Social media marketing e geolocalizzazione. Il caso Foursquare.

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SAPIENZA UniversitĂ di Roma FacoltĂ di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione

Social media marketing e geolocalizzazione. Il caso Foursquare.

Candidata: Cristina Barbaro

Relatore: prof. Alberto Mattiacci

Correlatore: prof.ssa Fabiola Sfodera

Anno Accademico 2010-2011

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INDICE

Introduzione..................................................................pag. 8 Capitolo 1 Scenario attuale 1.1 Come Internet ha cambiato la nostra vita quotidiana...........................................pag. 10 1.2 Internet in mobilità ................................................ pag. 19 1.2.1 Le dimensioni del fenomeno.......................pag. 27

Capitolo 2 I social network e il social media marketing 2.1. L’ evoluzione sociale del Web: i Social Network...................................................... pag. 33 2.1.2. Struttura dei social network................................ pag. 41 2.1.3 Facebook..........................................................pag. 47 2.2. Il social media marketing, finalità e strategia........pag. 54 2.2.1 Finalità delle strategie di social media marketing.................................pag. 67 2.2.2. La misurazione dei risultati: dalla Web Analytics alla Social Media Analytics............................... pag. 79 2.2.3. La gestione delle criticità.............................pag. 83 3


Capitolo 3 La nuova frontiera del Web sociale: la geolocalizzazione 3.1 I servizi basati sulla localizzazione....................pag. 92 3.2 Da Dodgeball a Foursquare: il social network diventa georeferenziato......................................pag. 96 3.2.1 Facebook Places...................................pag. 99 3.2.2. Gowalla................................................pag. 100 3.3 Il valore dei location based services per il marketing................................................pag. 102

Capitolo 4 Foursquare: applicazioni sociali e di business 4.1 Che cos'è Foursquare......................................... pag. 108 4.2 La città digitale: il funzionamento dell’esperienza geolocalizzata........................................................... pag. 111 4.3 Gestione e ottimizzazione del proprio business su Foursquare................................................................ pag. 120 4.3.1 Creazione delle promozioni: gli special.................................................pag. 123 4.3.2. Il gruppo Coin e lo Special per i mayor..............................pag. 130 4.3.3 Le statistiche............................................pag. 132 4.3.4 La Brand page..........................................pag. 135 4.5 Le opportunità offerte da Foursquare per la promozione del territorio............................................pag. 143 4


4.5.1 Visit Tuscany e la provincia di Ferrara.......................... pag. 145 4.6 Riflessioni sulle criticità e il futuro della piattaforma...............................pag. 150 4.6.1 Novità per il business: American Express.................................pag. 154 4.6.2 Il problema della privacy......................pag. 157

Appendice............................................................pag. 163 Conclusioni..........................................................pag. 167 Bibliografia..........................................................pag. 171

INDICE DELLE FIGURE

Figura 1: L’evoluzione delle diete mediatiche degli italiani, 2006-2011 (val.%) Figura 2: La reputazione dei media: classifica della credibilità (val. medio: 1=min, 10=max) Figura 3: Preferenze d’accesso ai social media da parte degli utenti americani Figura 4. Tipologia di applicazioni maggiormente usate tra i possessori di smartphone Figura 5:Confronto tra tempo trascorso sul Web e Mobile application 5


Figura 6: Tempo speso per tipologia di Mobile application Figura 7: Previsione di sorpasso dei possessori di smartphone rispetto ai possessori di cellulari tradizionali. Figura 8: La crescita dell’accesso ad Internet da dispositivo mobile Figura 9: Percentuale di utenza Internet presente sui maggiori Social Network Figura 10: La timeline dei social network da SixDegrees.com fino a Facebook Figura 11: La mappa dei social network nel mondo (da Giugno 2009 a Giugno 2011) Figura 12: Confronto tra l’utenza di Facebook e la base di utenza di Internet Figura 13: Confronto tra l’utenza di Facebook e la popolazione delle maggiori nazioni Figura 14: Nuova interfaccia del Profilo personale e Timeline Figura 15: Le relazioni tra l’azienda e il consumatore: differenze di flussi comunicativi sui mass media tradizionali e sui social media Figura 16: Le motivazioni per cui le persone seguono i brand sui social media Figura 17: Top 10 Pagine italiane su Facebook per like ricevuti Figura 18: Pagina Facebook di Juventus Figura 19: Top 10 Pagine italiane su Facebook per “persone che ne parlano” Figura 20: Patrizia Pepe, Pagina Facebook: il thread della foto incriminata 6


Figura 21: Patrizia Pepe: lo stream su Twitter Figura 22: La timeline dei geo-social-network Figura 23: Il check-in Figura 24: Esempi di badge Figura 25:Tipologie di Specials Figura 26:Comunicazione di una promozione attiva su Foursquare via Twitter Figura 27: Interazioni tra il marchio Coin su Twitter e gli utenti che effettuano il check-in Figura 28: Dashboard di controllo sulle statistiche di una venue Figura 29: La Brand Page di Donna Moderna Figura 30: La Brand Page di Gucci Figura 31: La Brand Page di Pringles Figura 32: Tweet di Pringles Italia Figura 33: Il tip di Pringles su Foursquare Figura 34: Brand Page della Regione Toscana Figura 35: Lo Special legato alla venue dell’Ufficio Informazioni Turistiche Figura 36: Brand Page della provincia di Ferrara Figura 37: Utilizzo dei servizi di geolocalizzazione tra i possessori di smartphone

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INTRODUZIONE

La caratteristica della Rete è quella di tracciare frontiere di continuo ed in questi ultimi anni ciò ha reso il panorama digitale particolarmente denso di innovazioni significative. Lo scenario attuale tracciato dall’azione combinata delle tecnologie digitali e del Web sociale, si pone agli occhi di osservatori e protagonisti come tra i più fertili e interessanti conosciuti dalla Rete, sia per le modalità con vengono influenzati i quotidiani processi di comunicazione, sia di riflesso, per l’interesse che gli intrecci prodotti sono in grado di suscitare nelle discipline economiche e sociali. Il lavoro affrontato ha come obiettivo quello di inquadrare dimensioni e caratteristiche di questo contesto, attraverso la descrizione dei fenomeni consolidati e delle tendenze più interessanti che tentano di trovare una collocazione permanente al suo interno. Passando attraverso l’universo costruito a partire dall’ingresso dei siti di social networking, lo studio intende approfondire il nuovo trend della Rete basato sull’utilizzo dei location-based services conseguente

sviluppo

dei

geo-social

e sul network,

soffermandosi sulle potenzialità - sociali e di business - di 8


un’applicazione di successo come Foursquare, entrata a pieno titolo a far parte del panorama delle nuove opportunità offerte dal Social Web.

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1. SCENARIO ATTUALE 1.1. Come Internet ha cambiato la nostra vita quotidiana

Il dibattito su come ogni cambiamento tecnologico influenzi la nostra vita e l’ecosistema in cui siamo immersi, è sempre stato oggetto di grande attenzione. A tal proposito si può affermare che l’attuale scenario sia tra i più fertili in merito, per le modalità con cui le tecnologie digitali1

hanno

influenzato

i

nostri

processi

di

comunicazione2, e di riflesso, per l’interesse che la loro Nel caso delle tecnologie digitali «la velocità di sviluppo è in genere divulgata partendo dalla famosa “legge di Moore” secondo cui nella versione popolare, si raddoppia la potenza dei processori ogni diciotto mesi a costi invariati» Granieri G. (2006) La società digitale, Editori Laterza, pag. 4, nota 1. «La Rete, in quanto tecnologia digitale, si connota pertanto per una singolare produttività, che manifesta una crescita in grado di ampliare progressivamente la sua capacità d’utilizzo» Prandelli E., Verona G. (2011) Vantaggio competitivo in Rete, McGraw-Hill, pag. 20 2 «[…] dire che i media e le nuove tecnologie fanno parte della vita quotidiana è discorso da autobus, a mezza via tra paura ed eccitazione, schiavitù egiziana e terra promessa. Questa quotidianità ha come sottoprodotto il famigerato multitasking, lo stato di “attenzione parziale continuata” che in Italia è la bestia nera di insegnanti, genitori e intellettuali gentiliani. Pochi ammettono che si tratta di un’abilità necessaria per affrontare il nuovo ambiente: mantenere un’attenzione diffusa e a “bassa intensità” su una molteplicità di stimoli, per poi focalizzarla ad alta intensità quando uno di questi stimoli si modifica in maniera significativa, ovvero ci 1

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azione ha suscitato nelle discipline economiche e sociali. Internet e le nuove tecnologie della comunicazione hanno prodotto e rimodulato il prospetto dei nuovi media, incentivato la costruzione da parte degli utenti finali di palinsesti multimediali personali e autogestiti, fatto da motore alla circolazione di informazione e conoscenza in molti campi dell’attività umana. Di conseguenza per affrontare l’analisi di quanto accennato, è bene non separare la sfera degli strumenti e dei dispositivi, dalle modalità d’interazione con cui gli

individui e i diversi

comparti della società si relazionano ai mezzi di comunicazione sia vecchi che nuovi. L’approfondimento delle tendenze che progressivamente si affacciano all’orizzonte del panorama digitale, verrà guidato dalle direttrici lungo cui esse

si stanno sviluppando,

riconducendole a tre sfere di intervento: - la sfera delle dinamiche tecnologiche, in relazione alle caratteristiche d’accesso alla Rete e alle evoluzioni che coinvolgono Web, media tradizionali e nuovi device, in un avverte di prestare “più attenzione”. Il multitasking andrebbe insegnato a chi non ce l’ha nel sangue, non bruciato sul rogo[…]» Jenkins H. (2007) Cultura convergente, Apogeo, prefazione di Wu Ming, pag x

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processo

di

convergenza

digitale

sia

tecnica

che

contenutistica3; - la sfera delle dinamiche competitive, per via delle ripercussioni che il processo di digitalizzazione ha generato nel sistema socio-economico4, nelle strategie e piani di comunicazione aziendali; - la sfera delle dinamiche sociali, amplificate dalle tecnologie e ricomposte secondo la nuova impronta sociale che connota la Rete degli ultimi anni.

«[…] siamo molto vicini alla convergenza, laddove convergenza significa, per quanto riguarda i mezzi di comunicazione, un utilizzo multidisciplinare di quelle che sono le tecniche di comunicazione, sia dal punto di vista tecnologico, sia dal punto di vista della semantica e della relazione con le persone» Intervista a Lyla Pavone, Managing Director di Isobar Italia, www.marketingtube.it (2011) 4 Secondo la stima fornita in “Fattore Internet”, il report commissionato da Google e realizzato da The Boston Consulting Group sull’incidenza della Rete nel 2010 sull’economia del nostro Paese, Internet vale 31,6 miliardi di euro, pari al 2% del PIL, un dato che diventa significativo se confrontato ad altri settori, come agricoltura e utilities - a cui spetta il 2,3% - e ristorazione - che non ha superato il 2%. Una rilevanza che in prospettiva è destinata a raggiungere, nel 2015, un valore compreso tra il 3,3% e il 4,3%. Il Report è disponibile all’indirizzo http://www.fattoreinternet.it 3

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Partendo da questo presupposto, la prima scena che merita di essere inquadrata riguarda dimensioni e modalità d’utilizzo della Rete, facendo riferimento inizialmente alle proporzioni che interessano il nostro Paese. Secondo i dati dell’ultimo rapporto Censis sulla comunicazione5, in cui è stato scandagliato il campo dei media personali nell’era digitale in Italia, è cambiata in modo considerevole la dieta mediatica6 dei cittadini italiani, che hanno dimostrato d’aver raggiunto un rapporto migliore con le tecnologie informatiche e telematiche. Nonostante nel 2011 la televisione – con un’utenza del 97,4% - confermi il suo primato tra le fasce della popolazione, si registra un dato positivo che rivede la percentuale di coloro che oggi includono Internet nel proprio habitat mediatico rispetto al 2006 (Figura 1), passando così da una base del 29% ad un bacino d’utenza del 48%, un numero che se da un lato

5 Radio e televisione (2011) Nono Rapporto sulla comunicazione. I media personali nell'era digitale, Censis. Sintesi dei risultati consultabili all’indirizzo: www.censis.it 6 Il concetto di “dieta mediatica” indica il fitto sistema di relazioni e interazioni che si determinano in ciascun soggetto in base alla sua capacità di orientarsi nel mondo, non solo grazie all’impiego di un numero più o meno ampio di media, ma anche in base alla qualità intrinseca dei mezzi di comunicazione usati in prevalenza” Ibidem, pag 3

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contribuisce ad allontanare l’Italia dalla tara del digital divide7, dall’altro riporta alla luce un prevedibile disequilibrio demografico e culturale8: su una base d’utenza italiana del 53,1% (con un 6,1% in più rispetto al 2009) infatti, l’87,4% degli utenti ha un’età compresa tra 14 e i 29 anni e il 72,2% ha un’istruzione elevata.

Letteralmente, divario digitale. “Il significato generalmente attribuito al digital divide è quello della disuguaglianza nell’accesso ad Internet […] l’accesso da solo non risolve il problema, ma è un prerequisito per superare la diseguaglianza in una società le cui funzioni e i gruppi sociali dominanti sono sempre più organizzati intorno a Internet” Castells M. (2001) Galassia Internet, Feltrinelli pag. 232 Secondo Maurizio Dècina (Politecnico di Milano) “in Italia ci sono due digital divide. Il più evidente riguarda i cavi […] Ci sono 60 milioni di individui e 25 milioni di famiglie. In prima approssimazione, il 50 % delle famiglie possiede un computer e accede a Internet con collegamenti fissi e mobili, mentre l’altra è analfabeta (in informatica) e sconnessa da Internet. Incrociando questo dato con il digital divide “infrastrutturale”, emerge che circa 5,5 milioni di italiani (il 9%) non hanno possibilità di accesso a banda larga, cioè con connessioni di almeno 2Mbps” L’altro tipo di analfabetismo digitale riguarderebbe i comportamenti delle persone, quel “40% degli italiani che potrebbe usare Internet e invece non lo fa […] perché non ne sente il bisogno, non ne ha le capacità tecniche o più banalmente non saprebbe che farci. Inoltre, tra quelli che invece Internet lo utilizzano, siamo in ritardo anche nel modo di usarlo: il 12% degli italiani compra beni o servizi online, rispetto al 37% della media europea. Tra le nostre imprese, appena il 4% vende online, mentre la media europea è almeno il triplo (12%)” Dècina M. (2010) “ Burocrazia senza carta entro il 2020”, in Wired, n.21 8 Si può osservare che il 48% del totale è costituito molto più da uomini (52,5%) che da donne (43,7%), con una netta preponderanza di persone istruite (66,7%) rispetto a quelle con bassi livelli di istruzione (32,8%), per non parlare dei giovani (84,6%) in confronto agli adulti (46,5%) e agli anziani (11,4%). 7

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Figura 1:L’evoluzione delle diete mediatiche degli italiani, 20062011 (val.%)

Fonte: Nono Rapporto sulla comunicazione. I media personali nell'era digitale, Censis

La seconda evidenza da non sottovalutare nel quadro del cambiamento descritto, concerne la reputazione che viene attribuita ai media: Internet viene giudicato come mezzo più credibile, libero e disinteressato quanto ad attendibilità delle informazioni fornite (Figura 2). Questa

rilevazione

è

avvalorata

in

prima

battuta

dall’osservazione dei dati relativi alle fonti utilizzate per l’informazione: tra la popolazione giovane, prevalgono i motori di ricerca su Internet per il 65,7% e Facebook, utilizzato nel 61,5% dei casi nella fascia d’età compresa tra i 15


14 e i 29 anni . Più in generale, tra le preferenze del pubblico si distinguono i motori di ricerca come Google (41,4%), i siti web di informazione (29,5%), Facebook (26,8%), quotidiani on line (21,8%) e a seguire – in misura minore ma indicativa - app accessibili da smartphone (7,3%) e Twitter (2,5%). Figura 2: La reputazione dei media: classifica della credibilità (val. medio: 1=min, 10=max)

Fonte: Fonte: Nono Rapporto sulla comunicazione. I media personali nell'era digitale, Censis.

In secondo luogo, giunge a rinforzare questo giudizio l’opinione che il Web contribuisca a portare avanti il tema della libertà di espressione e che rappresenti un potente 16


canale al servizio della diffusione della democrazia9. I fatti di cronaca, in questo senso, hanno mostrato la straordinaria opportunità offerta dall’accesso digitale all’informazione, opportunità grazie alla quale il pubblico ha compiuto i primi passi

verso una maggiore consapevolezza civile,

agendo in prima persona. Si pensi a quanto avvenuto in Medio Oriente, recentemente trasformato da una serie di rivoluzioni catalizzate da Twitter, dove Internet

è diventato strumento di

comunicazione decisiva contro la disinformazione di regime, oppure alle ultime campagne elettorali in Italia, in cui in un certo senso sono venute meno le forme tradizionali della comunicazione politica a favore di una cultura della partecipazione “dal basso” a cui i social network hanno fatto da supporto. Quanto delineato fa da traino ad un’ulteriore realtà, utile ai fini di questo lavoro, che fotografa appunto, la popolarità dei siti di social networking10. Sono 33,5 milioni le persone che dividono il loro tempo tra Facebook, Twitter, Messenger, Il 76,9% degli italiani si è dichiarato “molto” o “abbastanza d’accordo” con tale giudizio. 10 Per un’esposizione approfondita del tema social network si rimanda al prossimo capitolo. 9

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YouTube, e Skype, il 67,8% degli italiani infatti conosce almeno un social network, e il dato che sorprende è che il 31,8% degli ultrasessantacinquenni sia a conoscenza di tali realtà. Facebook è il social network più popolare e conosciuto (65,3%) insieme a YouTube (53%), e ancora il più utilizzato (dal 49% degli italiani che accedono a Internet, l’88,1% tra i giovani) sempre insieme alla piattaforma di video sharing (54,5%, l’86,5% tra i giovani). Una tendenza che sembra destinata a crescere rapidamente, considerando che l’incidenza degli utilizzatori tra quanti conoscono i social network è pari al 93%11. E’ interessante notare che un riscontro di quanto detto si rintraccia anche nell’ultimo report targato Nielsen12, uno studio che per quanto si focalizzi sul mercato americano, estende l’analisi ad altri 10 Paesi e i risultati si allineano alle conclusioni tratte sulle situazione italiana, rimarcando il fatto che gli italiani spendono un terzo del tempo passato su Internet tra blog e social network. Lo stesso indicatore nel 2009 era rappresentato da una percentuale pari al 60,2 %. 12 Nielsen (2011) State of the Media: The Social Media Report, http://blog.nielsen.com/nielsenwire/social/ 11

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Questo report, intitolato “State of the Media: The Social Media Report” e che rappresenta la sintesi dei dati inerenti al terzo trimestre del 2011, propone spunti decisivi per introdurre una caratteristica emergente all’interno del modo di rapportarsi all’universo dei social media, ossia il fenomeno in forte crescita identificabile con l’uso di Internet in mobilità che verrà presentato nel prossimo paragrafo.

1.2

Internet in mobilità

L’analisi Nielsen, come accennato, permette di prendere in esame un trend legato alla fruizione dei social network, e quindi della Rete, da supporti diversi dal personal computer usati nella maggior parte dei casi. Come mostrato dalla Figura 3 infatti, quasi il 40% degli americani predilige l’uso dei dispositivi mobili per accedere ai social media.

