere cultura, con particolare riferimento a tutte quelle forme d’arte che nascono e si sviluppano nelle botteghe artistiche, artigiane e della creatività in genere, e promuove la diffusione e la conoscenza del mondo del ‘fare creativo’ contemporaneo in bottega. L’Associazione crea sinergie tra le diverse realtà presenti nel quartiere di Dergano, contribuendo allo sviluppo del territorio-quartiere e promuovendone le risorse. 3

Il circuito Fuori Salone D.O.C. prevede una serie di mostre, esposizioni, degustazioni, conferenze e attività nell’ottica di creare collaborazioni e sinergie con le realtà creative presenti nel quartiere, nel 2010 ha visto coinvolte Consorzio Politecnico di Milano Facoltà di Design, MADE Production Company e THE BAG ART FACTORY. 4

Si veda in proposito una bibliografia di riferimento: Cicalò E., 2009; Bottino, 2010; Cottino, 2009

5

Salzano, 2010

129



CENTRO CULTURALE DIFFUSO


Centro culturale diffuso

GLI OBIETTIVI DEL PROGETTO Il progetto che la tesi propone è un progetto ambizioso e complesso che si articola in un arco temporale esteso e che prevede una serie di fasi successive ma compenetrate negli obiettivi, alternando sia interventi di recupero fisico che azioni temporanee di animazione sociale. L’obiettivo è di riqualificare il quartiere attraverso il recupero di alcuni edifici dismessi e di rigenerare alcuni spazi residuali, abbandonati, sottoutilizzati o che non prevedono l’interazione e lo scambio, impedendo di fatto, per mancanza di spazi adeguati, la socializzazione e l’incontro delle diverse comunità del quartiere. Il progetto prevede la creazione da una parte di attrattori con funzioni predominanti, dall’altra di presidi sul territorio di tipo stabile o temporaneo.

132

CRONOPROGRAMMA: FASI E OBIETTIVI SPECIFICI L’arco temporale previsto per il dispiegamento completo delle potenzialità strategiche di sviluppo del progetto è di vent’anni, all’interno dei quali sono state individuate una serie di fasi con tappe e obiettivi da raggiungere nel periodo intermedio. Il recupero degli edifici ora dismessi e in stato di abbandono che ospiteranno le sedi dei quattro luoghi comuni scandiscono le fasi quinquennali assieme al raggiungimento di altri obiettivi considerati indispensabili per l’attuazione del progetto. Le finalità e gli obiettivi a lungo termine vengono scanditi e raggiunti attraverso obiettivi specifici di ogni fase. La prima fase di sperimentazione si propone, nei primi cinque anni, la creazione del Campus Off; la creazione di una prima rete immateriale che diventi il punto di partenza per lo sviluppo dei progetti successivi e per la costituzione dell’Agenzia

di Sviluppo Locale, la realizzazione di alcuni interventi negli spazi pubblici e l’inizio dei lavori per il restauro dell’ex-Ronchi. Le seconda fase, quella di territorializzazione, vede l’apertura del secondo luogo comune come sede stabile per l’Agenzia di Sviluppo Locale, le cui attività saranno già state avviate e quindi ora consolidate; l’apertura de Il Dopolavoro decreta invece la diffusione sul territorio del centro culturale diffuso rappresentando il terzo luogo comune del quartiere. Con la terza fase e l’apertura del quarto centro e l’inizio dei lavori di restauro dell’edificio ora dismesso dell’A2A il sistema si consolida e si amplia, inserendo una nuova funzione e nuove attività all’interno di un più ampio intervento di riqualificazione urbana dell’area della Goccia. Il cronoprogramma si chiude con la fase denominata integrazione nella quale il progetto si esplica completamente andando a ricucirsi con le previsioni di sviluppo e con le realizzazioni che la pianificazione territoriale ha previsto per tutta l’area della Bovisa. Tutti i centri saranno consolidati,


Centro culturale diffuso

2011

SPERIMENTAZIONE

2016

TERRITORIALIZZAZIONE

creazione Campus Off creazione rete immateriale interventi negli spazi pubblici restauro ex Ronchi

le relazioni interquartiere aumenteranno la loro forza ed efficacia, perchè l’autonomia dell’Agenzia di Sviluppo, all’interno di un sistema stabile e con un’identità condivisa, può garantire un dialogo con l’intero sistema metropolitano tenendo conto delle specificità locali.

I LUOGHI COMUNI I quattro centri si differenziano tra loro sia per la vocazione e le funzioni inserite, sia per il loro ruolo all’interno della rete e lo sviluppo temporale del progetto associato. Il Fabbricone è il fulcro e il centro di coordinamento dell’intero progetto e offre servizi non solo a scala locale per

2021

CONSOLIDAMENTO

apertura centro consolidamento attività Agenzia di Sviluppo Locale apertura Il Dopolavoro

gli abitanti, ma anche di supporto alle realtà creative e le associazioni, svolgendo attività che si sviluppano in termini continuativi per la durata di tutto il progetto. Campus Off ha un’attività limitata perchè nascerà temporaneamente in un’area sulla quale le previsioni di trasformazione sono previste entro i prossimi due anni e si porrà come obiettivo quello di creare un’interfaccia tra gli abitanti del quartiere e la popolazione studentesca che gravita attorno al Politecnico. Il Dopolavoro e Il Posto si connotano per una funzione ben precisa che viene inserita all’interno del quartiere e vedono l’inaugurazione della loro sede fissa in una fase successiva ai primi due centri. La vocazione de Il Dopolavoro è legata alla filiera agricola e recupererà alcune pratiche

2026

INTEGRAZIONE

ampliamento sistema restauro edificio A2A integrazione progetto Goccia nuove attività

2031 integrazione pianificazione relazioni extraquartiere consolidamento centri autonomia ASL

già attive nel quartiere legate alla presenza di orti operai, riproponendole anche in altri spazi. Il Posto invece va a sopperire la mancanza di una funzione, quella del cinema, il cui bacino d’utenza è allargato anche ai quartieri limitrofi.

133


Centro culturale diffuso ECOMUSEO NIGUARDA 8

THE BAG ART FACTORY

7

POLITECNICO TRIENNALE BOVISA

LA SCIGHERA DERGANO OFFICINE CREATIVE

PUNTO ZERO PARROCCHIA VILLAPIZZONE

5 6

1

3

CENTRI CULTURALI CITTADINI ESPERIENZE EUROPEE socializzazione I animazione I promozione I riscoperta I spazio pubblico I coinvolgimento I reti immateriali I aggregazione I riqualificazione I incontro I comunità eterogee I sviluppo territoriale I polifunzionalità I

134

4

2 9 Il centro comincia la sua attività in spazi pubblici esistenti o potenziali adiacenti all’ex Ronchi (6), scelta come sede, (2-4-5), per poi allargarsi verso i margini del quartiere (7-89). All’interno del tessuto consolidato residenziale, il centro organizza eventi socializzanti (3), necessari alla costruzione della rete.


Centro culturale diffuso

IL FABBRICONE1 Il centro comincia la sua attività in spazi pubblici esistenti o potenziali adiacenti all’ex Ronchi, come i giardini prospicenti in via Guicciardi, uno spazio di verde residuale in via Besozzi e un edificio a ribalta per autotrasportatori in via Baldinucci. Successivamente coordina progetti in aree più marginali del quartiere, allargando la sua area d’influenza (il parco dell’ex ospedale Agostino Bassi, i giardini di via Cesare Brivio a Dergano e via Imbonati, i giardinetti di via Cevedale e un tratto della ferrovia sopraelevata in via Cevedale). L’edificio dell’ex Ronchi, all’interno del tessuto consolidato residenziale, una volta ristrutturato, ospita la sede dell’Agenzia di Sviluppo Locale. Il centro organizza eventi socializzanti, necessari alla costruzione della rete; inoltre saranno presenti una residenza temporanea per artisti, una sala prove e una spazio per concerti, un’area espositiva, sale per conferenze, un’aula computer, laboratori di modellistica per gli studenti del Politecnico e una serie di servizi di accoglienza come un bar/ristoro e un punto informativo. Le aree d’influenza che, oltre agli spazi direttamente attivati, il centro comprenderà sono l’intero quartiere Bovisa, Dergano, Affori, Villapizzone e l’intera città di Milano. Le reti relazionali attivate coinvolgeranno le istituzioni pubbliche, i privati, le piccole realtà creative della zona e gli abitanti, gli studenti del Politecnico e daranno la possibilità al progetto di aprirsi al network dei centri e degli spazi culturali non solo in ambito milanese ma anche su scala nazionale e internazionale.

135


Centro culturale diffuso

1

2 POLITECNICO TRIENNALE BOVISA

THE BAG ART FACTORY

LA SCIGHERA CIRCOLO BOVISA

riuso temporaneo I studenti-abitanti I università aperta I incontro I servizi I progetto partecipato I spazio pubblico I diversificazione I autogestione I integrazione I sistema I identità I sperimentazione I

136

3

POLITECNICO 5

4

Dopo un primo evento di presentazione del progetto negli spazi pubblici dell’Università (1), che si aprono verso il quartiere, e un’installazione artistica sullo scheletro dell’edificio (2), un workshop di progettazione e costruzione realizza una piazza pubblica con un’area relax e gioco, una piccola piscina (3). Una parata coinvolge tutta la popolazione e collega fisicamente l’area a Piazza Bausan, cuore di Bovisa (4). Infine, la proposta di riqualificazione delle strade studentesche (5) durante la realizzazione del progetto definitivo «Bovisa Tech».


Centro culturale diffuso

CAMPUS OFF Dopo un primo evento di presentazione del progetto negli spazi pubblici dell’Università, che si aprono verso il quartiere, e un’installazione artistica sullo scheletro dell’edificio incompiuto in via Durando, un workshop di progettazione e costruzione realizza una piazza pubblica con un’area relax e gioco, una piccola piscina. Una parata coinvolge tutta la popolazione e collega fisicamente l’area a Piazza Bausan, cuore di Bovisa. Infine, la proposta di riqualificazione delle strade studentesche, via Candiani e via Andreoli, in attesa della realizzazione del progetto definitivo “Bovisa Tech”. Il progetto temporaneo prevede un’aula studio aperta 24/24 con accesso a internet wireless anche all’esterno, un’area deposito bagagli per gli studenti pendolari, un’area relax dove potersi riposare, un refettorio per la pausa pranzo e aree dedicate allo sport. L’area d’influenza del progetto si estende dalla Stazione Bovisa/Politecnico fino all’estremità est di via Candiani, oltre che l’asse Piazza Bausan/via Candiani. Relazioni strette intercorrono anche con il quartiere Dergano e gli edifici delle Cristallerie Livellara. Le reti relazionali attivate dal progetto coinvolgeranno il Politecnico e in particolar modo gli studenti della Facoltà di Architettura e Design, gli abitanti, i commercianti che hanno la loro attività sulle vie maggiormente frequentate dagli studenti in pausa pranzo e i lavoratori che svolgono la loro attività nella zona nord del quartiere.

137


Centro culturale diffuso CASCINA CUCCAGNA PARCO TROTTER

PARCO NORD

EUROMILANO

1 3 POLITECNICO

TRIENNALE BOVISA

BOVISA FNM CONDOMINIO SOCIALE

5

POLITECNICO COHOUSING

2

ARTE E NATURA

BOVISA VERDE

6

7 4

MARIO NEGRI AGRARIA

ecologia I sostenibilità I reti specializzate I collaborazione I pratiche agricole I memoria locale I bonifica naturale I artigianato I educazione I valorizzazione I innovazione I qualità I ruralità I

138

Il centro sistema gli orti esistenti e si occupa della loro promozione all’interno di rete urbane (1), dell’organizzazione e gestione di un mercato agricolo, prima nella corte della cascina (2), poi nell’area dismessa delle Ferrovie Nord (3). L’area ospita anche le prime strutture del centro, nelle quali svolgere attività didattiche, workshop e eventi. Il centro propone e segue l’operazione di fitodepurazione dell’area limitrofa alla ferrovia, permettendone un uso temporaneo a parco (4). Seguono: il trasferimento del centro all’interno della fabbrica Livellara (5), il potenziamento dell’attività artigianale (6) e la creazione di un collegamento pedonale (7).


Centro culturale diffuso

IL DOPOLAVORO Il centro sistema gli orti esistenti su via Bovisasca e si occupa della loro promozione all’interno della rete urbana, dell’organizzazione e gestione di un mercato agricolo, prima nella corte della cascina a ridosso degli orti, poi nell’area dismessa delle Ferrovie Nord a fianco della Livellara. L’area ospita anche le prime strutture del centro, nelle quali svolgere attività didattiche, workshop e eventi. Il centro propone e segue l’operazione di fitodepurazione2 dell’area limitrofa alla ferrovia oggi vuoto urbano3, permettendone un uso temporaneo a parco. Gli interventi che seguono sono il trasferimento del centro all’interno della fabbrica Livellara, dopo la sua ristrutturazione, il potenziamento dell’attività artigianale e la creazione di un collegamento pedonale che colleghi l’area agli spazi ancora produttivi al di là della ferrovia, innestando un ponte per l’asse che successivamente collegherà anche l’area dei gasometri. Sono previsti aree per la didattica (laboratori, workshop, una libreria specializzata), un’area per la ristorazione di alta qualità e una dove sarà possibile preparare, cucinare e gustare in autonomia i prodotti dell’orto (do eat yourself)4, una serra, un orto didattico, una ciclofficina e la possibilità di noleggiare la bicicletta, spazi commerciali e un’area di mercato per i produttori della zona. Le relazioni che questo centro attiva interesseranno il Parco Nord, il Parco del Trenno, il Consorzio delle Cascine milanesi, gli studenti universitari e in generale le scuole nelle vicinanze per attività rivolte ai bambini (MUBA5, Scuola Rinnovata Pizzigoni6), Il Fabbricone, i commercianti e la rete dei mercati settimanali presenti in Bovisa. Le aree, invece, che potranno essere influenzate dalle attività del centro sono quella della Stazione, via Cosenz, sede del Politecnico La Masa, la Triennale e alcuni spazi residuali del quartiere.

139


Centro culturale diffuso

EUROMILANO

1 8

5

4

2 POLITECNICO MADE TRIENNALE BOVISA VILLAPIZZONE FS

TELELOMBARDIA

MILANO FILM FESTIVAL

6

LA SCIGHERA

MARIO NEGRI

TIIS

CINEMA CITTADINI

cinema I attrattore I rivitalizzazione I collegamenti interquartiere I sistema extralocale I spazio aperto I integrazione I archeologia industriale I infrastrutture I sistema istituzionale I marginalità I specificità I

140

3 7

La programmazione del centro inizia prima della sua inaugurazione, con proiezioni pubbliche all’aperto, negli spazi pubblici dei quartieri, parco Testori (2), giardini dell’Armenia Film (3), Triennale Bovisa (4) e in spazi coperti, come l’auditorium del Mario Negri (6). Il centro si allarga agli spazi aperti vicini, riqualificandoli e facendoli diventare aree di incontro e aggregazione, oltre che accessi: via Lambruschini (1), la stazione Villapizzone (5), Villapizzone (8) che viene ricollegato all’area Bovisa-Dergano.


Centro culturale diffuso

IL POSTO7 La programmazione del centro inizia prima della sua inaugurazione, che avverrà a restauro finito dell’edificio di proprietà dell’A2A in via La Masa, con proiezioni pubbliche all’aperto, negli spazi pubblici dei quartieri, parco Testori, giardini dell’Armenia Film, Triennale Bovisa e in spazi coperti, come l’auditorium del Mario Negri. Il centro si allarga agli spazi aperti vicini, riqualificandoli e facendoli diventare aree di incontro e aggregazione, oltre che accessi: via Lambruschini, la stazione Villapizzone, il quartiere di Villapizzone che viene ricollegato all’area Bovisa-Dergano. Gli spazi del centro ospitano una sala proiezione con palcoscenico, un archivio multimediale della storia del quartiere, il Museo Olmi, laboratori multimediali per corsi di montaggio o registrazione, una camera oscura, un’area relax e una ristoro. Le reti che creerà saranno prevalentemente legate a chi nel quartiere lavora con le arti visive e multimediali (fotografi, videomaker, ecc.), alle istituzioni presenti nelle vicinanze come la Triennale8 o ad associazioni che organizzano rassegne cinematografiche come la Scighera, ma anche a quelle appartenenti al circuito delle sale cinematografiche milanesi, al teatro presente a Bovisa.

141


Centro culturale diffuso

NOTE 1

Il nome trae ispirazione da un’opera letteraria di Giovanni Testori, originario di Bovisa: Il Fabbricone, Feltrinelli, 1961

2

Sistema di bonifica naturale attuata tramite specifiche interazioni fra suolo, batteri e piante

3

Area a ridosso della stazione ferroviaria oggetto di bonifica. Prima degli sgomberi del 2008 ospitava un campo Rom.

4

Si veda in riferimento il progetto di esterni in occasione del Public Design Festival 2009, Do eat yourself! L’angolo dell’autopreparazione prevedeva un’area attrezzata come la cucina di un grande chef per tritare, frullare, spremere, centrifugare, tostare, bollire, lavare, affettare la spesa appena fatta al Mercato Comunale. 5

MUBA nasce nel 1995 con l’obiettivo della realizzazione di un Museo dei bambini a Milano, ed è il primo gruppo che ha proposto con successo mostre di grande rilievo per bambini, in Italia e all’estero, uniche per ampiezza e numero di visitatori. Dal 1998 MUBA presenta le proprie mostre presso la Triennale di Milano, tappa di partenza per la successiva itineranza in altri musei italiani. Muba opera, dunque, in modo continuativo su un territorio non solo locale, con proposte culturali ed educative fortemente caratterizzate. Si propone come l’unica struttura in Italia specializzata nella realizzazione di percorsi di gioco e mostre interattive per bambini. La missione di MUBA è lo sviluppo e la diffusione dell’educazione non formale, al fine di promuovere una cultura innovativa per l’infanzia che pone al centro dell’esperienza i bambini, secondo il metodo pedagogico dei Children’s Museums, ai quali MUBA è strettamente legato. 6

La Scuola Primaria Rinnovata, scuola speciale di Metodo, è intitolata alla sua fondatrice Giuseppina Pizzigoni che propose un metodo che la scuola tutt’ora utilizza legato all’esperienza come strumento di apprendimento. La sede della scuola in via C. da Castello sorge su un’area di circa ventiduemila metri quadri, occupati dalle aule, dai campi agricoli, una serra, una piccola fattoria e dalle strutture di agraria, da viali e cortili per il gioco, dalla piscina. 7

Il nome trae ispirazione da un film del 1961scritto e diretto da Ermanno Olmi, vissuto in Bovisa e autore del libro Il ragazzo della Bovisa. 8

Nel 2010 la Triennale ha ceduto i suoi spazi alla rivista Nick Magazine che in occasione della mostra “It’s Not Only

Rock’n’Roll, Baby!” ha proposto una rassegna cinematografica dal titolo Rock’n’Roll Life.

142


Centro culturale diffuso

SCHEDA N° 1: KULTURBRAUEREI Un distretto culturale, terziario e turistico in un ex- birrificio a sostegno della gentrificazione

DOVE: quartiere Prenzlauer Berg, Berlino, Germania ANNO DI APERTURA: 1999 DIMENSIONI: 25.000 mq PROPRIETA’: TLG KulturBrauerei GmbH & Co. KG, un’impresa del TLG Immobilien GmbH PROMOTORI: TLG KulturBrauerei GmbH & Co. KG GESTIONE: TLG KulturBrauerei GmbH & Co. KG FINANZIATORI/SPONSOR: Land di Berlino, Senatsverwaltung für Wissenschaft, Forschung und Kultur

LO SPAZIO E LA SUA STORIA L’ex fabbrica di birra, localizzata a nord di Alexander Platz, diventò famosa sotto il nome Schultheiss-Patzenhofer-Braurei come il più grande birrificio del mondo. La superficie totale del complesso è di 25.000 mq, e si articola attorno ad un grande isolato chiuso, che forma al centro un’ampia corte dove sono collocati edifici di varie dimensioni. Si colloca nel quartiere di Prenzlauer Berg, oggetto negli ultimi anni di un processo di riqualificazione che, attraverso grandi e piccoli eventi, ne ha sostenuto la gentrification e ne ha spinto la riscoperta dal punto di vista turistico rendendolo uno dei luoghi più rinomati per la vita culturale di Berlino. Nel 1967 il birrificio chiuse, per un po’ di tempo venne utilizzato come magazzino e poi totalmente abbandonato al degrado e al decadimento. Occupato e utilizzato come laboratorio

da diversi artisti, negli anni successivi andò incontro ad una nuova era: sin dagli inizi degli anni ‘70, il FanzCLub posto in cima alla torre era considerato una sorta di Mecca per i creativi alternativi e il centro propulsore di iniziative culturali che rivitalizzarono l’edificio. Dopo la riunificazione delle due Germanie l’intero complesso fu acquistato dall’immobiliare TLG real estate GmbH che nel 1998 ha iniziato la ristrutturazione degli spazi con il vincolo di mantenere il carattere originale degli edifici storici e impegnandosi a prevedere funzioni che valorizzassero l’archeologia industriale.

FUNZIONI SOCIALI E ATTIVITÀ L’ex-birrificio evidenzia la possibilità di costruire lo sviluppo e la riqualificazione di un quartiere a partire dalla promozione culturale e dall’attrazione turistica, attraverso il presidio del territorio e la fruizione collettiva di uno spazio che appartiene alla memoria storica della città. Kulturbrauerei oggi rappresenta uno dei luoghi più rinomati per la vita culturale e ricreativa di Berlino, grazie alla scelta di progetto di interare diverse funzioni e di voler rispondere alle diverse esigenze che caratterizzano diverse popolazioni in modo combinato in generale alla cittadinanza interessata alle proposte culturali e all’offerta commerciale, in particolare ai residenti del quartiere che fruiscono dei diversi servizi, come ai turisti che lo considerano una meta obbligata 143


Centro culturale diffuso e un comodo punto di partenza per le escursioni a Prenzlauer Berg, e infine a chi cerca un ufficio o uno spazio per un esercizio commerciale all’interno di un contesto vivace e dinamico. L’exbirreria mette a disposizione spazi per concerti (Worldmusic, Alternative Rock/Pop, Blues, Underground, Gothic, Newcomer, Classica) e per festival di vario genere (festival musicali, Eastern Europe Festival Project, Theme Festival); offre rassegne teatrali, incontri sulla letteratura e sulla cultura, dibattiti politici e sociali; lo spazio contiene cinema; negozi; ristoranti; studi e uffici.

CONTENUTI CREATIVI E FORME ORGANIZZATIVE La caratteristica principale e innovativa del progetto del Kulturbrauerei consiste nella capacità di trasformare un vincolo in opportunità: in particolare la scommessa è stata quella di identificare nelle caratteristiche dell’archeologia industriale dell’edificio il veicolo per rendere attraente il nuovo centro e per inserire il progetto in un quadro complessivo di rinnovo e sviluppo del quartiere di Prenzlauer Berg. Dal punto di vista del riuso degli spazi industriali, il Kulturbrauerei rappresenta un esempio di novità, in quanto valorizza lo spazio in termini di archeologia industriale come fattore di attrazione non in un’ottica museale, integrando spazi compatibili con la struttura per il divertimento, spazi commerciali e spazi culturali. Il proprietario dell’intero complesso è il TLG KulturBrauerei GmbH & Co. KG, un’impresa del TLG Immobilien GmbH. Il progetto è finanziato dal Land di Berlino, dal Senatsverwaltung für Wissenschaft e dal Forschung und Kultur. L’insieme di attività culturali e commerciali ha generato diverse economie che hanno permesso una gestione della struttura sostenibile nel tempo. Dal punto di vista organizzativo l’idea di fondo è stata di 144

moltiplicare gli usi degli spazi e di differenziare la tipologia dell’offerta in modo da potenziare le attività commerciali presenti nella struttura. www.kulturbrauerei-berlin.de www.artfactories.net


Centro culturale diffuso

SCHEDA N° 2: CHOCOLATE FACTORY Un’Agenzia di Sviluppo recupera spazi all’industria creativa come volano di rigenerazione urbana in un’ex fabbrica di cioccolato

DOVE: quartiere Haringey/Wood Green, Londra, Gran Bretagna ANNO DI APERTURA: 1997 DIMENSIONI: 10.000 mq PROPRIETA’: Workspace Group PROMOTORI: Assessorato per l’Arte del distretto di Haringey GESTIONE: Haringey Arts Council (oggi Collage Arts), agenzia no profit locale per la promozione dell’arte e dell’industria FINANZIATORI/SPONSOR: London Development Agency (LDA)

(oggi Collage Arts). Creata nel 1985 dall’Assessorato per l’Arte del distretto di Haringey, l’HAC dal 1996 ha ricavato 75 atelier a disposizione di oltre 150 artisti. Sulla scia del successo di questa operazione (denominata Chocolate Factory 1), anche i rimanenti 5.000 mq sono stati destinati al sostegno della microindustria creativa, con una particolare focalizzazione sulle nuove tecnologie digitali applicate a design, suono, film, video, animazione, televisione, radio, musica e fotografia (Chocolate Factory 2).

LO SPAZIO E LA SUA STORIA

FUNZIONI SOCIALI E ATTIVITÀ

L’ex-fabbrica di cioccolato della Barratts Confectionery di Clarendon Road, si colloca nel quartiere di Haringey/Wood Green, in una zona degradata a nord di Londra ed è stata dismessa negli anni ’90. La struttura, che vanta una superficie totale di 10.000 mq, è stata rilevata dalla Workspace Group plc, una delle più grandi immobiliari della capitale britannica, che si contraddistingue sul mercato per una offerta competitiva sul piano dei costi, della qualità e della flessibilità delle soluzioni commerciali. Il riutilizzo si inserisce nell’ambito degli investimenti sostenuti dalla London Development Agency (LDA) per la trasformazione della zona di Harringey/Wood Green in distretto culturale. Senza costi di ristrutturazione, 5.000 mq dell’intero complesso sono stati concessi ad una agenzia no profit locale che lavora per la promozione dell’arte e dell’industria, l’Haringey Arts Council

La Chocolate Factory oggi è uno dei più noti e rilevanti esperimenti di realizzazione di un hub creativo del nord Europa. Offre spazi per studi e atelier di diverse dimensioni (da 20 mq a 150 mq cad) e a prezzi contenuti (circa 200 euro/mq all’anno incluse spese e utenze ed escluse le tasse) per artisti, artigiani e creativi emergenti che contribuiscono all’affermazione e allo sviluppo del distretto culturale locale. Grazie alla Chocolate Factory oggi è possibile per molti giovani talenti londinesi (da quelli diplomati presso le migliori scuole agli autodidatti) di disporre delle condizioni minime per sperimentarsi in un percorso di crescita professionale in un contesto stimolante e rinomato, contribuendo (direttamente o indirettamente) alla riqualificazione del quartiere di Haringey/Wood Green, un tempo molto malfamato e degradato. In particolare ad oggi all’interno della struttura gli spazi dedicati 145


Centro culturale diffuso agli studi artistici sono 75 e sono divisi in studi per la creazione delle sculture, dei mosaici, dei gioielli, degli abiti e dei tessuti, studi fotografici, stamperia litografica,…. Nel frattempo sta crescendo l’altra parte destinata alle nuove discipline artistiche con una particolare focalizzazione sulle nuove tecnologie digitali applicate a design, suono, film, video, animazione, televisione, radio, musica e fotografia. Ci sono poi spazi destinati ad attività collettive e spazi aperti all’esterno: aule per le lezioni e per i seminari, due ristoranti, uno spazio wi-fi lounge, un bar e un locale (Karamel club) che offre un programmazione regolare. All’interno della Chocolate Factory si svolgono anche attività sociali e artistiche legate al teatro contemporaneo, al cinema e alla letteratura, si svolgono festivals di vario genere e workshops per la formazione e l’inserimento professionale (business support). Talvolta gli spazi collettivi vengono richiesti e utilizzati da altre strutture come il Middlesex University Fine Arts Department, la Mountview Theatre School e lo Scanlan Studios che si occupa di animazione. Una volta all’anno l’evento “Open Studios” offre l’occasione alla cittadinanza di due giornate di totale apertura della Chocolate Factory, per entrare in contatto con gli artisti, acquistare i prodotti, visitare gli atelier e osservare il lavoro artigianale, e indirettamente di contribuire a rivitalizzare questo pezzo di città.

CONTENUTI CREATIVI E FORME ORGANIZZATIVE Alla Chocolate Factory corrisponde una visione della creatività intesa (ed espressa) in diversi modi, in particolare la spinta più recente all’innovazione è venuta dalla centratura sulle nuove tecnologie che ha spinto gli artisti verso sperimentazioni oltre le classificazioni tradizionali. I fattori chiave del successo del modello Chocolate Factory hanno a che vedere con la possibilità di mantenere molto bassi i costi di affitto degli spazi associata a: - l’utilizzo di spazi grezzi, che per essere degli atelier o dei 146

laboratori non necessitano di interventi di ristrutturazione particolarmente onerosi - la condivisione degli spazi, ossia l’utilizzo del medesimo atelier da parte di artisti diversi che abbatte i costi e favorisce lo sviluppo di relazioni e di sinergie tra gli artisti - il legame con il quartiere che rappresenta un elemento cruciale nella misura in cui da una parte per poter prendere gli spazi in affitto gli artisti devono dimostrare di essere in qualche modo coinvolti da operazioni creative sul territorio di Haringey, dall’altra il funzionamento della struttura è associato alla sua riconoscibilità sul territorio che ne garantisce la fruizione da parte di esterni (ristorante, club, open studios, corsi di formazione,…) Il Collage Arts (ex Harengey Arts Council) ha il ruolo di gestione e di coordinamento della struttura e funziona da agenzia di intermediazione per lo sviluppo e la messa in rete delle comunità creative nel territorio di Harringey. Lavora all’interno della comunità locale tentando di riconoscere e valorizzare i talenti (prestando particolare attenzione alle componenti sotto-rappresentate della comunità, quali ad esempio le minoranze etniche e nere, i richiedenti asilo e rifugiati, le donne, i disabili ed ex detenuti) e offrendo loro occasioni di formazione e acquisizione di competenze specifiche mirate alla educazione, all’impiego e all’imprenditorialità. Il Collage Arts si sostiene sia con finanziamenti pubblici che attraverso forme di autofinanziamento associate ad esempio al ristorante, al club e ai progetti territoriali. www.chocolatefactoryartists.co.uk www.collage-arts.org


Centro culturale diffuso

SCHEDA N° 3: UFA FABRIK Ricerca ambientale e integrazione sociale in un ex Film Copy Center, per rendere i cittadini parte integrante dello sviluppo urbano

DOVE: quartiere Lichterfelde, Berlino, Germania ANNO DI APERTURA: 1979 DIMENSIONI: 18.000 mq PROPRIETA’: Comune di Berlino PROMOTORI: Kurfürstenstrasse (gruppo di attivisti) insieme ad un gruppo di abitanti della zona GESTIONE: 30 residenti e 160 lavoratori, associazione “Fabbrica per la Cultura, lo Sport e per l’artigianato”, cooperativa “Tu sei cosa mangi” e abitanti del quartiere. FINANZIATORI/SPONSOR: Ministero per la Solidarietà Sociale, Ministero per l’ambiente, Municipalità di Berlino

LO SPAZIO E LA SUA STORIA L’UFA-Film Copy Center era uno spazio per la registrazione di pellicole cinematografiche di proprietà del Comune di Berlino. La struttura ha una superficie di 18.000 mq e si trova nella periferia sud-ovest della città, nel quartiere di Lichterfelde, un’area connotata dalla presenza di vecchie industrie dismesse ma anche dalla presenza di residenti attivi e attenti alle trasformazioni del quartiere. Nel 1979 gli studi della UFA-Film furono dismessi e un gruppo di giovani attivisti (Kurfürstenstraße) insieme ad un gruppo di abitanti della zona si stabilì negli edifici mettendo in piedi un

progetto di recupero degli spazi e di cooperazione con le attività presenti nel quartiere. Attraverso un lavoro intenso di dialogo con la Pubblica Amministrazione ottennero il permesso del Senato di Berlino di restare negli spazi dell’UFA-Film a costi di affitto contenuti in cambio di un’offerta continua di attività rivolte al quartiere. Cosi nei primi anni ’80 venne fondata l’UfaFabrik come luogo per l’educazione e la ricerca ambientale la promozione culturale e la solidarietà sociale. Dal 2000 le attività si sono moltiplicate e consolidate fino a far diventare il Centro un vero e proprio luogo per consulenze specifiche in ambito tecnologico, per l’educazione alimentare e per l’educazione ecologica.

FUNZIONI SOCIALI E ATTIVITÀ L’UfaFabrik nasce come Centro Internazionale per la Cultura e l’Ecologia e contemporaneamente come centro culturale per il quartiere con una particolare attenzione nei confronti del contesto locale e alle sue trasformazioni. Le idee che hanno implementato le iniziative del centro coinvolgono la promozione di nuovi modi culturali di vivere, l’educazione alimentare, le tecnologie ambientali, l’educazione ecologica, l’integrazione lavorativa, la coesione sociale e la medicina alternativa. Il progetto è basato sull’integrazione di diverse funzioni - abitare, lavorare, creare e fare cultura – con lo scopo di innescare un processo virtuoso di 147


Centro culturale diffuso sviluppo sostenibile attento alle risorse locali. L’UfaFabrik rappresenta una delle più grandi oasi verdi della città di Berlino: nella struttura sono presenti diversi spazi verdi, tetti giardino, fonti indipendenti di energia e sistemi per la raccolta e il riciclo dell’acqua piovana. Gli spazi sono di dimensioni variabili, alcuni edifici sono stati adibiti a residenza, altri a laboratori di ricerca e a spazi per le attività del centro. Le attività sono ripartite principalmente in tre campi: - la sostenibilità ecologica dei progetti: questo campo di azione è gestito tramite l’eco-office e l’Istituto per la creatività sostenibile che si occupano di connettere l’ecologia, alla cultura della comunità, allo sviluppo economico della società rendendo i cittadini parte integrante dello sviluppo urbano. I programmi riguardano il risparmio energetico nel settore edile e nell’impatto urbano dei progetti; nel corso degli anni nel centro è stato realizzato un collettore per la raccolta dell’acqua piovana per l’irrigazione dei giardini, un sistema per il riciclo dei rifiuti, un sistema per il riscaldamento e per la ventilazione; - il consumo sostenibile di risorse alimentari e la promozione di forme gastronomiche tradizionali: all’interno del centro si trova un panificio che produce artigianalmente il pane, i dolci e i biscotti (Organic Bakery e Confectionery); un negozio per la vendita di cibi naturali (Natural Food Store); un servizio di Buffet e di Catering per eventi esterni; il Caffè Olè che offre un mix di cucina classica ed esotica; una fattoria per la promozione del consumo alimentare critico; - la promozione culturale: il centro offre spazi di diverso tipo per performance artistiche locali e internazionali, festival, teatro e cabaret, danza, video, musica, programmi per i bambini e attività teatrali professionali. Il centro offre una Guest House per gli ospiti, spazi per le attività ricreative, una scuola di circo e 148

spazi per le attività dei bambini. I progetti promossi negli ultimi anni lavorano sul quartiere contro il disagio dei minori (“I miei genitori sono separati”) e contro l’isolamento degli anziani (“Farm Club”); il centro organizza workshops di arti orientali (Tai Chi, Qi Gong, Aikido, e lo Shiatsu).

CONTENUTI CREATIVI E FORME ORGANIZZATIVE Il progetto UfaFabrik si fonda su una idea di cultura attenta alle problematiche ambientali e vicina alla società. Si propone di coniugare due modelli: da una parte propone un centro di ricerca per lo sviluppo tecnologico e per di risparmio energetico; dall’altra un centro di promozione culturale e di educazione allo sviluppo sostenibile. Inoltre all’interno dei due modelli il progetto ha ritagliato ampio spazio ai processi di integrazione sociale e di coesione sociale della comunità locale. L’UfaFabrik è un centro autogestito, finanziato in parte dal Ministero per la Solidarietà Sociale e dal Ministero per l’ambiente. Il Senato di Berlino attraverso un accordo ha concesso l’affitto dello spazio a costi contenuti e il Ministero della Solidarietà Sociale e la Municipalità hanno finanziato e guidato l’attivazione di diversi servizi. Il Centro, soprattutto negli ultimi anni, collabora con diversi Enti Pubblici e Privati. Le consulenze in campo ambientale, i progetti sull’energia alternativa, i workshops, le attività ricreative, le attività di artigianato (panificio e negozio alimentare) garantiscono un’entrata economica stabile. Il progetto è coordinato da 30 residenti e 160 lavoratori e il gruppo attivo è composto dall’associazione “Fabbrica per la Cultura, lo Sport e per l’artigianato”, dalla cooperativa “Tu sei cosa mangi” e dagli abitanti del quartiere. www.ufafabrik.de www.artfactories.net


Centro culturale diffuso

SCHEDA N° 4: ROG Uso temporaneo di un’ex fabbrica di biciclette per rigenerare gli spazi pubblici della città

DOVE: Trubarjeva, Lubiana, Slovenia ANNO DI APERTURA: 2006 DIMENSIONI: 7.000 mq PROPRIETA’: impresa MOL PROMOTORI: associazione Tovàrna Rog GESTIONE: associazione Tovàrna Rog FINANZIATORI/SPONSOR: pubblici e privati

LO SPAZIO E LA SUA STORIA L’ex fabbrica è un enorme complesso di 7000 metri quadrati, situato nel centro della città in Trubarjeva, a cinque minuti da Metelkova, la vecchia stazione ferroviaria della città. Tra la fine del ‘800 e la prima metà del ‘900 la fabbrica veniva utilizzata come conceria, tra il 1951-53 la struttura venne riqualificata e trasformata in fabbrica di biciclette. La struttura è stata dismessa intorno ai primi anni ’90 e per 15 anni è rimasta vuota. La fabbrica era di proprietà della Città di Lubiana e, dopo la sua dismissione, è stata venduta all’impresa MOL che la lasciò vuota in attesa di una destinazione futura. Nel marzo del 2006 la fabbrica è stata occupata da un gruppo di giovani (associazione Továrna Rog) con la finalità di aprire il centro ad attività senza scopo di lucro in attesa che il Comune e l’attuale proprietario (MOL) decidano cosa fare della struttura. I membri del Továrna Rog hanno

attivato un confronto con il proprietario (MOL) che inizialmente sembrava disposto a sostenere il progetto, ma che in un secondo momento ha chiesto che gli edifici venissero sgomberati in quanto i residenti locali non vogliono un centro sociale nel proprio quartiere. Attualmente la struttura è occupata dall’associazione Továrna Rog.

FUNZIONI SOCIALI E ATTIVITÀ Il processo di utilizzo temporaneo del Rog ha come obiettivo quello di formare una piattaforma di produzione, uno spazio pubblico dove portare avanti attività non a scopo di lucro e, attraverso questa iniziativa, contribuire alla qualità di arte, cultura, e azioni sociali a Lubiana. Come parte integrante della costituzione di uno spazio pubblico, l’intento è di coinvolgere la comunità locale nella gestione degli spazi, incoraggiare l’utilizzo dei nuovi media (Internet), creare una radio e una televisione locale, ma soprattutto occupare spazi vuoti della città come contenitori di creatività per lo sviluppo locale. Továrna Rog usa gli spazi dell’ex fabbrica come atelier, luoghi per la musica, studi di grafica, teatro e sale da ballo, sale di riunione per diverse associazioni, giochi, attività sociali. Il centro organizza dibattiti, conferenze e mostre sull’uso temporaneo dell’edificio e sul suo futuro, sviluppa un modo diverso di azione, si propone di comprendere e soddisfare le esigenze della comunità 149


Centro culturale diffuso locale: ha iniziato la pulizia e la ristrutturazione dello spazio, ha avviato azioni rivolte all’integrazione sociale ed realizza iniziative a beneficio della comunità locale.

CONTENUTI CREATIVI E FORME ORGANIZZATIVE Dal punto di vista concettuale Továrna Rog propone di incrementare la rete locale, creare collegamenti all’interno delle reti transnazionali, per attivare uno scambio di esperienze simili. L’innovazione del progetto consiste nell’’obiettivo dell’associazione e cioè di attivare una rete di utilizzo temporaneo di spazi abbandonati e in disuso e di incentivare l’amministrazione pubblica affinché crei delle leggi ad hoc, in modo da proseguire il processo di rigenerazione di spazi vuoti in attesa di una destinazione specifica anche in altre città. Dal punto di vista organizzativo, nell’utilizzo del ROG è importante sottolineare che non si tratta di una classica occupazione di spazio o di squatting, ma piuttosto di una temporanea alterazione del suo uso. L’idea alla base del progetto è che il centro sarà utilizzato come contenitore di iniziative e sarà aperto a tutti gli individui e ai gruppi impegnati nel settore no-profit, per la produzione culturale e sociale indipendente, finché il Comune e il proprietario (MOL) non svilupperanno e avvieranno una strategia chiara per risolvere il problema dei locali vuoti. www.tovarna.org

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Centro culturale diffuso

SCHEDA N° 5: CASA DI QUARTIERE Esperimenti di convivenza sostenibile. La Casa del Quartiere a Torino negli ex-bagni pubblici della città

DOVE: quartiere san Salvario, Torino, Italia ANNO DI APERTURA: 2004 DIMENSIONI: 1.100 mq PROPRIETA’: Comune di Torino PROMOTORI: Cicsene – Agenzia per lo Sviluppo Locale di San Salvario, Comitato di Progetto (Associazione Cittadini per il Quartiere, Comitato Spontaneo Quadrilatero San Salvario, Associazione Evoluzione Self Help, Parrocchia SS. Pietro e Paolo, ASAI) GESTIONE: abitanti, associazioni e comitati di quartiere FINANZIATORI/SPONSOR: Fondazione Vodafone, Comune di Torino

LO SPAZIO E LA SUA STORIA Fin dal suo primo incontro, nel gennaio 2000, il Comitato di Progetto dell’Agenzia per lo Sviluppo Locale aveva individuato tra le azioni strategiche per il quartiere la creazione di un centro polifunzionale con annesso servizio bibliotecario (una Casa del Quartiere, spazi per la cultura e per le associazioni). Si erano così attivati alcuni contatti con l’amministrazione cittadina, in specie con il Dirigente delle Biblioteche Civiche, Paolo Messina, in seguito al quale l’Agenzia aveva avviato nel maggio 2000 la ricerca sul mercato privato di immobili atti a ospitare una simile struttura. Nel biennio 2000-2001 tre edifici (due in via Sant’Anselmo

e uno in largo Saluzzo) venivano perciò portati all’attenzione dei Settori Biblioteche Civiche e Edifici per la Cultura, che tuttavia, in seguito a verifica tecnica, per ragioni di natura economica o fisica venivano valutati non adatti. Nel contempo, all’interno del Comitato di Progetto si costituiva un gruppo di lavoro per elaborare le caratteristiche del progetto Casa del Quartiere, e le possibili strategie per promuoverne la realizzazione. In un incontro del Comitato di Progetto del maggio 2001, il Dirigente delle Biblioteche illustrò il modello di biblioteca civica decentrata, del quale si riconobbe la coerenza con il tipo di servizio che si riteneva dovesse essere offerto dalla Casa del Quartiere. Per portare il progetto all’attenzione della Città, il Comitato di Progetto inviò prima e dopo le elezioni lettere agli assessorati alla Cultura, al Patrimonio, al Decentramento e all’Integrazione Urbana, ai dirigenti di Biblioteche Civiche, Riorganizzazione e Riqualificazione Patrimonio, Edifici per la Cultura e alla V Commissione della Circoscrizione VIII, senza ottenere riscontro. Durante alcune feste di quartiere nel giugno e nell’ottobre 2001 l’attività del Comitato di Progetto e del servizio mobile di prestito delle Biblioteche Civiche cercarono di sensibilizzare l’opinione pubblica in merito al progetto. Nel gennaio 2002 l’Assessorato alla Cultura convocò un incontro con il Settore Periferie, la Circoscrizione VIII, il Settore Biblioteche Civiche e l’Agenzia. Esiti dell’incontro furono la convergenza di tutti i convocati sulla necessità per il quartiere di un Centro culturale multifunzionale con servizio bibliotecario. Le amministrazioni cittadina e circoscrizionale si impegnarono 151


Centro culturale diffuso ad accertare la fattibilità tecnica di tale servizio nell’edificio di via Morgari 14, sede di bagni pubblici comunali. In marzo, a seguito di un sopralluogo da cui risultò che la superficie effettivamente utilizzabile era ridotta e che la porzione maschile dei bagni pubblici era intensamente utilizzata, il Comitato di Progetto inviò una lettera all’Assessore alla Cultura, al Presidente Circoscrizione VIII, al Vice Direttore Periferie, al Dirigente Biblioteche Civiche, in cui esprimeva un parere negativo all’eliminazione dei bagni pubblici, ritenuti servizio fondamentale per il quartiere; esso non riteneva (e non ritiene) infatti ipotizzabile una coesistenza dei bagni con altre funzioni, nè che le dimensioni della struttura fossero adeguate alla localizzazione di una Casa del Quartiere. Nel mese di agosto 2002 è avvenuto il primo incontro tra i tecnici comunali e i tecnici dell’Agenzia, in cui si è dato impulso alla collaborazione per la ricerca di idonei spazi sul mercato privato. Nei mesi di maggio e giugno 2003 è stata avviata dall’Agenzia un’attività di progettazione partecipata sulla collocazione di alcuni servizi per il quartiere (tra cui la Casa del Quartiere) negli immobili di largo Saluzzo 34, via Morgari 14 e via Lombroso 16-18 con un gruppo di lavoro composto da alcuni rappresentanti del Comitato di Progetto (Associazione Cittadini per il Quartiere, Comitato Spontaneo Quadrilatero San Salvario, Associazione Evoluzione Self Help, Parrocchia SS. Pietro e Paolo, ASAI).

FUNZIONI SOCIALI E ATTIVITÀ La Casa del Quartiere è uno spazio dedicato ad attività sociali, culturali e di animazione, rivolto agli abitanti. Offre cultura, formazione e servizi a portata di mano, per tutti gli abitanti di San Salvario. Il progetto, realizzato grazie a un finanziamento della Fondazione Vodafone e del Comune di Torino, ha comportato la trasformazione degli ex bagni pubblici di via Morgari 14. Qui si è creato uno spazio dove ospitare le associazioni del quartiere 152

e gli operatori artistici e culturali recuperando un fabbricato di pregio architettonico. L’edificio ha a disposizione un cortile di 470 mq e internamente una superficie di circa 630 mq. La Casa del Quartiere è nata per rispondere a una delle principali necessità espresse dalle associazioni e dai cittadini di San Salvario ossia la mancanza di adeguati spazi per attività socio-culturali e di animazione. Un laboratorio per la progettazione e la realizzazione di attività sociali e culturali, operando attraverso le relazioni tra i soggetti del quartiere (associazioni, cittadini italiani e stranieri, commercianti e artigiani). All’interno della Casa del Quartiere trovano posto: una cucina laboratorio, una caffetteria, un laboratorio multimediale, spazi per incontri e mostre, spazi per servizi di pubblica utilità, laboratori per attività artistiche culturali, uno spazio all’aria aperta dove mangiare, giocare e leggere, attrezzato per proiezioni e piccoli spettacoli.

CONTENUTI CREATIVI E FORME ORGANIZZATIVE “San Salvario non è mai stato oggetto di un progetto complessivo, in grado di pianificare il cambiamento. Ciò che è successo è opera delle persone. E se ha prodotto risultati è perché c’è stato un processo di trasformazione dal basso che marginalmente ha trovato supporto nelle istituzioni.” “Abbiamo voluto immaginare un progetto che desse la possibilità di ospitare ogni mese iniziative tematiche accomunate dal filo conduttore della sostenibilità. L’obiettivo è quello di fare in modo che le persone che passano di qua, si fermano a mangiare, chiacchierano, possano anche imparare qualcosa in più sull’acqua o sul baratto e decidere poi di rifarlo a casa o con gli amici. ” Roberto Arnaudo www.sansalvario.org


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SCHEDA N° 6: EL FARO D’ORIENTE Dal progetto culturale sperimentale in un’area periferica in crisi a un processo istituzionale di intervento “ordinario”

DOVE: Iztapalapa, Città del Messico, Messico ANNO DI APERTURA: 2000 DIMENSIONI: / PROPRIETA’: Municipalità di Città del Messico PROMOTORI: Dipartimento della Cultura del Governo della Città del Messico GESTIONE: istituzione pubblica FINANZIATORI/SPONSOR: Dipartimento della Cultura del Governo della Città del Messico

LO SPAZIO E LA SUA STORIA La struttura risale ai primi anni novanta e fu costruita per ospitare la sede distaccata di alcuni uffici governativi, ma rimase incompiuta e l’intera area si trasformò in una discarica. È collocata nella zona di Iztapalapa, una delle aree più povere e conflittuali di Città del Messico (un milione e 771 mila abitanti, 87% dei quali vive in condizioni di povertà assoluta). L’enorme struttura di cemento che sovrasta in quartiere, opera dell’architetto Alberto Kalach, è collocata nel bacino prosciugato del lago di Texcoco. El Faro de Oriente è una istituzione del Dipartimento della Cultura del Governo della Città del Messico, nata nel 2000 grazie all’iniziativa di un gruppo di intellettuali che propose alla nuova amministrazione di sinistra un progetto di recupero

e bonifica dell’intera area e la trasformazione dell’edificio in un centro di produzione artistica per la comunità di Iztapalapa. Per coinvolgere la popolazione il Dipartimento propose il progetto di un murales, coordinato dal gruppo Neza Arte Nel, che percorresse l’intero perimetro dell’edificio. La realizzazione del murales ha inaugurato l’uso dello spazio che in breve tempo è diventato un luogo di incontro e di produzione creativa.

