Volontariato Puglia Giugno 2021: La cura

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Orba è la cura In pochi sanno che il sottoscritto ci vede solo con un occhio: quello destro. L’occhio sinistro infatti è molto miope, mentre quello destro è solo molto presbite. È una condizione problematica: la prospettiva tridimensionale è appiattita e anche solo versare acqua in un bicchiere mi viene difficile e devo utilizzare entrambe le mani per essere sicuro di centrare il bersaglio. Concretamente, dunque, io uso l’occhio sinistro per guardare ciò che sta sulla punta del mio naso e l’occhio destro per guardare lontano.

E così è la cura: ha una duplice visione. C’è una cura che ci vede poco. Che riconosce da vicino, che tocca con mano, che stringe, che si fa presente. È la cura nel qui-e-ora, il prendersi cura nel momento storico. È la cura elementare. È l’empatia che riscalda le viscere e il cuore, l’accudimento che consola, la conoscenza che ristora. È il Sì. È “Stai!”. È il silenzio, il respiro, l’odore, il calore, il movimento lento. È il parto, il particolare, il parteggiare di un momento. È il sentire insieme. È la moltiplicazione e l’addizione. È abitare la domanda, il non cercare la risposta a tutti i costi. È sostare nel dubbio. È il ventre che contiene e che trasforma. E c’è una cura che vede lontano. Che separa e sa separare, che distingue e riconosce,

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che sceglie e fa scegliere. Che riconosce da lontano. È la carità di Paolo. È il No. È “Vai!”. È la cura che ha parole e gesti, e dettagli all’orizzonte. È la complessità. È accompagnare (e non portare). È la fermezza e il rigore, il dubbio e l’immaginazione. È la divisione e la sottrazione. È l’energia e l’attivazione, il movimento svelto, il freddo che risveglia, l’intuizione e l’ideazione. È la mente che contiene e che trasforma. I miei occhi lavorano sempre insieme. Anche quando credo di utilizzarne uno solo, l’altro mi è di supporto e così ho sempre, contemporaneamente, due messe a fuoco. Sono fortunato: sono sempre qui, sulla punta del mio naso, ma anche sempre laggiù, nel posto dove sto andando. E così non mi perdo: mi distendo tra le mie viscere e la mia idea incompleta di me.

[tratto da Felice Di Lernia, Mio fratello è figlio unico (ma ha molti follower), Edizioni Bordeaux, Roma, 2015]


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