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Figura 3: Preferenze d’accesso ai social media da parte degli utenti americani

Fonte: Nielsen (2011) State of the Media: The Social Media Report

Gli strumenti in questione, che affiancano il paradigma del Mobile Internet13 sono, naturalmente, gli smartphone. Etichettati

spesso

per

semplicità

come

“telefonini

intelligenti”, gli smartphone sono dispositivi portatili, che «Con Mobile Internet si intende la navigazione da cellulare, che supporta il Mobile Web, ossia la navigazione su siti, sia On portal che Off portal, e application Store» Politecnico di Milano (2011) Mobile Internet, Content & Apps: il laboratorio della Digital Economy! Executive Summary, Osservatorio: Mobile Internet, Content & Apps http://www.osservatori.net/ «Gli elementi trainanti del successo di Internet sui dispositivi mobili ruotano intorno ai seguenti punti: esplosione dello sviluppo di applicazioni per le maggiori piattaforme software, in particolare Apple iOS e Google Android, accessibilità ad Internet per l’intero arco della giornata e in ogni luogo, la possibilità per gli smartphone di essere integrati con i sistemi informativi aziendali di back office, avvicinando così i consumatori finali ai servizi software forniti in modalità remota» The Boston Consulting Group (2011) Fattore Internet 13

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incorporano funzionalità tipiche dei personal computer accanto alle classiche modalità d’uso e di intrattenimento di un comune cellulare, sono dotati un sistema operativo, sono in grado di eseguire applicazioni complesse, e si connettono ad Internet in modalità wi-fi dove possibile o attraverso le reti di telefonia mobile. Grazie alla varietà e alla potenza delle loro capacità, vengono integrati alla pratica quotidiana di utenti e consumatori che li considerano come estensione dei propri desktop o come strumento di fruizione per contenuti generalmente veicolati su altri media. Di fatto, essi sono portatori di cambiamenti e vantaggi reali nella nostra vita comunitaria, privata e lavorativa. La fruibilità degli smartphone sposa in pieno la filosofia dell’essere “always on”, ovvero la tendenza ad essere sempre connessi al Web avendo la certezza di rimanere costantemente in contatto con la propria rete sociale, potendo comunicare in qualsiasi momento da qualsiasi luogo diverso e non solo da una postazione vincolata fisicamente così come avviene nel caso del pc. Tali condizioni sono prodotte dalla convergenza in atto, un processo che ha alla base un’evoluzione tecnologica che fa 21


da propulsore alla collisione tra diversi media e all’integrazione di funzioni e ambiti di competenza prima separati. Con la riunione dei singoli media su una stessa piattaforma, computer e cellulari hanno integrato le rispettive e molteplici caratteristiche trasformandosi in telefono, televisione, stereo, fotocamera tutto in uno14, e di conseguenza, mercati come quello della televisione, dell’editoria, radio, telefonia ed internet si sono avvicinati ad un’integrazione, con tutto ciò che ne consegue. Ecco che il telefono cellulare sulla scia di queste dinamiche è sempre più percepito come un vero e proprio social medium, ovvero “l’estensione digitale” del consumatore15, capace di accompagnarlo lungo la giornata e consentendogli di svolgere un ampio spettro di attività che non siano solo legate al fabbisogno di comunicazione ed informazione. Contestualmente alla diffusione d’uso del personal device cambia il rapporto delle persone con i media tradizionali e

Jenkins H. (2007) Cultura convergente, Apogeo, prefazione Politecnico di Milano (2010), Una App non fa primavera, Executive Summary Osservatorio: Mobile Internet & Service www.osservatori.net 14 15

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s’allarga il quadro della fruizione con lo sviluppo di nuove forme indipendenti dai limiti spazio temporali del passato. Con l’ingresso degli smartphone, la natura della Rete è cambiata, passando dalla scrivania alle tasche16. Le

nuove

cambiamenti

tecnologie, notevoli

di

fatto,

hanno

nell’attenzione

che

innescato l’utente-

consumatore dedica nel passaggio da un mezzo ad un altro: è in atto una vera e propria transumanza del popolo digitale da computer fisso a dispositivo mobile come mezzo sempre più frequente ed in molti casi privilegiato nell’accesso ad Internet. L’argomento non può che tirare in ballo l’articolo di testa pubblicato da Chris Anderson17 sul numero di settembre 2010 di Wired USA, , poiché la questione che viene sollevata dimostra quanto questi dispositivi siano responsabili di un fenomeno che sta cambiando la tradizionale concezione che fino a poco tempo fa si aveva di Internet.

16Anderson

C., Wolff M. (2010) “Il web è morto”, in Wired n.20, edizione italiana pag. 118 17 Chris Anderson è il direttore della rivista Wired, considerata come la “Bibbia” della tecnologia.

23


Il direttore lancia una sentenza, una provocazione che parte dal titolo del pezzo - “The Web Is Dead. Long Live the Internet” - portando avanti una tesi inizialmente molto discussa, secondo cui i novelli metodi di fruizione della Rete sono destinati ad oscurare la leadership della navigazione via browser18: «negli ultimi anni, uno dei cambiamenti più significativi nel mondo digitale è stato il passaggio dal Web aperto a piattaforme semichiuse che utilizzano Internet come mezzo di trasporto, ma non il browser come display»19. L’argomentazione di Anderson dimostra come sia cambiato il modo in cui le persone trascorrono il tempo online, ovvero tra fra uso di applicazioni, selezione di fonti d’informazione tramite Feed RSS, chiamate su Skype e utilizzo dei podcast, tutti servizi che tendenzialmente vengono consumati su piattaforme dedicate e che “spesso funzionano meglio o sono più adatte alla vita di ogni giorno” perché in rapporto agli utenti “è lo schermo che viene a loro, non sono loro a dover andare verso lo schermo”20.

18

Anderson C., Wolff M. (2010) “Il web è morto”, in Wired n.20, edizione italiana pag. 118 20 Come Anderson precisa più avanti nel suo articolo “ […] Vogliamo che TweetDeck ci organizzi i nostri feed Twitter perché è più comodo, rispetto alla pagina Web di Twitter. La mobile app di Google Maps, che abbiamo sul telefono, in macchina funziona meglio del sito Google Maps sul portatile. E preferiamo 19

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Secondo la visione prospettata il Web è in declino e il futuro è in mano alle applicazioni, che stanno spodestando il browser dal centro del mondo informatico21. L’ampia produzione, vendita e diffusione dei device personali infatti, oltre a spingere operatori e colossi della telefonia mobile e dell’informatica alla corsa per il lancio del prodotto più innovativo, sta estendendo l’offerta di contenuti e servizi specificatamente pensati e ottimizzati per il cellulare rappresentata dalle applicazioni software, diventate ormai un fenomeno consolidato. Le application, chiamate comunemente app per contrazione del termine, sono programmi dal semplice e rapido utilizzo, che “impacchettano” contenuti digitali

per distribuirli

comodamente sui dispositivi portatili degli utenti, sia in modo gratuito che a pagamento, e che offrono socialità, strumenti

di

lavoro

e

tool

di

informazione

e

intrattenimento. starcene sdraiati a leggere libri con il nostro Kindle o con l’iPad, piuttosto che stare chini sul pc” 21 «Le proiezioni degli analisti di Morgan Stanley dicono che nel giro di cinque anni il numero di utenti che accederanno alla Rete da congegni mobili supererà quello di coloro che lo fanno tramite pc. Poiché gli schermi sono più piccoli, questo traffico mobile tende a essere organizzato da un software dedicato, in genere un’applicazione. Gli utenti rinunciano a un browser generalista, in favore dell’esperienza ottimizzata dei congegni mobili. Usano la Rete, ma non il Web[…]”

25


Figura 4. Tipologia di applicazioni maggiormente usate tra i possessori di smartphone

Fonte: Nielsen (2011) State of the Media: The Social Media Report

26


1.2.1. Le dimensioni del fenomeno

Fatte queste premesse, è necessario stabilire il perimetro degli utenti che accedono ad Internet da congegni mobili: la stima della reale penetrazione degli smartphone, aiuterà in seguito a valutare l’impatto del mobile e delle applicazioni geo-social

nate

in

seno a

questa

tecnologia,

sul

comportamento dell’utente-consumatore e sui cambiamenti intrapresi dal social media marketing. Ricollegandosi alla tesi di Chris Anderson esposta nel paragrafo precedente, è possibile trovare riscontro di quanto detto in una recente studio relativo alle abitudini di navigazione degli statunitensi condotto da Flurry22, che incrociando analisi dei dati di comScore e Alexa, ha emesso un elemento significativo: nel mese di giugno 2011 il tempo dedicato alle app ha superato per la prima volta quello trascorso fra le pagine del Web. A fronte di 81 minuti al giorni fruiti via dispositivo mobile, gli americani hanno trascorso sul Web 74 minuti(Figura 5)

http://blog.flurry.com/bid/63907/Mobile-Apps-Put-the-Web-inTheir-Rear-view-Mirror 22

27


spendendo il 9% del tempo in pi첫, in media, utilizzando le applicazioni mobili. Figura 5:Confronto tra tempo trascorso sul Web e Mobile application

Fonte: Flurry

Il report ha rilevato che la crescita proviene da pi첫 sessioni per utente, piuttosto che da sessioni pi첫 lunghe in generale, e che queste prevalentemente vengono consumate con l'uso di giochi e applicazioni social media, rispettivamente per 47% e il 32% del totale del tempo utilizzato per tali applicazioni (Figura 6), dato forse pi첫 eloquente rispetto al sorpasso in se stesso.

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Figura 6: Tempo speso per tipologia di Mobile application

Fonte: Flurry

Ma qual è lo stato del mobile internet nel nostro Paese? Per cominciare, si nota che i servizi mobile non vengono più usufruiti solo da geek appassionati di tecnologia o dagli evangelisti della marca, perché allo stato attuale il bacino d’utenza va allargandosi in termini numerici e di eterogeneità. Le proporzioni del fenomeno sono offerte dal Rapporto 2010 dell’Osservatorio Multicanalità, con l’evidenza del fatto che il dispositivo portatile, in Italia, si conferma essere il mezzo più rilevante e per gli utenti in termini di diffusione e poliedricità di utilizzo, con una penetrazione 29


che raggiunge il 43%8 dei consumatori che dichiarano di possedere un’utenza mobile, fatte le dovute distinzioni di natura socio-demografica come sesso, età, occupazione e reddito. A guidare il trend sono gli utenti di sesso maschile e i giovani, il 58% dei possessori di smartphone sono uomini e l’indice supera il 50% tra i consumatori con un’età inferiore ai 35 anni, in tutti i cluster analizzati (under 18, 18-24 anni e 25-34 anni). L’età media dei possessori di device mobile è inferiore rispetto a quella dei possessori di telefoni cellulari tradizionali (rispettivamente 42 anni e 48 anni) ed infine dal punto di vista dello status socio-economico e professionale, i principali possessori si configurano principalmente come impiegati, professionisti e studenti, con un reddito medio annuo superiore ai 40.000€. La figura 7 analizza il flusso della diffusione degli smartphone rispetto ai cellulari tradizionali, e registra una crescita progressiva nel 2010 con previsione di attestarsi sulla stessa quota dei dispositivi tradizionali e di superarla nel corso del 2011. 30


Figura 7: Previsione di sorpasso dei possessori di smartphone rispetto ai possessori di cellulari tradizionali.

Fonte: Osservatorio Multicanalità

Anche in questo studio non viene tralasciata la conseguenza più in vista che la diffusione degli smartphone porta con sé, ovvero la crescita dell’accesso ad Internet direttamente dal cellulare. Come mostrato in Figura 8, il numero di accessi ad Internet da dispositivi mobili è in continua ascesa, il terzo trimestre del 2010 fotografa un aumento del 13,4% rispetto al primo trimestre dello stesso anno e soprattutto in crescita del 31% se paragonato allo stesso trimestre del 2009. Il numero assoluto degli accessi raggiunge quota 11 milioni di utenti unici mensili nel 3° trimestre 2010. 31


Figura 8: La crescita dell’accesso ad Internet da dispositivo mobile

Fonte: Osservatorio Multicanalità

Detto ciò, non è sbagliato affermare che anche l’Italia, di fatto, presenti peculiarità di consumo del Web attraverso dispositivo mobile che permettono di guardare con ottimismo alle opportunità future, destinate in particolar modo alle logiche di marketing e comunicazione.

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2. I SOCIAL NETWORK E IL SOCIAL MEDIA MARKETING 2.1. L’ evoluzione sociale del Web: i Social Network

Tra le considerazioni tratte nel precedente capitolo appare chiaro come il cosiddetto “Web sociale”, attualmente in piena espansione, abbia assolto la funzione di mezzo trainante per l’educazione informatica di molte persone (Figura 9). Non sarebbe azzardato affermare che in molti casi, l’approccio ad Internet e a familiarizzare con le tecnologie informatiche sia coinciso con l’ingresso dei social network e la volontà dei soggetti a farne parte, inizialmente per curiosità e spirito di emulazione, successivamente per il vantaggio tangibile di una affiliazione virtuale alle proprie reti sociali offline. L’universo dei social network sta conoscendo tassi di crescita impressionanti, una crescita da intendersi frenetica non solo in termini numerici, bensì anche in rapporto ai cambiamenti che regolarmente ne stravolgono la struttura e le modalità di interazione e condivisione. 33


Figura 9: Percentuale di utenza Internet presente sui maggiori Social Network

Fonte: Mashable (2011), How the World Uses Social Networks, www.mashable.com, dati Nielsen www.blog.nielsen.com/nielsenwire/social/

34


La realtà della georeferenziazione rappresenta uno dei temi cardine attorno a cui graviterà l’attenzione di aziende e osservatori di settore, ma di fatto è solo l’ultima apparsa nel ramo “social”. Prima di parlare di social network geolocalizzati quindi, è utile procedere a una panoramica dei protagonisti che hanno

costruito

questa

nuova

fase

del

Web,

contestualmente ai principi su cui poggia l’impalcatura delle strategie di comunicazione veicolate sui social media. Iniziamo con l’accerchiare il significato di quest’ultimo termine. Quando si parla di social media si fa riferimento a tutte quelle piattaforme fruibili online e funzionali ad «un insieme di tecniche e pratiche di creazione e condivisione dei contenuti»23 in grado di supportare una comunicazione interattiva tra gli individui: ne sono esempio i social network insieme a blog, siti e servizi di microblogging, wiki, aggregatori, piattaforme di

videosharing

e

di

condivisione

di

contenuti

multimediali24. Massarotto M., (2011), pag. 23 I social media sono il riflesso di una “rivoluzione” più ampia che va sotto il nome di Web 2.0, termine coniato nel 2005 dall’editore Tim O’Reilly e con cui si designa “l’uso del Web come piattaforma”: «Con 23 24

35


L’oggetto di questo lavoro coincide con una tra le componenti elencate, ossia i social network, il cui significato è letteralmente quello di rete sociale, intesa come il risultato dei rapporti e delle relazioni che si instaurano tra i componenti di un gruppo di persone, sia esso un nucleo familiare, un insieme di amici, un gruppo di lavoro o anche solo di semplici conoscenti tenuto insieme da un legame di tipo sociale tradizionale. La loro definizione va articolata secondo due chiavi di lettura25, la prima ontologica, la seconda operativa: i social network, sono delle forme di aggregazione sociale che vivono al di fuori e a prescindere dalle reti informatiche, è la trasposizione della pratica di social networking26 all’interno del cyberspazio27 che ha creato

quest’espressione si intende il progressivo utilizzo di software direttamente online, quindi non installati sul computer di chi ne fa uso ma utilizzati attraverso un browser di navigazione. In questo modo gli utenti possono interagire in Rete con le informazioni come se stessero utilizzando un programma e il Web diventa una grande piattaforma che permette la condivisione dei dati fra i diversi utenti, che possono controllarli e gestirli più liberamente. Nielsen/NetRatings definisce il Web 2.0 come l’ambiente in cui si sono sviluppati dei siti web e delle applicazioni che mettono il controllo del contenuto, sia generato dall’utente o no, nelle mani del consumatore» Cova B.,Giordano A., Pallera M., (2007) Marketing nonconvenzionale, Il Sole 24 Ore, pag.81 25 Massarotto M., (2011), pag. 10 26 «Un servizio online può definirsi di social networking quando è un servizio che per funzione primaria consente o agevola l’organizzazione e la gestione via Internet di una mappa di una parte delle proprie relazioni sociali attraverso la possibilità di

36


nuovi terreni di coltura per questi legami e che ha rivestito di nuove accezioni l’identità sociale quotidiana e vissuta degli individui. [ In un certo senso la stessa Internet è l’antesignana dei social network se si pensa che, come scrive Manuel Castells «è la base tecnologica della forma organizzativa nell’Età dell’informazione: è il network […] un insieme di nodi interconnessi»28 e ancora «un mezzo che permette per la prima volta, la comunicazione di molti a molti, in un tempo scelto, su scala globale»29. I riferimenti teorici che gravitano attorno al paradigma delle reti sociali sono diversi e diluiti nel corso del tempo30, non creare e condividere contenuti, conversazioni o attraverso altri strumenti di socialità» Massarotto M., (2011), pag. 10 27 Termine introdotto da William Gibson nel romanzo di fantascienza Neuromante del 1984. In quel contesto il contesto delle reti digitali viene descritto come campo di battaglia tra multinazionali, oggetto di conflitti mondiali e nuova frontiera economica e culturale. Questa parola è stata assorbita nel linguaggio comune per lo “spazio” elettronico in cui agiscono gli utenti della Rete, spazio creato dall’interconnessione mondiale dei computer e delle memorie informatiche. 28 Castells M., (2001) Galassia Internet, Feltrinelli, pag. 13 29 Castells M., (2001), pag 14 30 La social network analysis, come viene chiarito da Marco Massarotto (op. cit., pag. 1), comincia dalla teoria dei grafi di Eulero del 1736, attraverso cui si da una rappresentazione matematica delle reti sociali attraverso l’uso dei grafi, e continua con gli studi sociologici di J.A. Barnes negli anni ’50. Nel campo dei riferimenti non accademici invece, è interessante notare quanto affermato da Marco Montemagno e Miska Ruggeri, secondo cui «Il primo a profetizzare il mondo dei social network è stato nel 1929 lo scrittore

37


solo riconducibili alla “partnership” con Internet. Il richiamo più accreditato e conosciuto affonda le basi nella “teoria del mondo piccolo”, meglio conosciuta come “teoria dei sei gradi di separazione”, ipotizzata dallo psicologo Stanley Milgram nel 1967 e verificata grazie a un esperimento su come un gruppo di volontari nel Nebraska e nel Kansas fossero in grado di venire a contratto con sconosciuti nel Massachusetts impiegando solo la loro rete di amici e conoscenze. Se ne ricavò che in linea teorica, ognuno di noi è potenzialmente connesso a qualsiasi persona nel mondo da una serie limitata di “passaggi”, e quindi non più di sei individui. Non a caso il primo social network ad essere lanciato fu SixDegrees.com nel 1997, e consentiva già da allora di pubblicare il proprio profilo insieme alla condivisione di una lista di amici. Il sito fallì nel 2001 - nel momento in cui aveva raggiunto un milione di utenti - per via dei bassi profitti che al tempo si potevano ricavare da una Web community e quindi a causa dell’incapacità di impostare un modello di business adeguato. ungherese Frigyes Karinthy con il racconto “Catene”, in cui immaginava che una qualunque persona fosse separata da ogni altra da un numero limitato relazioni e che quindi chiunque potesse arrivare a contattare un qualsiasi sconosciuto tramite catene di relazioni» Montemagno M., Ruggeri M., (2009), Alla conquista del Web, Mursia, pag.71

38


Figura 10: La timeline dei social network da SixDegrees.com fino a Facebook

Fonte: Boyd D.M., Ellison http://jcmc.indiana.edu/vol13/issue1/boyd.ellison.html

N.B.,

(2007),

In quegli anni, come mostra la Figura 10, ci fu una fioritura di siti che cercavano di replicare il modello di stampo networking

(ad

esempio

MiGente,

LiveJournal,

AsianAvenue, Cyworld, 39

BlackPlanet,

Classmates.com,


Ryze.com31) ma di fatto solo Friendster può essere considerato il reale precursore di Facebook32, segnando l’ingresso della fase matura dei social network. Friendster nasce nel 2002 con l’intento di far incontrare in Rete persone che condividessero amici in comune, appunto. Riuscendo a garantire un discreto livello di sicurezza per i propri utenti raggiunse nell’anno successivo il tetto dei trecentomila utenti, e proprio per questo, non riuscendo a tenere il passo con le richieste incalzanti indirizzate al server, si convertì in un sito accessibile solo tramite iscrizioni a pagamento, decretandone l’abbandono da parte degli utenti che si spostarono verso altre piattaforme. Una volta aperta la strada si diede inizio al tentativo di «capitalizzare il successo di Friendster»33 . Seguirono così nel 2003 LinkedIn, che offriva servizi di natura professionale,

Con Ryze.com ad esempio, gli utenti sperimentarono per la prima volta l’esperienza di poter sfruttare il proprio business network. Creato nel 2011 da Adrian Scott, fu pensato per l’ambito professionale e con lo scopo di instaurare delle amicizie online di natura commerciale: l’esplorazione della rete di amici era finalizzata alla ricerca di soggetti con cui poter fare affari. 32 Il paragone con Facebook e la scelta di questa piattaforma come metro di giudizio e termine di paragone non è, ovviamente, casuale. 33 Riva G., (2010), I social network, Il Mulino, Bologna, pag. 83 31

40


MySpace34, la più grande comunità online prima dell’esplosione di Facebook , il quale comparve sulle scene nel 2004 e la cui ascesa non si è mai arrestata, YouTube nel 2005 e Twitter nel 2006, come servizio dedicato al microblogging.