FUNZIONI SOCIALI E ATTIVITÀ In seguito all’intervento del Dipartimento della Cultura di Città del Messico, El Faro è stato recuperato come centro culturale per il quartiere con l’obiettivo principale è di dare un’offerta seria di promozione culturale e formazione di discipline artistiche e artigianali a una popolazione emarginata fisicamente, economicamente e simbolicamente dai circuiti culturali convenzionali. Il progetto culturale è diventato, nel caso de El Faro, un dispositivo per dare centralità all’area marginale; contemporaneamente ha permesso agli abitanti di Iztapalapa di esprimersi in modo artistico, dando loro l’opportunità di apprendere mestieri, di formarsi e di inserirsi in circuiti artigianali, artistici e culturali. Il centro oggi ospita una scuola di arte e mestieri, uno spazio culturale e artistico, dove alimentare la creatività e le iniziative 153


Centro culturale diffuso degli abitanti, una piazza pubblica capace di ospitare fino a 10.000 persone, una biblioteca con i suoi 16.000 volumi, una ludoteca e diversi laboratori artigianali. Nel centro vengono tenuti dei corsi di formazione gratuiti e si svolgono attività inerenti alla promozione culturale e artistica con lo scopo di creare una nuova visione dello sviluppo sociale del quartiere di Iztapalapa.

CONTENUTI CREATIVI E FORME ORGANIZZATIVE El Faro rappresenta uno dei più importanti esempi di sviluppo locale di un’area marginale attraverso un progetto culturale. Il progetto offre un importante spunto di riflessione su come la pratica artistica e la promozione culturale possano avere un ruolo rilevante all’interno delle trasformazioni sociali e favorire la riappropriazione di uno spazio pubblico come spazio sociale. L’innovazione del progetto consiste nel modello processuale e organizzativo e in particolar modo nella capacità di assumere ruoli differenziati da parte dell’amministrazione pubblica in fasi differenti del processo, nella capacità di coinvolgimento di popolazioni locali, nella capacità di individuare un progetto interessante per il cointesto locale, nell’abilità di rispondere in modo integrato a problemi diversi attraverso una politica unitaria. Il “faro” rappresenta un modello dal punto di vista organizzativo, processuale, un progetto senza precedenti, tanto che la Segreteria del Dipartimento della Cultura del Governo, che inizialmente aveva avuto un ruolo di promozione e finanziamento del progetto, ha preso in mano la gestione e ha avviato un vero e proprio processo di istituzionalizzazione, importando questo modello in altre parti della città e attivando una rete di faros. La replicazione del progetto riconosce il valore dell’esperienza, ma da un altro punto di vista mette in evidenza i rischi di istituzionalizzazione 154

e di omogeneizzazione: il progetto del Faro ha valore in quanto promosso, realizzato e declinato localmente. www.farodeoriente.org




attori e processo


Attori e processo

Il capitolo indagherà gli attori coinvolti all’interno di un processo di riqualificazione urbana, i rapporti che intercorrono tra essi, le sinergie possibili e in che modo è possibile costruirle e mantenerle. Tratterà inoltre di come elaborare delle innovative strategie di sviluppo urbano, costruire una immagine adeguata della città, produrre processi di coordinamento tra gli attori locali, tipici di forme stabili di governance urbana. Si evidenzieranno le attività di coordinamento, svolte prevalentemente a livello locale e intraprese da un eterogeneo insieme di attori (pubblici e privati), con l’intento di dare vita ad attività di problemsolving; si definirà altresì una strategia ad ampio respiro, che non si accontenti di perseguire strategie di ordinaria amministrazione e di breve periodo ma che abbia una visione complessiva e lungimirante delle problematiche esaminate. Si cercherà di capire meglio come funziona il rapporto pubblico-privato a Milano attraverso l’analisi di alcuni casi studio. 158

Emergerà un sostanziale dualismo fra le due sfere e una diversità delle loro interazioni. Segue la proposta di un modello alternativo, che vede l’inserzione di un elemento terzo, che si inserisce fra le due realtà esistenti o che si sostituisce ad una delle due negli interventi urbani. La produzione dello spazio attraverso la produzione di sfera pubblica e l’attenzione alle trasformazioni sociali per la definizione di politiche che tengano conto della mutevolezza del progetto saranno alla base della trattazione.

COME RELAZIONARE I SOGGETTI DURANTE LA TRASFORMAZIONE: IL RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO A MILANO Per evidenziare la prassi nell’ambito milanese riguardo al rapporto pubblicoprivato sono stati presi in esame tre casi

emblematici che tengono in considerazione alcune delle principali implicazioni urbane prodotte dal settore dei servizi alle attività ‘creative’ (in particolare, la moda e l’industrial design): 1_Un caso di iniziativa privata La concentrazione dei processi di riuso degli edifici industriali dismessi nella zona retrostante la stazione ferroviaria di Porta Genova, utilizzati come contenitori di servizi ‘creativi’ (area Savona/Tortona) 2_Un caso di iniziativa pubblica La ristrutturazione della ex Fabbrica del Vapore come incubatore di aziende e servizi e attività ‘creative’ 3_Un caso di partnership pubblico-privato La costruzione della Città della Moda sull’area Garibaldi-Repubblica. La tesi che si intende sostenere è che questi casi individuano dei particolari modi di interazione tra gli attori locali e nel loro insieme forniscono alcune utili


Attori e processo indicazioni per delineare un distinto modo di governance locale, caratterizzato da uno spiccato orientamento imprenditoriale e interessato più all’investimento e allo sviluppo economico attraverso la costruzione speculativa di luoghi, che al rafforzamento delle attività creative. Riguardata entro questa prospettiva, Milano sembra caratterizzarsi per l’evidente refrattarietà a costruire robusti modi di governance che si facciano carico di formulare politiche urbane di ampia portata. Nonostante occupi un posto di rilevo tra le città mondiali, Milano non sembra interessata nè a elaborare delle innovative strategie di sviluppo urbano, nè a costruire una immagine adeguata al proprio rango, e neppure sembra capace di produrre processi di coordinamento tra gli attori locali, tipici di forme stabili di governance urbana. Ciò che rende Milano una città difficile da studiare entro un quadro di politica economica, è che, nonostante tali caratteristiche, la città non sembra nè soffrire di un particolare declino urbano, nè sembra avviarsi verso scenari di “rinascimento urbano”. Possiamo quindi dire che Milano si accontenta di perseguire strategie di ordinaria amministrazione e di breve periodo. I casi di seguito riportati individuano dei particolari e distinti modi di interazione tra gli attori locali: orientato al laissezfaire nel caso di Porta Genova Village;

simbolico, nel caso della Fabbrica del Vapore e imprenditoriale nel caso della Città della Moda. Dei tre casi, solo l’ultimo potrebbe essere assimilato a un modo di governance. Considerato sullo sfondo degli altri due casi, si tratta di un modo di governance che resta saldamente ancorato a uno specifico progetto urbano, senza aspirare alla costruzione di una strategia complessiva di cui a beneficiarne sono la città e/o l’area metropolitana milanese. Il modo di governance che emerge dai tre casi si basa su modelli di partnership pubblico-privato incentrati sull’investimento e sullo sviluppo economico attraverso la costruzione speculativa di luoghi. In considerazione del ruolo giocato dagli attori pubblici e da quelli privati, il modo di governance si caratterizza, per il settore pubblico, nella produzione di servizi di routine (per via del limitato ruolo giocato dal governo urbano nelle strategie di sviluppo e nei processi di decision-making), lasciando agli attori privati il compito di proporre e attuare strategie di crescita le cui ricadute sociali sono presentate, nei discorsi pubblici, in termini di sviluppo locale. Secondo: questo modo di governance produce un distinto modello di urbanizzazione che deve essere considerato non come un effetto collaterale o come un epifenomeno di più importanti e fondamentali cambiamenti socio-economici, ma come una tra le poste in gioco dei

processi decisionali locali.

ZONA TORTONA/VIA SAVONA All’interno dei graduali processi di riconversione dell’ingente patrimonio di aree industriali dismesse entro l’area urbana milanese, di un certo interesse per il nostro discorso sono le modalità di riutilizzo delle aree retrostanti la stazione ferroviaria di Porta Genova. Il primo caso di cui ci occupiamo si riferisce a una ristretta porzione di spazio all’interno del quale il fenomeno del riutilizzo appare oggi particolarmente intenso e precisamente definito nelle sue nuove funzioni. Questo spazio ha mostrato una particolare vocazione nel trasformare gli spazi industriali decrepiti in showroom, uffici, atelier, studi professionali e loft variamente associati alle principali attività di servizio ad alto contenuto creativo. La concentrazione di queste trasformazioni ha progressivamente restituito una nuova identità dell’area, al punto che il piccolo quadrilatero inizia a essere nominato come Porta Genova Village, come Distretto della grafica1, o come area Savona/Tortona (e dintorni)2. La rilevanza di queste trasformazioni, protrattesi nell’arco di circa un ventennio e la cui produzione è generalmente riconosciuta come frutto dell’impegno di 159


Attori e processo

Zona Tortona durante il Fuorisalone.

Evento al Superstudio.

una pluralità di soggetti privati - senza intervento alcuno da parte della pubblica amministrazione locale3 - è stata recentemente riconosciuta dai decisori politici. La riconversione creativa dell’area è precisamente databile: sarebbero stati un fotografo di moda, Fabrizio Ferri e un noto art director, Flavio Lucchini, a dare avvio al processo, nel 1983, trasformando un decrepito deposito di locomotive e una fabbrica di biciclette contigui alla stazione ferroviaria di Porta Genova in uno studio fotografico a cui venne dato il nome di Superstudio. Il successo fu tale che, a partire da allora, il quadrilatero Savona/ Tortona ha iniziato a popolarsi di iniziative analoghe, sino alla concentrazione odierna. Inoltre, Porta Genova Village entra letteralmente in fibrillazione, una volta all’anno, per circa una settimana, in

corrispondenza del Fuori Salone. Si tratta di una kermesse urbana4 che - in parallelo al Salone del Mobile - si caratterizza come un grande contenitore di eventi collegati al mondo del design, promossi dai principali leader del settore e ospitati negli spazi ex industriali ristrutturati. La partecipazione di pubblico e visitatori al Fuori Salone è in crescente aumento e raggiunge cifre di assoluto rilievo, al punto che è da tempo considerato come una delle manifestazioni di maggiore attrattività del panorama milanese. Il capitale creativo milanese ritroverebbe nelle aree di Porta Genova e in questi eventi l’habitat ad esso più congeniale5, risultato della condivisione di un savoir faire radicato nel territorio e nella società e di un diffuso processo di stimolazione concorrenziale. L’attenzione allo stile di vita ‘creativo’ non

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dovrebbe distogliere totalmente la nostra attenzione dalle modalità attraverso le quali i mercati immobiliari sono strutturati e le relazioni tra l’appropriazione degli spazi e i complessi meccanismi di regolazione politico-economica di questi stessi mercati. Schematicamente, le dinamiche del modello autoctono di sviluppo dell’area Savona/Tortona possono essere ricondotte alla tradizionale dinamica tra domanda e offerta. Nonostante l’attore pubblico non sia in grado di condizionare la domanda di prodotti immobiliari espressa dagli investitori, ciò non significa che il suo ruolo debba essere considerato ininfluente. Nel caso di cui ci stiamo occupando, le amministrazioni utilizzano i propri poteri per “rivitalizzare le vestigia del passato industriale attraverso nuovi strumenti urbanistici finalizzati a rendere maggiormente compatibili le proprietà immobiliari con i nuovi orientamenti di sviluppo”6. Un importante criterio di selezione e di legittimazione da parte del pubblico, è che l’intervento del settore privato generi maggiori investimenti economici e rimetta in moto l’intero meccanismo di sviluppo urbano. Ciò significa che nei processi di ristrutturazione osservabili nell’area Savona/Tortona non sono esclusivamente i creativi emergenti in cerca di affermazione a beneficiare dello sviluppo urbano, ma lo sono anche la business community e i


Attori e processo piccoli proprietari di immobili che vedono crescere il valore dei propri appartamenti. Il modello di sviluppo dell’area Savona/ Tortona, nella sua fase iniziale, non necessita di ingenti risorse economiche. Nella fase di avvio del processo di riconversione, l’acquisizione di aree dismesse o parti di queste, si è rivelata un’operazione accessibile anche a investitori medio piccoli, attratti dal basso costo di ingresso e dal minor impegno economico per la ristrutturazione, se comparato a quello di demolizione e ricostruzione ex novo. Nel momento in cui questo modello ha iniziato a dimostrare la propria capacità di ripulire il terreno per nuovi e più redditizi impieghi, una seconda ondata di potenziali residenti e investitori, assai più strutturata dei primi, ha manifestato il proprio interesse all’addomesticamento dei vecchi spazi industriali. L’arrivo di questi newcomer ha contribuito in modo determinante a trasformare la composizione sociale e a innalzare i valori immobiliari dell’area7. Dato che l’offerta di spazi industriali dismessi è limitata, l’intensificazione della domanda ha permesso ai proprietari delle aree di monopolizzare i prezzi8. Gli ‘attenti investitori’ hanno comprato a un prezzo di mercato prima, e hanno rivenduto a un prezzo di monopolio dopo, quando l’oramai bassa offerta di capannoni disponibili

nell’area poteva soddisfare una domanda molto ristretta, contraddistinta dalla disponibilità di pagare prezzi al di fuori di ogni logica di mercato.

Nel 1997 il sindaco Gabriele Albertini, partecipando a un convegno sul futuro delle aree metropolitane a Birmingham, annunciava l’intenzione di realizzare a Milano un laboratorio dedicato alla nuova progettualità giovanile, pensato sul modello dei grandi spazi della creatività europei. “Sarà un mega centro per fare cultura, raccogliere l’espressività dei giovani e valorizzarla”: con queste parole Albertini assumeva pubblicamente un impegno politico e impegnava la sua amministrazione nella realizzazione di

un luogo collettivo, aperto verso la città, dotato di centri di formazione, di ricerca e di promozione permanenti, nel quale tutto il potenziale di creatività del sistema milanese avrebbe potuto esprimersi. Lo spazio idoneo per la realizzazione del progetto venne successivamente individuato nei 14.000 metri quadrati dell’area dismessa delle ex officine Carminati & Toselli, localizzata nei pressi del Cimitero Monumentale, tra le vie Procaccini e Nono. A partire dal 1935, liquidata la Carminati & Toselli, l’area subì un progressivo degrado, i locali furono dapprima affittati e in seguito venduti a diverse società che vi svolsero le più svariate attività, per poi riconfluire nella proprietà della società immobiliare Procaccini Center che, nel 1985, li cedette al Comune di Milano come parziale pagamento degli oneri di urbanizzazione.

Facciata de La Fabbrica del Vapore, via Procaccini.

Spazi interni de La Fabbrica del Vapore durante un evento.

LA FABBRICA DEL VAPORE

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Attori e processo In omaggio al suo passato fordista, e come segno di continuità nella transizione tra l’era industriale e quella postmaterialista, al centro venne dato il nome di ‘Fabbrica del Vapore’. Il complesso ex industriale è costituito da due capannoni che circondano a ‘ferro di cavallo’ un grande edificio centrale nel quale erano costruite le locomotive (denominato la ‘Cattedrale’) e da una palazzina liberty dove erano insediati gli uffici. I costi dell’intervento erano valutati intorno ai 25 milioni di euro (di cui, però, solo la metà finanziabili attraverso il bilancio comunale), e sarebbero stati totalmente a carico del pubblico. Per quanto riguarda la scelta degli occupanti della futura Fabbrica del Vapore, il comune bandì, nell’anno 2000, un concorso per la valutazione delle proposte di insediamento di attività maggiormente coerenti con la missione del centro. Delle più di 300 proposte ricevute, una giuria internazionale giudicò meritevoli 17 proposte presentate da associazioni e aziende culturali, con le quali cui il Comune si impegnava a rendere agibili i locali entro sei mesi e ad affittarli a un canone convenzionato. Il 21 febbraio 2001, le autorità politiche inauguravano ufficialmente la Fabbrica del Vapore. Al 2006, la Fabbrica del Vapore era di fatto un luogo vuoto e semifatiscente: solo una piccola porzione 162

del progetto risultava ultimata e, delle 17 associazioni vincitrici del concorso, solo quattro avevano trovato una sistemazione – peraltro provvisoria – nei locali del vecchio consiglio di zona, in via Nono. Le 17 aziende assegnatarie degli spazi, costituitesi in associazione sotto il nome di Laboratorio Fabbrica del Vapore (FdV Lab), reclamavano tempi certi per il loro trasferimento e lamentano gli ingenti danni economici causati dalla situazione di incertezza. A oggi le associazioni risultano tutte inserite all’interno del complesso. Le cause dei ritardi - che hanno comunque trasformato in fallimento un’iniziativa valutata positivamente dai numerosi potenziali beneficiari come un luogo strategico per la creatività milanese sono numerose. L’effetto-annuncio ha giocato un ruolo non marginale nella vicenda (“dell’iniziativa è partita prima l’immagine dei lavori, si è fatto il bando per le associazioni prima di ristrutturare”)9. Le restanti spiegazioni ricadono entro la dimensione burocratica ordinaria: contenziosi con le ditte appaltatrici dei lavori, problemi nello smaltimento di piccole quantità di amianto presente negli edifici, hanno complicato ulteriormente gli adempimenti amministrativi necessari per le opere pubbliche. A ingarbugliare ulteriormente il quadro – e a gettare una ulteriore ombra di incertezza sulla situazione – nei primi mesi del 2004

veniva pubblicato un bando comunale per la realizzazione in project financing di un autosilo pubblico sulla stessa area del tante volte annunciato laboratorio della creatività. Parallelamente al bando di concorso per l’assegnazione degli spazi del futuro laboratorio della creatività, il comune di Milano aveva commissionato a ricercatori dell’Università Bocconi un’analisi sulle modalità (e sui costi) di gestione che l’amministrazione avrebbe dovuto prevedere per sostenere l’iniziativa. Veniva stimato un onere di gestione a carico della pubblica amministrazione intorno ai 500.000 euro annuali (oltre a 25 milioni di euro necessari per la completa ristrutturazione dello stabilimento). La Fabbrica del Vapore non sembra avere incontrato grande successo di collaborazione tra pubblico e privato. L’ipotesi, avanzata dall’assessore Brandirali nel luglio del 2002, di riunire un gruppo di investitori privati all’interno di una Fondazione ad hoc, capace di farsi carico di parte dei costi di ristrutturazione, delle spese di gestione e della programmazione delle attività, si è presto arenata per l’assoluta latitanza di capitali privati disponibili a investire nella creatività milanese. Così l’amministrazione comunale ha cercato in tutti i modi possibili di defilarsi da un’operazione che iniziava ad assumere le


Attori e processo caratteristiche di “una tragedia a puntate”10. Non sorprende perciò che un’iniziativa presentata come una innovativa politica per lo sviluppo competitivo di Milano, abbia mancato di suscitare gli ardori degli investitori istituzionali, in genere poco propensi a surrogare un ruolo che, tradizionalmente, spetta al settore pubblico, oltre a essere percepito come scarsamente redditizio. Le associazioni assegnatarie degli spazi sono state costantemente considerate come uno dei problemi posti dalla vicenda piuttosto che un’importante risorsa per sbloccare una impasse nel quale il governo locale si era impegolato con le proprie mani. Costantemente afflitta da un inevitabile senso di inadempienza nei loro confronti, la pubblica amministrazione non ha però mai rinunciato a considerarli dei semplici affittuari (a condizioni privilegiate), lasciando cadere tutte le richieste di maggiore coinvolgimento (non solo di tipo cognitivo, organizzativo o gestionale, ma anche finanziario) da questi ultimi avanzate per la soluzione di un problema che li interessava direttamente. La Fabbrica del Vapore non ha mai beneficiato di una reale reputazione strategica all’interno dell’agenda politica locale. In assenza di un ampio quadro politico di riferimento sulle politiche per l’innovazione e in mancanza di una contropartita

adeguata per cooptare gli investitori privati, i decisori pubblici hanno dimostrato la loro inadeguatezza cognitiva e organizzativa nell’assumere un autorevole ruolo di facilitatori del processo.

LA CITTÀ DELLA MODA Nel marzo del 2002, al MIPIM di Cannes, il developer texano Jerry Hines, proprietario dell’omonima azienda, incontra l’assessore milanese allo Sviluppo del Territorio, Gianni Verga, esprimendogli la convinta intenzione di diventare il promotore dell’area GaribaldiRepubblica, “perchè aveva stimato che, essendo l’ultima area dismessa in un centro storico di una città europea, era il luogo più prezioso d’Europa”11 . Con quel preciso impegno, Hines si avviava a mettere la parola fine alle pluridecennali vicende di un’area centrale milanese che, a partire dal piano regolatore del 1953, aveva animato il dibattito urbanistico locale e sulla quale si erano accumulati numerosi interessi, aspettative e contenziosi. Va rilevato che, già a partire dal 1997, il processo di riqualificazione dell’area Garibaldi- Repubblica aveva subito una decisa accelerazione, culminata con la stipula, nel febbraio del 2000, dell’accordo di programma tra il Comune di Milano e la Regione Lombardia. L’accordo prevedeva l’insediamento del nuovo polo istituzionale

milanese e della Città della Moda e del design. Nell’ottobre dello stesso anno viene istituita la Fondazione Città della Moda, presieduta dal sindaco Gabriele Albertini, partecipata dall’Ente Fiera di Milano, dalla Camera Nazionale della Moda e dalla Fondazione Cariplo. Il Programma Integrato di Intervento suddivide l’area di 230.000 metri quadrati in tre unità di intervento progettuale: la Città della Moda, del design e della comunicazione (U1), il polo istituzionale (U2) e il campus o Giardini di Porta Nuova (U3). Il campus, previsto nel centro dell’area Garibaldi-Repubblica sarà, secondo le previsioni del PII, un parco urbano – la Biblioteca degli alberi – che si estende su circa la metà della superficie disponibile (108.000 mq); il polo istituzionale (70.000 mq) ospiterà i nuovi edifici del comune di Milano e della regione Lombardia; infine, i restanti 52.000 metri quadrati saranno totalmente trasformati da capitali privati per la realizzazione della Città della Moda. L’impegno della Hines nell’attuazione del PII Garibaldi-Repubblica avviene attraverso la sua consociata, Hines Italia, partecipata e diretta dal costruttore Manfredi Catella. Nel concreto, si tratta di un investimento stimato intorno ai 600 milioni di euro per realizzare circa 130.000 metri quadrati di superficie lorda di pavimento nei quali il masterplan redatto da Cesar Pelli prevede 163


Attori e processo

Il masterplan del progetto Città della Moda di Cesar Pelli e la Biblioteca degli Alberi, a fianco del quartiere Isola.

La polizia interviene durante le proteste degli occupanti de La Stecca degli Artigiani, Isola.

di alloggiare spazi museali per la moda e il design; attività formative di eccellenza (coinvolgendo le Università Bocconi, Cattolica e il Politecnico), un hotel di lusso, appartamenti, uffici e showroom, spazi per il commercio, la ristorazione e la ricreazione.

di salvarne una parte, costituita da due corpi longitudinali divisi da un percorso centrale e di affidarla agli artigiani del quartiere. Il luogo viene chiamato “Stecca degli artigiani” e comincia a insierirsi da subito nella vita comunitaria di Isola. Alcune associazioni, dagli obiettivi molto diversi, cominciano a occupare alcuni spazi al primo piano, provvedendo anche ai lavori di ristrutturazione necessari. In particolare, Cantieri Isola, associazione composta da giovani architetti, si insedia nella Stecca e comincia ad intervenire nel quartiere, organizzando eventi rivolti alla cittadinanza e ai commercianti e ad opporsi al progetto della Città della Moda e della nuova infrastrutturazione del quartiere. Insieme all’architetto Giancarlo De Carlo, l’associazione elabora un progetto alternativo che consegna al Comune

La decisione di costruire la Città della Moda si scontra con l’opinione pubblica, in particolare con le associazioni no profit e gli abitanti del quartiere Isola, storico quartiere prossimo al centro (e al progetto in questione) e caratterizzato da una vivace vita culturale e relazionale. Negli anni ’80 un gruppo di studenti dell’Accademia di Brera occupano abusivamente l’ex fabbrica Brown Boveri, situata al limite sud del quartiere. Dopo la decisione del proprietario di demolire la fabbrica, il Comune decide 164

ma che non ha sviluppi, se non quelli di far rivedere la decisione di costruire una grande strada ad alto scorrimento trasversale al quartiere. All’interno di Cantieri Isola un piccolo gruppi di artisti maggiormente legati all’arte contemporanea e con forti implicazioni politiche e sociali decide di costituire un gruppo autonomo dal nome di Isola Art Center. Bert Theis, fondatore e artista rinomato, si impegna a salvaguardare i giardini adiacenti alla Stecca, unico vero spazio pubblico verde di Isola, e si schiera apertamente contro le scelte dell’amministrazione, appoggiando anche comitati di abitanti che, nel frattempo, si sono costituiti per ostacolare l’operazione immobiliare di Hines12. Il gruppo di artisti elabora e presenta un altro progetto dal basso che prevede la rifunzionalizzazione della Stecca, il suo adeguamento strutturale e la fondazione di un centro artistico e culturale per il quartiere. Anche questo progetto non ha riscontro. Improvvisamente la decisione del Comune di abbattere la Stecca per combattere il degrado sociale e lo spaccio di stupefacienti (la Stecca era, in effetti, diventata una residenza abusiva per un numero variegato di persone in difficoltà). I cittadini protestano e difendono questo luogo appartente alla memoria locale, ma non riescono ad impedire lo sfratto e la demolizione. A questo punto il Comune si ritira dai giochi della negoziazione; è


Attori e processo Hines, anche attraverso la Fondazione Catella, associazione culturale inseritasi nel quartiere, costola del gruppo immobiliare, a proporsi come nuovo interlocutore per le associazioni. Il compromesso con il privato spacca le relazioni fra associazioni: alcune decidono di accettare la sistemazione provvisoria proposta da Hines e fondano ADA, Associazione di Associazioni; fra di essi anche Cantieri Isola. Altri, in particolare Isola Art Center, restano isolati e continuano ad operare nel quartiere senza avere una sede fissa ma appoggiandosi a varie realtà culturali di Isola (Punto Rosso, Sound Metak, Tantrika e altri). I lavori per un nuovo Incubatore delle Arti sono stati avviati; l’edificio ospiterà ADA e altre associazioni, proponendosi come attrattore culturale del quartiere. In conclusione i tre casi studio rilevano tre principali problematiche che saranno le basi sulle quali questa tesi sviluppa un processo alternativo. Il caso di Zona Tortona/via Savona pone l’accento sul tema della gentrificazione e dimostra la completa mancanza di attenzione al territorio e al contesto sociale locale. Il caso de La Fabbrica del Vapore evidenzia come le sole risorse pubbliche non siano sufficienti per portare a termine un tipo di progetto ambizioso e complesso come quello analizzato e che il rischio è di tempi lunghissimi se non del fallimento del

progetto stesso. La Città della Moda invece ci mostra come non esista una visione strategica da parte del soggetto pubblico che, quindi, non può farsi garante per la valorizzazione del territorio lasciando al privato e alle sue logiche immobiliari le sorti del quartiere e dell’intera città.

ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO E LO STUDIO DELLE PARTI SOCIALI LA CITTÀ COME LABORATORIO DI PROGETTI COLLETTIVI l tema della partecipazione dei cittadini nei processi di trasformazione della città e del territorio ha acquisito, in questi ultimi anni, sempre più risalto nel dibattito urbanistico, in quanto l’urbanistica cosiddetta partecipata intende costruire metodi e nuovi approcci al fine di restituire credibilità e fiducia ad un processo di gestione del territorio fortemente in crisi, perché impreparato a governare uno scenario sempre più complesso, caratterizzato dalla convivenza di molteplici culture, dalla presenza di interessi corporativi che possono sfociare in aspri conflitti e dalla impossibilità delle fasce più deboli della popolazione di intervenire nel processo decisionale.

Coinvolgere nella pianificazione i cittadini, in quanto utenti della città, e non come proprietari di sue singole parti, è ambizione che l’urbanistica ha sempre coltivato. Dare ascolto alle aspirazioni ed alle aspettative che emergono dalla cittadinanza attraverso inchieste, questionari e procedure formalizzate di consultazione; imporre trasparenza e pubblicità alle negoziazioni fra pubblico e privato e alle valutazioni dei vantaggi collettivi di progetti privati; e soprattutto inquadrare il processo negoziale all’interno di regole definite ex-ante e non soggette esse stesse a negoziazione: tutto questo costituisce l’elemento caratterizzante dell’approccio attuale alla pianificazione strategica13. “La PS deve dunque porsi come obiettivo di sperimentare nuove forme di protagonismo e di cittadinanza attiva dei soggetti: essa è infatti essenzialmente azione collettiva, discussione e ascolto, messa in rete ed interazione; essa individua come condizioni facilitatrici la presenza di attitudini alla cooperazione e al partenariato, la presenza di capitale sociale, di “capitale relazionale”14. Flavia Martinelli, all’interno di una proposta di Manifesto per il pianificatore progressista15, scrive: “I piani strategici agiscono attraverso la costruzione ampia di un impegno collettivo che incorpora la 165


Attori e processo molteplicità dei centri decisionali a partire dal basso e la fa convergere su una visione socio-politica della città e del suo territorio proiettata in un futuro anche lontano, ma realizzabile sulla base di partenariati, di risorse, di tempi individuati, di interessi convergenti, del monitoraggio dell’efficacia dei tempi di attuazione”. Questo processo di costruzione e/o rafforzamento del capitale sociale dovrebbe avvenire attraverso la promozione della comunicazione, della partecipazione, della fiducia e della cooperazione, ovvero attraverso la mobilitazione di tutta la società civile attorno a quella “visione” condivisa del futuro locale che si configura nel piano strategico16. Lo spazio pubblico e la desiderabilità dei luoghi Questa visione condivisa potrebbe altresì tradursi nella domanda: cosa la popolazione si aspetta dallo spazio pubblico? Come gli abitanti vorrebbero il loro luogo di vita? Quali sono i desideri e le aspirazioni delle persone? Come lo spazio pubblico e la città nel suo complesso può soddisfare queste istanze personali e mutevoli? Aspetti di psicologia individuale e collettiva regolano anche le scelte dei cittadini in merito alla residenza, ai luoghi da frequentare, agli spazi in cui vivere. La 166

desiderabilità dei luoghi17, incide in modo significativo sulle dinamiche e sulle trasformazioni della città contemporanea. La progettazione della città, e degli spazi pubblici in modo particolare, deve tenere conto di queste istanze e cercare di darvi risposta, adattandosi ad esse o intervenendo in modo alternativo per stimolare un cambiamento, anche solo per portare a riflessioni critiche dei fenomeni sociali.

SFERA PUBBLICA, SPAZIO PUBBLICO E DEMOCRAZIA La necessità di ripensare e riprogettare lo spazio pubblico prende forza nel momento in cui la sparizione di uno spazio pubblico aperto e inclusivo, capace di produrre sfera pubblica, può rappresentare una minaccia ai valori principali della democrazia: dissenso, tolleranza ed equità18. Lo spazio pubblico è oggi sicuramente ridotto, ma le ragioni non dipendono solo dal discorso egemonico del privato contro il pubblico. La segregazione dello spazio pubblico minaccia l’opportunità della libertà di esprimersi, fondamentale per la circolazione delle idee in dissenso rispetto al senso comune. C’è bisogno di spazi pubblici a livello

di quartiere, di città, a scala nazionale e internazionale dove produrre sfera pubblica19 per il significato che questi hanno non solo nella sfera sociale ma nella costituzione e sviluppo di una cultura politica e civile.

LE POLITICHE DAL BASSO20 L’interazione è la sostanza della città. L’interazione precede la formazione stessa della città: la città è prima un fatto sociale (anche potenziale) e successivamente un fatto materiale – un luogo fisico, un manufatto collettivo. Con questo presupposto si identifica nelle politiche dal basso lo strumento migliore per poter intervenire nella città. Questo perchè le politiche pubbliche auto-organizzate, o politiche pubbliche da basso (PPdB) hanno caratteristiche profondamente differenti dalle politiche pubbliche tradizionali. Le politiche pubbliche dal basso (le pratiche sociali auto-organizzate che producono beni pubblici) hanno quindi le seguenti caratteristiche21: - sono localmente decisive - sono inclusive - si sintonizzano in modo sottile sui problemi che debbono trattare, aderendo ai corpi degli abitanti, ai contesti umani, sociali e spaziali


Attori e processo - esaltano l’aspetto interattivo, producono beni relazionali, producono relazioni a mezzo di relazioni 22 - sono multi-obiettivo, colpiscono obiettivi differenti tra loro intrecciati (intrecciano obiettivi che sembrano irrilevanti), il successo di ciascun obiettivo dipendendo dal raggiungimento degli altri23 - mettono in relazione persone - sono pratiche sensibili alle differenze, modulate sulle diversità delle popolazioni urbane24 - sfruttano la “forza dei legami deboli”, mettendo in rapporto reti di relazione differenti, accostando mondi diversi, in un processo di reciproca fertilizzazione25 - sono basate sulla circolarità e la gratuità delle prestazioni - puntano alla qualità, intesa non come proprietà della cosa o del servizio, ma come proprietà relazionale, sistematica26 - le pratiche si decidono, si ridefiniscono caso per caso (sono uniche, non replicabili) - sono caratterizzate da un’attenzione sui modi di fare, ritenuti più importanti non solo del cosa fare, ma anche del come fare; superano l’opposizione tra sostantivo e processuale (il modo di fare è insieme la cosa e il come, in alcune forme particolari di azione sociale). Le PPdB non si limitano a distribuire un bene o un servizio già a disposizione ma inventano, creano quel bene e servizio, a partire dalla rilevazione urgente di un

fabbisogno indifferibile.

TRASFORMAZIONI SOCIALI E POLITICHE URBANE “I progetti urbani contano sempre, anche quelli non realizzati: il palinsesto virtuale dei mille progetti di una città appartiene in modo concreto alla sua storia, avendo comunque alimentato la discussione pubblica, orientato i comportamenti dei cittadini e influenzato le trasformazioni successive” Giancarlo Paba La città è quindi costitutivamente incertezza strutturata, e l’incertezza deriva proprio dalle avventure dell’interazione e dall’instabilità (delle decisioni e delle azioni) degli attori individuali e collettivi. La centralità e insieme la debolezza del soggetto, la forza e insieme la fragilità delle sue previsioni, la potenza e insieme il rischio delle interazioni tra i soggetti sono i fattori che spiegano la vita e il destino delle città . La complessità e l’imprevedibilità delle interazioni sono il problema della città, e nello stesso tempo la risorsa che può contribuire allo sviluppo.

La pianificazione strategica e la mutevolezza del progetto Il richiamo alla dimensione strategica delle politiche urbane e territoriali nel dibattito sul governo del territorio allude al fatto che i temi del governo devono necessariamente misurarsi da un lato con il disegno di scenari di sviluppo possibile, che forniscano un frame di riferimento per le singole azioni e politiche, dall’altro con la costruzione di una coalizione di attori (non solo pubblici, ma anche privati e del terzo settore) capace di dare corpo a questi scenari investendo direttamente e partecipando attivamente ai processi di governance27. Da questo punto di vista le pratiche di pianificazione strategica sembrano rilevanti in quanto mettono in gioco sia il tema della costruzione di immagini dello sviluppo possibile, sia la questione delle forme di attivazione di attori e risorse. Questo ragionamento può essere riproposto sia per strumenti di governo del territorio a diversa scala28 sia per i programmi complessi29. Le esperienze dei piani strategici sovracomunali o di piani strategici per le città sono assai diverse tra loro per complessità della rete di attori mobilitati, maturità del processo decisionale, efficacia nella costruzione di politiche e nel disegno 167


Attori e processo CITTADINI

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

PRIVATO

ISTITUZIONI

COMUNE DI MILANO concessioni, permessi, patrocinii

costi di gestione

PROPRIETARIO

FONDAZIONE BANCARIA

ISTITUZIONI SUL TERRITORIO

AGENZIA DI SVILUPPO LOCALE ABITANTI COMMITTENTI

MEDIATORE costi di gestione

cessione aree in comodato d’uso

ARTISTA

costi di gestione e realizzazione

PROFESSIONISTI

ASSOCIAZIONI

REALTA’ ARTISTICHE

PROGETTO DI RIUSO

UTENTI

COMMITTENTI costi di gestione e organizzazione

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investimenti privati (affitto)

sponsorizzazioni e collaborazioni


Attori e processo di quadri di riferimento per gli attori locali. Nonostante queste differenze, è tuttavia possibile riconoscere alcuni tratti comuni: il tipo di problemi che questo tipo di forme di cooperazione intendono affrontare30; il tipo di attori e leadership che caratterizza questi processi31; il tipo di processi avviati32. Le pratiche di pianificazione strategica devono quindi far fronte a una domanda di “piani strategici” intesi non come prodotti o processi definiti, piuttosto a una domanda di assistenza e accompagnamento di processi di coordinamento e interazione. Sembra inoltre rilevante la capacità generativa che in questi processi assume la produzione di immagini del cambiamento territoriale, capacità di produrre “visioni del futuro” connesse a percorsi di riflessione sull’identità e sulle possibilità generative presenti nelle risorse territoriali, economiche e sociali del contesto locale. Del tutto irrilevante quindi appare la costruzione all’interno del documento di piano di sistemi coerenti di strategie, obiettivi e azioni gerarchizzate, che possiamo definire come dispositivi sistemici ai quali è bene invece, contrapporre immagini strategiche che possano funzionare ed essere intese come enzimi per politiche di sviluppo locale33. Le pratiche di pianificazione o cooperazione strategica sono tanto più efficaci quanto più permeabili alle differenti possibilità di azione che occasioni, eventi, situazioni

contingenti fanno emergere nel tempo. Soltanto il trattamento di queste esperienze come cantieri progettuali può permettere di dispiegare l’insieme delle possibilità generative del sistema concreto di interazione multipla34.

DALLE PRATICHE ALLE POLITICHE: LA PROGETTAZIONE URBANISTICA A PARTIRE DAI VISSUTI DEGLI ABITANTI E DALLA LORO QUOTIDIANITÀ LA PROPOSTA DI UN MODELLO Tenendo conto delle considerazioni fin qui fatte, la proposta di processo che questa tesi avanza parte dal definire non solo gli attori che ne prendono parte, ma soprattutto le relazioni che tra loro intercorrono. Il progetto prevede innanzitutto un approccio dal basso, gli abitanti partecipano attivamente alla riqualificazione urbana del loro quartiere diventando i committenti principali del progetto. Il modello permette, infatti, ai cittadini di commissionare un progetto, un’opera d’arte, uno spazio pubblico che risponda alla loro volontà di riflessione, autorappresentazione, identificazione

con l’ambiente. Assieme a loro, riuniti in gruppi, partecipano attivamente anche le associazioni di quartiere e professionisti singoli, ovvero quelle realtà locali che sviluppano il progetto, utilizzano e gestiscono le strutture nello spazio in cui avviene il processo di riuso temporaneo. Sono gli utenti del processo e promotori di cultura. Riescono, attraverso la loro composizione e il legame col territorio, a mantenere e stimolare le relazioni a sostegno dell’identità. A interpretare, mediare e codificare le esigenze della comunità per rendere realizzabile il progetto, viene introdotta la figura del mediatore chiamato a fare da tramite tra le istanze della committenza e quelle della produzione. A sua volta il mediatore individua l’artista, lo presenta ai committenti, di cui deve sapere interpretare le proiezioni e le necessità, fa da tramite con l’amministrazione locale. Accanto a competenze teoriche, gli è richiesto il saper fare, una buona dose di concretezza e di praticità, oltre alla capacità di posizionarsi al fianco del gruppo di cittadini, dell’associazione di quartiere, dell’individuo che commissiona l’opera, di comprenderne intimamente le ragioni e facilitare il dialogo con l’artista, chiamato a progettare e poi a realizzare l’opera, cooperarando con la comunità, che è al tempo stesso la prima destinataria 169


Attori e processo e il motore di ciascun progetto, partecipando attivamente alla sua ideazione. Il mediatore, inoltre, diventa figura cardine del progetto perchè attore intermedio che si pone tra le istanze del pubblico e del privato. Il privato concorre al progetto sia nel ruolo di proprietario di beni immobili dismessi e quindi adatti per un progetto di riuso temporaneo, ma anche e soprattutto, nelle figura della Fondazione Bancaria. Il suo ruolo è di catalizzatore. La Fondazione coordina il programma e garantisce il dialogo tra soggetti coinvolti attraverso la stesura di contratti che scandiscono i rapporti formali tra i committenti, gli artisti e i mediatori, e coadiuva questi ultimi nel rapporto con le amministrazioni locali. Non solo quindi principale finanziatore del progetto, ma anche promotore. La specificità del modello però pone l’attenzione principale sull’Agenzia di Sviluppo Locale il cui ruolo risulta fondamentale per due motivi principali. Il primo deriva dal fatto che, essendo pensata come esternalizzazione della Pubblica Amministrazione locale di funzioni attinenti allo sviluppo economico-territoriale, prevede strutture dedicate alla promozione e alla gestione di progetti di sviluppo locale generate dal Comune. E’ in grado quindi di gestire progetti a livello locale e di elaborare 170

strategie a livello urbano e metropolitano integrate, superando le problematiche derivanti dai cambiamenti politici ed elettorali della Pubblica Amministrazione. Il secondo è che, prevedendo una struttura societaria mista, potenzia il capitale sociale locale favorendo il partenariato pubblicoprivato.

LA RELAZIONE TRA GLI ATTORI, LE TRASFORMAZIONI SOCIALI, LA MUTEVOLEZZA DEL PROGETTO

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

ridefinizione strategie

negoziazione bisogni locali

strategia urbana finanziamenti

Considerare le relazioni tra gli attori come AGENZIA DI parte della definizione di un processo SVILUPPO virtuoso ed efficace significa considerare LOCALE il concetto di mutevolezza/stabilità sia in riferimento ai diversi attori, sia in relazione al progetto che il cambiamento può determinare in forme molteplici. L’Agenzia di Sviluppo Locale è definita sviluppo interpretazione come elemento invariabile del processo strategia locale bisogni e identifica nella Pubblica Amministrazione obiettivi specifici definizione obiettivi e nella comunità gli elementi mutevoli. Al variare della loro composizione variano i rapporti che fra loro intercorrono. Se COMUNITA’ cambiano i bisogni della comunità l’Agenzia ridefinisce una strategia locale che persegua obiettivi specifici, negoziando con la Pubblica Amministrazione circa la strategia urbana complessiva e i cambiamenti sociali finanziamenti corrispondenti. L’Agenzia


Attori e processo

VIVIBILITà URBANA

IDENTITà SOCIALE

DESIDERABILITà ATTRATTIVITà

ASL

INCLUSIONE SOCIALE

ISTRUZIONE AGGREGAZIONE SOCIALE CULTURA

SOSTENIBILITà AMBIENTALE

BENESSERE ECONOMICO OCCUPAZIONE

si fa dunque carico di dare continuità al processo nonostante i cambiamenti politici e sociali che investono nel tempo sia la pubblica amministrazione che la società. I cambiamenti sociali, che noi assumiamo non come debolezza per il progetto ma come necessari e naturali, portano a definire forme diverse di progetto senza che vengano ritrattati gli obiettivi. Le esigenze e i bisogni che, nel tempo possono cambiare e ridefinirsi in base a priorità dettate dal cambiamento sociale e alla composizione della società stessa, definiscono una varietà di esiti progettuali, tutti validi e accettabili perchè direttamente definiti dalla comunità e quindi rispondenti a esigenze specifiche. A variare non sono quindi gli obiettivi, ma la forma che, di volta in volta, potrà essere diversa e mutevole. Il ruolo dell’Agenzia di Sviluppo è quello, insieme al mediatore (altro attore stabile, perchè rintracciabile sul mercato), di interpretare questi bisogni, accettando il cambiamento sociale e assumendolo come punto di forza imprescindibile. In conclusione, le pratiche più significative, osservate come sistemi concreti di interazione multipla, ci inducono a privilegiare l’interpretazione delle attività di pianificazione strategica per lo sviluppo come campi di pratiche generative di immagini del cambiamento, piuttosto che come visioni regolative e strutturanti 171


Attori e processo delle trasformazioni territoriali; di cantieri progettuali piuttosto che come sistemi di obiettivi e decisioni; di campi di opportunità per la costruzione di reti tra attori vecchi e nuovi piuttosto che come tavoli strutturati di rappresentanza (e di rappresentazione) degli interessi35. Se letti come progetti di sviluppo, i processi di pianificazione strategica ci consegnano, dunque, un’immagine dell’attività di progettazione come insieme di pratiche che sono in grado di attivare attori, contesti e processi di apprendimento, di generare immagini del cambiamento e di ricostruire le possibilità evolutive attraverso l’attivazione di cantieri progettuali.

GLI ATTORI PRINCIPALI LA FONDAZIONE La Fondazione è un ente senza finalità di lucro costituito da un patrimonio preordinato al perseguimento di un determinato scopo. È creata dalla persona fisica o giuridica (fondatore) che destina il patrimonio allo scopo; i fondatori possono essere più d’uno. Il ruolo della Fondazione all’interno dei progetti di sviluppo locale è importante non solo per il contributo economico che, in quanto attore privato disponente di capitale può dare, ma anche in quanto promotore di 172

progetti culturali a supporto dello sviluppo locale. Se la dimensione europea è sempre più un’arena naturale per le comunità delle arti, della cultura e delle loro reti, le politiche delle istituzioni pubbliche e private nazionali necessitano di sviluppare un nuovo quadro in grado di far fronte a questi sviluppi in corso. Vi è un crescente disallineamento tra i bisogni culturali, da un lato, e gli strumenti disponibili, dall’altro. Le istituzioni devono imparare ad affrontare l’insicurezza e instabilità economica attuale e le difficoltà di pilotaggio di una massa critica di fondi e risorse nella direzione della cooperazione culturale. In questo senso la definizione di un nuovo quadro di cooperazione culturale tra soggetti pubblici e Fondazioni o reti di Fondazioni, delle sue implicazioni in termini politici ed economici, riguardo agli strumenti e attori, sono il presupposto per la definizione di strategie appropriate e innovative, piani d’azione e metodologie per il progetto del territorio. A Milano e in Lombardia una delle fondazioni più importanti è sicuramente la Fondazione Cariplo. Fondazione Cariplo è un soggetto filantropico che concede contributi a fondo perduto alle organizzazioni del Terzo Settore per la realizzazione di progetti di utilità sociale.

E’ un ente privato che opera per la promozione del bene pubblico. Il suo obiettivo non è sostituire, ma sostenere i soggetti no profit, pubblici e privati, soprattutto per individuare bisogni emergenti, dare risposte nuove a problemi radicati ed estendere le soluzioni di successo. Opera in quattro aree: Ambiente, Arte e Cultura, Ricerca Scientifica, Servizi alla Persona. I contributi sono assegnati principalmente attraverso vari strumenti erogativi: bandi, erogazioni emblematiche, territoriali, istituzionali e patrocini. Da qualche anno, la Fondazione non si limita a erogare contributi ad enti nonprofit, ma struttura e realizza progetti propri, con l’obiettivo di creare modelli di intervento da mettere a disposizione e diffondere. La Fondazione interviene prevalentemente in Lombardia e nelle province di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola. Al di fuori di questo territorio sostiene iniziative di carattere internazionale, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Il ruolo e la missione di Fondazione Cariplo sono delineati nel Documento di Programmazione Previsionale Pluriennale (DPPP), aggiornato ogni sei anni a conclusione del mandato della Commissione Centrale di Beneficenza. Gli obiettivi specifici sono invece definiti nei Piani di Azione, che focalizzano alcuni problemi sociali rispetto ai quali la


Attori e processo Fondazione potrebbe intervenire. Ogni iniziativa di Fondazione Cariplo deve porsi in continuità con le linee strategiche fissate da questi documenti.

L’AGENZIA DI SVILUPPO LOCALE Lo sviluppo di società locali e delle reti di complementarietà e sussidiarietà che rendono il progetto di sviluppo locale realizzabile ed efficace richiede che l’incontro fra azioni sovraordinate dall’alto e azioni dal basso sia veramente a “mezza strada”, ovvero che l’incontro sia tale36. Ciò richiede i realizzarsi di due condizioni: la prima che esistano i soggetti locali, portatori di obiettivi virtuosi rispetto alla valorizzazione del patrimonio e di reti locali; la seconda che l’iniziativa top down valorizzi questi attori, elevandone la contrattualità politica, rendendoli visibili. Il ruolo delle politiche istituzionali, per la crescita della società locale, è quindi la valorizzazione delle energie positive esistenti sul territorio per dare attuazione a strategie di sviluppo locale autosostenibile e promuovere istituti di autogoverno. Il ruolo in questo senso di un’Agenzia di Sviluppo Locale dovrebbe rispondere ai seguenti requisiti: - Promuovere l’evoluzione dell’abitante utente verso l’abitante produttore.

