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P R E F A Z I O N E Tre generazioni racchiudono emozioni e sentimenti, ma anche evoluzioni di costume, storia, opportunità. L’uomo aspira a migliorare il suo standard di vita, ma anche a soddisfare bisogni non solo economici. Il segreto del successo e dell’appagamento, sta proprio nel riuscire a conciliare questi aspetti. Qui parliamo di una delle tante vicende umane e professionali che hanno fatto grande l’Italia partendo dalla provincia, alla base delle quali c’è sempre un uomo con idee, prospettive, tenacia, spirito imprenditoriale, un uomo che sa guardare avanti e immaginare un futuro che poi diventa realtà. Una delle tante eccellenze di cui Piacenza va orgogliosa da quasi un secolo.


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Paolo Corradini nasce nel 1892. Piacenza ha circa 40.000 abitanti, insieme al suo territorio porta avanti con una certa brillantezza un’economia basata quasi esclusivamente sull’agricoltura. Ma coltiva anche una forte spinta verso

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la modernità che nel 1908, quando Paolo ha 16 anni, si concretizza in qualcosa di oggi impensabile: una grande esposizione internazionale, con il patrocinio di Sua Maestà che la verrà ad inaugurare, talmente estesa da fare concorrenza all’allora imperante Expo parigino. Nascono padiglioni, uno stadio per calcio, ginnastica ed equitazione, ristoranti, bellissimi saloni, architetture moderne nella loro classicità. Con il contro di splendidi concerti e sotto un cielo solcato da una mongolfiera, espongono i big dell’industria italiana e internazionale. Oltre due mesi di apertura all’insegna della modernità più spinta. L’orgoglio piacentino non è mai stato così forte in tempi moderni, permeato da un’assoluta fiducia nel progresso, alla ricerca di conquiste tecniche e con la ferma volontà di uscire dalla recessione di fine Ottocento, quando la rivoluzione industriale inglese,

aveva portato a una concorrenza sempre più ampia e di conseguenza al crollo dei prezzi. Al centro del “quartiere fieristico”, spicca una fontana monumentale, dominata da una grandiosa statua dello scultore Annibale Monti, che rappresenta il lavoro. Un’immagine che colpisce il giovane Paolo e gli rimane impressa per tutta la vita. Una vita fatta appunto di lavoro e ricerca, che lo ha portato a fondare quella che sarà, fino alla fine degli anni Novanta del secolo XX, un’eccellenza a livello internazionale. Le autogru firmate Corradini saranno il frutto di una ricerca continua, ma anche l’esaltazione delle qualità dell’individuo: ogni parte è ideata, studiata e progettata come se fosse unica, assemblata con cura artigianale. Alla Corradini si lavora in un ambiente quasi familiare, con i titolari a fianco di tecnici e operai: insieme alla ricerca della perfezione.

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Le realtà industriali piacentine all’inizio del ‘900 sono sporadiche e disarticolate. Ma l’afflato prende vigore e tiene agganciato il territorio alle realtà urbane di quella parte d’Italia che, ancora oggi, costituisce l’ossatura di una nazione unita da pochi decenni, ma che saprà recuperare in buona parte tutta la sua dignità. Le nascenti realtà industriali guardano allo sbocco più immediato e suggerito dalla struttura economica: nascono i primi esempi di meccanizzazione

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delle colture, che cambiano il mondo dell’agricoltura. La forza motrice del vapore prima e quella dei motori a testa calda poi, portano alla repentina evoluzione degli aratri polivomere, delle trebbiatrici meccaniche, dei “raccattafieni”, delle seminatrici. La forza muscolare dell’uomo, lascia spazio alle nuove energie industriali. Il giovane Paolo non è nato per stare a guardare: vuole essere partecipe di questa corsa verso il nuovo, è attratto dalla meccanica e dalle sue infinite applicazioni, ne intravvede le enormi possibilità di progresso. E gli piace

toccare con mano. Diciottenne (siamo nel 1910) si sposta per campi e poderi, smonta le macchine agricole, le studia, le assimila, le ripara, le migliora. Sono gli anni di una formazione “sul campo”, nei quali entra in società con un’altra realtà piacentina. La “Officine Carenzi”, produce essenzialmente rimorchi, sui quali sono montate anche le prime autobotti. Paolo è fra i primi ad aderire al neonato Consorzio Agrario che, passando dalle “Cattedre Ambulanti” per arrivare alla Federconsorzi, si afferma come fulcro vitale per l’attività del settore.