2.1.2. Struttura dei social network

E’ l’anno 2006, e Giuseppe Granieri nel riportare lo stato dell’arte del Web ne “La società digitale”35, scrive così:

Creato da Tom Anderson e Chris De Wolfe, MySpace ha rappresentato per molti anni il punto di riferimento per l’intera scena musicale. Inizialmente fu canale prediletto da tutti coloro che avevano la necessità di far conoscere la propria musica, dalle band emergenti fino a gruppi e artisti di fama internazionale e nel 2044 divenne un fenomeno di massa, soprattutto perché fu il primo social network ad affidare la personalizzazione del profilo – e quindi della pagina strutturata in forma di sito web personale – all’utente proprietario, per mezzo di layout personalizzati e semplici da gestire, l’inserimento di musica, video ed altri elementi “embeddabili” all’interno. Il ciclo di vita di MySpace conosce il punto di massima diffusione fino a metà del 2009, con oltre cento milioni di visitatori unici ogni mese accedevano al servizio. 35 Granieri G., (2006), La società digitale, Laterza, Roma 34

41


«Da qualche anno si parla di “social software”, alludendo spesso a una definizione in qualche modo circoscritta cui appartengono le prime applicazioni appositamente progettate per favorire la costruzione di relazioni»36. Quelle “prime applicazioni” equivalgono a ciò che oggi siamo abituati a chiamare social network e che andrebbero indicati in effetti come siti di social networking37, dal momento in cui si tratta di piattaforme che ospitano e rappresentano la trasposizione delle reti sociali su Internet organizzate in forma di mappe di relazioni e contenuti38.

Granieri G., (2006) pag.79 C’è comunque da precisare che la possibilità di fare nuove conoscenze o di stabilire delle connessioni con soggetti sconosciuti non è un’attribuzione esclusiva introdotta dai social network, un piccolo passo indietro nella storia del Web testimonia come questa funzione fosse già soddisfatta da forum e community - ovviamente non con lo stesso ampio spettro di potenzialità - per non parlare poi dei blog (che hanno dominato la scena insieme a MySpace prima dell’esplosione di Facebook) in termini di vetrina personale capace di garantire la possibilità di tessere una rete di relazione con altri blogger (blogroll e link in uscita) e la comunicazione con i lettori o semplici avventori del proprio spazio personale. 37 « While we use the term "social network site" to describe this phenomenon, the term "social networking sites" also appears in public discourse, and the two terms are often used interchangeably.» Boyd D.M., Ellison N.B., (2007), Social network sites: Definition, history, and scholarship, Journal of ComputerMediated Communication, 13(1), article 11. http://jcmc.indiana.edu/vol13/issue1/boyd.ellison.html 38 «[…] possiamo definire un social network come una piattaforma basata sui nuovi media che consenta all’utente di gestire sia la propria rete sociale (organizzazione, 36

42


Secondo la precisazione delle ricercatrici americane Danah Boyd e Nicole Ellison sono tre le prerogative che caratterizzano la natura di una social network, e quindi: - la presenza di un profilo pubblico o semi-pubblico all’interno di un sistema limitato: sono strutturati in maniera tale che ingresso e appartenenza ad un social network siano vincolati dalla costituzione di un profilo che può essere mostrato a tutti o solo ad una parte della propria rete. Il profilo si prefigura come una struttura standard e vuota, che l’utente andrà a riempire con le informazioni personali, da quelle basilari fino a quelle più specifiche. Si caratterizza quindi per la presenza di una pagina “ufficiale” (chiamata in alcuni casi bacheca o wall) che presenta i contenuti pubblicati dal proprietario e le interazioni che si sviluppano attorno ad essi; - la creazione di una lista utenti con cui condividere una connessione, che avviene per mezzo della “richiesta di

estensione, esplorazione e confronto), sia la propria identità sociale (descrizione e definizione).» Riva G., (2010), I social network, Il Mulino, Bologna, pag. 17

43


amicizia”, ovvero «dell’azione-funzione che rende pubblico il fatto che due persone si conoscano e abilita una serie di funzioni reciproche (lettura della bacheca, scambio di messaggi, condivisione del network di amici, notifiche rispettive)»39. Le relazioni possono essere stabilite in base a rapporti preesistenti - ricalcando quindi la vita offline – in base a rapporti d’amicizia, di lavoro o per affinità d’interessi40 (non a caso, coloro che si decide di far entrare all’interno della propria rete vengono definiti amici) e vengono alimentate da meccanismi di notifica, in base al quale i membri all’interno del social network vengono informati sulle attività svolte dagli altri componenti, da servizi di messaggistica interna, e dalla pagina del feed (home) in cui il sistema aggrega tutte le notizie che rigurda la community e cui si può scegliere di interagire; - l’esplorazione delle liste degli appartenenti alla propria rete o degli altri appartenenti al sistema: ciò che potenzia in concreto tutte le possibili derivazioni che possono scaturire dall’uso di tali piattaforme sta nella circolazione delle reti Massarotto M., (2011), pag.21 «Una volta si chiamavano “community”, che però è un termine un po’ generico che indica un’aggregazione di persone su Internet attorno a uno o più argomenti o interessi comuni» Massarotto M., (2007) pag. 110 39 40

44


sociali altrui e in tutto ciò che permette una funzione del genere, in questo modo infatti risaltano e vengono valorizzate opportunità personali, relazioni e addirittura professionali,

dei

legami

latenti

che

non

sono

immediatamente visibili o evidenti. Poi ancora, a seconda che si guardi al criterio d’aggregazione, forma, o tipologia di contenuti, i siti di social networking si distinguono in: - Social network generalisti, che si limitano ad aggregare le persone senza la necessità di una discriminante strutturale o contenutistica, fondati esclusivamente sulla volontà di relazione: Facebook ne è un esempio; - Social network tematici, incentrati su un tema o argomento specifico che fa da richiamo alle persone interessate e che vogliono far parte del network per condividere e usufruire del contenuto che ruota attorno alla materia trattata (LastFm e Linkedin);

45


- Social network mediatici, che si distinguono per la forma con cui viene articolato il contenuto. YouTube, Flickr, SlideShare fanno parte di questa classificazione. L’intera struttura e le prassi di gestione di ciò che viene pubblicato sono funzionali al formato. Bisogna riconoscere come nell’uso che generalmente si fa dei social network prevalga in buona percentuale la funzione ludica, ma le enormi quantità di contenuti pubblicati dagli utenti li traducono automaticamente in strumenti informativi e in catalizzatori di dinamiche importanti a livello macrosociale. Per questo motivo alcuni si sono distinti maggiormente nel tempo . Un’ulteriore caratterizzazione quindi, meno tecnica ma efficace, tocca l’ambito della popolarità che investe queste piattaforme, giudicata dal lato utente e dal punto di vista degli investimenti che vengono indirizzati su di esse, specialmente da organizzazioni e soggetti che operano nella comunicazione.

46


2.1.3 Facebook Il 22 Luglio 2010 Facebook annunciava di aver superato 500 milioni di utenti in tutto il mondo. Un risultato cruciale per la piattaforma, per il social networking in generale e soprattutto per le società globali. Oggi, a distanza di poco più di un anno, conferma la sua leadership a livello mondiale tra i siti di social networking (Figura 11)41 con più di 800 milioni di utenti attivi42, arrivando a superare nettamente l’utenza che l’intera Internet aveva nel 2004.43 La descrizione di Facebook non può prescindere dall’analisi di questi dettagli, di dati che fotografano una realtà conosciuta universalmente, che ha contribuito a definire più di ogni altro “concorrente” che cos’è un social network, e che è stata acquisita a pieno titolo nell’ordinario della La figura riprende la mappa mondale dei social network di Vincenzo Cosenza, che con il suo lavoro (ottenuto dall’incrocio dei dati Alexa e Google Trends for Websites) ha rilevato la leadership della piattaforma di Zuckeberg in 119 paesi su 134 analizzati. Secondo quest’analisi da dicembre 2010 Facebook ha conquistato anche l'Iran e la Siria, riuscendo a superare l’ostacolo della censura. Al momento della pubblicazone (giugno 2011) l’Europa risulta come il più grande continente su Facebook con 205 milioni di utenti. Cosenza V., “World Map of Social Networks”, www.vincos.it (2011) 42 www.facebook.com/press/info.php?statistics 43 Solis B., “Facebook now the size of the Internet in 2004”, www.briansolis.com (2011) 41

47


maggior parte della popolazione. Quindi a mio parere, allo stato attuale non necessita di un’esposizione che spieghi il funzionamento tecnico della piattaforma. Figura 11: La mappa dei social network nel mondo (da Giugno 2009 a Giugno 2011)

Fonte: Vincenzo Cosenza, www.vincos.it

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Figura 12: Confronto tra l’utenza di Facebook e la base di utenza di Internet

Fonte: www.briansolis.com, elaborazione www.pingdom.com su dati Facebook e Internet World Stats

Figura 13: Confronto tra l’utenza di Facebook e la popolazione delle maggiori nazioni

Fonte: www.briansolis.com, elaborazione www.pingdom.com su dati Facebook e Internet World Stats

49


Ciò su cui vorrei soffermarmi, piuttosto, si lega a quanto è stato annunciato alla F8 Conference, il 23 settembre 2011 a San Francisco. Il mio racconto parte dalla fine, dall’ultimo atto (in ordine cronologico) del social network. L’evento, che viene organizzato in genere per illustrare a sviluppatori e professionisti del Social Web i cambiamenti messi in atto dalla piattaforma, in questa occasione ha dato l’impressione a tutti i partecipanti (presenti fisicamente o collegati tramite diretta streaming)

di

essere testimoni di un chiaro momento

di

svolta per la vita del social network. Il primo colpo sferrato da Mark Zuckeberg durante il suo keynote è la Timeline, interfaccia interamente rinnovata in sostituzione della classica bacheca o Profilo personale (Figura 14), accostabile graficamente alla homepage di un blog e somigliante alla struttura proposta da MySpace della prima ora, che da la possibilità di mostrare ogni cosa che è stata condivisa su Facebook, tutte le applicazioni utilizzate, i posti in cui si è 50


stati dal momento in cui ci si è iscritti e di conseguenza la cronologia delle interazioni sviluppate con i referenti della propria rete. Figura 14: Nuova interfaccia del Profilo personale e Timeline

Fonte: www.facebook.com

Questa linea del tempo, da poter scorrere letteralmente sulla pagina personale, potrĂ essere personalizzata, tramite cernita di elementi che si desidera mostrare44 o che al contrario si preferisce non mettere in risalto, esercitando in questo modo il pieno controllo della privacy.

Gli eventi clou della propria vita sociale se contrassegnati diventano widescreen 44

51


Con quest’assetto Facebook diventa il diario della propria vita digitale, e l’album dei ricordi di quanto vissuto e condiviso realmente, una sorta di biografia, di memoria sociale45 che può essere spiegata dalle parole di Renato Cavallaro: «Nell’individuo si forma una specie di “deposito di esperienza” che ciascuno pone man mano in movimento attraverso i processi di interazione che legano indissolubilmente individuo e gruppo sociale»46.

A mio giudizio questa visione richiama l’approccio biografico utilizzato in sociologia, ovvero la metodologia che si serve della biografia come strumento di analisi sociale. «[…] la biografia o memoria personale diviene lo strumento privilegiato – non soltanto per gli storici – per costruire gli itinerari complessi della coscienza collettiva di un gruppo umano […] 45

ogni narrazione autobiografica racconta, innanzitutto una “prassi umana”, un atto sociale che, in quanto tale, si esprime attraverso una struttura sociale.” Cavallaro R. (1999), Il concetto di gruppo, Edizioni Seam, Roma, pag. 237 46 Cavallaro R. (1999), pag.238

52


L’altra novità riguarda la struttura del social network, l’Open Graph47 che nella sua versione rinnovata si apre ad applicazioni divise in quattro categorie, Comunication, Games, Media e Lifestile, che consentiranno agli utenti di connettersi in modi nuovi. Il pulsante like verrà presto sostituito dalle azioni leggere, ascoltare, guardare, consentendo di interagire con gli amici che stanno ascoltando musica, guardando un video, leggendo una notizia. In più, gli accordi commerciali stretti da Zuckeberg con società esterne che operano sul web (Spotify per la musica e Netflix per la televisione, ad esempio) mirano proprio a sfruttare e implementare una classe di applicazioni finalizzate a trattenere l’utente sulla piattaforma,

tramite

la

possibilità

di

consultare

e

condividere materiale multimediale grazie agli strumenti forniti direttamente dal social network. La virata più significativa messa in atto da Facebook nell’introduzione di queste novità, è questo muoversi verso le connessioni e le 47E’

da chiarire il passaggio da Social Graph (la mappa globale delle persone e delle loro relazioni) al protocollo Open Graph (http://ogp.me/) che consente a qualsiasi pagina web di interagire con un social network in modo bidirezionale, diventando parte del Social Graph e interagendo con il social network. Ad esempio tramite il pulsante like di Facebook, una pagina web riesce a non rimanere confinata come oggetto esterno ma diventa elemento attivo all’interno delle conversazioni.

53


attività più significative dei consumatori. Rimpiazzando il vago “mi piace” con un rinnovato ventaglio di modi con cui apprezzare e socializzare le esperienze, il social network diventa fortemente orientato all’azione e, di conseguenza, alla creazione di inediti scenari che vanno incontro sia agli utenti, che agli operatore del settore, inserzionisti e aziende che potranno costruire modalità di engagement sempre più cucite addosso al modo dei consumatori di relazionarsi a prodotti e servizi, e agli stili di vita che essi rappresentano.

2.2 Il social media marketing, finalità e strategia «Affinché l’impatto dell’armata possa essere paragonato a quello di una macina scagliata contro un uovo, è necessaria un’attenta considerazione dei punti deboli e dei punti di forza» Sun Tzu, L’arte della guerra

Facebook è senza dubbio uno dei luoghi più importanti in cui esserci se si ha l’intenzione di avventurarsi all’interno dell’universo dei social network. La seconda piattaforma in ordine di importanza e ai fini di una presenza sui social 54


media è Twitter, ma non bisognerebbe tralasciare nemmeno l’importanza di stabilire un presidio su YouTube con un canale ufficiale: la to-do list per potrebbe andare oltre queste poche indicazioni. E’ sotto gli occhi di tutti, anche di quelli meno esperti, che la sfera social

stia crescendo ogni giorno, ed è ormai

assodato che sia tra i luoghi di interazione ideali per ottenere dai clienti un feedback piuttosto genuino ed imparziale. In questo senso non sarebbe troppo azzardato dire che la centralità che occupavano indagini e focus group nello studio di effettivi o potenziali referenti d’acquisto viene gradualmente e quotidianamente minata dall’utilizzo di queste piattaforme sociali in Rete, principalmente a causa delle limitazioni a cui devono sottostare approcci di questo tipo, come una durata limitata, lo studio di situazioni fittizie perché ricreate ad

hoc e una scarsezza numerica del

campione considerato (all’interno dei panel rientra una parte ridotta di persone) specialmente se paragonata al pubblico dei social network. Ecco che I social media invece, permettono alle aziende di osservare, studiare e conoscere meglio che mai il nucleo e lo scenario 55


dei consumatori, perché in questi luoghi d’aggregazione virtuale, essi sono predisposti a “parlare” di marchi e prodotti in misura maggiore rispetto al passato e in modo assolutamente non indotto. Si è capito che l’ecosistema social non è portatore di un fenomeno transitorio, al contrario, va accrescendo la sua base d’affiliazione e continua a rinnovarsi tramite aggiunte e sistematiche riforme al parco degli strumenti di cui utenti e soggetti economici si possono servire per una migliore comunicazione. In linea con questa premessa, non sorprende che si sia giunti ad affiancare la qualifica “sociale” alla disciplina che regola i processi di contatto tra le organizzazioni economiche e i clienti, facendo nascere da quest’accostamento il social media marketing «inteso come promozione di siti, prodotti e servizi attraverso canali sociali in Rete, permettendo alle aziende di comunicare a un target molto più ampio di quello raggiungibile tramite i canali tradizionali»48. Vorrei cominciare a parlare di strategie di marketing in ambiente sociale partendo dalle valutazioni negative e dai punti di debolezza in cui ci si imbatte nel fare un’analisi dello stato delle cose, nel tentativo di fissare i contorni del 48

Prandelli E., Verona G., (2011), pag. 131

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social media marketing spiegando ciò che erroneamente viene “spacciato” per tale. Contestualmente all’ingresso prorompente dei social network sulla scena mediale e al loro insediamento nella vita online delle persone, si è posta per marchi, aziende, e soggetti satellite49, la necessità di aprirsi a un confronto e di procedere alla pianificazione delle attività su questi canali nuovi. A questo punto il problema per molte aziende è stato quello di essersi trovati impreparati davanti al sorgere di una realtà poco sperimentata, sbagliando a stimare l’impatto che potrebbe aver avuto sui loro piani, faticando a scorgere in essa un importante elemento futuro rispetto alla gestione di rapporti commerciali, e non sapendo come far assorbire “il nuovo” all’interno dei modelli di business preesistenti. Nel 2009 Mauro Lupi spiega perché «le aziende dovrebbero iniziare a produrre contenuti in modo strutturale» dando vita a quelli che chiama company generated content50, per far emergere Centri media, agenzie di comunicazione e Pr online Il termine rappresenta una variazione a ciò che in gergo digitale viene chiamato UGC, contrazione dell’espressione “user-generated content” coniata per etichettare il materiale multimediale disponibile in Rete creato dagli utenti invece che da società specializzate. A partire dal 2005, si è assistito a questo flusso ininterrotto di contenuti provenienti 49 50

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le storie che interessano l’azienda, chi ci lavora e ciò che ruota attorno all’oggetto del proprio business51. Data per scontata la parte giocata in prima linea dalla pubblicità sul piano della comunicazione da parte delle imprese, Lupi sottolinea come sia importante per questi soggetti scendere in campo per guadagnarsi l’attenzione

“dal basso” la cui produzione si può dividere in contributi finalizzati all’intrattenimento e altri destinati all’informazione, ma di sovente capita che questi contenuti riguardino l’esperienza di consumo, dalla descrizione dell’impatto avuto con un marchio, ai benefici o negatività riscontrate nell’uso di un prodotto. Questo terreno di coltura ha trasformato nel tempo il consumatore in prosumer, neologismo che fonde due parole, producer e consumer, e coniuga due ruoli, quello di produttore e consumatore, che storicamente hanno sempre seguito percorsi separati. Come scrisse Giampaolo Fabris nel 2007 «il prosumer, oggi, appare come una delle più trasparenti metafore del nuovo nei consumi. Vi è un consumatore che prende gradatamente le distanze dal prodotto anonimo, standardizzato, massificato. Che richiede in maniera insistente, prodotti non pensati per “un volto nella folla” (Riesman) ma progettati sulla base delle sue esigenze. Prodotti custom made, taylor made.» Fabris G. (2007) “L’epoca de l prosumer, mai più prodottibisone”, in Repubblica.it 5 Marzo. Gli utenti, in sostanza, sono giunti ad un livello di consapevolezza e competenza tale da poter e voler essere inclusi nella fase di progettazione, grazie all’esercizio costante della propria capacità di giudizio e di produzione di opinioni attorno a cio che viene “consumato” 51 «A guardare bene nei cassetti degli uffici si scoprono mille argomenti che potrebbe aver senso raccontare, naturalmente sempre in relazione agli obiettivi con cui si vuole sviluppare un tale progetto di comunicazione. Anche se sviluppare contenuti per chi di mestiere fa altro può sembrare impegnativo o impossibile, a cercar bene si scopre che c’è materiale ovunque in azienda: basta saperlo individuare, valorizzare e diffondere»

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degli individui distratti «da un’infinità di contenuti e canali disponibili, ubicati peraltro su device sempre più differenziati». Questo contributo mi aiuta a dire che la necessità di un’esposizione reale e partecipata da parte delle imprese è già stata dibattuta prima della successo delle piattaforme di social networking. Il primo canale deputato ad aprire la strada ad una comunicazione bidirezionale, che tenesse in considerazione contributi e feedback dei lettori, e che veicolasse i contenuti prodotti dalle aziende in ottica di relazione52 è stato infatti il Corporate53 Blog. Il blog54 «Il sito web fungerà da elemento centrale, aggiungendo alla sua funzione istituzionale e di destinazione delle iniziative pubblicitarie, il ruolo di smistamento di tutti gli altri contenuti periodici prodotti […]l’estensione verso la conversazione col mondo esterno sarà affidata ad una sezione blog che fungerà da membrana con le persone» 53 Giampaolo Fabris e Laura Minestroni definiscono la Corporate come «il complesso organismo (finanziario, tecnologico, produttivo, gestionale) che rappresenta la figura istituzionale entro cui sono iscritti uomini e mezzi, cultura industriale e sapere produttivo, biografia commerciale e forza finanziaria.» e quindi come il nucleo reale e materiale che sta dietro alla marca, anche se spesso meno visibile, «il gruppo industriale che sta alle spalle del brand, insieme alle strutture produttive, ai centri di ricerca, alla tecnologia, al sapere scientifico, alle tradizioni imprenditoriali che spesso coincidono con quelle familiari […] un formidabile patrimonio culturale e di esperienze che costituisce una garanzia e una sorta di plusvalore per la marca». Fabris G., Minestroni L., (2004), Valore e valori della marca. Come costruire e gestire una marca di successo, Franco Angeli, Milano, pag. 138 54 Un blog (contrazione di weblog, letteralmente “diario su rete”) «è definito comunemente come una pubblicazione cronologica in Rete aggiornata di frequente, un’agenda (log) di pensieri personali e link, un misto fra i diari che raccontano quello che succede nella vita di una persona e un reportage o un 52

59


come strumento di comunicazione applicabile in un contesto aziendale, in cui l’azienda si è data un volto, una voce e un carattere per rispondere pubblicamente a domande e magari anche a critiche incalzanti che in precedenza non trovavano riscontro, e per accogliere feedback, opinioni, suggerimenti. Uno spazio ufficiale da affiancare agli altri mezzi costitutivi della strategia di marketing, per far comprendere il proprio punto di vista e per dare la possibilità all’azienda di non apparire statica e assente nei confronti dell’utenza. Attraverso il Corporate Blog l’azienda ha gettato le basi per costruire una relazione che potesse essere autentica perché il blog aziendale, come tutti gli altri tipi di blog è scritto da persone che cercano di mantenere vivo l’interesse del cliente raccontando ciò che accade intorno ad essa, e quest’interlocutore a sua volta ha avuto sempre più l’impressione di parlare direttamente con una persona che in quel momento rappresenta l’azienda. Andando avanti nel tempo, e giungendo al nostro punto commento su ciò che avviene nella rete e nel mondo la fuori» Lovink G., (2008), Zero Comments, Mondadori, pag.42. Il blog si è posto come il fenomeno più fecondo e diffuso insinuatosi tra le maglie del Web 2.0 - grazie soprattutto all’usabilità della struttura di supporto che permette di gestire il contenuto su queste pagine web in modo rapido e intuitivo – e ha anticipato la sovrapposizione tra vita analogica e vita digitale, così come sta avvenendo con i siti di social networking.