Incentivare la partecipazione intesa come costruzione e manutenzione (del proprio quartiere, degli spazi pubblici, dell’ambiente, della produzione locale). Valorizzare il processo di progettazione sociale agevola la costruzione di sistemi di appartenenza collettiva, incrementa la socialità come risorsa; l’autoriconoscimento dello spazio pubblico modifica le forme di produzione dello spazio e le relazioni di cura dell’ambiente. - Rendere praticabili i progetti. Attraverso il potenziamento dell’imprenditorialità diffusa legata all’uso sostenibile delle risorse; agevolando l’accesso ai finanziamenti pubblici; mettendo in rete i progetti esistenti; sviluppando sinergie fra progetti di settore. - Promuovere intersettorialità e integrazione. La necessità di un’azione per la creazione di strutture integrate nel governo locale, in grado di affrontare le relazioni fra i settori di intervento nel campo della progettazione e della valutazione delle politiche. - Sviluppo di partnership. Costruzione di reti improntate allo scambio, soprattutto nell’attivazione di filiere intersettoriali. Questo processo riguarda reti sociali, culturali, politiche, istituzionali, oltre che economiche. - Realizzazione della sussidiarietà. Il ruolo top down si precisa come attivazione di politiche integrative alle azioni e ai progetti

locali esistenti nella direzione di rendere sistematica, anche nelle politiche settoriali, l’azione di crescita della società locale in relazione agli scenari di autosostenibilità. - Costruire addizionalità. La costruzione di scenari locali condivisi e di “parchi progetti” riferiti agli scenari consente di attingere a più forme di finanziamento, e di attivare processi addizionali di realizzazione dello scenario, costruendo fiducia negli attori (pubblici e privati) per l’investimento sui progetti. - Promuovere diversità. La peculiarità del modello di sviluppo, che è proporzionale alla capacità di attivazione del milieu e alla valorizzazione del patrimonio territoriale, costituisce la condizione dello scambio e della relazione in forme non gerarchiche. In questa prospettiva una buona pratica ha criteri valutativi che tengono conto dei contesti locali, poiché la peculiarità delle culture e degli attori valorizzano il patrimonio. - Sviluppare e valorizzare i saperi contestuali. Lo sviluppo locale autosostenibile utilizza raffinate tecnologie appropriate, valorizzando tecniche, culture produttive, saperi ambientali attraverso i quali è stato costruito il patrimonio territoriale in agricoltura, nella salvaguardia ambientale, nell’artigianato, nelle arti, nelle tecniche cosruttive, ecc.

173


Attori e processo

IL MEDIATORE37 Il mediatore culturale, con le sue competenze e conoscenze acquisite nel tempo, inizia ad avere un ruolo importante nelle fasi progettuali ed esecutive di tutte le attività che riguardano gli incontri, la comunicazione e le relazioni tra individui o gruppi appartenenti a culture diverse, cercando di dare un suo contributo al miglioramento della vita in un determinato territorio. Il nuovo mediatore tra progetto e utente, nell’individuare e interpretare, sviluppa la sua prospettiva partendo dallo studio della condizione vissuta dall’utente, non solo nelle attività che svolge nello spazio e nella loro localizzazione nella casa, nel vicinato, nel quartiere, nella città, ma anche e soprattutto, nel sistema di valori sul quale fonda la propria cultura l’individuo e la sua famiglia e il gruppo, nelle funzioni che svolgono famiglia e individuo all’interno e all’esterno del gruppo, nelle relazioni sociali in rapporto ai differenti spazi (domestici, interpersonali, sociali), nei significati sociali che i differenti spazi sviluppano e quindi nella simbolica che essi riescono ad esprimere, e più in generale, nella visione del mondo e della felicità che questi medesimi utenti vivono ed esprimono. Si tratta di una lettura dei bisogni che certo nasce dai concreti utenti del progetto, 174

ma non trascura l’idea di società, che resta tuttavia sempre sullo sfondo a fare da guida generale. Un’altra caratteristica che tale attore possiede all’interno del processo di progettazione è quella di entrare direttamente all’interno del progetto, cogliendo relazioni tra variabili socialipsicologiche e culturali e variabili spaziali, anche se cerca di evitare di dare ad esse interpretazioni strettamente deterministiche. La via per contribuire dal basso al processo di progettazione significa anche una scelta di campo nella soddisfazione dei bisogni degli individui e quindi più facilmente traducibili in termini concreti. Tale “scienziato sociale”38 introduce nel processo di progettazione una prospettiva più stabile, più profonda e più attenta al mutare dei bisogni e delle generazioni oltre che più “ragionata” delle modalità di progettazione dell’ambiente, di quanto non faccia il singolo utente, attraverso la sua partecipazione, la quale naturalmente conserva un valore significativo. La partecipazione spesso però, non sfugge ai problemi di manipolazione da parte del progettista, il quale semmai inavvertitamente, convince l’utente che ciò che costruisce il progettista è proprio quello che va bene a lui. Nonostante tali difficoltà le modalità, soprattutto di ricerca, ma anche di partecipazione, restano punti essenziali del rapporto tra utente e progettista.


Attori e processo

NOTE 1

Dente, 2005

2

AIM, 2003

3

L’unico intervento pubblico di rilevo nell’area è la Città delle Culture (concorso vinto nel 2000 dall’architetto David Chipperfield), prevista sull’area dell’ex Ansaldo. Solo nella primavera del 2006 l’amministrazione comunale ha trovato i fondi necessari (56 milioni di euro) per avviare il primo lotto dei lavori. 4

Oltre all’area Savona/Tortona, i principali eventi del Fuori Salone si concentrano in: Brera, Bovisa, Lambrate e nel centro cittadino. 5

In realtà, una ricerca (Borelli et al., 2003) ha evidenziato come buona parte dei professionisti associabili alla ‘nuova classe creativa’ concordi nel ritenere Porta Genova Village un luogo non particolarmente attrattivo in tema di servizi dedicati alla ricreazione, al tempo libero e, in generale, carente di quei servizi che consentono una elevata interazione sociale. L’area risulta sprovvista di quei servizi molto apprezzati dalle professioni che tendono a non effettuare rigide distinzioni tra il tempo dedicato al lavoro e quello dedicato alla ricreazione (p. es.: locali di ritrovo, palestre, gallerie d’arte). Inoltre, gli intervistati lamentavano l’inadeguatezza degli orari dei servizi presenti in zona (p. es.: la mancanza di locali aperti anche durante le ore notturne). Una efficace metafora proposta da Amadasi et al. (2005, pp. 78-79) si riferisce a “isole calate in un tessuto connettivo che è solo di frettoloso passaggio”. 6

cfr. tra tutti, il Documento Direttore sulle Aree Industriali Dimesse, 1988

7

Una ricerca (Borelli et. al., 2003) ha rilevato che, intorno a questo modello di trasformazione, si è costituita nel tempo una articolata costellazione di investitori che vanno dal developer-amatore su piccola scala all’investitore istituzionale che muove grandi risorse e ha grande influenza nello sviluppo urbano. Mentre i primi dimostrano una certa empatia con l’ambiente postindustriale dell’area, gli investitori istituzionali tendono invece a considerare il segmento della riconversione come una nicchia del proprio mercato. In contrasto con gli amatori, che sono attirati dall’area Savona/Tortona (pulled), i grandi investitori sono spinti (pushed) dalla necessità di diversificare le proprie tipologie di investimento (cfr. anche Mele, 2000; Zukin, 1982, 1995). 8

Analoghe dinamiche sono riscontrabili in altre aree urbane milanesi come Lambrate o il Quartiere Isola.

9

Soglio, 2002, p. 50

10

Giannattasio, 2002, p. 39

11

Verga, 2006, p. 13

12

Gli abitanti presentano vari ricorsi al TAR della Lombardia e riescono a bloccare il cantiere di Ligresti, costruito per ospitare un supermercato. 13

La letteratura sui temi della pianificazione strategica è oramai sterminata, così come è ampia la restituzione di casi studio. Un testo di riferimento per il dibattito italiano è Curti, Ghibelli (1997). Un’analisi di casi italiani è presentata in Fedeli, Gastaldi

175


Attori e processo (2004). Si vedano anche Pugliese, Spaziante (2003) e Ave (2004). 14

Camagni R., Gibelli M., 2005

15

Flavia Martinelli, La formazione in pianificazione all’alba del Terzo Millennio, Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, febbraio 2002 16

Camagni, 2003

17

Annunziata, 2008 in Tracce di quartieri

18

Kohn, 2004

19

Si veda come testo di riferimento per il tema spazio pubblico/sfera pubblica Cicalò, 2009

20

Si veda a tal proposito e come raccolta di casi studio la ricerca: HABITAT INTERNATIONAL COALITION UNIONE INQUILINI HABITAT ET PARTICIPATION, Strategie Popolari nei Centri Storici, Vol. 2, Europa. Si veda anche il lavoro svolto da INURA (Intenational Network for Urban research and Action). I principi su cui si fonda l’INURA prevedono uno stretto rapporto fra partecipazione diretta della popolazione alle scelte di trasformazione urbana e superamento dello sfruttamento capitalistico del territorio caratterizzato dalla divisione sociale dello spazio. 21

Paba G., 2007

22

Uhlaner, 1996; Bruni e Zamagni, 2004

23

Donolo, 2003

24

Sandercock, 2000; Perrone, 2004; Bridge, 2005

25

Granovetter, 1998

26

De Leonardis, 1998

27

Palermo, 2005

28

Si pensi ai Piani Provinciali che sempre più spesso interagiscono strettamente con progetti integrati di sviluppo. Il tema dei piani urbanistici provinciali come occasione per sostanziare l’armatura territoriale dello sviluppo a una scala adeguata ai processi economici, sociali e insediativi è trattato da Lanzani (1998) 29

Si pensi ai programmi di iniziativa comunitaria Urban. Il tema della politica di sviluppo e coesione in ambito comunitario è ampiamente trattato da Palermo (2002). 30

Problemi di coordinamento tra azioni e politiche, di posizionamento strategico rispetto ad altri territori e altri livelli istituzionali, identificazione dei percorsi locali di sviluppo, acquisizione di risorse aggiuntive non solo economiche, per le amministrazioni locali. 31

Quasi sempre presenta una forte connotazione pubblica. Il ruolo di regia è svolto direttamente dalle amministrazioni comunali oppure da soggetti ibridi e costituiti su missione come le Agenzie di Sviluppo Locale, e un coinvolgimento limitato degli attori economici e sociali nelle azioni effettivamente avviate.

176


Attori e processo 32

Si caratterizzano quasi sempre per una scarsa linearità, per uno spiccato andamento carsico, per una dipendenza talora molto forte dai cicli politici e persino elettorali, per una presenza significativa di attori tecnici che giocano un ruolo rilevante di animazione, accompagnamento, e ridefinizione della “domanda di pianificazione”. 33

Pasqui, 2005

34

Ibidem

35

Ibidem

36

Magnaghi, 2000

37

Si vedano a tal proposito le schede allegate relative ai tre principali mediatori nell’ambito milanese. Connecting Cultures, Trame Metropolitane, esterni. 38

Gasparini, 2000

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Attori e processo

SCHEDA N° 1: SAINT MICHEL Un distretto circense per la riqualificazione di un quartiere socialmente e fisicamente problematico

DOVE: Saint Michel, Montréal, Canada INIZIO DEL PROCESSO: dal 1997 PROPRIETA’: Cirque du Soleil, Comune di Montréal PROMOTORI: Cirque du Soleil, Comune di Montréal GESTIONE: Cirque du Soleil, staff del TOHU FINANZIATORI/SPONSOR: Cirque du Soleil, Provincia del Québec, Comune di Montréal, investitori privati

INQUADRAMENTO DEL QUARTIERE L’area di Saint Michel si colloca nella zona nord-ovest dell’isola; l’arrondissement di Villary-Saint Michel è uno dei più vasti in termini di dimensione territoriale dei 24 “quartieri” della città. L’area presenta una popolazione di 140.000 abitanti circa, con una struttura sociale che presenta un nocciolo del 65% dei residenti formato da immigrati, di cui un terzo giunto a partire dagli anni ’90. La zona presenta anche un grande disagio ambientale poiché sulla sua area è presente la seconda discarica del continente per dimensione.

IL PROGETTO DI RIQUALIFICAZIONE URBANA Dopo la dismissione industriale, nel 1988, il Governo acquisisce l’area e si pone il problema della sua riconversione fisica 178

accompagnata a una rigenerazione sociale. L’arrondissement è l’unico a non essere dotato di un “contenitore” culturale ed attività collegate a favore della popolazione locale, è carente dal punto di vista delle iniziative di coinvolgimento della stessa in attività ricreative/culturali, mancante quindi degli strumenti per la realizzazione di politiche sistematiche attraverso le quali rendere possibile il coagularsi di conoscenze ed interessi tali da generare un processo di inclusione sociale delle varie comunità insediatesi grazie agli eventi ed attività realizzate. Le linee strategiche di intervento istituzionale prevedono che lo spazio del sito, dopo un processo di bonifica, venga adibito alla costruzione di un parco e di infrastrutture educative e sportive, lasciando all’imprenditorialità locale la possibilità di localizzare funzioni commerciali e culturali.

IL COINVOLGIMENTO DELL’ISTITUZIONE CULTURALE PRIVATA E LA STRATEGIA CULTURALE Nello stesso periodo il Cirque du Soleil cerca nuovi spazi per le sue attività artistiche. Risorsa economica, produttiva e culturale della città - rappresenta la più grande multinazionale del Canada con 3.000 persone impiegate di cui 1.700 nella sede di Montreal viene contattata dal governo cittadino che, venuto a conoscenza della necessità della struttura di dotarsi di nuovi spazi, intende


Attori e processo trovare una modalità per accrescere l’impatto dell’istituzione nella città affinché questa produca uno sviluppo non auto-referenziale ma sistemico sulla scala urbana. La richiesta viene accolta dalla struttura e, successivamente ad una fase di analisi e di dialogo con l’amministrazione, viene identificato uno spazio quale nuovo potenziale centro produttivo. Data la completa disponibilità dell’amministrazione nel collaborare, il CdS provvede ad elaborare una strategia di espansione che non preveda unicamente la costruzione del nuovo centro produttivo, ma crei le premesse per la concentrazione nell’area di Saint Michel di tutte le istituzioni nazionali operanti nel mondo circense affinché venga a costituirsi una filiera produttiva clusterizzata, dall’indubbio vantaggio a livello di sinergie operative/ produttive. Viene quindi creata l’associazione Cité des Arts du Cirque (1999). Questa viene chiamata ad operare quale strumento di pianificazione, realizzando un “tavolo di concertazione” che attraverso il confronto e il dialogo tra le varie parti costituenti la realtà di Montreal (istituzioni pubbliche, economiche, rappresentati delle associazioni locali dei cittadini), proponga le linee guida per la realizzazione di una strategia di sviluppo ed implementazione nell’area. Se nel 1997 viene edificata la nuova sede di Cirque du Soleil, a partire dal 2000 sono realizzate nuove infrastrutture quali un artists residence di 113 unità abitative, la sede della scuola nazionale del circo, ulteriori edifici ad uso produttivo. Un importante realizzazione, soprattutto per la scala locale, è l’edificio TOHU. Finanziato interamente dal CdS, il centro viene realizzato quale sede permanente per la realizzazione di eventi legati al circo, ed inoltre assolve alla funzione di centro culturale del quartiere, braccio operativo privato per la realizzazione di attività di interesse per la collettività.

LA DIMENSIONE DEL LOCALE E IL COINVOLGIMENTO La struttura, inoltre si dota di uno staff che similmente ad un “promoter culturale”, operando nell’arrondissement di Saint Michel, si pone lo scopo di stimolare la partecipazione della collettività attraverso la realizzazione di eventi che la vedano coinvolta nell’atto creativo, ad esempio nel coinvolgimento nell’organizzazione di spettacoli ad hoc, nell’espressione della capacità artistica attraverso laboratori d’arte, nella riscoperta di antichi mestieri, in momenti di confronto e dibattito, attraverso azioni dirette - quali incontri appositamente realizzati nelle scuole o seminari - e indirette quali la distribuzione di flyer pubblicitari/ informativi distribuiti porta a porta. L’intera area è stata oggetto di un investimento complessivo di 75 milioni di dollari, 30 di competenza di CdS, 28 del governo della provincia del Quebec, 8.6 del comune di Montreal - di cui 3.6 in beni demaniali come da valore del terreno, e 6 di investitori privati, tra cui da segnalare il gruppo finanziario SSQ, tra i maggiori della nazione. Il progetto ha ricevuto numerosi premi sia per i criteri innovativi adottati nella costruzione (Green Municipal Funds of the Federation of Canadian Municipalities, 2004), sia per le azioni di sostegno allo sviluppo complessivo dell’area (Canadian Urban Institute). Le persone attualmente impiegate, comprese quelle che lavorano nell’indotto, sono pari a 3.400, di cui buona parte provengono dall’area - come da criteri di selezione adottati sia dal CdS che dalle altre strutture, che prevedono un impegno prioritario di risorse umane provenienti dal territorio. www.cirquedusoleil.com www.tohu.ca

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Attori e processo

SCHEDA N° 2: LA DUCHERE La cultura nella riqualificazione fisica e sociale di un quartiere periferico: pubblico insieme a mediatore privato

DOVE: La Duchère, Lione, Francia INIZIO DEL PROCESSO: dal 2003 PROPRIETA’: Le Grand Lyon PROMOTORI: Politique de la Ville et de l’Habitat, Culture e Patrimoine (Le Grand Lyon) GESTIONE: «Là Hors de» e terzo settore, FINANZIATORI/SPONSOR: Ville de Lyon, Région Rhone-Alpes, Etat, Départment du Rhone, Caisse des Dépots

LA CULTURA ALLA BASE DEL PROCESSO DI RIGENERAZIONE URBANA Nel quadro della riqualificazione urbana del quartiere La Duchère, la cultura è un asse forte dello sviluppo. La convinzione condivisa è che la cultura possa aiutare a forgiare la nuova identità di La Duchère, accompagnando la popolazione durante la trasformazione del territorio, attirando futuri abitanti e dando una nuova immagine del quartiere agli occhi degli abitanti di Lione. La città di Lione si impegna nello sviluppo di progetti e azioni culturali alle diverse tappe dei progetti urbani per accompagnare gli abitanti durante la fase di trasformazione del loro ambiente di vita. Contemporaneamente, artisti e associazioni culturali sono chiamati a portare altri elementi di comprensione dei territori, altri sguardi, che nutrono le operazioni urbanistiche. Il progetto di riqualificazione 180

di La Duchère è stato tra i primi progetti urbani nazionali a fare della cultura un motore di sviluppo per il quartiere.

GLI ATTORI E GLI STRUMENTI Nel quadro della Carta di Cooperazione Culturale, le grandi istituzioni culturali cittadine sono partner del progetto La Duchère (Biblioteca, Teatro Nouvelle Génération, Conservatorio, Scuola Nazionale di Belle Arti). In un arco di tempo che va dal 2003 al 2008, sono stati attivati vari strumenti di partecipazione e di diffusione dell’arte a livello locale; fra questi: gli “ateliers d’écriture et lecture spectacle” per accompagnare il rialloggiamento (20032006), la Biennale de la Danse (La Duchère ha partecipato a 4 edizioni), i Cafés Partagés (dal 2007), il Théatre d’Improvisation (2008) e un intervento artistico sulle cesate dei cantieri (2008, concorso fotografico). Il progetto artistico e di accompagnamento sicuramente più interessante è stato tuttavia il progetti Sputnik, pensato e gestito dall’associazione del terzo settore Là Hors De, chiamata direttamente dalla municipalità ad intervenire nel quartiere. Dal 2005 l’associazione artistica Là Hors De è uno dei maggiori attori del progetto culturale di sviluppo del quartiere. Si occupa di sviluppare azioni innovatrici come l’installazione del Musée éphémere all’interno di appartamenti lasciati vuoti in seguito a riallocazioni. Là Hors De intende fare di questo “tra due tempi” che costituisce il lungo periodo dei cantiere un momento di creazione inedito e di scambio fra abitanti e artisti. Il lavoro


Attori e processo dell’associazione ha l’obiettivo di aprire il quartiere e di lavorare sulla dimensione della prossimità. Il progetto in cifre: 75 eventi dal maggio 2005, 33.728 visitatori e spettatori e 824 partecipanti (abitanti e utenti) associati ai differenti progetti realizzati. “Il nostro approccio si fonda su 3 concetti fondatori: le Zone Artistiche Temporanee (ZAT) sono degli spazi da far esistere o da inventare in un altro modo, come la barra 220 destinata alla demolizione, la piscina, il parco du Vallon, la terrazza della MJC… Le Zone di Osservazione Originali (ZOO) sono dei momenti di scambio e di partecipazione per costruire i progetti culturali (come gli apéros RTT). Questi momenti di dialogo con i nostri partner e la società civile sono stati essenziali nelle fasi iniziali del progetto. Restano da sviluppare. Le Zone d’Azione Virtuali (ZAV) permettono di far esistere il progetto Sputnik su internet, con blog alimentati dagli artisti e dagli internauti.” (Natalie Veuillet, codirettrice) Il lavoro nel quartiere ha poi interessato la riqualificazione e rivalorizzazione di spazi pubblici e edifici storici esistenti. Inoltre, alcuni cittadini hanno partecipato a incontri sull’arte contemporanea insieme ad Alain Marguerit, architetto incaricato di progettare l’intervento per la futura piazza centrale del quartiere. Dopo la creazione di basi comuni sull’arte urbana e sul suo ruolo odierno, il gruppo di lavoro ha riflettuto insieme su come far diventare questo spazio un luogo di incontro fra vecchio quartiere e nuova identità. Les Carnets du Projet n° 2, Mission Lyon La Duchère, 2008 www.projet-sputnik.com www.lahorsde.com

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Attori e processo

SCHEDA N° 3: VIA ARQUATA Dieci anni di politiche omeopatiche in un quartiere periferico in crisi: gli abitanti promotori della riqualificazione

DOVE: via Arquata, Torino INIZIO DEL PROCESSO: dal 1994 PROPRIETA’: Comune di Torino PROMOTORI: abitanti, Avventura Urbana, Progetto Periferie GESTIONE: Agenzia di Sviluppo Locale, terzo settore FINANZIATORI/SPONSOR: Comune di Torino e Regione Piemonte, Contratto di Quartiere

IL CONTESTO DI DISAGIO SOCIALE E DEGRADO. I CITTADINI PROMOTORI DELLA RIQUALIFICAZIONE Via Arquata è un quartiere centrale di Torino, formato da 8 isolati e circondati dalla ferrovia. Un quartiere legato alla produzione, che ospitava alloggi popolarissimi. Interventi fisici e sociali sono stati attuati a partire dalla seconda metà degli anni ’90 per uscire dal periodo di ghettizzazione e degrado (problemi di delinquenza, frammentazione della proprietà degli alloggi, chiusura dei negozi al dettaglio e perdita di attrazione e di presidio territoriale). La situazione spinge un gruppo di cittadini, organizzati nel comitato spontaneo di Crocetta, a farsi promotori di un’iniziativa di riqualificazione. E’ il 1994. Vengono presentate petizioni che aumentano la visibilità del quartiere nel consiglio zonale e comunale. Il comitato di quartiere raccoglie molte firme. 182

IL MEDIATORE ESTERNO: AVVENTURA URBANA. IL CONTRATTO DI QUARTIERE. Un ingrediente base di questa alchimia è “Avventura Urbana”, uno studio privato di giovani architetti torinesi assai motivati ad importare dall’Inghilterra metodologie e strumenti di progettazione partecipata: via Arquata rappresenta una palestra perfetta (Sclavi, 2002). Sono loro a facilitare la formazione di un “tavolo tecnicopolitico” e di un “tavolo speciale”, rispettivamente istituzionale e non, dal cui confronto nasce l’elaborazione della risposta al bando dei primi Contratti di quartiere, che il Ministero dei Lavori Pubblici premierà. Via Arquata rientra all’interno del Progetto Periferie che prevede la formazione di gruppi di lavoro intersettoriale per ogni territorio. Prima che si avviino nel quartiere le opere di trasformazione fisica, la Città, spinta anche dalla Regione, s’impone di investire soldi propri nell’accompagnamento sociale. L’Agenzia di Sviluppo Locale nasce dopo più di due anni di gestazione, nel 2000. Nonostante questo esempio positivo, a Torino la scelta di riservare l’approccio dal basso alle aree disagiate di edilizia residenziale pubblica è uno sforzo che se da un lato coraggiosamente tenta di far funzionare la macchina comunale in modo intersettoriale, dall’altro resta un piccolo mondo a parte rispetto ai grandi numeri delle trasformazioni olimpiche e dell’attuazione del nuovo piano regolatore della città (via Arquata si trova a ridosso dei grandi


Attori e processo cantieri del progetto Spina 1; i due interventi urbanistici si ignorano e non si integrano).

Ciaffi D., Torino, via Arquata, dieci anni di politiche omeopatiche, in Tracce di quartieri, Cremaschi M. (a cura di), Franco Angeli, Milano, 2008

IL PROCESSO E GLI ATTORI Nell’esperienza di via Arquata sono da sottolineare due aspetti: la consistenza del processo di costruzione partecipata attraverso tavoli composti sia da tecnici che da non esperti, la cui caratteristica fondamentale è di essere luoghi decisionali. Il ruolo del pubblico è importante: la Città è un partner che sta formalmente al livello di altri soggetti in rete, e anche se sostanzialmente ha l’onore e l’onere della regia complessiva, non è mai ad un gradino gerarchicamente superiore. L’obiettivo non è l’assistenza ma la crescita di alcuni cittadini preparati (e preparandoli) ad assumersi responsabilità di coordinamento. L’investimento pubblico, infatti, non riguarda solo azioni di informazione e comunicazione, ma anche e soprattutto di animazione, consultazione e empowerment (Ciaffi, Mela, 2006). Il tipo di politica applicato in questo contesto può essere paragonata all’omeopatia. Un vantaggio è la somministrazione di principi terapeutici in modo diluito e costante negli anni: un’agenda ritmata di confronti tra le parti, le flessibilità dei servizi, il risparmio di tempo dei lavori grazie all’accompagnamento sociale. Lo svantaggio è che non è detto che questo metodo sia applicabile felicemente in altri contesti. In Via Arquata una regia pubblica soft corazzata da una salda rete giuridica fra i partner ha sostenuto, e a volte forzato, la ricostruzione di legami sociali, servizi sociosanitari, iniziative educative e quant’altro in un lavoro omeopatico che ha richiesto grandi energie per tutti. Attualmente via Arquata, esperienza studiata come laboratorio di politiche integrate in tutto il Mondo, rischia di portare a una museificazione del territorio, quando invece è proprio sul lungo periodo che gli interventi sociali dovrebbero essere rafforzati. 183


Attori e processo

SCHEDA N° 4: NUOVI COMMITTENTI Attivare e recepire una domanda d’arte rendendo possibile una partecipazione diretta dei cittadini-committenti alla progettazione

DOVE: diverse città italiane INIZIO DEL PROCESSO: dal 2001 PROPRIETA’: varie PROMOTORI: Fondazione Adriano Olivetti GESTIONE: mediatori culturali FINANZIATORI/SPONSOR: pubblici e privati

IL PROGRAMMA E LE FINALITÀ Il programma Nuovi Committenti individua nella ricerca artistica la possibilità di agire come fattore di cambiamento sociale, promuovendo il coinvolgimento dei cittadini nella committenza e realizzazione di progetti di arte contemporanea che rispondono a una domanda concreta e sono pensati per essere installati nei luoghi di vita e di lavoro dei committenti. La finalità di Nuovi Committenti è quella di attivare e recepire una domanda d’arte, di qualità della vita, di integrazione sociale rendendo possibile una partecipazione diretta dei cittadinicommittenti alla concezione dell’intervento artistico. Il modello permette ai cittadini di commissionare un opera d’arte che risponda alla loro volontà di riflessione, autorappresentazione, identificazione con l’ambiente. L’opera d’arte è concepita quindi in risposta a una domanda specifica, e al suo valore estetico si affianca un valore d’uso. Gli artisti sono chiamati a confrontarsi con luoghi fatti per essere usati quotidianamente; in breve, luoghi 184

di socialità attorno ai quali si possono formare nuove comunità e a realizzare opere da abitare, usare e vivere che restituiscono al patrimonio artistico una funzione di pubblica utilità ad appannaggio della comunità e del territorio.

PROMOTORI E ATTORI Concepito come Noveaux Commanditaires, programma ideato dall’artista François Hers, che ne ha delineato le finalità e la metodologia, impostando le linee di un programma che, nato in Francia è stato sostenuto fin dal 1992 dalla Fondation de France, oggi ha un raggio d’azione europeo ed è applicato anche in Italia, dove è promosso dalla Fondazione Adriano Olivetti dal 2001. Nuovi committenti si articola sull’interazione tra tre figure: il cittadino-committente, il mediatore culturale, che interpreta l’esigenza della committenza, e l’artista chiamato a progettare e poi a realizzare l’opera. E’ un programma che attiva tra i diversi soggetti un rapporto di fiducia e collaborazione. All’interno del programma, l’artista viene invitato dal mediatore a confrontarsi e cooperare con una comunità che è al tempo stesso la prima destinataria e il motore di ciascun progetto, partecipando attivamente alla sua ideazione. Anche l’artista subisce un reinquadramento della sua figura: l’artista si confronta con una dinamica che porta l’arte al di fuori dei suoi spazi deputati, al di fuori del suo sistema economico e


Attori e processo istituzionale protetto per confrontarsi con la vita reale, con un pubblico non abituato al linguaggio dell’arte contemporanea, con problemi che devono tener conto del contesto fisico, sociale e istituzionale in cui l’opera andrà ad inserirsi. La richiesta iniziale del committente e le loro attese costituiscono il carattere fondante del progetto e della Carta d’Intenti su cui si basa l’artista per elaborare lo studio di progetto dell’opera. In tutte le fasi i committenti sono affiancati dai mediatori, scelti dalla Fondazione non solo in funzione delle loro competenze nel settore artistico, ma anche in relazione alle conoscenze del territorio e alla disponibilità di ascolto delle esigenze dei cittadini e degli artisti. Il mediatore è la figura cardine del progetto ed è chiamato a fare da tramite tra le istanze della committenza e quelle della produzione.

FORME ORGANIZZATIVE E DI GESTIONE Nel seguire il protocollo di applicazione, il modello italiano si è distinto da quello francese nelle procedure di intervento: rispetto al ruolo accentratore svolto dalla Foundation de France, la Fondazione Adriano Olivetti ha puntato piuttosto sul ruolo di catalizzatore, alla luce della densità e delle specificità locali che caratterizzano storicamente e culturalmente i contesti italiani, collaborando con le amministrazioni pubbliche. Le politiche partecipate costituiscono uno degli obiettivi di governance delle amministrazioni locali, pertanto un progetto che individua l’arte e la cultura come pratiche di welfare può essere determinante nella progettazione e nella riqualificazione di aree urbane, proprio perchè non interpreta lo spazio e la società come categorie astratte, ma prende in considerazione le relazione tra persone e territorio e si materializza in azioni e processi condivisi. La Fondazione coordina il programma e garantisce il dialogo tra soggetti coinvolti, attraverso la stesura di contratti che scandiscono

i rapporti formali tra committenti, gli artisti e i mediatori, e coadiuva questi ultimi nel rapporto con le amministrazioni locali. Il programma si articola in diverse fasi: Fase 1: l’Individuazione delle Committenze Fase 2: Il Documento d’Intenti - la Domanda dei Committenti Fase 3: Il progetto Fase 4: La realizzazione Fase 5: Presentazione pubblica e proprietà dell’opera

L’ESPERIENZA DI MIRAFIORI NORD Realizzazioni di quattro opere a Torino nel quartiere di Mirafiori Nord nate intorno ad altrettante funzioni: il Laboratorio di Storia e di storie, uno spazio didattico aperto alle scuole progettato da Massimo Bartolini in una piccola cappella barocca, Totipotent Architecture, la scultura abitabile di Lucy Orta di fronte a un liceo, Multiplayer, il campo da gioco di Stefano Arienti in un nuovo parco e l’Aiuola Transatlantico di Claudia Losi tra le case di un complesso di edilizia pubblica. Ognuna di queste opere-luoghi è il risultato di un articolato processo che, a partire da un desiderio, si è sviluppato attraverso immaginari e prassi condivise. La realizzazione delle quattro opere si è sviluppata all’incrocio di due cornici: quella di Nuovi Committenti, ovvero una metodologia, rispondente a un protocollo, volta alla produzione di opere d’arte per spazio pubblico e quella di Urban II, un Programma di Iniziativa Comunitaria (PIC) regolamentato dall’Unione Europea. A.titolo (a cura di), Nuovi Committenti. Arte contemponea, società e spazio pubblico, Silvana Editoriale, Milano, 2008 www.nuovicommittenti.it www.fondazioneadrianolivetti.it www.comune.torino.it/urban2 185


Attori e processo

SCHEDA N° 5: MEDIATORI A MILANO Tre associazioni culturali no profit che lavorano nei territori e nello spazio pubblico coinvolgendo le comunità locali

ESTERNI esterni è un’associazione culturale no profit fondata nel 1995 con lo scopo di valorizzare lo spazio pubblico: la socializzazione, lo scambio culturale, la città come luogo di incontro e aggregazione, la responsabilità sociale, la partecipazione allargata sono il motore di ogni progetto. L’attività di esterni durante l’anno si articola in progetti ideati e prodotti dall’associazione, incentrati sulla valorizzazione della città attraverso progetti culturali, e in progetti e consulenze per aziende, istituzioni e enti no profit. I maggiori progetti dell’associazione sono: - Milano Film Festival, festival internazionale di cinema indipendente, giunto ormai alla sua sedicesima edizione (www. milanofilmfestival.it) - Public Design Festival, il festival dello Spazio Pubblico, alla sua terza edizione. Il progetto recupera i temi e le ricerche di esterni e designpubblico, eventi organizzati per la promozione e la riscoperta degli spazi pubblici quotidiani della città. L’evento affianca il Salone del Mobile e il Fuorisalone, allargandone i temi all’ambito dello spazio esterno. - Laboratorio Creativo sullo Spazio Pubblico, un progetto di ricerca e intervento urbano sostenuto dalla Fondazione Cariplo - Audiovisiva, festival di arti visive e multimedia - TRICK, festival di animazione, quest’anno alla sua prima edizione L’associazione è composta da circa 25 persone che formano un 186

gruppo multidisciplinare. Il valore del gruppo e della progettazione allargata sono alla base del progetto. esterni porta avanti anche un progetto di sede aperta, luogo di aggregazione e produzione artistica, con servizi per i visitatori: trattoria, archivio film, ospitalità low cost, noleggio bici… www.esterni.org

CONNECTING CULTURES Connecting Cultures è un’agenzia di ricerca no profit con sede a Milano, fondata nel 2001. Parte da una definizione inclusiva della cultura e da un approccio metodologico fondato sulla ricerca-azione. Lavora con artisti, architetti, performers e il pubblico con obiettivi interdisciplinari e interculturali tesi alle seguenti finalità: favorire una consapevolezza collettiva delle risorse e delle potenzialità del locale; offrire opportunità per scambi interculturali; progettare e realizzare nuove ecologie urbane; agire da catalizzatori verso un cambiamento e un futuro sostenibili. Attualmente l’associazione, con il sostegno di Fondazione Cariplo, sviluppa un progetto dal titolo Milano e Oltre finalizzato a sviluppare una serie di cantieri creativi che si pongono l’obiettivo di valorizzare la creatività giovanile e le risorse locali in quattro aree del capoluogo lombardo: Bovisa, Barona, Quarto Oggiaro e Bicocca. Il progetto si sviluppa nell’arco di 30 mesi e vedrà il coinvolgimento di


Attori e processo giovani artisti, videomaker, fotografi, designer, stilisti che – sotto la guida di artisti, docenti e professionisti - porteranno avanti progetti in collaborazione con realtà economiche e sociali delle aree suddette. L’associazione ha una splendida sede in un’area periurbana milanese e mette a disposizioni di studenti e ricercatori un centro di documentazione molto fornito. Connecting Cultures, fondato dalla critica di arti visive Anne Detheridge, è composta da 4/5 persone. www.connectingcultures.info

TRAMEMETROPOLITANE Tramemetropolitane è un’associazione di ricerca antropologica al servizio della trasformazione culturale e sociale, ma anche della sua interpretazione, fondata nel 2005 da Alessandra Micoli e Elena Negro. Realizza consulenze, valutazioni, attività di ricerca in ambito urbano per enti pubblici e soggetti interessati a elaborare percorsi di narrazione della memoria locale e individuare le trame del tessuto urbano. La flessibilità è uno dei loro punti di forza. Il progetto più importante dell’associazione, appoggiato e sostenuto con forza dal Consiglio di Zona 9 del Comune di Milano, è l’Ecomuseo Urbano Metropolitano Milano Nord, un progetto di tutela e valorizzazione del patrimonio materiale ed immateriale attraverso un percorso di ricerca sulla memoria e sulla storia locale. Tra le sue finalità vi è quella di fornire chiavi di lettura del presente a partire dai valori e dai caratteri peculiari del luogo per creare sviluppo locale. L’Ecomuseo è innanzitutto un processo sociale, espressione della collettività da cui trae linfa vitale per affrontare le domande di ridefinizione identitarie e culturali sentite dalla popolazione.

Attraverso il coinvolgimento della comunità locale dà forma a diversi percorsi di ricerca, narrazioni collettive e azioni specifiche favorendo la conoscenza, la comprensione, la tutela attiva del patrimonio urbano diffuso e dei molteplici valori di cui il territorio è espressione. Il progetto pilota è stato attivato nel quartiere Niguarda a Milano. Il progetto ha ricevuto il riconoscimento come Ecomuseo da parte della Regione Lombardia. Un primo importante risultato è stata la redazione della Mappa di Comunità, che ha la specificità di far emergere le specificità dei luoghi attraverso un processo di costruzione partecipata. www.tramemetropolitane.it www.eumm-nord.it

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animare il territorio


Animare il territorio

COSTRUIRE CULTURA, PRODURRE SPAZIO PUBBLICO La lettura della realtà urbana a partire dagli abitanti e l’individuazione di pratiche sociali comuni non sono strumenti nuovi nell’urbanistica e nella pianificazione contemporanee. L’approccio innovativo che questa tesi vorrebbe apportare nel dibattito sulla progettazione degli spazi pubblici è l’intervento che si serve della cultura, dell’arte, della creatività come strumenti per enfatizzare pratiche già diffuse, consolidarle e renderle visibili o che, invece, propongono nuovi usi alternativi dello spazio urbano. La cultura, la creatività e l’arte, non intese come intervento finalizzato a se stesso (una statua, un disegno urbano, un museo) ma come vettori dell’espressione dei cittadini e delle loro pratiche quotidiane dello spazio pubblico. L’arte è qui intesa come arte attiva, che permette e rende possibile la partecipazione degli abitanti, la progettazione dal basso della città, la 190

proposta di una città possibile o, forse, già esistente ma non visibile. Il progetto dello spazio pubblico non è più solo l’intervento urbanistico della costruzione di un luogo fisico o della sua riqualificazione e rivitalizzazione; l’azione può passare attraverso l’intervento temporaneo, l’evento, l’installazione. La temporaneità è una condizione creativa e critica, che permette al progetto di essere da un lato propulsore (e quindi portatore di nuove idee, nuove visioni, nuove pratiche), dall’altro acceleratore di usi già esistenti e di processi in atto. L’intervento temporaneo si delinea quindi come prima fase del progetto, parte integrante e non pre-progetto e anche come test, come possibilità di sperimentare nuove proposte, validarle o superarle. Questo tipo di azione è possibile solo col coinvolgimento attivo dei cittadini chiamati a pensare alla città che vorrebbero, progettarla, sperimentarla, costruirla.

GLI STRUMENTI TEMPORANEI L’intervento temporaneo, inteso già come progetto dello spazio pubblico, può servirsi di diversi strumenti. Di seguito un elenco di quelli principali, che non vuole essere esaustivo ma propedeutico all’individuazione di una varietà di strumenti possibili: Evento temporaneo Qualcosa che accade in un certo punto ad un certo momento, la possibilità, l’occasione. L’evento è una manifestazione, che può essere di scala e portata più o meno ampia, che può riguardare un tema specifico o essere legato a determinate forme di arte e spettacolo. L’evento è un momento di azione nel territorio, nel quale è fondamentale il coinvolgimento, a diversi livelli, dei cittadini. Festival Complesso di manifestazioni artistiche che si svolgono periodicamente in un certo luogo. La sua durata è limitata nel tempo


Animare il territorio ma ha la capacità di proporre progetti che vadano oltre la durata della manifestazione. L’interesse spesso legato alla tematica trattata attira visitatori non solo dai luoghi limitrofi alle aree di svolgimento, quindi localmente, ma anche da aree urbani distanti o nell’ambito metropolitano, nonché di scala nazionale e internazionale.

un prodotto che si “adatta” a contesti differenziati.

Performance artistica E’ una manifestazione artistica temporanea che allontana lo spazio in cui si svolge dal suo uso consueto, suggerendo nuovi modi e nuovi tempi di vivere il luogo. La performance nello spazio pubblico assomiglia all’evento, e ne è una specificazione. Anche in questo caso le persone possono assistere come pubblico o prendervi parte attivamente, determinando anche esiti inaspettati.

Pratica sociale Questa categoria è legata alle precedenti perché può precederle o accompagnarle o può costituire un’azione a sé stante, pensata per avvicinare la progettazione dello spazio pubblico alle esigenze dei cittadini. Possono essere messi in campo strumenti diversi a seconda dell’obiettivo che si vuole raggiungere (interviste profonde o focus group, OST, workshop di progettazione o costruzione, laboratori di urbanistica partecipata). Gli abitanti o gli attori sociali sono chiamati ad esprimersi e ad esporsi in prima persona, esprimendo le loro idee, le loro ambizioni e le loro critiche. Queste attività hanno il compito di mostrare alla cittadinanza, e alle amministrazioni, che “è possibile”, che i cittadini non sono solo fruitori ma possono pensare allo spazio della loro vita e modificarlo.

Design Pubblico Questa categoria è molto ampia. Può comprendere anche le due precedenti o avvicinarsi di più all’arredo urbano. Il design pubblico si differenzia però dagli altri interventi temporanei perché offre un servizio ai cittadini, i quali se ne servono; la loro azione di coinvolgimento determina l’uso pubblico dello spazio. Il design pubblico, che può essere anche permanente, può essere progettato per un luogo specifico o, invece, rappresentare

Installazione artistica Pratica d’arte nello spazio pubblico. L’arte entra a far parte dei luoghi e ne modifica la fisionomia, suscitando riflessioni e considerazioni nella mente di chi osserva.

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Animare il territorio

STRUMENTI TEMPORANEI

anno 1

feb

mag

giu-ago

feb

Festa di presentazione del progetto «Campus Off» all’interno del Politecnico Durando

Cena di quartiere in piazza Dergano

Attività di vicinato organizzate con i commercianti di via Tartini e piazza Dergano

Parata di carnevale da piazza Schiavone, per piazza Bausan, fino al «Campus Off»

Inaugurazione tendone come sede temporanea del centro. Inizio delle attività

Piantumazione a orto dello spazio residuale in via Besozzi insieme ai residenti. Inaugurazione ad aprile

Installazione artistica sullo scheletro in via Durando. Evento all’interno del Fuorisalone Bovisa

Realizzazione del primo modulo del «Campus Off» e della piscina. Inaugurazione

Intervento grafico in piazza Schiavone per segnalare arredi utilizzabili dagli skaters

Realizzazione della piazza del «Campus Off». Inaugurazione e inizio attività centro

gen

mar

apr

lug

set

nov

anno 2

INTERVENTI FISICI

CINQUE ANNI DI SPERIMENTAZIONE IN BOVISA: IL FABBRICONE E CAMPUS OFF Come accennato nel capitolo di presentazione del progetto ventennale, la prima fase è quella di sperimentazione, nella quale, oltre alla realizzazione dei primi due luoghi comuni e alla creazione della rete di scambio e relazioni alla scala locale e cittadina, si testano alcune proposte e attività intervenendo negli spazi pubblici del quartiere. L’azione si compone quindi di strumenti temporanei finalizzati principalmente alla socializzazione e al coinvolgimento dei cittadini e degli attori locali, stimolando quindi la creazione di 192

sinergie e collaborazioni sul territorio, e di interventi fisici, pensati come progetti di riuso temporaneo di aree dismesse e non utilizzate o come ridefinizione e potenziamento di spazi del quartiere esistenti e riconosciuti dagli abitanti. L’obiettivo finale è sempre la creazione di un luogo comune, ovvero di uno spazio pubblico che permetta la fruizione a popolazioni diverse e che diventi, quindi, luogo di incontro, scambio e creazione di nuova identità per il quartiere. I primi 5 anni sono scanditi da una programmazione molto intensa e variegata, incentrata principalmente sui temi e le funzioni dei due centri Il Fabbricone e Campus Off; in alcuni casi gli

strumenti temporanei anticipano anche le tematiche suggerite per Il Dopolavoro e Il Posto, per verificarne l’esigenza all’interno del quartiere, l’attrattività e l’interesse da parte degli abitanti o per ripensare le funzioni previste per questi due centri. Entrando nel merito dei due primi luoghi comuni sviluppati, è bene individuarne le maggiori differenze e descrivere le prime azioni realizzate e i processi di coinvolgimento e progettazione messi in campo. Il Fabbricone si propone come centro rivolto agli abitanti del quartiere, presidio permanente sul territorio, sede della futura


Animare il territorio

apr

dic

giu

set

feb-giu

giu-set

apr

giu

Studi professionali a porte aperte durante il Fuorisalone Bovisa

Termine del progetto di riuso temporaneo e inizio del cantiere

Cena di quartiere in piazza Schiavone

Proiezione cinematografica nei giardini dell’Armenia Film

Mercato agricolo nella corte della cascina di via Bovisasca

BovisaExpo. Percorsi guidati negli spazi del quartiere e eventi

Performance artistica sull’asse LambruschiniCandiani

Pic nic pubblico itinerante negli spazi verdi residuali del quartiere

Realizzazione del secondo modulo del «Campus Off»

Panca-palco nei giardini di via Baldinucci. Inaugurazione con biblioteca

mag

lug

anno 3

Lavanderia pubblica nell’edificio in via Baldinucci. Inaugurazione

apr

Agenzia di Sviluppo Locale e adatto ad ospitare svariate attività rivolte anche a altri tipi di pubblico. Inoltre, questo centro è deputato alla gestione del progetto complessivo, alla sua supervisione e diventa il punto di riferimento per avvicinarsi al territorio per chi proviene dall’esterno. In questo senso, sono previsti importanti lavori di recupero dell’edificio dell’ex Ronchi, che devono essere ultimati al termine della fase di sperimentazione. Nel frattempo le attività del centro si svolgono all’interno di una struttura temporanea, un tendone, posizionata nei giardini di fronte alla sede futura. La localizzazione interessa dunque uno spazio pubblico del quartiere

anno 4

Orto di quartiere realizzato con la scuola elementare

Osservatorio sulla piattaforma della stazione Bovisa

mar

set

frequentato solo marginalmente e lo va a potenziare. Il successivo trasferimento del centro non sarà quasi percepito, data la vicinanza delle due strutture. Inoltre, i lavori di recupero e il cantiere potranno essere controllati sia dai mediatori che dai cittadini. Il centro comincia sia da subito a progettare e realizzare interventi fisici di recupero e rifunzionalizzazione di aree di verde residuale, luoghi dell’aggregazione e edifici dismessi. Secondo il processo dal basso presentato nel capitolo precedente, il mediatore si farà carico di individuare una specifica committenza interessata al progetto e la metterà in contatto con un artista. In questo caso si è pensato di creare collaborazioni fra gli artisti e i

anno 5

Termine dei lavori di recupero. Inaugurazione centro nell’ex Ronchi

set

professionisti già presenti in Bovisa e di stimolare il loro inserimento nel tessuto sociale del quartiere. I committenti, abitanti, fruitori particolari del quartiere, commercianti, studenti o altri progetteranno un intervento in uno spazio pubblico del quartiere che riterranno significativo, sempre indirizzati dai mediatori –i quali si occuperanno anche del fund raising e della gestione delle relazioni istituzionali. Al termine della progettazione partecipata, il progetto verrò realizzato dagli stessi attori locali, a seconda dei diversi livelli di complessità previsti nei casi specifici. A titolo di esempio, in questa tesi vengono indicati alcuni possibili interventi: la piantumazione di un orto di vicinato; la 193


Animare il territorio definizione, attraverso la grafica, di arredi e spazi esistenti adatti agli skaters; la realizzazione di una panca polifunzionale da installare nei giardini adiacenti alla biblioteca; la creazione di una lavanderia pubblica all’interno di un edificio dismesso con spazi dedicati allo studio e al relax. Questi interventi, che possono essere realizzati in poco tempo e con pochi fondi, propongono usi alternativi dello spazio pubblico, incentivando l’incontro di diversi tipi di individui. Così, la panca dotata di wireless può attirare lo studente e contemporaneamente servire per piccoli eventi legati alla biblioteca o come gioco per i bambini; la lavanderia offre un servizio utile sia agli abitanti, compresa la componente immigrata, che agli studenti; le grafiche per gli skaters, progetto più specifico, possono vivacizzare spazi pubblici degradati e incitare all’uso diffuso del territorio. Infine, si propone un intervento urbanistico più strutturato come il Ferroviale, ovvero la riqualificazione del terrapieno della ferrovia, che diventa uno spazio verde polifunzionale attrattivo e vivace. Andando a lavorare sul margine, il progetto non è pensato solo il quartiere ma anche per i territori limitrofi e diventa quindi occasione di apertura del sistema. Gli interventi possono anche essere riproposti negli anni successivi, implementati o rivisti da altri committenti. Gli interventi non sono necessariamente pensati come temporanei; 194


Animare il territorio possono durare un mese, un anno o anche diventare permanenti. Gli interventi fisici sono affiancati e alimentati da strumenti temporanei, diversi per natura e finalità, pensati per un pubblico specifico o estesi a tutta la popolazione. Alcuni esempi sono la cena di quartiere, la creazione di un sistema di attività di vicinato gratuite fornite dai commercianti, l’apertura degli studi professionali, l’organizzazione di percorsi guidati alla scoperta del quartiere o di pic nic estemporanei in spazi di verde marginale, di cui ci si riappropria. A seconda del successo e del riscontro che hanno questi eventi, essi possono essere ripetuti annualmente o anche più volte all’anno, andandosi quindi ad inserire nelle abitudini locali. Anche questi momenti sono pensati per avvicinare e persone, creare contatti e relazioni e stimolare l’incontro delle differenze. Campus Off è un progetto di riuso temporaneo di un edificio abbandonato di cui resta oggi solo lo scheletro in ferro e di una grande terrain vague adiacenti al Politecnico Durando. Quest’area, di proprietà di un gruppo immobiliare privato che sta intervenendo con svariati progetti residenziali nel tessuto di Bovisa, è già stata progettata: fra un paio d’anni diventerà una piazza dotata di negozi, servizi, locali e contornata da edifici residenziali e ad uso uffici. L’idea è quella di 195


Animare il territorio inserirsi nel periodo precedente al cantiere, andando a testare alcuni degli usi futuri e proponendo una commistione fra attività pensate per gli studenti e altre destinate ai residenti. Questo luogo comune materializza l’apertura del campus al quartiere; il Politecnico dovrà essere quindi coinvolto sia per la progettazione che per quanto riguarda i costi necessari alla realizzazione. L’intervento fisico di realizzazione di una piazza dotata di piscina e di un edificio polifunzionale, sarà affiancato da eventi di presentazione e di animazione degli spazi. Innanzi tutto, una festa di presentazione all’interno del campus, negli spazi dell’Ovale; un’occasione per i cittadini di scoprire cosa c’è all’interno del recinto universitario. Successivamente, verranno formati due gruppi di lavoro, messi in comunicazione tramite l’artista: gli abitanti si occuperanno della progettazione della piazza; gli studenti di un corso di progettazione, insieme al docente, penseranno a come realizzare dei moduli temporanei da inserire nello scheletro. La realizzazione avverrà sottoforma di workshop, momento di allargamento dei partecipanti e di unione dei due gruppi. L’evento di grande richiamo del Fuorisalone potrebbe essere utilizzato per dare visibilità al progetto proponendo un’installazione artistica sullo scheletro. Al termine del progetto, una parata collettiva unirà fisicamente il quartiere e 196

le sue centralità a questo nuovo spazio pubblico, rompendo l’isolamento del polo studentesco e del quartiere storico residenziale. Al termine del progetto di riuso, potrà essere interessante verificare le pratiche quotidiane attivate dallo spazio e utilizzare questi dati per la progettazione dell’intervento permanente. Il progetto non è limitato a questa porzione di quartiere ma si allarga alle vie studentesche e al piazzale della stazione, sul quale sarà installato un osservatorio: punto di vista privilegiato sul quartiere e sulle sue trasformazioni e luogo di incontro per studenti, city users e abitanti. All’interno della programmazione quinquennale, trovano spazio anche strumenti temporanei replicabili che anticipano le funzioni de Il Dopolavoro e Il Posto. In particolare, attraverso la realizzazione di orti di vicinato e l’organizzazione di un mercato agricolo a chilometro 0 saranno introdotti i temi dell’ecologia, della sostenibilità e della qualità di vita, incentivando la formazione di reti locali necessarie per la definizione del progetto futuro; alcune proiezioni cinematografiche all’aperto, negli spazi pubblici del quartiere Bovisa ma anche di quelli limitrofi, come Villapizzone, promuoveranno Il Posto come centro di arti visive dedicato al cinema, servizio pubblico che manca in questa area urbana

e che può servire per attirare gli abitanti nella Goccia, oltre ad altri utenti, anche non esclusivamente locali. La complessità e la varietà delle azioni proposte vuole sottolineare la vivacità che caratterizza questa fase del progetto, nella quale vengono proposti interventi creativi di animazione del territorio, resi possibili grazie alla piena partecipazione delle diverse parti sociali e alla collaborazione delle realtà culturali locali già presenti nel quartiere. A seconda delle specifiche esigenze degli attori-committenti coinvolti, i progetti saranno reindirizzati verso obiettivi specifici, tenendo sempre presente il fine ultimo della creazione di luoghi comuni e dell’attivazione di reti immateriali a diverse scale.