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Lo spiccato interesse per la meccanica e per le dinamiche della produzione industriale, lo portano 27enne (nel 1919) a fondare la ”Officine Paolo Corradini”. Esce anche lui, come milioni di italiani, dall’immane massacro della Grande Guerra, che lo ha visto ufficiale di fanteria. La produzione si allarga, ma è sempre riferita all’agricoltura:

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frangizolle, carri a rimorchio, polivomeri, sempre indirizzati al Consorzio Agrario che si occupa della loro commercializzazione. Le macchine si caratterizzano subito per le doti di resistenza e funzionalità, caratteristiche che da quel momento in poi saranno il marchio distintivo della “Corradini”.


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L’uomo è pervicace nei suoi errori, bravissimo a sostituirsi alle calamità naturali. Lo scoppio della seconda guerra mondiale (che farà il triplo di morti della prima, 60 milioni contro 20) devasta ogni angolo del globo, ma non ferma l’attività dell’ancor giovane officina, che continua la produzione, facendosi trovare pronta alla grande ripartenza. Nel primo dopoguerra, la Corradini può partecipare a pieno titolo all’eccezionale ripresa di un’Italia finita in ginocchio: la città e la sua provincia godono di uno sviluppo senza precedenti nel campo dell’agricoltura e dei trasporti. Le richieste del mercato crescono di pari passo con lo sviluppo industriale ed urbanistico. Paolo resta fedele alla sua vocazione di pioniere della sperimentazione e si inserisce rapidamente, affermandosi ben

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presto, nel nascente settore della produzione di autogru. Nascono in rapida successione modelli che diventano pietre miliari del settore, punti di riferimento unanimemente riconosciuti. Nei capannoni di via Colombo si lavoro su tre turni giornalieri: le macchine non si fermano mai. Si lavora anche per conto terzi (si creano ad esempio gli enormi stampi in acciaio per la produzione dei piloni di illuminazione stradale) e il genio del fondatore ricava dalle vicende del conflitto una grande idea: ispirandosi alle torrette girevoli dei mezzi militari, soprattutto americani, applica lo stesso principio alle autogru: una svolta epocale per tutto il settore. Si comincia il modello “Comet” con torretta girevole a 360 gradi, capace di una portata massima di 8/9 tonnellate. Tutto ideato e realizzato in casa, ogni

pezzo è prodotto a mano. Solo i motori vengono acquistati, principalmente dalla “OM” di Brescia: sono quattro cilindri con 53 cavalli di potenza, gli stessi che equipaggiano il mitico furgone “Tigrotto”.

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Alla fine degli anni Cinquanta, ecco l’altra grande innovazione: il braccio fisso lascia il posto al braccio a traliccio, più leggero e facile da montare, in grado di raggiungere altezze e prestazioni sempre maggiori, sviluppando quindi enormemente le possibilità di intervento. Le autogru Corradini diventano indispensabili, ad esempio, per il

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montaggio delle strutture prefabbricate della RDB (azienda leader del laterizio, che vive una stagione d’oro in ottica ricostruzione) e occupano un posto di prima fila sulle banchine di tanti porti marittimi italiani, per il carico e scarico delle merci. L’evoluzione continua: la portata massima aumenta fino a 70 tonnellate. La “Serie 7” ha un successo enorme.