60


d’interesse, è successo che l’avanzata dei siti di social networking ha gradualmente, e ormai quasi per intero, sostituito l’uso del blog corporate nella strategia di relazione e comunicazione aziendali con i propri stakeholder55. A fare da raccordo empirico con quanto detto, giunge il risultato pubblicato nel mese di Giugno 2011 dall’Osservatorio Brand e Social Media56 come frutto di una ricerca che mira

a

scandagliare

l’insieme

delle

iniziative

di

comunicazione nei social media in Italia da parte di 100 aziende, mediante l’osservazione e l’analisi delle loro attività online. Ebbene, in base alla prima release di questo studio

«Gli individui, le organizzazioni o le istituzioni che hanno una “partecipazione” o un “interesse” (stake) in qualche aspetto dei prodotti, delle operazioni, dei mercati, del settore e dei risultati di un’impresa; comprendono i clienti, i dipendenti, gli investitori e gli azionisti, i fornitori, le pubbliche amministrazioni, le comunità e molti altri agenti sociali» Pride W. M., Ferrell O.C., (2004), Volume 1:Marketing, Supplemento al Sole 24 Ore, pag. 647 Nell’ambito dei social network, puntualizza Marco Massarotto, gli stakeholder non sarebbero portatori di “interesse” in senso stretto, piuttosto «interessati (all’argomento) ma disinteressati (senza interessi in gioco se non quello di essere correttamente informati e di poter dialogare e contribuire a costruire un prodotto, un servizio o una società migliore)» Massarotto M., (2011), pag.115 56 L’Osservatorio è promosso dall’agenzia Digital PR (www.digital-pr.it) con il supporto scientifico di OssCom, il centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica. http://www.digitalpr.it/index.php/brands-social-media-osservatorio-su-100-aziende-e-lacomunicazione-sui-social-media-in-italia 55

61


relativa al settore Consumer Electronics57 e basata sul monitoraggio si quattro social media – Blog, Facebook, Twitter e YouTube – appare chiaro come il blog aziendale abbia perso terreno nell’ambito della strategia comunicativa digitale delle aziende: la bilancia pende nettamente dalla parte dei siti di social networking, e l’esposizione dei trend riscontrati, sebbene parziali e soggetti ad una scadenzata verifica in itinere – fa da anticamera alle argomentazioni che seguiranno in questo lavoro. Quindi: - Facebook non è più solo canale preferenziale per gli utenti, perché diventa luogo prescelto per la comunicazione anche per le aziende, le quali non si limitano al semplice presidio dello spazio, ma sono in grado di stimolare una proficua attività dei profili e dei dibattiti che li animano pubblicando almeno un wall post al giorno (con buona risposta degli utenti che arrivano in media a fare registrare picchi di 70 commenti o like);

Quello a cui si fa riferimento è il primo report emesso all’interno di una vasta ricerca che mira ad analizzare la modalità di utilizzo dei social media da parte delle 100 maggiori aziende di 5 settori merceologici: Consumer Electronics, Automobili, Banche/Assicurazioni, Retail7Grande distribuzione e Servizi. 57

62


- la strategia multicanale e multimedia conquista anche il mondo social: accanto a Facebook si affianca YouTube ed in generale la comunicazione video, 12 aziende su 20 si dedicano al canale aziendale ufficiale inserendo contenuti in forma di spot televisivi o di stampo user generated (chiamati in gergo tutorial) servendosi di un testimonial58. Anche Twitter non viene trascurato (9 aziende su 20 confermano la loro presenza con un profilo ufficiale in lingua italiana) e l’uso si attesta attorno alla pubblicazione di notizie veloci in concomitanza all’interazione generata tramite consigli e assistenza. Tirando le fila del discorso appare chiaro come la narrazione d’impresa, il corporate storytelling inteso nel suo insieme composto da storie, valori, progetti e persone dell’organizzazione, passando attraverso il setaccio delle

58E’

il caso, ad esempio, di Pupa, azienda di cosmetici che ha richiesto la collaborazione di Clio Zammatteo, make-up artist presente su YouTube con un canale (ClioMakeup) soggetto a milioni di visualizzazioni e con un pubblico piuttosto consolidato. La manovra dell’azienda ha fatto si che ne diventasse testimonial attraverso i suoi tutorial, video in cui vengono dati consigli pratici e mirati su tecniche di trucco e suggerimenti sui prodotti migliori da poter utilizzare. http://www.pupa.it/ita/tutorial/clio-make-up/

63


Rete e delle “leggi” del social networking subisca un cambiamento sulla spinta di quattro vettori59: - Persone: «in Rete chiunque può partecipare alla formazione del grande racconto aziendale, influendo con le proprie opinioni sulle percezioni altrui», con i social media si archivia il modello gerarchico e monodirezionale emittente –ricevente e la figura di un’audience passiva. Essi abilitano un potere proveniente dal basso, uno spazio di comunicazione in cui l’utente chiede, partecipa, assicura la sua presenza a patto di essere ascoltato nel contesto di un dialogo paritario - quello di una «comunicazione peer-to-peer60, dove gli utenti e le aziende partono “ad Vincenzo Cosenza Per ampliare il concetto di peer-to-peer nella sua dimensione operativa, riporto quanto scritto in un articolo da Bruce Sterling (scrittore americano, uno dei padri della fantascienza “cyberpunk”). Nel rifarsi alla tesi esposta da Yochai Benkler - professore di giurisprudenza di Yale e autore del saggio “The Wealth of Networks” (La ricchezza delle Reti) – Sterling descrive il fenomeno della “commons- based peer production”, produzione tra pari basata su risorse comuni, tramite questa metafora: «pensate ad una spaghettata tra amici. Tutti preparano qualcosa a casa loro e condividono i risultati mangiando insieme. Niente passaggi di soldi, niente direttive governative. E’ un esempio semplificato di “common- based peer production”. Immaginate ora che, invece della cucina di casa, ciascuno possieda un pastificio. Immaginate che gli “amici” siano un miliardo di persone in una rete globale: ovviamente si avrebbero spaghetti gratis in abbondanza. […] Moltissime attività un tempo prerogativa dello Stato sono oggi così a buon mercato che non vale la pena di farle pagare e si evolvono con tanta rapidità che non ha senso regolamentarle. Diventano attività sociali, come una spaghettata.» Sterling B. 59 60

64


armi pari”»61- e di una comunicazione aziendale che non sia “ipocrita”. Figura 15: Le relazioni tra l’azienda e il consumatore: differenze di flussi comunicativi sui mass media tradizionali e sui social media

Fonte: Massarotto M., (2011), pag.158

- Spazio:si

amplia la base dei canali che l’impresa

potenzialmente può sfruttare per raccontare se stessa. Una buona condotta delle presenza corporate sui social media richiede il «presidio attento» di questi spazi che, come ogni luogo di interazione, vive di regole e norme di

(2007) “Dimenticate i soldi si lavora gratis scambiando beni”, in XL di Repubblica 61 Massarotto M., (2011), pag. 158

65


comportamento condivise (e spesso tacite), che è bene conoscere e rispettare. - Tempo: la comunicazione aziendale cambia soprattutto in rapporto al fattore temporale, facendo in modo che da una parte vengano diluiti i concetti di durata e di termine del racconto aziendale «di solito coincidente con il vetusto concetto di “campagna”», e dall’altra invece, che si vadano a contrarre i tempi di risposta da dare agli utenti, incalzanti con i loro commenti e richieste su blog, forum e social network. Tutto ciò va condotto con la massima oculatezza, perché tutto rimane impresso nella grande memoria della Rete e dei motori di ricerca, che in qualsiasi momento possono riportare a galla la traccia delle «narrazioni e contro-narrazioni». - Strumenti: finito il presidio unico dei mass media classici, nuove piattaforme vanno ad amplificare la portata delle storie

costruite:

computer,

smartphone

e

tablet

riprogrammano codici e messaggi intersecandosi alle narrazioni già avviate su altri spazi, andando a rivestire il racconto aziendale di inesplorati assetti semantici.

66


2.2.1 Finalità delle strategie di social media marketing

Molti marketers e titolari di aziende erano, e lo sono ancora adesso, a digiuno circa quale sia lo scopo di una strategia di social media, non riuscendo di frequente a focalizzare gli obiettivi da impostare nel momento in cui ci si serve di un social media. Uno degli abbagli più comuni rispetto ai neonati mezzi di comunicazione è la convinzione errata che essi portino senza bisogno di troppi sforzi ad aumentare le vendite e promuovere la propria attività, nella convinzione che i social network siano assimilabili a un canale pubblicitario, con le conseguenze che una visione di questo tipo porta con sé62. Considerazione che non è errata, ne tantomeno falsa, ma di fatto coincide con una visione 62Mi

riferisco a: «Realisticamente l’unica fonte di informazione - capillare, onnipresente, assillante – a cui il consumatore ha potuto avere accesso è stata la pubblicità» che «[…] anche se non ingannevole, resta comunque sempre un’informazione incompleta e di parte. Il suo ruolo è più simile a quello dell’avvocato difensore che all’informazione giornalistica. Una comunicazione magari anche veritiera ma unilaterale, partigiana, condannata a una funzione elogiativa […] resta comunque la sola, o quasi, fonte accessibile al consumatore per informarsi sul mondo delle merci [… ] E’ vero che ci sono delle fonti alternative, “dalla parte del consumatore” ma il loro “tone of voice” è sempre stato, anche se coraggioso, debole e indistinto. Soverchiato dal frastuono assordante degli smisurati budget pubblicitari» Fabris G. (2003) Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, FrancoAngeli, pag. 420

67


riduttiva che si dimostra, se non accompagnata da altro, poco adatta ad attuare una strategia efficace sui social media,

sia

essa

di

medio

o

lungo

termine.

“Comunicare attraverso i social network è ontologicamente diverso rispetto a comunicare con i mass media, dove il messaggio è preconfezionato e consegnato a un’audience predefinita in modo uguale per tutti”63 La strategia di comunicazione sui social network deve essere modulabile in base al soggetto a cui si vuole comunicare, le comunità in cui si va ad interagire, l’ambito in cui si opera. «Sui social media la comunicazione funziona ad impulsi, si propaga attraverso la partecipazione (engagement) di stakeholder che non sono portatori di interesse in senso stretto, nel senso che sono interessati ma disinteressati senza interessi in gioco» Sfruttando il rapporto di reciproco scambio con i propri clienti sui social network (dato dalla combinazione delle risultanti di ascolto, relazione e azione) il focus delle attività di social media marketing, in termini di obiettivi, non deve essere poggiato sull’incremento delle vendite, ma sul

63

Massarotto M. (2011), pag.115

68


guadagno in termini di

brand reputation e brand

engagement. La pubblicità sui siti di social media, ad esempio, dovrebbe essere parte di una campagna pubblicitaria, proprio come avviene ordinariamente per la sua declinazione in televisione, radio, affissioni, o a mezzo stampa: i social media ne rafforzano l’azione di base, ma non possono rappresentare un sostituto esclusivo di un’intera campagna. Al contrario l’azione sinergica e combinata delle due parti è un’ottima chance per aumentare la base clienti in modo efficace o al massimo mantenendo quella preesistente. C'è una differenza fondamentale tra pubblicità e media sociali. La prima, evidente, è che la pubblicità tradizionalmente intesa si attesta come una comunicazione a una dimensione, a senso unico. I social network invece, prevedendo la trasmissione di messaggi e contenuti da un soggetto ad un altro,

si

strutturano

in

partenza

come

strumento

conversazionale, veicolo di comunicazione bidirezionale dove ad ognuna delle due è garantito un dialogo. La conversazione, quindi, è il cuore e al tempo stesso il banco di prova di ogni obiettivo di promozione che viene 69


cucito addosso ai social media. La preparazione della strategia richiede opportuni strumenti funzionali a: - valorizzare la quantità e la ricchezza di informazioni che i consumatori rilasciano in Rete, il potenziale delle informazioni disponibili è ancora in alcuni frangenti sottostimato e sottoutilizzato, quando potrebbe andare a completare i dati provenienti dai canali tradizionali64; - far leva sulle dimensioni rilevanti dell’interazione che si va a stabilire con i referenti da agganciare; - trasformare la relazione stabilita in un incontro sistematico con il consumatore, in accordo al focus da porre su di esso e nell’ottica di tenere viva la sua soddisfazione

«Difficilmente la comunicazione in Rete va a sostituire completamente quella attraverso canali tradizionali; sempre più spesso, però, la va a completare in maniera sostanziale per colpire specifici target e implementare azioni mirate, la cui redemption può essere puntualmente misurata […] è proprio nella capacità di rafforzare la comunicazione interattiva attraverso quella tradizionale e viceversa che sta quella che Rayport e Jaworski (2001) definiscono una value creation machine per il business» Prandelli E., Verona G., (2011), pag. 373 64

70


per convertirla gradualmente in fidelizzazione nel tempo65, alimentando il «capitale relazionale dell’impresa»66. «Per parlare al consumatore, per svolgere quella funzione didattica ed informativa di cui questo è in attesa, bisogna avere l’umiltà e la capacità professionale di parlare la sua lingua»67 Le aziende che non hanno già aderito a questa conversazione devono restano inevitabilmente ai margini di una scena che ha la sua indiscutibile fetta di importanza. Molti imprenditori guardano al percorso da seguire sui social media come strumento e non una strategia68, riducendone ogni possibile beneficio nel riuscire a creare «[…] risulta fondamentale considerare il valore potenziale dei singoli clienti per l’impresa e lo stato della relazione con l’impresa in cui ciascuno di questi si trova, muovendo dalla semplice soddisfazione a una fedeltà nei comportamenti, fino a una vera e propria fedeltà cognita, ovvero “superiorità” riconosciuta all’impresa che può, nei casi migliori, generare forme di lealtà» Prandelli E., Verona G., (2011), pag. 371 66 Ibidem 67 Fabris G. (2003) Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, FrancoAngeli, pag. 421 68 Secondo Giampaolo Fabris, fattori come la crescente competitività dei mercati e la relativa conseguenza dell’infedeltà del consumatore, andrebbero affrontati con una strategica «messa a punto di interventi rivolti alla fidelizzazione. […] Strategie e non tattiche: perché è solitamente a quest’ultimo livello che si esauriscono le azioni che hanno tale obiettivo […] non si può delegare alla sola front-line il rapporto con la clientela» Fabris G. (2003) Il nuovo consumatore: verso il postmoderno, FrancoAngeli, pag 409 65

71


un ulteriore flusso di reddito per i propri affari. Di fatto, il valore monetario di una qualsiasi operazione messa in atto in ambienti social based, «spazia ben oltre le dimensioni del mercato, i dati contingenti del fatturato»69, e andrebbe letta alla luce di un diverso tipo di remunerazione legata al valore del consumatore e al tipo di rapporto da instaurare. Quanto detto si può fare coincidere con un indicatore chiamato customer lifetime value70 che proietta il consumatore, e la relazione che si vuole instaurare con esso, in una prospettiva di lungo periodo attraverso un ingaggio significativo e una relazione che non sia l’effimera conseguenza di un isolato atto di acquisto. In questo modo una clientela “fedele” si sedimenta come il «vero capitale dell’impresa»71. A questo punto è necessario domandarsi in che misura e mediante quali step i social media possano innescare e supportare il meccanismo descritto. Fabris G. (2003), pag 408 «Le aziende più innovative e lungimiranti hanno definitivamente spostato il focus della vendita all’erogazione dei vantaggi, benefit, valore per il cliente. L’obiettivo è infatti quello di mantenere sempre quel cliente, insieme ad acquisirne di nuovi. Il cliente non è visto come un passante, ma come un consorte con cui instaurare una relazione per tutta una vita» Montagna L., (2004), Lavapiubianco.biz. Marketing, business e web, Hops Tecniche Nuove, Milano 71 Fabris G. (2003), pag 409 69 70

72


Come si ottimizza la presenza online di un brand, e quindi cosa è più importante, la presenza online sulle varie piattaforme, o la capacità del brand di coinvolgere in maniera proficua e realmente attiva l’utenza a cui si rivolge? La risposta si trova rielaborando i concetti di awareness ed engagement72, fortemente connessi l’uno all’altro, da valutare in un senso diverso rispetto a quanto viene indotto su mezzi già testati: gli ambienti social based rappresentano (o almeno dovrebbero rappresentare in linea di principio) un terzo ambiente tra l’abitazione dell’utente e il punto vendita del brand73 in quanto piattaforme in grado di veicolare rinnovate forme di esperienza. La colonizzazione dei social network da parte dei brand è causa e allo stesso tempo conseguenza delle ragioni che muovono i consumatori a seguire i marchi che “amano” L’awareness è la memorabilità, la notorietà del marchio, la misura in cui esso è riconosciuto dai clienti o associato in modo corretto ad un prodotto nella mente dei consumatori, elemento che «non è certamente un importante presupposto per la creazione di una relazione» Fabris G., Minestroni L., (2004), pag.58. Con engagement invece, la cui traduzione è quella di “fidanzamento”, si intende «un approccio al marketing che punta al coinvolgimento emotivo dei consumatori più che a quello razionale. Si basa sul dialogo, sull’interazione attiva e cooperativa fra azienda e consumatore» Cova B.,Giordano A., Pallera M., (2007), pag. 250 73 Stefano Mizzella, “Brand Awarness e Brand Engagement”, www.socialmediascope.it (2011) 72

73


all’interno di questi ambienti sociali: causa perché molti marchi hanno saggiamente ottimizzato le strategie di marketing

e

di

digital

PR

per

indurre

questo

comportamento, anche arrivando a fare one-to-one CRM74 su Facebook e Twitter, e conseguenza, in quanto buona parte del pubblico che diventa fan o follower dei marchi viene attratto da i benefici effettivi o potenziali che essi offrono online. Risultati di studi recenti75 attestano che circa il 40% degli utenti di Facebook, MySpace e Twitter in seguono le marche per poter beneficiare di sconti e offerte speciali come mostrato in Figura 16, in misura leggermente inferiore lo fanno se sono già clienti acquisiti e in percentuale a seguire, in base al livello di intrattenimento e interesse che i contenuti proposti riescono a generare. Poi

« Il CRM può essere definito come un processo integrato e strutturato di gestione delle relazioni con i clienti, volto ad accrescerne la soddisfazione e, di conseguenza, la fiducia e il valore generato per l’impresa. Rappresenta, in altre parole, lo sforzo manageriale finalizzato al governo delle relazioni con i consumatori attraverso la combinazione di processi di business e tecnologie che cercano di accrescere il livello di comprensione in merito a caratteristiche e preferenze dei clienti dell’impresa. L’obiettivo di una strategia di CRM è quello di mettere a punto e implementare un portafoglio di azioni diverse per clienti differenti sotto il profilo delle loro esigenze, da un lato, e del loro potenziale per l’impresa, dall’altro» Prandelli E., Verona G., (2011), pag.373 74

75

74


un aspetto a cui dare la dovuta importanza è il ruolo ricoperto dal word-of-mouth76 – il passaparola – nella formazione di preferenze e orientamenti dei consumatori nella fase decisionale del processo d’acquisto. Figura 16: Le motivazioni per cui le persone seguono i brand sui social media

Fonte: Get Satisfaction. http://blog.getsatisfaction.com/2011/06/29/what-makes-people-follow-brands/ «La trasmissione di informazioni, considerazioni, opinioni su un prodotto o su un brand che avviene da persona a persona in modo informale. Tipicamente considerata una forma di comunicazione verbale, il passaparola è oggi potenziato dal Web e in questo caso è anche definito word-of-mouse. Un’operazione di wom ben riuscita genera l’effetto buzz (ronzio), una forma altamente intensa e interattiva di passaparola» Cova B.,Giordano A., Pallera M., (2007), pag. 266 76

75


A questo punto resta da capire come si procede alla valutazione di una strategia social, e quali sono gli atteggiamenti da evitare per non incorrere nell’abbandono dei clienti da questi spazi.