Animare il territorio

SCHEDA N° 1: EVENTO TEMPORANEO

BREAKFAST ON THE HARBOUR BRIDGE

PANORAMAS, LE PARC DES COTEAUX

CHI: Crave Sydney International Food Festival DOVE: Sydney QUANDO: 2009-2010

CHI: Le Bruit du Frigo DOVE: Bordeaux QUANDO: 2010

Concept Un evento unico, per 2 ore l’Harbour Bridge, simbolo di Sydney, viene chiuso al traffico e ricoperto di erba per permettere a 6000 partecipanti di fare colazione nello spazio pubblico della città. Un’occasione per conoscere persone e conversare in un’atmosfera ecologica e sostenibile.

Concept Due giorni di escursione in tenda alla riscoperta delle colline che circondano la città di Bordeaux. Un percorso costellato di installazioni e performance, momenti di festa e spazi di aggregazione nella cornice paesaggistica periurbana.

Progettisti Crave Sydney International Food Festival è una celebrazione lunga mese dell’ossessione di Sydney per il cibo. Il festival offre esperienze, attività e progetti in diversi luoghi della città. Gli eventi sono svariati (World Chef Showcase, Night Noodle Markets, Let’s do Lunch, Breakfast on the Bridge e Sydney Harbour Island Hopping) e offrono qualcosa per tutti: grandi eventi alimentari; cene intime cucinate da alcuni dei migliori chef del mondo; food experiences nei sobborghi di Sydney e attività per tutta la famiglia. www.breakfastonthebridge.com www.cravesydney.com

Progettisti Le Bruit du Frigo è gruppo francese che ibrida un ufficio di studi urbani, un collettivo di creazione ed un organismo di educazione popolare. Le loro collaborazioni sono strutturate con i più diversi “attori” urbani, collaborando allo stesso tempo con comuni, collettivi locali, istituzioni culturali e artistiche, centri sociali, scuole o associazioni di quartiere. Questo stampo eterogeneo è fortemente impresso nelle loro realizzazioni che, sotto il tema dell’urbanistica partecipata, producono eventi di riattivazione urbana in forma di installazioni di arte pubblica o di produzioni culturali temporanee e di ricerche sulla città attraverso workshops e laboratori. La loro intenzione è quella di orientare l’uso dello spazio collettivo verso forme che stimolino il 197


Animare il territorio loro potenziale creativo, sperimentando usi reali che finora non ci si è avventurati ad esplorare. www.panoramas2010.com www.bruitdufrigo.com

EICHBAUMOPER CHI: Raumlabor DOVE: Essen QUANDO: 2009 Concept La trasformazione temporanea di una stazione della metropolitana in un teatro di opera. Un punto di incrocio per viaggiatori, cittadini e turisti fra le due città di Essen e Mulheim, diventa un luogo di produzione artistica e incontro per combattere gli atti di vandalismo e degrado che lo caratterizzano. Progettisti Raumlabor - Berlin, gruppo composto da Markus Bader, Benjamin Foerster-Baldenius, Andrea Hofmann, Jan Liesegang, Matthias Rick, Francesco Apuzzo, Axel Timm e Christof Mayer inizia la sua attività nel 1999 affrontando i temi collegati all’architettura contemporanea e all’urbanizzazione. Lavorando in team formati da professionisti di discipline diverse, il gruppo si prefigge di esplorare nuove strategie per la riqualificazione urbana. Raumlabor, realizza innovativi progetti urbani che architettonici, con interventi interattivi pensati per diversi contesti. Dalla trasformazione di spazi urbani (come per la Stazione Metropolitana di Eichbaum o la Kinderliterathurhaus) agli interventi tra design, architettura e arte della serie fetish relational objects 198

(chaise bordelaise, das mobil Hotel) per giungere infine alla creazione di “situazioni narrative” (Soap Opera, installazione al Teatro Wagen di Essen), Raumlabor-berlin è sempre attivo nella ricerca e nella sperimentazione. www.eichbaumoper.de www.raumlabor.net


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SCHEDA N° 2: FESTIVAL

PUBLIC DESIGN FESTIVAL CHI: esterni DOVE: Milano QUANDO: 2010 Concept Il festival dello spazio pubblico affianca gli spazi del Fuorisalone, noto evento parallelo al Salone del Mobile, allargandone i contenuti agli spazi esterni della città. Una programmazione di eventi e incontri e progetti di design pubblico negli spazi urbani consentono l’incontro di cittadini e addetti ai lavori dotando Milano di servizi e luoghi di aggregazione. Progettisti esterni è un’associazione culturale no profit fondata nel 1995 con lo scopo di valorizzare lo spazio pubblico: la socializzazione, lo scambio culturale, la città come luogo di incontro e aggregazione, la responsabilità sociale, la partecipazione allargata sono il motore di ogni progetto. L’attività di esterni durante l’anno si articola in progetti ideati e prodotti dall’associazione - incentrati sulla valorizzazione della città attraverso progetti culturali - e in progetti e consulenze per aziende, istituzioni e enti no profit che nascono dall’esperienza consolidata di esterni di questi anni. Un progetto di ricerca in biennali, festival, collettivi e scuole di tutto il mondo per presentare,

durante la Settimana del Salone Internazionale del Mobile di Milano, un palinsesto che comprende servizi, installazioni, incontri. Conferenze, workshop, progetti di ospitalità alternativa e una grande festa di chiusura. www.esterni.org www.publicdesignfestival.org publicdesignfestival.tumblr.com

BIENNALE DI BELLEVILLE CHI: Place 2B DOVE: Parigi QUANDO: 2010 Concept La biennale d’arte contemporanea esce dagli spazi convenzionali per fondersi con un quartiere vitale e cosmopolita e rivitalizzarlo. Situando le opere d’arte nello spazio pubblico e quotidiano, gli abitanti e i turisti vengono coinvolti nella produzione artistica e avvicinati alla cultura. Progettisti La Biennale di Belleville è un evento promosso e prodotto dall’Association Place 2 B presieduta da Gilles Drouault. General 199


Animare il territorio curator: Patrice Joly. Associate curators: Muriel Enjalran / Judicaël Lavrador / Claire Moulène. www.labiennaledebelleville.fr

FETE DES LUMIÈRES CHI: Ville de Lyon DOVE: Lione QUANDO: dal 2005 Concept Ogni anno, nel mese di dicembre, la città di Lione si illumina con installazioni artistiche, eventi e progetti di illuminazione pubblica. Lo spazio pubblico viene reinterpretato attraverso la luce, non solo nel centro ma anche nelle periferie. Un modello che si consolida nell’ordinaria progettazione cittadina. Progettisti La città di Lione e i suoi projets urbains sono una virtuosa esperienza della governance in Francia. Il coinvolgimento concertato dei privati è funzionale a una strategia d’ineresse pubblico. Esiste infatti un potere pubblico forte, autorevole, che non teme di venire a patti con i terzi perché è comunque egemone e il privato non è la proprietà immobiliare, ma il singolo abitante, o proprietario/abitante, e l’impresa. È il potere pubblico, insomma, che guida la danza, facendosi regista e garante dei progetti d’interesse pubblico. www.fetedeslumieres.lyon.fr

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SCHEDA N° 3: PERFORMANCE ARTISTICA

SWEET SURPRISE

viaggi e dalle esperienze con la tecnica della serigrafia.

CHI: Cascoland+Esther Derkx+Jair Straschnow DOVE: Milano QUANDO: 2010

www.cascoland.com www.estherx.nl www.straschnow.com www.publicdesignfestival.org

Concept Tre giorni di costruzione per quattro casette gialle trasformabili e mobili che diventano la scenografia di una performance nello spazio pubblico durante la quale i passanti sono invitati ad entrarvi. Spostati dai figuranti, si ritrovano di fronte a sconosciuti e leccano un piatto serigrafato con la cioccolata. Progettisti Cascoland è un network internazionale di artisti, architetti, designer e artisti che condividono un approccio interdisciplinare per gli interventi nello spazio pubblico, promuovendo la mobilitazione, la partecipazione e il networking internazionale attraverso lo scambio artistico e la collaborazione. Tutti i progetti sono promossi e prodotti da Fiona de Bell e Schoenmakers Roel. Esther Derkx inizia a lavorare come product designer nel 2000. Il suo lavoro si colloca a metà strada tra l’arte e l’arte contemporanea. I progetti spesso sono prodotti o materiali che si utilizzano quotidianamente ma che nutano attraverso una piccola interferenza. L’ispirazione viene dalla sua esperienza di lavoro, dai

A PANE ED ACQUA CHI: Arabeschi di Latte DOVE: Milano QUANDO: 2010 Concept Pentoloni di minestrone e piatti in porcellana per una cena davvero speciale in uno degli spazi urbani meno qualificati della città, luogo di transito congestionato. Un momento “casalingo” da condividere con gli altri in strada. Progettisti Fondato nel 2001 Arabeschi di latte è un collettivo di designer tutto al femminile con la passione per la convivialità. Il gruppo sperimenta nuovi concept legati al cibo. La fascinazione e il potere comunicativo del cibo vengono utilizzati per creare esperienze interattive e momenti di socialità. Progettano eating event, 201


Animare il territorio temporary bar, performance, oggetti e spazi. www.arabeschidilatte.org www.publicdesignfestival.org

BODY IN URBAN SPACE CHI: Willi Dorner e Lisa Rastl DOVE: Vienna QUANDO: dal 2007 Concept Un gruppo di ballerini si inserisce fisicamente in alcuni spazi della città per sottolineare il rapporto fra spazio urbano e corpo e provocare negli abitanti, passanti e pubblico una riflessione sul loro modo di vivere la città, invitandoli a relazionarsi maggiormente con il proprio quartiere. Progettisti Vienna/Austria based Cie. Willi Dorner è stata fondata da Willi Dorner nel 1999. Oltre ai suoi spettacoli itineranti di danza internazionale Willi Dorner è appassionato di creazione di eventi che danno al pubblico l’opportunità di nuove esperienze, intuizioni e una percezione diversa della vita di ogni giorno. Le sue opere interdisciplinari sono sviluppate in collaborazione con artisti e scienziati di campi diversi. www.ciewdoner.at

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SCHEDA N° 4: DESIGN PUBBLICO

OPEN BUILDING SITE

EVERYBODY’S BENCH

CHI: esterni DOVE: Milano QUANDO: 2005

CHI: esterni+Patrick Hubman DOVE: Vienna QUANDO: 2010

Concept Perchè aspettare che i cantieri finiscano per immaginarsi una città diversa? Un progetto che interviene durante le fasi dei lavori con comunicazione, installazioni e servizi pensati per ridurre i disagi creati dai cantieri stessi, rispondendo alle esigenze di quanti vivono e lavorano intorno alle aree dei lavori.

Concept Un intervento realizzato durante la Vienna Design Week che per la prima volta si apre a progetti negli spazi pubblici pensati per l’intera città. Un nuovo elemento d’arredo urbano, una panca multifunzionale in legno, disegnata da cittadini residenti del quartiere, designer, architetti e avventori della settimana del design viennese.

Progettisti esterni è un’associazione culturale no profit fondata nel 1995 con lo scopo di valorizzare lo spazio pubblico: la socializzazione, lo scambio culturale, la città come luogo di incontro e aggregazione, la responsabilità sociale, la partecipazione allargata sono il motore di ogni progetto. L’attività di esterni durante l’anno si articola in progetti ideati e prodotti dall’associazione - incentrati sulla valorizzazione della città attraverso progetti culturali - e in progetti e consulenze per aziende, istituzioni e enti no profit che nascono dall’esperienza consolidata di esterni di questi anni. www.designpubblico.it

Progettisti esterni è un’associazione culturale no profit fondata nel 1995 con lo scopo di valorizzare lo spazio pubblico: la socializzazione, lo scambio culturale, la città come luogo di incontro e aggregazione, la responsabilità sociale, la partecipazione allargata sono il motore di ogni progetto. L’attività di esterni durante l’anno si articola in progetti ideati e prodotti dall’associazione - incentrati sulla valorizzazione della città attraverso progetti culturali - e in progetti e consulenze per aziende, istituzioni e enti no profit che nascono dall’esperienza consolidata di esterni di questi anni. 203


Animare il territorio Patrick Hubmann, giovane designer austriaco trapiantato a Como, collaboratore fisso di esterni, lavora principalmente con il legno. Tra i suoi progetti si citano Orto mobile Agritouring, Sfacciata e ROoM for a day. www.esterni.org www.patrickhubmann.com www.viennadesignweek.at

BERGES DU RHONE CHI: JOURDA Architectes DOVE: Lione QUANDO: 2008 Concept Recupero della riva sinistra del Rodano su iniziativa del Comune e della Comunità Urbana di Lione. Il lungofiume diventa un nuovo spazio pubblico, luogo di incontro e di relazione con la natura. I requisiti specifici del progetto sono stati stabiliti per mezzo di un processo partecipativo che comprendeva workshop e una mostra pubblica. Progettisti Lo studio JOURDA Architectes viene fondato da Françoise-Hélène Jourda. I progetti spazioano dall’urbanistica all’architettura al design. Lo studio ha sede a Lione in Francia ma produce progetti in tutto il mondo. http://publicspace.org www.jourda-architectes.com

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SCHEDA N° 5: INSTALLAZIONE ARTISTICA

ANWOHNERPARK CHI: osa office DOVE: Colonia QUANDO: 2006 Concept Una miscela di arte e architettura per un intervento di rigenerazione urbana che esplora il modo di utilizzare e interagire con gli spazi pubblici. La grande parete anonima che divide i due quartieri della città diventa parte integrante dell’opera d’arte. Progettisti Osa – office for subversive architecture è una rete di architatti, i cui 8 membri sono sparis in diverse città europee a vivere e lavorare. Il lavoro di Osa spazia tra architettura e arte, il progetto sperimentale degli spazi urbani, con l’obiettivo dare nuove interpretazioni dello spazio urbano. www.osa-online.net

PUBLIC SPACE IS A PERSONAL AFFAIR CHI: Topotek1

DOVE: Milano QUANDO: 2010 Concept Un intervento provocatorio per denunciare la troppa attenzione verso il “privato” in contrasto con lo spazio pubblico. I Topotek1 scelgono di interagire con il casello abbandonato che si trova nella Piazza della Stazione completamente rivestito da carta da parati, un elemento che solitamente caratterizza gli spazi privati. Progettisti Lo studio si basa su un team composto da architetti, ed in modo particolare da architetti del paesaggio. A questi si aggiungono le frequenti collaborazioni con un’ampia gamma di professionisti come artisti, pianificatori ed esperti climatici, che aiutano ad assicurare un approccio qualificato e sempre fresco ai progetti su ogni scala. Le molteplici esperienze dello studio danno l’opportunità di realizzare opere che si caratterizzano per la loro efficacia, abilmente calibrata sulle specifiche necessità del luogo. Alla base del lavoro dei Topotek 1 c’è sempre una comprensione critica della realtà nella sua immanenza. La ricerca continua di approcci concettuali conduce i Topotek 1 ad una decisa dichiarazione progettuale, che prende sempre in considerare il contesto sia urbano che suburbano. Attraverso la progettazione, la pianificazione e la costruzione, 205


Animare il territorio si costruiscono soluzioni progettuali in grado di rispondere contemporaneamente alle richieste di variazione, comunicazione e sensualità. www.topotek1.de

DELETE CHI: Steinbrener Dempf DOVE: Vienna QUANDO: 2005 Concept Una dichiarazione artistica sul discorso ripetutamente rinnovato sulla pubblicità negli spazi pubblici e in che misura questa definisce l’immagine della città. Per un periodo di due settimane tutti i cartelli pubblicitari, slogan, simboli, nomi di società e logo scompaiono producendo un effetto di straniamento nei passanti. Progettisti Steinbrener / Dempf è un duo di artisti austriaci, composto dallo scultore Steinbrener Christoph ed il fotografo e grafico Rainer Dempsey. Tra i lavori si ricorda oltre a Delete! (2005), Copy / Paste (2005/07), Jesuitenkosmos (2008) e la mostra mostra Trouble in Paradise (2009). www.steinbrener-dempf.com

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SCHEDA N° 5: PRATICA SOCIALE

ESTA ES UNA PLAZA CHI: esterni DOVE: Madrid QUANDO: 2008 Concept In una settimana si costruisce una nuova piazza temporanea a uso dei cittadini: un orto, giochi per bambini, teatro open air, mercato e area relax. In attesa di una nuova edificazione, un vuoto urbano viene trasformato in uno spazio pubblico e affidato alla gestione dei residenti. La piazza ad oggi è ancora aperta. Progettisti esterni è un’associazione culturale no profit fondata nel 1995 con lo scopo di valorizzare lo spazio pubblico: la socializzazione, lo scambio culturale, la città come luogo di incontro e aggregazione, la responsabilità sociale, la partecipazione allargata sono il motore di ogni progetto. L’attività di esterni durante l’anno si articola in progetti ideati e prodotti dall’associazione - incentrati sulla valorizzazione della città attraverso progetti culturali - e in progetti e consulenze per aziende, istituzioni e enti no profit che nascono dall’esperienza consolidata di esterni di questi anni. Ecosistema Urbano è un gruppo di architetti che si definisce come

sistema aperto, dedicato alla ricerca architettonica e al design. E’ caratterizzato da una maggiore sensibilità verso l’ecologia e l’impegno verso una città e un pianeta sostenibile. A differenza dell’opinione e della teoria passiva dell’architettura, Ecosistema Urbano, assume un ruolo attivo, a partire da una sguardo critico e propositivo della realtà, e quindi utilizzando questa posizione come una linea guida del progetto. Gli architetti dovrebbero smettere di pensare esclusivamente in termini di materialità. L’uomo crea le condizioni artificiali, e si configura ambienti che possono anche essere architettura. L’utilizzo di materiali non tangibile è importante quanto il materiale tangibile. I loro progetti sottolineano la loro propensione alla rigenerazione dello spazio, alla partecipazione come progetto e all’attenzione alla socialità dei luoghi. http://estasunaplaza.blogspot.com www.ecosistemaurbano.com www.esterni.org

VIA VIGEVANO CHI: esterni DOVE: Milano QUANDO: 2010 Concept 207


Animare il territorio Durante il Fuori Salone di Milano mentre la città si concentra sul design e gli eventi mondani, un intervento di creazione e potenziamento di relazioni fra commercianti e abitanti per la rigenerazione sociale dell’area urbana e di vicinato che ospita il Festival. Progettisti esterni è un’associazione culturale no profit fondata nel 1995 con lo scopo di valorizzare lo spazio pubblico: la socializzazione, lo scambio culturale, la città come luogo di incontro e aggregazione, la responsabilità sociale, la partecipazione allargata sono il motore di ogni progetto. L’attività di esterni durante l’anno si articola in progetti ideati e prodotti dall’associazione - incentrati sulla valorizzazione della città attraverso progetti culturali - e in progetti e consulenze per aziende, istituzioni e enti no profit che nascono dall’esperienza consolidata di esterni di questi anni. Dal 2009 si costituisce inoltre il Laboratorio Creativo sullo Spazio Pubblico, un progetto finalizzato all’ideazione e prototipazione di interventi di rigenerazione urbana. Un laboratorio permanente con un approccio multidisciplinare per la progettazione degli spazi pubblici, residuali, dismessi, trasformati, dimenticati, potenziali della città. www.publicdesignfestival.org

RIGENERAZIONE URBANA CHI: Bassoprofilo DOVE: Ferrara QUANDO: 2010 Concept Workshop di pratiche urbane con artisti internazionali. Dopo aver 208

individuato con un esperimento di indagine “dal basso” tre aree di marginalità fisica o sociale della città di Ferrara, l’obiettivo è restituire agli spazi una possibile interpretazione condivisa, utilizzando l’arte urbana e il design pubblico come propulsori. Progettisti Bassoprofilo nasce a Ferrara come associazione studentesca. Oggi è un’associazione di promozione culturale che sviluppa progetti, workshop e laboratori multidisciplinari per la rigenerazione urbana. Ecosistema Urbano è un gruppo di architetti che si definisce come sistema aperto, dedicato alla ricerca architettonica e al design. E’ caratterizzato da una maggiore sensibilità verso l’ecologia e l’impegno verso una città e un pianeta sostenibile. Ivan Tresoldi è considerato il giovane padre e miglior esponente del neonato movimento letterario della Poesia di Strada in Italia, che si prefigge di agire poesia diffondendola liberamente tra la gente. Nel giugno 2006 fonda Art Kitchen con il suo amico Jacopo Perfetti, associazione per la promozione artistica e culturale dedicata a realtà underground ed alternative che sviluppa e produce progetti artistici, creativi e sociali attraverso la realizzazione di mostre, eventi culturali, progetti di charity, sia in Italia che nel resto del mondo – tra cui Cuba, Haiti, Amsterdam, Barcellona, Praga, lavorando con un network di artisti e creativi provenienti da tutto il mondo. www.rigenerazioneurbana.org www.bassoprofilo.org www.ecosistemaurbano.com www.artkitchen.it




un modello replicabile


Un modello replicabile

La metodologia e il processo presentato in questa tesi si propone di non essere applicabile al solo caso specifico di Bovisa, ma di presentarsi come strumento di intervento e approccio teorico ripetibile anche alla scala urbana, e in particolare nell’ambito milanese, e alla scala territoriale della città diffusa italiana.

UNA STRATEGIA PER MILANO Nella città contemporanea, inserita sempre più in circuiti competitivi globali, i territori sono forzati a intraprendere un ruolo maggiormente autonomo e avvertono la necessità di sviluppare e promuovere una propria e originale strategia di sviluppo, legata a una politica economica locale, che ostacolino il declino stesso della dimensione urbana. All’interno di questo contesto, Milano appare come un’eccezione e il suo comportamento viene sintetizzato nella formula “Milano senza strategie” o “Milano città pluralista”1. La città non sembra interessata a elaborare innovative 212

strategie di sviluppo urbano, né a costruire processi stabili di governance urbana. Nonostante ciò, la città lombarda occupa un posto di rilievo tra le città mondiali e non sembra soffrire il declino urbano che ci si aspetterebbe. Milano si accontenta di attivare strategie di ordinaria amministrazione a breve periodo e propone le proprie risorse economiche, culturali e creative come eccellenze, anche senza una strategia condivisa dai diversi attori. Il sostanziale e prolungato deficit di pianificazione strategica milanese2 ha portato la città a “crescere su se stessa per piccoli o grandi interventi, al di fuori di un quadro di riferimento condiviso”3 e ha sottolineato il sostanziale pluralismo4 di Milano. I progetti di crescita della città, inoltre, sono stati legati all’aumento dei valori fondiari e immobiliari tanto da spingere i processi di governance verso forme più vicine al negoziato. Milano è diventata l’oggetto di un “progetto capitalista”, dove la crescita immobiliare per parti distribuisce al capitale benefici selettivi ma viene presentata, attraverso il

discorso politico, come una produzione di beni collettivi5; si tratta di una governance che funziona anche in assenza di un preciso quadro strategico perché, secondo Martinotti, le classi sociali sono dotate di razionalità collettiva e il mondo imprenditoriale locale riesce a sfruttare abilmente le potenzialità della città creativa come una forza propulsiva per gli investimenti. Oggi sembra che la città e la sua amministrazione stiano facendo uno sforzo per ricostruire una visione unitaria e dotarsi di obiettivi strategici attraverso il Piano di Governo del Territorio, che, tuttavia, non è un Piano Strategico. In questo documento, come già accennato all’inizio della tesi, si persegue l’obiettivo della costruzione di una città policentrica, una città pubblica le cui parti vengono raccordate attraverso importanti progetti di interesse collettivo, principalmente legati allo spazio pubblico e alla sua continuità spaziale, dal centro città alle zone periurbane. La visione futura vuole combattere la dicotomia esistente fra centro e periferia,


Un modello replicabile

causata dall’espansione del nucleo storico della città, che ha inglobato borghi di campagna preesistenti o che ha fondato nuove porzioni urbane, soprattutto come risposta alle esigenze contingenti legate all’inurbamento e all’industrializzazione. I quartieri semicentrali e periferici oggi non sono autonomi, ma continuano ad appoggiarsi al centro per quanto riguarda servizi e proposte culturali. I nuovi interventi si pongono ad una scala urbana e territoriale che, considerando le aree interessate come quelle più propense ad un rinnovo urbano (e più bisognose di riqualificazione), sembrano privilegiare l’attrazione di nuovi utenti piuttosto che la sensibilità al contesto locale, il sostegno delle potenzialità esistenti e la

messa in valore di una cultura condivisa e radicata nel territorio. In questa ottica, i progetti di trasformazione potrebbero sì riqualificare fisicamente le aree e dotarle di una nuova immagine urbana, ma potrebbero anche compromettere i fragili equilibri locali portando all’instaurarsi di fenomeni di gentrification6 che, una volta avviati, difficilmente è possibile gestire. In particolare, l’insediarsi di nuove funzioni metropolitane slegate dai bisogni delle popolazioni locali e basate su sistemi di mobilità massiccia, potrebbe portare all’aumento dei prezzi degli immobili e quindi a un’espulsione dei ceti più deboli. Anche la creazione di distretti creativi o quartieri culturali, sul modello di Zona Tortona o Ticinese, potrebbe innescare

conflitti fra abitanti storici e nuovi utenti, riservando l’offerta più a questi ultimi che al tessuto sociale locale. Gli Ambiti di Trasformazione e i Grandi Progetti possono rappresentare un’opportunità solo se le due scale, metropolitana e locale, vengono integrate e sovrapposte, permettendo al quartiere di diventare realmente autonomo e di sviluppare il proprio tessuto sociale e relazionale. Come già il PGT prevede, inserendo l’Ambito di Trasformazione Urbana all’interno di uno strumento più allargato che viene chiamato epicentro, l’intervento deve interessarsi non solo dell’area specifica nel quale realizzare il progetto di riqualificazione e rifunzionalizzazione, ma considerare i 213


Un modello replicabile territori limitrofi che vengono fortemente influenzati dalla presenza di questo nuovo polo. La pianificazione deve quindi tener conto anche degli spazi pubblici presenti all’interno dei tessuti consolidati o della loro carenza, andando ad intervenire per potenziarne l’uso, migliorarne la fruizione o stimolarne la creazione. Dal Documento Comunale sembra però che gli epicentri vengano considerati in quanto strumenti in grado di connettere i diversi progetti di trasformazione, tornando quindi verso un’ottica radiocentrica o almeno omnicomprensiva del territorio. Essi dovrebbero essere invece occasioni per migliorare la qualità di vita in modo diffuso, intervendo negli spazi di incontro e relazione e stimolando l’effettiva e attiva partecipazione delle persone che vivono e modificano quotidianamente il territorio. Il metodo proposto in questo studio è rivolto quindi a considerare non tanto la costruzione della città per parti, ma, innanzitutto, l’analisi effettiva delle parti che compongono la città, andando ad individuarne, grazie all’unione di più discipline (urbanistica, sociologia, antropologia, arte, ecc…), le specificità che si sono costruite e radicate nel tempo in quei territori. Intervenire nei quartieri della città contemporanea significa conoscerne le componenti fisiche, sociali, economiche e identitarie per poter individuare le potenzialità e le criticità di 214

queste porzioni urbane. L’azione integrata si rivolge soprattutto alle relazioni fra individui e gruppi sociali; l’intervento deve quindi poter dare risposte globali alla città, ma ancorarle saldamente alla scala locale per poter permettere la formazione di spazi pubblici, intesi come luoghi di costruzione della sfera pubblica, luoghi di incontro fra le differenze e di creazione di nuove comunità consapevoli e capaci di agire sul territorio che abitano; complessivamente l’obiettivo è lo sviluppo locale. In questo ottica, la strategia dovrebbe individuare un “multiverso di centralità e identità urbane che consentono la scomposizione e la ricomposizione della metropoli in un sistema complesso di piccole città (o di villaggi o di quartieri), dotate ciascuna di centralità e confini, di complessità di funzioni e attività produttive, di spazi pubblici, di municipalità, di qualità estetica e ambientale”7. In questo processo di scomposizione tutta l’area urbana viene trattata come il centro storico perché tutti gli interventi, di qualsivoglia natura, sono finalizzati alla trasformazione di ogni specifica parte di periferia in un villaggio o piccola città. Le porzioni urbane devono essere dotate di servizi rari, agenti alla scala metropolitana, ma anche, e soprattutto, di attività di vicinato che favoriscano lo sviluppo di relazioni di reciprocità e fiducia, che consentano la costruzione di spazio pubblico come


Un modello replicabile “autoriconoscimento del patrimonio in comune da mettere in valore”8. La pianificazione territoriale deve quindi unire la progettazione urbanistica della città, le pratiche urbane che diverse popolazioni hanno prodotto e una solida strategia culturale, intesa non solo come localizzazione di istituzioni culturali, ma come sviluppo e promozione di pratiche culturali che lavorano intorno alle premesse delle soluzioni tecniche, elaborano idee, mettono al lavoro immaginari, fanno porre interrogativi, sviluppano ipotesi creative spinte dalla curiosità esplorativa degli attori coinvolti9. Se Milano fatica a dotarsi di una visione strategica per la città, è ancor più difficile individuare una strategia culturale che interessi il territorio nel suo insieme. La cultura non è legata allo sviluppo, quanto piuttosto a un’idea di offerta di servizi culturali e ricreativi. La cultura è intesa istituzionalmente come dotazione di musei e gallerie d’arte collocate quasi esclusivamente nel centro città, pensate più per i turisti che per gli abitanti. Pochissimi sono gli esempi di delocalizzazione di queste istituzioni (Triennale Bovisa, Fondazione Pomodoro e Museo Paolo Pini). Forse l’unico esempio interessante è costituito dall’operazione della Triennale Bovisa, pensata per far uscire il museo dai suoi spazi istituzionali e renderlo occasione di rigenerazione di un’area periferica della 215


Un modello replicabile

poli museali e culturali istituzionali distretti del design (Salone del Mobile e Fuorisalone)

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città10. Nonostante le intenzioni alla base del progetto, il nuovo polo attrattore è servito più come motore per la riscoperta di una parte marginale della città che come strumento di inclusione dei suoi abitanti o come effettiva operazione di traino per sviluppare un milieu culturale allargato. Parallelamente a questa visione tradizionale della cultura, Milano punta sui suoi asset creativi e sul grande evento. Il Salone del Mobile è ormai diventata l’occasione che richiama nella città la più grande quantità di creativi, designer, architetti e esperti del settore. Attraverso il Fuorisalone, evento collaterale che viene organizzato all’interno della città e che si è allargato dalla famosa Zona Tortona ad altri quartieri, anche periferici (Lambrate, Isola, Bovisa), la cultura sembra attivare anche zone decentrate di Milano e intervenire nei loro processi di rigenerazione fisica e sociale, pur segnalando alcune criticità. In particolare, questi “distretti creativi”, localizzati principalmente in aree ex industriali, faticano a definirsi come poli dell’economia culturale e creativa negli altri periodi dell’anno e non si relazionano col territorio, se non innescando processi di gentrification che, come già accennato, sono rilevabili soprattutto grazie alle loro conseguenze negative sugli abitanti locali. L’amministrazione cittadina, dal canto suo, non pianifica apertamente queste trasformazioni, ma si limita a seguirle e


Un modello replicabile a capitalizzarle nel momento di massimo successo, facendole diventare occasioni di profitto. La tesi che si vuole qui sostenere è che, per l’effettiva creazione della città policentrica, la cultura, intesa come riscoperta dell’identità locale e strumento di promozione di sviluppo condiviso, dovrebbe porsi alla base dei processi di rigenerazione, andando soprattutto ad intervenire in quei luoghi che hanno bisogno di diventare città, utilizzando anche forme culturali provenienti dal basso, sostenute dalle realtà presenti sul territorio e che comprendono il tessuto sociale del quartiere. Il quartiere stesso, infatti, diventa fatto culturale, dove la sua dimensione culturale è da intendersi come fatto ordinario, appartenente alla vita di tutti i giorni11. Ad alimentare la cultura della sfera locale non sono gli artisti o i cosiddetti creativi, ma tutti gli abitanti che, in modo diverso, contribuiscono alla riproduzione di immaginari nel quartiere. Tutti contribuiscono, quindi, a produrre una rete di significati e la cultura locale diventa una sommatoria dei luoghi di vita12. E’ bene pertanto, considerare il quartiere come fatto culturale in sé, prodotto dalla sommatoria di pratiche, stili di vita, azioni, espressioni individuali e di gruppo.

UNA PIANIFICAZIONE MULTIDISCIPLINARE PER LA CITTÀ E IL TERRITORIO Per comprendere la complessità delle città contemporanee l’urbanistica può rifarsi ad altri approcci e linguaggi che sembrano oggi capaci di produrre territorio, inteso come rete di relazioni radicate al contesto fisico della vita comune. L’arte può essere letta come uno di questi, che lavora attraverso l’uso di linguaggi sensibili più vicini alle esigenze del quotidiano. Nel contesto occidentale la città progettata sembra infatti allontanarsi da quella che Alexander definiva “naturale”13, prodotta dalle pratiche urbane, che mostra di avere una propria capacità auto-regolativa ed una connessione diretta fra le proprie trasformazioni e quelle che interessano la società contemporanea14. Pratiche urbane e pratiche urbanistiche, legate dalla comune appartenenza allo spazio urbano, sembrano oggi aumentare la loro distanza. Contemporaneamente, emergono, però, bisogni sempre più urgenti di cittadinanza attiva, volontà crescente di esprimersi e partecipare alla vita pubblica della città, da parte dei cittadini. Sembra dunque necessario domandarsi se sia possibile per il pianificatore utilizzare linguaggi che rendano maggiormente comprensibile il suo lavoro ai soggetti sociali che ne sono destinatari. I casi di rigenerazione urbana 217


Un modello replicabile si mostrano come campo sperimentale per testare un nuovo approccio integrato che tenta conto delle parti sociali nella trasformazione dello spazio pubblico, anche attraverso l’arte e la creatività. Il coniugare città e arte non è una novità anzi, nel corso della storia, queste due tematiche sono sempre state intrecciate fra loro. Con l’avvento del pensiero moderno, della razionalità e della specializzazione delle discipline, l’urbanistica ricerca un ordine e si stacca dall’esperienza, per osservare dall’alto e comprendere il mondo. Lo studio dei comportamenti sociali si è reso sempre più indipendente da quello degli ambienti di vita e discipline diverse hanno interpretato la realtà utilizzando, di volta in volta, un punto di vista privilegiato e settoriale. L’arte, a sua volta, si è separata dalla vita, dalla città e dai suoi abitanti, dal suo ruolo politico e sociale, per chiudersi in luoghi speciali accessibili a un’élite privilegiata. L’approccio al territorio si fa sempre più distaccato per poterlo conoscere, decifrare attraverso un metodo chiaro e intervenire su di esso. “Il fatto urbano viene così trasformato in concetto di città”15. La relazione fra il conoscere e il fare si allenta e, nel primato della conoscenza concettuale su quella sensibile, si giunge a una progressiva svalutazione delle “arti del fare” legate al quotidiano16. L’individuo perde i suoi legami col territorio e persegue, autonomo, il proprio progetto 218

di realizzazione personale, lasciando agli esperti la “cura” della città. Il “naturale” coinvolgimento delle popolazioni locali di organizzazione, gestione e manutenzione del loro spazio di vita perde la propria necessità. Le fratture tra la conoscenza e la pratica sembrano oggi necessitare di un’arte del pensare che possa ricomporre tale distanza, comprendendo l’aspetto creativo della vita. In questo contesto, è possibile leggere alcuni fenomeni contemporanei legati a pratiche artistiche radicate nel territorio come possibili “indicatori” di una nuova sinergia fra le due precedenti componenti disgiunte. I legami interrotti nel corso della modernità sembrano ritornare alla ribalta in quelle esperienze artistiche che si realizzano negli spazi urbani insieme alle popolazioni locali; essi possono essere letti come sintomi della creazione di un nuovo senso che può dare significato alla sinergia fra vita urbana, arte e urbanistica. Essi rappresentano le “città delle piccole utopie realizzate”, dove “azioni di trasformazione, realizzate in tutto o in parte, danno forma ad intenzionalità collettive propositive, progettuali e costruttive”17. Balducci afferma allora che le possibili implicazioni per la pianificazione delle esperienze artistiche sembrerebbero riassumersi in due compiti: costruire un quadro locale di simili iniziative; favorire la costruzione di network trasversali a

livello cittadino, come “base per tracciare nuovi scenari e immagini complessive di città”18, riconoscendo le risorse provenienti dal basso. L’avvicinamento del planning alla creatività si situa, oltre che nelle dimensioni più legate al city marketing e alle teorie di Landry e Florida, nell’ambito delle pratiche artistiche, attraverso una serie di sperimentazioni provenienti dall’arte pubblica che stanno stimolando pianificatori e amministratori ad intervenire nei programmi di riqualificazione urbana affidandosi anche a progetti artistici, soprattutto nei casi di politiche che integrano la componente fisica a quella sociale. Questo modo di agire è in grado di scardinare i sistemi consolidati della pianificazione, ma solleva dubbi soprattutto circa la preparazione e la competenza di chi segue tali programmi. Non considerare gli interventi nella loro complessità (di gestione, relazioni, competenze) rischia di far perdere loro incisività. Emerge quindi una necessità comunicativa capace di connettere le diverse discipline in modo trasversale, senza tuttavia creare sovrapposizioni di ruoli e competenze (l’artista diventa centrale in questo processo perché è ideatore e animatore, integrato nella società; è una figura che connette). L’interdipendenza e la collaborazione fra mondi disciplinari diversi presuppone anche una loro apertura, nella


Un modello replicabile moltiplicazione delle chiavi di accesso (di volta in volta razionali, sensibili e legate al linguaggio del quotidiano). L’obiettivo di questi strumenti è la creazione di una cultura condivisa del vivere urbano, la costruzione di un apprendimento collettivo capace di far sentire le popolazioni parti dei luoghi in cui vivono. Pertanto, le necessità partecipative in urbanistica e l’esigenza di riqualificazione fisica si devono aprire agli operatori della cultura, dalle istituzioni (assessorati) alle fondazioni, alle associazioni, alle figure professionali del mondo dell’arte e agli artisti stessi. Si potrebbe allora cominciare a lavorare alle politiche culturali in modo sinergico e coordinato con quelle urbanistiche. Al centro ovviamente si pone la qualità della vita nelle città contemporanee. Sotto un altro punto di vista, i progetti artistici presentati appaiono interessanti perché permettono spesso di superare la diffidenza dei cittadini nei confronti della partecipazione e del coinvolgimento. Essi sono fenomeni culturali che ci abituano a porre domande, a cambiare punti di vista, ad immaginare risposte differenti e a relazionarci in maniera impensata. Le pratiche artistiche attuate in spazi urbani, nella loro varietà, si relazionano sia con le sfere delle pratiche sociali che con quelle urbanistiche, proponendosi come strumenti utili di integrazione delle due discipline.

Inoltre, come propone Uttaro (2010), appare necessario spostare l’attenzione dalla specificità dei tre campi (artistico, urbanistico e urbano) e cominciare a lavorare alle premesse dell’urbanistica, cioè alle loro reali sinergie. Le premesse sono “quel qualcosa di non oggettivo che non può essere contenuto nelle tecniche di pianificazione, ma che ci può dire molto rispetto al perché e agli obiettivi, al senso, degli oggetti della pianificazione stessa”19. Si fa riferimento qui alla costruzione di significato che è alla base (ecco perché si parla di premesse) dell’intervento della pianificazione e che combina i saperi fisici e tecnici della città a quelli sociali e politici. Emerge quindi una poetica di approccio che lavora sui concetti, le azioni, i modi di sentire che la pianificazione deve tenere presente per intervenire sul territorio. La progettazione va pensata dunque come un “processo aperto, nel quale gli esperti e gli utenti possano incontrarsi e dispiegare le loro creatività, lungo una via progettante, che i partecipanti percorreranno senza giungere a conclusioni univoche o obbligate ma definendo il percorso ad ogni passo”20. L’attività del planner, quindi, dovrà essere quella di attivare connessioni utili alla produzione di senso condivisa sugli spazi urbani, facendoli diventare spazio-tempi relazionali21, materiali o immateriali, spazi per processi dove si sperimentino

«Parteciparco», Controprogetto, Milano.

«Les Jardins Da Ko T», Le Bruit du Frigo, Bordeaux.

«Make the sky bloom», Art Kitchen, Milano.

219


Un modello replicabile le relazioni fra pratiche urbane, della pianificazione e artistiche.

INTERVENIRE NELLA CITTÀ MEDIA DIFFUSA Immaginare una pianificazione multidisciplinare, capace di combinare pratiche urbane e pratiche urbanistiche, consente di allargare il campo di applicazione e replicabilità del metodo proposto ad altri territori, diversi da quello milanese. Milano, infatti, si presenta come

LA PERIFERIA DIVENTA CITTà

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eccezione nel panorama italiano, fatto non tanto di grandi città metropolitane e cosmopolite, ma di città medie dotate di forti componenti storiche e di potenzialità economiche e di sviluppo altissime, legate soprattutto alla dimensione locale. L’Italia appare come un territorio del diffuso, dove le città si espandono nel paesaggio periurbano costruendo sistemi di città. La tesi proposta è che si possa intervenire in contesti diversi fra loro basandosi su tre obiettivi-chiave della pianificazione: considerare le parti di territorio come entità dotate di pari dignità, senza creare classificazioni che prevedono zone della

LO SPAZIO PUBBLICO COME OSSATURA DELLA CITTà

città di serie A e altre di serie B; fare dello spazio pubblico l’ossatura della città, dove gli spazi della relazione e della quotidianità possano adattarsi alle modificazioni sociali e sostenere lo scambio e il dialogo fra popolazioni; porre la cultura alla base dello sviluppo, puntando sulle potenzialità locali di ciascun territorio, sulle tradizioni, ma anche sui fattori di innovazione espressi dalla componente sociale. I temi trattati nello studio del fenomeno metropolitano (creazione di centralità e identità, costruzioni di una rete di mobilità e relazioni locali e extralocali, autogoverno e sostenibilità) appaiono come centrali anche

LA CULTURA ALLA BASE DELLO SVILUPPO

* dipendenza urbana e funzionale * conflitto sociale * marginalità fisico-sociale * grandi trasformazioni programmate

* spazi pubblici esistenti * pratiche consolidate * disponibilità spazi da riqualificare * esigenze e bisogni non soddisfatti

* attori locali e istituzionali * relazioni esistenti * posizionamento culturale * attivismo locale

* centralità alternative al centro urbano * attrazione utenze e varietà sociale * autonomia locale e vivibilità * mobilità e accessibilità * identità locale * integrazione urbana * visibilità nel panorama urbano * inserimento in circuiti urbani

* sistema di spazi pubblici * qualità e desiderabilità dei luoghi * connessione e sistemi ambientali * socializzazione * rappresentazione locale * riqualificazione * sostenibilità * sfera pubblica

* delocalizzazione * riscoperta identità e memoria locale * produzione culturale * consumo culturale * economia immateriale * rigenerazione * nuova immagine urbana * equilibrio urbano / democrazia


Un modello replicabile nella pianificazione territoriale regionale. Anche in questo caso l’obiettivo strategico potrebbe essere quello della creazione di sistemi reticolari nei quali i nodi, elementi centrali per la riuscita del progetto, sono le città medie. Ogni centro sarebbe connesso a rete con l’intero sistema regionale, assommando quindi i vantaggi della metropoli (intensa comunicazione, informazione, mobilità, libertà di scelte) con i vantaggi di un’alta qualità urbana e paesistica, propria delle realtà urbane di minore dimensione. La rete di connessione sarebbe non gerarchica perché la sua diffusione, unita a quella dei servizi, consente di non subordinare nessuna centralità alle altre. Il progetto affronta quindi due polarità: la valorizzazione dei luoghi per la costruzione dell’identità locale, prodotto culturale di riconoscimento sociale nello spazio, e la creazione di un sistema complesso di relazioni (di complementarietà, sinergia e innovazione) fra le città. Molto importanti sono anche i temi dell’alta qualità territoriale e della storicità dei nuclei centrali dei poli urbani. La messa in rete, attraverso un sistema complesso22, di ambiti territoriali riconosciuti e valorizzati nelle loro peculiarità, caratterizzati quindi da grandi differenze, consente la creazione di una “massa territoriale di livello metropolitano tale da poter reinterpretare la memoria del territorio come vero e

proprio luogo dell’innovazione”23. Infatti, la conservazione e rivitalizzazione del reticolo storico non significa ritorno al passato o sua ricerca nostalgica, ma fondazione di nuove centralità che sappiano dialogare col luogo storico recuperandone la capacità di costruire città e paesaggio, la capacità di creare equilibri fra ogni città e il proprio territorio e di costruire relazioni fra città, che tornino ad essere ognuna dotata di proprio senso. Nel territorio del diffuso un elemento capace di unire le differenze tramite la cultura sembra essere il paesaggio, inteso come “il riflesso della nostra azione, la misura del nostro vivere e operare nel territorio (inteso questo come lo spazio nel quale operiamo, ci identifichiamo, nel quale abbiamo i nostri legami sociali, i nostri morti, le nostre memorie, i nostri interessi vitali, punto di partenza per la conoscenza del mondo)”24. Il paesaggio si fa quindi immagine, rappresentazione, e attraverso esso si produce conoscenza territoriale. Il paesaggio è innanzitutto culturale perché si carica di riferimenti, di simboli, di denominazioni e poi di progetti umani, diventando palcoscenico o teatro dell’azione sociale; diventa l’interfaccia fra il fare e il vedere quello che si fa; luogo di riconoscimento individuale e collettivo, sede dei processi di territorializzazione e di equilibrio fra uomo e natura. Il paesaggio instaura quindi rapporti col territorio e con

la cultura: proprio attraverso la cultura (attività poietiche, cognizioni scientifiche, trasmissioni storiche) il territorio (fatto di storia naturale, economica e sociale) viene percepito e rappresentato diventando paesaggio. Il paesaggio è allora il luogo nel quale rintracciare i modi della società di organizzare lo spazio, di dare significato al territorio25; è il luogo praticato nel quale rintracciare e rifondare l’identità locale. Nel riconoscere le caratteristiche distintive della costruzione del territorio, il paesaggio diventa un racconto portatore della specificità culturale del luogo e delle sue società. La lettura del paesaggio diventa un atto ricco di significati, e non è un caso che i paesaggi più vissuti e meglio difesi nelle loro specificità sono quelli degli uomini che meglio sanno dare un significato non solamente funzionale, ma anche simbolico e referenziale al loro agire26. Ancora una volta, come già sostenuto da Magnaghi, l’intervento di manutenzione e cura del proprio territorio di vita è reso possibile dal riconoscersi in esso e dal sentirsi parte di quel luogo, di quella comunità, di quell’identità. L’intervento in questi spazi di vita risulta allora avere, per converso, grandi implicazioni sociali e culturali e può essere affrontato solo in modo integrato e multidisciplinare. I tre obiettivi-chiave del metodo sono indissolubilmente legati e concorrono alla costruzione di luoghi comuni nei quali le 221


Un modello replicabile differenze si incontrano e costruiscono insieme un’identità condivisa, operando in modo diretto sullo spazio pubblico, tramite culturale e fattore di qualità di vita.