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Paolo Corradini muore nel 1964, quando già da sette anni era Cavaliere della Repubblica, e lascia un’azienda in piena espansione. L’eredità è prontamente raccolta dai figli Luigi e Agostina che, con il marito Pierino, sono cresciuti in azienda. Fin da ragazzi hanno affiancato il fondatore nel lavoro di tutti i giorni, ispirandosi al concetto di

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“casa e bottega”, applicato a una realtà imprenditoriale. La seconda generazione capisce ben presto i nuovi meccanismi e le necessità di un mercato che si è fatto affollatissimo di competitori che arrivano anche dall’estero. La nuova sfida si chiama “autogru idraulica” , la tecnologia a braccio telescopico che spazza via tutti gli altri sistemi di trasmissione della forza. La Corradini non solo mantiene la sua forte posizione sul mercato, ma aumenta i giri del proprio motore e si consolida grazie alla qualità costruttiva di prodotti innovativi e di primissima classe. I suoi prodotti si affermano in Italia e hanno lo stesso distributore di un colosso come “Caterpillar”. Conquistata l’Italia, si guarda oltreconfine: nasce la “Corradini France”, che commercializza oltre le Alpi i prodotti “made in Piacenza” e si occupa anche del mercato spagnolo. Le macchine Corradini sbarcano anche nelle numerose colonie francesi e spagnole: la dimensione dell’azienda

è decisamente internazionale. Il marchio non è più solo presente alla Fiera di Milano, a quella del Levante di Bari o, più tardi, a quella di Verona, ma allestisce propri stand a Parigi, Hannover e Madrid. Nel 1975, la produzione si sposta dallo storico stabilimento di via Colombo a Piacenza, nei modernissimi e spaziosi capannoni di Pontenure, dove il fondatore aveva già individuato ed acquistato un’area agricola a questo scopo. La produzione decolla: gli addetti sono 150, la “Serie 8” e la “Serie 9” non fanno che confermare la leadership dell’azienda piacentina. Di lì a pochi anni, nel 1981, fa il suo ingresso in azienda la terza generazione: con Paolo, Maria Giovanna e Annamaria Corradini e Francesco Manfroni, l’espansione continua. Le autogru sono ormai lontane parenti di quelle iniziali: nuovi materiali e nuove tecnologie portano a una ben maggiore carrabilità di mezzi che hanno sempre più assi con ruote sterzanti.

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E’ il momento del terzo passaggio storico: a Pontenure nasce il concetto di autogru “all terrain”, cioè capace di muoversi autonomamente anche sui terreni più accidentati, all’interno di cantieri fino ad allora impraticabili senza interventi speciali e costosi. L’immagine della svolta è il modello “EU840TI”, che si

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avvale anche di una doppia cabina. I riconoscimenti sono assoluti: è una gru “Corradini” a calare in acqua per la prima volta “Azzurra”, la barca italiana che nel 1983 inizia la sfida alla Coppa America di vela, toglie il sonno a milioni di italiani e fa di Cino Ricci un personaggio popolarissimo.


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La globalizzazione degli anni Ottanta, il sorgere di colossi soprattutto statunitensi e tedeschi, assesta un duro colpo alle aziende del settore. I cugini Paolo e Francesco sanno intuire il momento e decidono di cedere l’azienda. Continuano però a sentire forte l’impulso imprenditoriale che fa parte del loro Dna e nel 1990 avviano una nuova attività nella Real Estate. Si passa dall’acciaio al mattone, ma sempre nella logica di costruire. E, come nel passato, i successi sono rapidi: lottizzazione di aree, creazione di piccoli quartieri con condomini e villette di varia metratura. Sempre nel solco di una cura maniacale in tutti i particolari della progettazione

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e realizzazione, nella ricerca della qualità attraverso metodologie costruttive e soluzioni innovative ed ecosostenibili. Ma non basta: i due imprenditori avviano anche un’attività di General Contractor, con interventi di ristrutturazione di immobili di prestigio in zone esclusive, nei quali prevale la dinamica basata sull’esperienza di uno staff che segue il cliente in tutte le fasi del progetto e della sua realizzazione. Accanto a questi due aspetti principali, l’attività si sviluppa anche attraverso la gestione di immobili di proprietà nell’ambito della locazione. E’ un altro successo, mentre una nuova generazione sta già bussando alla porta.

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Informazioni varie es. redazione testi, anno di stampa, etc.

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