2.2.2. La misurazione dei risultati: dalla Web Analytics alla Social Media Analytics

A fronte della presenza e della partecipazione massiccia di utenti e consumatori nei social media, comunicatori, brand manager e marketer vengono riconoscendo la necessitĂ di affrontare le comunicazioni che si sviluppano attraverso la conversazione, la creazione e la condivisione in rete con prospettive metriche e gestionali nuove. Nella pratica recente sul tema delle social media metrics l’elenco degli indicatori dedicati alle misurazioni delle performance di comunicazione e marketing è stato arricchendo introducendo, per la prima volta, misure nuove e insolite come friend, followers, e supporters. Insieme 76


dunque, alle più classiche misure di page view, impression, clickthrough rate e visitor77, si stanno aggiungendo metriche relative al numero di amici, fan e supporter, con l’obiettivo di analizzare la dimensione e l’impatto delle attività sociali e delle influenze in rete. Come osserva Mauro Lupi «l’obiettivo da raggiungere è di riuscire a “pesare” le voci e non più solo contarle. Per cominciare è utile anche solo cambiare la terminologia e spostare il focus sulle persone: le persone sono partecipanti molto più complessi e interessanti dei semplici “utenti” o “consumatori”. Evidentemente siamo su un terreno ancora nuovo ma la tecnologia sta producendo strumenti sempre più precisi per permettere alle aziende di compiere il passo successivo: interagire con i singoli individui, sempre più coscienti delle loro capacità di giudizio, di scelta e di influenza.»

Page view: generalmente si riferisce alla richiesta di caricamento di una singola pagina di un sito. Nel Web, tale richiesta può essere il risultato di un clic su un link che punta alla pagina in questione. Impression: unità di misura che indica il numero di volte che una pagina web o un banner viene visualizzata sul browser dell’utente, indica perciò quante volte l’utente è stato esposto all’annuncio pubblicitario. Si tratta comunque di un dato assoluto che non permette di conoscere la reale efficacia della campagna. Click-trough rate(CTR): metrica relativa I concetti di visita e visitatori sono centrali nella Web Analitycs. La visita indica le azioni e le interazioni che caratterizzano il passaggio dell’utente sul sito web 77

77


Ecco ad esempio che, per i brand presenti su Facebook diventa primaria la metrica dei like78 alla propria pagina, per quantificare il volume dei consensi ricevuti e il successo della propria attività sul social network. Risultati che ovviamente possono essere indotti da un cospicuo investimento

in

campagne

pubblicitarie

capaci

di

reindirizzare gli utenti sulla propria pagina. La stima effettiva, vista in quest’ottica, può non essere oggettiva nel senso di un reale attaccamento al brand. Vincenzo Cosenza offre un’analisi grafica di questo concetto, elaborando i dati79 delle Brand Page italiane con maggior numero di like, e quindi con più sostenitori80(Figura 17).

Il like alle pagine ufficiali è stata un’evoluzione del pulsante “diventa fan” 79 Elaborazione dati SocialBakers alla data del 7 ottobre. Cosenza V., “Brand italiani su Facebook: quelli con più like e quelli con più persone che ne parlano”, www.vincos.it (2011) 80 Nutella (3.300.110), Vasco Rossi (2.610.026), Juventus (2.467.033), Kinder Bueno (2.436.850), la pagina non ufficiale della Nazionale Italiana (1.510.393), la trasmissione Lo zoo di 105 (1.469.408), Vodafone.it (976.872), Radio 105 (622.719), Il fatto quotidiano (622.350), TIM (587.683). 78

78


Figura 17: Top 10 Pagine italiane su Facebook per like ricevuti

Fonte: Vincenzo Cosenza, www.vincos.it

I cambiamenti introdotti da Facebook però, hanno investito anche il campo delle metriche messe a disposizione per questo spazio deputato alla presenza delle aziende sul social network, esplicitando in un certo senso la dimensione qualitativa tanto elogiata dagli addetti al settore quanto discussa da chi vede i dati quantitativi come adeguata ricompensa per i propri sforzi di investimento economico. Questa nuova metrica, visibile a tutti e 79


posizionata sotto il numero dei like ricevuti dalla pagina (Figura 18), corrisponde al numero delle persone che “parlano

dei contenuti della pagina” : «il calcolo, che considera l’ultima settimana, tiene conto dei like ricevuti pagina, dei post degli utenti sulla bacheca, dei like, commenti o condivisioni dei contenuti pubblicati sulla pagina, delle risposte alle domande postate, delle conferme ad un invito, delle menzioni/tag della pagina, della condivisione o del like di un deal o di un check-in nel luogo associato al brand. Una sorpresa non da poco per le

aziende che hanno visto svelare la propria reale capacità di stimolare l’interesse dei “likers”» Figura 18: Pagina Facebook di Juventus

Fonte: www.facebook.com/Juventus

Come mostra la Figura 19 e da un raffronto con quelle precedenti, questo nuovo indicatore cambia le carte in tavola: il numero di likers non è direttamente proporzionale 80


al livello di coinvolgimento che il brand sulla propria pagina è capace di generare81. Figura 19: Top 10 Pagine italiane su Facebook per “persone che ne parlano”

Fonte: Vincenzo Cosenza, www.vincos.it

I brand che stimolano di più i propri sottoscrittori ad interagire sono: Juventus (152.803 persone che ne parlano) e Vasco Rossi (102.469). Seguono i giornali-community come Il fatto quotidiano (43.902) e La Repubblica (38.179), Lo zoo di 105 (37.368), Nokia Italia (32.063), Vodafone.it (22.267), Serie A TIM (22.211), Silvio Berlusconi (18.763), Nutella (16.842), Nazionale Italiana (16.736), Spinoza.it (15.692), Corriere della Sera (15.158), un marchio di moda come Luisa Via Roma (13.501), MTV Italia (12.187), TIM (10.905). 81

81


Anche su Twitter si verifica una situazione assimilabile a questa: secondo quali criteri vengono rintracciati gli influencer sulla piattaforma di microblogging? Davide Bennato richiama tre indicatori in proposito, «il numero di persone che seguono un utente (follower), il numero di retweet che un utente è n grado di generare, il numero di citazioni che riguardano uno specifico utente»82. Dall’analisi della combinazione di questi indicatori è emerso che il numero di follower, seppur determinante per la popolarità di un utente su Twitter, non garantisce in maniera proporzionale la possibilità avere retweet o citazioni, «la conseguenza è che il numero di follower non è indice di influenza» in quanto i retweet vengono generati dal valore dato al contenuto dei tweet e le citazioni discendono dal valore attribuito all’utente che ha postato la stringa da 140 caratteri.

82

82


2.2.3. La gestione delle criticità

Una parte importante e molto delicata in questo tipo di gestione è quella attinente al crisis management sui social network. Il primo tipo di ostacolo a cui dover far fronte, che è anche più semplice e comune, è la gestione dei commenti negativi. La sfera dei social media infatti, sforna un discreto quantitativo di commenti e giudizi che vanno contro un brand, si tratti anche solo di un episodio negativo, di un problema specifico o un prodotto fallato. Esiste una prassi adeguata e “politicamente corretta” per amministrare al meglio ogni singolo caso. Idealmente, qualcosa deve essere sempre fatto per porre rimedio alla situazione e per mettere l’utente, e quindi il cliente, in condizione di sentirsi ascoltato, preso in considerazione insieme al suo reclamo. Ci sono poi le critiche costruttive, anch’esse abbastanza frequenti, le quali dovrebbero costare all’azienda solo un sforzo di “gratitudine” e di attenzione cortese nei confronti di quanto espresso, che per inciso, si può rivelare spesso 83


come una buona occasione per colmare carenze materiali e gap sul versante della comunicazione o dell’assistenza, oppure per mostrarsi aperti ad opinioni diverse e disponibili ad un confronto, a pieno beneficio della costruzione di un “buon carattere” aziendale. Purtroppo, questa piccola accortezza, molto più simile a una regola di buon senso che ad una procedura standard, non sempre viene presa in considerazione, e le aziende prendono scivoloni tali da poter sfociare in vere e proprie crisi reputazionali.

Il caso della marca d’abbigliamento femminile Patriza

Pepe, non molto tempo fa, ha fatto discutere in questo senso. Il tutto ha origine sulla Pagina Facebook dell’azienda fiorentina, circa un commento fatto ad una foto appartenente alla campagna stampa “Where is Patrizia?”.

84


Il commento critica aspramente la scelta di una modella troppo magra, e avvalora le accuse che vengono mosse ormai da tempo al mondo della moda, colpevole di proporre e incoraggiare

canoni estetici femminili non

aderenti alla realtà e ben lungi dall’essere considerati di giovamento alla salute; in esso83, si accusa palesemente l’azienda di aver utilizzato per la collezione una ragazza anoressica, sottovalutando la gravità di questa patologia. L’osservazione critica in questione muove una serie di altri commenti a catena, cui fa seguito una reazione piuttosto aggressiva da parte del community manager (o dello stesso personale del marchio) responsabile della pagina e di ogni 83www.facebook.com/photo.php?fbid=10150550046630576&set=a.18966402

057+5.251734.73479655575&theater

85


posizione espressa dal marchio (Figura 20). La risposta ufficiale, invece di smorzare i toni di polemica su una questione etica e sociale molto delicata, tende a difendere il “diritto” di proporre capi e modelli che non tutte le donne si possono permettere di indossare, quasi a voler ammettere che tra il proprio target non rientrino le donne con forme più abbondanti, e ammettendo tra le righe di non volersi curare del problema. Ma la conversazione non rimane solo all’interno di Facebook, perché la notizia molto rapidamente viene pubblicata, ripresa, e fatta rimbalzare per l’intera blogosfera e su Twitter, dove l’azienda peggiora le cose rincarando la dose con commenti ostili, superficiali e scortesi (Figura 21). Come spiega Mirko Pallera84, «in un sistema bidirezionale e dialogico come quello del social web è facile trovarsi nel bel mezzo di discussioni accesse che rischiano di trasformarsi in veri e propri attacchi alla marca»: ecco che diventa cruciale l’attenzione da dedicare a quanto viene rilasciato sulle piattaforme scelte per veicolare comunicazione, valori, e posizioni aziendali.

Pallera M., “Patrizia Pepe e l’anti-social media management”, www.ninjamarketing.it (2011) 84

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Figura 20: Patrizia Pepe, Pagina Facebook: il thread alla foto incriminata

Fonte: www.facebook.com/patriziapepe

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Figura 21: Patrizia Pepe: lo stream su Twitter

Fonte: www.socialmediamarketing.it/patrizia-pepe/

L’atteggiamento arrogante e di chiusura da parte di Patrizia Pepe ha prodotto importanti meccanismi di passaparola negativo in grado di tramutarsi in un forte rischio per l’azienda, traducibile in danni d’immagine permanenti (non bisogna dimenticare che tutto ciò che viene scritto e detto in Rete rimane nella memoria dei motori di ricerca) e in conseguenti ripercussioni sulle vendite, sia da parte di consumatori sensibili all’etica aziendale che da parte dei 88


rivenditori, tramite campagne di ritiro dei prodotti. Tuttavia, forse allarmato dalla possibilità di vedere avverate queste previsioni, il marchio ha messo in pratica (anche se in ritardo e a situazione quasi del tutto compromessa) le regole di un buon crisis management online: - non trascurando l’accaduto e agendo con immediatezza, fornendo spiegazione del proprio comportamento e le scuse rispetto ai toni usati sfruttando la pubblicazione di un comunicato su uno dei presidi ufficiali dell’azienda, ovvero il blog85; - intervenendo con trasparenza e voglia di ripristinare un punto di contatto leale con i propri referenti e l’intero pubblico on-line tramite la pubblicazione di informazioni di utilità, ossia l’analisi dettagliata della crisi per mezzo dei dati ufficiali, con l’intenzione di «intraprendere una serie di iniziative volte a mettere a frutto l’esperienza vissuta sulla propria pelle, con

“Patrizia Pepe impara dai Social Media”, http://inside.patriziapepe.com/it/2011/patrizia-pepe-impara-daisocial-media/ 85

89


l’obiettivo di accrescere conoscenza e strumenti che possano rivelarsi utili alla futura gestione e partecipazione “Social”»86. Le tappe di questa vicenda, mettono in luce quanto può essere concluso circa una buona gestione della presenza aziendale sui social network, la cui importanza non deve essere compresa nel momento in cui si richiama il team e l’intera organizzazione all’attivazione di crisis plan, bensì in ogni fase preliminare e operativa che sottende alla strategia di social media marketing. Il cambiamento in atto grazie agli ambienti social based non è trascurabile, ogni tipo di contenuto è in un certo senso “indifeso”, esposto a commenti e condivisione, senza la possibilità di controllo o veto da parte della fonte: il brand opera tra pari, diventando protagonista insieme agli utenti comuni delle conversazioni in atto sul Web. Quindi, se da una parte è vero che si perde il controllo e l’opportunità di prevedere eventi delicati o negativi, dall’altra non si può negare che il guadagno potenziale in termini di relazione con i consumatori, e di sviluppo della percezione che essi hanno di un brand, possa essere molto proficuo e redditizio. Come affema Marco “Patrizia Pepe: la crisi Social Media diventa Open”, www.inside.patriziapepe.com/it (2011) 86

90


Massarotto infatti, «il principio di fondo è che essere “aperti” e “sociali” sul Web paga: in termini di viste, in termini di qualità dell’interazione, in termini di rapporto con i propri clienti. Utilizzare le soluzioni previste per i brand dai social media e integrarli in siti sempre più aperti e sociali è la strada da seguire per le aziende[...]»87.

87

Massarotto M., (2011), pag.179

91


3. LA NUOVA FRONTIERA DEL WEB SOCIALE: LA GEOLOCALIZZAZIONE 3.1 I servizi basati sulla localizzazione

La geolocalizzazione è l’ultima tendenza nata in seno all’ambiente del social networking, come risultante della concomitanza d’azione tra il sistema Gps di cui sono dotati i devices mobili le piattaforme social che fondano la loro ragion d’essere sul riconoscimento della posizione fisica dell’utente e sulle istanze legate al territorio. Alle tradizionali domande a cui si è abituati a rispondere, in modo implicito, nell’aggiornare lo status sulle diverse piattaforme – a cosa stai pensando?, cosa stai facendo?, Che c’è di nuovo? – se ne aggiunge una: “dove sei?”, elemento importante perché ridisegna ancora una volta il tipo di fruizione che gli utenti fanno di Internet attraverso gli strumenti che hanno a disposizione. La geolocalizzazione è l’identificazione della posizione geografica nel mondo di un dato oggetto, da sempre la sua connotazione è stata funzionale alla necessità dell’uomo di 92


mettersi in relazione con il territorio e la propria rete sociale. L’indicazione della propria posizione geospaziale offerta dai sistemi GPS presenti sugli smartphone contestualmente all’ integrazione a servizi e applicazioni web definiti locationbased services, ha concretizzato la trasposizione di questa funzione dal luogo fisico al luogo virtuale per antonomasia, la Rete, dando il via ad una serie di possibilità che spaziano dalle ricadute sulle conformazioni sociali fino all’aprirsi di nuove opportunità per chi sul Web potenzia il proprio business. Da qui la comparsa e il successo dei geo-social network, nuovi arrivati all’interno del panorama social e protagonisti in tempo breve di un discreto successo e dell’attenzione da parte degli analisti del settore: questo perché le diverse applicazioni della geolocalizzazione stanno nuovamente ribaltando le regole del gioco all’interno della Rete, e non solo, stanno rivalutando la geografia dei luoghi, stanno sviluppando un nuovo approccio delle persone nei confronti della tecnologia, toccano la fruibilità e la qualità dell’ informazione e delle notizie, ed ancora stanno rigenerando la propensione dei consumatore

verso

brand, 93

prodotti,

aziende.

Ma


soprattutto, stanno attuando il piano che tende alla completa convergenza tra l’online e l’offline. Il fattore geografico, fino a poco tempo fa preso in scarsa considerazione in questi contesti non è più prescindibile, ma diventa centrale, primario. I Location-based services, o Lbs, si definiscono come «tutti i servizi wireless basati su protocolli Internet (IP), accessibili attraverso dispositivi mobili, che offrono servizi specifici erogati in base alla localizzazione dell’utente»88 e hanno origine dall’intersezione tra i GIS, geographic information system - ovvero database georeferenziati – devices mobili e web services. Il funzionamento è regolato da questi passaggi: - l’antenna Gps del device (smartphone o tablet) acquisisce le coordinate dell’utente; - il device, trasmette l’informazione via Internet ad una piattaforma basata su questa tipologia di servizio.

(International opengeospatial consortium, 2005) Prunesti A., Lalli F., (2011), Geolocalizzazione e mobile marketing. Fare business con le App e i social game, FrancoAngeli 88

94


I location-based services, come precisa Marco Massarotto89, si sono sviluppati sotto due modalità: - geo social network puri, nati e fondati sulla georeferenziazione, sia per quanto riguarda la struttura portante che il modello di business, ne sono esempio concreto Foursquare e Gowalla; - social network con funzioni geo, dove colossi del Web o social network preesistenti hanno integrato la funzione geografica tra le loro skills come Google con Places e Latitude, Facebook Places, Twitter, Flickr Geo Tagging, YouTube Geo Tagging. Non resta che avviare l’analisi del mercato dei servizi elencati facendola passare attraverso il setaccio del social media marketing, nell’intenzione di capire qual è, e quale sarà, la strategia e il tipo di approccio che le aziende stanno cercando di sviluppare nella fase iniziale di primo contatto con queste piattaforme.

89

Massarotto M., (2011), pag.107

95


3.2 Da Dodgeball a Foursquare: il social network diventa georeferenziato

Il matrimonio tra geolocalizzazione e social network non è proprietà esclusiva degli ultimissimi anni (Figura 22). I location based services affiorano nel 2000 con Dodgeball, uno dei primi esempi di mobile social networking, un sistema gratuito che si può considerare il predecessore di Foursquare90. Dodgeball comunicava ai propri amici l’accesso ad un determinato, permettendo agli utenti di 22 città

americane

di

notificare

la

propria

posizione

combinandola con una mappa, con la possibilità di avere un profilo, pubblicare commenti e foto. Nonostante la carica innovativa dell’applicazione rispetto ai tempi, essa non superò mai i 75 mila iscritti, probabilmente a causa di un modello di business poco chiaro, cosa che comunque non fermò Google dall’acquistarla nel 200691 (e a farla chiudere Dodgeball e Foursquare condividono il fondatore, Dennis Crowley, che creò l’antenato del geo-social network più celebre al momento insieme ad Alex Rainert, compagno di un master per comunicazioni interattive alla New York University. 91 «Ai tempi di dell’acquisto Crowley postò: “abbiamo parlato con diversi investitori e venture capitalist, ma nessuno ha davvero “capito” quello che stavamo facendo. 90

96


poi nel 2009). trasformarla in Latitude). Il 2004 è l’anno della comparsa di Where e Plazes, applicazioni che sfruttavano la tecnologia location-based e orientati al social networking, quest’ultimo nel 2008 venne acquistato da Nokia, proprio mentre venivano a galla altri servizi in startup come Tellmewhere, Brightkite e Gowalla quest'ultimo più orientato ad aspetti ludici grazie anche all'utilizzo della realtà aumentata e in grado di contendere la leadership a Foursquare, il quale fa ingresso nel 2009 ad opera di due giovani sviluppatori: Dennis Crowley e Naveen Selvadurai. Il prossimo capitolo sarà incaricato di condurre la descrizione di quello che al momento può considerarsi il principe tra tutte le applicazioni presenti sul mercato lche sfruttano la geolocalizzazone, per cui di seguito mi limiterò ad una breve descrizione dei due principali concorrenti: Facebook Places e Gowalla.