NOTE 1

Borelli G., La governance urbana come variabile nominale. Trasformazioni urbane e produzione di spazio “creativo” a Milano, XXVII Conferenza Italiana di Scienze Regionali, Milano, 2006 2

Ciciotti E., Perulli P., Florio R., Milano. Competizione senza strategie?, Quaderno AIM, n°24, Milano, 1994

3

Mazza L., Due domande per Milano, in Id., Prove parziali di riforma urbanistica, Franco Angeli, Milano, 2004, pagg.25-33

4

Questo carattere distintivo ha permesso a Milano di dotarsi di un’elevata porosità sociale che ha consentito al sistema locale di uscire dalla deindustrializzazione degli anni ’70 con minori traumi rispetto ad altre città. 5

Martinotti G., Un progetto per la città. Il capitale e lo sviluppo, Corriere della Sera, 2 giugno 2004

6

Si veda l’approfondimento sulla gentrification.

7

Magnaghi A., Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino, 2001, pag. 183

8

Ibidem, pag. 185

9

Uttaro A.M., Arte, città, creatività. Quali indirizzi per la pianificazione?, in Territorio, n°53, Franco Angeli, Milano, 2010

10

Altre esperienze simili sono rintracciabili in altre città occidentali; si ricordi il trasferimento di parte del MOMA nel Queens, a New York City. 11

Annunziata S., Urbanità e desiderio, in Cremaschi M., Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia, Franco Angeli, Milano, 2008 12

Williams R., Culture, in Marxisme and literature, Oxford Univeristy Press, Oxford, 1977

13

Alexander C., A city is not a tree, Architectural Forum, vol.122, n°1, aprile 1975

14

Mumford L., La città nella storia, Bompiani, Milano, 1967

15

De Certeau M., L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma, 2010 (1990)

16

Ibidem

17

Paba G., Insurgent city. Topografia di un’altra Firenze, Urbanistica, n°123, Inu Edizioni, Roma, 2004

18

Balducci A., La produzione dal basso di beni pubblici urbani. Introduzione, in Urbanistica, n°123, Inu Edizioni, Roma, 2004

19

Uttaro A.M., Arte, città, creatività. Quali indirizzi per la pianificazione?, in Territorio, n°53, Franco Angeli, Milano, 2010

20

Pizziolo G., Micarelli R., Dai margini al caos. L’ecologia del progettare, Alinea, Firenze, 2003

21

Bourriaud N., Esthétique relationelle, Les Presses du réel, Dijon, 2001

22

La complessità è intesa come “capacità di autoconservazione e ad attività; quindi la capacità di conservare le risorse, la loro complessità e diversificazione, è la principale garanzia per un sistema di generare innovazione.” La conservazione della complessità è altamente legata all’identità e alla memoria e, quindi, si inserisce nel lungo periodo. Cfr. Magnaghi A., Il progetto locale, Bollati Boringhieri, Torino, 2001, pag. 180 23

Gambino R., Progettare la città reticolare, in Curti F. e Diappi L. (a cura di), Gerarchia e reti di città. Tendenze e politiche, Franco Angeli, Milano, 1990

222


Un modello replicabile 24

Turri E., Il paesaggio come teatro. Dal territorio vissuto al territorio rappresentato, Marsilio Editori, Venezia, 1998

25

Turco A., Verso una teoria geografica della complessitĂ , Unicopli, Milano, 1988

26

Cosgrove D., RealtĂ sociale e paesaggio simbolico, Unicopli, Milano, 1990

223


Un modello replicabile

SCHEDA N° 1: IL MATADERO Dalla riqualificazione urbana attraverso un progetto culturale nell’ex mattatoio di Madrid alla strategia culturale diffusa nella città

DOVE: quartiere Arganzuela, Madrid, Spagna ANNO DI APERTURA: 2007 DIMENSIONI: 184.000 mq PROPRIETA’: Comune di Madrid PROMOTORI: Comune di Madrid, Ministeri statali GESTIONE: Comune di Madrid FINANZIATORI/SPONSOR: Comune di Madrid

LO SPAZIO E LA SUA STORIA Ex-mattatoio comunale appena a sud dal centro di Madrid, nel quartiere Arganzuela. Il complesso di edifici è stato realizzato tra il 1910 e il 1925. Intorno agli anni ’70 molti edifici diventarono obsoleti e un po’ per volta vennero riqualificati e trasformati in strutture per attività di diverso tipo. Nel 1987, ad esempio, l’edificio per la vendita delle carni venne convertito in spazio dove destinare attività socioculturali. Nel 1990 l’area destinata agli animali bovini venne convertita nella sede del Ballet Nazional de Espana e della Compagnia Nazionale di Danza e nel 1996 il mattatoio chiuse definitivamente. Dopo la definitiva dismissione le associazioni locali si attivano e reclamano l’uso degli spazi per attività socio-culturali e manifestano il loro disaccordo al progetto di riconversione promosso dal Comune che prevedeva di affidare il recupero degli spazi ad un operatore privato mediante la concessione del suolo 224

pubblico per uso privato di carattere terziario. Nel 2003, con il nuovo Governo, la Municipalità decise di cambiare totalmente la strategia di progetto sull’area e inserire la riqualificazione del Matadero in un programma di recupero del patrimonio storico madrileno all’interno del piano di rigenerazione della parte sud della città. La sezione interna al Governo che si occupa di Arte decise di indirizzare la conversione dello spazio in un grande laboratorio di creazione e di produzione di arte contemporanea. Il 26 settembre 2005 venne approvata la Variante del Piano Speciale di Intervento con lo scopo di proteggere il patrimonio architettonico e culturale dell’area.

FUNZIONI SOCIALI E ATTIVITÀ Il Matadero di Madrid nasce come nuovo centro culturale metropolitano, un luogo per l’arte e per il tempo libero e contemporaneamente come un’opportunità, in termini di proposta culturale, per potenziare l’offerta pubblica. Dal punto di vista urbano, per la sua ubicazione, il Matadero consolida e prolunga il grande asse culturale Recoletos-Prado fino alla piazza di Legazpi, estendendo la centralità della città di Madrid verso il rio Manzanares. La conquista di questo spazio pubblico urbano e il recupero del rio Manzanares favoriranno la riqualificazione della zona sud della città e la creazione di un’area di particolare interesse per la cultura madrilena.


Un modello replicabile Il progetto nasce per favorire la creazione multidisciplinare e funziona come catalizzatore sociale, urbanistico e culturale per la città. Mette a disposizione tre grandi aree di azione: 1) Diffusione, comunicazione ed esposizione dell’offerta culturale madrilena dentro il circuito internazionale, offrendo agli artisti un contesto adeguato per la presentazione e creazione delle loro opere. 2) Produzione artistica, destinata a promuovere la creazione e la sperimentazione interdisciplinare mediante l’applicazione di una politica di produzione e creazione basata sull’appoggio collettivo degli artisti, tramite l’informazione, la formazione, la dotazione di strutture, workshop e laboratori; in questo senso sono molto importanti le collaborazioni con gli altri centri e programmi a livello internazionale e nazionale, dirette a dare origine a produzioni e coproduzioni per favorire lo sviluppo dei progetti culturali e artistici. 3) Formazione e ricerca offrendo un’offerta aperta a tutti i campi della cultura. Il Plan Especial di recupero dell’ex Mattatoio coinvolge 183.566 mq ed è diviso in tre settori A, B (quadrante nord-est) e C ( quadrante sud-est). Il settore A (9.965 mq), non ancora recuperato, sarà in futuro dedicato alla biblioteca pubblica. La superficie del Matadero è di 148.300 mq e include i settori B e C. Nella parte a nord alcuni spazi sono dedicati alla Compagnia Nazionale di Danza e alla Casa del Reloj. Il Matadero ospita al suo interno spazi di differente tipologia, laboratori per artisti, filmmaker, designer, produttori teatrali, performer, oltre a ristoranti, caffè, locali notturni, librerie e negozi.

ha coinvolto il recupero dell’intero quartiere di Arganzuela e rappresenta per la città un caso emblematico di riqualificazione urbana attraverso un progetto culturale. Dal punto di vista istituzionale, la Municipalità ha elaborato una nuova mappa culturale per la città, compatta e coordinata, e il Matadero costituirà uno dei tre grandi centri culturali metropolitani (insieme a Conde Duque e Palacio de Comunicaciones). Il Matadero è un centro culturale pubblico, promosso e finanziato dal Comune di Barcellona che ha svolto un ruolo fondamentale nella realizzazione del progetto. Il Comune, elaborando la nuova mappa culturale per la città, ha individuando una strategia di sviluppo ben precisa che vede il Matadero oggetto di interventi e investimenti sia in campo architettonico che in campo culturale. Gli interventi realizzati, tra il 2003 e il 2005, corrispondono a 4.769.000 €, destinati alla riqualificazione degli studi e dei laboratori. Dal 2006 al 2011, gli investimenti in programma corrisponderanno della somma di 110.865.467 €, dei quali solo il 75% sarà un investimento pubblico, mentre il rimanente 25% corrisponderà ad un investimento di terzi: INAEM, Comunidad de Madrid, IFEMA, Fondazione Germàn Sànchez Ruipèrez. www.mataderomadrid.com

CONTENUTI CREATIVI E FORME ORGANIZZATIVE Il Matadero si inserisce in un quadro più generale, è parte di un progetto urbano e istituzionale che mira alla creazione di un grande scenario culturale nel sud di Madrid. Il progetto 225


Un modello replicabile

SCHEDA N° 2: ECOMUSEO URBANO Progetto sulla memoria urbana fondato su una rete di edifici storici ristrutturati e adibiti a centri di informazione e di incontro

DOVE: Torino ANNO DI APERTURA: dal 2003 PROPRIETA’: Circoscrizioni comunali (7) PROMOTORI: Comune di Torino, Assessorato alla Cultura e Circostrizioni GESTIONE: Associazioni, Circoscrizioni FINANZIATORI/SPONSOR: Comune di Torino

COS’È E COME FUNZIONA L’Ecomuseo Urbano Torino è un museo che si identifica con un contesto sociale, un ambiente e una storia collettiva, o meglio con la somma delle tante memorie della Torino del Novecento, in cui i cittadini sono i protagonisti delle attività museali: non più solo i destinatari delle proposte, ma, a diversi gradi e livelli di impegno, attori di interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, materiale - costituito da architetture, monumenti, cimeli o intangibile, fatto di memorie e testimonianze dirette. E’ un museo-processo, che si propone di essere il luogo di raccolta delle interpretazioni sulla storia della città per scoprire insieme agli abitanti le identità della Torino contemporanea. Non è solo un museo del passato e della memoria, è soprattutto un laboratorio per leggere la dimensione del contemporaneo e per costruire un futuro condiviso. Coinvolge l’intero territorio urbano, attraverso le 10 226

Circoscrizioni, che ospitano un loro Centro di Interpretazione e Documentazione Storica. Punto di riferimento sul territorio, i Centri di Interpretazione svolgono funzioni di antenne museali. Sono spazi fisici di prima informazione, ma anche luoghi di incontro, sedi per mostre temporanee. Sono luoghi per documentarsi sul passato e sul presente. Intorno ai Centri di Interpretazione ruotano le attività di conoscenza e tutela attiva del patrimonio, promosse dai Centri di Documentazione Storica Locale, dalle associazioni, dalle scuole, dai gruppi di ricerca e coordinate dall’EUT. I Centri ospitano esposizioni temporanee e incontri, promuovono percorsi sul territorio, sostengono i gruppi che sperimentano strumenti, producono materiali, realizzano ricerche di archivio, attivando processi e favorendo le relazioni tra le persone e il patrimonio culturale locale. In alcuni Centri di Interpretazione si stanno sperimentando, in collaborazione con il Politecnico di Torino, piccole e esperienze di allestimento partecipato. www.comune.torino.it/ecomuseo


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SCHEDA N° 3: BANLIEUES D’EUROPE Una rete che connette realtà culturali promotrici di rigenerazione urbana provenienti da tutt’Europa

DOVE: Lione, Francia (dal 2007) ANNO DI APERTURA: dal 1990 PROMOTORI: Jean Hurstel, presidente GESTIONE: associazione culturale FINANZIATORI/SPONSOR: Ministère français de la Culture, Le Sécretariat général du Comité Interministeriel des Villes, La Commission Européenne, La Ville de Lyon, La Région RhoneAlpes, Le Grand Lyon

d’Europe, inoltre, invia mensilmente una newsletter alle persone che aderiscono alla mailing list del sito, permettendo quindi un aggiornamento e uno scambio costante. Banlieues d’Europe ha anche una sede distaccata, chiamata Banlieues d’Europ’Est, a Bucarest, Romania. In questo caso l’attività dell’associazione satellite è soprattutto di supporto a creazioni artistiche nazionali, di salvaguardia dei beni storici e di internazionalizzazione delle esperienze.

Luogo di risorse importanti dell’innovazione culturale e artistica in Europa, Banlieues d’Europe riunisce 300 partners attivi e più di 5000 contatti internazionali. La rete è formata da attori culturali, artisti, militanti, accompagnatori sociali, istituzioni pubbliche, ricercatori che hanno come obiettivo quello di incrociare le pratiche, scambiare informazioni, uscire dall’isolamento per valorizzare i progetti di azione culturale nei quartieri in crisi e presso le popolazioni marginalizzate. La rete organizza convegni, ogni volta in una città europea diversa (Bruxelles, Glasgow, Belfast, Anvers, Monaco, Lione…). Questi incontri sono delle vere e proprie piattaforme di incontro e scambio che permettono ai partecipanti di confrontarsi e di approfondire le tematiche trattate. Tra i temi già affrontati: Culture e conflitti, Popolazioni nomadi, La diversità culturale in azione, Trasformazioni urbane e nuove pratiche culturali nei quartieri europei. L’associazione organizza anche incontri locali, corsi di formazione e si occupa di ricerche urbane. Banlieues

www.banlieues-europe.com

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Un modello replicabile

SCHEDA N° 4: LUNGO I BORDI Riqualificazione del paesaggio agrario di margine e costruzione della governance. Una test per il futuro PSC

DOVE: via Settembrini, Reggio Emilia, Italia PERIODO DI PROGETTAZIONE: 2006-2009 DIMENSIONI: 23,5 ettari PROPRIETA’: pubblica e privata PROMOTORI: Comune di Reggio Emilia, Comune di Albinea e Provincia di Reggio Emilia. GESTIONE: Comune di Reggio Emilia, Comune di Albinea FINANZIATORI/SPONSOR: Regione Emilia-Romagna “Lungo i Bordi” è un progetto congiunto tra il Comune di Reggio Emilia, il Comune di Albinea e la Provincia di Reggio Emilia, finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del programma anno 2007 per la promozione di “Progetti di tutela, recupero e valorizzazione del paesaggio”. Il nucleo di valutazione regionale ha selezionato il progetto tra quelli meritevoli di finanziamento, riconoscendo nella proposta progettuale elementi di qualità “per innovazione e sperimentalità e integrazione”. Il progetto si inserisce all’interno delle attività di formazione dei PSC come momento progettuale e di sperimentazione per testare le azioni di qualità del paesaggio. Il progetto, oltre a perseguire ricadute concrete sulla trasformazione del territorio, intende avviare un processo di “cambiamento culturale”, che porti a considerare diversamente le risorse territoriali, in un nuovo rapporto fra amministrazioni pubbliche e soggetti privati (trasformatori e fruitori del paesaggio). 228

INQUADRAMENTO L’ambito territoriale interessato dal progetto si sviluppa, per circa 6,5 km, tra i margini della città di Reggio Emilia e i primi rilievi collinari nel Comune di Albinea. L’area si presenta come una vetrina di paesaggi normali; un territorio agricolo periurbano, incluso fra due aree di eccellenza (Parco del Rodano e Parco del Crostolo). Il progetto si trova perciò a intervenire su quelli che chiamiamo “paesaggi quotidiani”, i paesaggi che esprimono l’immagine diffusa e consolidata del territorio regionale. E’ stato scelto questo ambito perché ha una forte connotazione di esemplarità: esso rappresenta il risultato di una recente politica territoriale poco attenta alle istanze del paesaggio, una parte di città alterata velocemente dalle scelte di pianificazione, un luogo molto caro per chi vive via Settembrini e l’ha vista trasformarsi da via del/per il paesaggio, a un luogo la cui identità si è in parte persa e che oggi deve essere ricostruita e riscoperta. A partire dal 2005, infatti, proprio gli abitanti della Circoscrizione 5 si sono mossi per difendere il loro territorio, lamentando la svalorizzazione dell’ambito.


Un modello replicabile

GOVERNANCE E PARTECIPAZIONE Partendo da questi presupposti, il gruppo ha analizzato l’area per definirne una trama territoriale, un tessuto di percorsi che legano gli elementi più significativi del paesaggio; il secondo passo è stato quello di traslare l’approccio sul piano dell’utilizzo e della gestione del territorio, nel tentativo di costruire una vera e propria governance. Si è dunque passati dalla trama dei luoghi a quella dei soggetti che vivono il territorio, suddivisi in “utenti forti”, coloro che trasformano il territorio come gli agricoltori, e “utenti deboli”, quelli che fruiscono del territorio, attraversandolo e non avendo con esso relazioni professionali. A queste due categorie sono poi stati aggiunti i rappresentanti delle amministrazioni coinvolte. Dopo una prima fase di preparazione del processo partecipativo e di costruzione del quadro conoscitivo approfondito, si è proceduto all’organizzazione di tavoli tecnici, finalizzati al recepimento di informazioni e allo sviluppo di strategie condivise e concertate tra i soggetti portatori di interessi. I tavoli sono stati due: il “Tavolo Agricoltori” e il “Tavolo Margine Urbano”, al quale sono stati invitati i concessionari delle aree di margine in trasformazione. Essi hanno gettato le basi per processi di coprogettazione pubblico-privati.

pubblicitaria del teaser, una campagna di lancio preliminare, di forte impatto, che susciti la curiosità del pubblico senza rivelare il nome del prodotto. Segue il follow up in cui si svela il mistero. In questo caso, sono stati stampati due numeri di una falsa testata locale, un giornale con tiratura di 4000 copie e distribuzione postale capillare agli abitanti della zona e nei luoghi di aggregazione più importanti. I primi due numeri sono stati pensati come numeri d’epoca dell’ “Eco di Via Settembrini”. Essi avevano anche lo scopo di ricostruire, essendo datati 1965 e 1983, la storia recente del territorio. Il terzo numero, datato aprile 2009, racconta le ragioni del progetto e lo presenta, invitando i cittadini al processo di partecipazione. Nel mese di maggio si sono poi svolti gli incontri pubblici tematici, presso la sede del circolo ricreativo Unicredit, un luogo informale per permettere ai cittadini di sentirsi a proprio agio. Attraverso esperimenti ludici e dibattiti, sono emerse le percezioni degli abitanti e le loro esigenze. Inoltre, gli stessi hanno proposto di organizzare associazioni e gruppi autogestiti per organizzare attività di svago e creare orti urbani. Altri elementi di interesse sono stati le piste ciclabili e il mantenimento del paesaggio agrario.

Una seconda fase ha visto invece l’attuarsi di un processo partecipativo aperto, finalizzato al coinvolgimento dei cittadini di Reggio Emilia, Albinea e, in particolare, degli abitanti di via Settembrini. Il processo si è sviluppato attraverso due incontri pubblici, finalizzati alla definizione di uno scenario condiviso sui temi del paesaggio agrario e del margine urbano. Il primo passo del processo di coinvolgimento è stata l’inizio di una campagna di comunicazione. E’ stata utilizzata la tecnica 229



CONCLUSIONE E SVILUPPI

Il presente studio è frutto di ricerche teoriche e bibliografiche e delle azioni realizzate durante l’esperienza lavorativa che abbiamo potuto svolgere all’interni del gruppo di esterni. L’approccio multidisciplinare proposto ha come obiettivo quello di presentare una metodologia innovativa di analisi e intervento negli spazi pubblici e socializzanti della città, frutto di una ricomposizione di pensieri e idee provenienti da discipline differenti e da gruppi artistici e culturali internazionali. Il progetto qui presentato è volutamente aperto, rappresenta uno fra i possibili scenari che cercano di potenziare il ruolo degli attori presenti a livello locale, delle istituzioni e soprattutto dei cittadini. Nei prossimi mesi cercheremo di concretizzare il processo proposto attraverso un cantiere creativo organizzato dall’associazione Connecting Cultures proprio nel quartiere Bovisa1. Insieme all’artista Garutti e a un gruppo di giovani creativi, con formazioni e saperi diversi e complementari approfondiremo lo studio del territorio urbano, delle pratiche e delle relazioni sociali per arrivare alla realizzazione di un progetto artistico con e per la comunità locale. L’esperienza potrebbe essere il momento per testare la nostra proposta, svilupparla e ampliarla. La nostra avventura nel quartiere continua…

1

Milano & Oltre, progetto triennale per la promozione della creatività e dello sviluppo locale, sostenuto dalla Fondazione Cariplo.

231



APPENDICE: GENTRIFICATION


Appendice A: Gentrification

INTRODUZIONE “Il cambiamento delle città è lento, e le trasformazioni sono segnate piuttosto da un processo evolutivo del contesto spaziale, che da shock esterni, fratture temporali. Condizioni di rapido cambiamento sono abbastanza rare, benché vengano avvertite spesso accelerazioni che innescano conflitti fra gli abitanti.”1 La città contemporanea sembra caratterizzata dal cambiamento disomogeneo delle sue parti, trasformazioni lente che creano una divisione spaziale all’interno del tessuto urbano, legate all’evolversi di dinamiche locali e da fenomeni economici globali, ad esempio la crescente competitività territoriale attuata con forme di marketing urbano. I quartieri, trasformati da developers e gentrifiers, propongono una nuova idea di urbanità dove si assiste alla riscoperta delle identità locali, spesso utilizzate per aumentare la desiderabilità2 di parti di città. Un nuovo romanticismo celebra i quartieri 234

urbani come il luogo che preserva le identità sociali, e concilia storia e modernità; laddove sobborghi e periferia li negherebbero entrambi. Da diversi anni in alcune città italiane si registra il fenomeno dei quartieri emergenti che, nel tempo, ha comportato la fioritura di un nuovo immaginario associato ai quartieri, la riscoperta della vita che vi si conduce e, non da meno, l’aumento vertiginoso dei costi complessivi dei canoni d’affitto e di compravendita degli appartamenti e la specializzazione della zona, che spesso rischia di trasformarsi da quartiere a distretto (della moda, del design, del commercio, della vita notturna…). In particolare, si tratta di un processo di trasformazione che si concentra in quartieri connotati storicamente e socialmente come quartieri popolari, collocati a ridosso dei centri storici (o parte integrante di essi), nei quali si registra una progressiva forma di “ri-urbanizzazione relativa, qualitativamente selettiva e socialmente differenziata”3

che produce, come effetto direttamente percepibile, un certo dinamismo urbano allo stato nascente e alcune preoccupazioni4. Occorre poi sottolineare che molti quartieri periferici, dove insiste la maggior parte degli interventi e fino ad ora abitati per lo più dai ceti medio-bassi, rischiano di vedere stravolta la loro struttura sociale. Già a molti anni di anticipo dalla loro conclusione, i grandi progetti evidenziano effetti di spill over sulle aree circostanti, spingendo verso l’alto le aspettative di mercato e i prezzi delle abitazioni, con ulteriore indebolimento della posizione dei gruppi sociali svantaggiati.

DEFINIZIONE E EVOLUZIONE DEL FENOMENO Per capire come il processo di gentrification possa nascere e quali effetti possa avere sul territorio e ancor più sulla struttura sociale, occorre ripercorrerne la storia attraverso gli studi specialistici.


Appendice A: Gentrification Il termine gentrification è stato coniato da Ruth Glass nel 1964 per spiegare fenomeni urbani osservabili della Inner London. “Ad uno ad uno molti quartieri operai di Londra sono stati invasi dalla classe media, più o meno alta. Una volta scaduto il contratto di affitto, villette e cottage, ricavate da modeste scuderie – due camere al piano di sopra, e due al piano di sotto – sono state rilevate e sono diventate abitazioni eleganti e costose […]. Una volta che questo processo di gentrification comincia in un quartiere, continua rapidamente fino a quando tutta o gran parte della classe operaia viene spostata e tutto il carattere sociale del quartiere non cambia”5. Il termine, che deriva dal sostantivo inglese “gentry”, che connotava la piccola nobiltà, descrive la tendenza alla “nobilitazione” di porzioni di città e, insieme ai concetti di class e displacement, si fa portavoce di una denuncia sociale marcata: la tendenza progressiva della città a diventare sempre più selettiva nei confronti delle classi sociali più svantaggiate. Come sottolineato da Annunziata e Gaeta, il termine ha subito una grande evoluzione e un allargamento semantico, andando a descrivere fenomeni urbani anche diversi fra loro e che, sempre più, si allontanano dalla spiegazione degli anni ’60. Gli studi successivi hanno puntato l’attenzione sulle cause del fenomeno di gentrification, andando a identificare

due posizioni ideologiche contrastanti (ma anche complementari): da una parte l’approccio politico-economico della teoria dell’offerta sostenuta in primo luogo da Smith6 (production-side), dall’altra la posizione più liberale e legata a fenomeni culturali che si interessa maggiormente alla domanda, capeggiata da Ley7 (consumption-side). Secondo la prima tesi, la gentrification sarebbe un fenomeno prodotto dai cicli economici di investimento e disinvestimento nelle città. Il deprezzamento di aree a seguito della loro svalutazione è il prerequisito del fenomeno. Secondo Smith sono i gruppi di interesse politico ed economico, e non i singoli, a essere la causa e i promotori della gentrification poiché deliberatamente e coscientemente non investono in aree centrali fino al loro massimo deprezzamento, per poi intervenire ed avere maggiori profitti8. La logica del profitto è over people, non tiene conto delle fragilità di chi vive i territori e considera l’allontanamento dei ceti deboli come un esito, di cui non ci si preoccupa. Questa tesi ha il merito di aver messo in luce la selettività e l’esclusione che sono alla base delle modalità di accesso ai beni posizionali della città, ma non considera i vantaggi di processi di riqualificazione e alle componenti della domanda, all’emergere di nuove figure sociali e culturali nell’ambito urbano, che sono, invece, poste al centro

della riflessione socio-culturale avviata da Ley. L’approccio socio-culturale, infatti, lega il fenomeno ad una più ampia analisi dei cambiamenti sociali ed economici della città, che passa da moderna a post-moderna. Emergono nuove figure professionali legate al terziario avanzato e al consumo, le quali si fanno portavoce di una nuova domanda residenziale, più consona ai loro stili di vita. Questa visione dà importanza all’azione individuale, ai gentrifiers, cioè a quella nuova classe media che decide di tornare in città. Ley focalizza la sua attenzione su un particolare gruppo: i giovani artisti, i creativi e i professionisti. Il valore economico si sposta quindi dal capitale tradizionale a quello culturale: la sua concentrazione trasforma luoghi marginali in aree di re-investimento. Altri studiosi, come Bridge e Zukin, arrivano ad una lettura del fenomeno basata sulle caratteristiche sociali e psicologiche dei creativi, enfatizzando i lati positivi del processo e omettendo le conseguenze negative. Nel corso degli anni ’90 numerosi apporti di studiosi sottolineano la complementarietà delle due tesi; in particolare Zukin evidenzia come la domanda inizialmente “spontanea” e alternativa (nel caso specifico del modello abitativo del loft) venga poi interiorizzata dall’offerta che capitalizza non solo componenti oggettive ma simboliche e immateriali del bene. 235


Appendice A: Gentrification Due aspetti della gentrification comunque riconosciuti da tutti gli studiosi sono la rehabilitation e il displacement, intesi come aspetto positivo e negativo del processo. Gaeta9 sottolinea l’ampliamento di contenuti del termine gentrification: rispetto al modello classico che individua tre caratteristiche imprescindibili (geografica, edilizia e sociale) del processo di gentrification, egli propone piuttosto di utilizzare il termine per descrivere fenomeni urbani che presentino almeno due degli aspetti individuati: centralità del quartiere, riqualificazione edilizia e urbana e ricambio sociale con espulsione dei ceti meno abbienti. In questo modo si comprende come il fenomeno non riguardi più solo grandi città ma anche città medie, non solo aree centrali ma anche quartieri distanti dal centro, soprattutto ex aree industriali dismesse, non solo riqualificazioni ma anche demolizioni e ricostruzioni per raggiungere una rifunzionalizzazione dell’area. Per quanto riguarda l’aspetto sociale, sono ravvisabili esempi di gentrification che non causano l’espulsione degli abitanti originati ma consentono, piuttosto, la convivenza di vecchi e nuovi abitanti. Anche le categorie sociali utilizzate non sono più attuali poiché la società è diventata più complessa, stratificata e variabile nel tempo. Il modello viene semplificato e si riesce più facilmente a identificare i processi che 236

sono gentrification da quelli che invece non ne presentano le caratteristiche, come ad esempio il recupero di aree che non hanno una storia operaia e popolare alle spalle. Questa visione flessibile, che consente una certa mixité sociale e funzionale, permette anche di intervenire considerando usi condivisi degli spazi pubblici. L’unica caratteristica che rimane immutata dalle definizione originaria di Glass è la dimensione del quartiere come scala investita da processi di gentrification. Anche Annunziata afferma che il fenomeno, negli anni, si sia evoluto: da “anomalia locale” è diventato “strategia urbana globale”10, sempre più portato avanti da corporazioni, partnership e da ruoli statali che hanno preso il posto delle iniziative spontanee dei pionieri della classe media. Dunque i processi di trasformazione urbana e gentrification sono sempre più generati da capitali privati, dall’ammontare spesso molto elevato. Il ruolo del pubblico, inteso solitamente come “volano” dell’operazione, diventa sempre più significativo, in grado di contrastare, gestire o incoraggiare processi di esclusione sociale. I fenomeni di gentrification in atto in alcuni paesi sono incoraggiati da un trend generalizzato nelle politiche pubbliche di adottare la gentrification come strategia di rigenerazione urbana, connessa con un atteggiamento imprenditoriale di governance urbana11.

La Stecca degli artigiani prima dello sgombero del 2007, quartiere Isola, Milano

I giardini di via Confalonieri, quartiere Isola, Milano, 2006

Il progetto delle associazioni del quartiere Isola per la riqualificazione della Stecca e dei giardini di via Confalonieri


Appendice A: Gentrification

GENTRIFICATION IN ITALIA

Il cantiere di via Confalonieri, quartiere Isola, Milano, 2010

Il progetto «Porta Nuova», quartiere Isola, Milano

Il «Bosco verticale», Stefano Boeri

Le riflessioni sul fenomeno della gentrification in Italia sono relativamente recenti e in particolar modo riconducibili all’apertura di nuove attività commerciali, etniche e “alternative” alla scala di quartiere, che capitalizzano sui trend giovanili e “della moda”. Il Ticinese a Milano è descritto come distretto dell’immaginario12, il Quadrilatero di Torino un quartiere che (si) distingue13, il Pigneto come un villaggio urbano14. Oltre a questi esempi, trattando di trasformazioni in quartieri popolari nelle città italiane, si fa spesso riferimento ad altre esperienze15: il Molo a Genova, Isola a Milano, il quartiere di Santa Croce a Firenze. In generale si può considerare che in Italia non emerge una traiettoria unica del cambiamento dei quartieri ma piuttosto diverse manifestazioni di trasformazione dello spazio urbano. Non è possibile una rappresentazione omogenea del “quartiere che cambia”16, anche se si possono individuare delle similitudini, come la progressiva tendenza di questi quartieri a diventare centri d’attrazione, dell’intrattenimento, della moda e, quindi, in modi diversi, a tematizzarsi. Al fine di utilizzare in modo strumentale la categoria concettuale gentrification

senza anestetizzare la possibilità di nuove descrizioni, si può leggere dietro all’uso di questo termine un campanello di allarme della traiettoria di selettività verso la quale anche i quartieri delle città italiane sembrano indirizzarsi17. Le caratteristiche peculiari dei casi italiani si possono riassumere in: - assenza di un marcato conflitto di classe e del dislocamento forzato dei ceti deboli - la specificità della forma urbana: i quartieri gentrificati avevano già qualcosa di speciale, rintracciabile nell’estetica dei luoghi e dell’architettura - la convivenza fra vecchio e nuovo, sia in termini fisici che sociali. Il desiderio di popolarità identificabile e percepibile in alcuni quartieri italiani causa anche, irrimediabilmente, la perdita di questo carattere cercato. I casi italiani richiedono quindi l’uso di nuove categorie sociali e economiche che, nei contesti anglosassoni, non sono state ancora enfatizzate e analizzate.

GENTRIFICATION A MILANO Nonostante la gentrification sia un fenomeno molto studiato in Italia solo negli ultimi anni, questo processo non è una novità nel panorama italiano, soprattutto in quello milanese. Si evidenziano casi di gentrification a 237


Appendice A: Gentrification partire dagli anni ’60, in parallelo con quanto avveniva a Londra in quegli anni nei quartieri di Islington, Paddington, North Kensington. In particolare, si può far riferimento alle lotte degli inquilini sfrattati da Corso Garibaldi per lasciare spazio a famiglie borghesi18 e al noto caso di Brera degli anni ’80, esempio ripreso da molti abitanti di altre parti della città come processo negativo cui il loro quartiere sembra tendere. Questo quartiere del centro storico si trasformò da ritrovo di artisti e studenti in quartiere di élite, un po’come avvenne per il quartiere Ticinese19 e la zona dei Navigli, un tempo quartiere popolare, oggi sede della “movida” cittadina e residenza di giovani professionisti che prediligono le case di ringhiera. Anche la vicina zona di Porta Genova, e in particolare quella che oggi viene chiamata Zona Tortona, dal nome di una delle sue vie, ha visto il passaggio da quartiere popolare e industriale a distretto del design, soprattutto ad opera di piccoli imprenditori e di artisti “pionieri” che trasformarono le ex fabbriche in loft e studi fotografici. Il quartiere, sottoposto a questi cambiamenti spontanei e individuali, è stato poi colpito dall’ondata dell’evento: durante il periodo del Salone del Mobile, fiera annuale di design e arredamento, la zona diventa sede degli eventi collaterali, del cosiddetto Fuorisalone. Migliaia di turisti e professionisti del settore si accalcano nelle 238

vie, negli showroom, invadono il quartiere ormai tematizzato. Il fenomeno del Fuorisalone, anche grazie al sostegno comunale, si sta allargando ad altre zone della città, provocando ondate di seconda gentrification come nel caso di Brera, sede delle maggiori case

di arredamento, o interessando quartieri emergenti e in corso di riqualificazione: Isola, Zona Romana, Lambrate e Bovisa. Da principio la gentrification ha investito quartieri storici situati entro la cerchia dei Navigli o a ridosso di questa, ma si osservano due profili distinti:

BICOCCA CASCINA MERLATA

BOVISA FARINI

CITYLIFE

ISOLA BRERA

CITTà STUDI

ZONA TORTONA TICINESE NAVIGLI

CASCINA MONLUè

ZONA ORTLES ferrovia e passante metropolitana metropolitana in cantiere prima gentrificazione seconda gentrificazione terza gentrificazione possibile gentrificazione futura La gentrification a Milano

LAMBRATE

PORTO DI MARE

SANTA GIULIA


Appendice A: Gentrification - una gentrification erosiva, dovuta alla pressione delle funzioni terziarie che scalzano le funzioni residenziali più povere; - una gentrification dovuta al frazionamento e alla ristrutturazione del patrimonio edilizio per soddisfare una domanda residenziale affluente. Il primo profilo fa parte di una più generale terziarizzazione del centro di Milano, mentre il secondo è conseguenza della mancata produzione di alloggi di pregio nelle zone di espansione urbana durante gli anni ’70 e ’80. La domanda pregiata cittadina da un lato abbandona il centro per posizionarsi nei comuni della prima cintura, investiti da importanti interventi urbanistici (Milano 2), dall’altro si radica ancora più profondamente in esso, sostituendosi alle famiglie meno abbienti. Nel corso degli anni ’90 il fenomeno valica la cerchia delle Mura Spagnole e colpisce quartieri della prima espansione ottocentesca, come nel caso del Ticinese, del Lazzaretto e di Corso Como dove la popolazione storica è espulsa e sostituita dalla classe media. Queste aree diventano molto appetibili grazie alla loro vicinanza al centro e alla facile accessibilità dovuta alla rete metropolitana, nonché alle possibilità di recupero dello stock residenziale. Il cambiamento, prima di essere fisico, è di tipo commerciale e modifica gli equilibri e le relazioni locali: scompaiono i negozi di vicinato per far

posto alle boutique, agli atelier, ai ristoranti e ai locali “alla moda”, rivolti a una nuova domanda in termini di consumo. Nel decennio attuale il raggio di azione si è ampliato ulteriormente. Supportato dalla crescita esponenziale dei valori immobiliari e dallo sviluppo delle professioni legate al terziario avanzato, il fenomeno penetra in enclave segnate da condizioni strutturali di isolamento, come nel caso di Isola20 e di via Tortona/via Savona, aree separate dal centro dalla ferrovia. Se i processi di gentrification sono legati alla buona accessibilità e alla presenza di tessuto residenziale o di aree industriali dismesse, si può osservare come quartieri periferici della città presentino i primi segnali di tale fenomeno: Bovisa a nord, quartiere operaio e industriale, oggi sede delle Facoltà di Ingegneria e Architettura; Lambrate a est, altro quartiere operaio con annessa stazione ferroviaria. In entrambi i casi, al nucleo industriale si affianca un quartiere popolare storico, che comincia a subire il processo di sostituzione della popolazione; inoltre, il passante ferroviario costruito negli anni ’80 come sistema di mobilità inter-urbana che circonda la città, garantisce buoni e rapidi collegamenti col centro città (stazione Garibaldi-stazione Cadorna). Nel caso di Bovisa si può rilevare un fenomeno di gentrification legato soprattutto alla funzione universitaria, per il quale è stato coniato il termine di

studentification, con il quale si indica il ruolo degli studenti nella trasformazione dei quartieri popolari, non solo in funzione delle loro scelte residenziali, ma anche della ricerca di luoghi e spazi distintivi per la socialità e lo svago. Altri esempi del fenomeno di gentrification sono ravvisabili nella zona dei Navigli, quasi per saturazione fra il Ticinese e Zona Tortona, che si caratterizza per un nuovo carattere di residenzialità più orientato verso professioni creative; in zona Melzi/ Procaccini; nella zona Ortles a sud-est della città, oltre la ferrovia, dove alcuni edifici industriali vengono riconvertiti ad abitazioni per giovani studenti e professionisti di ridotto potere d’acquisto. Alcuni studi21 mettono poi in mostra come alcune aree molto periferiche, soprattutto a sud e sudest della città, siano sorprendentemente interessate da fenomeni di gentrification. Si tratta di aree scarsamente edificate, a destinazione prevalentemente agricola, dove le cascine sono state trasformate in eleganti residenze di campagna.

RIFLESSIONI SUI CASI MILANESI Come risponde la politica cittadina a questi processi? In alcuni casi l’amministrazione comunale si inserisce in processi già maturi e li capitalizza, come nel caso di via Tortona; in altri sembra non intervenire; 239


Appendice A: Gentrification infine, in alcuni casi, come ad esempio nel quartiere Isola, le decisioni prese dalla pianificazione sembrano legittimare e accelerare fenomeni di gentrification non attenti ai bisogni e alle esigenze degli abitanti. In alcuni contesti si registrano interventi spontanei di piccoli imprenditori che si sommano, influenzandosi e imitandosi; in altri gioca un ruolo preponderante la presenza di un privato che investe nell’area urbana trasformando interi settori e isolati (come nel caso di Lambrate: via Ventura, Lambretto). I quartieri urbani hanno certamente differenti sensibilità e velocità di cambiamento; alcune caratteristiche, come quelle urbanistiche, sono in buona misura permanenti e necessitano di azioni incisive per essere modificate; altre, come i servizi pubblici e il profilo socio-economico, sono più variabili e il loro cambiamento può avvenire anche nel corso di pochi anni. Partendo da queste considerazioni, Galster (2007) giunge a due risultanti interessanti per le politiche di riqualificazione: la prima è che sembra comunque prevalere la stabilità dei quartieri. In essi, nonostante le continue modificazioni, agiscono meccanismi di assestamento la cui efficacia e capacità di normalizzazione dipendono però dalla seconda considerazione e cioè l’esistenza di una “soglia”. Se vengono superati certi 240

valori critici la risposta agli stimoli diventa significativa e innesca trasformazioni a catena. Lo studioso suggerisce quindi la necessità di azioni integrate, continuative e soprattutto aderenti al contesto locale, che individuino le potenzialità delle varie componenti di cambiamento e le sostengano nella rigenerazione dell’area. Sembra dunque emergere l’esigenza di una strategia a scala urbana, che possa essere in grado di intervenire nei diversi contesti, mitigando le conseguenze negative del fenomeno di gentrification, e promuovendo uno sviluppo d’insieme e non per parti, attento agli abitanti e non solo ai “creativi”, spesso sopravvalutati in una città che all’estero vuole essere vista come città della moda e del design. L’attenzione ai cittadini sembra essere diventata un’emergenza, in una città che trova spazio e offre servizi solo ai settori economici che giudica strategici, abbandonando gli spazi pubblici e compromettendo la vivibilità dell’intera area urbana. Intervenire nei quartieri in trasformazione significa capire a che livello di cambiamento sono arrivati e per quali cause, studiare la componente sociale dell’area urbana e promuovere luoghi comuni in cui le differenze si incontrino e comunichino, riconoscendosi nel territorio, per costruire (o ricostruire) una comunità e un’identità urbana, condizioni essenziali

per l’individuazione di progetti di sviluppo condivisi.

IL DISTRETTO CULTURALE E IL RUOLO DELLA CULTURA NELLO SVILUPPO LOCALE Come si è visto nei precedenti paragrafi, il fenomeno di gentrification, che interessa tanto la sfera economica di un quartiere quanto quella sociale causando la sostituzione di attività o persone, può portare alla tematizzazione di un’area urbana, che viene identificata e comunicata come distretto culturale o creativo. A Milano il trend sembra focalizzare l’attenzione sui distretti del design che non appaiono però come veri e propri poli di attrazione per attività economiche orientate su un determinato settore, favorendo quindi la circolazione di idee e determinando economia di localizzazione interessanti, quanto piuttosto contenitori di eventi, aree urbane che vengono sfruttate in modo intensivo solo durante particolare momenti dell’anno e che approfittano di questa immagine negli altri periodi o per lanciare interventi di riqualificazione urbana. Inoltre, la tendenza alla tematizzazione urbana appare anche all’interno del nuovo PGT del Comune di Milano: ad ogni ambito di trasformazione urbana è associato un


Appendice A: Gentrification “tema”, una vocazione. Nella costruzione della città per parti, quasi con la definizione di un nuovo tipo di zoning funzionale, quanta attenzione viene posta alle comunità locali, alle persone che vivono i territori in trasformazione? E’ anche vero che la nascita dei quartieri o distretti creativi e culturali non è solo la conseguenza di processi di gentrification ma il ragionamento può essere girato. Prima di approfondire il concetto di distretto culturale, bisogna allora porre l’attenzione sui cambiamenti economici e sociali della città contemporanea. La città sembra oggi essere identificata come il luogo privilegiato nel quale realizzare l’“economia delle esperienze”22, ovvero la compresenza spaziale di produzione e consumo, dove la transazione economica di beni o servizi diventa esperienza. Il quartiere creativoculturale sembra essere “quello che da tempo ha già scoperto quella vocazione esperienziale che il resto della città non necessariamente ha fatto ancora suo”23. I quartieri culturali o “alla moda” sono aree composite, in trasformazione, luoghi di produzione, consumo di beni immateriali, comunicazione, laboratorio per il rilancio della città. In questo contesto certamente emergono chiari segni di gentrification come il ricambio della popolazione residente e il cambiamento delle attività economiche. Le esigenze delle nuove

popolazioni, orientate al divertimento, al tempo libero, alla cultura, potrebbero, e in alcuni casi possono, portare a una standardizzazione dei contesti simili a livello globale ma ciò che sembra peculiare del caso italiano è proprio il radicamento al territorio, il recupero, anche nostalgico, di caratteri locali che fanno parte della situazione esperienziale. I quartieri emergenti sembrano proprio coniugare il passato delle tradizioni locali al presente cosmopolita, alla produzione di beni simbolici. Il distretto creativo, dunque, riprende il distretto industriale ma non è più luogo di produzione materiale ma di idee, servizi e beni immateriali. E’ caratterizzato da molte diversificate produzioni che convergono in una categoria variegata di piccoli imprenditori locali, che spesso assumono il ruolo di intermediari culturali24 poiché articolano rapporti fra cultura centrale e periferica. Una prima formulazione del concetto di cultural district è stata proposta quale elemento centrale di una politica di valorizzazione di aree urbane, ad esempio industriali, dismesse o degradate. Elaborata come strumento di public policy alla metà degli anni ‘70, l’agglomerazione in cluster di attività culturali diviene uno strumento per indurre processi di riqualificazione sociale, economica, ed ambientale. I modelli di sviluppo del territorio sono

tuttavia differenti quanto al processo attraverso il quale vengono a determinarsi ed innescarsi i fenomeni iniziali di sviluppo: - nel primo caso, di matrice prevalentemente europea, un processo relativamente pianificato di insediamento e valorizzazione di beni ed attività strategicamente individuate, razionalmente perseguito attraverso un costante monitoraggio dei risultati e un costante feedback dei risultati sulle politiche (topdown); - nel secondo caso, di matrice prevalentemente nordamericana, l’attivazione di un processo di autorganizzazione e di un lungo periodo di incubazione supportato dalla società e dal territorio senza una regia istituzionale vincolante (bottom-up). E’ proprio però a livello di policy, che la leva culturale risulta fattore preponderante soprattutto nell’ottica di sostenibilità a lungo termine dei processi di riqualificazione delle aree urbane. Se nel caso del cultural cluster o del distretto culturale tradizionale, potremmo parlare rispettivamente di distretto di primo e secondo livello, che ricavano dall’esterno del sistema le risorse per lo crescita come ad esempio nel caso dall’indotto derivante dall’industria turistica, scarsa è l’attenzione agli effetti di tale modello di sviluppo sul sistema sociale ed economico preesistente. Questa strategia 241


Appendice A: Gentrification culturale si lega strettamente a concetti come l’urban marketing e ai grandi eventi, sia legati direttamente alla cultura come la candidatura a Capitale Europea della Cultura25, che a manifestazioni di altra natura, come l’Expo, le Olimpiadi o i Festival tematici. In questo caso, si sfrutta la visibilità legata all’evento e soprattutto l’ingente afflusso di capitali per ripensare ad una parte di città. Spesso però la città, o parte di essa, viene trattata come un marchio, viene riposizionata turisticamente e a livello di immagine, tralasciando quindi aspetti locali a lungo termine. Focalizzarsi su questa impostazione può portare anche a fallimenti enormi, nel momento in cui le strutture realizzate non vengono rifunzionalizzate e ripensate per i cittadini. Nella nuova accezione distrettuale collegata all’ambito della riqualificazione urbana, la cultura acquista valore non soltanto, e in molti casi addirittura non primariamente, come generatore di opportunità reddituali, ma come spazio sociale che acquistando centralità e rilevanza aumenta sensibilmente, come effetto collaterale, la competitività e la profittabilità di altre filiere produttive presenti sul territorio, non necessariamente di natura culturale. Il distretto culturale evoluto26 si caratterizza per una eclettica combinazione di elementi top-down e bottom-up e nasce da un complesso processo di contrattazione tra i vari attori 242

locali dello sviluppo e dal ruolo che ciascuno di essi assume in uno specifico contesto locale. Si tratta in altre parole di un processo di autoorganizzazione guidata, nella quale i tre macro-effetti (esercitare attrazione verso l’esterno, in particolare nei confronti di professionisti e talenti creativi; produrre innovazione per il sistema economico e culturale; ri-orientare a livello motivazionale gli individui e la società verso attività ad alto contenuto esperienziale che ne permettano anche la strutturazione a livello di personalità) si combinano rispondendo creativamente ai vincoli posti dalla storia e dalle caratteristiche del contesto locale. La cultura assume in questo caso il ruolo di agente sinergico per lo sviluppo delle componenti del territorio. La strutturazione di centri di interesse culturale relazionati a strutture preesistenti sul territorio e l’attivazione di processi partecipativi nella definizione delle decisioni sono strumenti necessari per la creazione di un insieme di esperienze comuni, tradizioni e abitudini indispensabili alla rigenerazione a lungo periodo di un quartiere perché costituiscono il vero valore di quell’area.


