11 luglio 2013 memoria di san benedetto

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Memoria di San Benedetto Gerusalemme, 11 luglio 2013 Cari fratelli. La liturgia di ogni giorno ci offre, non solo la “porzione” della Parola di Dio da meditare, contemplare e nutrire la nostra vita da cristiani credenti, ma anche degli esempi di fede e fedeltà al disegno di Dio per la vita e la missione e ciascuno di noi. Ieri abbiamo ricordato la vita e la testimonianza eroica dei martiri di Damasco così cari a noi frati della Custodia di Terra Santa. Erano i nostri fratelli e hanno vissuto nella missione in cui viviamo noi. Oggi, ricordiamo San Benedetto, Patrono d’Europa, ma che rimane per la Chiesa universale, la vita religiosa e quella cristiana, un segno e un esempio di fede operosa e di vita santa. Durante il periodo della frantumazione dell’Impero romano, tempo molto inquieto e insicuro, Benedetto si rimbocca le maniche, non passa il tempo a lamentarsi, ma immagina una società che ruota attorno a una Regola ispirata a Vangelo. Pochi capitoli o principi essenziali: la vita comune, il lavoro, la preghiera, i rapporti interpersonali, diventeranno i pilastri su cui poggia la vita dei monasteri, la vita religiosa che diventeranno il motore della cultura, lo scrigno della classicità, la realizzazione del Vangelo. In altre parole costituiranno la base e i valori della cultura cristiana dell’Europa. Anche la Parola di Dio, sentita in questa celebrazione, offre diverse indicazioni per la vita di fede operosa per ciascuno di noi. I due brani biblici, il racconto dalla storia di Giuseppe e quello sul modo di svolgere la missione affidata da Gesù, non sono solo racconto di episodi accaduti in un tempo remoto. Lasciando il brano del Vangelo alla meditazione personale di ciascuno, vorrei soffermarmi un attimo sul racconto della storia di Giuseppe e dei suoi fratelli. Essa non parla solo di situazioni critiche, di sentimenti e di passioni personali. Riguarda le relazioni tribali e famigliari nel tempo in cui una tribù e una famiglia concreta che hanno ricevuto una missione e una promessa sembrano prevalere sulle difficoltà naturali, sociali e, soprattutto, umane. Una famiglia, potremmo dire, disgregata, segnata da tradimenti, da interessi personali, dall’odio, dalla possibile vendetta ecc. Però, la missione ricevuta non può essere svolta da ciascuno individualmente. Essa è stata affidata a questa famiglia che diventa un popolo e che come tale deve realizzare la missione affidata. Ecco perché è così importante di ricostruire i legami tribali e famigliari. Solo così sarà possibile ricuperare la propria identità e realizzare la vocazione ricevuta. Il racconto ci offre anche l’esempio e tutte le indicazioni necessarie su come deve avvenire questo processo di ricostruzione dei legami familiari.


I fratelli devono prendere coscienza della loro colpa e della loro responsabilità per il male fatto non solo verso Giuseppe, ma verso l’intera famiglia e, di conseguenza, verso la loro vocazione e verso la missione. Devono trovare la forza per ammettere di aver peccato e messo in pericolo non solo i loro legami famigliari, ma l’amore e la comunione fraterna come tale. Infine, devono perdonarsi per ricominciare la loro vita rinnovata come una vera famiglia voluta e benedetta da Dio. In questo momento così importante per la vita della Custodia, com’è il Capitolo Custodiale, anche noi siamo chiamati a verificare e revisionare la nostra missione. Infatti, abbiamo cercato di vedere quanto è stato fatto, com’è stato fatto e cosa potremmo fare perché in futuro sia meglio. Le difficolta naturali, sociali, politiche e così via non mancano, ma di tutto questo poco dipende da noi. Però, ci siamo anche accorti e questo è un buon segno, che molto dipende soprattutto da noi. Ricostruire la comunione fraterna, ricuperare la fiducia reciproca, rinnovare l’impegno e la fedeltà alla missione affidata, sono tutti valori che non possono essere suppliti o fatti da qualcun altro.

P. Dobromir JASZTAL OFM Vicario Custodiale


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