Esaltazione della Santa Croce Gerusalemme, 14 settembre 2013 Come ogni anno, anche oggi siamo riuniti qui sul Santo Calvario per celebrare la festa dell’Esaltazione della Santa Croce. L’origine di questa celebrazione, come sappiamo, risale al quarto secolo. Dopo la consacrazione della Basilica del Santo Sepolcro si è venerato quanto è stato ritrovato della reliquia della Santa Croce. Dopo l’invasione persiana, nel 628, in questo giorno si commemorava il ricupero delle stesse reliquie. Solo in seguito, la festa ha assunto una dimensione autonoma e come tale si è diffusa in tutta la Chiesa. Prima il motivo della festa non era concentrato sulla Croce stessa, ma sugli avvenimenti legati a essa. In seguito, la Santa Croce e il suo mistero sono divenuti oggetto di culto. È proprio in questo contesto che potremmo domandarci, perché non sappiamo quasi niente della venerazione o del culto della Santa Croce nei primi quattro secoli? Alcuni dicono che i primi credenti non volevano esporre pubblicamente nemmeno il segno della Croce per vari motivi. Tra questi il fatto che il segno non dovesse sembrare oggetto di profanazione, oppure perché la Croce stessa rimaneva ancora il segno di una morte infame, o ancora, che probabilmente non avevano compreso la profondità del mistero della morte, non di qualsiasi morte, ma della morte di Gesù sulla Croce. Sta di fatto che per oltre tre secoli Gesù non è stato mai rappresentato crocefisso. Infatti, ciò che univa tutti i credenti nella vita e nella celebrazione era la Parola di Dio e la comunione nella Frazione del Pane. Il segno di riconoscimento era il disegno del pesce che indicava Gesù Cristo Salvatore del mondo cui tutti professavano di appartenere. Tuttavia, tutto il Nuovo Testamento e tutta la vita della Chiesa sono impregnati della forza spaventosa e salvifica della Croce. La Croce è il segno della morte terribile di Gesù e anche il suo segno di amore più grande. E’ segno di condanna e segno di salvezza. La Chiesa ha continuato progressivamente ad approfondire il significato di questo segno e la grandezza del suo mistero. Progredendo nella fede ha compreso che la Croce è il segno della più profonda umiliazione di Cristo ed è il principio della sua resurrezione. Nella resurrezione il servo crocefisso di Jahvé è innalzato su tutto il creato per attirare tutti a sé. Nello stesso tempo anche la Croce è innalzata. Essa cessa di essere il segno di una morte infamante e diventa 1
il segno della vita. Attraverso il segno della Croce non è più il servo o lo schiavo che parla, ma il Signore di tutta la creazione e fonte di una vita nuova. In questa situazione è necessario e doveroso domandarci: come noi oggi, ciascuno nella propria situazione e nella propria condizione può essere attirato dalla Croce di Gesù, essere innalzato con Gesù e attingere dalla sua fonte. Forse potrebbero esserci diverse possibilità, ma la via sicura sembra una sola. Il cammino della fede operosa. “Come Mosé innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. Credere in lui non significa accettare la sua crocifissione. Questo è un fatto e non ha bisogno di fede. È invece necessario credere in tutto ciò che ha portato Gesù sulla Croce. Accettare la sua Parola che cambia la logica del mondo, lo fa più umano e perfino divino. “Voi siete miei amici, se fate quello che vi comando” (Gv 15,14). Nel Vangelo ci sono molte cose anche pratiche che non riguardano solo le verità di fede, ma soprattutto la vita cristiana di ogni giorno. “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia porgi l’altra…” (Lc 6, 39ss.). E’ per la fedeltà alla missione affidatagli dal Padre che Gesù è innalzato sulla Croce dalla quale elargisce la salvezza a tutti. È per la fedeltà alla Parola di Gesù che anche noi siamo innalzati insieme con lui per vedere dall’alto ogni uomo, per perdonare come lui ha perdonato, per poterci affidare al Padre come lui si è affidato. Il mistero della Croce è ancora più profondo e deve coinvolgerci e, soprattutto, impegnarci di più. L’uomo Gesù crocefisso sul quale noi puntiamo lo sguardo non esiste più. Quello è stato un momento della vita di Gesù, un atto, finito con la morte. Lo ha precisato molto chiaramente l’angelo alle donne a pochi passi da qui: “Non vi spaventate! Voi cercate Gesù, il Nazareno, che è stato crocefisso. E’ risorto. Non è più qui” (Mc 16, 6). Gesù è stato crocefisso, il Signore è quello che, come ci ricorda S. Paolo, è entrato nella gloria del Padre. Tuttavia, noi crediamo in Gesù Cristo totale, Capo e corpo. E se il Capo è già risorto ed è “nella gloria del Padre”, il corpo, invece, è ancora sulla croce. Questo corpo sulla croce è anzitutto la Chiesa intera che ha come missione “completare nella sua carne ciò che manca dei patimenti del Cristo” (cf. Col 1, 24). I poveri, gli emarginati, gli oppressi, gli sfiduciati e tutti i bisognosi sono i veri tesori della Chiesa, come dicevano i santi. Sono anche coloro verso i quali deve essere diretta, in modo particolare, la nostra attenzione e la nostra missione che ha la fonte e la forza dalla Croce di Gesù Cristo. 2
Questo è anche l’impegno e il programma di azione della Chiesa di oggi, espresso dal Santo Padre Francesco il giorno dopo la sua elezione: “ Vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il coraggio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; di confessare l’unica gloria: Cristo Gesù Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti” (Omelia di SS Papa Francesco, 14 marzo 2013). La Chiesa e noi tutti siamo nati dalla morte del Figlio di Dio e dalla sua risurrezione. Chi crede, avrà la vita eterna. P. Dobromir JASZTAL OFM Vicario Custodiale
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