Appendice A: Gentrification

NOTE 1

Cremaschi M. (a cura di), Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia, Franco Angeli, Milano, 2009

2

Annunziata S., Urbanità e Desiderio, in Tracce di quartieri, Franco Angeli, Milano, 2009

3

Piccolomini, 1993

4

Annunziata, 2007

5

Glass R., London: aspects of change, MacGibbon and Kee, London, 1964

6

Smith N., Towards a theory of gentrification: a back to the city movement by capital, not people, Apa Journal, 1979

7

Ley D., Alternative explanation for inner-city gentrification: a Canadian assessment, Annals of the Association of American geographers, vol.76, 1986 8

Smith supporta questa teoria con il concetto di Rent Gap, che esprime la differenza tra il valore reale di un suolo e il suo valore potenziale in seguito a un “eventuale” processo di riqualificazione. 9

Gaeta L., La gentrification che non ti aspetti, in Rigenerazione urbana e ricambio sociale. Gentrification in atto nei quartieri storici italiani, a cura di Lidia Diappi, Franco Angeli/Diap, Milano, 2009 10

Smith, 2002

11

Harvey, 1989 in Atkinson, 2005

12

Bovone, 2005

13

Semi, 2004

14

Scandurra, 2005

15

Diappi L., 2009

16

Cremaschi, 2007

17

Annunziata S., Se tutto fosse gentrification: possibilità e limiti di una categoria descrittiva, in I territori della città in trasformazione – tattiche e percorsi di ricerca, a cura di Balducci A. e Fedeli V., Franco Angeli/Urbanistica, Milano, 2007 18

Boffi, 1972; Daolio, 1974; Della Pergola, 1976

19

Bovone L. (a cura di), Un quartiere alla moda: immagini e racconti del Ticinese a Milano, Franco Angeli, Milano, 1999

20

Per quanto riguarda il caso studio di Isola, Gaeta ha parlato di “gentrification morbida” che non mette in crisi la tradizionale mixité del quartiere e che consente opportunità di alloggio a gruppi differenziati per reddito, istruzione, età e occupazione. Gaeta L., Gentrification senza esclusione? Il caso studio del quartiere Isola a Milano, nota 11. 21

Diappi L. (a cura di), Rigenerazione urbana e ricambio sociale. Gentrification in atto nei quartieri storici italiani, Franco Angeli, Milano, 2009 22

Pine e Gilmore, 2000

23

Bovone L., Effervescenze urbane – quartieri creativi a Milano, Genova, Sassari, Franco Angeli, Milano, 2005

24

Bourdieu, 1983

243


Appendice A: Gentrification 25

La Comunità Europea ha redatto un apposito programma che prevede l’intervento di riqualificazione della città. Dopo i primi esempi di Capitali della Cultura corrispondenti alle capitali politiche o alle città culturali più note, le città scelte sono state soprattutto città medie e post-industriali, per le quali l’evento è stato davvero un’occasione di rinascita (si veda il caso di Glasgow, prima città ad aver utilizzato l’evento in modo strategico). 26

Sacco P.L., Tavano Blessi G., Verso un nuovo modello di sviluppo sostenibile: distretti culturali e aree urbane, Working Paper, DADI, IUAV, agosto 2006

BIBLIOGRAFIA Annunziata S., Se tutto fosse gentrification: possibilità e limiti di una categoria descrittiva in I territori della città in trasformazione – tattiche e percorsi di ricerca a cura di Balducci A. e Fedeli V., Franco Angeli/Urbanistica, Milano, 2007 Borlini B., Memo F., Il quartiere nella città contemporanea, Bruno Mondadori, Milano, 2008 Bovone L. (a cura di), Un quartiere alla moda: immagini e racconti del Ticinese a Milano, Franco Angeli, Milano, 1999 Bovone L., Effervescenze urbane – quartieri creativi a Milano, Genova, Sassari, Franco Angeli, Milano, 2005 Cremaschi M. (a cura di), Tracce di quartieri. Il legame sociale nella città che cambia, Franco Angeli, Milano, 2008 Diappi L. (a cura di), Rigenerazione urbana e ricambio sociale. Gentrification in atto nei quartieri storici italiani, Franco Angeli, Milano, 2009 Gaeta L., La letteratura sulla gentrification: stato dell’arte e prospettive di ricerca, XXVII CONFERENZA ITALIANA DI SCIENZE REGIONALI Gastaldi F., Processi di gentrification e rigenerazione urbana nel centro storico di Genova, XXVII CONFERENZA ITALIANA DI SCENZE REGIONALI 244


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appendice: le interviste


Appendice B: le interviste

Nel corso della redazione della seguente tesi di laurea, ci è sembrato interessante ed arricchente interpellare le persone che abitano e vivono il quartiere Bovisa, attingendo al loro bagaglio di conoscenze locali e “sul campo”. Lo sguardo che abbiamo adottato è stato sfaccettato e differente a seconda degli obiettivi specifici che di volta in volta ci prefiggevamo: la visione dall’alto, osservando le carte e i documenti di pianificazione per capire l’evoluzione del territorio; la documentazione storica (scritti, fotografie d’epoca, letteratura) per comprendere quali diverse anime e atmosfere abbiano abitato in Bovisa nel corso del tempo; l’osservazione diretta e i sopralluoghi per entrare nel territorio, interrogarlo e comprenderle i limiti; le contraddizioni e le potenzialità. Parallelamente, lo sguardo delle diverse comunità presenti sul luogo ha ampliato le nostre conoscenze, fornendoci nuovi punti di vista, nuovi indizi e aneddoti che spesso hanno messo in discussione le nostre prime impressioni. Prendere in considerazione gli aspetti 248

solitamente trascurati dalla pianificazione comunale, quelli più nascosti e quotidiani, sicuramente significativi per comprendere meglio cosa significhi vivere il quartiere, è fondamentale non solo nella fase di analisi e comprensione della complessità di un territorio, ma anche e soprattutto, nella fase di progettazione e di ripensamento delle strategie di intervento per la riqualificazione e rigenerazione del quartiere1. Gli abitanti e gli utenti di un luogo esprimono delle esigenze e dei bisogni che l’intervento sullo spazio pubblico deve tenere presente, cercando di darvi risposta. Percorrendo Bovisa ci siamo subite rese conto di quanto complessa e multiforme fosse la sua componente sociale: abitanti storici legati a un passato industriale, nuovi arrivati, più mobili e cosmopoliti, fra cui gli immigrati, studenti pendolari, sempre di passaggio, studenti residenti, giovani professionisti attirati dai bassi prezzi degli immobili, commercianti, artigiani… Il quartiere, storicamente connotato come “quartiere operaio” o “quartiere rosso”2, è molto cambiato nel tempo perché sono

cambiate le persone che lo abitano. Come afferma Paba3, l’identità urbana è una questione complessa, non facilmente definibile, non è data a priori ma va conquistata e costruita. A ben vedere, infatti, parliamo di identità proprio quando questa sembra assente o quando se ne avverte la perdita. Questo è stato il nostro sentimento camminando per Bovisa. Cos’è oggi l’identità di Bovisa? Si può parlare ancora di un’identità o si deve piuttosto parlare di identità molteplici e diverse? Chi si riconosce oggi nel territorio? E soprattutto come intervenire nel rispetto dell’identità locale, “polo dialogante di una rete di scambi e relazioni”4, come progettare spazi pubblici che diventino luoghi comuni, luoghi nei quali le diverse comunità possano entrare in contatto e costruire insieme un’identità condivisa riconoscendosi nel territorio? Con queste domande ci siamo buttate nel sistema infraordinario5 dei luoghi, delle relazioni, dei conflitti e delle contraddizioni del locale e abbiamo deciso di intervistare alcuni “portavoce”, definendo un


Appendice B: le interviste campione non significativo a fini statistici ma qualitativo, che ci permettesse di concentrare l’attenzione su diversi punti di vista, per poter farli nostri durante la progettazione dell’intervento. Inoltre, abbiamo ritenuto doveroso parlare anche coi maggiori stakeholders del processo di riqualificazione dell’area: Euromilano, promotore del progetto “La Nuova Bovisa”, Triennale Bovisa, A2A, proprietario di alcune aree significative, e l’istituto Mario Negri, da poco arrivato in Bovisa. Di seguito l’elenco delle persone intervistate e il resoconto completo delle interviste: - Giorgio Martino, architetto - Angelo Magni, proprietario del Trinity Skate Park - Alberto Manzoni, ex abitante e libraio a Il Libraccio - Flavio, ex studente di design e proprietario del negozio di modellistica Protosign - Angelo Cortesi, designer di fama con studio nel quartiere da 10 anni - Francesca Cognetti, ricercatrice del Politecnico di Milano e autrice del libro “Bovisa in una goccia”6 - Massimo Abiusi, ex studente di ingegneria aerospaziale - Adriano Colombo, abitante e dirigente della Garibaldina Calcio - Fabio Brighenti, ex abitante e impiegato presso l’istituto di ricerche farmacologiche

Mario Negri - Eloisa Tolu, ex studentessa di design e abitante del cohousing - Giulia, abitante e volontaria nel circolo Arci La Scighera - Sig. Bartoli, abitante e storico locale - Sig. Gelati, abitante storico e commerciante - Sig. Borra, abitante della Goccia e scrittore - Evelyn Leveghi, studentessa di design e abitante - Mara Boscaro, studentessa di design della moda - Jennifer Parker, studentessa di design e abitante - Hella e le altre ragazze di Teatri in Scala - D. Rampello, presidente della Triennale - L. Gariazzo, architetto per Euromilano

Inoltre, i nostri incontri diretti sono stati ampliati con contenuti e interviste tratte dai libri “Bovisa in una goccia” di F. Cognetti (2007) e “Quarto Oggiaro, Bovisa, Dergano. Prospettive di riqualificazione della periferia di Milano”7 di V.E. Parsi e E.M. Tacchi (2003). Ringraziamo qui tutte le persone che ci hanno accolto nei loro studi, nelle loro case e nelle loro associazioni per la disponibilità e l’interesse mostrato nei confronti del nostro lavoro. Di seguito alcune risposte estrapolate dalle registrazioni delle interviste eseguite.

Durante gli incontri, abbiamo chiesto agli intervistati di tracciare su una carta il confine del quartiere Bovisa basandosi sulla propria esperienza quotidiana. I risultati sono riportati nella tavola n° 5, “Confini. Una definizione fra percezione e memoria”. A fianco di queste interviste ci sono state molte occasioni di dialogo con persone incontrare per le strade del quartiere; conversazioni spontanee e informali ma comunque preziose e utili. 249


Appendice B: le interviste

NOTE 1

L’approccio qui assunto è presentato anche nell’esperienza del Contratto di Quartiere II a Ponte Lambro, Milano, nell’articolo Note dal campo. Rileggere il territorio attraverso lo sguardo delle comunità. di Paolo Cottino, in Territorio n°33, anno 2005. 2

L’industrializzazione che ha interessato la città nel quadrante nord ha privilegiato il quartiere di Bovisa, soprattutto per quanto riguarda l’industria chimica e il settore degli autotrasporti. A Dergano, invece, questo periodo è stato accompagnato da un’importante identificazione degli abitanti-operai con l’ideologia socialista, espressasi nel partito, nelle cooperative e in servizi collettivi, alcuni dei quali ancora oggi presenti. 3

G. Paba, Luoghi Comuni, Franco Angeli, Milano, 1998

4

Ibidem, pag.36

5

G. Perec, Specie di Spazi, Bollati Boringhieri, Torino, 1989

6

F. Cognetti, Bovisa in una goccia, Polipress, Milano, 2007

7

V.E. Parsi e E.M. Tacchi (a cura di), Quarto Oggiaro, Bovisa, Dergano. Prospettive di riqualificazione della periferia di Milano, Franco Angeli, Milano, 2003

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Appendice B: le interviste MG e C: Cos’è lo spazio pubblico? GM: E’ lo spazio dove la gente vive quotidianamente. Ad esempio, le strade di Istanbul. E’ lo spazio dell’interazione all’aperto, delle relazioni. A Milano gli spazi pubblici sono solo di passaggio. Forse gli unici sono i Navigli la sera, Brera, Piazza Duomo. AM: Lo spazio pubblico deve avere un progetto, un’idea, deve essere organizzato. Ci vogliono tanti spazi pubblici per soddisfare le esigenze di tutti. Bisognerebbe captare i cambiamenti e capire le esigenze della popolazione. Se ci fossero spazi pubblici in tutti i quartieri forse la mentalità cambierebbe e i luoghi sarebbero più riconoscibili. FB: Deve avere le caratteristiche di accessibilità, fruibilità dei servizi e piacevolezza. Deve essere utile. Un parco è utile tanto quanto una farmacia. In Bovisa non ci sono spazi pubblici. Forse la piazzetta della Triennale, la stazione Bovisa, piazza Bausan e i giardinetti di Baldinucci con al biblioteca. Una mia grande speranza è l’area dei Gasometri. G: E’ il terreno nel quale i cittadini hanno poteri decisionali sulla costruzione di qualcosa per il bene della comunità. In Bovisa non ci sono spazi pubblici, forse solo i giardini su Candiani. C’è una grande contraddizione: lo spazio c’è ma è inaccessibile perché privato e recintato. C’è

stata una petizione per trasformare l’area vicino alla stazione in parco. EL: E’ l’incontro e equilibrio fra città materiale e città sociale (definizione di Manzini). Gli urbanisti e i progettisti si interessano solo al primo aspetto ma le esigenze della società stanno emergendo e sono importanti. E’ lo spazio da vivere, della comunità, lo spazio di libertà, ma non anarchico. Ci sono regole di buon comportamento, non vincoli di legge che limitano la fruizione. Non ci devono essere logiche commerciali. E’ caratterizzato da superfici ad altezze diverse (sedute, appoggio, riparo). E’ importante il comfort termico che non è molto studiato. Il verde è fondamentale ma deve essere curato. Il verde non è l’aiuola! Lo spazio del tram a Milano non è spazio verde! E’ uno spazio di pausa urbana, aperto ma protetto, anche a livello di sensazioni. La persona si deve sentire tranquilla. Può essere una piazza, una scalinata, una pensilina… MG e C: Bovisa e Dergano sono periferia? AC: Bovisa è una zona di periferia, ci sono problemi di sicurezza la sera. Forse si vive meglio perché c’è più tranquillità, nonostante i problemi comuni, come la mancanza di parcheggio. G: Dergano non è più periferia, è una zona “cuscinetto”. C’è stata molta speculazione edilizia per quanto riguarda la residenza, 251


Appendice B: le interviste spesso non necessaria (molti appartamenti sono ancora vuoti). Il quartiere è rimasto come prima per quanto riguarda la viabilità e gli spazi e questo causa dei problemi. JP: Per me Bovisa è Milano. GIADA: Bovisa non è un quartiere periferico ma non è ancora ben definito. Ci sono tante comunità e persone diverse: l’abitante storico milanese che vive in Bovisa da tre generazioni, l’immigrato, l’artigiano, lo studente internazionale di design… Non tutti ne sono consapevoli però, è difficile conoscersi. MG e C: Perché avete scelto di venire in Bovisa? DR: Il quartiere Bovisa è sembrato quello idoneo per la delocalizzazione della Triennale perché era già stato sottoposto a processi di riqualificazione innescati dal Politecnico. Inoltre, grazie agli insediamenti di importanti istituzioni che si stavano attuando, penso all’istituto Mario Negri e a Telelombardia, il quartiere stava già diventando un polo di ricerca. AC: Sono arrivato nel 1990 nel quartiere. Prima avevo due studi in centro ed era difficile gestirli. La scelta di Bovisa è stata casuale, quando sono arrivato c’era solo un capannone del Politecnico nella Goccia. C’erano comunque i sintomi di un possibile trasferimento della Facoltà. AM: Cercavo uno spazio per la mia attività 252

e ho trovato questo. Non mi interessava molto il quartiere. Anzi, la zona è di difficile accessibilità e la viabilità è pessima. GM: Stavo cercando un loft, quando ancora a Milano questo mercato non era sviluppatissimo, e qui in Bovisa i prezzi erano più bassi che in altre parti della città. Ora molti cercano casa espressamente qui. MG e C: Il quartiere è cambiato? Quali sono i cambiamenti maggiori? GM: E’ arrivato il Politecnico, poi si è parlato di spostare qui l’Accademia di Brera. Lo sviluppo che ci si aspettava è stato in realtà rallentato. Adesso la zona dovrebbe ripartire con Expo poiché strategica fra centro e Rho fiera. AM: La Bovisa era un “paese” prima, era più bella. Il Politecnico ha dato visibilità a questa parte di città e ha riqualificato l’area. Il quartiere non è poi cambiato molto, soprattutto a livello strutturale; sono cambiate le persone. Oggi la popolazione di Bovisa è composta soprattutto da anziani e immigrati. Prima c’erano il Consiglio di quartiere, il Consiglio di Zona, la cooperativa, l’oratorio… era un sistema all’interno del quartiere. Ora tutte queste strutture si sono chiuse su se stesse e non attraggono più. La biblioteca Baldinucci funzionava bene; sembra che la vogliano trasferire. I luoghi di aggregazione sono sempre

piazza Bausan e piazza Schiavone. FB: Il quartiere è cambiato molto ma non sempre in meglio. Per quel che riguarda la socievolezza, era meglio prima, c’era un senso di famigliarità. Oggi il quartiere muore alle 18. Non ci sono luoghi di aggregazione per gli studenti. Prima i bar e i dopolavoro erano luoghi di aggregazione per gli abitanti. ET: Sono arrivata nel 2003 nel quartiere per studiare Design del prodotto al Politecnico. Le prime impressioni sono state molto negative. Il quartiere era caratterizzato da grande degrado sociale e fisico (campo rom, lamiere e cantieri interrotti, strade non ben organizzate). Poi, entrata al campus, ho cambiato subito idea. Il campus mi piace molto, sembra un campus americano in miniatura! Tutto era nuovo. Piano piano ho scoperto che il quartiere conservava un fascino anni ’50 e che c’era ancora vita di quartiere (piccole botteghe, esercizi di prossimità). Da allora è cambiato molto, ci sono più studenti e molti locali stanno aprendo. MG e C: Esiste una rete fra le realtà locali? Le istituzioni creano un legame col territorio? TIIS: DOC si propone di dare maggiore visibilità alle realtà artigianali del quartiere, alle botteghe, per far riscoprire queste attività ma anche il quartiere stesso.


Appendice B: le interviste All’inizio c’era grande entusiasmo, il network era promettente ed era positiva la coesione fra le diverse realtà. DOC si propone di attuare un intervento socio-psico-creativo sul quartiere ed è interessante. I progetti di DOC non sono sempre generali, non tutte le realtà devono partecipare a tutto. DOC non ha una sede fissa, le riunioni si svolgono nelle botteghe. Non si sente l’esigenza di un luogo perché è bello essere ospitati e accolti dai vari artigiani. Ci si conosce e il rapporto umano è bello. FB: L’istituto ha organizzato un Open Day con la Triennale e il Politecnico per farsi conoscere dalla popolazione del quartiere. Le persone si sono mostrate curiose e l’evento ha avuto successo. AC: La Garibaldina Calcio ha provato a creare collaborazioni con le scuole della zona proponendo dei corsi all’interno delle strutture scolastiche. Non c’è stato molto riscontro. E’ stata tentata una collaborazione anche con gli oratori ma non si è arrivati a niente. Queste collaborazioni potevano creare delle reti e compensare la nostra carenza di spazi coperti. AM: Il Politecnico è un’occasione ma rimane comunque un’istituzione a sé. Non c’è molta interazione col quartiere. Anche gli studenti non frequentano il quartiere, ci passano. Non c’è osmosi fra il Politecnico e il quartiere. Il Politecnico non è aperto agli abitanti, tranne che in occasioni speciali

(mostre). Gli studenti, dopo la laurea, non aprono studi in Bovisa, non restano. Forse Dergano attira di più queste iniziative. AM:Il Trinity ha collaborato con The Bag Art Factory e con realtà non della Bovisa. La struttura è pensata come un contenitore di iniziative. Le realtà culturali sono molto individualiste. Non c’è un network. MB: Gli studi di design di cui tutti parlano ma che nessuno conosce o ha visto, dovrebbero essere più visibili, non isole ma messe in rete. Potrebbe essere una realtà sperimentale aperta, la zona del design low cost per studenti.

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RINGRAZIAMENTI Il primo ringraziamento va ai miei genitori, Victor e Valeria. Fin da bambina mi avete insegnato ad essere indipendente, a prendere decisioni importanti per la mia vita e ad esserne responsabile. Ci siete sempre stati, mi avete appoggiata e sostenuto, convinti che la mia felicità e la mia voglia di imparare venissero prima di tutto. In questi anni di spostamenti e di assenza da casa so che vi sono mancata, tanto quanto voi siete mancati a me. Vi voglio bene e vi sono immensamente riconoscente. Spero che questo importante traguardo possa, almeno in parte, ripagare i vostri sforzi e sacrifici. Un ringraziamento ai miei parenti, le mie nonne Alfa, Anna e Clara che si preoccupano sempre per me e che mi riservano mille attenzioni; le mie zie Annalisa e Rossana, esempi di talento e dedizione; i miei zii Massimo, Maurizio e Mauro; i miei cugini e cugine, Chiara, Laura, Federico e Francesco, che stanno diventando grandi e intelligenti. Un pensiero ai miei nonni, che non ci sono più, Alcide e Gianni. Sono sicura che anche loro sarebbero orgogliosi di me in questo momento. Grazie alla professoressa Francesca Leder che ha seguito la nostra tesi con interesse e impegno. Ogni momento di confronto ha stimolato in noi riflessioni e approfondimenti vitali per la riuscita del lavoro. La sua stima ci ha permesso di arrivare al risultato che speravamo, portando avanti le nostre idee. Un grandissimo ringraziamento alla Giovi, compagna di tesi, coinquilina, collega di lavoro, ma soprattutto amica e confidente. In te ho trovato un’alleata preziosa, brillante e stimolante. Grazie per tutti i momenti passati a bere the, guardare programmi demenziali e soprattutto grazie per tutte le discussioni costruttive che ci hanno fatto crescere insieme. Il tuo supporto e la tua vicinanza sono stati fondamentali nei momenti più duri. Un ringraziamento speciale a Giovanni, la persona che mi è stata più vicina nel periodo di tesi, l’incontro più bello e inaspettato che ho fatto a Milano. La tua pazienza e le tue attenzioni mi hanno dato forza, le tue critiche mi hanno fatto mettere in discussione, il tuo amore mi ha fatto sentire a casa. Sei una persona meravigliosa e altruista, mi hai dato davvero tantissimo. Quando toccherà a te, io ci sarò!


Un grazie alle mie migliori amiche, le persone che ci sono sempre state, pronte ad ascoltarmi e ad appoggiare le mie decisioni, buone o cattive che fossero. Insieme abbiamo trascorso momenti indimenticabili e sono felice di avervi avute vicine negli ultimi dieci anni. Campa, Clara, Caci, Terry e Carol, cosa farei senza di voi? E poi ci sono tutte le amiche e gli amici della mia avventura universitaria ferrarese. Uscire di casa a 19 anni non è semplice; in tutti voi ho trovato una seconda famiglia. Simo, ci siamo conosciute il primo giorno e da allora non ci siamo mai separate, condividendo momenti di vita davvero tormentati e tante tante serate divertenti. Enri, che sento quasi come un fratello; l’erasmus ci ha fatto diventare amici e ci ha aperto la strada verso i nostri comuni interessi; la convivenza a Ferrara ha saldato un rapporto davvero profondo. Grazie per aver condiviso con me l’anno più difficile. Fabio: hai sempre creduto tanto in me, conoscendomi e accettando le mie debolezze come nessun altro. Andrea, il vero papà del gruppo, responsabile e sognatore; mi hai insegnato le prime ricette e mi hai aiutato nei primi progetti. Il plastico di LAP1 non l’avrei mai finito senza di te! Alice e Giulia: mi avete adottata nella casa di via del Carbone 1 standomi vicine tutti i giorni e sopportando le nottate di schiamazzi e di lavoro in salotto. Ale e Ste: stare con voi, oltre a tante risate, mi ha sempre dato stimoli e voglia di dedicarmi a cose nuove… che poi non ho mai avuto il coraggio di provare (mi ci vedete in canoa o in tuta da scherma? Ma dai…)! Marci e Michi: avete trasformato ogni momento passato in facoltà in un momento divertente e siete stati amici fedeli, pronti ad aiutarmi e anche a prendermi in giro quando ce ne era bisogno! Silvia, Fra, Agnese, Leo, Chiara, Ilenia, Carlo, Viola, Marti, Vincenzo, Jacopo, Anto, Marco, Fede e tutti quelli che qui ho sicuramente dimenticato… Un ringraziamento particolare alla mia coinquilina, Chiara, che ha vissuto per diversi mesi fra tavole sparse per il salotto e computer sempre accesi senza mai lamentarsi! Un ringraziamento, infine, al gruppo di esterni, a Ben, Lorenz, Nico, Giulia, Anna, Cate, Simo, Lara, Marta, Vale, Marti, Euge, Azzu, Marina, Michele, Bonus, Alice, Giada, Eli, Ste, Robi, Fra, Evelyn, Cristina, Fede e tutti quelli che ho avuto l’occasione di conoscere a Milano. E’ stato bello poter costruire e realizzare i progetti con tutti voi; grazie per le responsabilità, per aver creduto in me e per avermi insegnato moltissimo! In public space we trust! Cri


A mia nonna e la sua inesauribile voglia di vivere. Ringrazio le mie sorelle e mio fratello perchè se l’abbiamo scampata fino ad ora è perchè lo abbiamo fatto insieme. Ringrazio i miei genitori perchè non mi hanno mai fatto mancare il loro sostegno e hanno saputo proteggermi senza impedirmi di sbagliare. Ringrazio Francesca Leder per avermi seguito con pazienza ed entusiasmo nella ricerca, per aver creduto e sostenuto il mio lavoro, guidandomi, stimolandomi e correggendomi. Ringrazio Cristiana per essere stata la miglior compagna di avventura nell’ultimo anno, per la sua passione ostinata, la fatica e le soddisfazioni condivise insieme, per il suo parlar poco e allo stesso tempo dire tanto, per tutto il thè che abbiamo consumato Ringrazio, in ordine sparso, la Louise per esserci sempre stata anche da lontano; ringrazio la Marzia e i suoi muri di Berlino da abbattere e per quelli che nonostante la vita (per fortuna) sono sempre rimasti in piedi; Giulia per essere la schiuma dei miei giorni; Agnese che ha condiviso con me notti insonni da tesista a tempo pieno e perchè ora so come si fa un Pertini cocktail; la birra moretti; i pasti che ho saltato e le notti che ho dormito vestita; Rob Brezny per dirmi sempre come va a finire senza rovinarmi la sorpresa; James Brown e Paolo Conte; gli Almamegretta; l’inutilità della puntualità e la banalità perchè tutti i treni che ho perso me ne hanno fatti prendere altri; le vasche piene di lambrusco e le tasche piene di niente; le cose che NON si imparano giocando a Trivial Pursuit. Ringrazio Eddie Vedder, i Massimo Volume e i Massive Attack; le castagne in tasca per non far venire il raffreddore. Ringrazio la Simo e sue orecchie sempre disponibili e pazienti; la Fra e le coperte termiche del Policlinico di San Donato; Bruno e il suo giradischi, le sue tante case e il tiramisù; Fabio, il suo pianoforte e tutti i cantastorie insicuri, le maglie a collo alto e le sigarette francesi; Vincenzo e le sue cene in cucine ‘lunghe’, terribilmente scomode ma semplicemente noi; la stralunata genialità di Leo e la sua maniacale confusione; i pantaloni di velluto a costine e le sigarette senza filtro di Enri; ringrazio Elia, Vito, Anto, Jacopo e il suo fienile; Fede e i pantaloni del pigiama rossi; la dolcezza infinita di Agnes; ringrazio il Kobra ma anche un po’ Silvia Bachetti; la preziosa amicizia di Andre e le pareti colorate; caminare a piedi scalzi, ringrazio Viola; Miki e tutti gli anni che ci ricordiamo insieme; ringrazio Marci; Filo, la sua caparbietà e la sua insostituibile cuginità; l’Ale per essere


arrivata ‘in continente’, per per tutte le volte che abbiamo deciso di smettere di fumare insieme e poi non ci siamo mai riuscite, perchè ora il mio vocabolario include anche parole come ‘sciabbido’, ‘nudda’ e se al bar non servono Ichnusa mi offendo un po’ anch’io; Stè e il suo oboe, compagni di viaggio fedeli; ringrazio la Titti, l’Eli e la Mary che se non ci fossero state non ci saremmo state. Ringrazio Ferrara e l’odore dei tigli, perchè riesce a farmi contare una ad una le stelle, guidare per chilometri senza mai incontrare un semaforo, andare ovunque con la bicicletta, passeggiare con lentezza; tornare a casa a piedi; ringrazio tutte le biciclette che mi sono state rubate; la periferia e il soffritto del ragù; le occupazioni universitarie, le rivolte e gli ultimi sprazzi di idealismo rivoluzionario che mi tengono ancora in piedi con decoro; la nebbia e la pianura padana; il vodka lemon, sauer, tonic... insomma la vodka; i saluti premurosi dal balcone della zia Roby e la pizza appena sfornata; ringrazio Trenitalia, i treni regionali e l’Italia in seconda classe che ho conosciuto e che ancora mi da speranze; Internazionale per essere puntualmente un’ottima e sconcertante compagna di viaggio. Ringrazio Milano e i suoi eremiti, le sue infinite frenesie e le imprevedibili umanità; le case di ringhiera e la Casa 139; il Magnolia e il Birrificio di Lambrate; le colonne di San Lorenzo; uscire in pigiama in centro il sabato pomeriggio; la circolare destra, la circolare sinistra e i passanti, che tanto per andare i Bovisa van bene tutti. Ringrazio la mia fedele 500. Ringrazio la tavoletta grafica della Marti; i rifornimenti puntuali di Schinco e il kebab d’asporto; Chiara, coinquilina insostituibile, per avermi sopportato in casa questi mesi da tesista disperata; le lavatrici che si rompono e il soffitto che piove; ringrazio Vale per tutte le volte che ha detto “oggi forse morrò” ma poi per fortuna no...! Martina e i suoi sorrisi immensi; Gio per le consulenze urbanistiche, il sostegno morale e per non aver mai fatto mancare in casa caffè e tabacco; Simo e il suo angolo adatto per nani, ballerine, cantanti, troie, alcolizzati e illusi, gli amari del capo bevuti insieme e i guanti da lavoro verdi che ancora non gli ho restituito; ringrazio Giulia per le confidenze, gli spritz e i tanti tavoli montati e smontati assieme; Anna per avermi seguito e sostenuto nella grande avventura che è esterni; ringrazio i sopralluoghi confidenziali con Cate e la lampada di Joe Colombo; Nico per aver creduto in me e per le sue incontenibili esultanze nero-azzurre; Roby perchè sa che avere un mac significa portare avanti una battaglia giornaliera sulla superiorità nei confronti del pc; Il brodo nel brick di Lara; Stefi e i bicchieri di vino dopo le 18:30; ringrazio


Euge, Azzu e Michele; Marta ‘esse’ per essere dolcezza disarmante, entusiasmo e terribilmente rock! i Creedence Clearwater Revival e i Jefferson Airplane, Janis e Bobby Mc Gee; Bonus e i suoi dischi sul giradischi; ringrazio Lorenzo, Beniamino, ringrazio esterni. Ringrazio i Beatles; Don Letts, Tom Waits e Jim Jarmush; le volte che ripenso alle rane; i Calibro 35 per avermi fatto sentire meno freddo le notti passate in Bovisa; il saltafossi, il Caffè Borghetti, l’Amaro del Capo e il Braulio; Vinicio; Faber e la PFM; le scarpe slacciate; i tubetti di dentrificio non premuti dal basso e alle porte del bagno che non si riaprono più; ringrazio i Led Zeppelin e i Pink Floyd; ringrazio Rino e Lucio ma soprattutto, il cibo piccante.

Giovi



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ELABORATI GRAFICI Tavola 00 > MANIFESTO Tavola 01 > INQUADRAMENTO E CONTESTO Bovisa area strategica per Milano Tavola 02 > EVOLUZIONE STORICA Un’eccellenza in città, da quartiere operaio a polo universitario Tavola 03 > LO SVILUPPO DELL’AREA Le vicende di una progettazione difficile Tavola 04 > IN ATTESA Luoghi possibili per un quartiere che cambia Tavola 05 > CONFINI Una definizione fra percezione e memoria Tavola 06 > IDENTITA’ Tracce di comunità Tavola 07 > IDENTITA’ Tracce di comunità Tavola 08 > STRATEGIA Luoghi in comune e relazioni per un’identità condivisa Tavola 09 > CENTRO CULTURALE DIFFUSO Tavola 10 > ATTORI E PROCESSO Un modello per ripensare al progetto della città Tavola 11 > ANIMAZIONE DEL TERRITORIO Sperimentazione e creatività: gli strumenti temporanei Tavola 12 > UN METODO REPLICABILE La strategia per la città



ABSTRACT

PERCORSO DI TESI

LuoGhi comuni Provvisori. strateGie e ProGetti di animaZione deL territorio

una metodoLoGia muLtidisciPLinare e rePLicabiLe Prima Le Persone ParteciPavano di Più aLLa vita PoLitica e civiLe e vivevano Lo sPaZio PubbLico, iL Quartiere. c’erano tanti sPaZi PubbLici: iL Partito, La cooPerativa, La bocciofiLa. oGGi c’è un vuoto. i nuovi abitanti, GLi studenti ci devono dire di cosa hanno bisoGno Per costruire insieme una nuova identità.. bovisa è a rischio terZiario. iL ProGetto di PoLo scientifico e tecnoLoGico neLLa Goccia è QueLLo Più fattibiLe Perché ci sono Già istituZioni insediate., come La triennaLe, e iL mario neGri.

Le città occidentaLi si trovano oGGi ad uno stadio avanZato deL Processo di densificaZione deL ProPrio tessuto urbano, attuato da un Lato attraverso ProGetti di riQuaLificaZione di aree Periferiche che hanno Perso La Loro funZione oriGinaria, daLL’aLtro da PoLitiche di rivitaLiZZaZione e riGeneraZione di aree centraLi e semicentraLi. non semPre Queste trasformaZioni a scaLa urbana tenGono conto deGLi interessi e deLLe esiGenZe deLLe Persone che Già vivono GLi sPaZi, comPromettendo La vivibiLità e La coesione sociaLe deL Quartiere stesso. Processi di GentrificaZione o di sPeciaLiZZaZione di interi comParti urbani diventano criticità, che necessitano Poi di PoLitiche sociaLi e interventi di recuPero a Posteriori.

William Shakespeare

Lo sPaZio è un LuoGo Praticato Michel De Certeau

Pierluigi Cerri

Sig. Bartoli, abitante e storico locale Sig. Gelati, abitante e commerciante

Angelo, designer con studio in Bovisa

Evelyn, studentessa e abitante

Hella, Teatri in Scala, creativa

IDENTITA’

IN ATTESA Analisi storica e delle trasformazioni urbane

Analisi socio - spaziale

Le reaLtà cuLturaLi sono moLto individuaListe. non c’è un network, anche se ci sarebbero Le occasioni.

so

iu

R

La Periferia diventa città Lo sPaZio PubbLico come ossatura deLLa città La cuLtura aLLa base deLLo sviLuPPo

o

ne

ra

po m Te

La riscoPerta di una dimensione creativa Per riPensare Le PoLitiche urbane e una metodoLoGia di indaGine a Partire daLLo studio deGLi sPaZi deLLa Quotidianità Possono diventare strumenti Per invertire La tendenZa ad aLLontanare Le Persone dai LuoGhi.

L’obiettivo deLLa tesi è QueLLo di definire scenari e aZioni di intervento Per affrontare in maniera creativa ed innovativa ProbLematiche connesse aLLa vivibiLità urbana, aLL’inteGraZione sociaLe, aL recuPero di siti e aree deGradate, anche attraverso La ProGrammaZione e La ProGettaZione di interventi e eventi temPoranei che Possano avviare Processi a Più LunGo termine.

che aLtro sono Le città, se non Persone?

[.. ] iL carattere di Provvisorietà, non tanto neL suo siGnificato di riPieGo ma Piuttosto neLLa sua derivaZione Latina di Provisus, ParticiPio Passato di Providere: Provvedere a QuaLcosa che deve far fronte a un bisoGno, PreoccuParsi di dotare QueL territorio in trasformaZione di una struttura [.. ]

La riLevanZa deL cambiamento metroPoLitano individua ProPrio neLL’attenZione Per Le Pratiche di intervento destinate aGLi abitanti, così come nei comPortamenti deGLi attori PoLitici GLi strumenti Per Pensare ProGetti e scenari futuri.

La tesi si ProPone di studiare un imPortante Quartiere di miLano, bovisa, ex area industriaLe Periferica a nord-ovest deLLa città che, nonostante sia destinata a diventare PoLo scientifico e tecnoLoGico, fatica a trovare La sua identità di Quartiere.

bovisa non è un Quartiere Periferico ma non è ancora ben definito. ci sono tante comunità e Persone diverse. non tutti ne sono consaPevoLi Però, è difficiLe conoscersi.

GLi sPaZi PubbLici di bovisa, come PiaZZa bausan, sono utiLiZZati da anZiani e immiGrati. GLi studenti Li attraversano e basta. bausan è una Zona di PassaGGio, non è vissuta.

Angelo, proprietario Trinity Skate Park

REPLICABILITA’

STRATEGIA

PubbLica amministraZione iL PubbLico oGGi non ce La fa da soLo, ha bisoGno deL Privato, come Per La GaribaLdina. bisoGnerebbe PotenZiare Le associaZioni e Le reti LocaLi Già Presenti suL territorio.

ridefinizione strategie

negoziazione bisogni locali

La riQuaLificaZione di bovisa dovrebbe Passare Per L’arte, L’architettura, iL desiGn. bovisa Potrebbe essere iL Quartiere deLLa cuLtura.

strategia urbana finanziamenti

aGenZia di sviLuPPo LocaLe

sviluppo strategia locale obiettivi specifici

Lo sPaZio PubbLico e’ iL terreno neL QuaLe i cittadini hanno Poteri decisionaLi suLLa costruZione di QuaLcosa Per iL bene deLLa comunità. è Lo sPaZio dove La Gente vive Quotidianamente, Lo sPaZio deLLe reLaZioni.

Lo sPaZio PubbLico è La cerniera che tiene stretti La città e La società

bisoGnerebbe intervenire neGLi sPaZi PotenZiaLi che non venGono PercePiti come PubbLici. si Potrebbero orGaniZZare eventi temPoranei in aree ex-industriaLi Per coinvoLGere GLi abitanti

Lo sPaZio PubbLico deve avere un ProGetto, un’idea. bisoGnerebbe caPtare i cambiamenti e caPire Le esiGenZe. ci vorrebbero tanti sPaZi PubbLici in tutti i Quartieri!

Edoardo Salzano

interpretazione bisogni definizione obiettivi

comunità Adriano, dirigente Garibaldina Calcio e abitante

Giorgio, architetto

Jennifer, studentessa scozzese e abitante

Alberto, libraio de Il Libraccio

Mara, studentessa di moda

cambiamenti sociali

PROCESSO

00

MANIFESTO

PROGETTO

università deGLi studi di ferrara facoLtà di architettura «biaGio rossetti»

anno accademico 2009/2010

reLatrice: Prof.ssa francesca Leder Laureande: maria Giovanna Govoni, cristiana mattioLi

strateGie e ProGetti di animaZione deL territorio. iL caso studio deL Quartiere bovisa a miLano.

LUOGHI Provvisori



BOVISA, AREA STRATEGICA NEL SISTEMA METROPOLITANO LE INFRASTRUTTURE

BOVISA, LA RETE DELLA MOBILITA’

LE GRANDI FUNZIONI URBANE

IL SISTEMA PAESAGGISTICO SARONNO

SEVESO

MONZA MALPENSA A52

E35

RHO A51

RHO FIERA

RHO FIERA

LITA

NIGUARDA PARCO NORD

BICOCCA BOVISA

ORIO AL SERIO

A4 PORTA GARIBALDI

CENTRALE

POLITECNICO MARIO NEGRI

SAN RAFFAELE

POLITECNICO

PARCO LAMBRO MONTE STELLA

LAMBRATE CITTà STUDI

CADORNA PORTA GENOVA

BOSCO IN CITTà

STATALE

PARCO SEMPIONE PARCO DEL TRENNO

NABA

ZONA 2 STAZIONE CENTRALE, GORLA, TURRO, GRECO, CRESCENZAGO

IDROSCALO

LINATE ROGOREDO

ZONA 8 FIERA, GALLARETESE, QUARTO OGGIARO

GIARDINI MONTANELLI

IULM Villapizzone FS

A7

Bovisa FNM

AO SAN PAOLO

A1

Garibaldi FS

PARCO DELLE RISAIE

strada principale strada secondaria ferrovia

PARCO AGRICOLO SUD

M3

CADORNA CENTRO

fermata metro esistente fermata metro in progetto

ROGOREDO

OBIETTIVI E STRATEGIE DEL PGT LA CITTà VIVIBILE

LA CITTà ATTRATTIVA

*

Milano metropoli a rete fra centro e periferia

Lo sviluppo urbano in coerenza con l’assetto infrastrutturale

Progettare un riequilibrio di funzioni tra centro e periferia favorendo progetti intercomunali

Modernizzare la rete di mobilità pubblica e privata in rapporto con lo sviluppo della città, secondo una logica di rete e ottimizzando i tracciati esistenti

*

L’incentivazione della creatività e del terziario propulsivo Incentivare la presenza di lavoratori creativi e del terziario propulsivo

*

La tutela dell’identità di quartiere e degli ambiti monumentali e paesaggistici Valorizzare le identità dei quartieri tutelando gli ambiti monumentali e paesaggistici

*

LA CITTà EFFICIENTE

La permeabilità dei grandi sistemi ambientali e la connessione con i nuovi parchi urbani

Preservare e promuovere un uso efficiente degli ambiti agricoli

Connettere i sistemi ambientali esistenti a nuovi grandi parchi urbani friubili

Promuovere un parco eccellenza di una città

I GRANDI PROGETTI DI INTERESSE PUBBLICO IL RING

IL FILO ROSSO

agricolo

come

*

Il rinnovamento fisico e funzionale del territorio contaminato e dismesso

La qualità diffusa dei servizi

Completare la riqualificazione del territorio contaminato o dismesso

Diffondere servizi alla persona alla scala del quartiere (scuole, giardini, negozi di vicinato, artigianato, spazi ludici e sportivi,etc.)

*

La centralità di quartiere e la micropermeabilità del verde

*

I tempi senza pause della città

Rafforzare il sistema di verde a scala locale e di mobilità lenta basata su spazi pubblici e percorsi ciclo-pedonali

*

La sussidiarietà quale principio di relazione virtuosa pubblico-privato

Vivere la città 24/7/365 grazie ad una politica sulla temporaneità dei servizi e sull’accessibilità dei luoghi

Incentivare i servizi privati di pubblico interesse attraverso il principio della sussidiarietà

GLI AMBITI DI TRASFORMAZIONE URBANA BOVISA E FARINI L’ARCO DEI GIARDINI LOMBARDI

LA CIRCLE LINE

L’INTERQUARTIERE L’INTERQUARTIERE

BOVISA FNM VILLAPIZZONE FS

IO RAGG

CIRC

LE LI

E

VERD

NE

LA TRASFORMAZIONE DELLA CITTA’ PROPENSIONE AL RINNOVO E RIQUALIFICAZIONE DELLA CITTà PUBBLICA

LA AREE DI TRASFORMAZIONE E LE LORO VOCAZIONI LANCETTI

ING

IL R

ATU area verde di progetto

L’ARCO DEI GIARDINI LOMBARDI

area verde esistente relazione e collegamento pista ciclabile di progetto

PORTA GARIBALDI

stazione ferroviaria ferrovia strada principale esistente strada di progetto rete tramviaria di progetto

01

INQUADRAMENTO E CONTESTO BOVISA AREA STRATEGICA PER MILANO

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



LINEA DEL TEMPO LE VICENDE DI BOVISA 1879

Nascita delle Ferrovie dello Stato e costruzione della stazione Bovisa

1884

il nucleo storico

Scalo Merci Farini e inizio lavori di costruzione dell’Ospedale «Agostino Bassi»

il polo industriale

Il nucleo del quartiere storico: il quartiere operaio alla fine del 1800

il declino e la dismissione

Le industrie attive durante gli anni ‘50-’60. Accanto all’industria meccanica e chimica si sviluppa anche il settore dell’autotrasporto legato alla produzione

2002

la riconversione

In evidenza le industrie che sono sopravvissute al declino dell’intera area e che a tutt’oggi continuano la loro attività

E’ il Politecnico di Milano che comincia tra la fine degli anni ‘80 e i primi anni ‘90 questa nuova fase, insediando nell’area le Facoltà di Architettura e Ingegneria e recuperando edifici industriali dismessi

Costruzione della stazione di Villapizzone

1880-1900

1882

1894

primi del ‘900

1904

1905-1969

1907

1931

1936

1950-1963

anni ‘70

1989

primi anni ‘90

1994

1997

1999

2005

2006

Espansione industriale e definizione del nucleo del quartiere operaio

Apre la Montecatini (industria meccanica)

Apre la Ceretti & Tanfani

Aprono gli studi cinematografici dell’Armenia Films

Nasce la «Cooperativa di edificazione di Dergano»

Periodo di attività delle «Officine del Gas»

«Circolo Famigliare» di via Mercantini ed entrata in funzione dello stabilimento delle distillerie dei Fratelli Branca

I Laboratori di falegnameria della Scala arrivano in Bovisa

Apre l’Italcima (industria alimentare)

Ricostruzione post-bellica e «miracolo economico»

Vengono smantellate le industrie una ad una. Perdita d’identità del quartiere, legato alla vocazione operaia. La popolazione giovanile lascia il quartiere

La Facoltà di Architettura comincia ad utilizzare un capannone dell’ex FBM Costruzioni Meccaniche in via Lambruschini

Durante la nuova fase di riconversione si susseguono diversi progetti di recupero e riqualificazione dell’area

La Facoltà di Architettura si insedia negli ex stabilimenti della Ceretti & Tanfani in via Durando

«Stazione di testa» della linea ferroviaria Le Nord a Bovisa

nuova linea ferroviaria per l’aeroporto di Malpensa

redazione del masterplan per l’area della Bovisa sviluppato poi nel dettaglio nel 2006 da tre dipartimenti del Politecnico di Milano (Diap, Dpa, Best). Elaborazione di una proposta di Programma Integrato d’Intervento di “Parco scientifico e una città per i giovani a Bovisa”

Inaugurazione della Triennale Bovisa

1800

1900 Piano Regolatore dell’ingegnere Cesare Beruto (dettaglio della zona Castello-Sempione)

1884

anni ‘20

anni ‘30

anni ‘40

(la nuova piazza d’armi)

Piano Regolatore degli ingegneri Angelo Pavia e Giovanni Mesera. Approvato dal Ministero nel 1912

Annessione di 11 comuni al Comune di Milano

Piano dell’ingegner Cesare Albertini

1889

1910

1923

1934

Progetto Definitivo del Piano Regolatore del 1884

anni ‘50

anni ‘60

anni ‘70

anni ‘80

anni ‘90

2000

Piano di Ricostruzione

Piano Regolatore approvato il 30 maggio

Variante Generale al PRG

Documento Direttore «Progetto Passante». Individuazione delle aree di Bovisa come «ambito di progetto prioritario» Documento Direttore delle Aree dismesse e sottoutilizzate. Bovisa come «ambito di trasformazione strategica»

Varianti al PRG

1946

1953

1980

1984-1988

1953-1998

2010

PRG vigente

Adozione del PGT il 13 luglio

Approvazione del PGT in Giunta Comunale il 14 febbraio

2004

2004

2011

EVOLUZIONI URBANISICHE

SVILUPPO DELLA FERROVIA EVOLUZIONE RETE FERROVIARIA E COSTRUZIONE STAZIONI

LA CINTURA E GLI SCALI FERROVIARI

BOVISA

BOVISA

BOVISA

VILLAPIZZONE

Nuova stazione Bovisa

PORTA GARIBALDI

PORTA GARIBALDI

1800

1879

1884

2002

Fino agli anni ‘80 del XIX secolo la linea ferroviaria FS attraversava Bovisa in un’unica linea ferroviaria.