Finché non abbiamo incontrato Google. Loro la pensano come noi”. In seguito però, raccontò di essersi ritrovato in un’azienda con “strategie sociali senza speranze”. Così nell’aprile del 2007 lasciò Google, ma non aveva ancora smesso di creare» Pollack N. (2010), pag. 142

97


Figura 22: La timeline dei geo-social-network

Fonte: Vincenzo Cosenza, www.vincos.it

98


3.2.1 Facebook Places

In seguito alla comparsa di un social network basato sui servizi di geolocalizzazione come Foursquare e al successivo acquisto di consensi da parte dell’utenza, Facebook, nei panni di incontrastato protagonista della Rete non poteva che adoperarsi per creare la personale risposta in concorrenza alla piattaforma di Dannis Crowley. Nasce

così

nel

2010

Facebook Luoghi, funzione che abilità la possibilità di segnalare la propria presenza in qualsiasi posto luogo mediante l’applicazione disponibile per diverse tipologie di device mobile. Il tutto rimane all’interno dello stesso social network, senza appoggiarsi a servizi esterni: l’utente procede al check-in, l’informazione relativa al luogo viene immediatamente pubblicata sul profilo sotto forma di messaggio di status e appare nello flusso delle notizie dei propri amici, insieme al rilascio di un eventuale commento. Gli utenti sono in grado di condividere e far sapere dove si trovano ai loro amici, 99


possono connettersi fisicamente agli amici che si trovano nei dintorni, ed eventualmente rintracciare le offerte commerciali nelle vicinanze. Poi, a differenza di quanto accade su Foursquare, viene data la possibilità di taggare amici che si trovano nello stesso luogo, opzione che sposa in pieno i meccanismi e le consuetudini del social network ma che porta con sé, naturalmente, problemi sul versante della tutela della privacy. Le riflessioni che possono scaturire intorno al servizio di geolocalizzazione offerto da Facebook, si avvicinano ad eventuali vantaggi che un social network così popolato può fornire, che vanno nel senso di una diffusione e massificazione della pratica del check-in.

3.2.2 Gowalla

Sulla base di tratti molto simili a quelli di Foursquare, Gowalla rappresenta la seconda applicazione location based più diffusa tra gli utilizzatori della Rete. Il modello si avvicina molto a quello 100


del social network diretto concorrente, in quanto anche qui gli utenti districano la loro attività tra la condivisione di luoghi, la scoperta di cose nuove nei posti frequentati, i check-in e la raccolta di premi virtuali: gli utenti possiedono un “passaporto” su cui possono essere collezionati i badge ottenuti tramite visita di luoghi, ma come vedremo più avanti, tutto ciò ha un’impronta meno competitiva rispetto a Foursquare. L’elemento distintivo piuttosto si riscontra nel poter «recuperare “oggetti” da lasciare, poi, in location casuali, permettendo così ad altri utenti di raccoglierli o scambiarli, trasformando un semplice tragitto al supermercato in una spedizione di geocatching»92: una specie di souvenirs digitali da poter utilizzare poi nel mondo reale perché corrispondenti a premi tangibili come gadget o biglietti per il cinema.

92

Pollack N. (2010), pag. 143

101


3.3 Il valore dei location based services per il marketing

L’evoluzione degli strumenti e delle tecnologie ha permesso alle aziende di avvicinarsi sempre di più al consumatore e di conoscerlo sempre meglio. Da tale conoscenza, può scaturire ovviamente l’eventualità di attivare approcci mirati e customizzati che si allontanano dal marketing massificato in favore di soluzioni dirette con ogni segmento d’interesse. La spinta della geolocalizzazione in chiave business procede in questo verso, perché consente di raggiungere il consumatore con promozioni o iniziative pubblicitarie pertinenti, quindi in stretta consonanza con il luogo in cui esso si trova. Pertanto se da un lato i mezzi di comunicazione di massa tradizionali - già rodati nel veicolare strategie di promozione - continueranno a sostenere la visibilità e la crescita dei brand, dall’altro ci sarà tutta una serie di attività da sondare, tese ad alimentare il dialogo avviato su altri canali con una sorta di “empatia operativa” ed azioni sviluppate

ad

personam.

Il 102

tutto

a

vantaggio

di


un’integrazione con ogni progetto che progressivamente ogni marchio si prefigge per mantenere e allargare la propria base di clienti. Ma qual’è il reale valore derivante dalla localizzazione? Uno sguardo generico permette di constare come l’utilizzo del device mobile, strumento deputato a far “girare” i servizi georeferenziati, sia funzionale all’utilizzo della Rete intesa come bacino sconfinato di informazioni da cui attingere, ad esempio -

nell’orientamento

nelle

decisioni

d’acquisto:

gli

smartphone vengono già impiegati dai consumatori per compere delle decisioni anche quando sono lontani da casa, lontani da una situazione in cui possono raccogliere dettagli utili ad una scelta. In questo modo possono prendere delle decisioni “al volo” se devono scegliere un ristorante, un film da vedere al cinema, informazioni legate al prodotto da acquistare e allo store dove finalizzare l’atto d’acquisto. - nella transizione verso il “contest enriched commerce”: non si tratta solo di guidare le vendite attraverso il canale mobile, bensì di ripensare strategie e iniziative che affrontano ogni 103


fase di ingaggio del consumatore e che ne possano arricchire l’esperienza d’acquisto in mobilità. Questo avviene trovando modi creativi di interagire con i clienti e garantendo al contempo che l'esperienza del mobile shopping abbia qualcosa in più rispetto al più generico shopping online. A questo punto, se il passo successivo corrisponde ad integrare i social media e applicazioni location-based con le tattiche mobili per aiutare il processo decisionale del consumatore, appare chiaro che l’obiettivo sarà quello di implementare le strategie attraverso cui si conquista la fedeltà dei consumatori, offrendo appunto risorse utili, e tali da incoraggiare il ritorno sul punto vendita o la sede fisica d’interesse per ulteriori acquisti o tipologie di relazione. Da qui, si apre la via a interessanti “contaminazioni” come il location-based marketing: conosciuto anche come geomarketing o proximity marketing, e se ne parla quando un'organizzazione utilizza la posizione fisica e quindi geografica di un consumatore come punto si cui far leva per scopi pubblicitari, commerciali o di engagement. Il 104


nucleo del location-based marketing (LBM) si snoda lungo processi digitali cercando di individuare e raggiungere i consumatori attraverso un percorso specifico, e tramite sviluppo di quello che potrebbe essere definito locationbased engagement. In senso lato, l’engagement basato sulla localizzazione corrisponde a qualsiasi azione intrapresa da un consumatore per connettersi o interagire con un determinato luogo geografico per mezzo del proprio dispositivo mobile. Questo tipo di azioni si muovono lungo tre dimensioni: tempo, spazio e azione. Quest’ultima differenzia il location based engagement dalla semplice presenza. Essenzialmente avviene che ci si approccia, ci si lega volontariamente ad un luogo, o ad una sede di attività commerciale,

e

questa

azione concede

una forma di

autorizzazione da parte del consumatore, non molto diversa da ciò che avviene inserendo una query di ricerca o cliccando su un annuncio, però più specifica e puntuale, e che concede il lasciapassare ad una risposta, una reazione contestualizzata da parte della marca. Indipendentemente dalla forma che assume ogni locationbased services, è importante dire che esso avviene nel contesto di un momento unico, di un'esperienza personale 105


collegata ad un determinato luogo e tempo. Questi sono i momenti in cui i marketers possono trovare opportunità per connettersi, “infiltrarsi” per partecipare quel momento, dventandone se possibile una parte significativa. Il tipo più semplice di location-based engagement naturalmente è il check-in, azione attraverso cui una persona si appresta a segnalare la propria presenza associandola ad un luogo, ma le procedure proposte dalle piattaforme

che

usano

i

location-based

services,

coinvolgono gli iscritti ad interagire sulla base di competizioni mirate a guadagnare riconoscimenti virtuali, i quali si vanno a concretizzare in premi e promozioni reali nel momento in cui le aziende fanno ingresso all’interno di questo ecosistema, diventando prodotti o servizi in regalo, e sconti sugli acquisti. Si mettono così in atto sistemi di social rewards finalizzati alla crescita di meccanismi di loyalty. Il core business di questi social network, identificabile nell’interazione simbiotica con il territorio, può spingere tutta una serie di piccole realtà aziendali e locali a muovere i primi passi in ottica di promozione in Rete, specialmente se rimaste sempre lontane dalla gestione del proprio 106


business online a causa dell’onerosità degli investimenti che risulterebbero non commisurati alle dimensioni della propria impresa: ecco che la realtà del location based marketing e dei geo-social network non dovrebbe essere ignorata da intende gestire il proprio business con lungimiranza.

107


4. FOURSQUARE: DINAMICHE SOCIALI E APPLICAZIONI DI BUSINESS 4.1 Che cos’è Foursquare

Come accennato in precedenza, Foursquare è l’esponente di rilevo all’interno della famiglia dei social network che fondano la loro peculiarità sulla geolocalizzazione. Volendo essere più specifici, il meccanismo ludico in base al quale si snoda

la

competizione

sociale

(e

di

conseguenza

l’interazione) che ne contraddistingue il funzionamento, conferisce a questa piattaforma caratteristiche di social gaming,

facendo

si

che

ogni

utente

riceva

un

riconoscimento in corrispondenza delle sue attività di condivisione “territoriale”. Ma oltre al gaming c’è di più: a partire dal suo pay-off Foursquare si descrive come un ibrido composto, oltre che dal gioco, da una parte relativa al social networking e da una funzione che lo spinge ad essere guida sociale e usergenerated della città. Il servizio permette di raccontare alla 108


propria rete di amici dove si sta facendo qualcosa, suggerisce cosa poter fare nella zona in cui ci si trova, e premia di volta in volta il proprio fare offrendo punti e riconoscimenti che variano in base alle esperienze registrate e ai luoghi in cui idealmente si va ad apporre la propria bandierina, quasi come fosse una conquista. Con Foursquare si concretizza l’intersezione tra utilità sociale, gioco e condivisione. Da questo mashup93 di prerogative e servizi, tante sono le possibilità prospettate. L’indicazione agli altri della propria posizione geografica in qualsiasi momento della giornata, consente di sapere quali sono i posti più frequentati dagli amici e permette di incontrarli: in questo modo si tiene traccia della socializzazione delle proprie esperienze, fatte

«Un mashup contiene diversi tipi di contenuti ed informazioni partendo da fonti pre-esistenti per creare un nuovo prodotto. I mashup digitali permettono agli indivdui o alle aziende di creare nuovi contenuti combinando diverse sorgenti di contenuti online» Giuliano Iacobelli, “Il Dizionario dei Social Media: i termini da conoscere”, http://www.giulianoiacobelli.com (2010) 93

109


da soli o in compagnia di qualcuno. In più, poter lasciare le recensioni in merito ai locali che si frequentano o che si sono appena scoperti, consigliare angoli nascosti o poco conosciuti di una città e in qualsiasi parte del mondo, e ancora suggerire quale piatto assaggiare in un particolare ristorante, genera delle vere e proprie guide turistiche di prodotte dagli utenti, che se associate ad una mappa, come avviene in questo caso, diventano risorse di grandi utilità perché scevre da ogni mira pubblicitaria, e perché consentono di cogliere opportunità generalmente ignorate.

110


4.2 La città digitale: il funzionamento dell’esperienza geolocalizzata

La

prima

cosa

da

fare,

ovviamente,

è

scaricare

l’applicazione su un device mobile. L’App di Foursquare è disponibile per iPhone, Blackberry, e cellulari con Android

o Symbian. Dopo aver provveduto all’iscrizione alla piattaforma, con l’inserimento delle informazioni personali e la creazione di un profilo utente, si passa in seguito alla costruzione del network, con la ricerca degli amici e delle connessioni

già

stabilite

su

altri

social

network,

permettendo all’applicazione di collegarsi ad account esterni, ad esempio Facebook. 111


112


Ecco a questo punto che è possibile effettuare il check-in, azione che si snoda in quattro fasi (Figura 23): 1. L’antenna Gps del device avvia la ricezione dei dati e viene consentita la localizzazione dell’utente su una mappa interattiva; 2.

la

mappa

mostra

informazioni

dettagliate

e

georeferenziate sulla propria posizione, ed eventualmente su quella degli utenti presenti nelle vicinanze; 3. l’azione del check-in viene concretizzata attraverso un pulsante che consente di aggiungere commenti o foto con cui corredare la propria posizione; 4. il check-in viene visualizzato su altre piattaforme a cui l’utente è iscritto attraverso le funzionalità di crosspotting interne alla piattaforma.

113


Figur 23: Il check-in

Fonte: www.fourquare.com

114


Il social network poi, va oltre il meccanismo del check-in nel posto in cui si arriva94 e modellandosi come un gioco continua il suo funzionamento su due componenti: il processo viene oliato da i risultati virtuali di badge e il concetto di majorship grazie al quale il partecipante con il maggior numero di check-in in un determinato luogo ne diventa “sindaco”. Il badge95è un riconoscimento virtuale che viene “sbloccato” a seguito del compimento di specifiche attività. Si comincia con il newbie badge – quello del primo check-in, del principiante- e si continua a collezionare “medagliette” a seconda di precise modalità: 

attraverso un determinato numero di check-in in luoghi differenti;

in seguito ad un certo numero di check-in in luoghi riconducibili ad una categoria oppure seguendo un

Specifico l’atto di “arrivare” piuttosto che quello generico dell’esserci perché la tendenza in voga tra gli utilizzatori di Foursquare è quella di fare check-in non appena “si mette piede” in un luogo. 95 «L’assegnazione dei badge, apparentemente così innovativa, pone le sue origini nella più antica tradizione militare che da sempre appone onorificenze, decorazioni e gradi sulle divise dei soldati e degli ufficiali» Prunesti A., Lalli F., (2011), pag. 149 94

115


brand su Foursquare: sono diversi i marchi che permettono

di

guadagnare

badge

specifici

funzionali a dinamiche di rewarding con premi reali, il produttore di automobili Mazda ne è esempio; 

effettuando check-in nel corso di eventi particolari

Figura 24: Esempi di badge

Fonte: www.foursquareitalia.net I badge sbloccati sono visibili sul profilo dell’utente insieme alle majorship conquistate.

116


In sostanza, la piattaforma offre numerose features che la rendono vincente, e di conseguenza appetibile, agli occhi di tutti i soggetti che possono essere coinvolti: - è integrata con altri social network già esistenti

attraverso

funzionalità

l’interazione

in

real

di time

crosspotting, basata

sugli

stimola status

geolocalizzati Che tipo di implicazione ha questa considerazione? Si pensi all’abitudine ormai consolidata che nella maggior parte dei casi porta le persone a scandire la quotidianità e le relazioni sociali effettive, quelle offline, tramite i social network e soprattutto attraverso il flusso di notizie che riguarda i propri amici. Il risultato sarà quello di andare ad alimentare e completare lo spettro di relazioni agevolate dai social media, perché il lifestream quotidiano viene arricchito da un elemento aggiuntivo e diversificato dalle azioni classiche consentite e operate sui siti di social networking. La figura mostra la sezione all’interno del pannello di controllo da cui è possibile collegare in modo automatico

117


Foursquare ad altri social network: ne consegue che ogni check-in verrà pubblicato in modo automatico sul proprio stream di Facebook o di Twitter, rendendo partecipi amici e follower della propria attività. Naturalmente la parte interessante di quest’aspetto si ritrova nelle varie interazioni che sono in grado di scaturire: sotto forma di commenti e discussioni per quanto attiene la parte on-line, sia per la ripercussione sulle dinamiche reali messe in pratica quando un appartenente al proprio network “scopre” di trovarsi nei dintorni o addirittura nello stesso luogo in cui è avvenuto il check-in.

118


- è basata su incentivi immateriali per coinvolgere gli

utenti e fidelizzarli nell’utilizzo I Badge e la majorship premiano senza benefici tangibili la scoperta progressiva di posti sul territorio e la registrazione reiterata della propria presenza in questi luoghi: c’è però tutto l’interesse ad ottenere cariche e a collezionare “scudetti” per vedere incrementata la propria popolarità e credibilità all’interno della rete sociale; - ha una forte impronta user generated La piattaforma può essere vista come una guida sociale costruita dagli utenti. I comportamenti sociali in termini di condivisione della conoscenza e delle opinioni personali innescati da questi servizi, contribuiscono a rilasciare informazioni precise sul territorio in cui ci si trova. In questo modo andranno a spiccare in modo automatico i 119


locali realmente più popolari, il ristorante con il servizio migliore e i posti da evitare su consigli dei propri pari. Gli strumenti adibiti a questa funzione sono i tips, messaggi di 200 caratteri che sotto forma di micro-blogging disegnano mappe concettuali alternative delle città e dei luoghi, vengono lasciati dagli stessi utenti sulle venue e durante il check-in, e possono essere letti da tutti o resi pubblici solo al proprio network. Le potenzialità di tale capitale sociale formato dall’insieme delle segnalazioni, genera un forte valore, specialmente nel momento in cui viene condiviso su altre piattaforme.

4.3 Gestione e ottimizzazione del proprio business su Foursquare

In precedenza è stato dettagliato l’ambito delle relazioni commerciali che possono essere imbastite grazie al supporto dei siti di social networking. Adesso, non resta che identificare le opportunità in chiave promozionale concesse dall’arrivo tra le fila dei social media di una piattaforma come Foursquare, che nella sua sezione 120


business ha predisposto due assetti distinti, per i brand, e per attività commerciali di piccole o medie dimensioni.

Specialmente per quest’ultime, il legame con il territorio, con la propria zona di competenza, diventa un asset fondamentale per la crescita di una clientela attiva e fedele. In entrambi i casi, così come avviene per ogni “manovra” online, occorre non dimenticare che la cornice in cui va inserito un passo del genere è quella del più ampio social media marketing mix, ambito in cui è necessario soffermarsi sulla fase preliminare della definizione degli obiettivi. La propedeuticità di questo passaggio è funzionale alla raccolta delle informazioni su cui verrà elaborata ogni fase successiva, perché inquadrare con chiarezza l’obiettivo che si vuole raggiungere equivale a recintare l’oggetto delle proprie

necessità,

tarate

su 121

fattori

concreti

come


dimensioni della propria organizzazione, mercato di riferimento e linee guida della corporate identity. Bisogna chiedersi perciò: - se si vuole incrementare l’afflusso della clientela nel proprio punto vendita, attraverso viste più frequenti dei clienti abituali o il “reclutamento” di nuovi referenti, o ad esempio, se l’aumento degli ingressi desiderato deve essere concentrato su una fascia oraria o in concomitanza ad un’occasione specifica; - se si intende circoscrivere lo sforzo ad un’iniziativa, o deve essere diretto all’incremento delle vendite di un determinato prodotto; - se l’esposizione del proprio business su una piattaforma come Foursquare è mirata ad un rinforzo dell’immagine aziendale, quindi a supporto di un dialogo con i clienti già avviato su altri social network. Di seguito, verrà affrontata l’esposizione delle opportunità concesse alle attività commerciali e ai grandi marchi.

