Eminenza Cardinale Arcivescovo, Illustri Ospiti, Amici e Collaboratori. Cinquanta anni fa, la notizia annunciata dal Servo di Dio Papa Paolo VI di volersi recare come pellegrino in Terra Santa colpì tutti e trovò sorprese e attonite persone e Istituzioni. Il clima di aggiornamento e di apertura della Chiesa delineato dal Concilio allora in corso fece avvertire vivamente il sorgere di esigenze e iniziative nuove il cui significato e la cui portata si sarebbero potute comprendere pienamente solo con il passare del tempo. In questo contesto mi pare s’inserisca anche la commemorazione che stiamo vivendo. La giornata che oggi celebriamo non offre solo un’opportunità per ricordare uno dei tanti avvenimenti di quella primavera conciliare, ma esprime il desiderio, anzi il bisogno, di rileggere e di approfondire il significato di un evento storico di portata universale, quale fu il Pellegrinaggio del Papa Paolo VI in Terra Santa, compiuto nei giorni 4 -6 gennaio del 1964. Esso è stato giustamente definito storico sotto diversi aspetti, di cui il più fondamentale è certamente costituito dal fatto eccezionale che il Successore di Pietro per la prima volta si faceva pellegrino in Terra Santa: Pietro tornava lì da dove era partito e dove TUTTO era iniziato. A rifletterci, era eccezionale anche un altro fatto: il viaggio papale non fu una risposta ad un invito speciale o iniziativa presa per accordi e trattative diplomatiche. Ispirazione e circostanze, furono previe ad ogni altro pensiero di ordine pratico, secondo le parole dello stesso Papa: “dopo matura riflessione e molte preghiere rivolte a Dio…, vi ritorniamo in segno di preghiera, di penitenza e di rinnovazione per offrire a Cristo la sua Chiesa, per richiamare ad essa unica e santa, i fratelli separati, per implorare la divina misericordia in favore della pace fra gli uomini… affinché questo Concilio possa giungere a buon fine per la gloria di Cristo ed il bene della sua Chiesa”. I mezzi di comunicazione che accompagnarono la visita trasmisero l’immagine del Pellegrinaggio compiuto come era stato desiderato, in semplicità e umiltà, denso di segni, di profondo significato, destinati a parlare allora e nei decenni successivi. Il ritorno del Successore di Pietro nella Terra di Gesù, di Maria, degli Apostoli, della Chiesa delle origini fu percepito anzitutto dai cattolici, ma
anche da tutti i cristiani e forse anche da non pochi altri membri di altre fedi, nella sua dimensione più genuina: il Papa di Roma si faceva pio pellegrino sui passi di Gesù, nella terra delle origini e delle radici della fede cristiana. Questo gesto non rispondeva a nessun calcolo di natura mondana, era espressione della missione e del ministero di Pastore universale che il venerato Papa Montini ha vissuto con un’acutezza e profondità sublimi. La Provvidenza volle che in quel momento Patriarca Ecumenico fosse Atenagora, un uomo di Dio ricolmo di carità apostolica e di franchezza evangelica. Si fece anche lui umile pellegrino a Gerusalemme e così la Chiesa e il mondo furono testimoni di un incontro che chiuse un’epoca e ne aprì una nuova carica di speranze per l’unità dei cristiani. L’incontro del Papa della Chiesa Cattolica con il Patriarca ecumenico Atenagora, rappresentate della Chiesa Ortodossa, accese la fiamma del Dialogo della Carità tra le due Chiese, da secoli estranee una all’altra. Per la Chiesa locale, formata da poche migliaia di fedeli il Pellegrinaggio di Paolo VI fu un’occasione preziosa di vicinanza e d’intimità spirituale espressa con piccoli gesti, che lo resero unico e del tutto straordinario. I Francescani della Custodia di Terra Santa furono coinvolti in prima persona nella preparazione e nell’accoglienza del Papa Pellegrino. Nei sette secoli della missione francescana nei Luoghi santi ci sono state molte prove della sollecitudine amorosa dei Successori di Pietro per la Terra Santa. Tuttavia, la gioia e la commozione di vedere il Papa in Terra Santa, come sottolineò il P. Custode dell’epoca, quasi non trovarono parole capaci di esprimere adeguatamente quello che profondamente sentirono. Il Successore di Pietro stava in mezzo a loro e, ammirando la missione e incoraggiando il loro impegno per il futuro, confermava i Frati nel mandato affidato loro dai suoi Predecessori: custodire i Luoghi Santi. “Egli è venuto a darci conforto e la letizia di lavorare, con rinnovato zelo e ringiovanito ardore, alla custodia, alla difesa, ed al culto dei Santuari di nostra Redenzione, e di servire fedelmente la Chiesa e le anime”, scriveva il Custode a tutti i frati a conclusione del Pellegrinaggio. Il fatto era destinato a lasciare un’impronta e un’eco straordinaria e duratura. Il nostro essere qui a farne memoria grata e ammirata a distanza di ormai quasi mezzo secolo ne è un segno. Grazie!
P. Dobromir JASZTAL OFM Vicario Custodiale
Milano, 15 novembre 2013