La nascita delle Ferrovie Nord Milano, avvenuta nel 1879, ha come conseguenza quasi immediata la costruzione della stazione Bovisa che assume la duplice funzione di ultima fermata milanese in direzione nord (dopo piazzale Cadorna e Bullona) e di snodo prima dello sdoppiamento fra le due linee di Milano-Saronno e Milano-Seveso.

Nel 1884, con la costruzione degli scali merci di via Farini e di Porta Romana, dello scalo di smistamento del Sempione (poi smantellato) e della Stazione Ticinese, collegati alla stazione Centrale e allo scalo di Porta Garibaldi, viene completata la rete ferroviaria che avvolge l’intera città.

Nel 1969 l’apertura della Stazione di Porta Garibaldi e nel 2002 quella di Villapizzone (progetto Passante Ferroviario). Nel 1997 la stazione di Bovisa viene rifatta sul modello dello stazione «a ponte».

Stazione Villapizzone

Vecchia stazione Bovisa delle Ferrovie Le Nord

IL NUCLEO STORICO BOVISA

IL POLO INDUSTRIALE

IL DECLINO E LA DISMISSIONE

LA RICONVERSIONE

fine 1800

1960

1980

1997 SEVE SO

STAZIONE

CENTRALE

CENTRALE

RHO

CADORNA

CADORNA

CADORNA

SEVE SO

SEVE SO

STAZIONE

CENTRALE RHO

RHO

CADORNA

NO ON

STAZIONE

CENTRALE

SAR

NNO

NNO

O SAR

O SAR

NO ON

SAR

STAZIONE RHO

SEVE SO

EVOLUZIONE E TRASFORMAZIONI DEL QUARTIERE

industrie attive

PO

RTA

VEN

EZIA

Dergano Stabilimento chimico farmacologico Carlo Erba (1892) Ospedale dei contagiosi Agostino Bassi (1884) Bovisa

I tracciati storici delle antiche vie per Como e Varese, i nuclei originari di Bovisa, Dergano, Affori, Villapizzone e Quarto Oggiaro, gli edifici rurali e le cascine che, insieme alle ville monumentali, hanno improntato il territorio agricolo.

02

Montecatini (1882) Ceretti & Tanfani (1894) - impianti di sollevamento e trasporto Officina del Gas (1906) Alcatel (anni ‘30) - apparecchi elettrici per la telefonia Italcima (1936) - produzione di cioccolato Laboratori della Scala (1931) Polo Chimico (secondo dopoguerra)

PO Edilmediolanum IVI PPG vernici Origoni Broggi - officine metallurgiche FBM - costruzioni meccaniche e caldareria Ronchi - autotrasporto AEDES Fratelli Livellara - cristalleria TENAX AEM Lavanna Sirio Ceretti & Tanfani Armenia Film - produzioni cinematografiche

EVOLUZIONE STORICA UN’ECCELLENZA IN CITTA’, DA QUARTIERE OPERAIO A POLO UNIVERSITARIO

RTA

edifici dismessi

PO

RTA

VEN

EZIA

Stabilimento chimico farmacologico Carlo Erba (1892) Ospedale dei contagiosi Agostino Bassi (1884) Montecatini (1882) Ceretti & Tanfani (1894) Officina del Gas (1906) Alcatel (anni ‘30) - apparecchi elettrici per la telefonia Italcima (1936) - produzione di cioccolato Laboratori della Scala (1931) Polo Chimico (secondo dopoguerra) Edilmediolanum IVI PPG vernici Origoni

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

Broggi - officine metallurgiche FBM - costruzioni meccaniche e caldareria Ronchi - autotrasporto AEDES Fratelli Livellara - cristalleria TENAX AEM Lavanna Sirio Ceretti & Tanfani Armenia Film - produzioni cinematografiche

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

PO

RTA

VEN

EZIA

realizzazioni in cantiere in progetto studi professionali

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

VEN

EZIA

Nuova stazione Bovisa Facoltà di ingegneria Passante ferroviario Telelombardia - Antenna 3 Facoltà di Architettura e Design Dipartimenti di Architettura e Design Sede ACI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



LINEA DEL TEMPO

REALIZZAZIONI IN BOVISA

anni ‘70

1989

1992

1994

1997

2000

2002

2006-2007

2008-2010

La Facoltà di Architettura comincia ad utilizzare un capannone dell’ex FBM in via La Masa

Viene avviata la realizzazione di un nuovo insediamento in via Durando (ex Ceretti e Tanfani)

La Facoltà di Architettura si insedia negli stabilimenti dell’ex Ceretti e Tanfani e in edifici su via Cosenz

Inaugurazione Campus di Ingegneria in via La Masa. Costruzione della nuova stazione ferroviaria di Bovisa

Apertura dell’Acceleratore di Impresa all’interno della Facoltà di Architettura

Costruzione della stazione ferroviaria di Villapizzone

Inaugurazione della Triennale Bovisa, della sede di Telelombardia, e dell’Istituto ‘‘Mario Negri’’ (operazione di Euromilano)

Allargamento della Facoltà di Ingegneria su via Lambruschini (cantiere in corso)

anni ‘80

anni ‘90

2000

2010

Piano Hazon Raddoppiamendo e decentramento del Politecnico a Gorgonzola (linea MM2)

Elaborazione del documento Proposte per un piano dell’Università in Lombardia da parte della Regione

Il sindaco Pillitteri inserisce nel proprio programma la scelta del Politecnico in Bovisa

Il Comune di Milano affida a tre Dipartimenti del Politecnico la consulenza per la redazione di una Variante per Bovisa

Il Comune di Milano affida a tre Dipartimenti del Politecnico la redazione del Piano Particolareggiato per la zona Z14

Il Ministero dispone a favore del Politecnico un contributo per l’acquisizione dell’area, la progettazione e la realizzazione

Pubblicazione del Bando di concorso internazionale per la progettazione del nuovo polo universitario

2 vincitori ex aequo del concorso: Ishimoto e Serete. Sviluppo del progetto del campus, Polo AEM e Museo del Presente

Approvazione del Decreto Ministeriale che prevede in Bovisa la Facoltà di Architettura e Ingegneria

Il Politecnico decide di insediarsi fuori dall’area degli ex Gasometri. Richiesta di offerta di immobili vicino al campus di Ingegneria

Acquisto dei complessi dell’ex Origoni e dell’ex Broggi (via La Masa e via Lambruschini) dall’immobiliare Euromilano

Il Politecnico presenta un masterplan per lo sviluppo di un Polo scientifico e tecnologico e Città dei Giovani a Bovisa

1969

1973

1987

1988

1991

1997

1997

1998

2000

2003

2004

2006

Variante al PRG per l’area dello Scalo Farini-Dogana. Si prevede la destinazione a parco urbano e area sportiva

Documento Direttore «Progetto Passante». Individuazione delle aree di Bovisa come «ambito di progetto prioritario»

Documento Direttore delle Aree dismesse e sottoutilizzate. Bovisa come «ambito di trasformazione strategica»

Variante al PRG per l’area di Bovisa

Variante al PRG per l’area di BovisaPolitecnico

Accordo di Programma fra Comune, Politecnico, Regione e AEM per l’insediamento del campus nell’area degli ex Gasometri

Il Comune di Milano redige il Progetto Generale di Bonifica per l’area degli ex Gasometri

Il Comune di Milano stipula un atto per la cessione di aree nell’area degli ex Gasometri col Politecnico

Il TAR Lombardia annulla il bando di gara per l’appalto della bonifica

Il Ministero per l’ambiente inserisce Bovisa tra i «siti di interesse nazionale»

Il Comune di Milano affida a Metropolitana Milanese SPA l’incarico per un nuovo progetto di bonifica

Revisione dei contenuti dell’Accordo di Programma. Recessione di AEM e Politecnico dagli accordi del 1997

Partecipazione al programma europeo PROSIDE. Il Comune propone Bovisa come caso studio e redige un masterplan

Protocollo di Intesa fra Comune di Milano e Politecnico per riavviare il progetto dell’intera area

Presentazione del masterplan Nuova Bovisa redatto da Rem Koolhaas per Euromilano

1980

1984

1988

1989

1990

1997

1998

2000

2001

2001

2002

2003

2004-2006

2006

2008

PIANIFICAZIONE E AVVENIMENTI CONFRONTO TRA MASTERPLAN 2004-2006 ‘‘PROSIDE’’

2006 ‘‘CITTA’ PER I GIOVANI’’

2007-2008 ‘‘NUOVA BOVISA’’

450.000 mq

SUPERFICIE AREA:

600.000 mq

SUPERFICIE AREA:

Promozione: PUBBLICO Sviluppo: PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATA Realizzazione: PRIVATO

Promozione: PUBBLICO Sviluppo: PUBBLICO Realizzazione: /

FUNZIONI PREVISTE

FUNZIONI PREVISTE

850.000 mq

SUPERFICIE AREA:

Promozione: PRIVATO Sviluppo: PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATA Realizzazione: PRIVATO FUNZIONI PREVISTE

6%6% 3%

8% 26%

32%

8%

50% 4% 3% 5%

INVESTITORE E PROMOTORE

BANDO EUROPEO ‘‘PROSIDE’’ Unione Europea 50% Fondi Europei di Sviluppo Regionale

36%

8%

14%

8%

piazza verde

12%

12%

ricettivo

12%

7%

8%

residenza

21%

12%

residenze Politecnico

residenza

terziario

mixed use

attività sportive

parco imprese, lab. high tech

hotel

parco scientifico

centro intrattenimento

Politecnico, Museo del Presente

servizi

imprese

esercizi di vicinato

commerciale

parco

produttivo

A2A

INVESTITORE E PROMOTORE

INVESTITORE E PROMOTORE

INVESTITORE E PROMOTORE

Pubblica Amministrazione 40 % fondi di rotazione ex Legge 183/87 gestiti dal Ministero delle Finanze 10 % fondi propri del Comune di Milano

UNIVERSITA’ Politecnico di Milano

PROGETTISTI

PROGETTISTI

PROGETTISTI

DIAP Dipartimento di Architettura e Pianificazione

BEST Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Ambiente Costruito

EUROMILANO S.p.a.

PROGETTISTI

(MASTERPLAN)

MASTERPLAN P.A. Settore ambiente ed Energia

P.A. Settore Piani e Programmi esecutivi per l’Edilizia

SVILUPPO DEL PROGETTO

PROPRIETARIO

Comune di Milano

INVESTITORI Privati

STAKEHOLDERS - Comune di Milano - Politecnico di Milano - AEM

INVESTITORI

BONIFICA Privati

INVESTITORI INFRASTRUTTURE E ARCHITETTURE

REALIZZAZIONE

Comune di Milano

Privati

INVESTITORI Privati

COINVOLGIMENTO DEGLI ABITANTI E DELLA COMUNITà

03

DPA Dipartimento di Progettazione dell’Architettura

PROTOCOLLO D’INTESA

EUROMILANO Real Estate Development

EUROMILANO General Contractor

PROGETTISTA

INVESTITORE

EUROMILANO Trading Immobiliare

INVESTITORE

COMUNE DI MILANO POLITECNICO DI MILANO

FASI DEL PROGETTO

LO SVILUPPO DELL’AREA LE VICENDE DI UNA PROGETTAZIONE DIFFICILE

LINEE STRATEGICHE PER UN MASTERPLAN Supporti per interventi e temi di progettazione: - piazza verde 1 C - attività sportive A

OMA Rem Koolhaas Reiner de Graaf Masterplan

- parco scientifico/città dei giovani 7 - Politecnico, Museo del Presente 6 D - fasce boscate di attraversamento 3 - fascia urbana del tram 2 - principi di infrastrutturazione 4

Privati e Società di costruzione Nuova sede Politecnico Istituto “Mario Negri” Telelombardia Triennale Bovisa

Fondazione Politecnico di Milano marketing rivolto alle imprese tecnologiche estere Imprese e aziende

ACCORDO DI PROGRAMMA

Proprietà delle aree, bonifica, infrastrutture e Politecnico di Milano. COMUNE DI MILANO POLITECNICO DI MILANO CAMERA DI COMMERCIO FERROVIE LE NORD A2A

- protezione dei margini 5 Criteri insediativi e programmazione complessiva: - griglia di progettazione urbana (50x50 mt) 8 - bordi edificati della piazza verde 9 - geografie delle localizzazioni (mixité) B

COINVOLGIMENTO DEGLI ABITANTI E DELLA COMUNITà

- interviste a campione - ricerca di sociologia urbana condotta parallelamente alla stesura del masterplan - eventi aperti al pubblico all’interno degli spazi del Politecnico

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

COINVOLGIMENTO DEGLI ABITANTI E DELLA COMUNITà

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

- interviste a campione - ricerca di sociologia urbana condotta parallelamente alla stesura del masterplan - eventi aperti al pubblico all’interno degli spazi del Politecnico

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



P.R.U. Palizzi

ex-gasometri

Base B, Conservatorio

complesso residenziale ex-Montedison

SEV

SEV

Triennale Bovisa

ESO

NO ON SAR

NO ON SAR

ESO

TRASFORMAZIONI IN ATTO

Dip. Ingegneria, MIP

Dip. Ingegneria MIP

Malpensa Express

STAZIONE

RHO

Laboratori Brera

Dip. Meccanica

CENTRALE

STAZIONE

RHO

Istituto chimico farmaceutico ‘‘Mario Negri’’

CENTRALE

Telelombardia

attrezzature sportive Politecnico Residenza Universitaria, via Baldinucci ex-Tenax

Cosenz Village L’area di cantiere del Maciachini Center

Edificio PK The Bag Art Factory Bodio Center

realizzati

CADORNA

CADORNA

in cantiere in progetto

2010

studi professionali

RTA

PO

RTA

VEN

EZIA

TEMPI DELLA TRASFORMAZIONE

ESO

NO ON SAR

spazi infrastruttura e ferrovia

SEV

NO ON SAR

area / edificio dismesso

Il Parco Franco Verga, realizzato all’interno del PRU Palizzi

VEN

EZIA

area attiva

ESO

PO

TIPI DI SPAZI

area ferma, monoutenza

SEV

2006

terrain vague / friche

area in attesa

tessuto storico, strade

area a sviluppo veloce

tessuto storico, piazze

STAZIONE

RHO

CENTRALE

area in stato di degrado

aree verdi / giardini

STAZIONE

RHO

aree verdi residuali

CENTRALE

aree di progetto

spazi monoutente Il Bodio Center

La complessità dell’analisi del quartiere passa inevitabilmente per la molteplicità dei suoi spazi. L’individuare diverse tipologie di spazi, siano essi caratterizzati dalla presenza di edifici dismessi o siano terrain vague, aree verdi attrezzate, aree di verde residuale, pone l’accento sulla diversità delle trasformazioni previste per le aree stesse.

CADORNA

CADORNA

PO

RTA

TIPI DI SPAZI

E’ necessario infatti chiarire che, se esistono trasformazioni previste da programmi di intervento e da progetti edilizi specifici, esistono anche trasformazioni che l’area subisce involontariamente nel corso del tempo o proprio a seguito di interventi che vanno a destabilizzare il tessuto esistente. Alcuni edifici dismessi, ad esempio, vertono ora in uno stato di degrado, altri invece riqualificati subiscono un’accelerazione nella loro rimessa in gioco dal punto di vista dell’utilizzo e delle nuove utenze; ci sono aree che rimangono invariate in attesa di essere ripensate e riprogettate; altre sembrano arrestarsi e ripartire ritrovando se stesse attraverso un nuovo uso o nuove comunità che vi svolgono attività quotidiane. Sono questi i tempi della trasformazione a cui è necessario dare una risposta diversificata.

PO

RTA

VEN

TEMPI DI RIUSO

EZIA

STRUMENTI

I tempi di riuso devono quindi variare a seconda del tipo di spazio e il riutilizzo deve tenere conto che alcune aree necessitano di tempi di progetto oltre che di realizzazione; altre invece possono essere riattivate fin da subito; altre ancora possono rigenerarsi per un periodo limitato alle trasformazioni future del quartiere.

VEN

EZIA

OBIETTIVI

Gli strumenti sono vari, ognuno più adatto di un’altro per raggiungere obiettivi specifici e rivolgersi a determinate utenze, di volta in volta individuate come destinatarie del progetto.

UTENTI

INTERAZIONE, SOCIALIZZAZIONE, INCLUSIONE 1 GIORNO

INSTALLAZIONE ARTISTICA

10 gIORNI

PERFORMANCE

3 MESI

EVENTO

6 MESI

WORKSHOP

12 MESI

PRATICA SOCIALE

3 ANNI

ARREDO INT / EST

5 ANNI

RECUPERO EDILIZIO

ANIMAZIONE DEL TERRITORIO

EDIFICIO DISMESSO

CREAZIONE DI RETI LOCALI

INFRASTRUTTURE

CREAZIONE DI RETI EXTRALOCALI

TESSUTO STORICO

DOTAZIONE DI SERVIZI

PARCHI E GIARDINI

VALORIZZAZIONE SPAZI APERTI

TERRAINS VAGUES

CREAZIONE DI UN SISTEMA

SPAZI MONOUTENTE

SVILUPPO SOSTENIBILE

04

IN ATTESA

LUOGHI POSSIBILI PER UN QUARTIERE CHE CAMBIA

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

ABITANTI

STUDENTI

CREATIVI / ARTISTI

ASSOCIAZIONI NO PROFIT

ARTIGIANI / COMMERCIANTI

CITTADINI / TURISTI URBANI

ISTITUZIONI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



CONFINI FISICI E VISIVI VIA

MAR TIN

CONFINI INTERVISTE

CONFINI AMMINISTRATIVI I CORPI SANTI - AFFORI LA ZONA 7 (1978-1999) (1757-1869) LUT

HER

LA ZONA 9 (DAL 1999)

IL NUCLEO DI IDENTITà LOCALE (DAL 2011-PGT)

KING

B’

Angelo Magni, Trinity Skate Park

AFFORI CENTER

SENZ

VIA CO

B AFFORI

QUARTO OGGIARO

NIGUARDA

VIA LE FER

NIGUARDA

Hella, Giada, Alessandra, Teatri in scala, scenografia

BOVISA

MI

VIA N IMBO

I FFUCC VIA MA

BOVISA

BOVISA

DERGANO

DERGANO

MONTALBINO

ATI

A’

BOVISASCA

AFFORI

BOVISASCA

C’ C

DERGANO

VILLAPIZZONE

MACIACHINI CENTER

MONTALBINO

FARINI Massimo Abiusi, ex-studente ingegneria

D’

AH CM MA

D

ON

verde residuale

VIALE JENNER

BODIO CENTER

VIA

verde attrezzato

ISOLA

ISOLA

A limite fisico e visivo esterno limite fisico e visivo interno limite fisico limite permeabile accessi carrabili al quartiere

terrain vague

Mara Boscaro, studentessa design della moda

area parcheggio

(potenziale utilizzo alternativo)

Politecnico di Milano

SEZIONE AA’

SEZIONE BB’

SEZIONE CC’

SEZIONE DD’ 8.00

8.00

7.00

6.00

Jennifer Parker, studentessa design e abitante

5.00 0.20

3.00 0.00

0.00

-1.00

7

8

0.00

0.00

10

15

35

CONFINI VISSUTI I CONFINI E IL QUARTIERE NELLA MEMORIA STORICA

I CONFINI E IL QUARTIERE OGGI

1923-1978

1989-2011

Flavio, proprietario Protoshop

Alberto Manzoni, Il Libraccio, abitante storico

AFFORI

4 4

POLITECNICO LA GOCCIA

5

LA COREA

Adriano Colombo, dirigente Garibaldina Calcio

5

11

AFFORI POLITECNICO

4

quartiere residenziale

1

barriera limite del quartiere legame/flusso

2

CARLO ERBA

2

1

3

VILLAPIZZONE

centro del quartiere

6

12

6

EL MUNGUS area omogenea

4 14 5

10

9

Evelyn Leveghi, studentessa design e abitante

2

VILLAPIZZONE

7

1

8

stazione

3 13

parrocchia

DERGANINO

luogo di aggregazione ieri

6

MILANO

oggi

MACIACHINI

MACIACHINI

Eloisa Tolu, abitante del cohousing

BRANCA

area verde limite delle parrocchie confine di Bovisa (media delle interviste)

1

piazza Castelli

8

parco Testori

1

S. Martino

2

circolo familiare - Pci - Acli

9

Politecnico

2

S. Maria del Buon Consiglio

3

trattoria Chiesa Vecchia

10

centro culturale Bovisa

3

SS. Giovanni e Paolo

4

orti dei ferrovieri

11

Politecnico

4

S. Nicola Vescovo

5

La Garibaldina calcio

5

S. Giovanni Evangelista

6

circolo “Risorgimento” - Psi

13

6

Moschea islamica

7

via Guerzoni

14 oratorio S. Nicola Vescovo

osterie e bocciofile

campus Ingegneria

OLTRE ALLA FERROVIA, IL TRIANGOLO DI FERRO INDUSTRIALE ERA DETTO “EL MUNGUS” PERCHè CI ABITAVANO POCHE FAMIGLIE. C’ERA UN PASSAGGIO A LIVELLO: LA ZONA ERA PIù ACCESSIBILE

GLI ABITANTI SI RICONOSCEVANO NELLE PARROCCHIE DI DERGANO E BOVISA. lA GOCCIA ERA CON VILLAPIZZONE. PER ME NON ERA BOVISA.

A LIVELLO STRUTTURALE IL QUARTIERE NON è CAMBIATO MOLTO; SONO CAMBIATE LE PERSONE E GLI SPAZI DI INCONTRO

(Sig. Borra, abitante della Goccia e scrittore)

(Sig. Carreri, Circolo Familiare Bovisa)

(Alberto, ex abitante storico)

campus Architettura

12 biblioteca Baldinucci oratorio

SS. Giovanni e Paolo

LA ZONA DI VIA ANDREOLI E VIA CANDIANI, OGGI UNIVERSITARIA, LA CHIAMAVAMO “COREA” PERCHè ABITATA DA GENTE POVERISSIMA, STIPATA IN LOCALI DI POCHI METRI QUADRI (Alberto, ex abitante storico)

05

CONFINI

UNA DEFINIZIONE FRA PERCEZIONE E MEMORIA

I CONFINI ERANO DEFINITI DALLE SEDI DEI PARTITI, LA GENTE CE LI AVEVA IN TESTA: IL BASSI ERA GIà MILANO, LA CARLO ERBA ERA AFFORI, LA BRANCA ERA DERGANO, L’ARMENIA ERA BOVISA. (Sig. Bartoli, medico di quartiere e storico)

IL NUCLEO DI BOVISA è ANCORA RAPPRESENTATO DAL TRIANGOLO BAUSAN-SCHIAVONE-MERCANTINI. LE PIAZZE OGGI SONO FREQUENTATE SOLO DA ANZIANI E IMMIGRATI (P. Cognetti, giovane abitante)

IL POLITECNICO HA FATTO RINASCERE IL QUARTIERE MA è UN RECINTO, AUTONOMO. CI SONO FLOTTE DI STUDENTI CHE PASSANO OGNI GIORNO MA STANNO NELLA PARTE ALTA DI BOVISA, NON FREQUENTANO IL QUARTIERE. è UN PO’ COME QUANDO C’ERANO GLI OPERAI (Sig. Carreri, Circolo Familiare Bovisa)

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

LA GOCCIA NON è BOVISA, COSA C’è DENTRO I GASOMETRI? NON LO SA NESSUNO. DERGANO è UN PO’ DIVERSO DA BOVISA, CI SONO CASE PIù BELLE

VIA IMBONATI è COMPLETAMENTE CAMBIATA E RISENTIRà DELL’INTERVENTO DEL MACIACHINI CENTER. GLI IMMIGRATI SARANNO COSTRETTI A VENDERE

(Jennifer, studentessa e abitante)

(abitante di Dergano, consigliere di zona)

OGGI RESTANO LA BIBLIOTECA E I GIARDINETTI MA SONO POCO FREQUENTATI. NON CI SONO SPAZI PUBBLICI (Sig. Cosenza, bibliotecario)

NEGLI ANNI ‘90 HANNO RIFATTO LA STAZIONE SPEZZANDO I RAPPORTI INTERNI AL QUARTIERE. oGGI LA FERROVIA è UNA VERA BARRIERA. SI PUò OLTREPASSARE SOLO A PIEDI!

IL PARCO BASSI è GRANDE MA DOVREBBE ESSERE SISTEMATO

(Sig. Taddeo, abitante anziano)

(abitante di Dergano)

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

Giulia, abitante, lavora a La Scighera

Francesca Cognetti, Politecnico di Milano

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



GEOGRAFIE D’USO

RELAZIONI FRA UTENZE si trovano ad utilizzare e condividere alcuni spazi pubblici e centralità del quartiere come Piazza Bausan e la biblioteca senza entrare in conflitto. Nonostante questo, gli immigrati si servono maggiormente degli spazi all’aperto riempiendo il vuoto lasciato dagli abitanti, che li utilizzano invece solo per determinate funzioni (giardinetti per bambini, circolo per anziani). Inoltre, gli abitanti affermano di non frequentare gli spazi pubblici proprio a causa della presenza degli immigrati

VICINANZA / DISTANZA

via Imbonati e via Imbriani, vie ad alta percorrenza e d’accesso al quartiere dall’esterno, sono quelle più interessate dal commercio locale e di dettaglio. Gli spazi commerciali a gestione extracomunitaria sono oggi preponderanti rispetto al commercio di vicinato e attorno ad essi ruotano intere comunità immigrate. La scelta localizzativa iniziale ha dato luogo a un proliferare di attività che hanno privilegiato l’insediamento di componenti dello stesso gruppo etnico

COMUNITà

insediamenti abusivi temporanei insediamenti abusivi consolidati

CONOSCENZA

le attività commerciali di vicinato, strettamente legate a bisogni locali e quotidiani, funzionano a tal punto da non richiedere un grande centro commerciale che sopperisca a carenze di consumo generico. Accanto a queste e in prossimità dei poli universitari, si è sviluppato un commercio strettamente legato alla ristorazione e al servizio di copisteria rivolto agli studenti universitari. Questi servizi settoriali non attirano l’abitante che quindi non ha nessun motivo per frequentare le vie interessate

i flussi e i percorsi prettamente studenteschi insistono sull’asse Lambruschini-Candiani, già margine del quartiere residenziale. La presenza di attività e spazi ad uso esclusivamente universitario diventa deterrente per l’utilizzo da parte degli abitanti accentuando la sensazione di limite invalicabile. Gli studenti e gli abitanti si trovano tuttavia compresenti in alcuni luoghi del quartiere, soprattutto legati alla mobilità, ma non hanno relazioni. L’eccezione, ancora esigua, è rappresentata dallo studente che decide di abitare a Bovisa e che quindi utilizza servizi locali definendo con gli abitanti contatti di tipo strumentale

DISTACCO

la presenza dell’università ha innescato un processo di insediamento commerciale settoriale legato alla pausa pranzo e a servizi complementari alle facoltà di Architettura, Design e Ingegneria (copisteria e modellismo). Il modello di ristorazione è di tipo “take away” e “fast food” e impone il consumo frettoloso e prevalentemente in strada o all’interno dell’università. La necessità quotidiana di utilizzare questi servizi ha portato a rapporti di “fedeltà” che si instaurano fra cliente-studente e commerciante-conoscente

FIDUCIA / NECESSITà

nonostante la localizzazione all’interno del quartiere di una serie di laboratori e studi professionali legati a un circuito creativo, gli abitanti non sembrano essere consapevoli della presenza di queste attività nel territorio e quindi anche delle loro potenzialità. I professionisti non creano reti di collaborazione fra loro, se non durante l’evento del Fuorisalone che ha una visibilità internazionale

INCONSAPEVOLEZZA

GLI UTENTI STANZIALI ABITANTI

IMMIGRATI

CI SONO DUE MERCATI MA IL NOSTRO è QUELLO DI VIA DE CAPITANI PERCHè BOVISA è LA ZONA INTORNO A BAUSAN (Sig. Carreri, Circolo Familiare Bovisa)

PER NOI I GASOMETRI HANNO UN VALORE STORICO, SONO IL SIMBOLO DELLA BOVISA! DEVONO ESSERE RECUPERATI (F. Pirola, abitante)

A DERGANO SI è CERCATO DI SPERIMENTARE UN’ISOLA DI SOCIALISMO, CON LE COOPERATIVE, IL PANIFICIO, LA BANDA (A. Bartoli, abitante e storico locale)

NEL 2003 VIVEVO NELLA CASA OCCUPATA “MALAMANERA”, IN UN’AREA DELLE FERROVIE LE NORD. ABBIAMO RECUPERATO MATERIALI DAGLI EDIFICI DISMESSI

IERI C’ERANO I PARTITI, LE COOPERATIVE, I DOPOLAVORO; OGGI RESTANO LA BIBLIOTECA, GLI ORATORI, IL BOCCIODROMO E LA GARIBALDINA CALCIO (Adriano, la Garibaldina Calcio)

06

IDENTITA’

TRACCE DI COMUNITA’

(Giulia, giovane abitante)

COMMERCIANTI

VADO SPESSO ALLA BIBLIOTECA IN VIA BALDINUCCI. C’è UNA SEZIONE DI 1200 LIBRI CINESI! (Zheng Mingjin, abitante di Dergano)

HO COMINCIATO A FREQUENTARE L’ASSOCIAZIONE “LA TENDA” PER IMPARARE L’ITALIANO E HO CONOSCIUTO MOLTE PERSONE DEL QUARTIERE

I NEGOZI SI CONCENTRANO INTORNO A PIAZZA BAUSAN, CHE E’ LA VERA PIAZZA DEL QUARTIERE, LA GENTE SI RITROVA ANCORA INTORNO ALLA FONTANA (commerciante di via Imbriani)

(Arhat Mushtaq Bajwa, abitante di Bovisa)

NEI WEEK END D’ESTATE, QUANDO C’è BEL TEMPO, VENIAMO QUI AL PARCO TESTORI, ANCHE DA ALTRE PARTI DI MILANO, E FACCIAMO IL BARBECUE, GIOCHIAMO, CANTIAMO.. (Diego Luis Lopez, argentino che frequenta il parco)

DA UN ANNO APRIAMO ANCHE A PRANZO. RIUSCIAMO COSì A INTERCETTARE GLI STUDENTI DI PASSAGGIO E AD ALLARGARE IL PUBBLICO

(Giulia, La Scighera)

FINO A POCHI ANNI FA C’ERA UN CAMPO ROM NELL’AREA DELL’EX MONTECATINI. GLI ABITANTI NON HANNO MAI CHIESTO LO SGOMBERO. NON CI SONO CONFLITTI CON GLI IMMIGRATI

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

(Raffaele Taddeo, pensionato e volonario de “La Tenda”)

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

IL MIO NEGOZIO è UN PO’ IL SALOTTO DI DERGANO: LE PERSONE RESTANO QUI A PARLARE TUTTA LA MATTINA!

VIA ANDREOLI E VIA CANDIANI SOLO LE VIE FREQUENTATE DA STUDENTI: QUI CI SONO SOLO BAR PER IL PRANZO E COPISTERIE! OGNI GIORNO NE APRE UNA NUOVA! (Grazia, barista)

VIA IMBONATI è UNA CASBAH! CI SONO I KEBAB EGIZIANI, I RISTORANTI CINESI, LE TRATTORIE PIEMONTESI..

(Sig. Gelati, calzolaio in piazza Dergano)

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

(Giada, ha un’attività in via Imbonati)

LUOGHI PROVVISORI



I “CITY USERS” STUDENTI

“ “

CREATIVI-PROFESSIONISTI

LA MIA VITA IN BOVISA è PURAMENTE UNIVERSITARIA, NON CONOSCO IL QUARTIERE. OLTRE ALLA FACOLTà, VADO IN COPISTERIA E A PRANZO (Mara, studentessa di Design della Moda)

GLI SPAZI PUBBLICI DEL QUARTIERE SONO L’OVALE DEL POLITECNICO, PIAZZA BAUSAN E IL MERCATO DI VIA CATONE

MOLTI STUDENTI VIVONO IN BOVISA, è UN QUARTIERE UNIVERSITARIO! LA SERA SI STA IN CASA DI AMICI O SI VA AL FERMENTO. COI COINQUILINI SI CREANO SCAMBI INTERESSANTI

(Evelyn, studentessa e abitante)

BOVISA è SERVITA BENISSIMO DAI MEZZI PUBBLICI. COL PASSANTE SEI IN CENTRO IN 5 MINUTI !

(Jennifer, studentessa straniera)

QUANDO HO INIZIATO INGEGNERIA, NON C’ERA NULLA, SOLO FABBRICHE ABBANDONATE! IL CAMBIAMENTO è STATO VELOCISSIMO! (Massimo, ex studente di ingegneria aeropaziale)

(Eloisa, ex studentessa e abitante)

“ “

LAVORATORI

LA SCELTA DI BOVISA è STATA CASUALE, CERCAVO UNO SPAZIO AMPIO E QUI I PREZZI ERANO PIù BASSI

(Giorgio Martino, architetto)

” ”

IL QUARTIERE è MORTO DOPO LE 19! GLI STUDENTI SCAPPANO DOPO LE LEZIONI. NON CI SONO LOCALI PER LA SERA A PARTE LA SCIGHERA CHE PERò è UN ARCI

I LAVORATORI DEL NOSTRO ISTITUTO USANO POCO IL QUARTIERE; C’è LA MENSA INTERNA E LA ZONA INTORNO OFFRE POCO (Fabio Brighenti, architetto del Mario Negri)

(Hella, Teatri In Scala)

SIAMO STATI ATTIRATI DALLA PRESENZA DEL POLITECNICO E DELLA TRIENNALE. BOVISA è UNA ZONA IN RIPRESA! ORA è UN QUARTIERE ALLA MODA! (P. Cancellato, Material Connexion)

LA PRIMA EDIZIONE DEL FUORISALONE IN BOVISA HA AVUTO SUCCESSO. SI è CREATA UNA RETE DI ATTIVITà CREATIVE CHE CONTINUANO A COLLABORARE

HO SCELTO DI VIVERE LUNGO LA LINEA FERROVIARIA LE NORD; è COMODO, TELELOMBARDIA è PROPRIO DI FIANCO ALLA STAZIONE!

IL QUARTIERE è MIGLIORATO MOLTO NEGLI ULTIMI ANNI; PRIMA ERA DEGRADATO E MALFAMATO. C’ERANO SPACCIATORI E PROSTITUTE!

NON CONOSCO BENE BOVISA, CI VADO A PRANZO PERCHè è VICINO AL LUOGO IN CUI LAVORO E CI SONO PIù RISTORANTI ECONOMICI (Paolo Castellini, dipendente al Bodio Center)

BOVISA è POCO RAGGIUNGIBILE E HA PROBLEMI DI VIABILITà E DI PARCHEGGIO. SENZA CONTARE I CAMION DEGLI AUTOTRASPORTATORI RIMASTI IN ZONA! (Massimo Redaelli, proprietario piccola impresa)

(Flavio, ex studente e ex abitante, ora creativo)

RELAZIONI FRA UTENZE

(Marco Sorce, lavoratore in Bovisa)

(Angelo Cortesi, designer)

L’ASSE CONSOLIDATO Area degli ex Gasometri edifici dismessi archeologia industriale

provenienti dall’esterno e pendolari, dipendono direttamente dal sistema infrastrutturale. Il quartiere per loro è un’entità non autosufficiente, un pezzo di città subordinata al centro storico. Di passaggio, non conoscono il tessuto storico e relazionale del quartiere. Il tempo che trascorrono all’interno del quartiere è legato strettamente agli orari che la loro attività prevede

Politecnico di Milano Ingegneria Gestionale bar e piazza

Livellara cristalleria fabbrica attiva

orti operai cascina di via Bovisasca

Politecnico di Milano Architettura e Design Bar e Ovale-giardini

Garibaldina Calcio campi sportivi centro di aggregazione

giardini di via Candiani giochi per bambini campi da calcio e basket

TRANSITO / SUPERFICIALITà

i loro punti di riferimento nel quartiere coincidono con le grandi istituzioni culturali presenti, Politecnico e Triennale Bovisa, entità calate nel quartiere che non stabiliscono relazioni con esso. Questi luoghi risultano piuttosto attrattori nei confronti del sistema urbano. L’offerta data da queste due funzioni è limitata nel tempo: di giorno il bacino di utenza è altissimo, la sera Bovisa sembra non offrire attività culturali e di svago, oltre a spazi di incontro

ATTRAZIONE

si individuano due tipologie di lavoratori. Una legata prettamente al passato produttivo dell’area (meccanica e trasporti), l’altra attratta da nuovi centri di innovazione scientifica e tecnologica in linea con la futura vocazione dell’area (Mario Negri, Telelombardia, Bodio Center)

SCAMBIO

ATTRAVERSAMENTO

CONVIVENZA DIFFICILE

nella costruzione di una filiera scientifico-tecnologica che vada dalla formazione alla produzione, passando per la ricerca, sono già state avviate esperienze di collaborazione e scambio fra le istituzioni presenti sul territorio. La compresenza di questi city users è visibile soprattutto nella fascia oraria della pausa pranzo

la localizzazione delle diverse facoltà del Politecnico di Milano, divise dalla ferrovia e dalla stazione Bovisa Politecnico, causa un flusso continuo di studenti dalla stazione ferroviaria ai rispettivi campus (Ingegneria-La Masa da un lato, Architettura e Design-Durando dall’altro). La stazione diventa un ostacolo per l’attraversamento della ferrovia lungo l’asse Lambruschini-Candiani. La presenza di servizi dalla parte del quartiere incentiva il passaggio solo degli studenti di Ingegneria in direzione del campus di Architettura

le attività di autotrasporto e le grandi funzioni attrattive determinano la presenza nel quartiere di un’ingente quantità di city users che diminuisce la vivibilità quotidiana del quartiere causando fastidi e conflitti legati alla mobilità e alle aree di parcheggio. Gli abitanti sono consapevoli delle trasformazioni in atto nel quartiere, considerate positive per una riqualificazione complessiva dell’area, ma non ne traggono vantaggio e non utilizzano i nuovi servizi offerti

riguardo l’area della Goccia e dei Gasometri, i city users ne riconoscono le potenzialità e ripongono su di essa aspettative di insediamento di nuove funzioni a loro destinate. Per gli abitanti quell’area è sempre stata un recinto che, cessata l’attività industriale, rimane estraneo al quartiere. Resiste però l’immagine dei Gasometri (landmark) come elemento legato alla memoria della Bovisa produttiva

Villapizzone chiesa, cascina e centro del quartiere

Villapizzone FS stazione ferroviaria passante

Triennale Bovisa MUBA bistrot

Politecnico di Milano Ingegneria mensa studentesca

Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri

Bovisa Politecnico FNM stazione ferroviaria Malpensa Express

Telelombardia Antenna 3 sede televisiva

Piazza Bausan centro del quartiere tram e negozi

biblioteca di quartiere attività

giardini di via Baldinucci giochi per bambini e campo da basket

giardini dell’ex Armenia Film giochi per bambini

ATTESA

07

IDENTITA’

TRACCE DI COMUNITA’

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



FRAMMENTARIETA’ DEGLI SPAZI

IL SISTEMA IMMATERIALE

SPAZI IN ATTESA

GEOGRAFIE D’USO

RELAZIONI ISTITUZIONALI

RELAZIONI LOCALI

STRATEGIA DI PROGETTO GLI ASSI DEL SISTEMA

ASSE CONSOLIDATO

ASSI DA SVILUPPARE

CATALIZZATORI URBANI

RELAZIONI ATTUALI

RELAZIONI POTENZIALI

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1

2

3

4

Nel territorio preso in esame sono individuati due assi: uno è quello di via Lambruschini-Candiani, interno e trasversale al quartiere; l’altro è quello individuato dal PGT come linea strategica di riconnessione tramite il sistema ambientale, tangenziale al quartiere e fondamentale per lo sviluppo futuro dell’area degli ex Gasometri. Come si è visto, il primo asse è quello consolidato, un tempo strada di connessione fra Bovisa e Villapizzone, poi limite fra il quartiere residenziale e quello produttivo, ora interessato dai maggiori flussi di studenti e city users anche a causa della riconversione e rifunzionalizzazione di edifici limitrofi a tale direttrice (Politecnico, Triennale Bovisa) e della presenza delle due stazioni ferroviarie.

Considerando l’asse strategico come direttrice già pianificata e in sviluppo, di cui attualmente è stata realizzata soltanto la parte terminale del parco del PRU Palizzi, l’attenzione è rivolta all’asse consolidato, spazio in trasformazione e luogo strategico per un intervento di ricucitura all’interno del quartiere. Attualmente via Lambruschini e, soprattutto, via Candiani sono percepite come limiti poichè esterne al quartiere residenziale, vissuto e caratterizzato da servizi di vicinato. Queste strade rispondono alla nicchia di mercato degli universitari e non offrono attrattive per gli abitanti, che non le percorrono o attraversano. La parte a nord resta, infatti, produttiva o non ben definita negli usi.

L’intervento sull’asse e sugli spazi pubblici ad esso limitrofi appare fondamentale per aprire i nuclei residenziali verso l’esterno, mettendoli in relazione con le altre parti del quartiere, l’università, gli edifici industriali riconvertiti a nuovi usi e funzioni. Gli spazi devono essere messi a sistema per poter consentire a tutti gli utenti di vivere il quartiere nel complesso, spostandosi al suo interno, scoprendo zone non conosciute perchè non di passaggio abituale. Ovviamente l’intervento dovrà occuparsi delle funzioni da assegnare a questi spazi, pensate per attirare diversi gruppi di persone e comunità.

Ci sono aree più estese del territorio che devono essere potenziate e rifunzionalizzate per poter attrarre sia gli abitanti del quartiere e le persone che lo frequentano che utenti esterni, provenienti dalla città, dal territorio o inseriti in reti globali. Queste aree, per la più parte dismesse, diventano nodi strategici per la connessione fra quartiere e aree limitrofe, fra quartiere e città. Inserire degli attrattori nelle aree produttive a ridosso dei margini del quartiere permetterebbe di dotare di nuovi servizi l’area e di creare un sistema esteso di relazioni, non limitate alla dimensione di prossimità.

Nel quartiere esistono già grandi istituzioni, arrivate negli ultimi 20 anni grazie alla disponibilità di edifici industriali da riconvertire: il Politecnico in primo luogo, la Triennale Bovisa, l’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, Telelombardia e alcuni centri terziari localizzati sui margini. Parallelamente il quartiere ha visto il diffondersi e il proliferare di associazioni e realtà creative, alcune legate al quartiere, altre attirate dai cambiamenti in atto. La diversa scala di interessi non permette a questi due sistemi di dialogare o collaborare.

La strategia messa in atto per quanto riguarda il sistema immateriale di relazioni presenti sul territorio propone la creazione, o l’inserimento, di un terzo elemento, intermedio ai primi due. Questo dovrebbe relazionarsi sia con le istituzioni che con le realtà locali, agevolare la collaborazione degli elementi interni a questi due sistemi e promuovere il dialogo e la cooperazione fra le due scale, mobilitando attori adeguati a seconda dei progetti proposti.

CENTRO CULTURALE DIFFUSO RELAZIONI FISICHE E AREE INTERESSATE

ECOMUSEO NIGUARDA

SISTEMA RELAZIONALE ATTIVATO PARCO NORD

CONSORZIO CASCINE MILANESI

PARCO TROTTER

EUROMILANO AFFORI CENTER

TRINITY SKATE PARK THE BAG ART FACTORY POLITECNICO COHOUSING POLITECNICO BASE B VILLAPIZZONE FS PARROCCHIA

BOVISA FNM TRIENNALE BVS

LA SCIGHERA

BIBLIOTECA

PUNTO ZERO

CIRCOLO BOVISA TELELOMBARDIA

POLITECNICO

CONDOMINIO SOCIALE

MADE

CIRCOLO RISORGIMENTO

ARTE E NATURA

MACIACHINI CENTER

DERGANO OFFICINE CREATIVE

TIIS

MARIO NEGRI

centro culturale

centro culturale centralità locale spazio pubblico di intervento

AGRARIA

istituzione

area trasformata dal progetto

realtà culturale locale

area di influenza

relazione di progetto

area esistente interessata intervento sul percorso

relazione istituzionale relazione locale

MILANO FILM FESTIVAL

BODIO CENTER

CIRCUITO CINEMA CITTADINI

CENTRI CULTURALI CITTADINI

promozione progetto

relazione primaria

collaborazioni/ relazioni esterne

relazione secondaria

08

LA TENDA

STRATEGIA LUOGHI IN COMUNE E RELAZIONI PER UN’IDENTITA’ CONDIVISA

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

ESPERIENZE EUROPEE

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



LINEA DEL TEMPO

BUONE PRATICHE KULTURBRAUEREI, BERLINO Un distretto culturale, terziario e turistico in un ex birrificio a sostegno della gentrificazione

SPERIMENTAZIONE

2011

creazione Campus Off creazione rete immateriale interventi negli spazi pubblici restauro ex Ronchi

TERRITORIALIZZAZIONE

2016

apertura Il Fabbricone consolidamento attività Agenzia di Sviluppo Locale apertura Il Dopolavoro

CONSOLIDAMENTO

2021

ampliamento sistema restauro edificio A2A integrazione progetto Goccia nuove attività

DOVE: Prenzlauer Berg, Berlino, Germania ANNO DI APERTURA: 1999 DIMENSIONI: 25.000 mq PROPRIETA’: TLG KulturBrauerei GmbH&Co. KG, un’impresa del TLG Immobilien GmbH PROMOTORI: TLG KulturBrauerei GmbH&Co. KG GESTIONE: TLG KulturBrauerei GmbH&Co. KG FINANZIATORI/SPONSOR: Land di Berlino, Senatsverwaltung fur Wissenschaft, Forschung und Kultur

INTEGRAZIONE

2026

integrazione pianificazione relazioni extraquartiere consolidamento centri autonomia ASL

2031

Si colloca nel quartiere di Prenzlauer Berg, oggetto negli ultimi anni di un processo di riqualificazione. Attraverso grandi e piccoli eventi, il centro ha sostenuto la gentrification del quartiere e ne ha spinto la riscoperta dal punto di vista turistico rendendolo uno dei luoghi più rinomati per la vita culturale di Berlino. L’ex birrificio evidenzia la possibilità di costruire lo sviluppo e la riqualificazione di un quartiere a partire dalla promozione culturale e dall’attrazione turistica, attraverso il presidio del territorio e la fruizione collettiva di uno spazio che appartiene alla memoria storica della città. Le attività del centro culturale si rivolgono sia ai residenti del quartiere che ai turisti.

cHOCOLATE FACTORY, LONDRA

IL CENTRO DIFFUSO LUOGO COMUNE 1: IL FABBRICONE

Un’Agenzia di Sviluppo recupera spazi all’industria creativa come volano di rigenerazione urbana in un’ex fabbrica di cioccolato

LUOGO COMUNE 2: CAMPUS OFF ECOMUSEO NIGUARDA 8

THE BAG ART FACTORY

7 POLITECNICO

POLITECNICO LA SCIGHERA

TRIENNALE BOVISA

5

4 DERGANO OFFICINE CREATIVE

PUNTO ZERO PARROCCHIA VILLAPIZZONE

TRIENNALE BOVISA

3

THE BAG ART FACTORY

POLITECNICO

5

L’ex fabbrica di cioccolato della Barratts Confectionery di Clarendon Road si colloca nel quartiere di Haringey/Wood Green, in una zona degradata a nord di Londra ed è stata dismessa negli anni ’90. Il riutilizzo si inserisce nell’ambito degli investimenti sostenuti dalla London Development Agency (LDA) per la trasformazione della zona di Harringey/Wood Green in distretto culturale. La Chocolate Factory oggi è uno dei più noti e rilevanti esperimenti di realizzazione di un hub creativo del nord Europa. Una volta all’anno l’evento “Open Studios” offre l’occasione alla cittadinanza di due giornate di totale apertura della Chocolate Factory, per entrare in contatto con gli artisti, acquistare i prodotti, visitare gli atelier e osservare il lavoro artigianale, e indirettamente contribuisce a rivitalizzare questo pezzo di città.