122


4.3.1 Creazione delle promozioni: gli special

Una campagna di marketing geolocalizzato ha bisogno della pianificazione

di

specifiche

attività

promozionali

e

dell’attivazione di ogni strumento utile a fare da cassa di risonanza alla strategia comunicativa che si va a veicolare. Ciò vuol dire che ogni operazione mossa sulle altre piattaforme sociali in cui si è presenti, deve andare nella direzione di mettere in risalto l’attività creata e di spingere gli utenti a fare check-in sul luogo d’interesse: ogni iniziativa promossa riservata agli utenti di Foursquare, se descritta e condivisa su Facebook o Twitter, ad esempio, potrà

raggiungere

amplificandone

la

una

cospicua

ricettività.

base

Ovviamente,

d’utenza, tutta

la

comunicazione istituzionale, dalla newsletter al comunicato stampa, dovrà essere in linea con quest’obiettivo. Trattandosi di procedure di marketing non troppo “da manuale” (nel senso della loro recente introduzione), è consigliabile servirsi di un tono di comunicazione leggero, dinamico, innovativo e coinvolgente: senza strafare, è possibile

costruire

una

strategia 123

che

sorprenda


positivamente l’utente (e potenziale consumatore), che se ben “catturato” sarà stimolato a diffondere la novità ad amici e conoscenti, specialmente on-line, con un tasso discreto di diffusione. Lo strumento di business messo a disposizione da Foursquare in quest’ambito è lo Special, definito come «a free way to find new customers and engage your best ones»96. La gestione di una promozione su Foursquare non richiede dispendio di denaro e con buona probabilità permette in modo immediato di far conoscere la propria attività e di consolidare la fidelizzazione dei clienti. L’unico requisito imprescindibile è una dichiarazione della proprietà di una sede fisica: la creazione di uno Special su Foursquare è successiva al reclamo della venue, in modo tale da confermare al team della piattaforma di essere l’effettivo titolare dell’attività commerciale. Basta effettuare una rapida ricerca per controllare se il proprio negozio, ad esempio, è già stato inserito da qualche utente97, o se al contrario non è https://it.foursquare.com/business/merchants/specials Di frequente le informazioni di base inserite per descrivere le sedi fisiche di attività commerciali vengono editate dagli utenti, e non sempre in modo corretto. Per questo motivo è importante localizzare online tutti i propri punti vendita (ad esempio nel caso di franchising) e successivamente compilare il profilo con i dati essenziali, come il nome specifico della sede, l’indirizzo, recapiti telefonici ed indicazioni stradali. 96 97

124


presente e necessita di essere creato virtualmente: in entrambi i casi, cliccando sul link "Gestisci questo luogo? Dichiaralo qui" visualizzabile sulla pagina della venue, si invierà comunicazione e conferma dei propri dati aziendali e delle indicazioni geografiche relative alla posizione del proprio esercizio. A questo punto non resta che dare avvio alla campagna e creare la tipologia di promozione (Figura), direzionandola verso un nuovo cliente, o ancora meglio verso quello abituale e più fedele: entrambi potranno essere premiati con uno sconto sull’acquisto, con un omaggio o un trattamento riservato e legato all’attività del check-in; in questo modo gli Special possono essere rivolti a chi diventa sindaco, in modo da creare competitività tra gli utenti per detenere il titolo,o a chi effettua un certo numero di checkin, premiandone dunque la fedeltà, ad esempio offrendo un caffè dopo il quinto check-in, al pari di una tradizionale tessera punti. Foursquare ha profilato queste tipologie di Special: - Swarm Special: Premio diretto a grandi gruppi di utenti che si trovano contemporaneamente nello stesso luogo e che procedono al check-in insieme, è possibile definire il 125


numero minimo di persone necessario al fine di sbloccare la speciale. - Friend Special: ricompensa per chi fa check-in insieme agli amici (il cui numero minimo necessario può essere stabilito). Ad esempio, se tre persone effettuano il check-in insieme, saranno premiate con un aperitivo gratuito al loro tavolo; - Flash Special: promozione che si rivolge a chi fa checkin in un certo lasso di tempo stabilito; - Newbie Special: premia i clienti per effettuano il checkin presso l’attività per la prima volta; - Check-in Special: premio disponibile ogni volta che un utente procede al check-in. - Loyalty Special: Promozione riservata ai clienti abituali. Può essere impostato in modi diversi. - Mayor Special: lo special dedicato al sindaco. In questo modo si prema il cliente che ha frequentato maggiormente il punto vendita negli ultimi 60 giorni, accumulando il maggior numero di check-in. 126


Figura 25:Tipologie di Specials

Fonte: www.it.foursquare.com/business/merchants/specials

Fonte: www.blogfoursquare.com

La promozione creata viene sponsorizzata dalla piattaforma tramite visualizzazione dello Special sui telefoni di ogni utente che si troverĂ nelle vicinanze, ma questo 127


naturalmente non è sufficiente a conferire la giusta visibilità all’iniziativa intrapresa.

Oltre ad attivarsi per far circolare un dettagliato comunicato stampa tra siti di informazione, blog, e apparati mediatici tradizionali, è possibile utilizzare i canali social (su cui si dovrebbe essere già attivi) come Facebook o Twitter, per essere sicuri che gli utenti siano a conoscenza e realmente consapevoli di ciò che si sta offrendo: l’informazione viene amplificata innescando – nella 128


maggior parte dei casi - meccanismi di passaparola (ad esempio attraverso il rilancio della notizia tramite Retweet) che inducono “fisicamente” a recarsi sul punto vendita per approfittare della promozione (Figura 26). Figura 26: Comunicazione di una promozione attiva su Foursquare via Twitter

Fonte: www.twitter.com

In più, l’ultimo fronte su cui agire per garantire una buona riuscita dell’attività, è lo stesso punto vendita. La sede fisica deve risultare preparata ad informare correttamente ed accogliere ed i clienti che vorranno sbloccare le promozioni. Così Foursquare offre a tutti coloro che reclamano la propria venue l’adesivo “Special here” da 129


attaccare alla vetrina del proprio negozio, allo stesso tempo i commercianti dovrebbero fornirsi di segnaposto, cartelli, segnaletica adeguata per esplicitare la presenza di una promozione in corso, non dimenticando di formare in maniera puntuale il personale e tutti i collaboratori coinvolti circa il funzionamento dello Special.

4.3.2 Il gruppo Coin e lo Special per i mayor

Coin è stata una delle prime aziende in Italia a testare i vantaggi

offerti

dalla

geolocalizzazione

in

chiave

promozionale e ad integrare Foursquare all’interno delle strategie di social media marketing. L’iniziativa consiste nell’offrire a tutti i mayor di un punto vendita Coin la

CoinCard Easy98 in omaggio, una fidelity card che offre privilegi e promozioni ai clienti degli store e che normalmente costa 5 euro.

98

www.coin.it/coincard

130


La logica è quella di premiare la fedeltà di chi diventa mayor, quindi di tutti coloro che visitano ripetutamente il negozio. Secondo Gianluigi Zarantonello, web strategist e responsabile media digitali di Coin Spa, il ritorno per questo tipo di attività si articola su tre punti: « - pubblicità equivalente, data dalla diffusione del case su blog, conferenze e libri; - conversazioni generate sul web, visto che molti condividono i loro check-in su Facebook e Twitter, con relativa amplificazione (Figura 27);

131


- immagine rinnovata e interesse per i nostri negozi anche da parte di chi ancora li considerava “vecchi”»99

Figura 27: Interazioni tra il marchio Coin su Twitter e gli utenti che effettuato il check-in

Fonte: www.twitter.com

4.3.3 Le statistiche

Una volta reclamata la propria venue è possibile monitorare le informazioni sui propri clienti, su quelli che hanno fatto Intervista a Gianluigi Zarantonello, “Coin Racconta Foursquare: Geolocalizzazione del Brand”, www.markingegno.biz (2011) 99

132


check-in sul luogo di cui si è proprietari. La piattaforma offre l’accesso ad un pannello di controllo con dati aggiornati in real time come ad esempio: 

Il totale giornaliero di check-in nel corso del tempo

I visitatori più recenti

I visitatori più assidui

Suddivisione dei clienti per sesso

Distribuzione dei check-in per fasce orarie

Percentuale dei check-in su Foursquare condivisi su Twitter e Facebook

133


Figura 28: Dashboard di controllo sulle statistiche di una venue

Fonte: www.it.foursquare.com

Avere in mano dati dei singoli utenti come il nome, l’account di Twitter con la relativa foto, il lasso temporale in cui hanno fatto check-in presso la venue, può rappresentare un insieme di elementi prezioso per l’ideazione di strategie da cucire addosso ai propri referenti. In più, l’accesso a queste informazioni frutta la verifica immediata, se presente, del cambio di comportamenti 134


d’acquisto da parte dei propri clienti contestualmente al lancio di uno Special, riuscendo anche a stimare l’impatto che l’uso di Foursquare riesce ad avere sulle persone che frequentano la venue.

4.3.4 La Brand Page

Quando i marchi e le imprese commerciali iniziarono ad esplorare e a colonizzare il territorio dei social network, su Facebook in particolare, inciamparono tutti sullo stesso errore, originato dalla creazione di profili personali al posto delle pagine ufficiali, anche quando si trattava di prodotti o servizi100. Questa linea è stata seguita anche da Foursquare, che ha predisposto uno spazio costruito appositamente per una presenza business sulla piattaforma: la Brand Page. Essa si distacca subito dalla Pagina personale per la La richiesta di amicizia da parte di un marchio, come se fosse una persona qualunque, presuppone l’accesso a dati personali e costringe automaticamente a porre la comunicazione tra le due parti su un piano forzatamente informale e non richiesto. 100

135


presenza di un banner personalizzato e del pulsante Follow al posto di Add as a friend, adibito alla costruzione del network degli iscritti. Lo scopo della Brand Page è chiaramente quello di aprire la piattaforma anche a brand e soggetti commerciali non dotati di una sede fisica, e quindi di un punto di contatto reale con utenti e clientela, garantendo visibilità, l’opportunità di stabilire un legame con i propri follower anche senza offrire premi materiali e promozioni da riscuotere. In genere ciò si finalizza attraverso l’inserimento di suggerimenti, i tip, nelle venue ritenute interessanti per il proprio pubblico, nei luoghi che esso a sua volta può giudicare utili e funzionali ad ogni esperienza vissuta in mobilità. L’ingaggio potrebbe ad esempio funzionare al meglio se il consiglio viene aggiunto nella propria lista delle “cose da fare”.101 Ciò che risulta fondamentale in questo tipo di operazione è la redazione dei suggerimenti. Ruolo, composizione e qualità dei tip diventano cruciali nel catturare l’attenzione dell’utente, essi devono risultare chiari, non banali, specifici, devono richiamare all’azione ed essere pertinenti rispetto all’oggetto I consigli vengono visualizzati dai follower della pagina ogni volta che si trovano in prossimità dei luoghi recensiti, oppure, ovviamente, in concomitanza al check-in sulla venue prescelta. 101

136


del proprio business. Essere capaci di offrire la migliore esperienza

possibile

sul

proprio

punto

vendita

o

direttamente come tramite sul territorio. favorisce la collezione di riscontri positivi da parte dei clienti. L’importanza di questi piccoli post può seriamente essere tradotta in valore aggiunto per le comunità online102, ma allo stesso tempo la loro composizione è in grado di determinare il successo, o l’esatto opposto, della presenza di un soggetto commerciale su Foursquare. Di seguito, alcuni esempi di Brand Page. Il Gruppo Mondadori arriva sul social network con uno dei suoi prodotti più diffusi e conosciuti, la rivista femminile «Io personalmente apprezzo questa modalità di produzione e di fruizione delle informazioni, riesco a trovare il tempo per leggere un tip e magari è uno stimolo per ulteriori approfondimenti. Nel medio-lungo periodo vedo però due criticità: l’invasività e la ridondanza dei contenuti . Se il numero dei contatti e il numero dei tip cresce presto potremmo trovarci a leggere tantissimi tip molto simili tra di loro che si materializzano uno dopo l’altro in automatico sullo schermo del telefonino non appena fatto check-in. Immagino che questo problema sarà già stato preso in considerazione da Foursquare (ammetto di non aver fatto ricerche in merito) e magari sono già in fase di implementazione dei filtri per la visualizzazione dei tip legati ad un rating associato ai nostri contatti, alle interazioni fatte a livello assoluto con il tip o ad una combinazione delle due variabili, oppure più semplicemente un sistema di riconoscimento dei tip che ti avvisa se è già presente qualcosa di analogo con la possibilità di editarlo come se fosse un wiki.» Casadei F., “La geolocalizzazione estende la “Snack Culture” anche al turismo?”, www.lafra.it (2010) 102

137


Donna Moderna, cercando di trasferire lo stesso tipo di impronta mantenuto a livello editoriale, ossia quello di “facilitare la vita”: i consigli legati al territorio si amalgamano a questo tipo di approccio e alla tipologia di contenuti ed argomenti affrontati tra le pagine del giornale. Figura 29: La Brand Page di Donna Moderna

Fonte: www.foursquare.com

Lo stesso tipo di coerenza viene offerta da Gucci (che al momento detiene il primato di follower tra le Brand page italiane con più di 40 mila fan), marchio che riesce a sdoppiare l’utilità conferita ai suoi tip agendo sia sulle 138


singole boutique che sul territorio in generale, segnalando i luoghi che hanno un’attinenza con il mondo della moda, in modo da rappresentare un servizio di concreta utilità per tutti gli appassionati del settore fashion. Figura 30: La Brand Page di Gucci

Fonte: www.foursquare.com

Pringles Italia, a Luglio 2011, apre uno spazio su Foursquare per segnalare e farsi consigliare dagli utenti “i luoghi del divertimento” relativi alle maggiori città italiane.

139


Figura 31: La Brand Page di Pringles

Fonte: www.foursquare.com

L’iniziativa, oltre ad essere stata supportata da una buona diffusione della notizia in Rete, è stata agganciata ad eventi volti a promuoverla offline, con l’organizzazione di due happy hour sponsorizzati (Roma e Milano), occasioni in cui le persone venivano incentivate a fare check-in sul tip rilasciato da Pringles nella venue del locale. E ancora, la sinergia creata tra la pagina su Foursquare e l’account del marchio su Twitter (spazio in cui, tra l’altro, è stata incentivata e sostenuta una promozione in corso sulla 140


vendita al dettaglio) offre lo spunto per ricordare come un’attività del genere non possa ritenersi slegata dal piano e dagli obiettivi di social media marketing previsti per gestire l’identità digitale del brand. Figura 32: Tweet di Pringles Italia

Fonte: www.twitter.com

Figura 33: Il tip di Pringles su Foursquare

Fonte: www.foursquare.com

141


Ma qual è lo stato attuale relativo all’impiego delle Brand page in Italia? Un’istantanea relativa a Luglio 2011103, fotografa la presenza di 88 Brand page, un dato che attesta un buon tasso di adozione di questo strumento ma che nasconde delle falle nella gestione: a proposito del seguito di queste pagine in termini di follower, è stato rilevato che «il 21% delle Brand Page italiane ne ha meno di 100, il 55% ha tra 101 e 1.000, mentre il restante 24% ne ha più di 1.001», un dato che potrebbe dirsi commisurato alla scarsa attività nell’aggiunta dei consigli, in quanto «il 22% delle Brand Page italiane è fermo a zero tip, il 29% ne ha fino a una decina circa, il 30% ne ha da 11 fino a un centinaio e il restante 6% ne ha inseriti più di 101». In generale, fa emergere Roberto Cobianchi di Foursquare Italia, si evince che fino ad adesso «ciò che sembra fare da filo conduttore sia la

logica di “esserci” più che “farci

qualcosa”, le Brand Page raccolgono follower pur non facendo quasi nulla, la presenza su Foursquare è, nella maggior parte dei casi, scollegata da altre iniziative digitali e non è neppure citata sul

I dati si riferiscono al censimento effettuato da Roberto Cobianchi a nome dell’Osservatorio italiano su Foursquare, “Foursquare: piccole Brand Page italiane crescono. O forse no”, www.foursquareitalia.org (2011) 103

142


sito istituzionale, dove non compare nemmeno l’icona “Seguici su Foursquare”»104

4.5. Le opportunità offerte da Foursquare per la promozione del territorio

L’utilizzo di Foursquare nell’ambito del settore turistico, può offrire discrete opportunità, in primo luogo per albergatori ed operatori turistici: la piattaforma può fare da vetrina e da tramite per la comunicazione con la clientela, con ogni persona che vesta i panni del turista e che può essere attirata a sé grazie alla promozione degli Special. In secondo luogo, i vantaggi non riguardano solo le strutture ricettive: la presenza su una piattaforma considerata ancora “di nicchia” da parte di enti e organizzazioni che operano in questo settore, consente di stabilire un discreto vantaggio competitivo nel distinguersi dalle azioni convenzionali mosse dalla concorrenza, e di 104

Cobianchi R., (2011)

143


riuscire a raggiungere il cliente in real time, prima di altri operatori, con informazioni e promozioni, riuscendo nella migliore delle ipotesi a creare dei trend relativi alle destinazioni

turistiche

a

proprio

favore,

giocando

d’anticipo. L’impiego di Foursquare come strumento di promozione territoriale in ottica geo-social, si deve incaricare di raccogliere, elaborare e rendere disponibili contenuti utili e pertinenti alle informazioni turistiche, sperando in questo modo di incentivare la produzione spontanea di contenuti provenienti dalle persone, come nel caso delle recensioni redatte sulle esperienze di viaggio. Il fine è sempre quello di stimolare il passaparola e la condivisione sull’esperienza turistica personale, giudicata come elemento che va a convogliare inevitabilmente sulla reputazione online del soggetto che ha fornito il servizio turistico. Operazione che potrà dirsi compiuta, se si andrà ad agevolare un turista non più costretto a ricercare e chiedere informazioni, perché avrà la possibilità di interfacciarsi con un soggetto che anticipa le sue necessità e lo fa “a portata di touchscreen”.

144


4.5.1 Visit Tuscany e la provincia di Ferrara

La Toscana è la prima Regione italiana a fare ingresso su Foursquare. Pioniera nell’impiego di questo strumento, ha inserito l’iniziativa Visit Tuscany all’interno di «una campagna di più ampio respiro volta a promuovere la Toscana con la sua arte, i suoi paesaggi e la sua ricchezza enogastronomica nel mondo, proprio tramite il web e i media sociali [...]: 3 blog tematici (turismo, arte, food&wine), un canale Twitter ufficiale (twitter.com/ VisitTuscany, collegato con 4sq), altri canali Twitter tematici, alcune Facebook pages tematiche (moda, musica, luoghi, cibo, arte) e una pagina ufficiale facebook.com/VisitTuscany, lo stesso vale per Youtube (pagina ufficiale + presidi tematici).»105 Il tutto volge alla ricerca dell’interazione e dell’engagement verso tutti coloro che vogliono vivere intensamente una delle più amate regioni italiane.

Intervista a Michela Simoncini, “Iniziative italiane su Foursquare: intervista a Michela Simoncini di Visit Tuscany”, www.foursquareitalia.org, (2010) 105

145


Figura 34: Brand Page della Regione Toscana

Fonte: www.it.foursquare.com/visittuscany

Dopo la Regione Toscana, il secondo Ente pubblico a sbarcare sul geo-social network è la provincia emiliana di Ferrara. Roberto Ricci Mingani, Dirigente del “Servizio Turismo, Attività Produttive e Sviluppo Locale” di questa provincia, motiva la scelta di presidiare uno spazio sulla piattaforma

attraverso

un’intervista

pubblicata

Foursquare Italia, e dettaglia le fasi di quest’attività.

146

su


Il primo passo, «che consente ai turisti di ricevere un primo segno tangibile di accoglienza nel territorio»106, è coinciso con la creazione della venue dell’Ufficio Informazioni Turistiche della città, operazione a cui si lega una promozione che si riceve successivamente al check-in: la “Carta delle Emozioni” offre sconti (pari a 30 euro) da poter utilizzare presso le imprese del territorio collegate al sistema turistico. Figura 35: Lo Special legato alla venue dell’Ufficio Informazioni Turistiche

Fonte: www.it.foursquare.com/v/ufficio-informazioni-turisticheferrara/4c9339f71897199c2d9c289e

In seguito, sulla spinta dell’emulazione di quanto messo in atto dalla Regione Toscana, l’Ente ha avviato costruzione e personalizzazione

della

Brand

page

attraverso

la

pubblicazione di consigli e spunti di viaggio per gli utenti su tutte le principali località della provincia. Intervista a Roberto Ricci Mingani, “Ferrara, la prima provincia italiana con una Brand Page su Foursquare”, www.foursquareitalia.org (2011) 106

147


Figura 36: Brand Page della provincia di Ferrara

Fonte: www.it.foursquare.com/turismoferrara

Un ottima mossa successiva alle fasi tecniche è stata rappresentata dalle modalità, assolutamente in linea con lo spirito del progetto, con cui è stata veicolata la notizia dell’iniziativa. Al lancio sulle redazioni locali, è seguita la diffusione puntuale di un comunicato stampa tra siti di tecnologia e informatica (e non solo tematici, relativi al turismo) e il rilancio di post su i presidi ufficiali (la provincia è presente anche su altri social network come Facebook, Twitter, e Flickr) e su altre piattaforme social 148


come forum e blog, con l’intenzione futura, di far circolare un comunicato stampa in inglese per ottenere visibilità anche su siti esteri (i consigli sulla Brand page sono inseriti anche in lingua inglese). Per concludere, le parole di Roberto Ricci Mingani sembrano piuttosto interessanti e calzanti: «Come Ente pubblico finalizzato alla promozione territoriale, ci stiamo impegnando a sfruttare tutti gli strumenti che possano portare ad un ritorno in termini di visibilità. Crediamo fortemente nelle nuove tecnologie ritenendole utilissime a sostenere un’attività di marketing territoriale, ed è per questo che cerchiamo di precorrere i tempi, tentando di essere “pionieri del web” ed investendo su questi nuovi strumenti107»

107

Intervista a Roberto Ricci Mingani, (2011)

149


4.6. Riflessioni sulle criticità e il futuro della piattaforma

Per la riflessione da sviluppare attorno alle future proiezioni di Foursquare, vorrei servirmi di quanto è stato tirato fuori durante la seconda conferenza dei sindaci di Foursquare, tenutasi a Bologna il 16 Luglio 2011. In quest’occasione, Vincenzo Cosenza ha esposto dubbi e riflessioni sul futuro prossimo della piattaforma, con un attenzione particolare ai punti di debolezza. La prima evidenza è che molto probabilmente, allo stato attuale la geolocalizzazione non è più un fattore decisivo e altamente discriminante, in quanto è una feature, caratteristica accessoria e non un prodotto, di cui si possono dotare tutte le grandi piattaforme senza grandi costi. Ecco che lo sviluppo dei servizi LBS può minare la posizione conquistata da Foursquare, se si considera poi che il mercato dei servizi legati al social networking è molto competitivo, i maggiori player della Rete tendono ad accentrare ed accorpare funzioni, prodotti e servizi tesi ad accaparrarsi i clienti attraverso la piena soddisfazione

dell’

esperienza 150

online

sulla

propria


piattaforma.108 Si pensi a Facebook Places (che ha deluso le aspettative di chi ne vedeva la leadership anche per i servizi di geolocalizzazione) e il neonato in casa Google, ovvero Google+, pronto a fare la “guerra” ai concorrenti. Ciò che Foursquare dovrebbe incrementare invece, sta nel riuscire a profilarsi come una risorsa realmente utile ai suoi utenti, non semplicemente sotto l’aspetto ludico che permette di ricevere punti e badge, ma in relazione alla funzione di far scoprire location sconosciute e di potenziale interesse, ponendosi in questo modo, come una sorta di motore di ricerca “territoriale” di qualità, costruito dalle stesse mappature rilasciate dalle persone all’interno del social network. Perché questo avvenga, è fondamentale alimentare l’introduzione di novità che stimolino l’utenza a servirsi di Foursquare in modo veramente attivo, non fermandosi all’atto reiterato del check-in, bensì lasciando recensioni e suggerimenti dei luoghi visitati. Per far questo sarebbe necessario modificare la piattaforma in modo da spronare e proporre offrire modelli di esperienza e di «Crowley non è in grado di dispiegare una strategia di piattaforma e sfidare direttamente Facebook e Google, che sono meglio posizionati per attrarre la massa degli utenti, i partner, gli sviluppatori, gli investitori.» Vincenzo Cosenza, “Il futuro di Foursquare”, www.vincos.it (2011) 108

151


utilizzo anche ai “light/lazy users”, utenti a cui fa recapitare suggerimenti sui posti più interessanti e le venue da non perdere. Il futuro di Foursquare viaggia dunque sul binario delle novità da introdurre (aspetto che verrà affrontato nel paragrafo successivo) ma deve dare un occhio di riguardo ai “numeri” ottenuti dal social network, utili a capire se sarà in grado di uscire dalla nicchia degli utilizzatori più curiosi e ricettivi per diventare un servizio mainstream. Foursquare ha annunciato di aver superato i 10 milioni di utenti , ma non ha chiarito come questi stanno effettivamente utilizzando il servizio dopo aver effettuato la registrazione. Quante sono le persone ad essere veramente attive e

quante ad esempio si collegano al servizio

sporadicamente? Un sondaggio condotto da Pew Internet a Novembre del 2010 ha rilevato che solo il 4% della popolazione

americana

online

usa

i

servizi

di

geolocalizzazione per effettuare check-in da servizi location-based come Foursquare (all’interno di un 28% di utenti che si servono dello smartphone per ottenere indicazioni o raccomandazioni sulla base della loro attuale 152


posizione). A distanza di dieci mesi, quindi a Settembre 2011109, lo stesso tipo di ricerca mostra che la percentuale resta invariata (Figura 37), dato che dimostra come sia ancora lunga la strada da dover affrontare dalla piattaforma per rientrare nelle abitudini quotidiane degli utilizzatori.

