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Conclusione
from Opera 9 Tecniche e metodologie di progettazione per l’inclusione sociale - Dal bando al progetto
Si conclude il nostro viaggio nell’affascinante mondo della progettazione, un mondo fatto di creatività e intuito, ma anche di ragionamento critico, di strutturazione dei processi, di consequenzialità logica. Insomma, il mondo della progettazione permette una congiunzione ideale tra la parte razionale e la parte emozionale dell’essere umano, il cervello “sinistro” e il cervello “destro”, la ragione e il sentimento.
Si tratta di una congiunzione non sempre facile da realizzare: a volte sembra di perdersi in un mare di idee e di intuizioni, di entusiasmo ed emozioni immediate; altre volte sembra di smarrirsi in un’intricata rete di formule, schemi e strutture logiche che tendono a imbrigliare o a “raffreddare” la freschezza dello spirito creativo.
In questo dilemma si trova quotidianamente a navigare il bravo progettista; un dilemma che si fa ancora più carico di significato nel momento in cui si progetta l’inclusione sociale, cioè nel momento in cui si tenta di dare risposta a bisogni umani che spesso affondano le radici nel dolore, nel disagio, nella “diversità”.
Lo spirito con cui questo manuale è nato, il messaggio stesso di cui vuole essere portatore è quello di una sana intelligenza emozionale, anche nell’ambito di un’attività di progettazione: ragione e sentimento non sono termini antitetici, bensì facce di una stessa medaglia e ciò vale soprattutto nella progettazione mirata all’inclusione sociale.
Gli ingredienti di una progettazione “emozionalmente intelligente” sono dunque questi: innanzitutto saper leggere “a fondo” il bisogno umano, il problema da cui nasce l’esigenza di un intervento. Questo è il momento più “caldo” ed emozionale di tutta la progettazione: leggere un bisogno, infatti, non è solo un’attività di tipo intellettuale e culturale ma chiama in campo anche doti di grande EMPATIA. Leggere il bisogno significa porsi domande rispetto alla condizione di altri esseri umani: come si sentono? Come mi sentirei io al loro posto? Come vedono la realtà? Di cosa hanno bisogno?
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Come posso soddisfare positivamente il loro bisogno? Le risposte, il più delle volte partono dalla “pancia” e dal cuore, prima ancora di trasformarsi in un pensiero logico e strutturato.
Il secondo ingrediente della buona progettazione è saper definire in maniera chiara pochi ma “buoni obiettivi”, perché, per dirla con Seneca, «nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto approdare». Un obiettivo ben definito è come un faro che illumina il nostro cammino; l’obiettivo ci indica il punto di arrivo, la meta evidente verso cui dobbiamo orientare tutti i nostri sforzi e i nostri interventi. Un buon obiettivo, infine, ci dà la possibilità di capire se quello che stiamo facendo funziona oppure se è il caso di cambiare strategia, di modificare il tiro.
Infine, la buona progettazione chiama di nuovo in campo la creatività da un lato e la razionalità dall’altro.
La creatività, la curiosità e la ricerca culturale sono doti essenziali nel momento in cui vogliamo individuare le attività e le strategie di intervento più adatte al raggiungimento degli obiettivi. Nel definire le azioni di un progetto è fondamentale attingere a tutto il proprio bagaglio culturale ed esperienziale, al confronto con altre persone, ma anche al libero fluire della fantasia e dell’immaginazione, ovvero di quelle capacità di creare “altri mondi possibili”.
La razionalità, d’altra parte, è quella dote che dà lucidità, pulizia e consequenzialità agli oggetti della realtà. Tale dote è utile nel momento in cui bisogna tradurre le speranze e la creatività delle idee progettuali in risorse concrete, materiali, umane e finanziarie, cioè quando il progetto deve tradursi in un piano dei costi e affrontare tutti i passaggi e le richieste di un bando.
Il presente manuale ha umilmente compiuto il tentativo di coniugare queste due grandi potenzialità dell’animo umano. Esso rappresenta, inoltre, un invito esplicito alla speranza, a guardare sempre oltre, con lo sguardo puntato da un lato all’ineludibile realtà del disagio e della sofferenza, dall’altro all’infaticabile ricerca di un aiuto possibile, di altri mondi e modi possibili.
Prendendo in prestito un pensiero di Gibran: «mirate in alto, calciate lontano: se andate in cerca di stelle può darsi che ne troviate, ma non tornerete indietro con un pugno di fango». È questo l’augurio sincero che auspichiamo possa da oggi illuminare i vostri percorsi nell’ambito della progettazione e, perché no, anche della vita.
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