4

LA SCIGHERA

6

1

DOVE: Haringey/Wood Green, Londra, UK ANNO DI APERTURA: 1997 DIMENSIONI: 10.000 mq PROPRIETA’: Workspace Group PROMOTORI: Assessorato per l’Arte del distretto di Haringey GESTIONE: Haringey Arts Council (oggi Collage Arts), agenzia no profit locale per la promozione dell’arte e dell’industria FINANZIATORI/SPONSOR: London Development Agency (LDA)

1

2

CIRCOLO BOVISA

UFA FABRIK, BERLINO

3

Ricerca ambientale e integrazione sociale in un ex Film Copy Center, per rendere i cittadini parte integrante dello sviluppo urbano

2

CENTRI CULTURALI CITTADINI ESPERIENZE EUROPEE

DOVE: quartiere Lichterfelde, Berlino, Germania ANNO DI APERTURA: 1979 DIMENSIONI: 18.000 mq PROPRIETA’: Comune di Berlino PROMOTORI: Kurfurstenstrasse (gruppo di attivisti) e un gruppo di abitanti della zona GESTIONE: associazioni e cooperative locali e abitanti del quartiere (160 lavoratori) FINANZIATORI/SPONSOR: Ministero per la Solidarietà Sociale, Ministero per l’ambiente, Municipalità di Berlino

9

socializzazione I animazione I promozione I riscoperta I spazio pubblico I coinvolgimento I reti immateriali I aggregazione I riqualificazione I incontro I comunità eterogee I sviluppo territoriale I polifunzionalità I

Il centro comincia la sua attività in spazi pubblici esistenti o potenziali adiacenti all’ex Ronchi (6), scelta come sede, (2-4-5), per poi allargarsi verso i margini del quartiere (7-8-9). All’interno del tessuto consolidato residenziale, il centro organizza eventi socializzanti (3), necessari alla costruzione della rete.

riuso temporaneo I studenti-abitanti I università aperta I incontro I servizi I progetto partecipato I spazio pubblico I diversificazione I autogestione I integrazione I sistema I identità I sperimentazione I

Dopo un primo evento di presentazione del progetto negli spazi pubblici dell’Università (1), che si aprono verso il quartiere, e un’installazione artistica sullo scheletro dell’edificio (2), un workshop di progettazione e costruzione realizza una piazza pubblica con un’area relax e gioco, una piccola piscina (3). Una parata coinvolge tutta la popolazione e collega fisicamente l’area a Piazza Bausan, cuore di Bovisa (4). Infine, la proposta di riqualificazione delle strade studentesche (5) durante la realizzazione del progetto definitivo «Bovisa Tech».

L’UFA-Film Copy Center, spazio per la registrazione di pellicole cinematografiche, viene dismesso nel 1979 e un gruppo di giovani attivisti (Kurfurstenstrasse), insieme ad un gruppo di abitanti della zona, si stabilisce negli edifici mettendo in piedi un progetto di recupero degli spazi e di cooperazione con le attività presenti nel quartiere. Attraverso un lavoro intenso di dialogo con la Pubblica Amministrazione ottengono il permesso del Senato di Berlino di restare negli spazi dell’UFA-Film a costi di affitto contenuti in cambio di un’offerta continua di attività rivolte al quartiere. Nasce come Centro Internazionale per la cultura e l’ecologia e contemporaneamente come centro culturale per il quartiere con una particolare attenzione nei confronti del contesto locale e delle sue trasformazioni. L’idea è di connettere l’ecologia alla cultura della comunità, allo sviluppo economico della società, rendendo i cittadini parte integrante dello sviluppo urbano.

ROG, LUBIANA Uso temporaneo di un’ex fabbrica di biciclette per rigenerare gli spazi pubblici della città

DOVE: Trubarjeva, Lubiana, Slovenia ANNO DI APERTURA: 2006 DIMENSIONI: 7.000 mq PROPRIETA’: impresa MOL PROMOTORI: associazione Tovàrna Rog GESTIONE: associazione Tovàrna Rog FINANZIATORI/SPONSOR: pubblici e privati

LUOGO COMUNE 3: IL DOPOLAVORO CASCINA PARCO CUCCAGNA TROTTER

LUOGO COMUNE 4: IL POSTO PARCO NORD 3

POLITECNICO

TRIENNALE BOVISA

COHOUSING

1 2

8

POLITECNICO

7

CASA DEL QUARTIERE, TORINO

4

4

TRIENNALE BOVISA VILLAPIZZONE FS

3 7

MADE

6

ARTE E NATURA

5 2

5

POLITECNICO

BOVISA FNM CONDOMINIO SOCIALE

EUROMILANO

1

EUROMILANO

La fabbrica, che era di proprietà della Città di Lubiana, dopo la sua dismissione, viene venduta all’impresa MOL che la lascia vuota in attesa di una destinazione futura. Nel marzo del 2006 la fabbrica viene occupata da un gruppo di giovani (associazione Tovàrna Rog) con la finalità di aprire il centro ad attività culturali in attesa che il Comune e il proprietario (MOL) decidano cosa fare della struttura. Il processo di utilizzo temporaneo del Rog ha come obiettivo quello di formare una piattaforma di produzione, uno spazio pubblico dove portare avanti attività no profit e, attraverso questa iniziativa, contribuire alla qualità di arte, cultura, e azioni sociali a Lubiana. Come parte integrante della costituzione di uno spazio pubblico, l’intento è di coinvolgere la comunità locale nella gestione degli spazi, incoraggiare l’utilizzo dei nuovi media (Internet), creare una radio e una televisione locale, ma soprattutto occupare spazi vuoti della città come contenitori di creatività per lo sviluppo locale. Tovàrna Rog propone di incrementare la rete locale, creando collegamenti all’interno delle reti transnazionali.

Esperimenti di convivenza sostenibile. La Casa del Quartiere a Torino negli ex-bagni pubblici della città

6 DOVE: quartiere San Salvario, Torino, Italia

LA SCIGHERA

ANNO DI APERTURA: 2004 DIMENSIONI: 1.100 mq

BOVISA VERDE

TELELOMBARDIA MARIO NEGRI

MARIO NEGRI

PROPRIETA’: Comune di Torino

TIIS

PROMOTORI: Cicsene – Agenzia per lo Sviluppo Locale di San Salvario, Comitato di Progetto GESTIONE: abitanti, associazioni e comitati di quartiere FINANZIATORI/SPONSOR: Fondazione Vodafone, Comune di Torino

AGRARIA MILANO FILM FESTIVAL

ecologia I sostenibilità I reti specializzate I collaborazione I pratiche agricole I memoria locale I bonifica naturale I artigianato I educazione I valorizzazione I innovazione I qualità I ruralità I

Il centro sistema gli orti esistenti e si occupa della loro promozione all’interno di rete urbane (1), dell’organizzazione e gestione di un mercato agricolo, prima nella corte della cascina (2), poi nell’area dismessa delle Ferrovie Nord (3). L’area ospita anche le prime strutture del centro, nelle quali svolgere attività didattiche, workshop e eventi. Il centro propone e segue l’operazione di fitodepurazione dell’area limitrofa alla ferrovia, permettendone un uso temporaneo a parco (4). Seguono: il trasferimento del centro all’interno della fabbrica Livellara (5), il potenziamento dell’attività artigianale (6) e la creazione di un collegamento pedonale (7).

CINEMA CITTADINI

cinema I attrattore I rivitalizzazione I collegamenti interquartiere I sistema extralocale I spazio aperto I integrazione I archeologia industriale I infrastrutture I sistema istituzionale I marginalità I specificità I

La programmazione del centro inizia prima della sua inaugurazione, con proiezioni pubbliche all’aperto, negli spazi pubblici dei quartieri, parco Testori (2), giardini dell’Armenia Film (3), Triennale Bovisa (4) e in spazi coperti, come l’auditorium del Mario Negri (6). Il centro si allarga agli spazi aperti vicini, riqualificandoli e facendoli diventare aree di incontro e aggregazione, oltre che accessi: via Lambruschini (1), la stazione Villapizzone (5), Villapizzone (8) che viene ricollegato all’area Bovisa-Dergano.

La Casa del Quartiere è uno spazio dedicato ad attività sociali, culturali e di animazione, rivolto agli abitanti. Offre cultura, formazione e servizi a portata di mano, per tutti gli abitanti di San Salvario. La Casa del Quartiere è nata per rispondere a una delle principali necessità espresse dalle associazioni e dai cittadini di San Salvario ossia la mancanza di adeguati spazi per attività socio-culturali e di animazione. E’ un laboratorio per la progettazione e la realizzazione di attività sociali e culturali, che opera attraverso le relazioni tra i soggetti del quartiere (associazioni, cittadini italiani e stranieri, commercianti e artigiani). “San Salvario non è mai stato oggetto di un progetto complessivo, in grado di pianificare il cambiamento. Ciò che è successo è opera delle persone. E se ha prodotto risultati è perché c’è stato un processo di trasformazione dal basso che marginalmente ha trovato supporto nelle istituzioni.” (R. Arnaudo)

EL FARO D’ORIENTE, CITTà DEL MESSICO Riuso di una struttura rimasta incompiuta come occasione di sviluppo locale e coinvolgimento degli abitanti

DOVE: Iztapalapa, Città del Messico, Messico ANNO DI APERTURA: 2000 DIMENSIONI: / PROPRIETA’: Municipalità di Città del Messico PROMOTORI: Dipartimento della Cultura del Governo dI Città del Messico GESTIONE: Istituzione pubblica FINANZIATORI/SPONSOR: Dipartimento della Cultura del Governo dI Città del Messico

In seguito all’intervento del Dipartimento della Cultura di Città del Messico, El Faro è stato recuperato come centro culturale per il quartiere con l’obiettivo principale di dare un’offerta seria di promozione culturale e formazione di discipline artistiche e artigianali. Il progetto culturale è diventato, nel caso de El Faro, un dispositivo per dare centralità all’area marginale; contemporaneamente ha permesso agli abitanti di Iztapalapa di esprimersi in modo artistico, dando loro l’opportunità di apprendere mestieri, di formarsi e di inserirsi in circuiti artigianali, artistici e culturali. Per coinvolgere la popolazione il Dipartimento ha proposto il progetto di un murales, coordinato dal gruppo Neza Arte Nel, che percorre l’intero perimetro dell’edificio. La realizzazione del murales ha inaugurato l’uso dello spazio che, in breve tempo, è diventato un luogo di incontro e di produzione creativa, istituzionalizzato e replicato in altre zone della città.

09

CENTRO CULTURALE DIFFUSO

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



PROCESSI REALIZZATI A MILANO

PROCESSO PROPOSTO DAL PROGETTO

BUONE PRATICHE

ZONA TORTONA/SAVONA

SAINT MICHEL, MONTRéAL

CITTADINI

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

PRIVATO

CITTADINI

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

PRIVATO

ISTITUZIONI

PROPRIETARIO

ANNI ‘80-’90

vendita della proprietà

INVESTITORE CREATIVO

INVESTITORE CREATIVO

COMUNE DI MILANO

INVESTITORE CREATIVO

concessioni, permessi, patrocinii

acquisto della proprietà

costi di gestione

PROPRIETARIO

FONDAZIONE BANCARIA ISTITUZIONI SUL TERRITORIO

ABITANTI

ANNI ‘90-2000

investimento privato (affitto)

UTENTI

l’intensificazione della domanda dovuta alla riqualificazione dell’area da parte dei creativi, ha rivalutato complessivamente gli immobili, che hanno registrato aumenti dei prezzi di vendita del 16%

UTENTI

UTENTI

INVESTITORE SPECULATIVO

PROPRIETARIO AGENZIA DI SVILUPPO LOCALE

vendita della proprietà

costi di gestione e realizzazione

PROGETTO DI RIUSO

creativi e professionisti vengono attirati a cercare la propria residenza/studio nella zona diventando quindi nuovi abitanti e esprimendo una nuova domanda di servizi

INVESTITORI NEWCOMER

INVESTITORI NEWCOMER

UTENTI

UTENTI

ABITANTI COMMITTENTI

La cultura nella riqualificazione fisica e sociale di un quartiere periferico: pubblico insieme a mediatore privato

2006-2010

ARTISTA

COMUNE DI MILANO

investimento privato (affitto)

costi di gestione e realizzazione

PROFESSIONISTI

ASSOCIAZIONI

sponsorizzazioni e collaborazioni

REALTà ARTISTICHE

UTENTI COMMITTENTI costi di gestione e organizzazione

LA FABBRICA DEL VAPORE PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

VIA ARQUATA, TORINO

investimenti privati (affitto)

Dieci anni di politiche omeopatiche in un quartiere periferico in crisi a fianco di grandi progetti urbani: gli abitanti promotori della riqualificazione

PRIVATO

PROPRIETARIO

COMUNE DI MILANO

vendita della proprietà DOVE: via Arquata, Torino ANNO DI APERTURA: dal 1994 PROPRIETA’: Comune di Torino PROMOTORI: abitanti, Avventura Urbana, Progetto Periferie GESTIONE: Agenzia di Sviluppo Locale, terzo settore FINANZIATORI/SPONSOR: Comune di Torino e Regione Piemonte, Contratto di Quartiere

1985

investimento privato (affitto)

investimenti privati eccezionali

VIVIBILITà URBANA

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

costi di gestione e realizzazione bando di assegnazione

UTENTI

2000

UNIVERSITà BOCCONI

UTENTI

2001-2004 2007-2010

ridefinizione strategie

UTENTI

negoziazione bisogni locali

LABORATORIO FABBRICA DEL VAPORE

ABITANTI analisi assetto e costi gestionali

gli abitanti della zona non sono stati coinvolti nel processo, il quale sta avendo ricadute sul territorio solo recentemente con la riqualificazione della zona di via Paolo Sarpi e l’apertura di The Hub, spazio di coworking. Gli interventi sono orientati a una gentrificatione dell’area legata all’aumento di attrattività e desiderabilità (Paolo Sarpi è l’asse della Chinatown milanese).

PROGETTO DI RIUSO

strategia urbana finanziamenti

COMUNE DI MILANO

ANNI ‘90

interpretazione bisogni definizione obiettivi

INCLUSIONE SOCIALE

SOSTENIBILITà AMBIENTALE

ISTRUZIONE AGGREGAZIONE SOCIALE CULTURA

PRIVATO

acquisto edificio

ARTIGIANI

Via Arquata è composta da otto isolati circondati dalle infrastrutture nel centro di Torino; un quartiere popolare e degradato che spinge gli abitanti a farsi promotori della riqualificazione fisica e sociale organizzandosi in comitati e portando petizioni al Comune. Il gruppo di giovani architetti «Avventura Urbana» accompagna e sostiene il capitale sociale locale con azioni di accompagnamento e tavoli di confronto fra abitanti, tecnici comunali e terzo settore. L’Agenzia di Sviluppo Locale nata nel 2000 è la prima azione pubblica attuata nell’area, premiata da uno dei primi Contratti di Quartiere. In via Arquata si evidenzia «il gioco fra gli attori» coinvolti nel processo di rigenerazione: una salda rete giuridica e un intervento soft dell’amministrazione, attore al pari degli altri. Questa politica «dal basso» è legata a una situazione di emergenza e lontana dalle politiche strategiche per la città: Spina 1, a fianco di via Arquata, non entra in contatto con questa. Quale futuro dopo 10 anni di politiche con la «p minuscola»? Forse un approccio ecomuseale che possa preservare il patrimonio collettivo della comunità.

Attivare e recepire una domanda d’arte, di qualità della vita, di integrazione sociale rendendo possibile una partecipazione diretta dei cittadinicommittenti alla concezione dell’intervento artistico. L’esperienza di riqualificazione del quartiere Mirafiori a Torino

ASL

COMUNITà PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

BENESSERE ECONOMICO OCCUPAZIONE

cambiamenti sociali

PROPRIETARIO progetti e collaborazioni

DOVE: diverse città italiane ANNO DI APERTURA: dal 2001 PROPRIETA’: varie PROMOTORI: Fondazione Adriano Olivetti GESTIONE: mediatori culturali FINANZIATORI/SPONSOR: pubblici e privati

Il programma Nuovi Committenti individua nella ricerca artistica la possibilità di agire come fattore di cambiamento sociale, promuovendo il coinvolgimento dei cittadini nella committenza e realizzazione di progetti d’arte contemporanea che rispondano a una domanda concreta, pensati per essere installati nei luoghi di vita e di lavoro dei committenti concorrendo al processo di riqualificazione degli spazi. Nuovi committenti si articola sull’interazione tra tre figure: il cittadino-committente, il mediatore culturale, che interpreta l’esigenza della committenza, e l’artista chiamato a progettare e poi a realizzare l’opera. All’interno del programma, l’artista viene invitato dal mediatore a confrontarsi e cooperare con una comunità che è al tempo stesso la prima destinataria e il motore di ciascun progetto, partecipando attivamente alla sua ideazione. Il programma, promosso dalla Fondazione Adriano Olivetti dal 2001, ha visto l’applicazione in diverse città italiane tra cui Torino, in particolare nel quartiere di Mirafiori Nord dove, grazie alla mediazione dell’associazione «a.titolo», sono state realizzate quattro opere: il Laboratorio di Storia e di storie, uno spazio didattico aperto alle scuole progettato da Massimo Bartolini in una piccola cappella barocca; Totipotent Architecture, la scultura abitabile di Lucy Orta di fronte a un liceo; Multiplayer, il campo da gioco di Stefano Arienti in un nuovo parco e l’Aiuola Transatlantico di Claudia Losi tra le case di un complesso di edilizia pubblica. Ognuna di queste opere-luoghi è il risultato di un articolato processo che, a partire da un desiderio, si è sviluppato attraverso immaginari e prassi condivise.

rapporti e relazioni

PROGETTO DI RIUSO (STECCA)

strumenti legali e amministrativi finanziamenti pubblici

proposta masterplan

ARTISTI

ASSOCIAZIONI

ASSOCIAZIONI

perequazione aree private

proposta centro ricorsi e proteste

finanziamenti privati

HINES IMMOBILIARE PROGETTO CITTà DELLA MODA

costi di realizzazione e di gestione

FONDAZIONE CATELLA

promotore

installazioni site specific

ARTISTI

PROGETTO DI RIUSO TEMPORANEO

COMITATI

2007-2010

ABITANTI

promotore iniziativa

FONDAZIONE CITTà DELLA MODA

bando per il distretto creativo

PROVINCIA DI MILANO

AGENZIA DI SVILUPPO LOCALE: pensata come esternalizzazione della Pubblica Amministrazione locale di funzioni attinenti allo sviluppo economicoterritoriale, ossia strutture dedicate alla promozione e alla gestione di progetti di sviluppo locale generate dal Comune. E’ in grado di gestire progetti a livello locale e di elaborare strategie integrate a livello urbano e metropolitano. Potenzia il capitale sociale locale favorendo il partenariato pubblico-privato ARTISTA: è chiamato a progettare e poi a realizzare l’opera. L’artista viene invitato dal mediatore a confrontarsi e cooperare con una comunità che è al tempo stesso la prima destinataria e il motore di ciascun progetto, partecipando attivamente alla sua ideazione

INVESTITORI ISOLA ART CENTER

eventi

MEDIATORI A MILANO

PROPRIETARIO PROPRIETARIO PROPRIETARIO

vendita aree private

sgombero e demolizione

CANTIERI ISOLA

2000-2007

DESIDERABILITà ATTRATTIVITà

NUOVI COMMITTENTI

LA CITTà DELLA MODA E L’INCUBATORE PER L’ARTE

PROGETTO DI INCUBATORE PER LE ARTI

FONDAZIONE BANCARIA: il suo ruolo è di catalizzatore. La Fondazione coordina il programma e garantisce il dialogo tra soggetti coinvolti attraverso la stesura di contratti che scandiscono i rapporti formali tra i committenti, gli artisti e i mediatori, e coadiuva questi ultimi nel rapporto con le amministrazioni locali

UN MODELLO PER RIPENSARE AL PROGETTO DELLA CITTA’

ASSOCIAZIONE DI QUARTIERE: sono quelle realtà locali che sviluppano il progetto, utilizzano e gestiscono le strutture nello spazio in cui avviene il processo di riuso temporaneo. Sono gli utenti del processo e promotori di cultura. Riescono, attraverso la loro composizione e il legame col territorio, a mantenere e stimolare le relazioni a sostegno dell’identità

PROFESSIONISTI E SINGOLI: sono quelle persone singole o gruppi che sviluppano il progetto, utilizzano e gestiscono le strutture nello spazio in cui avviene il processo di riuso temporaneo

MEDIATORE: chiamato a fare da tramite tra le istanze della committenza e

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: è indispensabile per la pianificazione strategica

quelle della produzione. Individua l’artista, lo presenta ai committenti, di cui deve sapere interpretare le proiezioni e le necessità, fa da tramite con l’amministrazione locale. Accanto a competenze teoriche gli è richiesto il saper fare, una buona dose di concretezza e di praticità, oltre alla capacità di posizionarsi al fianco del gruppo di cittadini, dell’associazione di quartiere, dell’individuo che commissiona l’opera, di comprenderne intimamente le ragioni e facilitare il dialogo con l’artista stato di disuso temporaneo. Può essere un soggetto privato o uno pubblico o può coincidere con la stessa Pubblica Amministrazione

ATTORI E PROCESSO

ABITANTI: partecipano attivamente alla riqualificazione urbana del loro quartiere diventando i committenti principali del progetto. Il modello permette ai cittadini di commissionare un progetto, un’opera d’arte, uno spazio pubblico che risponda alla loro volontà di riflessione, auto-rappresentazione, identificazione con l’ambiente

ISTITUZIONI: sono le istituzioni pubbliche o private, di varia natura, presenti sul territorio e con le quali l’Agenzia di Sviluppo collabora per progetti specifici di loro interesse o per l’intero processo. La Fondazione fa da garante nel corso di queste relazioni istituzionali. Le istituzioni possono sponsorizzare un progetto

PROPRIETARIO: è il proprietario di beni immobili o di aree che si trovano in uno

10

IDENTITà SOCIALE

AGENZIA DI SVILUPPO LOCALE

costi di gestione e realizzazione

sviluppo strategia locale obiettivi specifici

CITTADINI

DOVE: La Duchère, Lione, Francia ANNO DI APERTURA: dal 2003 PROPRIETA’: Le Grand Lyon PROMOTORI: Politique de la Ville et de l’Habitat, Culture e Patrimoine (Le Grand Lyon) GESTIONE: «Là Hors de» e terzo settore, FINANZIATORI/SPONSOR: Ville de Lyon, Région Rhone-Alpes, Etat, Départment du Rhone, Caisse des Dépots

La Duchère è un quartiere periferico di Lione che necessita di interventi di riqualificazione sia dell’edificato che dello spazio pubblico. La pubblica amministrazione decide di porre la cultura alla base del processo, proponendo diversi progetti destinati ai residenti. In particolare, il Comune di Lione affida l’accompagnamento sociale alla trasformazione ad un’associazione artistica e culturale cittadina, Là Hors De, che interviene sugli edifici, negli spazi di aggregazione e organizza eventi e incontri per favorire e incrementare la socializzazione e comprendere i disagi degli abitanti, che vengono interpretati dagli artisti in residenza. Una programmazione intensa e continuativa contribuisce ad inserire il quartiere all’interno dei circuiti artistici cittadini e a modificare l’immagine di La Duchère.

PROGETTO DI RIUSO

CITTADINI

Il quartiere Saint Michel si trova nella parte nord-occidentale della città; con un’alta percentuale di popolazione immigrata, il territorio è penalizzato dalla presenza di una grande discarica e fisicamente degradato. La municipalità cittadina si fa promotore del processo di riqualificazione e invita il Cirque du Soleil, importante presenza culturale della città, a costruire nel quartiere la sua nuova sede. L’istituzione privata crea un distretto circense di eccellenza e costruisce un edificio bioclimatico, denominato TOHU, che ospita la sua attività artistica e progetti destinati a un pubblico locale. La riqualificazione fisica, che prevede un parco e attrezzature sportive, si accompagna al rinnovamento sociale dell’area, attraverso la sensibilizzazione culturale e ambientale dei residenti.

cessione aree in comodato d’uso

costi di gestione e realizzazione

costi di gestione e realizzazione

DOVE: Saint Michel, Montréal, Canada ANNO DI APERTURA: dal 1997 PROPRIETA’: Cirque du Soleil, Comune di Montréal PROMOTORI: Cirque du Soleil, Comune di Montréal GESTIONE: Cirque du Soleil, staff del TOHU FINANZIATORI/SPONSOR: Cirque du Soleil, Provincia del Québec, Comune di Montréal, investitori privati

LA DUCHèRE, LIONE

MEDIATORE costi di gestione

NUOVI ABITANTI

Un distretto circense per la riqualificazione di un quartiere socialmente e fisicamente problematico

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

dell’intera area metropolitana, urbana e locale e il coordinamento degli obiettivi. Altresì indispensabile per l’ottenimento dei permessi di attività e finanziamenti spesso necessari per la messa in sicurezza delle aree d’intervento

REALTà ARTISTICHE E CREATIVE: sono quelle persone singole o gruppi che sviluppano il progetto, utilizzano e gestiscono le strutture nello spazio in cui avviene il processo di riuso temporaneo. Sono gli utenti del processo e allo stesso tempo promotori di cultura attraverso la creatività

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

esterni è un’associazione culturale no profit fondata nel 1995 con lo scopo di valorizzare lo spazio pubblico: la socializzazione, lo scambio culturale, la città come luogo di incontro e aggregazione, la responsabilità sociale, la partecipazione allargata sono il motore di ogni progetto. L’attività di esterni durante l’anno si articola in progetti ideati e prodotti dall’associazione, incentrati sulla valorizzazione della città attraverso progetti culturali, e in progetti e consulenze per aziende, istituzioni e enti no profit. PROGETTI: Milano Film Festival, festival di cinema; Public Design Festival, festival dello spazio pubblico; Laboratorio Creativo sullo Spazio Pubblico; TRICK, festival di animazione; Audiovisiva, festival di musica elettronica; Officina Creativa, la sede aperta; esterni service, noleggio di arredi di design pubblico; ecc... www.esterni.org

Connecting Cultures è un’agenzia di ricerca no profit con sede a Milano, fondata nel 2001. Parte da una definizione inclusiva della cultura e da un approccio metodologico fondato sulla ricerca-azione. Lavora con artisti, architetti, performers e il pubblico con obiettivi interdisciplinari e interculturali tesi alle seguenti finalità: favorire una consapevolezza collettiva delle risorse e delle potenzialità del locale; offrire opportunità per scambi interculturali; progettare e realizzare nuove ecologie urbane; agire da catalizzatori verso un cambiamento e un futuro sostenibili. PROGETTI: Lost in Translation, arte e intercultura; Milano&Oltre, creatività giovanile verso nuove ecologie; Imagining Parco Sud, progetto di valorizzazione del territorio; Arte e Sopravvivenza, progetto di arte relazionale; Fuori Luogo, ciclo di incontri; Artplaces, international network for creative art; Progetto Valdarno, un caso di progettazione culturale. www.connectingcultures.info

Tramemetropolitane è un’associazione di ricerca antropologica al servizio della trasformazione culturale e sociale, ma anche della sua interpretazione, fondata nel 2005 da Alessandra Micoli e Elena Negro. Realizza consulenze, valutazioni, attività di ricerca in ambito urbano per enti pubblici e soggetti interessati a elaborare percorsi di narrazione della memoria locale e individuare le trame del tessuto urbano. La flessibilità è uno dei loro punti di forza. PROGETTI: Corpi Urbani-un corpo per Milano; La Manifattura Tabacchi di Milano: una fabbrica fantasma; l’Ecomuseo Urbano di Milano; l’Ecomuseo Urbano Metropolitano Milano. www.tramemetropolitane.it

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



LINEA DEL TEMPO SPERIMENTAZIONE

BUONE PRATICHE

STRUMENTI TEMPORANEI

anno 1

EVENTO TEMPORANEO

feb

mag

giu-ago

feb

apr

dic

giu

set

feb-giu

giu-set

apr

giu

Festa di presentazione del progetto «Campus Off» all’interno del Politecnico Durando

Cena di quartiere in piazza Dergano

Attività di vicinato organizzate con i commercianti di via Tartini e piazza Dergano

Parata di carnevale da piazza Schiavone, per piazza Bausan, fino al «Campus Off»

Studi professionali a porte aperte durante il Fuorisalone Bovisa

Termine del progetto di riuso temporaneo e inizio del cantiere

Cena di quartiere in piazza Schiavone

Proiezione cinematografica nei giardini dell’Armenia Film

Mercato agricolo nella corte della cascina di via Bovisasca

BovisaExpo. Percorsi guidati negli spazi del quartiere e eventi

Performance artistica sull’asse LambruschiniCandiani

Pic nic itinerante negli spazi verdi residuali del quartiere

Inaugurazione tendone come sede temporanea del centro. Inizio delle attività

Piantumazione a orto dello spazio residuale in via Besozzi insieme ai residenti. Inaugurazione ad aprile

Installazione artistica sullo scheletro in via Durando. Evento all’interno del Fuorisalone Bovisa

Realizzazione del primo modulo del «Campus Off» e della piscina. Inaugurazione

Intervento grafico in piazza Schiavone per segnalare arredi utilizzabili dagli skaters

Realizzazione della piazza del «Campus Off». Inaugurazione e inizio attività centro

gen

mar

apr

lug

set

nov

anno 2

Realizzazione del secondo modulo del «Campus Off»

Panca-palco nei giardini di via Baldinucci. Inaugurazione con biblioteca

mag

lug

anno 3

Lavanderia pubblica nell’edificio in via Baldinucci. Inaugurazione

anno 4

apr

Orto di quartiere realizzato con la scuola elementare

Osservatorio sulla piattaforma della stazione Bovisa

mar

set

anno 5

INTERVENTI FISICI

Termine dei lavori di recupero. Inaugurazione Il Fabbricone nell’ex Ronchi

set

Breakfast on the Harbour Bridge, Crave Sydney International Food Festival, Sydney, 2009-2010 Un evento unico, per 2 ore l’Harbour Bridge, simbolo di Sydney, viene chiuso al traffico e ricoperto di erba per permettere a 6000 partecipanti di fare colazione nello spazio pubblico della città.

Panoramas, Le Parc des Coteaux, Le Bruit du Frigo, Bordeaux, 2010 Due giorni di escursione in tenda alla riscoperta delle colline che circondano la città di Bordeaux. Un percorso costellato di installazioni e performance, momenti di festa e spazi di aggregazione nella cornice paesaggistica periurbana.

Eichbaumoper, Raumlabor, Essen, 2009

Public Design Festival, esterni, Milano, 2010

Biennale di Belleville, Place 2B, Parigi, 2010

Fete des Lumières, Ville de Lyon, Lione, dal 2005

Il festival dello spazio pubblico affianca il Fuorisalone allargandone i contenuti agli spazi esterni della città. Una programmazione di eventi, incontri e progetti di design pubblico negli spazi urbani consentono l’incontro di cittadini e addetti ai lavori dotando Milano di servizi e luoghi di aggregazione.

La biennale d’arte contemporanea esce dagli spazi convenzionali per fondersi con un quartiere vitale e cosmopolita e rivitalizzarlo. Situando le opere d’arte nello spazio pubblico e quotidiano, gli abitanti e i turisti vengono coinvolti nella produzione artistica e avvicinati alla cultura.

Ogni anno, nel mese di dicembre, la città di Lione si illumina con installazioni artistiche, eventi e progetti di illuminazione pubblica. Lo spazio pubblico viene reinterpretato attraverso la luce, non solo nel centro ma anche nelle periferie. Un modello che si consolida nell’ordinaria progettazione cittadina.

A pane ed acqua, Arabeschi di Latte, Milano, 2010 Pentoloni di minestrone e piatti in porcellana per una cena davvero speciale in uno degli spazi urbani meno qualificati della città, luogo di transito congestionato. Un momento “casalingo” da condividere con le altre persone in strada; un momento per conoscersi e vivere insieme lo spazio pubblico.

Body in Urban Space, Willi Dorner e Lisa Rastl, Vienna, dal 2007 Un gruppo di ballerini si inserisce fisicamente in alcuni spazi della città per sottolineare il rapporto fra spazio urbano e corpo e provocare negli abitanti, passanti e pubblico una riflessione sul loro modo di vivere la città, invitandoli a relazionarsi maggiormente con il proprio quartiere.

Everybody’s bench, esterni, Vienna, 2010 Un intervento realizzato durante la Vienna Design Week che per la prima volta si apre a progetti negli spazi pubblici pensati per l’intera città. Un nuovo elemento d’arredo urbano, una panca multifunzionale in legno, disegnata da cittadini residenti del quartiere, designer, architetti e avventori della settimana del design viennese.

Berges du Rhone, Studio Jorda, Lione, 2008 Recupero della riva sinistra del Rodano su iniziativa del Comune e della Comunità Urbana di Lione. Il lungofiume diventa un nuovo spazio pubblico, luogo di incontro e di relazione con la natura. I requisiti specifici del progetto sono stati stabiliti per mezzo di un processo partecipativo che comprendeva workshop e una mostra pubblica.

FESTIVAL

IL FABBRICONE

La trasformazione temporanea di una stazione della metropolitana in un teatro di opera. Un punto di incrocio per viaggiatori, cittadini e turisti fra le due città di Essen e Mulheim, diventa un luogo di produzione artistica e incontro.

CAMPUS OFF

LE FASI DEL RIUSO

INTERVENTI FISICI

anni ‘70

2011-2015

2016

anni ‘90-2000

ditta di autotrasporti Ronchi

tendone temporaneo (presidio) nei giardini di via Guicciardi e cantieri di recupero della struttura dell’ex Ronchi

il centro si stabilisce all’interno dell’ex area produttiva che diventa la sede definitiva della struttura culturale

friche causata dall’interruzione e abbandono di un cantiere edile

intervento di animazione di uno spazio pubblico e di aggregazione del quartiere: la panca polifunzionale nei giardini di via Baldinucci, di fianco alla biblioteca

2011-2013

2016

Campus Off: progetto di riuso temporaneo dello scheletro dell’edificio e dello spazio aperto adiacente

PERFORMANCE ARTISTICA

Bovisa Tech: un nuovo progetto di centro commerciale e direzionale per il quartiere (gruppo immobiliare Ceccarelli, progetto dello studio Mendini). Piazza pubblica

intervento di animazione in un’area dismessa e inutilizzata: un nuovo spazio pubblico per gli abitanti e gli studenti, un polo di servizi per tutti Sweet Surprise, Cascoland + Esther Derkx + Jair Straschnow, Milano, 2010 3 giorni di costruzione per 4 casette gialle trasformabili e mobili che diventano la scenografia di una performance nello spazio pubblico durante la quale i passanti sono invitati ad entrarvi. Spostati dai figuranti, si ritrovano di fronte a sconosciuti e leccano un piatto serigrafato con la cioccolata.

DESIGN PUBBLICO

intervento di animazione in un edificio produttivo non utilizzato: la lavanderia pubblica in via Baldinucci, aule studio e spazio relax

intervento di animazione in un’area dismessa e inutilizzata: il riuso temporaneo dello spazio e la realizzazione di una piscina, servizio che manca al quartiere

Open Building Site, esterni, Milano, 2005 Perchè aspettare che i cantieri finiscano per immaginarsi una città diversa? Un progetto che interviene durante le fasi dei lavori con comunicazione, installazioni e servizi pensati per ridurre i disagi creati dai cantieri stessi, rispondendo alle esigenze di quanti vivono e lavorano intorno alle aree dei lavori.

INSTALLAZIONE ARTISTICA

Anwohnerpark, Osa Office, Colonia, 2006

intervento di animazione e riqualificazione del terrapieno ferroviario, barriera del quartiere: un viale alberato e di qualità sul margine, un elemento di connessione fra aree urbane

intervento di animazione di un’area di passaggio per abitanti, studenti e city users: il piazzale della stazione Bovisa diventa un osservatorio sul quartiere e sulle sue trasformazioni

Public space is a personal affair, Topotek1, Milano, 2010 Una miscela di arte e architettura per un intervento Un intervento provocatorio per denunciare la troppa di rigenerazione urbana che esplora il modo di attenzione verso il “privato” in contrasto con lo spazio utilizzare e interagire con gli spazi pubblici. La pubblico. I Topotek scelgono di interagire con il casello grande parete anonima che divide i due quartieri abbandonato che si trova nella Piazza della Stazione della città diventa parte integrante dell’opera rivestendolo con carta da parati, un elemento che d’arte. solitamente caratterizza gli appartamenti.

Delete, Steinbrener Dempf, Vienna, 2005 Una dichiarazione artistica sul discorso ripetutamente rinnovato sulla pubblicità negli spazi pubblici che ridefinisce l’immagine della città. Per un periodo di due settimane tutti i cartelli pubblicitari, slogan, simboli, nomi di società e loghi scompaiono producendo un effetto di straniamento nei passanti.

PRATICA SOCIALE

STRUMENTI TEMPORANEI

11

ANIMAZIONE DEL TERRITORIO

SPERIMENTAZIONE E CREATIVITA’: GLI STRUMENTI TEMPORANEI

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

Esta es una plaza, esterni, Madrid, 2008

Via Vigevano, esterni, Milano, 2010

Rigenerazione Urbana, Bassoprofilo, Ferrara, 2010

In una settimana si costruisce una nuova piazza temporanea a uso dei cittadini: un orto, giochi per bambini, teatro open air, mercato e area relax. In attesa di una nuova edificazione, un vuoto urbano viene trasformato in uno spazio pubblico e affidato alla gestione dei residenti. La piazza ad oggi è ancora aperta.

Durante il FuoriSalone di Milano, mentre la città si concentra sul design e sugli eventi mondani, un intervento di creazione e potenziamento di relazioni fra commercianti e abitanti per la rigenerazione sociale dell’area urbana e di vicinato che ospita il Festival.

Workshop di pratiche urbane con artisti internazionali. Dopo aver individuato con un esperimento di indagine “dal basso” tre aree di marginalità fisica o sociale della città di Ferrara, l’obiettivo è restituire a questi spazi una possibile interpretazione condivisa, utilizzando l’arte urbana e il design pubblico come propulsori.

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



LA REPLICABILITA’ A SCALA URBANA

BUONE PRATICHE LA GENTRIFICATION

IL TESSUTO URBANO

I GRANDI PROGETTI PUBBLICI

LA CULTURA

MATADERO, MADRID Dalla riqualificazione urbana attraverso un progetto culturale nell’ex mattatoio di Madrid alla strategia culturale diffusa nella città

DOVE: quartiere Arganzuela, Madrid, Spagna ANNO DI APERTURA: 2007 DIMENSIONI: 184.000 mq PROPRIETA’: Comune di Madrid PROMOTORI: Comune di Madrid, Ministeri statali GESTIONE: Comune di Madrid FINANZIATORI/SPONSOR: Comune di Madrid

BICOCCA CASCINA MERLATA

BOVISA FARINI

CITYLIFE

ISOLA BRERA

CITTà STUDI

ZONA TORTONA TICINESE NAVIGLI

Il centro culturale Matadero a Madrid si inserisce in una strategia municipale di recupero del patrimonio storico e di rigenerazione della parte sud della città. La riqualificazione dell’intero quartiere è basata sulla cultura e vede il centro come polo attrattore e promotore di sviluppo. Il Matadero, quale luogo di produzione artistica e culturale locale e metropolitana, si inserisce in uno scenario urbano che mira a potenziare le istituzioni culturali madrilene attraverso la creazione di una «mappa della cultura». Frutto di collaborazioni interministeriali e fra pubblico e privato, il Matadero è uno dei tre grandi centri culturali metropolitani insieme al Conde Duque e al Palacio de Comunicaciones.

LAMBRATE

CASCINA MONLUè

ZONA ORTLES

SANTA GIULIA

PORTO DI MARE

EL FARO D’ORIENTE, CITTà DEL MESSICO Dal progetto culturale sperimentale in un’area periferica in crisi a un processo istituzionale di intervento «ordinario» El Faro d’Oriente è un centro culturale promotore di sviluppo e riqualificazione. Il “faro” rappresenta un modello dal punto di vista organizzativo, processuale, tanto che la Segreteria del Dipartimento della Cultura del Governo, che inizialmente aveva avuto un ruolo di promozione e finanziamento del progetto, ha preso in mano la gestione e ha avviato un vero e proprio processo di istituzionalizzazione, importando questo modello in altre parti della città e attivando una rete di «faros».

ferrovia e passante metropolitana metropolitana in cantiere prima gentrificazione

ambito di trasformazione urbana

nuclei di antica formazione

seconda gentrificazione

ambito di trasformazione periurbana

ambiti contraddistinti da un disegno urbano riconoscibile

terza gentrificazione

nuovi parchi urbani

poli museali e culturali istituzionali

aree di rinnovamento urbano

possibile gentrificazione futura

PRU approvati

distretti del design (Salone del Mobile e Fuorisalone)

ECOMUSEO URBANO TORINO Progetto sulla memoria urbana fondato su una rete di edifici storici ristrutturati e adibiti a centri di informazione, di incontro, di esposizioni

DOVE: Torino ANNO DI APERTURA: dal 2003 PROPRIETA’: Circoscrizioni comunali (7) PROMOTORI: Comune di Torino, Assessorato alla Cultura e Circoscrizioni GESTIONE: Associazioni, Circoscrizioni FINANZIATORI/SPONSOR: Comune di Torino

(1)

(2)

RADIOCENTRISMO

(3)

CENTRO VS PERIFERIA

(4)

INTERDIPENDENZA

(1)

AUTONOMIA E SVILUPPO

Milano ha avuto un’espansione radiocentrica che ha portato ad una profonda disuguaglianza fra centro e periferia per quanto riguarda servizi, accessibilità e immagine urbana (1). I poli di decentramento funzionale e i quartieri di corona sono ancora oggi dipendenti dal centro e non autosufficienti (2). La strategia che il nuovo PGT persegue è la creazione di una città policentrica, con ambiti di trasformazione urbana semicentrali e periferici ai quali viene assegnata una vocazione all’interno dello sviluppo urbano (3). Questa caratterizzazione funzionale può tuttavia non rendere autonomi i quartieri, protraendo nel tempo la dicotomia fra centro e periferia poichè i cittadini si spostano nel tessuto urbano secondo i loro bisogni ma fanno sempre capo al centro storico. Gli Ambiti di Trasformazione Urbana e Periurbana e i progetti di riqualificazione possono rappresentare una potenzialità se da essi parte una riqualificazione dell’intera area che investono. La grande funzione deve essere affiancata da un’idea di città policentrica in cui i centri sono autonomi e propulsori di sviluppo diffuso (4).

(2)

AMBITO DI TRASFORMAZIONE URBANA

(3)

AREA DI INFLUENZA

(1)

EPICENTRO

Il PGT del Comune di Milano prevede già l’estensione dell’intervento di riqualificazione ad un’area più vasta di quella del solo Ambito di Trasformazione (1). La grande trasformazione, infatti, genera un’area di influenza che riguarda tanto il tessuto fisico quanto quello sociale, economico e comunitario (2). Lo strumento normativo prevede un ulteriore livello di intervento che viene definito epicentro (3). Intervenire sugli epicentri significa intervenire per migliorare la città esistente, creando sistemi lineari che collegano gli Ambiti di Trasformazione strategici. Questo sistema si integra a quello dei Raggi Verdi che riguarda gli spazi aperti. In questo contesto, è di grande importanza intervenire negli spazi pubblici della città, spazi non solo verdi o aperti ma spazi di incontro e relazione.

(2)

LA CULTURA ISTITUZIONALE NEL CENTRO

(3)

LA DELOCALIZZAZIONE TEMPORANEA

LA CULTURA DIFFUSA

Milano è una città che non progetta lo sviluppo a partire dalla cultura. La cultura sembra essere legata solo ai musei e alle istituzioni artistiche e storiche situate prevalentemente nel centro città, all’interno della cerchia delle Mura Spagnole (1). Solo durante l’evento internazionale del Salone del Mobile e del Fuorisalone la creatività e la cultura legate all’eccellenza del design invadono la città anche nelle sue aree periferiche (2). Questo processo si implementa nel tempo ma è legato soprattutto al marketing territoriale. E’ temporaneo e non incide davvero sui cittadini o sul tessuto produttivo e sull’economia della conoscenza. Nell’obiettivo della creazione di una città policentrica i cui poli siano autonomi e promotori di sviluppo, la cultura dovrebbe delocalizzarsi nella città sotto varie forme, provenienti anche dal basso (3). Cultura come identità condivisa e come recupero dell’identità dei luoghi, come veicolo di socializzazione e strumento di intervento per la cittadinanza.

L’Ecomuseo Urbano Torino è un museo che si identifica con un contesto sociale, un ambiente e una storia collettiva, in cui i cittadini sono i protagonisti delle attività museali, attori di interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, materiale o intangibile, fatto di memorie e testimonianze dirette. E’ un museo-processo, che si propone di essere il luogo di raccolta delle interpretazioni sulla storia della città, per scoprire insieme agli abitanti le identità della Torino contemporanea.Coinvolge l’intero territorio urbano, attraverso le 10 Circoscrizioni, che ospitano un loro Centro di Interpretazione e Documentazione Storica.

BANLIEUES D’EUROPE Una rete che connette realtà culturali promotrici di rigenerazione urbana provenienti da tutt’Europa

DOVE: Lione, Francia (dal 2007) ANNO DI APERTURA: dal 1990 PROMOTORI: Jean Hurstel, presidente GESTIONE: associazione culturale FINANZIATORI/SPONSOR:Ministère français de la Culture, Sécretariat général du Comité Interministeriel des Villes, Commission Européenne, Ville de Lyon, Région Rhone-Alpes, Le Grand Lyon

LA REPLICABILITA’ IN ALTRI CONTESTI GLI OBIETTIVI CHIAVE

Luogo di risorse importanti dell’innovazione culturale e artistica in Europa, Banlieues d’Europe riunisce 300 partners attivi e più di 5000 contatti internazionali. La rete è formata da attori culturali, artisti, militanti, accompagnatori sociali, istituzioni pubbliche, ricercatori che hanno come obiettivo quello di incrociare le pratiche, scambiare informazioni, uscire dall’isolamento per valorizzare i progetti di azione culturale nei quartieri in crisi e presso le popolazioni marginalizzate. L’associazione organizza incontri, seminari, workshop, eventi, spettacoli in tutt’Europa.

LUNGO I BORDI, REGGIO EMILIA Riqualificazione del paesaggio agrario di margine e costruzione della governance. Una parte del territorio per testare la metodologia del PSC.

LA PERIFERIA DIVENTA CITTà

LO SPAZIO PUBBLICO COME OSSATURA DELLA CITTà

LA CULTURA ALLA BASE DELLO SVILUPPO

CONDIZIONI PRELIMINARI

urbana e funzionale * dipendenza sociale * conflitto marginalità fisico-sociale * grandi trasformazioni programmate *

pubblici esistenti * spazi consolidate * pratiche disponibilità spazi da riqualificare * esigenze e bisogni non soddisfatti *

locali e istituzionali * attori esistenti * relazioni posizionamento culturale * attivismo locale *

OBIETTIVI SPECIFICI

alternative al centro urbano * centralità utenze e varietà sociale * attrazione locale e vivibilità * autonomia mobilità e accessibilità * identità locale * urbana * integrazione visibilità nel panorama urbano * inserimento in circuiti urbani *

spazi pubblici * sistemae didesiderabilità dei luoghi * qualità e sistemi ambientali * connessione * socializzazione rappresentazione locale * * riqualificazione * sostenibilità * sfera pubblica

* delocalizzazione identità e memoria locale * riscoperta culturale * produzione consumo culturale * economia immateriale * * rigenerazione nuova immagine urbana * equilibrio urbano / democrazia *

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UN METODO REPLICABILE LA STRATEGIA PER LA CITTA’

UNIVERSITà DEGLI STUDI DI FERRARA FACOLTà DI ARCHITETTURA «BIAGIO ROSSETTI»

ANNO ACCADEMICO 2009/2010

DOVE: via Settembrini, Reggio Emilia, Italia PERIODO DI PROGETTAZIONE: 2006-2009 DIMENSIONI: 23,5 ettari PROPRIETA’: pubblica e privata PROMOTORI: Comune di Reggio Emilia, Comune di Albinea e Provincia di Reggio Emilia GESTIONE: Comune di Reggio Emilia, Comune di Albinea FINANZIATORI/SPONSOR: Regione Emilia-Romagna

Il progetto rappresenta una prima attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio a scala locale promuovendo la qualità del paesaggio quale dimensione dell’abitare e rilanciando un’identità culturale e territoriale negli ambienti periurbani. Il processo è interessante per la collaborazione di diversi attori pubblici e privati e per la partecipazione attiva dei cittadini al progetto. Il Programma di Lavoro prevede un approccio sperimentale, creativo e partecipativo e un’attenta analisi della fattibilità dell’intervento. Il progetto si propone di ricostruire una trama di relazioni, anche attraverso l’ascolto dei cittadini e la costituzione di tavoli tecnici tematici. .

RELATRICE: PROF.SSA FRANCESCA LEDER LAUREANDE: MARIA GIOVANNA GOVONI, CRISTIANA MATTIOLI

STRATEGIE E PROGETTI DI ANIMAZIONE DEL TERRITORIO. IL CASO STUDIO DEL QUARTIERE BOVISA A MILANO.

LUOGHI PROVVISORI



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