Primi Vespri S. Giovanni Battista nel Deserto Ain Karem, 23 giugno 2015 Cari Fratelli. Quando si parla di una religione o di una fede, necessariamente si ricordano i fondatori o personaggi che, spesso, erano persone povere o perseguitate e, in seguito, sono diventate illustri o molto importanti. Quasi sempre diventano oggetto di culto, ed esempi per i credenti e molte volte intercedono per chi invoca il loro aiuto. Il cristianesimo è pieno di questi personaggi che appartengono non solo al Nuovo Testamento, ma si estendono all’Antico e seguono il Nuovo fino ai nostri giorni. Nella lettura breve che abbiamo ascoltato S. Paolo indica due figure molto conosciute e molto importanti per noi: Davide e Giovanni Battista. Sono due profeti che in diverso modo e in tempi diversi hanno preparato la venuta del Messia. A Davide era stata consegnata una promessa, mentre Giovanni doveva preparare un battesimo di penitenza. Indubbiamente, potremmo soffermarci a parlare a lungo di entrambi e della loro rispettiva missione. Tuttavia ciò che colpisce immediatamente, ancor più alla vigilia della solennità della nascita di Giovanni Battista, è l’atteggiamento e la chiarezza con la quale il Battista identifica Gesù e, conseguentemente, definisce se stesso: “ Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali”. Il profeta Isaia lo aveva annunziato come “Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri” (Mt 3,3). Gesù ha detto di lui che: “Tra i nati di donna non è sorto uno più grande” (Mt 11,11). Giovanni è grande per la missione che ha svolto. Ma non avrebbe potuto svolgerla se non avesse compreso quale fosse la sua vocazione e la sua relazione con colui che lo ha scelto fin dal seno materno. Ed è proprio questo il messaggio che oggi vogliamo cogliere da questa celebrazione e dall’esempio di Giovanni. L’uomo non è una massa informe, ma è la creatura di Dio che ci scruta, ci conosce (Sl 138, 1) e fin dal grembo materno ha pronunziato il nome di ciascuno (Is 49, 1). Per Dio l’uomo è “qualcuno” unico e irripetibile. Egli, come dice il Concilio Vat. II, “In terra è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa” (cf. GS 24). Alla luce di questa verità dobbiamo vedere la nostra realtà. Il male che ci circonda, le guerre, i conflitti grandi e piccoli, tra le nazioni come nelle famiglie, anche le nostre religiose, non sono altro che frutto della gelosia, della bramosia di avere di più e di essere quello che non si riesce a essere. È frutto soprattutto della mancanza di conoscenza di quello che siamo e di quello a cui siamo chiamati.
Oggi, S. Giovanni ci insegna che, dalla coscienza della propria chiamata e da un rapporto vivo con Dio, l’uomo acquista la consapevolezza del valore della propria vita che è un dono e deve essere messa generosamente al servizio dei fratelli. “Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo… Egli deve crescere e io invece diminuire” (Gv 3, 27, 30). Son le parole di Giovanni Battista pronunciate al termine della sua missione. Per noi può essere l’invito al nostro rinnovamento, alla nostra conversione e al nostro incontro personale con Dio. P. Dobromir JASZTAL OFM Vicario Custodiale