Figura 37: Utilizzo dei servizi di geolocalizzazione tra i possessori di smartphone

Fonte: www.pewinternet.org

Pew Internet, “28% of American adults use mobile and social location-based services�, www.pewinternet.org (2011) 109

153


4.6.1 Novità per il business: American Express

Dannis Crowley, annunciando le novità della versione della piattaforma 3.0, ha introdotto la partnership con la famosa società di carte di credito American Express, aprendo la via ad una serie di incentivi per l’utilizzo di uno dei servizi proposti dalla piattaforma, ossia quello che che rende la frequenza con cui si fa check-in proporzionale alla possibilità di godere di sconti e promozioni in un determinato punto vendita. Secondo l’accordo stabilito, i clienti possessori di una carta AmEx , possono registrare le loro carte nel sistema Foursquare per avere accesso ad offerte speciali definite appositamente da commercianti iscritti anch’essi al social network: procedendo ad un acquisto presso questi punti vendita essi ricevono il riscatto dell’offerta tramite notifica elettronica. I commercianti, grazie a questo meccanismo possono potenzialmente registrare un incremento delle loro vendite.

154


I clienti, invece, dopo aver collegato tra loro account Foursquare e conto della carta di credito potranno pagare con la carta American Express l’ammontare dell’acquisto convenzionato, ed in seguito lo sconto apparirà sulla bolletta mensile in quanto il corrispettivo in denaro del risparmio viene automaticamente accreditato sul conto in pochi giorni. I rivenditori già attivi su questo fronte sono due, la catena di abbigliamento H&M, che sconta 10 dollari quando se ne spendono 75, e Sports Authority , che ne offre 20 quando si spendono 50 dollari, ma ci sono anche altre attività commerciali coinvolte nell’affare come i quattro ristoranti di New York Blue Smoke, Union Square Cafe, Untitled, and The Modern. I vantaggi, secondo Edward P. Gilligan, vice presidente di American Express, si rintracciano nell'associazione ad una start-up che fa appello 155


alla tecnologia e alla tendenza del momento, perché permette di mirare ad un

pubblico più giovane e

di

rimanere rilevanti per questo segmento; poi perché Foursquare ha già un sistema di fidelizzazione ampiamente rodato che premia gli heavy users , permettendo con facilità di andare a scovare e interagire con i clienti laddove sono già attivi.110 In più, Gilligan osserva come i tassi di risposta legati all’invio di offerte ai membri American Express, tramite mail o semplice circolazione di queste informazioni su Internet, siano stati piuttosto bassi,111mentre al contrario la sperimentazione del servizio su Foursquare abbia condotto ad un tipo di reazione positiva e superiore ai risultati ottenuti in modo tradizionale. Quale invece, il guadagno per la piattaforma dal momento in cui non riceve nessun tipo di revenue da questo affare? Naturalmente va tutto a vantaggio della possibilità di rendere Foursquare un servizio mainstream, al pari di altri social network, «“The whole point is for us to find our customers where they are already active” he said.» Wortham J., “A Start-Up Matures, Working With AmEx”, www.nytimes.com (2011) 111 « “We've always done marketing with merchants to make offers to our card members, like send offers through direct mail, put information about sales on the Internet,” he said, “But those response rates tend to be low”» 110

156


attraverso il rinforzo dei meccanismi di fidelizzazione degli utenti, da ottenere con importanti sforzi di marketing e di strategia manageriale sulla scia della partenship stretta con American Express.

4.6.2 Il problema della privacy

Tra tanti aspetti positivi si pongono, naturalmente, problemi e dubbi legati alla privacy. Ciò che mi permetto di obiettare, è che utenti e detrattori dovrebbero ricordare che la questione non riguarda solo Foursquare e quindi la circolazione in Rete di informazioni sensibili attinenti ai propri spostamenti e connesse abitudini, ma ruota attorno ad una visione più ampia che pone l’accento sull’utilizzo dei social media. Il tema della privacy è molto delicato e a guardar bene ha sempre infiammato il dibattito avviato su Internet, rispetto ai potenziali pericoli in cui si può incorrere anche facendone un uso corretto, e rispetto alle mole di dati sensibili raccolti dai grandi player della Rete e 157


venduti a terzi per scopi pubblicitari.112L’avvento dei social network e il successo di una piattaforma come Facebook (che si nutre di fatto del privato degli individui) hanno ovviamente contribuito a riproporre e rinforzare il j’accuse da sempre rivolto alla Rete. Il punto, ancora non del tutto assimilato dagli appartenenti al popolo del Web sociale, è che

la

condivisione

on-line

dovrebbe

ricalcare

la

condivisione che in genere si fa in pubblico nella vita reale, con l’assunzione delle proprie responsabilità e tramite l’osservazione di norme di buon senso che regolano sia la vita civile che quella digitale, o meglio «della sua puntuale rappresentazione digitale in forma di dati personali»113. La condivisione è un volere e non una necessità, e ogni strumento tecnico che si affaccia all’orizzonte dello scenario

digitale

va

maneggiato

con

la

piena

consapevolezza di ciò a cui si va incontro, cosa che solo una conoscenza adeguata del mezzo può offrire. Detto questo, appare chiaro che il tipo di comportamento che «Un incubo? Non necessariamente. Forse è il prezzo da pagare per vivere nella società dell’informazione e forse viviamo davvero nell’era di quella che Stowe Boyd ha definito Publicy, dove contrariamente al passato tutto è pubblico di default e semmai bisogna decidere cosa debba essere privato.» Jacona A., “Dati personali, il petrolio dell’economia digitale”, www.apogeonline.com (2011) 113 Jacona A., (2011) 112

158


bisogna tenere deve sposare la prudenza, anche se c’è da dire che proprio per i dubbi che vengono sollevati, nella maggior parte dei casi intervengono i social network stessi, lo abbiamo visto con Facebook, che ad intervalli regolari va a

modificare

le

impostazioni

di

pubblicazione

e

condivisione. Foursquare non fa eccezione, e oltre a dare la possibilità all’utente di rendere pubblico o privato ogni check-in effettuato114, non permettendo tra l’altro di taggare altre persone115, ha recentemente introdotto un’ulteriore restrizione a tutela dei suoi iscritti, modificando le venue classificate come “casa” e modificando l’indirizzo esatto tramite sostituzione con un’indicazione approssimativa. In questo modo solo la persona che ha creato la venue, ed i suoi amici, possono effettivamente vedere l'indirizzo corretto sulla pagina. A quale ragione si può addebitare questo innalzamento del livello di privacy?

Informativa sulla privacy di Foursquare consultabile alla pagina https://it.foursquare.com/legal/privacy 115 Cosa che accade invece di default per Facebook Places, nel caso non si applichi la restrizione nelle impostazioni della privacy sul proprio profilo. 114

159


Sicuramente

ad

un atteggiamento

molto

frequente

riscontrato in gran parte degli utenti di questa piattaforma, che corrisponde a fare check-in presso la propria abitazione, anche solo per i gusto di poterne diventare il mayor, e perché spinti dall’atmosfera leggera guidata dal meccanismo di gaming del servizio116. Succede così che la venue venga registrata

nella

lista

delle

Mayorship, con conseguente accesso indiscriminato a queste informazioni, e non bisogna tralasciare il fatto che, in caso di avvenuta attivazione, ogni check-in viene riportato in automatico nel «A lot of people love checking in to their homes on foursquare. They want to be Mayor of their house, or they may want their friends to know they made it home safe after a night out, or they may be tracking the time they wake up every morning with a quick check-in. It’s obviously an important part of your day.» Foursquare blog, “Making your house into a home” http://blog.foursquare.com (2011) 116

160


flusso di Facebook o Twitter, finendo con l’amplificare la portata di diffusione delle informazioni sui propri spostamenti, o sulla propria presenza o meno in casa. In sintesi, è bene osservare poche regole, evitando appunto di fare check-in in luoghi che attengono alla sfera privata, come la propria abitazione, includendo all’interno del proprio network solo persone conosciute o fidate, e filtrando la pubblicazione su altre piattaforme dei propri status geolocalizzati. Ma i dubbi sul tema della privacy non toccano soltanto la responsabilità personale del singolo, perché, ad esempio, un uso invasivo e ridondante da parte degli store, delle aziende, o delle organizzazioni117 che operano su Foursquare nell’offrire sconti o informazioni «Sono Super User da poco più di 24ore, sto prendendo confidenza con la dashboard. La mia prima missione sarà ripulire Roma dal pasticcio di venue duplicate a special inutili lasciati dalla Social Media Week. La confusione è stata creata perché non sono state rispettate almeno due norme di buon comportamento di Foursquare: non creare venue duplicate; se crei uno special legato ad un evento, prevedi una data di fine per lo special in modo che non rimanga online senza alcun senso» Donato Carriero, “Foursquare Super User”, www.markingegno.biz, (2011) « [...] ho notato però che molti esercizi sono ormai chiusi, la stagione estiva si è conclusa ma i gestori si sono dimenticati di "spegnere" gli special. Immaginatevi il turista che trova una offerta di un hotel che offre uno sconto o un drink. Questi si dirigerà verso la struttura, farà diversi chilometri e la troverà chiusa! Pensate al ritorno negativo che potrebbe generare, in rete e fuori, una negligenza del genere.» Robi Veltroni, “Hai una struttura stagionale? Occhio allo special su Foursquare”, www.officinaturistica.com (2011) 117

161


pubblicitarie nell’area in cui si trova il potenziale consumatore, rischia di assomigliare ad atteggiamenti di spamming, «con il rischio di esercitare sul consumatore una pressione comunicativa eccessiva in momenti comunque “privati” e su uno strumento da sempre percepito come “intimo”. E’ importante perciò comprendere

quando

c’è

un

reale

valore

derivante

dalla

118

localizzazione» . Ecco quindi che emerge una criticità da non sottovalutare nell’uso dei location based services, e quindi di Foursquare, nel portare a termine azioni con scopi commerciali e di promozione.

“Il target è mobile”, in I quaderni della comunicazone, ADC Group, Milano, n. 79, 2010 118

162


APPENDICE Intervista a Vincenzo Cosenza, responsabile della sede romana di Digital PR e proprietario del blog www.vincos.it

- Può introdurre brevemente di che cosa si occupa

Digital PR, l'agenzia in cui lavora? Digital Pr è stata la prima agenzia italiana a gettare un ponte tra aziende e la parte abitata della rete, in altri termini a progettare strategie di comunicazione basate sull'utilizzo dei social media. In pratica, dall'ascolto delle conversazioni che avvengono in rete all'engagement (es. rapporti con gli opinion leader) o alla presenza strutturata in rete (su Facebook, Twitter, Foursquare,ecc.)

- Qual è la sua opinione in merito al fenomeno della geolocalizzazione applicato ai social network? Ritiene sia una tendenza temporanea, o una realtà destinata a consolidarsi e a da tenere in considerazione?

163


La geolocalizzazione come feature di una piattaforma e' destinata a rimanere, perché e' una funzionalità commodity, non particolarmente complessa da implementare, che può offrire un valore aggiunto. Credo meno ad un utilizzo di massa

dei

social

network

basati

sui

servizi

di

geolocalizzazione a meno che non riescano, in futuro, a mostrare una reale utilità per gli utenti.

- Dando per scontato che Lei sia un utente di Foursquare, qual è il suo atteggiamento nei confronti piattaforma in veste di semplice fruitore del servizio? Che tipo di abitudini ha nell'utilizzare lo strumento del check-in e le possibilità ad esso collegate? Lo utilizzo poco perché purtroppo in Italia risulta poco utile non avendo raggiunto una massa critica tale da scatenare il network effect. Quando lo uso sfrutto la funzione Explore che permette di capire quali sono i posti suggeriti in una certa zona.

- Sotto l'aspetto professionale invece,quali sono a suo parere le opportunità legate ad una strategia corretta 164


di social media marketing, che grandi brand e piccole imprese possono cogliere tramite Foursquare? Le opportunità sono essenzialmente legate alla costruzione di una identità legata a dei luoghi fisici. In quest'ottica più che a semplici attività promozionali, tipo special, le aziende dovrebbero pensare in ottica di fornire consigli utili alla propria clientela attuale e potenziale.

- Le è capitato di pianificare un’attività o una "campagna" di promozione su Foursquare? In questo caso, quali considerazioni ha tratto, quali potenzialità ha scorto ed eventualmente, quali punti di debolezza ha riscontrato? L'opportunità è quella di mostrare l'originalità del brand e la costruzione di un'identità anche attraverso Foursquare. Il limite è sia quello della utenza attuale, ma anche degli strumenti messi a disposizione per i marketer italiani (non si possono ancora richiedere i badge).

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- In quest'ultimo caso, in che modo crede possano essere superati? L'unico modo di superarlo è attraverso un maggiore stimolo verso gli utenti (ad esempio badge non solo per chi fa check-in, ma soprattutto per chi consiglia luoghi attraverso recensioni)

- Ancora a proposito di strategie di promozione sui social media: cosĂŹ come avviene per altre piattaforme, anche in questo caso si pone il problema della misurazione dei risultati per la quantificazione di un ritorno sulle risorse investite. All'interno della fase di report della campagna, quali gli indicatori da far emergere e i risvolti qualitativi da privilegiare? Al momento Foursquare fornisce metriche quantitative adeguate solo in riferimento ad una venue, ma non rispetto ad una Brand page. Le prime sono riferite al numero di check-in e agli indicatori demografici di chi lo ha fatto. Per le seconde abbiamo solo il numero di follower, che dice poco sul reale engagement sviluppato. 166


Conclusioni

Il fenomeno dei location-based services, nonostante la sua recente comparsa, sta attraversando la fase di maggior interesse, sia agli occhi degli utenti che degli investitori. Il pubblico dei social network cresce considerevolmente di giorno di giorno. Questa crescita è da intendersi notevole sia in termini numerici, quanto in termini di consapevolezza riscontrata nell’uso di strumenti adoperati per nutrire le relazioni del proprio network. Di conseguenza, alla luce dei dati e dei fattori considerati all’interno di questa trattazione, il pubblico fruitore dei siti di social networking può dirsi maturo per l’adozione e l’utilizzo proattivo dei Location-based services. La tecnologia dal suo canto, è pronta a supportare lo sviluppo

e

le

derivazioni

di

servizi

legati

alla

geolocalizzazione: le proiezioni degli analisti di Morgan Stanley dicono che nel giro di cinque anni il numero di utenti che accederanno alla Rete da congegni mobili supererà quello di coloro che lo fanno tramite pc.

167


Quanto ai risvolti legati al social media marketing, si è osservato come brand e attività commerciali stiano compiendo i primi passi nella promozione di prodotti e servizi su Foursquare, nel tentativo di agganciare gli utenti più attivi e ricettivi (essenziali nel dare il giusto slancio a piattaforme ancora in fase di early adoption e destinate ad una fruizione “di nicchia”) e al fine di sperimentare nuovi percorsi da integrare ad approcci di marketing più tradizionali. Risulta chiaro che in questa fase iniziale, di esplorazione delle strategie più consone a sfruttare al meglio le potenzialità offerte da un social network geolocalizzato, aziende e piccole attività commerciali non possono far altro che immaginare rinnovate forme di esperienza da legare al territorio e da proporre ai propri referenti, riuscendo ad arricchire, ad esempio, il processo d’acquisto sul singolo punto vendita con l’offerta di promozioni, oppure fornendo suggerimenti su luoghi da visitare in modo pertinente rispetto all’oggetto del proprio business o alla campagna di promozione o comunicazione messa in atto.

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Ci sono, infine, le considerazioni che riguardano il futuro di Foursquare, la piattaforma presa in considerazione all’interno di questo lavoro. Rispetto ai suoi utenti e al pubblico fruitore dei social network, è necessario che essa riesca a posizionarsi come una risorsa realmente utile, non semplicemente limitata all’aspetto ludico che permette di ricevere punti e badge, bensì focalizzata sulle funzioni di scoperta - ponendosi in questo modo, come una sorta di motore di ricerca “territoriale” di qualità, costruito dalle stesse mappature rilasciate dalle persone all’interno del social network - e di remunerazione reale, come conseguenza

all’interazione

richiesta.

Perché

questo

avvenga, è fondamentale alimentare l’introduzione di novità che stimolino l’utenza a servirsi di Foursquare in modo veramente attivo, portandola a non fermarsi all’atto reiterato del check-in, ma a lasciare recensioni e suggerimenti dei luoghi visitati. La piattaforma dovrebbe plasmarsi in modo tale da poter offrire modelli di esperienza e di utilizzo anche ai “light/lazy users”, ossia coloro che utilizzano il servizio sporadicamente in seguito all’iscrizione, porzione di utenza da non tralasciare

169


all’interno dei 10 milioni di iscritti che Foursquare ha da poco dichiarato d’aver raggiunto. Infine, non è da trascurare per Foursquare l’esigenza di dover strutturare in maniera più solida il proprio modello di business e di effettiva remunerazione, poggiandosi non solo sull’interesse di grossi investitori, ma anche, e soprattutto, sull’opportunità di stringere partnership importanti. Tutto ciò anche in guardia da una potenziale concorrenza che potrebbe mirare a scalzare la piattaforma dalla posizione raggiunta: allo stato attuale la geolocalizzazione non è più un fattore altamente discriminante, ma una feature, una caratteristica accessoria di cui si possono dotare tutte le grandi piattaforme senza costi eccessivi. Il futuro di Foursquare viaggia dunque sul binario delle novità da introdurre e con l’attenzione puntata ai “numeri” ottenuti, utili a capire se sarà in grado di uscire dalla nicchia degli utilizzatori più curiosi e ricettivi per diventare un servizio mainstream all’interno del panorama dei social media.

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www.gigaom.com www.giulianoiacobelli.com www.ilsole24ore.com www.lafra.it www.marketingarena.it www.markingegno.biz www.mashable.com www.maurolupi.com www.microblogging.it www.minimarketing.it www.ninjamarketing.it 177


www.nytimes.com www.onlinemba.com www.pandemia.info www.socialware.it www.spotlightideas.co.uk www.vincos.it www.womarketing.netsons.org

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